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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione VII
2.
Giovedì 23 aprile 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Nicolais Luigi, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA PROPOSTA DI LEGGE C. 2131, SENATORE CAFORIO, APPROVATA DALLA 7a COMMISSIONE PERMANENTE DEL SENATO, RECANTE ABROGAZIONE DELL'EQUIPOLLENZA DEL DIPLOMA DI LAUREA IN SCIENZE MOTORIE AL DIPLOMA DI LAUREA IN FISIOTERAPIA

Audizione del professor Paolo Zeppilli, docente in scienze motorie e direttore della Scuola di specializzazione in medicina dello sport:

Nicolais Luigi, Presidente ... 3 6 7 9 11
Barbaro Claudio (PdL) ... 7
Barbieri Emerenzio (PdL) ... 10
Goisis Paola (LNP) ... 9
Zeppilli Paolo, Docente in scienze motorie e direttore della Scuola di specializzazione in medicina dello sport ... 3 6 9 11
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.

COMMISSIONE VII
CULTURA, SCIENZA E ISTRUZIONE

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di giovedì 23 aprile 2009


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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI NICOLAIS

La seduta comincia alle 15,30.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del professor Paolo Zeppilli, docente in scienze motorie e direttore della Scuola di specializzazione in medicina dello sport.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla proposta di legge C. 2131, senatore Caforio, approvata dalla 7a Commissione permanente del Senato, recante abrogazione dell'equipollenza del diploma di laurea in scienze motorie al diploma di laurea in fisioterapia, l'audizione del professor Paolo Zeppilli, docente in scienze motorie e direttore della Scuola di specializzazione in medicina dello sport.
Do la parola la parola al professor Zeppilli.

PAOLO ZEPPILLI, Docente in scienze motorie e direttore della Scuola di specializzazione in medicina dello sport. Buongiorno a tutti. L'onorevole Barbieri, con il quale mi sono intrattenuto più volte, mi ha chiesto delle informazioni su questo argomento, che io gli ho fornito. Si tratta di un argomento molto vasto che, però, può partire da una considerazione molto semplice, ovvero l'attesa da parte degli studenti di scienze motorie, sia della laurea triennale (L22) e particolarmente della laurea specialistica in attività adattate (LM 67) - io vengo da una lezione a Milano di scienze motorie - di un chiarimento sul loro futuro professionale, un chiarimento che nelle aspettative dei ragazzi è straordinariamente importante.
Oggi c'è molta confusione nel nostro Paese sul ruolo che hanno queste lauree, sia triennali sia specialistiche. Non sto qui a ripercorrere la storia di questi corsi di laurea, ma la laurea in scienze motorie è una laurea universitaria che deriva dal vecchio ISEF. Oggi, a distanza di 10-12 anni - io ho cominciato con il vecchio ISEF e poi sono passato a fare il docente in scienze motorie - posso dire che abbiamo assistito ad uno straordinario miglioramento della qualità di questi ragazzi, dovuto anche al fatto che molti di loro si sono impegnati e anche tanti professori hanno dato il loro contributo.
Io mi trovo in una situazione forse facilitata rispetto agli altri perché sono docente di scienze motorie, insegno medicina dello sport all'Università Cattolica di Milano e nello stesso tempo sono medico dello sport e direttore della Scuola di specializzazione in medicina dello sport. Dunque, sono docente di


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scienze motorie e anche medico dello sport, per cui ho una visione omnicomprensiva dell'intero problema.
Voi sapete che negli Stati Uniti sono partite delle campagne di finanziamenti importanti per l'attività fisica. L'attività fisica è una medicina straordinaria, non è la panacea di tutti i mali ma, sicuramente, si tratta di una medicina che fa risparmiare molti soldi allo Stato. Ad esempio, basti pensare che durante l'ultimo congresso di medicina dello sport, tenutosi a Torino, il presidente dell'American College Sport Medicine ha calcolato che c'è un risparmio, grazie all'attività fisica, di circa 1500 dollari all'anno per cittadino.
Dunque, se proviamo a pensare cosa significa far fare attività fisica a dieci milioni di italiani - che sono fra i più sedentari al mondo - ecco che già si comincia a intravedere un certo vantaggio. Loro hanno pensato ad una piramide molto chiara, non hanno gli stessi nostri ordinamenti universitari, né le nostre stesse specializzazioni. Per esempio, il medico dello sport negli Stati Uniti non esiste mentre da noi esiste la figura di questo specialista in medicina dello sport. Dunque, la loro idea è che il medico di base consigli a tutti i suoi pazienti di fare esercizio fisico.
Tuttavia, non tutti i pazienti sono in condizioni di svolgere esercizio fisico in sicurezza: ci sono soggetti che hanno avuto l'infarto, soffrono di ipertensione, hanno il diabete, sono obesi oppure sono totalmente sedentari, o ancora ci sono gli anziani, i bambini piccoli o i disabili, i quali hanno bisogno di un inquadramento. Generalmente, ciò viene fatto da uno specialista che può essere il medico dello sport in generale - come da noi - ma anche il cardiologo, l'endocrinologo, il diabetologo, eccetera.
Naturalmente, succede che il medico inquadra il soggetto, prescrive l'esercizio fisico, indica dei limiti di quantità e tipologie di attività fisica, ma poi qualcuno deve provvedere affinché il paziente svolga effettivamente quell'attività. Ebbene, i laureati in scienze motorie - per quanto riguarda la laurea triennale (L22), nella declaratoria è scritto proprio cosa essi devono fare - in particolare quelli della laurea specialistica (LM 67), che è quella dell'attività adattata, relativa alle attività motorie preventive, dovrebbero essere gli esecutori materiali di questo tipo di compito. Per esempio, il medico prescrive una medicina e l'infermiere la somministra oppure il medico prescrive un recupero funzionale e il fisiatra o il fisioterapista lo fa svolgere.
Ebbene, non c'è confusione tra il ruolo del fisioterapista e il ruolo del laureato in scienze motorie. Infatti, il fisioterapista ha una manualità e opera sul paziente mentre il laureato in scienze motorie svolge attività preventiva, oppure attività riabilitativa dopo che si è conclusa la parte di riabilitazione fisiatrica. Sarebbe bello se esistesse un percorso nel quale alla base ci fosse il medico di base, al secondo livello il medico dello sport, come prescrittore, e al terzo livello il laureato in scienze motorie come esecutore, mentre per i casi più difficili si ricorrerebbe ai centri di alta qualificazione. In questo modo, si permetterebbe alla popolazione di svolgere attività fisica in sicurezza.
Oggi, in molte palestre non abbiamo la figura del laureato in scienze motorie, ovvero non esiste nessuna normativa di legge che imponga ad una palestra privata o pubblica di avere un laureato in scienze motorie. Inoltre, quello che più ci preoccupa è che in molte palestre vediamo fare attività, anche il cosiddetto cardiofitness, a persone che hanno avuto l'infarto, oppure che soffrono di pressione alta o di diabete senza nessuno che le controlli. In queste palestre ci dovrebbe essere almeno un medico dello sport che inquadri i soggetti, o comunque un medico competente, mentre ad occuparsi di far eseguire l'attività fisica vera e propria - ovvero di allenare questi atleti un po' strani, perché sono pur sempre atleti malati - dovrebbe essere un laureato in scienze motorie.
Noi riteniamo che il percorso della laurea specialistica sia particolarmente


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adatto a ciò, dal momento che esso prevede cinque anni di studio ed ha un programma didattico molto dettagliato - io sono il coordinatore e lo conosco - che in alcune università è associato anche alla pratica sportiva di tutti i giorni.
Parlo della mia università, perché per me è più semplice. Lì abbiamo l'Istituto di geriatria diretto dal professor Bernabei, che dispone di una palestra per anziani dove ci sono dei novantenni che vengono a svolgere attività fisica: prendono il taxi la mattina da soli, arrivano in palestra e fanno ginnastica, poi riprendono il taxi e tornano a casa. Un novantenne che va in taxi a fare ginnastica in palestra rappresenta un enorme risparmio per la società. Se voi pensate per un attimo che non è tanto importante arrivare a 90 anni quanto arrivarci in piedi, capite bene quale straordinario impatto questo può avere.
Aggiungo un'altra considerazione importante. C'è un'aspettativa da parte di noi medici che si faccia qualcosa per i ragazzi e per i bambini. Noi abbiamo il brutto primato, poco invidiabile - basta andare a leggere la documentazione europea - degli obesi nella scuola primaria. Abbiamo il 13-14 per cento di bambini obesi, ovvero il più alto numero di bambini obesi nella scuola primaria e siamo agli ultimi posti - potete leggete il libro bianco della Comunità europea - per l'attività motoria nella scuola primaria. Allora, se vogliamo pensare ad una popolazione un po' più sana, dobbiamo cominciare a educare questi bambini ad un corretto comportamento alimentare, sconsigliando determinate attività a rischio, quali il fumo o le droghe, ma allo stesso tempo dobbiamo anche insegnare che l'esercizio fisico è una medicina a basso costo e utile per loro.
Con alcuni pazienti siamo facilitati, perché alcuni hanno capito perfettamente - io ne ho moltissimi e ora stanno crescendo sempre di più - che è meglio fare 5 chilometri di camminata al giorno piuttosto che prendere tre pillole: costa molto di meno, è più divertente e nello stesso tempo apporta un giovamento maggiore in termini di qualità della vita.
Dunque, lo studente in scienze motorie può essere impiegato come una risorsa. Credo che i ragazzi abbiano mandato un documento al Ministro Mariastella Gelmini e aspettino che qualcuno gli dica cosa fare, perché per il momento non lo sanno. Io ho un carteggio con una direttrice di un'unità di riabilitazione che, a fronte della presentazione del curriculum da parte di una laureata in scienze motorie - titolo di laurea specialistica, quindi quinquennale - ha risposto che la sua figura non poteva in nessun modo essere presa in considerazione in quanto non esistente nel panorama nazionale.
Io le ho scritto che, a parte il fatto che ai giovani bisognerebbe lasciare qualche sogno, quello non era il modo giusto di rispondere ad una giovane laureata anche dal momento che si trattava di una laurea riconosciuta dallo Stato, e quindi sarebbe bastato andare a guardare la Gazzetta ufficiale. Inoltre, ho anche detto a questa persona che tale laurea non viene riconosciuta in quanto non corrispondente ad una professione sanitaria, ma potrebbe anche esserlo. Infatti, se quella del fisioterapista è una professione parasanitaria perché non potrebbe esserlo anche quella di colui che è deputato a far svolgere attività fisica ad un diabetico o ad un infartuato? Questa è una delle possibilità, ed è quello che ci aspettiamo tutti. Credo che ci siano trattative in corso tra il Ministero della salute e quello dell'istruzione proprio su questo progetto di attività fisica in Italia.
Io posso solo dire che in 12 anni ho visto migliorare molto i ragazzi.
Oggi, i ragazzi sapevano che venivo a Roma e qualcuno ha avanzato delle osservazioni assolutamente giuste chiedendomi come potrà essere impiegato chi prende la laurea specialistica. In questo momento, noi non sappiamo dare loro una risposta, forse voi potete fornirla, perché produrre una normativa, anche semplice ed elementare, per valorizzare questo ruolo credo che sia importante. In


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caso contrario, ci troviamo con dei laureati che non sappiamo in che modo impiegare.

PRESIDENTE. Se fosse possibile, vorrei chiederle un ulteriore commento sulle relazioni che ci sono fra i due diplomi di laurea, ovvero quello in fisioterapia e quello in scienze motorie. Infatti, si pone un problema di equipollenza e quindi sarebbe utile sentire il suo parere.

PAOLO ZEPPILLI, Docente in scienze motorie e direttore della Scuola di specializzazione in medicina dello sport. Voi mi consentite di parlare fuori verbale? Con un linguaggio molto semplice, sincero e trasparente?

PRESIDENTE. L'audizione è registrata e c'è il satellite.

PAOLO ZEPPILLI, Docente in scienze motorie e direttore della Scuola di specializzazione in medicina dello sport. Va bene, io non dirò delle cattiverie.
Dico semplicemente che come tutte le cose in Italia, perlomeno io così ho imparato in quarant'anni di università, molte volte ci troviamo di fronte a dei preconcetti. Albert Einstein diceva che è più difficile spezzare un atomo che un pregiudizio, e credo che sia questo il caso. Qui è nato un contenzioso tra i laureati in fisioterapia e quelli in scienze motorie semplicemente per paura di vedere occupati degli spazi lavorativi. Le due lauree hanno molte somiglianze, ma hanno anche delle differenze importanti.
Il fisioterapista agisce sul paziente, sul malato, ovvero massaggia, manipola e lo segue maggiormente nella fase acuta. Differentemente, il laureato in scienze motorie è un professionista del movimento, ossia impara come si fanno i movimenti corretti, lo sport, e li applica. La sua figura può venire tranquillamente dopo quella del fisioterapista e non deve necessariamente occupare il suo spazio.
Vengo alla famosa storia dell'articolo 1-septies. Certo, se il laureato in scienze motorie, che ha dei crediti formativi molto simili a quelli del fisioterapista, attraverso un percorso ulteriore di qualificazione sul malato può prendere anche la laurea triennale in fisioterapia, questo potrebbe essere una soluzione.
Io ho in mente un esempio straordinario, perché credo che siano sempre gli uomini a realizzare cose straordinarie. L'onorevole Barbieri può confermare quanto dico. Io ho un carissimo amico a Reggio Emilia che è il professor Guiducci, che adesso è in pensione, il quale è riuscito a coronare una sogno che avrei voluto realizzare anch'io, ma che a Roma non si può fare perché è una città troppo grande. Lui aveva un centro di cardiologia, un centro di riabilitazione cardiovascolare a Castelnovo ne' Monti, una palestra e un centro di medicina dello sport. Dunque, l'infartuato veniva curato in ospedale, poi andava a fare la sua riabilitazione nel centro a Castelnovo ne' Monti, dopodiché, una volta riabilitato, veniva affidato ai laureati in scienze motorie. Questi ragazzi - due miei studenti hanno fatto la tesi di laurea su questo argomento - accompagnavano i pazienti a fare le passeggiate per i boschi o per le montagne con il cardiofrequenzimetro, controllando se andavano troppo veloci, se non si sentivano bene, misurandogli la pressione e così via. Dunque, questo professore ha dato vita ad un'unità perfetta che segue il paziente dalla fase acuta a quella post acuta, ovvero quando deve essere indirizzato verso un'attività a casa, dal momento che deve imparare a fare la terapia da solo.
I miei pazienti hanno imparato: comprano un frequenzimetro, prendono una bicicletta e, quando sono sicuro che non corrono nessun rischio, do loro le indicazioni, per esempio percorrere cinquanta chilometri ad una certa frequenza, e stanno tutti meglio e non lo dico perché questo è il mio mestiere e quindi ci credo, ma perché è vero.
In America è stato concesso un finanziamento di 100 milioni di dollari ad un italiano, Marco Pahor, un allievo del maestro del professor Bernabei, per un progetto di attività fisica per gli anziani.


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Ebbene, se un anziano arriva a ottantacinque anni in piedi costa alla comunità una cifra paurosamente più bassa. Al contrario, se l'anziano arriva a quell'età, ma è costretto a letto, passa continuamente dalla casa all'ospedale, ragion per cui vediamo nascere continuamente queste palestre per anziani.
Vorrei concludere con una considerazione su un fatto che mi ha colpito molto e che penso colpirà anche voi. Sono stati portati avanti dei lavori sui novantenni, svolti da una professoressa italo-americana, la dottoressa Fiatarone, ai quali sono stati fatti svolgere esercizi sui quadricipiti, ovvero i muscoli delle cosce.
I quadricipiti non servono apparentemente a niente, ma queste persone dopo due mesi di allenamento erano capaci di sollevare un peso pari a due volte quello iniziale. In altri termini, questi anziani erano capaci di alzarsi da soli dalla sedia, di scavalcare la vasca da bagno e farsi il bagno, mentre prima non ci riuscivano perché non avevano neppure la forza per alzarsi dalla sedia. Dovevano essere aiutati dai loro familiari o da una badante. Dunque, l'attività fisica in un mondo di sedentari è diventata fondamentale. Pertanto, l'attività del medico e quella del laureato in scienze motorie devono essere assolutamente parallele, mentre il fisioterapista può tranquillamente svolgere il suo mestiere senza interferire con le altre professioni in questo campo.

PRESIDENTE. Grazie, professore. Vorrei presentarle alcune persone qui presenti: l'onorevole Maria Letizia De Torre, esponente del Partito Democratico, e l'onorevole Paola Goisis della Lega Nord, entrambe segretarie di presidenza. Inoltre, conosce bene l'onorevole Barbieri, relatore del provvedimento, l'onorevole Barbaro del PdL e l'onorevole Ceccacci Rubino del PdL.
Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

CLAUDIO BARBARO. Vorrei dividere in due il mio intervento, partendo immediatamente da una delle ultime considerazioni del professor Zeppilli che, peraltro, ringrazio per essere stato veramente esauriente. Anzi, egli è andato anche oltre e questo andare oltre, a mio avviso, ci facilita non solo per l'argomento del quale stiamo discutendo ma anche, in chiave propedeutica, per quella che potrebbe essere una rivisitazione del sistema sportivo in generale, e poi spiegherò il perché.
In riferimento alla materia oggi in discussione, ovvero l'equipollenza, sulla quale mi sono già espresso precedentemente e non voglio ripetermi, vorrei partire proprio dall'affermazione del professore che sostanzialmente riconduce, almeno ad un sguardo esterno, questa vicenda quasi ad una disputa tra lobby, una sorta di posizionamento tra professioni per accaparrarsi una fetta di mercato a discapito delle altre. Io non voglio entrare nel merito, ma sta di fatto che questa immagine corrisponde all'immaginario collettivo su questa vicenda.
A mio avviso, l'abilità della Commissione e del Parlamento dovrà essere quella di trovare un equilibrio tra gli aspetti tecnici e quelli prettamente di mercato. Io ritengo che ci sia una differenza abbastanza sensibile tra le due professioni. Dunque, ripeto, occorre trovare un equilibrio tra le esigenze di mercato e quelle di carattere tecnico.
Non voglio dilungarmi oltre su questo aspetto. La strada è già abbastanza avviata ed abbiamo fatto dei passi in avanti.
Da parte nostra, non c'è sicuramente la voglia - e questo mi sembra sia stato riscontrabile in tutti gli altri interventi - di agire con l'accetta, in quanto non vogliamo assolutamente creare condizioni tali da far sì che i cambiamenti calino dall'alto, all'improvviso, senza nessun ammortizzatore. Ciò mi sembra rispecchiare la volontà di tutti. Tuttavia, è evidente che una decisione che consenta di identificare con precisione una professione e l'altra vada in qualche modo presa.
Inoltre, vorrei intervenire sulla parte iniziale dell'intervento del professore Zeppilli,


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che ringrazio non solo come parlamentare ma anche come membro della giunta del CONI.
Infatti, faccio parte della giunta del CONI e mi rendo conto che non è questa la sede di discussione adatta, ma purtroppo mi trovo costretto a dover prendere a pretesto questa circostanza per poter muovere delle analisi critiche a quelle che ritengo siano le falle, le carenze o comunque le anomalie del sistema sportivo italiano. È grave, gravissimo che io debba diventare parlamentare - questo non può che farmi piacere non solo dal punto di vista personale, ma anche per la parte politica che rappresento - per sentir parlare di questo tipo di problematiche, che lei, professore, ha sapientemente esposto nell'ambito della presente Commissione ma che non vengono mai affrontate all'interno della giunta del CONI. Come membro di tale giunta, lo ritengo gravissimo.
Lei ha dato uno spaccato dell'attività sportiva del nostro Paese che è totalmente rispondente a quello che sta accadendo oggi. Volendo tradurre in percentuale quello che lei ha descritto, in riferimento a quanto accade nelle palestre, attualmente in Italia il 60 per cento dei praticanti di attività sportiva lo fa al di fuori dei contesti tradizionali, ovvero al di fuori dei contesti istituzionali sportivi comunemente conosciuti. Mi riferisco alle istituzioni sportive riconducibili a federazioni, enti di promozione sportiva, dunque luoghi istituzionalmente riconosciuti come governati dal mondo sportivo ufficiale, quindi dal CONI.
Ciò vuol dire che esiste una situazione nella quale un numero impressionante di praticanti non è governato da nulla, che sta diventando una giungla e che rischia di produrre dei danni incalcolabili a tutto lo sport del nostro Paese. Infatti, stanno nascendo a dismisura una serie di nuove figure, di nuove professioni - se così vogliamo chiamarle - che non sono regolamentate in alcun modo, ovvero non sono rispondenti, né in termini di qualità né di sicurezza, alle esigenze dei consumatori. Ad oggi, il 60 per cento dei «consumatori» di sport in Italia non è tutelato da normative adeguate. Lei prima faceva riferimento al fatto che non esiste in Italia una legge che obblighi, all'interno delle palestre, alla presenza di un direttore tecnico o, comunque, di un dirigente che abbia la laurea in scienze motorie. Ciò che lei dice è in parte vero, infatti alcune regioni hanno questo obbligo. Ad esempio, nel Lazio esiste una legge regionale che obbliga ogni centro sportivo, con determinate caratteristiche, a dotarsi di un direttore tecnico laureato in scienze motorie. Purtroppo però non c'è mai stato un regolamento di attuazione e questo ha impedito alla legge regionale di essere applicata.
Dunque, ci troviamo di fronte ad una totale assenza di regole, che comporta danni incalcolabili per i praticanti sportivi che si trovano ad essere seguiti da istruttori che non sono stati legittimati da nessuna istituzione a svolgere quel lavoro, ovvero che non sono qualificati per svolgerlo. Questo è un danno che si ripercuote non soltanto sulla qualità del servizio ma anche sulla sicurezza stessa dei praticanti. Dunque, ci troviamo in una giungla generata dall'assenza di norme, che deve essere assolutamente regolamentata, e questo riguarda tutto il sistema sportivo italiano.
Io ritengo sia estremamente grave che il governo dello sport italiano non si sia mai posto problemi di questa portata - che lei ha esposto in maniera brillante - e che invece si preoccupi soltanto di portare a casa medaglie. Ebbene, le medaglie sono assolutamente importanti per la promozione dello sport ma ai fini di una crescita culturale dello sport stesso non sono sufficienti a determinare quei cambiamenti, quegli scatti in avanti, di cui necessita lo sport italiano per diventare quello che tutti noi pensiamo sia un fenomeno socialmente apprezzabile e, in quanto tale, riconosciuto non solo dalle istituzioni sportive ma anche dalle istituzioni pubbliche.
Io credo che il suo contributo sia stato veramente apprezzabile, non soltanto per i contenuti, ma perché ritengo


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possa essere propedeutico alla nascita di un dibattito che vada oltre questa legge e che permetta, attraverso questa legge, di gettare un ponte per iniziare a costruire un percorso nuovo, che vada in una direzione ben precisa che è quella di mettere ordine in un settore come quello dello sport che, al momento, non è assolutamente regolamentato.

PAOLA GOISIS. Grazie, presidente, e grazie al professor Zeppilli che è stato così gentile da venire qui da Milano. Ho ascoltato con molta attenzione e con molta soddisfazione la sua relazione e devo riconoscere l'onestà intellettuale con la quale lei ha distinto le due professioni.
Noi siamo qui a parlare di equipollenza delle due professioni, ovvero dei due diplomi di laurea. Nella legislatura precedente avevamo già trattato questo argomento e avevamo sollevato le stesse perplessità, dal momento che parlare di equipollenza tra un fisioterapista e un laureato in scienze motorie ci lasciava dei dubbi.
Personalmente, ho vissuto l'esperienza di un ragazzo che ho avuto a scuola quando inizialmente camminava con le sue gambe e, in seguito, si muoveva con la carrozzina.
A suo tempo, mi fu fatta presente la difficoltà incontrata da questo ragazzo quando si è trovato ad essere sollecitato dal fisioterapista. Ebbene, si faceva notare che se in quel momento ci fosse stato al posto del fisioterapista un laureato in scienze motorie la sua situazione sarebbe stata assolutamente diversa, perché anziché rimanere paralizzato soltanto agli arti inferiori il ragazzo sarebbe rimasto paralizzato anche agli arti superiori.
Dunque, mi ha fatto molto piacere che lei abbia fatto questa distinzione, dicendo che il fisioterapista interviene direttamente sul malato e lo manipola mentre il laureato in scienze motorie svolge attività preventiva o successiva al trattamento. Allo stesso modo, lei ha detto che quella del laureato in scienze motorie non è una professione sanitaria.
Riconosco - ma è facile riconoscerlo - questa rivalità tra i fisioterapisti e i futuri o attuali laureati in scienze motorie. Dunque, è evidente che esiste un timore di scavalcamento delle professioni.
Detto questo, anche io capisco la necessità, l'esigenza e le aspettative di questi ragazzi che hanno studiato e si sono preparati laureandosi in scienze motorie, ma penso che bisognerà capire come arrivare a riconoscere un'attività a questi laureati senza creare un accavallamento nei confronti dei fisioterapisti. Evidentemente, si tratta di due realtà diverse e quindi condivido tutte le considerazioni che lei ha fatto.
Ad esempio, ci sarebbero attività importanti da svolgere con i bambini delle scuole elementari e medie oltre che nelle palestre. Dunque, sbocchi lavorativi ce ne sono comunque, senza dover arrivare all'equipollenza dei due tipi di laurea.
Penso di essere stata abbastanza sintetica e chiara, ma vorrei avere da lei qualche chiarimento.

PRESIDENTE. Do la parola al professor Zeppilli per la replica.

PAOLO ZEPPILLI, Docente in scienze motorie e direttore della Scuola di specializzazione in medicina dello sport. Conosco l'onorevole Barbaro per il nome e per il suo impegno nello sport. Ho ascoltato le sue parole e la ringrazio per avere detto che sono stato chiaro, ma posso fare di meglio perché oggi sono un po' stanco.
Voglio continuare a fare mio mestiere senza prendere ruoli di responsabilità, perché mi piace insegnare. Pensate che ho discusso con l'onorevole Barbieri perché non volevo venire questo pomeriggio, in quanto mi dispiaceva sospendere la lezione. A me piace insegnare.
Ho ascoltato e concordo assolutamente con questa visione omnicomprensiva, però credo che questo sia un problema politico.
Oggi volevo parlare soltanto di un problema di tipo tecnico, però lei ha ragione su un elemento: esiste nelle palestre una giungla lavorativa che non è


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regolata da nessuna normativa. Lei stesso ha citato il fatto che c'è una legge regionale del Lazio ma non c'è il regolamento di attuazione, quindi, di fatto può dirigere una palestra o far svolgere attività fisica in palestra uno che ha preso un diploma in sette giorni.
Mi ricollego subito a quanto detto dall'onorevole Goisis, e mi pare di essere stato chiaro nel dire che esistono degli ambiti lavorativi diversi. Dico ciò con molta competenza, dal momento che ho insegnato anche ai fisioterapisti e non ho problemi di questo genere. Per me il discorso è chiaro. Resta il problema che qualcuno di voi dovrà domandarsi per quale motivo si è verificato una sorta di assalto da parte delle scienze motorie nei confronti della fisioterapia.
Infatti, in riferimento alla laurea statale (LM22) e alla laurea specialistica (LM 67) - lasciamo stare le altre lauree specialistiche (LM 68 e 48), che sono lauree tipicamente sportive - pensate che un ragazzo che frequenta cinque anni del corso di laurea specialistica in scienze motorie, nei due anni di specializzazione svolge insegnamenti come: l'attività fisica nel paziente con malattie cardiovascolari respiratorie, l'attività fisica nel paziente col diabete, l'attività fisica nel soggetto disabile e l'attività fisica nel bambino. Ebbene, se questo laureato specialistico voi lo mettete nella terra di nessuno è chiaro che vi dirà che vuole fare il fisioterapista. Altrimenti, non si capisce per quale motivo noi difendiamo i fisioterapisti e non difendiamo gli altri. Io sono amico di tutti, ma è evidente che il fisioterapista ha un ruolo.
Faccio un esempio. Io ho dei fisioterapisti nel mio ospedale e, quando c'è qualcuno che ha avuto un ictus e deve essere rimesso in piedi, io non lo affido al laureato in scienze motorie ma al fisioterapista appunto. Tuttavia, una volta che questo paziente ha ricominciato a camminare deve fare attività fisica e allora posso affidarlo al laureato in scienze motorie, in quanto devo fargli fare della ginnastica, dunque un'attività fisica post riabilitazione. Come vedete c'è spazio per tutti, ma voi dovete dare la certezza di un futuro a questi ragazzi, altrimenti li troverete non sotto il palazzo del CONI ma sotto il palazzo del Parlamento a chiedere che gli si dica che mestiere possono svolgere dopo aver studiato per cinque anni.
Una risposta bisognerà pur darla a questi ragazzi.

EMERENZIO BARBIERI. Condivido gli interventi dei colleghi e ringrazio il professor Zeppilli per quanto ci ha riferito.
Chiedo scusa, signor presidente, per aver chiesto di parlare dopo la replica del professore, ma vorrei rivolgergli subito una domanda secca. Cosa ne pensa della possibilità che, dopo tutte le audizioni che faremo, alla conclusione unanime cui siamo giunti nella legislatura scorsa? Lei non ha bisogno che glielo ricordi, ma nella legislatura scorsa i gruppi in questa Camera erano quindici o sedici, mentre oggi sono sei. Ciò vuol dire che su questo testo erano d'accordo Rifondazione Comunista, Verdi, Comunisti Italiani, Sinistra Democratica, DS, Margherita, Lega Nord, Forza Italia e AN. Insomma, tutti.
Mi chiedo se una formulazione di questo tipo potrebbe andare bene (la materia mi interessa nella qualità di relatore): l'articolo 1-septies è abrogato. Al comma 2 avremmo «con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca (allora era dell'università e della ricerca, oggi dovremmo dire del MIUR) da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentito il Ministro della salute e con il previo parere del CUN, è definita per i laureati e gli studenti iscritti ai corsi di laurea in scienze motorie la disciplina del riconoscimento dei crediti formativi nonché delle modalità di espletamento del periodo di formazione e tirocinio sul paziente ai fini del conseguimento della laurea in fisioterapia». Una formulazione di questo genere, a suo giudizio, può andar bene? Glielo chiedo perché lei comprende bene - come comprende bene il presidente Nicolais - che


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se al termine di questa indagine conoscitiva noi potessimo trovare una soluzione univoca da parte di tutti i gruppi parlamentari su questo testo avremmo una facilitazione formidabile dal punto di vista dei tempi.
Infatti, professor Zeppilli, questo significherebbe che non dovremmo sottoporre questa materia a 630 deputati, 600 dei quali, con grande rispetto per i miei colleghi, non sanno nulla di queste cose, come io non so nulla di decine di argomenti che arrivano in Aula. Avremmo, dunque, la sede legislativa in questa Commissione.
Le chiedo di conoscere la sua opinione.

PAOLO ZEPPILLI, Docente in scienze motorie e direttore della Scuola di specializzazione in medicina dello sport. Questo riconoscimento, attraverso questa formulazione, apre la prospettiva per i laureati in scienze motorie di poter svolgere anche la professione di fisioterapista.
Se voi ritenete, dal punto di vista politico, che ciò sia corretto e che questa possa essere una prospettiva, naturalmente le università dovranno attrezzarsi. Ebbene, non si tratta di una situazione semplice perché bisognerà normare molto specificatamente gli accesi e anche il riconoscimento dei crediti formativi.
Questa potrebbe essere una soluzione, che però è finalizzata ad aprire una prospettiva ulteriore per questi ragazzi.
Tuttavia, vi prego - e lo dico perché secondo me è una questione di serietà nei confronti dei giovani - di pensare ad una possibile integrazione con la quale si riconosca anche la professione dei laureati in scienze motorie. Dunque, si riconosca che questi laureati, pur svolgendo attività in palestra, hanno a che fare con pazienti e non soggetti normali.
Infatti, se in palestra si seguono ad esempio trenta giovani tra i venticinque e i trent'anni, con un po' di pancetta e sedentari, il rischio che si corre è relativo, quindi può andar bene anche il laureato triennale. Al contrario, se in palestra, come capita oggi, ci sono persone dai cinquanta agli ottanta anni, molte delle quali hanno il diabete, l'ipertensione e sono convinti di poter fare qualsiasi cosa senza alcun rischio, c'è bisogno di un professionista che li conosca bene, ovvero che ad esempio chieda al signore che arriva quali sono i suoi problemi patologici e i farmaci assunti. Quindi, qualcuno che possa indicare un esercizio ad hoc in base alle medicine assunte o che consigli una visita dal medico per sentire cosa è necessario fare.
Questo non è soltanto sicurezza, come diceva molto giustamente l'onorevole Barbaro, ma è anche terapia. Terapia significa che, se si hanno delle strutture riconosciute e, a questo proposito, il mancato regolamento della regione Lazio è un utile esempio - in quanto non basta fare le leggi ma occorre anche emanare i regolamenti attuativi - con delle persone competenti si rischia di meno e si ottengono risultati maggiori. I ragazzi aspettano questo.
Molto serenamente, posso dirvi che oggi ho discusso per dieci minuti con i ragazzi. La metà di loro era entusiasta dell'equipollenza, mentre l'altra metà era molto perplessa. Anche lì c'è un po' di confusione.

PRESIDENTE. La ringrazio moltissimo, professore. Mi sembra molto corretto quello che lei ha evidenziato circa la necessità di trovare uno sbocco professionale per i laureati in scienze motorie, perché questo è sicuramente importante.
Tuttavia, debbo anche dire che qualche mese fa, il 24 febbraio 2009, il Ministro Gelmini ha decretato che «il percorso integrativo della formazione dei laureati in scienze motorie, al fine di permettere loro il conseguimento dell'abilitazione all'esercizio della professione di fisioterapista, è individuato come segue: i laureati in scienze motorie possono essere ammessi ai soli fini dell'equipollenza alla frequenza (...)». Allo stesso modo, al punto 2 si limita in un certo modo l'accesso.


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Dunque, credo che questo dia anche un'indicazione su come il Governo vorrebbe muoversi in questa direzione.
Parlando ora anche come professore universitario, vorrei dire che il problema dell'equipollenza è qualcosa di automatico, mentre il problema del riconoscimento di crediti è diverso, perché dipende anche dai corsi di laurea e quindi dalle università, le quali possono riconoscere o meno certi crediti formativi.
Io ritengo che il punto centrale, a valle della sua audizione, è che noi dovremmo fare uno sforzo insieme per offrire ai laureati in scienze motorie la possibilità di inserirsi in un'attività professionale, in modo simile a quanto accade per i laureati in fisioterapia. Chiaramente, se poi c'è una volontà di passare da un corso di laurea all'altro, con delle regole chiare, bisognerebbe lasciare la possibilità di farlo, tenendo conto della sostanziale differenza - come lei ha evidenziato - tra le attività di lavoro nell'uno e nell'altro caso.
Ringrazio i presenti e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16,15.

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