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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione VII
2.
Mercoledì 15 luglio 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Aprea Valentina, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULLO STATO DELLA RICERCA IN ITALIA

Audizione di rappresentanti di Confindustria:

Aprea Valentina, Presidente ... 3 7 10 12 14
Bracco Diana, Presidente del Progetto speciale «Ricerca e Innovazione» ... 3 12
Bachelet Giovanni Battista (PD) ... 10
Barbieri Emerenzio (PdL) ... 7
Caldoro Stefano (PdL) ... 10
Carlucci Gabriella (PdL) ... 12
Nicolais Luigi (PD) ... 8
Palmieri Antonio (PdL) ... 9
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP.

COMMISSIONE VII
CULTURA, SCIENZA E ISTRUZIONE

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 15 luglio 2009


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VALENTINA APREA

La seduta comincia alle 14,40.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di Confindustria.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sullo stato della ricerca in Italia, l'audizione di rappresentanti di Confindustria.
La dottoressa Diana Bracco, presidente del progetto speciale «Ricerca e Innovazione», è accompagnata dal dottor Daniel Kraus, vice direttore generale, dalla dottoressa Patrizia La Monica, direttore rapporti istituzionali, dalla dottoressa Nicoletta Amodio, della direzione politiche industriali, economia della conoscenza, Europa e internazionalizzazione, dalla dottoressa Serenella Mariani, responsabile rapporti istituzionali ed interassociativi del Gruppo Bracco, dal dottor Giuliano Faliva, responsabile comunicazioni esterne Gruppo Bracco, e dalla dottoressa Simona Finazzo della direzione rapporti istituzionali.
Non devo presentarvi Diana Bracco, da tempo punto di riferimento della Confindustria nazionale, ma soprattutto, e questo ci inorgoglisce, una donna che ha saputo imprimere un nuovo corso e slancio all'impresa e alla ricerca. La ricordo da sempre impegnata anche sui temi sociali e con una grande volontà di raccordarsi con il mondo della scuola, dell'università, della ricerca, e anche con un'attenzione a quanto riguarda la salute e il Welfare del nostro Paese.
Ti ringraziamo, Diana, per quello che hai già fatto, ma come Paese ci aspettiamo ancora molto da te. In questo momento, siamo qui per ascoltarti in qualità di presidente del progetto speciale «Ricerca e innovazione».
Sono presenti il vicepresidente onorevole Luigi Nicolais, la vicepresidente onorevole Paola Frassinetti, l'onorevole Levi e l'onorevole Bachelet per il gruppo del Partito Democratico. Per il gruppo del Partito della Libertà sono presenti l'onorevole Ceccacci Rubino, l'onorevole Barbieri e l'onorevole Palmieri che insieme all'onorevole Nicolais hanno proposto l'indagine. Sono presenti inoltre il capogruppo del PdL onorevole Granata, l'onorevole Caldoro e l'onorevole Garagnani. Per la Lega Nord sono presenti il capogruppo onorevole Goisis e l'onorevole Grimoldi. Se dovessero intervenire altri parlamentari, sarà mia cura, comunicarvene il nome.
Do la parola alla presidente del progetto speciale «Ricerca e innovazione», dottoressa Diana Bracco.

DIANA BRACCO, Presidente del progetto speciale «Ricerca e innovazione». Grazie e buongiorno a tutti. Rivolgo un


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particolare ringraziamento alla presidente per questa sua presentazione, che mi mette in imbarazzo. Una cosa è vera: da sempre abbiamo promosso battaglie su questo tema che ci è caro. Tra i presenti vedo anche molte persone che sono veramente legate al tema della ricerca e quindi dell'innovazione da essa generata.
Nel 2000, celebrammo la I Giornata della ricerca di Confindustria, alla quale partecipò l'allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi a sottolineare la crescente importanza del tema. Il titolo era «Ricerca, innovazione e motori dello sviluppo». È necessario che ricerca e innovazione siano motori dello sviluppo, soprattutto nell'attuale scenario economico globale, integrato e in cui siamo morsi da una crisi pesante.
Ci si chiede come superare questa crisi e si individuano piccoli segni di una ripresa, dopo aver toccato il fondo, ma è anche necessario uscirne più forti. Per riuscirci, dobbiamo ripensarci e cercare di definire risposte di medio e lungo periodo, quindi trasformare questa ripresa in una ripresa trainata da provvedimenti dei Governi, che si autoalimenti basandosi obbligatoriamente sull'innovazione, sui processi e sui prodotti innovativi. Continuo dunque a sottolineare la grande importanza anticiclica del tema ricerca e innovazione, strada che altri Paesi come gli Stati Uniti, la Germania e la Svezia stanno già percorrendo, investendo pesantemente in ricerca e innovazione. Investono da sempre, ma, quando la pesante crisi americana era ancora all'inizio, il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha dichiarato l'intenzione di rafforzare l'investimento in ricerca, definendo i driver ambiente e salute.
Noi siamo fermi qui, mentre dovremmo recuperare almeno venti anni di crescita rallentata. Non potenziamo gli strumenti per la ricerca, blocchiamo il credito di imposta in ricerca e innovazione, impieghiamo troppo tempo per far partire i programmi comunitari, con il rischio di perdere le risorse e lasciamo per anni il Paese senza bandi pubblici per ricerca e innovazione. Siamo quindi davanti a un'emergenza nazionale e dobbiamo partire dalle basi. Se però la ricerca e l'innovazione sono una priorità per il Paese, allora questo riguarda tutto il Governo e richiede un piano di sviluppo non solo economico, ma anche culturale e sociale.
In questa ottica, Confindustria ha definito questa attività come un «Progetto speciale Ricerca e innovazione» per farne un progetto-Paese per la parte delle imprese.
Innanzitutto, propongo qualche dato di scenario. La fotografia che abbiamo qui è di un Paese in ritardo soprattutto negli investimenti privati in ricerca e sviluppo. È opportuno evidenziare che la parte degli investimenti pubblici considera convenzionalmente il 50 per cento del finanziamento complessivo dell'università e il 100 per cento del finanziamento agli enti pubblici di ricerca, quindi, tutte le spese di personale senza differenziare tra addetti e non addetti. Per quanto riguarda la ricerca e lo sviluppo delle imprese, va considerato come siamo noi strutturati sia dimensionalmente sia per settori.
Le piccole e medie imprese, che rappresentano numericamente la maggioranza, investono poco in ricerca e sviluppo e nei settori tradizionali anche meno. Questo si verifica in Italia come nel resto del mondo, ma in Italia le piccole e medie imprese rappresentano il 99 per cento: quindi la grandissima maggioranza. Le imprese di più grandi dimensioni investono in ricerca e sviluppo una percentuale del fatturato in linea con i competitor di altri Paesi. D'altronde, nel 2008, l'export italiano aveva avuto una crescita molto importante e tale crescita sui mercati esteri, in un mondo così globalizzato e così competitivo, è possibile solo proponendo prodotti e processi a contenuto unico, quindi contenenti innovazione.
Guardando le classifiche per settori delle imprese europee che investono di più in ricerca e sviluppo, due italiane sono fra le prime undici nel settore petrolio e gas


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e nel settore trasporti industriali, aerospazio e difesa, e cinque tra le prime venticinque nei prodotti per la casa. Guardando i dati disaggregati e incrociandoli con quelli di partecipazione ai bandi europei, nazionali e regionali, vediamo che è cresciuta notevolmente anche la parte di PMI che investono in ricerca e innovazione, e l'impegno delle imprese si vede nei dati dell'export.
Si tratta di uno sforzo quasi completamente realizzato con risorse proprie, perché il 90 per cento degli investimenti in ricerca e innovazione delle imprese è autofinanziato. Questo impegno è rimasto costante anche quando è venuto meno il supporto pubblico, proprio perché le imprese hanno imparato e sono convinte di dover fare innovazione per mantenere il livello competitivo.
Perché abbiamo detto che è venuto meno il supporto pubblico, perché lo scenario finora delineato corrisponde ad anni nei quali si è avuta la stasi quasi completa degli strumenti di finanziamento pubblico per ricerca e innovazione. I bandi nazionali del MIUR mancano dal 2005 e, per gli ultimi progetti approvati nel 2005 dal MIUR, le imprese vincitrici dei bandi hanno concluso o quasi le attività, ma non hanno ancora il contratto né il finanziamento, quindi sono andate avanti con le loro forze, lasciando così scoperte proprio le aree del Paese in cui è concentrata la ricerca e sviluppo.
A pag. 22, una slide interessante evidenzia come l'investimento privato in alcuni territori (Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Liguria) sia superiore all'1 per cento, quindi non superiore alla media europea, che è 1,39, ma, comunque superiore, alla media italiana, che è 0,55, perché andiamo in tassi molto bassi in altre regioni.
Non possiamo non ricordare quanto sta accadendo sul credito di imposta, ricerca e sviluppo. Sono circa 29.000 le imprese considerate ammissibili, delle quali circa 22.000 rischiano però di restare escluse per mancanza di risorse. Nel pochissimo tempo a disposizione, infatti, è andato esaurito il «tesoretto».
Ieri, si è svolta una riunione del Comitato ricerca e innovazione di Confindustria, alla quale hanno partecipato numerose persone molto qualificate. È emersa la forte convinzione delle imprese che questo strumento del credito di imposta sia fondamentale, perché è accessibile a tutti e non opera distinzioni, giacché si può fare ricerca nel proprio settore senza dover rientrare in alcuni segnalati come prioritari, perché in un'economia di mercato si deve poter portare avanti la propria idea imprenditoriale. Questo strumento lo consente.
Ieri, quindi, è stato sottolineato, in maniera rimarchevole, l'interesse per l'ipotesi di rendere stabile e automatica questa misura. Il dato emerso da un panel di imprese realizzato da Confindustrie, ci dice che circa il 70 per cento delle imprese che lo ha utilizzato ha aumentato o consolidato gli investimenti in ricerca e sviluppo, il 64 per cento ha aumentato o confermato le commesse di ricerca università e enti pubblici. Il fatto che il credito di imposta salga al 40 per cento sulle commesse che il privato dà al pubblico ha incentivato la conoscenza tra privato e pubblico, che tanto viene raccomandata, e ha contribuito a incentivare nel pubblico una sana competitività, perché si deve proporre in maniera positiva e proattiva.
Sono state quindi raccolte voci di delusione e disappunto sui territori, perché cambiare in corso d'opera la regola significa pregiudicare il rapporto fra lo Stato e il cittadino. Ci siamo sentiti rispondere che anche altrove ci si comporta allo stesso modo. Viviamo però in un'epoca in cui sono in competizione non le singole imprese, ma i territori, per cui ricordo che in Francia è stata lanciata l'iniziativa diretta ad «attrarre imprese in Francia», semplicemente evidenziando che, a fronte di un dato investimento ricerca e innovazione, il supporto pubblico era di 5 milioni in


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Francia e di 1,27 in Italia. In Francia, dove effettivamente stanno selezionando tutte le imprese, l'ambasciatore francese mi ha spiegato che all'inizio dell'anno si può sottoporre il programma dell'impresa, per cui immediatamente viene valutato cosa è ammissibile o inammissibile, in modo che l'imprenditore si possa quindi regolare.
Il dato assente per la Germania si spiega perché non utilizza questo strumento, perché ha una maniera diversa, diretta di finanziare i grandi progetti.
È necessario cambiare mentalità dando fiducia alle imprese e ai cittadini che le gestiscono. Il Governo potrebbe concedere il credito di imposta solo qualora sia sicuro che questi progetti siano veramente di ricerca. Ribadiamo quindi di volere i controlli. In Canada fanno un controllo su quattro, e noi siamo pronti a far vedere come rendicontiamo il nostro costo di ricerca. Potremmo ipotizzare anche, non voglio dire un'autocertificazione, ma una sorta di impegno etico dell'impresa che dall'imprenditore cada per tutti i rami fino in fondo, come accade con l'impegno sull'ambiente nel responsible care per dichiarare il codice etico in base al quale investire fondi. Non si può però penalizzare tutti perché si ritiene che qualcuno si comporti male.
Siamo in un momento di discontinuità e possiamo passare da una politica della ricerca e innovazione a una vera e propria politica economica basata sulla ricerca e innovazione. La ricerca deve quindi diventare una priorità di Governo. In questo modo, se vi fosse un forte coordinamento, ad esempio presso la Presidenza del Consiglio, noi riusciremmo a mettere insieme, con un nuovo sistema di governance che crei sinergie, gli aspetti della ricerca che sono allocati presso i diversi Ministeri.
Sono necessari quindi una governance con un piano di medio-lungo periodo, obiettivi strategici chiari e condivisi, strumenti efficaci. Sottolineiamo l'importanza dei tempi e delle procedure nel rilascio degli strumenti e soprattutto occorre fare una riflessione sull'allocazione di risorse adeguate, sicure e certe nel tempo. Forse, questo nuovo Programma Nazionale della Ricerca, potrebbe essere l'occasione per fare un salto di qualità. In questo senso, stiamo lavorando con il MIUR e apprezziamo molto l'impegno del Ministro Gelmini per giungere rapidamente a un testo condiviso. Deve essere non il programma di un solo Ministero, ma un programma-Paese. Quindi, trattandosi di un programma-Paese, si deve parlare di risorse finanziarie adeguate per obiettivi posti.
Poiché considero opportuno prefiggersi un obiettivo, mi sembra ragionevole portare l'investimento in ricerca e innovazione, sia pubblico che privato, oggi all'1,1 al 2 per cento del PIL. La media dell'Europa è 2,7, quindi il 2 per cento non è una cifra esagerata, è un traguardo possibile cui lavorare insieme e significa destinare 2 miliardi di investimenti pubblici che attiverebbero oltre 3 miliardi dei privati da qui alla fine della legislatura, quindi in quattro anni. Potremmo far sistema con le risorse europee già disponibili su alcune aree del Paese. Poiché è in discussione il DPEF, è un'occasione molto importante e va tenuto conto di questa segnalazione.
Sempre sul fronte risorse è inoltre necessario attivare rapidamente le risorse della Cassa depositi e prestiti, risolvendo i problemi di garanzie e quindi di procedure. Si tratta di 3,5 miliardi di euro che potrebbero essere utilizzati da subito. Non si può non tener conto dell'assoluta necessità di definire con grande velocità procedure trasparenti, efficaci e con tempi rapidi di valutazione e di selezione degli interventi. Abbiamo bisogno di tempi rapidi e dobbiamo gestire i progetti con quelle milestone, come facciamo nei progetti di ricerca anche globali nelle aziende, che rappresentano un richiamo forte alla concretezza e al risultato.
Sulla base delle mappe delle competenze in ricerca e innovazione che Confindustria ha realizzato negli scorsi mesi e che adesso proponiamo vengano recepite nel Piano Nazionale della Ricerca PNR, possiamo individuare alcune aree prioritarie


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in grado di imprimere un impulso a molti settori. Abbiamo ad esempio parlato di green technology e questo potrebbe essere un tema veramente pervasivo, in cui potremmo sviluppare livelli di competitività internazionale.
Per quanto riguarda il pacchetto di strumenti, interventi automatici e interventi a selezione, evidenziamo la necessità di non segmentare, perché la massa critica sulla tematica dei progetti di ricerca è fondamentale. Anche Confindustria è fortemente impegnata a migliorare la partecipazione italiana ai programmi e alle iniziative europee. Si sta cominciando a parlare di VIII Programma quadro, ma questa volta dobbiamo arrivare preparati e forti. Non dimentichiamo la tematica degli spin-off che vanno sostenuti, tema sempre dibattuto, laddove questi si creano, ma senza l'appoggio allo sviluppo muoiono perché manca la convinzione che da questi si possa arrivare al prodotto pronto.
Credo che il PNR potrà contenere questi concetti, sui quali ci si potrà muovere in una logica Paese. Sono certa che il PNR e tutto il Paese siano sensibili alla tematica dello sviluppo del Mezzogiorno. Come Confindustria, abbiamo promosso e stiamo lavorando a un Progetto Sud-Nord con l'obiettivo di promuovere grandi progetti di ricerca e sviluppo realizzati da soggetti localizzati in diverse aree del Paese, che insieme operino in una logica di filiera unendo grandi imprese con piccole e medie imprese e coinvolgendo soggetti della ricerca pubblica. Non vogliamo partire come al solito dal finanziamento, ma dal progetto, e costruire intorno ad esso l'architettura finanziaria, si tratta, secondo noi, di contratti di ricerca o grandi progetti. Stiamo lavorando ad alcuni interventi tipo, perché vogliamo esemplificare e dimostrare di sapere rispondere a una esigenza condivisa.
Il Ministro dell'istruzione, università e ricerca Mariastella Gelmini ha recepito la nostra raccomandazione di intervenire con urgenza, perché è necessario dare un segnale di fiducia alle imprese, di responsabilizzazione e di apertura ai giovani. Su questo, mi ricollego addirittura al tema Expo 2015, pensata per i giovani che oggi hanno 15 anni e incentrata su due temi di eccellenza del Paese, la nutrizione e la sostenibilità, sui quali si potrà costruire molto.
Costruire un successo, come sempre, dipende sempre dall'impegno di tutti e come imprese continuiamo a fare la nostra parte, ma nell'interesse del Paese occorre una mobilitazione generale, che deve partire necessariamente dalla politica. Non chiediamo un aiuto per le imprese, ma evidenziamo come attraverso il sostegno alle imprese si dia un aiuto allo sviluppo del Paese, e noi siamo qui per questo. Grazie mille.

PRESIDENTE. Sono intervenuti alla seduta l'onorevole Pelino, membro effettivo della Commissione attività produttive, gli onorevoli Parisi, Carlucci, Centemero del PdL, gli onorevoli Ghizzoni, capogruppo del Partito Democratico, De Pasquale, De Torre, Rossa, poi gli onorevoli Mazzarella, Giulietti dell'IdV, e poi per la Lega Nord l'onorevole Rivolta.
Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

EMERENZIO BARBIERI. Considerate le finalità di queste indagini conoscitive e la necessità di non perdere tempo in considerazioni ovvie, rivolgerei alla presidente Bracco una sola domanda, ringraziandola di questo importante dossier. A pag. 7 della sua relazione, lei rileva, come a vostro giudizio, cioè a giudizio di Confindustria, affidare direttamente alla presidenza del Consiglio tutte le questioni relative alla ricerca e all'innovazione potrebbe costituire un sostanziale passo in avanti nell'affrontare con maggiore decisione queste questioni.
Vorrei sapere perché abbiate questa convinzione. La ricerca è infatti materia concorrente tra Stato e regioni in base alla riforma del Titolo V della Costituzione, e


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questo pone un problema serio, perché già su altre questioni, quali per esempio il Piano case, le regioni, prescindendo dal fatto che siano governate da Formigoni o da Errani, visto che provengo dall'Emilia, sollevano problemi seri di fronte alla Corte Costituzionale quando il Governo tenta di non tenere in considerazione l'articolo 117.
In secondo luogo, non sempre, se accentrate nelle mani della Presidenza del Consiglio - in questo momento non importa che sia Berlusconi o Prodi - le questioni hanno dato esiti positivi. Per quanto riguarda il dibattito della fine degli anni Novanta sulle casse integrazioni, materia di cui la Confindustria si occupa nelle grandi aziende, l'accentrare a Palazzo Chigi non servì a nulla e l'allora presidente del Consiglio, onorevole Massimo D'Alema, fu il primo a suggerire di riportare le cose nei loro ambiti naturali.
Poiché si tratta di uno dei nodi politici più rilevanti di questa relazione, mi interessa molto sapere perché Confindustria abbia un'opinione diversa dalla mia, pur dichiarandomi disponibile a cambiare idea, qualora le argomentazioni addotte fossero tali da convincermi. Grazie.

LUIGI NICOLAIS. Ringrazio la dottoressa Bracco per la sua relazione, che ha toccato molti punti importanti, rispetto ai quali il Partito Democratico e tutto il Paese sono sensibili. Ritengo che la ricerca rappresenti un elemento essenziale per lo sviluppo di un Paese e richieda un'attenzione forte del Governo, dell'Unione europea e delle regioni. La ricerca è finanziata da una filiera della governance, dall'Unione europea per una tipologia di interesse continentale, dal Governo centrale per ricerche di interesse nazionale oltre che per ricerche curiosity-driven, cioè spinte dalla curiosità, dal governo regionale per interessi principalmente territoriali.
Anche in base agli accordi europei, il Governo regionale può curare l'attività di ricerca soltanto delle piccole e medie imprese, non può finanziare la grande impresa, per cui ha un ruolo diverso dal Governo centrale, ma tutta la filiera della governance dovrebbe insieme avviare un piano di sviluppo del sistema ricerca sia industriale, sia accademico.
Oggi, non abbiamo parlato della ricerca accademica, perché la ricerca curiosity-driven ha un approccio diverso da quella orientata, di interesse dell'impresa, ma sempre più, rispetto al passato, queste due ricerche molto spesso vengono a coincidere. Il tempo di trasformazione di un trovato della ricerca conoscitiva può diventare molto breve e quindi si può passare rapidamente da una ricerca che nasce come fondamentale a una ricerca applicata o individuare in una ricerca applicata una serie di nuove conoscenze, che si inseriscono in un settore teso a spostare la frontiera della conoscenza.
Il Piano nazionale delle Ricerche è un importante momento per scegliere come muoverci nel settore della ricerca. Purtroppo, la ricerca non garantisce risultati in tempi brevi, quindi spesso, nei momenti di difficoltà, i Governi le tagliano i fondi. Nel momento di difficoltà, però, è necessario prepararsi al momento successivo, affrontare le spese di ricerca per permettere alle nostre imprese di diventare più competitive quando si riapriranno i mercati. Credo che questa politica abbia una visione più ampia, non limitata a oggi, ma tesa al futuro.
Ritengo che il PNR dovrebbe individuare scelte caratterizzanti, non possiamo costituire solo una lista di cose che si stanno già facendo. Abbiamo bisogno di individuare nuove metodologie, come diceva la dottoressa Bracco, se vogliamo incrementare gli spin-off che vengono dalla ricerca di base, abbiamo bisogno di trovare il modo per finanziare incubatori di idee, per trasformare il trovato che ha determinato il brevetto in un prodotto da avviare verso un processo di commercializzazione. Abbiamo bisogno di mettere a punto sistemi diversi, di puntare su grandi tecnologie abilitanti, di operare scelte.


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Nel settore dei trasporti l'Italia è fortemente presente e la ricerca ha dato risultati interessanti, ma è necessario incrementare l'attività nelle green technology, settore che in futuro ci permetterà di aumentare la nostra competitività, giacché in un piano nazionale della ricerca abbiamo bisogno di guardare molto più avanti del limite di un Governo.
Dobbiamo risolvere anche problemi strutturali del nostro sistema come i tempi. La certezza dei tempi è un elemento importante per qualunque tipologia di ricerca, per la ricerca curiosity driven, ma anche per la ricerca orientata, che deve essere comunque contrattualizzata. La dottoressa Bracco citava alcuni esempi, ma questo vale anche per i fondi della ricerca di base, i così detti FIRB, in cui dopo due anni si lavora senza avere ancora sottoscritto un contratto, fatto inaccettabile in un Paese civile, che intenda imprimere una svolta per continuare a competere in un settore globale.
Nei giorni scorsi, alcuni di noi hanno presentato un'interrogazione sul problema della perenzione, perché è inammissibile che un fondo di ricerca della durata di cinque anni cada in perenzione prima della fine. Anche qualora si tratti di un errore materiale, è necessario intervenire rapidamente su questo punto.
Insieme al collega Palmieri abbiamo promosso questa indagine conoscitiva sullo stato della ricerca, utile a comprendere l'esigenza di risolvere tutti insieme un problema generale, privo di colore politico. Abbiamo la necessità di trasferire al nostro Governo l'importanza e la crucialità di questa tematica. Oggi, è un momento difficile per l'economia, ma dobbiamo saper trovare la forza e i fondi per rilanciare il sistema della ricerca nazionale sia per quanto riguarda l'impresa, sia soprattutto per quanto riguarda l'università e la ricerca pubblica, che è poi quella che determina il bacino di conoscenze cui accedere per fare innovazione e mantenere competitivo un Paese.

ANTONIO PALMIERI. Mi unisco ai ringraziamenti e, sulla linea del mio collega e amico Emerenzio Barbieri, pongo questioni circoscritte, perché condividiamo tutti l'importanza del tema, come ha opportunamente enfatizzato il collega Nicolais, anche lui parte in causa di quanto stiamo facendo oggi.
Vorrei porre alcune domande per capire se alcune iniziative messe in atto dal Governo, anche se non specificatamente dedicate alla ricerca, abbiano comunque prodotto effetti positivi sul comparto. La prima riguarda tutti i provvedimenti che il Ministero dello sviluppo economico ha adottato per favorire il credito nei confronti delle imprese e l'internazionalizzazione delle stesse imprese.
Vorrei sapere inoltre se la norma sulla tassazione molto agevolata (il 10 per cento) per favorire il rientro dei cervelli inserita nella Finanziaria triennale dell'anno scorso abbia conseguito effetti positivi, per quello che riguarda il rientro in Italia di persone qualificate.
A pag. 21, c'è il confronto tra le fonti di finanziamento della ricerca, lato Italia, e lato Unione europea a 27, da cui si evince che lo Stato farebbe meglio di altri Paesi.
Vorrei chiedervi inoltre quanta ricerca si faccia nelle imprese senza che appaia nelle statistiche, laddove nel sistema imprenditoriale italiano tante piccole e medie imprese competono sui mercati esteri e fanno ricerca in modo non dichiarato, migliorando i prodotti e i servizi. Mi rendo conto della difficoltà di stimare questo dato, ma vorrei sapere se in base alla vostra esperienza diretta ne abbiate contezza.
Poiché a pag. 18 si citano i pacchetti di stimolo anticrisi messi in campo dai vari Governi, mi permetto sommessamente di sottolineare come l'entità attribuita ai nostri pacchetti sia abbondantemente sottostimata, anche vista la scelta di voci sulle quali il Governo non ha primariamente puntato. Il pacchetto ammortizzatori sociali ammonta infatti a una cifra ben più


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consistente del miliardo qui indicato e qui manca tutto il discorso legato alle grandi opere, importante pacchetto di oltre 16 miliardi di euro. Manca quindi una serie di voci legate allo sviluppo che abbiamo messo in campo, aspetto che rilevo non polemicamente, solo per condividere dati più corroboranti rispetto a questi, che ci collocherebbero tra gli ultimi del mondo, mentre invece è dato condiviso che gli interventi di stimolo del nostro Governo siano stati addirittura lievemente superiori alla media UE.

GIOVANNI BATTISTA BACHELET. Pongo una domanda di prospettiva, perché sono qui solo da un anno e prima mi sono occupato di ricerca nel campo dei materiali, nel quale anche il mio collega Nicolais è stato attivo, che è particolarmente vicino alla ricerca applicata.
In particolare io ho lavorato per vari anni nell'allora unica società dei telefoni americana e poi nella società Max Planck, sorta di CNR, con la differenza che funziona e ha nel consiglio di amministrazione la Siemens, la Volkswagen, eccetera.
Nella prima audizione, il Ministro della pubblica istruzione Mariastella Gelmini ha dichiarato non solo che la percentuale del prodotto interno lordo dedicata alla ricerca e allo sviluppo era ancora molto lontana dal 3 per cento previsto da Lisbona per il 2010, ma mi sembra che abbia abbassato al 2 le nostre aspettative, anche se siamo più vicini all'1. Credo che il Ministro avesse anche detto che questo 1 era quasi tutto pubblico e quasi niente privato. Nella mia percezione di studioso avevo la stessa impressione, non perché voglia sostenere il Governo, del quale sono fiero oppositore, ma perché, indipendentemente dai Governi succedutisi negli ultimi anni, considero limitato e quasi esclusivamente pubblico questo investimento di ricerca.
Il 19 giugno 2009 sul giornale Science, in un articolo piuttosto critico sui risultati abbastanza modesti dell'IIT, veniva sottolineato come vi fossero stati investiti quasi 500 milioni di euro pubblici, senza che in cinque anni giungesse 1 solo euro dall'industria privata.
Poiché non voglio mettere in discussione i suoi dati, vorrei sapere quali siano i primi tre settori nei quali è stato investito questo quasi 50 per cento che vediamo indicato nei suoi pie chart, dove viene investito? Perché i campi di ricerca di fisica dei materiali, solare, informatica, che sono più vicini a quanto conosco, non vedono grandi investimenti.
La seconda domanda è meno polemica e più profonda. Vorrei sapere infatti come Confindustria veda la ricerca a lungo termine o di base. La mia esperienza negli Stati Uniti e in Germania è che, quando una va bene, vada bene anche l'altra. In Italia, molti «Soloni» del mondo accademico parlano con orrore della ricerca applicata, mentre simmetricamente molti rappresentanti del mondo confindustriale considerano la ricerca di base come qualcosa di inutile, da fare solo qualora avanzino i soldi. Mi sembra che entrambi questi mondi siano lontani, non solo come quantità di investimento ma anche come cultura, da quanto avviene nei Paesi sviluppati, in cui le due cose in genere procedono di pari passo. Mi domando quindi se quella metà torta sia vicinissima allo sviluppo o comprenda anche ricerca lungo termine, e quale sia l'atteggiamento della Confindustria rispetto alla ricerca a lungo termine e agli investimenti in infrastrutture di ricerca.

PRESIDENTE. Ci ha raggiunto anche l'onorevole Zazzera, capogruppo dell'Italia dei valori.

STEFANO CALDORO. Mi associo ai ringraziamenti alla dottoressa Bracco, importante punto di riferimento in questi anni nel proficuo e necessario rapporto tra pubblico e privato. Questo è anche oggetto della discussione di oggi, al di là dell'impegno complessivo delle istituzioni e del mondo privato per favorire investimenti in ricerca.


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Dai dati e da alcuni elementi legati alle valutazioni espresse da Confindustria emerge il sottodimensionamento di una serie di interventi fatti dal Governo 2008 per quanto riguarda lo stimolo all'economia. Credo che sia sottodimensionata la parte infrastrutturale, giacché noi abbiamo dati diversi, ma europei, sempre punto di riferimento importante.
Per quanto riguarda invece i dati complessivi, considero utile per noi capire i termini di incremento, anche minimo, sul PIL, che fa riferimento a dati ancora molto bassi, lo 0,45-0,55 ci porta all'1,14, e in particolare al momento in cui questo incremento si è verificato. A questo proposito io ho dei dati ISTAT, concernenti gli anni 2003-2006, anni nei quali ci sono state una forte iniziativa del Governo e una grande intesa con Confindustria. Questi riferimenti che abbiamo fatto tutti, compreso l'onorevole Nicolais, quindi non c'è un problema politico, per favorire lo stimolo di interventi del sistema integrato pubblico-privato in grado di garantire che l'investimento in ricerca risultasse utile, oltre che necessario.
Questo si è tradotto nel lavoro sul riordino degli enti, nel sistema di integrazione pubblico e privato con i distretti, i laboratori, la focalizzazione degli obiettivi, in una serie di strumenti, nella piena intesa con l'Unione europea sugli investimenti in infrastrutture. Abbiamo messo a sistema una serie di azioni, che ha prodotto un effetto positivo, stimato dai dati ISTAT in quegli anni come un aumento di circa l'8 per cento sul PIL nominale. Quello 0,55 era dunque lo 0,48. Non è tantissimo, però ci sono segnali di incremento, perché quegli strumenti sono stati utili e condivisi, come la dottoressa Bracco ha riconosciuto e come si ripropone in termini di sfida del Paese. Credo che questo Governo abbia lavorato in sintonia con il lavoro svolto negli anni scorsi, per rafforzare questo sistema.
È evidente che quando si parla di tabelle, e non devo certo spezzare una lancia a favore delle imprese, è evidente che quello 0,46 è totalmente sottodimensionato, perché l'investimento in ricerca del privato e delle piccole e medie imprese ha una difficile lettura nei bilanci. Probabilmente, quindi, quello 0,46 è da aumentare, e, se guardiamo tra 0,55 e 0,46, si evince che l'Italia è l'unico Paese occidentale ad avere un investimento pubblico maggiore dell'investimento privato, andando quindi in controtendenza. Noi sappiamo però che non è così, perché la lettura dei bilanci sull'investimento in ricerca sulle piccole e medie imprese è più difficile, in parte perché tralasciato, in parte perché effettuato disperdendo le risorse.
In futuro, quindi, una serie di azioni di aggregazione di sistemi deve garantire che questa governance di filiera del settore della ricerca per quanto riguarda gli obiettivi strategici venga sostenuta da strumenti istituzionali in grado di rendere più proficuo l'investimento in ricerca e di attivare questa filiera, che va dalle piccole e medie imprese alle grandi imprese, ai grandi centri di ricerca, università. Anche questi dati devono quindi essere letti in base alla tipologia del nostro Paese.
Questo lavoro deve essere fatto sempre di più agendo in connessione a livello politico e a livello di impresa. Spesso, si guarda al Piano Nazionale della Ricerca come a un punto di riferimento salvifico, ma non dobbiamo caricarlo di troppi contenuti. Credo che il Piano nazionale di Ricerca debba stabilire obiettivi chiari, strategici, in piena sintonia con gli obiettivi europei e con il ruolo del nostro Paese in Europa. Deve essere una traccia e un punto di riferimento in grado di far camminare tutti i soggetti attraverso quegli obiettivi strategici. Fare un programma di definizione delle varie aree rischia di renderlo uno dei tanti documenti, tra l'altro anche poco letti, che rimangono inutilizzati.
Considero importante la discussione di questa mattina, merito dell'attività della Commissione, del presidente, dell'onorevole Palmieri, di coloro che hanno ritenuto


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utile fare questo lavoro insieme per chiarirci le idee e per avere una traccia, continuando su tutte le cose positive che questo Paese, il Governo, il Parlamento e il mondo delle imprese hanno realizzato.

GABRIELLA CARLUCCI. Anche io ringrazio la presidente Bracco per la partecipazione, anche perché la seguo e apprezzo il suo lavoro da sempre. Desidero affrontare un argomento che mi interessa perché riguarda tante altre attività culturali, oltre che naturalmente la ricerca. A pag. 8 si auspicano tempi rapidi di decisione, collegati però a procedure di valutazione e selezione degli interventi trasparenti efficaci.
Poiché il problema della certezza degli investimenti e della valutazione riguarda molte attività culturali, vorrei sapere se nell'indicare questo punto-chiave a monte, abbiate già identificato alcuni criteri.

PRESIDENTE. Aggiungo infine una mia richiesta. Quando si parla di innovazione, si parla di intelligenza creativa, quindi di risorsa umana e di qualificazione del capitale umano. Mi chiedo come formiate il capitale umano che utilizzate per la ricerca applicata, quanto investiate in questo, se vi avvaliate prevalentemente di ricercatori italiani o di ricercatori stranieri provenienti da Paesi emergenti o da altri Paesi come gli Stati Uniti.
Do la parola alla presidente Diana Bracco.

DIANA BRACCO, Presidente del progetto speciale «Ricerca e innovazione». Mi sembra interessante focalizzare sulla presenza del privato nella ricerca e sviluppo. A pagina 23 si vede come le nostre piccole e medie imprese in fondo siano allineate alle medie europee, e questo è un aspetto positivo. La piccola e media impresa non ha interesse a rendicontare i suoi costi di ricerca nei bilanci, e questo è abbastanza vero. L'imprenditore addirittura teme di dire che fa ricerca, per paura di veder trafugate le proprie idee, perché quello del brevetto non è un discorso semplice.
In questo senso, il credito di imposta può essere uno straordinario strumento, perché le imprese vogliono accedere all'incentivazione, tanto che il 70 per cento delle imprese ha fatto ricorso al credito di imposta. Se ci fosse un credito di imposta automatico, anche le piccole si organizzerebbero. Dobbiamo sempre migliorare il sistema.
Se sono state rapidamente avanzate richieste per 750 milioni, ed era il 70 per cento delle imprese, possiamo fare il conto che siano un miliardo, per il cento per cento, quindi sono 10 miliardi l'investimento del privato in ricerca ed è quindi in crescita. Dopo un momento iniziale lento, il sistema si è messo in corsa e ha funzionato. Il credito di imposta a favore della commessa pubblico o privato fornisce un grande aiuto perché, al di là della difficoltà di separare una ricerca di base da una ricerca applicata, perché si tratta di un discorso complessivo, un albero che dalle radici arriva alla chioma, senza dubbio noi dobbiamo fare affidamento sulla ricerca pubblica, sulla ricerca universitaria, sugli enti di ricerca. Tra l'altro, in Italia ci sono forti competenze ed è un peccato che non sia sottolineata la diversità di trattamento fra dipartimenti e dipartimenti e fra enti e enti. Il merito deve infatti essere premiato, diventare benchmark, incentivo.
Per quanto riguarda la filiera della governance, è giusto chiedersi come sia possibile far convivere tutti questi livelli, perché è necessario considerare anche il tema regionale con le sue peculiarità ed è molto difficile governare un sistema così complesso, per cui occorre una forte architettura di governance. Per questo, quindi, affermo che probabilmente la Presidenza del Consiglio potrebbe dare linee guida a tutto il sistema e favorire il coordinamento tra i diversi soggetti.
Ritengo infatti che in questo momento ci siano i fondi, le possibilità dell'Europa, le aziende capaci, gli enti con eccellenze, ma sia necessario farli funzionare attraverso le procedure, le risorse e l'accelerazione


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dei tempi. Dobbiamo sciogliere i nodi attraverso la semplificazione del sistema, perché questo potrebbe portare a grandissimi risultati.
Per quanto riguarda il rientro dei cervelli, ci sono stati risultati e ce ne saranno di più. In effetti, le ultime infrastrutture decise dal CIPE non sono indicate nella relazione, perché sono dati di maggio, mentre abbiamo dato una grandissima importanza alla decisione di avviare le grandi opere. Confindustria evidenzia anche piccole opere immediatamente attivabili.
Suggerisco quindi di attivare concretamente tutto quello che si può far partire velocemente, perché poi le grandi opere richiedono tempi più lunghi per il problema dei bandi e della trasparenza. Adesso, invece, abbiamo bisogno di immettere nel sistema economico del denaro fresco, che ne eviti l'«avvitamento». Se la ripresa c'è, adesso le imprese devono finanziare di nuovo il magazzino e le scorte, ma hanno difficoltà di accesso al credito.
Lo Stato deve pagare i suoi debiti, occorre la certificazione della SACE, si va a fine d'anno, la sanità è esclusa, ma, nonostante tutto questo, dobbiamo immettere nel sistema denaro fresco, perché in questo modo il subfornitore compra e, a catena, il sistema delle imprese si muove. Consideriamo pertanto importantissime tutte le misure che mirano ad attivare questo processo e i consumi.
Per noi va bene tutto, cerchiamo le cose più semplici, per cui battiamo sull'automaticità sia del credito di imposta in ricerca, sia di una legge Tremonti-ter sugli investimenti. Si possono attivare cose semplici ed efficaci.
La valutazione è un aspetto complesso, ma semplice perché, mi sembra che esista un modello europeo e che in tempi certi sia possibile avere i valutatori, scelti da liste internazionali, attingendo quindi a qualcosa al di sopra delle parti. Non dobbiamo inventare nulla, perché ci sono procedure europee e per la ricerca è importantissimo tenere presente il discorso europeo, anche se poi dobbiamo andare fuori dall'Europa, oltre, perché i costi di sviluppo dei prodotti soprattutto nei settori più sofisticati ci costringono a essere in tutto il mondo per sostenere un impatto così pesante. L'Italia comunque si deve sempre considerare Europa su un tema come questo.
Desideriamo illustrare ciò che stiamo preparando, per poi formulare proposte al Ministro Gelmini. Dobbiamo presentare le mappature delle competenze, redatte in base alla rilevazione dai bandi e dall'autodocumentazione delle attività delle imprese in ricerca e sviluppo e da lì vengono fuori anche settori come l'aerospazio. La mappatura sarà molto importante perché ci permetterà poi di interfacciare questa piantina, dove sono rappresentate le imprese, con progetti, interfacce europee, interfacce di enti pubblici.
Desideriamo promuovere una Giornata della ricerca in novembre, in cui si potrebbe portare questo tema all'attenzione della società. Il tema coinvolge i giovani, quindi anche la domanda posta dalla presidente sulle risorse che utilizziamo.
Credo che le aziende siano molto diversificate per quanto riguarda l'impiego di risorse. Le aziende presenti sui mercati internazionali e addirittura globalizzate - più numerose di quanto si creda - hanno operatori di nicchia molto bravi, laddove l'azienda per crescere deve avere gli italiani o europei, ma anche integrarsi con il tessuto locale del mercato locale. Esistono programmi ad esempio Italia-Cina con scambi di ragazzi per periodi formativi prolungati, perché in alcuni Paesi in crescita siamo penalizzati dalla difficoltà nel leggere nello scrivere.
Per quanto riguarda i settori, le mappe evidenziano, ad esempio, l'aerospazio, i trasporti e un'assoluta eccellenza nei macchinari. Noi abbiamo la massima eccellenza nelle macchine per la meccanica, UCIMA e UCIMU, sono delle punte assolute, adesso in gravissima crisi dovuta alla mancanza di investimenti a livello mondiale, per cui questi export sono in un momento di sofferenza. Nei materiali abbiamo


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delle eccellenze assolute, quali Mapei o Permasteelisa, alcune realtà in scienza della vita, in energia e in logistica. Abbiamo inserito anche l'alimentare. Fortunatamente, siamo presenti in molti settori, per cui ad esempio in Lombardia, dove sono stata presidente di Assolombarda fino a poco tempo fa, abbiamo fronteggiato la crisi anche nel momento peggiore con numeri abbastanza bilanciati, laddove alcuni settori andavano discretamente e altri male. La forza dell'industria manifatturiera italiana è anche quella di essere sui diversi settori.

PRESIDENTE. Presidente Bracco, la ringraziamo moltissimo, ti ringraziamo davvero, per le risposte, ma soprattutto per i dati. Come le delegazioni di Confindustria hanno potuto constatare, anche i nostri parlamentari sono molto attenti e hanno saputo fornire aggiornamenti. Questo significa che, oltre a fare un'indagine conoscitiva, siamo soggetti di indagine.
Ci auguriamo di poter effettuare qualche missione con la presidente Bracco, chiedendo eventualmente una proroga dei termini, per verificare noi, come detto anche sia dall'onorevole Bachelet, che dall'onorevole Nicolais, come avvenga questa ricerca applicata e se e dove sia possibile legarla alla ricerca di base, grande problema per realizzare il progetto-Paese.
Saluto quindi la presidente del progetto speciale «Ricerca e innovazione», Diana Bracco, anche a nome dei commissari.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,55.

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