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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione VII
1.
Giovedì 14 maggio 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Aprea Valentina, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULLO STATO DELLA RICERCA IN ITALIA

Audizione di rappresentanti del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR):

Aprea Valentina, Presidente ... 3 7 9 11
Bachelet Giovanni Battista (PD) ... 7
Maiani Luciano, Presidente del CNR ... 3 9
Palmieri Antonio (PdL) ... 7
Zazzera Pierfelice (IdV) ... 8
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: (Misto-RRP).

COMMISSIONE VII
CULTURA, SCIENZA E ISTRUZIONE

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di giovedì 14 maggio 2009


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VALENTINA APREA

La seduta comincia alle 14,30.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sullo stato della ricerca in Italia, l'audizione di rappresentanti del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR).
Abbiamo l'onore di avere qui il professor Luciano Maiani, presidente, il dottor Fabrizio Tuzzi, direttore generale e il dottor Claudio Battistoni direttore della direzione centrale supporto alla programmazione e alle strutture del CNR.
Do la parola al presidente del CNR, Luciano Maiani.

LUCIANO MAIANI, Presidente del CNR. Grazie, presidente. Sono molto lieto di questo incontro in cui spero di potervi illustrare brevemente, ma in maniera chiara, il CNR, la sua situazione e i suoi progetti.
Abbiamo preparato un breve report e una serie di figure, che sostituiscono le slide normalmente impiegate. C'è stato un piccolo disguido, perché la numerazione delle figure riportata nel rapporto non segue la numerazione delle figure distribuite, mentre nel testo inviato per via informatica coincidono. Ritengo comunque di potervi guidare attraverso le figure nel corso della mia esposizione.
Poiché il rapporto è abbastanza corposo, vi risparmio una lettura dettagliata degli argomenti, cercando invece di sintetizzare la questione.
Il Consiglio nazionale delle ricerche è un ente di lunga durata, fondato nel 1923. All'inizio era la principale agenzia di finanziamento della ricerca in Italia, era quella che oggi viene definita una funding agency. Inoltre era ed è tuttora il consulente principale del Governo in materia di ricerca.
La situazione del CNR ha registrato molte variazioni nel corso degli anni, l'ultima in ordine di tempo è la cosiddetta «riforma Moratti», il decreto legislativo n. 127 del 2003 attualmente vigente, fermo restando che nell'ambito dei decreti delegati vi è ancora la possibilità di apportare modifiche istituzionali.
I compiti del CNR consistono nello svolgere, promuovere, diffondere, trasferire e valorizzare attività di ricerca nei principali settori di sviluppo delle conoscenze e delle loro applicazioni per lo sviluppo scientifico, tecnologico, economico e sociale del Paese. Queste sono le parole chiave. Da una parte, il CNR è un ente multidisciplinare, mentre in Italia esistono alcuni enti con missioni definite, dall'altra ha una missione di sostegno dell'economia particolarmente accentuata in questa legge. Il CNR promuove l'internazionalizzazione del sistema italiano della ricerca scientifica e tecnologica.
Il principale aspetto della riforma Moratti consisteva nel trasformare il CNR in


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un ente che invece fa ricerca. Al momento, l'ente finanzia, e poi vedremo come, la ricerca nei propri laboratori. Non è più una funding agency, nella terminologia europea, ma una research performing agency.
La qualifica di Consiglio consente tuttora al CNR di sedere al tavolo degli altri Consigli delle ricerche europee. Anche loro hanno una situazione mista: alcuni sono agenzie di finanziamento, altri sono invece come noi agenzie che fanno ricerca, come il CSIC spagnolo. Questo rappresenta per l'ente motivo di orgoglio e di stimolo per sviluppare, nel proprio seno, un vasto ambito di competenze e attività scientifiche, nella prospettiva di raggiungere elevata qualità scientifica e massima interdisciplinarità.
Il CNR ha dimensioni ragguardevoli, è organizzato in 107 istituti presenti su tutto il territorio nazionale e articolati in 11 dipartimenti, dei quali la prima figura riporta la mappa. La riforma ha operato una drastica riduzione del numero di istituti, con l'abolizione di circa 200 strutture di ricerca in collaborazione con l'università, aspetto su cui tornerò in seguito.
Anche gli organi di governo del sistema sono stati completamente rivisti. Storicamente, il sistema del CNR era un sistema bottom up, dal basso, mentre adesso è un sistema completamente top down, articolato in un Consiglio di amministrazione, un consiglio scientifico generale, un organo di valutazione delle attività.
Attualmente, è in corso un'operazione di valutazione degli istituti del CNR articolata con un panel centrale di alta qualità scientifica e poi dei panel di area con un'elevata internazionalizzazione. Su 150 valutatori che dovranno distribuirsi nei vari panel, 60 (il 40 per cento) sono di estrazione non italiana, ma europea.
Le attività si articolano in 11 grandi aree di ricerca scientifica, i dipartimenti. Si tratta di un'organizzazione a matrice, in cui i dipartimenti fanno la programmazione e veicolano all'interno del CNR le esigenze provenienti dal Governo, dall'Europa, dalle istanze dello Stato e della società, e negli istituti la ricerca si svolge in modo orizzontale. Gli istituti sono la sede della ricerca, delle competenze, delle attrezzature sperimentali, dell'eccellenza dei ricercatori.
Per lo svolgimento di queste attività, il CNR ha stipulato molteplici accordi, convenzioni, consorzi, società con soggetti pubblici e privati. Il CNR partecipa attivamente a centri di ricerca internazionali, in collaborazione con analoghe istituzioni scientifiche di altri Paesi.
Dalla figura n. 7, si sussegue un certo numero di immagini di strutture e di attività del CNR, che mi sembra interessante fornirvi. La prima riguarda le aree di ricerca, nelle quali gli istituti tendono a confluire insieme a istituti universitari e imprese, modello che considero molto efficiente.
Nelle pagine successive sono riportate la fotografia di una nave che fa parte delle strutture per le nostre ricerche oceanografiche, una raccolta di fotografie riguardanti l'Antartide, il CNR partecipa ai programmi dell'Antartide, recentemente falcidiati dai tagli e quindi adesso ridotti a un quasi «metabolismo di base», l'immagine raffigura la base Concorde che l'Italia spartisce con la Francia. In Antartide, opera un consorzio che comprende l'ENEA e diversi consorzi universitari. Nella pagina successiva vi è una foto delle Isole Svalbard, dove il CNR sta costruendo una torre per rilevazioni climatiche. Il CNR quindi è collocato al Polo Nord, al Polo Sud e sull'Himalaya: quindi abbiamo i due poli e il punto più alto del mondo.
Le pagine successive contengono una lista delle attività internazionali, che corrisponde a una serie di partecipazioni all'European Science Foundation ma anche a installazioni come il sincrotrone di Grenoble o le macchine a neutroni in Inghilterra e in Francia. Segue un'illustrazione di ITER. Il CNR partecipa insieme all'ENEA e all'INFN ai programmi di fusione termonucleare, quello che si chiama il brother approach. Queste immagini provengono da una mia recente audizione alla Commissione del Senato su questo argomento.


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Se vediamo il bilancio del CNR, qui c'è una cosa importante, e questa è illustrata nella figura n.3, che rappresenta un break up del bilancio del CNR. Il Consiglio riceve dallo Stato un contributo, il cosiddetto «fondo di funzionamento ordinario», che copre il 67 per cento del totale delle entrate. Questo numero si riferisce al 2008, mentre nella figura sono indicate le cifre del 2007, che comunque sono molto simili. Di questo 67 per cento circa il 43 per cento viene speso per gli stipendi, mentre la piccola frazione restante viene investita in spese di installazione e affitti. Il contributo dello Stato copre dunque non completamente le spese fisse dell'Ente e ha un piccolo margine per coprire alcune attività internazionali.
Nella pagina successiva, viene indicata l'evoluzione del fondo di finanziamento ordinario nel corso degli anni. La linea blu rappresenta le cifre in euro, mentre la cifra in rosso quelle attualizzate tenendo conto dell'inflazione. Il fondo di finanziamento è stato dunque sostanzialmente costante in termini monetari, ma con una perdita dovuta all'inflazione, aspetto comune a tutti gli enti di ricerca italiani.
Le altre cifre che contribuiscono a portare il bilancio del CNR nel 2008 a circa 80 milioni di euro e nel 2007, un po' più su, a 100 milioni di euro, provengono da contratti di ricerca che il CNR conquista sul mercato. Vengono quindi dallo Stato, dai ministeri, dalle regioni, dagli enti locali, dalle industrie e anche dall'Europa, dai contratti europei. Il CNR quindi fa ricerca, perché riesce a ottenere contratti di ricerca da queste varie fonti. Questo è un fatto molto positivo, perché il CNR è un amplificatore di fondi, come viene ricordato nel documento. Per ogni euro investito dallo Stato, infatti, siamo in grado di spenderne 1,5-1,6, giacché la differenza viene garantita da questi contratti che il CNR conquista sul mercato. È un sistema che definirei virtuoso.
Si tratta quindi di un sistema virtuoso, che però purtroppo tende a essere eterodiretto, giacché gli istituti vanno dove si conquistano i contratti, ovvero laddove la società, lo Stato, l'Europa vogliono concentrare le forze. Rimane però un margine assai limitato per lo sviluppo della ricerca pura avanzata, con contratti privi di un immediato scopo innovativo. Tale ricerca viene attualmente finanziata con i fondi europei, che si conquistano nell'ambito del Programma Quadro e in piccola parte con fondi del CNR, la cosiddetta «ricerca spontanea a tema libero».
Da questo panorama delle attività emerge dunque come il CNR sia impegnato soprattutto in attività finalizzate all'innovazione, che provengono da contratti di ricerca di vario genere, mentre una piccola parte riguarda la ricerca pura, priva di un immediato risvolto innovativo o applicativo, finanziata dal bilancio ordinario o da contratti di tipo europeo.
Le figure nn. 5 e 6 mostrano uno spaccato della provenienza dei fondi del bilancio del CNR nel corso degli anni scorsi. La parte più grossa è costituita dal fondo di finanziamento ordinario, mentre l'altra riguarda la vendita di prodotti e prestazioni di servizi prevalentemente in campo medico, settore pubblico e privato, attività internazionali, regioni ed Enti locali, altri Ministeri.
La distribuzione geografica degli studi del CNR favorisce profondamente l'interazione con le regioni, aspetto estremamente positivo per cui il CNR si è impegnato molto. L'Accordo quadro stipulato con la regione Lombardia, un accordo che vale 40 milioni di euro per tre anni. La regione Lombardia ha investito 20 milioni di denaro fresco, mentre il CNR contribuisce economicamente in misura minore, ma sostanzialmente con personale di ricerca e infrastrutture.
Il Programma che è stato attivato si chiama Mind in Italy consiste nella formazione temporanea di dottorati di ricerche, di post DOC e ricercatori ed è volto allo sviluppo di nuove tecnologie e strumenti per l'efficienza energetica, risorse biologiche innovative per lo sviluppo sostenibile del sistema agroalimentare, processi high tech e prodotti orientati al consumatore per il manifatturiero lombardo, nanoscienze per materiali e applicazioni biomediche. Questo rappresenta


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un prototipo di relazioni e quindi di conseguenti finanziamenti che il CNR incoraggia con le regioni. Abbiamo infatti analoghe relazioni con la regione Lazio.
Per quanto riguarda la partecipazione del CNR ai distretti, ci sono già, ad esempio, dei distretti in Puglia, cui il CNR partecipa con Finmeccanica, il distretto aeronautico e le università pugliesi. Poi c'è una collaborazione nella Fondazione Bioforme a Napoli con la regione Campania e la Fondazione Telethon. Il CNR inoltre partecipa al distretto tecnologico della Liguria sui sistemi intelligenti integrati e realizza con la regione Toscana un distretto tecnologico sull'ottica, che vede la partecipazione di aziende quali Galileo Avionica. Il CNR è particolarmente ben equipaggiato per questo tipo di collaborazione con le regioni.
Per quanto concerne l'Europa, nella figura n.14 viene riportata una statistica proveniente dal VI Programma quadro, che mostra la classifica degli enti attrattori di fondi dal Programma quadro europeo. Il CNR si colloca onorevolmente al quinto posto, dopo istituti di rilevanti dimensioni quali il CNRS francese, che ha un bilancio pari al triplo di quello del CNR, il Fraunhofer e il Max Planck, che ha un livello molto simile, e il Commissariato francese dell'energia atomica. Naturalmente, il CNR è di gran lunga la prima istituzione italiana.
La figura seguente fornisce una tabella dei ritorni dal Programma quadro dei diversi Paesi. In totale, l'Italia riprende l'8,8 per cento dal Programma quadro, rendimento insufficiente, laddove l'Italia investe in Europa e nel Programma quadro il 12 per cento delle risorse. Questo dato è interessante, perché la tabella successiva evidenzia come le risorse pro capite per ricercatore italiano dal Programma quadro non siano al di sotto di quelle degli altri Paesi, semmai al di sopra. Qui c'è un effetto sistematico sul quale sarò lieto di dare chiarimenti, se richiesti.
L'Italia ha infatti un numero di ricercatori per forza lavoro nettamente inferiore a quello degli altri Paesi. Questi sono dati riferiti a ricercatori strutturati. Poiché però il collega Bachelet mi ha stimolato al riguardo, desidero evidenziare la presenza di un errore sistematico: non credo che i ricercatori italiani siano più bravi di quelli inglesi o tedeschi, ma che il contributo dei precari, fenomeno di dimensioni maggiori nel nostro Paese, tenda a far salire il risultato italiano per ricercatore, perché dietro ogni ricercatore strutturato c'è un numero di precari superiore a quello presente in altri Paesi.
Questa cifra sufficientemente alta indica però come la qualità dei ricercatori italiani non sia inferiore a quella degli altri e come il problema dell'Italia consista nell'averne un numero esiguo. I nostri enti di ricerca hanno battuto su questo punto e il Governo ci ha dato ascolto; in una certa misura, come sapete il taglio del 10 per cento della pianta organica è stato abolito, inoltre nei nostri reclutamenti possiamo utilizzare il turnover integralmente. Questi sono gli aspetti molto positivi della nostra azione nell'ultimo scorcio del 2008. Vorremmo dunque che nella prossima legge finanziaria questo sostegno alle assunzioni di ricercatori e al bilancio non venisse a mancare.
I bandi della European Research Council sono ricerca pura, senza nessun vincolo di ritorni per i Paesi. La figura mostra le domande, in verde quelle dei giovani e in rosso quelle degli advanced grant, evidenziando come i nostri giovani partecipino con entusiasmo e vincano questi concorsi. Il piazzamento dell'Italia indica infatti l'alta qualità delle nostre ricerche. Su circa 30 vincitori, 7 sono del CNR.
Per quanto riguarda l'interazione con l'industria, nel bando «Industria 2015» il CNR ha partecipato ai bandi Efficienza energetica e Mobilità sostenibile piazzandosi molto bene: per la Mobilità sostenibile l'ente partecipa a 9 del 22 progetti selezionati, per l'Efficienza energetica a 12 dei 28 progetti, piazzandosi ai primi posti. Questi indicatori testimoniano come i ricercatori e gli istituti del CNR reggano alla concorrenza.
Voglio chiudere con un dato che si riferisca alla produzione scientifica. Nel 2007, la produzione scientifica dell'ente ha


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avuto un buon risultato: circa 11.000 pubblicazioni, contro le oltre 8.000 del 2005, nonché brevetti. Ultimo argomento le partecipazioni societarie. Il CNR ha molte partecipazioni in consorzi che svolgono un lavoro di tipo industriale con vari risultati. Tra i più importanti sono il consorzio RFX di Padova, che riunisce gli enti di ricerca sulla fusione termonucleare, il CIRA, in cui il CNR partecipa con una presenza minoritaria, l'IMAST.
Sotto la mia presidenza, il CNR sta incoraggiando la formazione di compagnie di spin off, inducendo i ricercatori a portare le loro idee e ad aprire imprese industriali. La società Rete Ventures di proprietà del CNR deve stimolare all'interno dell'ente l'individuazione di progetti da immettere sul mercato. Abbiamo inoltre una partecipazione nella società di gestione Quantica, che dovrebbe agire da venture capital per queste e altre idee.

PRESIDENTE. Grazie, presidente. Do quindi la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

ANTONIO PALMIERI. Desidero innanzitutto ringraziare gli autorevolissimi dirigenti del CNR per la relazione e la documentazione sintetica, ma al tempo stesso articolata.
Condivido, detto tra molte virgolette, il merito di questa iniziativa con il vicepresidente Nicolais, l'onorevole Caldoro e i colleghi qui presenti, che con la presidente hanno caldeggiato questa nostra attività che ha lo scopo di svolgere un'indagine, come detto nel suo titolo, per conoscere. Nel nostro piccolo, dunque, anche noi facciamo ricerca, con l'ambizione di individuare soluzioni condivise e utili per un grande bene comune del Paese. Questo nostro lavoro avrà un sintetico esito finale, in cui raccoglieremo anche le proposte formulate dagli auditi.
Mi sembra di aver colto all'inizio dell'intervento, posso aver sbagliato, un lieve rammarico rispetto all'impostazione data dalla riforma Moratti, poi stemperato sia dai dati forniti che dai documenti presentati. Sono consapevole della difficoltà di trovare un punto di equilibrio tra una ricerca finalizzata alla concretezza e una ricerca pura, che però spesso rischiava di rimanere astratta e confusa in un'organizzazione che non le consentiva di esprimersi. Vorrei quindi chiedervi di chiarire questo aspetto, esprimendo un giudizio sulla vostra storia, sul lavoro svolto in questi anni con questi lusinghieri risultati.
Ritengo che questo sia un interessante nodo culturale oltre che di impostazione di metodo, anche perché avete ricordato la difesa del comparto da parte dell'attuale Governo e tra le impostazioni che verranno portate nell'imminente G8 si annovera anche l'intenzione di canalizzare ulteriormente la ricerca, di finalizzarla su poche aree di grande interesse per il presente e per il futuro della nazione, delle imprese e dei cittadini. Anche questo è un aspetto di metodo sul quale sarebbe utile interrogarci approfittando della vostra presenza.

GIOVANNI BATTISTA BACHELET. Come opposizione, dobbiamo sottolineare che affermare che dalla relazione si evinca una presunta difesa del comparto della ricerca da parte del Governo significa affermare di essere privilegiati perché ad altri sono state date 78 bastonate e a noi solo 62. Desidero però porre domande più specifiche. Prima di tutto il Governo mi pare che non ci sia.

PRESIDENTE. Il Governo non è tenuto a essere presente alle indagini parlamentari.

GIOVANNI BATTISTA BACHELET. La mia era una constatazione, perché ritengo che la risposta a questa domanda soprattutto dovrebbe interessare al Governo. Nel report si evidenziano due aspetti positivi, ovvero come tanti giovani facciano domanda e molti vincano. Non è stato però commentato un terzo grafico, che mostra come nessuno dei vincitori voglia venire in Italia, inclusi gli italiani, ovvero una scarsa attrattività. Molti sono infatti in grado di


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vincere i grant, ma quasi nessuno vuole venire a spenderli in Italia, inclusi i nostri.
Questo sembrerebbe suggerire che il nostro sistema accademico, contrariamente alla vulgata dell'autunno funzioni bene, ma quello di ricerca meno. Poiché l'attuale presidente è in carica solo da un anno e non attribuiremo a lui tutte le colpe del sistema ricerca, intendiamo chiedergli cosa si possa fare per rendere più attraente il ritorno in Italia.
Personalmente, sono allergico alle lamentele sulle fuga dei cervelli, perché per anni sono stato all'estero con piena soddisfazione, come del resto il nostro presidente del CNR e chiunque faccia ricerca. Il problema è che quando ero più giovane qualche americano, qualche giapponese e qualche austriaco venivano a lavorare a Frascati, mentre adesso gli altri non vengono più da noi, laddove in una dimensione soprattutto continentale sarebbe normale che i nostri bravi laureati andassero in Spagna, Francia, Olanda e loro venissero da noi. Vorrei quindi sapere come il Ministero della ricerca possa rendere più attraente il nostro Paese.
La seconda domanda è più specifica, ma, poiché è contenuta nelle conclusioni e non è stata commentata, desidero formularla anche per ragioni corporative di mia provenienza. Uno degli aspetti per cui, come aveva forse intuito il nostro collega Palmieri, la riforma del 2003 non è piaciuta al totale della comunità della ricerca è che nell'intenzione di accorpare al CNR il vitale Istituto nazionale per la fisica della materia esso sia stato sostanzialmente ucciso.
Come membro di questo istituto, ritengo che sia stato catastrofico mettere un piccolo corpo sano, innovativo, che funzionava piuttosto bene - istituito con la firma dell'onorevole Berlusconi nel 1994, da lui fatto e disfatto nel giro di nove anni - in un corpo più grande e meno sano. Qualche collega afferma che negli ultimi mesi sia stato compiuto un tentativo di risistemare questi pezzi, per cui desidero chiedere al Presidente del CNR se si stia rimediando almeno in parte.
Sempre nelle conclusioni, si indicano la legge delega e il regolamento come possibili strade. Si suggerisce quindi che sia meglio lavorare sul regolamento che agire di nuovo, laddove in tutti i Paesi civili la ricerca non è di destra o di sinistra e l'idea è che ogni nuovo Governo cambi la legge che istituisce le agenzie di ricerca è mortale per qualsiasi istituzione scientifica. Poiché la legge delega è stata non solo prolungata, ma anche cambiata insieme al 1441/bis inserendola dunque in un provvedimento economico, con variazioni sostanziali riguardanti l'intervento del Governo nella nomina degli organi dirigenti, vorrei conoscere la sua opinione in merito.

PIERFELICE ZAZZERA. La mia sarà la riflessione di una persona che sa di non sapere. Ho sempre guardato al CNR come luogo di saggi che si riuniscono e lavorano per guardare prima quello che noi non riusciamo a guardare, e offrire proposte al Paese in tempi rapidi. Dobbiamo evitare che enti importanti e qualificanti per il nostro Paese si trasformino in carrozzoni e garantire il miglior utilizzo delle poche risorse a loro disposizione.
Indipendentemente dagli schieramenti politici, emerge la negativa tendenza del nostro Paese a tagliare sulla ricerca e dare finanziamenti minori, anche considerando come oggi in America il Presidente Obama consideri necessario investire sulla ricerca per affrontare la crisi, perché da lì arriveranno lo sviluppo, nuovi modi e nuove forme di lavoro, che potranno inserirsi in una successiva fase di ripresa del mercato.
Tali segnali invece ancora non emergono nel nostro Paese. Una mia esperienza riguarda anche il CNR, coinvolto venti anni fa in un progetto di un cuore artificiale a Pomezia, con una struttura pubblico-privato, finanziamento dei Ministeri, 10 milioni di euro spesi, 12 ingegneri di biotecnologia estremamente qualificati, che ho incontrato personalmente. Il progetto è morto: il cuore artificiale viene presentato in Francia e questi ingegneri disperati andranno via dall'Italia. Credo che questo sia l'impatto evidente di come tanto lavoro, tante risorse, tanta buona


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volontà diventino un'opera di saggezza, senza che nulla di concreto possa dimostrare come l'Italia per prima avesse presentato un progetto di cuore artificiale. Il CNR deve quindi arrivare prima di molti altri.
Poiché il nostro Paese su alcuni temi è ancora indietro rispetto a quanto sta accadendo nel mondo, vorrei sapere quale lavoro il CNR stia realizzando su tematiche come rifiuti, ambiente, fonti energetiche rinnovabili. Del resto, per quanto riguarda i rifiuti, ancora combattiamo con Governi di centrodestra e di centrosinistra alle prese con discariche, inceneritori, battaglie della società civile e dei movimenti favorevoli o contrari.
Vorrei sapere quindi se sulle fonti energetiche rinnovabili il CNR stia lavorando sull'idrogeno, considerandolo una delle fonti non inquinanti su cui questo Paese possa arrivare prima di altri, trasformando questa vostra saggezza in atti concreti utili al Paese.

PRESIDENTE. Desidero esprimere la mia soddisfazione per la relazione del presidente e auspicare che il nostro CNR possa essere sempre più un centro di eccellenza, come auspicato anche dai colleghi.
Vorrei inoltre conoscere il numero di brevetti che riusciamo a ottenere. Un tempo, questo era elevato e costituiva anche parte del capitale di attrattività citato dall'onorevole Bachelet, dimostrando la capacità italiana di brevettare soluzioni scientifiche necessarie, utili anche alla vita quotidiana.
Le sue risposte saranno oggetto di attenzione e utilizzate nella redazione del testo che emergerà dalla nostra indagine, che sarà conclusa dall'audizione del Governo, onorevole Bachelet, e in quella occasione verranno espressi tutti i nostri dubbi e aspettative.
Do quindi la parola al presidente del CNR, Luciano Maiani, per la replica.

LUCIANO MAIANI, Presidente del CNR. Vi ringrazio di tutte queste domande, alle quali cercherò di rispondere in maniera articolata. Molte vertono sullo stesso problema, per cui comincerei dalla questione relativa alla struttura e alla riforma Moratti.
È stato colto un rimpianto che non c'è. Certo, si rimpiange il CNR delle origini, degli anni '60, quando i finanziamenti erano abbondanti e il CNR contribuiva con i progetti strategici all'evoluzione del Paese non semplicemente distillando saggezza. All'origine di diversi filoni industriali nel nostro Paese c'è infatti il CNR, che è stato anche incubatore di tanti enti di ricerca, dalla fisica nucleare alla fisica spaziale e all'astrofisica.
Non c'è però rimpianto per quanto riguarda il CNR degli ultimi tempi. Ritengo quindi che l'attuale struttura del CNR vada bene. La filosofia che mi sono posto in questo anno di carica consiste nell'accettare pacificamente questa struttura, che è stata data dal Governo e che quindi non è in discussione, individuando i punti di complessità per migliorarne il funzionamento.
Ritengo che la legge n. 127 non dovrà cambiare molto, se non i dettagli. Nel parlare di riforme, però, si instaura un clima di aspettativa e quindi di veti incrociati, che in questo caso sarebbero inadeguati ai vantaggi che si possono ottenere da una riconsiderazione della legge n. 127. Ritengo tuttavia che dopo diversi anni di funzionamento il regolamento interno del CNR lasci a desiderare per molti versi e necessiti quindi di un cambiamento.
Mi auguro dunque che la legge delega non venga utilizzata per promettere o effettuare ulteriori stravolgimenti del nostro ente, di cui non abbiamo bisogno e per i quali l'ente ha molto sofferto, giacché per due-tre anni il personale ha vissuto una situazione di incertezza, dalla quale siamo usciti lo scorso anno.
Ritengo che il sistema dei dipartimenti sia lì per restare. Naturalmente, tutto si può migliorare e non è chiaro se 11 dipartimenti sia la cifra ottimale, ma questo aspetto deve essere valutato nel tempo, come anche la relazione tra i direttori dei


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dipartimenti e i dipartimenti, quindi questa istanza top down, e gli istituti che portano la forza vitale dal basso.
Per quanto riguarda la focalizzazione su aree, il CNR è un ente generalista, quindi deve sorvegliare tutto, soprattutto perché la ricerca è fatta del futuro, per cui alcune aree oggi apparentemente secondarie saranno importanti fra qualche anno. Il CNR si sta attrezzando per questo, compie alcune scelte e nel discutere delle assunzioni dei prossimi anni risponde alla richiesta proveniente dal Paese e dal nostro interno di focalizzare tali risorse umane nei settori che saranno maggiormente strategici e importanti.
Per quanto concerne la difesa della ricerca da parte del Governo, le considerazioni dell'onorevole Bachelet hanno un fondo di verità. In una situazione in cui gli investimenti nella ricerca sono decresciuti al contrario di quanto avviene in altri Paesi, ritengo però che la scelta del Governo di non bloccare le assunzioni e di garantire un fondo più alto di quello dell'anno precedente debba essere classificata come una difesa della ricerca, soprattutto in contrasto con l'università, nella quale gli interventi sono stati molto pesanti.
Vorrei però aggiungere chiaramente che tutti gli enti di ricerca e i ricercatori hanno bisogno di più soldi e non ho mai sentito un ente di ricerca affermare il contrario. Ritengo però che il CNR abbia instaurato un circolo virtuoso conquistando contratti sul mercato. Non si temono sprechi, perché i nostri fondi sono destinati prevalentemente a pagare il personale, ovvero un numero di ricercatori non sovrabbondante, se confrontato con il resto del mondo, e le infrastrutture di base, senza alcuno spreco dei fondi governativi.
Si potranno realizzare risparmi, ma il punto è rappresentato dall'esigenza di lanciare progetti strategici e investire risorse sulla ricerca fondamentale. Questo aspetto deve essere sottolineato e non riguarda i 500 milioni di differenza tra il vecchio CNR, che riceveva 1200 miliardi l'anno, e il nuovo CNR, che riceve 500 milioni di euro. Il problema non è dunque rappresentato dai 500 milioni di euro, ma dagli 80-100 milioni di euro l'anno. Attraverso una serie di progetti mirati, che facessero centro sul CNR e potenziassero le linee di ricerca oggi considerate più promettenti per il futuro (energia, medicine innovative, malattie neurodegenerative), il Governo potrebbe realizzare un positivo intervento.
Propongo quindi di valutare progetti strategici centrati su temi di ricerca pura, che il CNR potrebbe coordinare e ai quali dovrebbero partecipare anche le forze universitarie e accademiche. Si spendono molti soldi in ricerca per l'innovazione cui il CNR partecipa, ma questo rappresenterebbe un considerevole progresso.
Per quanto riguarda la lista citata, devo confessare che il CNR non fa molto sui rifiuti, ma del resto non mi sembra un argomento di ricerca o tecnologico, mentre invece è ampiamente presente sulle energie rinnovabili, come attesta la sua prestazione nel campo del risparmio e delle energie rinnovabili nel programma «Industria 2015». Per quanto riguarda le celle a idrogeno, l'istituto del CNR di Messina è uno dei più avanzati in Italia. Per quanto riguarda il fotovoltaico di seconda e terza generazione, i nostri istituti compiono un lavoro ampiamente riconosciuto. Per quanto concerne i geotermico, il CNR ha possibilità. In questi campi è possibile lanciare progetti strategici, ai quali il CNR potrebbe contribuire ampiamente.
La rincorporazione dell'INFM nel CNR è stato un fatto traumatico, sul momento considerato un'indebita penalizzazione da una comunità scientifica molto attiva e brillante. Poiché allora mi trovavo a Ginevra, non ho vissuto il dramma del momento, non porto cicatrici e posso affrontare il problema con serenità, come stiamo facendo negli ultimi mesi. In questi anni, nessun presidente del CNR ha voluto affrontare il problema per quello che era, ovvero l'inserimento organico della ricerca in fisica della materia all'interno del CNR. La mia opinione è che ci stia benissimo, perché in un ente multidisciplinare come il CNR è strategico avere un settore che si occupa di fisica della materia è strategico.


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Ho creato un panel di alto livello scientifico che ha proposto al Consiglio di Amministrazione di riorganizzare i vari pezzi degli INFM in un piccolo numero di nuovi istituti del CNR. Questa proposta in linea di massima è stata recentemente accettata dal CdA e nei giorni scorsi ho avuto lo sblocco dell'embargo sul documento di indirizzo che il CdA ha emesso. Adesso, il direttore di dipartimento facente funzione, che è un ricercatore di grande classe e molto stimato, trasformerà queste idee ancora generali in una proposta concreta, che spero prima dell'estate possa essere approvata dal Consiglio di Amministrazione.
Con questo puntiamo a creare quattro nuovi istituti, che ne rimpiazzeranno due già esistenti, l'INFM e l'Istituto nazionale di ottica anch'esso incorporato nel CNR. Questi istituti saranno un grande istituto di nanoscienze, argomento molto avanzato, un grande istituto di fotonica, un consistente istituto di superconduttività applicata e un istituto del CNR che gestirà e organizzerà le infrastrutture di ricerca quali Grenoble e le sperimentazioni all'estero.
Il resto dell'attività dell'INFM sarà fruttuosamente incorporato in preesistenti istituti del CNR. Spero di portare a termine questo programma all'interno del quadro legislativo attuale, con un'eventuale richiesta di cambiamenti regolamentari per non perdere le caratteristiche di interazione con l'università proprie dell'INFM, che vorremmo mantenere e diffondere in altri settori del CNR.
Ritengo che il Presidente Obama abbia ragione e anche l'Italia uscirà dalla crisi solo se riuscirà a investire in ricerca di ogni genere, anche ricerca che guarda lontano.
Credo che il portafoglio brevetti del CNR ne annoveri circa 700. Nel 2007, sono stati registrati 127 brevetti. Questo forse è un aspetto carente della riforma Moratti, che insieme al regolamento del CNR attribuisce il compito di brevettare ai dipartimenti. Considero irragionevole che un ente abbia 11 uffici brevetti o 11 strategie di questo genere, per cui mi sono dotato di un consigliere centrale, che mi consiglia sulla politica da adottare, e speriamo che questa operazione Rete Ventures possa portare consiglio.
Da quando è entrata in funzione la riforma Moratti, infatti, la redditività dei brevetti è andata diminuendo ed è aumentata solo in tempi molto recenti. Per l'Italia, però, i brevetti non sempre sono lo strumento più adatto. Il nostro tessuto industriale non è fatto in questo modo e anche in lavori realizzati da istituti del CNR con le imprese spesso la stessa impresa non vuole brevettare, perché ha paura che quel brevetto venga girato e l'idea rubata. Lo strumento dei brevetti non è un indicatore da interpretare in questo modo, ma una politica dei brevetti, dello spin off, delle partecipazioni industriali è assolutamente essenziale in un ente di ricerca moderno.

PRESIDENTE. Grazie, presidente. Una volta esaurite le audizioni previste, sarà nostra cura trasmettervi copia del documento conclusivo che verrà predisposto al termine dell'indagine conoscitiva. Per ora vi ringraziamo augurando buon lavoro a voi e buona fortuna alla ricerca italiana.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,30.

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