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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione VIII
4.
Mercoledì 11 gennaio 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Alessandri Angelo, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DELLE PROPOSTE DI LEGGE C. 2 INIZIATIVA POPOLARE, C. 1951 MESSINA E C. 3865 BERSANI, RECANTI PRINCIPI PER LA TUTELA, IL GOVERNO E LA GESTIONE PUBBLICA DELLE ACQUE E DISPOSIZIONI PER LA RIPUBBLICIZZAZIONE DEL SERVIZIO IDRICO

Audizione di rappresentanti dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato:

Alessandri Angelo, Presidente ... 3 5 9 10
Benamati Gianluca (PD) ... 8
Bratti Alessandro (PD) ... 6
Dionisi Armando (UdCpTP) ... 7
Lanzarin Manuela (LNP) ... 8
Mariani Raffaella (PD) ... 5
Pitruzzella Giovanni, Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato ... 3 9
Realacci Ermete (PD) ... 5 9
Stradella Franco (PdL) ... 7
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI.

COMMISSIONE VIII
AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 11 gennaio 2012


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ANGELO ALESSANDRI

La seduta comincia alle 15,35.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle proposte di legge C. 2 Iniziativa popolare, C. 1951 Messina e C. 3865 Bersani, recanti principi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque e disposizioni per la ripubblicizzazione del servizio idrico, l'audizione di rappresentanti dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato.
Tenuto conto del ritardo con cui, purtroppo, diamo inizio ai lavori della Commissione e della conseguente ristrettezza dei tempi a disposizione, do subito la parola al professor Pitruzzella, presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, per la relazione.

GIOVANNI PITRUZZELLA, Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Grazie, presidente. Sarò rapido per rispetto del vostro tempo e poi, se vi è utile, vi farò avere una bozza o uno schema scritto da allegare agli atti.
Mi permetto di partire da una considerazione, a mio sommesso parere, basilare: ogni valutazione sulla disciplina del servizio idrico integrato deve essere massimamente rispettosa dei risultati del referendum abrogativo del giugno 2011.
In teoria, potrebbero esistere molti argomenti, in termini sia di efficienza, sia di tutela del benessere dei consumatori, a favore di un'apertura ai privati della gestione del servizio, però la manifestazione della volontà popolare nelle forme costituzionali impedisce l'adozione di normative dirette a trasferire a soggetti privati il servizio idrico.
Per la verità, ragionando in un'ottica meramente formalistica il referendum è un atto di legislazione negativa e, quindi, una nuova legge potrebbe modificare la normativa da esso risultante, ma, secondo me, il referendum popolare ha anche un plusvalore politico che trascende l'effetto abrogativo. Il pronunciamento popolare, in un sistema che riconosce la sovranità popolare, esprime la momentanea preminenza della democrazia diretta sulla democrazia rappresentativa.
Al limite, come afferma l'orientamento dottrinale prevalente, con una nuova legittimazione diretta del Parlamento si potrebbe adottare una normativa che modifichi la legislazione derivante dal referendum. Perdonatemi, ma ritengo doverosa questa puntualizzazione.
In relazione alle modalità di affidamento, il quadro è quello derivante dall'esito della pronuncia referendaria che ha


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abrogato l'articolo 23-bis del decreto legge n. 112 del 2008, convertito nella legge n. 133 del 2008.
Il risultato - vado per sintesi, lasciando poi al documento scritto l'esplicitazione dell'iter argomentativo - è, secondo l'indicazione contenuta nella sentenza della Corte costituzionale n. 24 del 2011, che si applica la normativa europea sugli affidamenti. In tale sentenza, infatti, nel dichiarare ammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione del citato articolo 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, la Corte sosteneva che, a seguito di un eventuale accoglimento della pronuncia del referendum, e della conseguente abrogazione dell'articolo 23-bis, «non conseguirebbe alcuna reviviscenza delle norme abrogate da tale articolo», ma deriverebbe «l'applicazione immediata nell'ordinamento italiano della normativa comunitaria relativa alle regole concorrenziali minime in tema di gare a evidenza pubblica per l'affidamento della gestione di servizi pubblici di rilevanza economica».
Ciò significa che l'ente che ha la titolarità del servizio potrà decidere se procedere a una gara ovvero all'affidamento in-house, nel rispetto rigoroso delle condizioni sull'in-house fissate dalla giurisprudenza europea.
Questo aspetto vale a differenziare nettamente la posizione del servizio idrico rispetto ad altri servizi pubblici locali, come risulta dalle ultime discipline. Significa che non c'è, e a mio parere non ci può essere, un'opzione di base a favore di una gestione privata, ma che dovrà essere il soggetto pubblico a scegliere se procedere all'affidamento in-house oppure ricorrere a una gara, fermo restando che in tutta questa materia si pone l'altro grande problema, quale che sia il soggetto che lo gestirà, della tutela del bene pubblico acqua.
Che l'acqua sia un bene pubblico mi pare un dato indiscutibile, anche indipendentemente dagli effetti del referendum abrogativo, tanto che deve esistere un'Autorità dotata di poteri di regolazione, collocata oggi presso l'Autorità per l'energia elettrica e il gas.
Detto questo, quale che sia il soggetto, si pone il problema della determinazione della tariffa del servizio idrico integrato. Come voi sapete, infatti, il referendum del giugno 2011 ha anche abrogato il comma 1 dell'articolo 154 del decreto legislativo n. 152 del 2006 (Codice ambientale) che disponeva che la citata tariffa deve remunerare il capitale investito. Sotto questo profilo c'è il venir meno di questa norma, però dobbiamo tener conto che resta quanto fissato dal citato decreto legislativo n. 152 del 2006, cioè l'obbligo per il soggetto che gestisce il servizio di mantenere l'equilibrio economico-finanziario.
Il grande problema, che, a mio sommesso parere, riguarderà più le amministrazioni che il legislatore, è, dunque, come assicurare l'equilibrio economico-finanziario, tenendo conto che, secondo alcuni, il fatto che, ai fini della determinazione della tariffa, sia venuto meno l'inciso relativo all'adeguata remunerazione del capitale investito non significa che il capitale sia comunque un costo.
Potremmo dire, infatti, che se un soggetto prende del denaro in banca, indipendentemente dal fatto che la sua natura sia quella di soggetto privato o di soggetto pubblico, tale capitale dovrà essere comunque remunerato, perché, pubblico o privato che sia, il soggetto che prende il capitale dovrà poi restituirlo alla banca con un certo saggio di interesse. Probabilmente questo non è un profitto, ma è, al contrario, un costo che deve essere ricompreso nel calcolo della tariffa.
A questo riguardo, vorrei sottolineare che nel sistema precedente c'era una situazione in cui si adottava il metodo normalizzato, per cui il tasso di remunerazione del capitale, ovvero, nel caso da me proposto, il costo del capitale, era fissato stabilmente al 7 per cento. Forse - è una mia ipotesi al fine anche di venire incontro alle esigenze dei soggetti pubblici - si potrebbe ipotizzare un andamento variabile del costo in questione in relazione all'andamento dei mercati dove viene erogato il credito.
Vista la ristrettezza dei tempi della Commissione sono andato molto velocemente,


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forse troppo, ma poi vi farò avere già domani la relazione scritta. Questi che ho indicato sono comunque i punti, a mio parere, centrali. Se volete, sono disponibile a rispondere a eventuali osservazioni. Grazie.

PRESIDENTE. Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

ERMETE REALACCI. Grazie, presidente. Aspettiamo la vostra nota. A noi servirebbe, se possibile, anche un aiuto per capire come oggi ci si organizza a valle del referendum. Anzitutto, presidente, le devo riferire che non è vero che il Parlamento può emanare una legge che dispone diversamente dal referendum. Lei ha sostenuto che il Parlamento in seguito può modificarla, ma dopo un po' di anni, altrimenti, diciamo, la Corte si stranisce, per esprimersi come mamma ci ha fatto!.
È vero, invece, come lei sa, che la normativa europea ha un livello di flessibilità tale da permettere ai diversi Paesi europei soluzioni piuttosto differenziate.
Se abbiamo deciso che, soprattutto per la parte tariffaria, l'Autorità per l'energia elettrica e il Ministero dell'ambiente hanno per quanto riguarda la tutela del bene acqua competenze specifiche in materia, il punto delicato è proprio quello che lei indicava, cioè capire quali possono essere i criteri sulla base dei quali la legittima remunerazione del capitale non viene identificata con il concetto di profitto che apparirebbe negato dall'esito del referendum. Sappiamo tutti che, per poter avere un corretto andamento del bilancio di queste aziende, bisogna trovare un meccanismo di valutazione in tariffa del costo degli investimenti necessari alla manutenzione della rete e del bene.
Il mio auspicio è che nel materiale che lei manderà alla Commissione possiamo trovare, dato che noi siamo chiamati a rivedere normativamente la materia sulla base delle indicazioni referendarie, un aiuto - che per noi sarebbe molto importante - per capire quali possano essere gli appigli a cui affidarci per comprendere qual è il legittimo peso tariffario dei necessari investimenti e come valutare tale peso.
Devo dire, peraltro, che anche la normativa precedente al referendum a me pare un po' «bizzarra», perché non riesco proprio a immaginare quale sia stato il motivo che ha portato a stabilire al 7 per cento il tasso di remunerazione del capitale investito, tasso che forse oggi non sarebbe nemmeno adeguato, vista la situazione dei mercati finanziari. Su questo punto francamente ci aspettiamo chiarimenti da parte vostra, se possibile.

RAFFAELLA MARIANI. Grazie, presidente Pitruzzella per essere qui oggi a discutere con noi un tema che abbiamo sempre affrontato in questa Commissione con grande preoccupazione e cercando in ogni modo di approfondirlo nei limiti delle nostre competenze. Ovviamente, dopo il referendum e dopo la discussione generale che è partita sulle liberalizzazioni il tema è divenuto ancor più urgente e noi vorremmo fare un punto serio su quanto dobbiamo fare per riformare una normativa che, soprattutto riguardo ai temi del servizio idrico integrato, presenta ancora molti difetti.
Non a caso noi abbiamo deliberato di svolgere queste audizioni, nella consapevolezza che il punto di partenza del nostro lavoro è costituito da proposte di legge precedenti al referendum, che rimangono certamente un punto di riferimento, ma che, come abbiamo sempre affermato, hanno bisogno di essere modificate alla luce dell'esito referenderario.
Mi pareva interessante, con riferimento alle considerazioni che lei ha svolto velocemente, l'osservazione che è stata da lei richiamata rispetto al fatto che la normativa forse non dovrebbe entrare tanto in dettaglio sul tema dei costi e della remunerazione del capitale investito. Lei ha fatto riferimento, se non ho capito male, al fatto che forse la legge non si dovrebbe occupare di questo.
Ovviamente, però, questo tema è oggi oggetto anche di polemiche tra chi vorrebbe conservare l'impostazione di fondo


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della disciplina introdotta dal vecchio articolo 23-bis - abbiamo letto interviste anche in questi giorni che lo dimostrano - e considera che la gestione del sistema idrico integrato richiedesse il superamento di una dispersione troppo ampia rispetto alle partecipate dei comuni e degli enti locali, contro chi, invece, sostiene che la gestione di tale sistema deve essere totalmente pubblica.
D'altra parte, mi piacerebbe sapere se, a suo giudizio, nella nuova normativa che si dovrà pur approntare - ma non so se questa possa essere interpretata come un'invasione di campo - potrebbe essere utile, oltre che parlare della regolazione, individuare e prevedere strumenti finanziari diversi da quelli che fino a oggi sono utilizzati allo scopo di reperire le risorse necessarie al buon funzionamento del sistema. Mi domando, in sostanza, se non sia necessario indicare nuovi strumenti capaci di garantire un flusso di finanziamenti dal sistema centrale verso il sistema territoriale e riferibili a soggetti diversi dalla fiscalità generale e, quindi, dalle casse dello Stato.
Noi abbiamo più volte indicato, per esempio, un possibile intervento della Cassa depositi e prestiti. Spesso, infatti, alla domanda di maggiori investimenti nel sistema idrico integrato - ce n'è bisogno e lo sappiamo tutti - la risposta dello Stato centrale è stata che non ci sono più le risorse.
In questo senso l'individuazione di strumenti finanziari differenti e anche di indicazioni normative che possano chiamare in causa l'intervento e la responsabilità di altri soggetti, che hanno comunque sempre una provenienza pubblica, potrebbe essere molto utile. Le chiedo dunque se, dal suo punto di vista e in base alla sua competenza, si possa avere una risposta su questa questione.

ALESSANDRO BRATTI. Nel riallacciarmi alle ultime considerazioni dell'onorevole Mariani, che condivido, preciso innanzitutto che il referendum del giugno scorso non ha abrogato il livello di remuneratività del 7 per cento, che non è fissato dalla legge ma da uno dei decreti attuativi della disciplina legislativa, ma, proprio, il concetto stesso di remunerazione del capitale investito. Credo che sia questo il fatto che rende complicato riuscire a ripristinare non il tasso di remunerazione del 7 per cento ma qualsivoglia tasso di remunerazione, a meno che non si riesca far passare il concetto che lei citava di costo del capitale anziché di remunerazione dello stesso. Già adesso, del resto, c'è una flessibilità rispetto al richiamato tasso di remuneratività del 7 per cento e ci sono regioni che applicano una percentuale molto inferiore.
Al di là di questa questione, che è probabilmente la più complicata, l'altro problema serio da affrontare in questa situazione di transizione è quello relativo a quale soluzione adottare via via che scadono gli affidamenti in corso e che si devono elaborare nuovi piani di investimento. Almeno in alcune parti del Paese c'è stata una forte discussione sui destini dei nuovi piani industriali e di quelli relativi ai contratti in essere, alla luce dell'esito del referendum. Al riguardo, le chiedo: qual è l'interpretazione che voi date, sugli effetti referendari rispetto agli affidamenti in corso? Vengono considerati vigenti come in precedenza? Tutte le iniziative già attivate rimangono in essere?
Inoltre, c'è una terza questione che riguarda la portata reale del primo quesito referendario. In effetti già altri organismi ci hanno comunicato che in realtà il primo quesito referendario riguarda solo l'acqua. A mio parere, però, l'approvazione del primo quesito referendario non ha effetti solo sulla gestione del servizio idrico integrato, ma anche sulla gestione dei rifiuti e sul servizio di trasporto pubblico locale non su ferrovia. Al riguardo, le chiedo se, a suo giudizio, la mia interpretazione sia da ritenere corretta o scorretta? Le chiedo, inoltre, se ritiene che la normativa che è stata varata successivamente allo svolgimento del referendum possa giudicarsi sufficiente ad affermare che quella questione è stata superata.
Parallelamente, io non so se nel prossimo, annunciato decreto-legge sulle liberalizzazioni


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la questione verrà sistemata, però l'eventuale obbligo di mettere a gara il 40 per cento delle quote societarie delle società che attualmente gestiscono sul territorio non tanto il servizio idrico integrato, ma quello relativo alla gestione dei rifiuti, sta creando alcuni seri problemi, perché mettere a gara beni che non hanno valore fa sì che in alcune parti di questo Paese ci siano situazioni da tenere fortemente monitorate.
Infine, c'è il richiamato, ulteriore interrogativo derivante dal fatto che alcuni sostengono che anche in questo caso, nel caso del servizio di gestione dei rifiuti, ci si trovi di fronte, comunque, a una materia che avrebbe dovuto soggiacere all'esito referendario.

ARMANDO DIONISI. Intervengo brevemente per dire che, a mio avviso, quest'interpretazione estensiva della portata della sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato ammissibili i quesiti referendari e, conseguentemente, degli effetti abrogativi del referendum stesso, non solo al servizio idrico integrato ma anche agli altri servizi, finirebbe in questo Paese non per accentuare la concorrenza e per favorire le liberalizzazioni, ma per bloccare ulteriormente la situazione.
Io e il mio partito, l'UdC, eravamo contrari al referendum sull'acqua. Bisogna distinguere, infatti, un concetto fondamentale, cioè che l'acqua è un bene pubblico, dalla necessità di doverla distribuirla e gestire, con la consapevolezza che la gestione richiede investimenti. Dobbiamo trovare il modo perché questi investimenti - mi pare che l'abbia sottolineato molto bene anche il collega Realacci - al di là di chi sia il soggetto che gestisce il servizio, pubblico, privato o in-house, siano non remunerati in termini di profitto (giacché abbiamo stabilito che la società privata non può gestire questo settore), ma perché solo in questo modo si possano creare le condizioni di ulteriori investimenti, con un sistema tariffario che tenga conto di tale esigenza.
Le reti idriche italiane sono un colabrodo e necessitano di investimenti. Dobbiamo trovare dunque il modo perché ci sia un sistema tariffario che, da un lato, garantisca l'utenza e il cittadino, ma, dall'altro, consenta di accumulare all'ente pubblico le risorse necessarie per compiere gli investimenti.
Io credo che vada trovato lo spazio, approfondendo e trovando la possibilità anche nel prossimo decreto-legge sulle liberalizzazioni, di chiarire tutti questi aspetti e queste incertezze che, secondo me, stanno mettendo in grande imbarazzo e in grande difficoltà gli enti locali, ma anche le società in-house che gestiscono i servizi pubblici locali in questione.

FRANCO STRADELLA. Un'azienda sta sul mercato perché è in grado di offrire un prodotto o un servizio di qualità migliore rispetto ad altri. Con il referendum noi ci siamo dati una struttura normativa in base alla quale ciò non può avvenire, ma, al contrario, dovrebbe accadere che si presti un servizio a un prezzo che viene stabilito in modo autoritario da qualcuno e che non tiene conto, per esempio, della qualità del servizio reso.
Se il problema è quello di dare un servizio di qualità buona a un prezzo conveniente, la soluzione è nell'individuazione degli strumenti necessari per un controllo efficace. Per questo, le chiedo quale potrebbe essere, secondo lei, lo strumento che consente di verificare che un'azienda non venga tenuta in vita unicamente per essere una mammella alla quale allattare la politica in generale?
Le aziende pubbliche devono diventare aziende che si comportano in modo corrispondente al mercato anche quando non sono in regime di concorrenza. Il problema è capire quale ruolo possono avere le autorità di garanzia come l'Antitrust e chi deve agire per stimolare il perseguimento di tale obiettivo e per evitare che l'operatività di queste aziende diventi parassitaria, trasformandole invece in componenti di un sistema che, seppure non ha concorrenza, comunque viene vigilato. Al contrario, nella situazione attuale, da un lato, non abbiamo la possibilità di vigilare


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e, dall'altro, diamo assoluta libertà di azione alle aziende municipalizzate o pubbliche che siano.

GIANLUCA BENAMATI. Presidente, la ringrazio per la sua presentazione e le pongo alcune domande molto di dettaglio per cercare di capire alcune questioni.
Non torno sugli interventi precedenti, che condivido, ma sono stato colpito da una sua frase, che condivido peraltro in maniera quasi totale. Vorrei capire se l'ho interpretata bene. Non ci può essere, lei afferma, un'opzione di base rispetto al soggetto che gestisce il servizio pubblico locale a rilevanza economica pubblico-privato. Penso che questo giudizio abbia come presupposto che ciò venga effettuato in un contesto economico di sostenibilità e di convenienza per il cittadino.
Poiché condivido questa frase e, come sosteneva l'onorevole Bratti, l'acqua, al pari di altri servizi pubblici a rilevanza economica, quali i rifiuti e altri che dovranno essere interessati dai vostri interventi, ricade in questa casistica, io le porrei una domanda.
La gestione in-house è sostanzialmente una gestione da parte del pubblico all'interno di un perimetro di riferimento di esistenza dell'azienda e dell'ente territoriale da cui promana. In questo Paese il sistema è sempre stato fondato su due pilastri, cioè sul fatto che l'azienda che opera in questo settore - l'interpretazione della normativa europea cadeva, ma mi corregga se sbaglio, in questo senso - opera sul mercato interno disegnato dai confini degli enti promanatori dell'azienda stessa e non può essere sul mercato in concorrenza con altri soggetti. Si tratta di un'applicazione interna, che deve dimostrare, ed è questo il secondo pilastro, la convenienza e la qualità del servizio. Da un po' di tempo, come lei ha citato, questo tipo di gestione viene limitata. Un intervento su questo tema era previsto anche nel quesito referendario che non è stato dichiarato ammissibile.
Venendo alle domande, con riferimento al documento che ci è stato consegnato e alla vostra proposta di riforma concorrenziale, trovo due questioni su cui vorrei un suo chiarimento.
Rispetto alla modifica della normativa che aveva portato il decreto-legge di agosto sulla gestione in-house e che aveva ulteriormente limitato la presenza del pubblico nel suo territorio di riferimento a un valore di 900 mila euro per singolo ente promanante - ritengo che l'interpretazione esatta fosse questa - leggo oggi che si intende procedere anche all'adozione di limiti che delimitino l'impossibilità di procedere alla liberalizzazione, oltre naturalmente ai benefici chiari e diretti di questa gestione.
Non capisco molto come si possa valutare l'impossibilità di procedere alla liberalizzazione, perché in parti del nostro territorio - zone montane, limitate e disagiate - ci sono realtà locali che potrebbero essere sostituite anche, come si osservava prima, in maniera forse meno economica e tranquilla, da altre realtà. Questa trasformazione dell'impossibilità di procedere alla liberalizzazione rendere però tutto un po' più difficile. Vorrei, dunque, una risposta sua sulla gestione in-house in generale, perché la limitazione ulteriore può generare alcuni problemi.
Passo alla seconda questione e vado a concludere. Uno dei metodi per cui l'affidamento diretto può essere prolungato in un'azienda pubblica senza ripetere la gara è l'apertura al capitale privato mediante cessione del 40 per cento delle quote societarie con procedure a evidenza pubblica. Si parla giustamente di un'azienda totalitaria o mista. Ritengo anche che questa sia una parte minoritaria del capitale.
Su questo punto quali sono i vostri intendimenti? Vorrei capire quali sono i vostri suggerimenti in specifico in merito alla gestione.

MANUELA LANZARIN. Sarò molto breve.
A seguito del referendum sappiamo che cosa è successo e come si stanno comportando le diverse società. Lei ha fatto riferimento all'applicazione della normativa


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europea per l'in-house, però noi abbiamo Regolamenti i quali, anche se non sono ancora usciti, dispongono diversamente, come il famoso fatto di essere assoggettati al Patto di stabilità.
C'è un'incongruenza: o dobbiamo seguire la normativa europea oppure un'altra normativa. Sappiamo che prevedere l'assoggettamento delle società in-house a totale capitale pubblico al Patto di stabilità significa ancora una volta bloccare gli investimenti, come sta succedendo sui comuni.
Rispetto anche alle considerazioni che hanno svolto i miei colleghi, se ci sono società che, tramite operazioni e politiche di scala, riescono ancora a compiere investimenti, mi pare che assoggettarle al Patto di stabilità sarebbe molto limitativo.

PRESIDENTE. Do la parola al presidente Pitruzzella per la replica.

GIOVANNI PITRUZZELLA, Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Grazie, presidente e grazie a tutti voi per le stimolanti osservazioni. Rispondo per flash.
Come primo punto, vorrei precisare che l'Autorità garante della concorrenza e del mercato si occupa soltanto di alcuni profili, cioè della tutela della concorrenza. Se, per esempio, qualcuno sceglierà soggetti per la gestione con modalità e sulla base di bandi o di delibere che violano i princìpi della concorrenza, noi interverremo, ma su tutto il tema che ci occupa in questa sede c'è un'altra Autorità che è stata investita di poteri regolatori e che non è la mia.
Il secondo punto è che, anche se ci sarà una gestione da parte di soggetti pubblici, come in molte parti del Paese, anche se questo fenomeno continuerà, una regolazione serve. L'acqua, bene pubblico fondamentale, ha di fronte un cittadino che la deve utilizzare. Anche un soggetto pubblico potrebbe, per esempio, avere comportamenti pregiudizievoli nei confronti dell'utente del servizio. È fondamentale, chiunque la gestisca, che ci sia dunque un'Autorità terza che nel Paese faccia osservare questi parametri.
Il problema che si poneva è se quest'Autorità debba essere nazionale oppure no, però la scelta che ormai è stata compiuta è quella di un'Autorità nazionale. A mio parere, è utile in termini di uniformità, almeno per quanto riguarda la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni, in tutto il territorio nazionale.
Vado velocemente al terzo punto. Si è chiesto, se si fa l'in-house, come probabilmente sta avvenendo, innanzitutto quali sono le regole da seguire. Risposta: si devono seguire le regole europee. Non è una scelta nostra, ma una scelta che deriva dal sistema in cui ci troviamo.
In questo contesto come si coordina con il Patto di stabilità e crescita? Se c'è un soggetto pubblico, le regole, che non sono regole interne, ma sono quelle attraverso cui vengono contabilizzati i dati riguardanti il disavanzo di bilancio e il debito pubblico, fanno riferimento a tutti i soggetti pubblici, ragion per cui, essendo l'in-house considerato un'articolazione della stessa pubblica amministrazione, ciò va tenuto in conto.
È un problema serio, questo, che richiede, però, un intervento non a livello nazionale, ma a livello europeo e che potrebbe essere posto nell'agenda.
Invece, se ci fosse un soggetto privato, i debiti che accumula non verrebbero contabilizzati.

ERMETE REALACCI. Perché parla di intervento a livello europeo?

GIOVANNI PITRUZZELLA, Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Il Patto di stabilità non vi rientra, però il modo in cui si contabilizza nel Patto di stabilità interno va informato all'accordo che arriva a livello europeo.
Ciò non significa che sia una questione impossibile, è un tema su cui occorrerebbe riflettere, ma che esula dai campi dell'Antitrust, che si occupa della tutela della concorrenza, e che riguarda i meccanismi attraverso cui si opera il controllo della finanza pubblica.
Non riguarda, dunque, il mio compito. Sono anch'io molto sensibile a questo


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tema. Non c'entra il referendum, ma il Patto di stabilità interno.
Dopodiché, passo a un altro problema che è stata posto, secondo me, molto interessante. È stato osservato che il quesito referendario in realtà riguardava tutti i servizi pubblici locali. L'idrico, però, è certo che stia fuori e il referendum in merito è una pietra miliare. Può piacere o non piacere, ma è così e una democrazia che nel principio di maggioranza esprime una deliberazione del corpo elettorale va rispettata.
È vero che ci sono state modifiche nella disciplina dei servizi pubblici locali con la manovra dello scorso mese di agosto. È un problema interessante, che però è difficile da sciogliere con l'accetta. Vi ricorderete tutti che i quesiti parlavano dell'acqua. Anche quando ci fu il giudizio di ammissibilità in Corte si parlava dell'acqua.
Quando ci fu il giudizio di ammissibilità in Corte, qualcuno sostenne che il referendum era inammissibile perché si intitolava sull'acqua, però in realtà riguardava tutti i servizi pubblici locali. La Corte in fondo replicò che era evidente e che non c'era altro modo per evitare la gestione privata dell'acqua, se non colpire l'articolo 23-bis. Si potrebbe sostenere che, in realtà, l'intangibilità riguarda il servizio idrico, ma non gli altri servizi.
È una tesi, secondo me, rispettabile. Da Autorità garante della concorrenza - rendetevi conto che devo interpretare il mio ruolo - non posso che essere favorevole a tutte le forme di apertura del mercato, purché rispettose di eventuali pronunciamenti del corpo elettorale. In questo caso ce n'è stato uno e, quindi, il principio di concorrenza può anche essere recessivo rispetto a un altro principio, con riguardo soltanto al servizio idrico integrato.
Credo di aver già sforato il tempo che mi è stato gentilmente concesso. Mi fermo, ma ripeto che potremmo incontrarci ancora su tematiche più dettagliate.

PRESIDENTE. La ringrazio per la presenza, presidente. Restiamo in attesa della sua nota per metterla a disposizione di tutti i commissari.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16,10.

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