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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione VIII
8.
Mercoledì 9 maggio 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Margiotta Salvatore, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DELLE PROPOSTE DI LEGGE C. 2 INIZIATIVA POPOLARE, C. 1951 MESSINA E C. 3865 BERSANI, RECANTI «PRINCIPI PER LA TUTELA, IL GOVERNO E LA GESTIONE PUBBLICA DELLE ACQUE E DISPOSIZIONI PER LA RIPUBBLICIZZAZIONE DEL SERVIZIO IDRICO»

Audizione di rappresentanti della Conferenza delle regioni e delle province autonome:

Margiotta Salvatore, Presidente ... 3
Tortoli Roberto, Presidente ... 8 9 10
Piffari Sergio Michele (IdV) ... 8
Ravello Roberto Sergio, Coordinatore della Commissione ambiente ed energia della Conferenza delle regioni e delle province autonome ... 3 9
Viola Rodolfo Giuliano (PD) ... 8
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA.

COMMISSIONE VIII
AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 9 maggio 2012


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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SALVATORE MARGIOTTA

La seduta comincia alle 14.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti della Conferenza delle regioni e delle province autonome.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle proposte di legge C. 2 Iniziativa popolare, C. 1951 Messina e C. 3865 Bersani, recanti «Principi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque e disposizioni per la ripubblicizzazione del servizio idrico», l'audizione di rappresentanti della Conferenza delle regioni e delle province autonome.
La delegazione è composta dal dottor Roberto Sergio Ravello, coordinatore della Commissione ambiente ed energia dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome e assessore all'ambiente della regione Piemonte, l'ingegner Salvatore De Giorgio, coordinatore tecnico della Commissione ambiente ed energia della Conferenza delle regioni e delle province autonome e direttore della direzione ambiente della regione Piemonte, e dal dottor Paolo Alessandrini, dirigente responsabile dei rapporti con il Parlamento della Conferenza delle regioni e delle province autonome.
Do la parola al dottor Ravello per la relazione.

ROBERTO SERGIO RAVELLO, Coordinatore della Commissione ambiente ed energia della Conferenza delle regioni e delle province autonome. Ringrazio il presidente e gli onorevoli deputati a nome delle regioni rappresentate in seno alla Commissione ambiente ed energia della Conferenza. A conclusione del lavoro svolto in seno a tale Commissione in vista di questa audizione parlamentare, si è giunti, dopo una serie di approfondimenti tecnici, come è prassi nell'ambito dei lavori della Conferenza delle regioni, all'approvazione in sede politica di un documento condiviso all'unanimità.
Io sono stato incaricato di illustrare tale documento che metto a disposizione della vostra Commissione. Il primo degli allegati è l'indagine conoscitiva vera e propria; il secondo fotografa lo stato del recepimento dell'ormai famigerato comma 186-bis dell'articolo 2 della legge n. 191 del 2009, che ha previsto la soppressione delle autorità d'ambito (AATO), rinviando alle regioni la responsabilità di ricostruire e ridisegnare il modello di governance del settore idrico e del settore dei rifiuti.
Non credo sia il caso di esporre qui le linee direttrici dei tre disegni di legge su cui la vostra Commissione sta lavorando. Ritengo però utile soffermarmi su alcuni aspetti che dall'esame dei tre disegni di legge risultano particolarmente evidenti, prima di rappresentarvi le necessità ravvisate dalle regioni a conclusione della loro analisi.


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L'asse portante della prima proposta di legge, che risale al luglio 2007, è la qualificazione del servizio idrico integrato come servizio pubblico locale privo di rilevanza economica. Questo principio viene affermato sia con una caratterizzazione demaniale, peraltro già esistente, della risorsa idrica sia, ulteriormente, con l'espressa previsione di un vincolo perpetuo di destinazione d'uso pubblico della risorsa idrica.
Parallelamente si prevede che l'affidamento della gestione del servizio spetti esclusivamente a enti di diritto pubblico. Perché ciò sia possibile e si possa provvedere a una effettiva ripubblicizzazione della gestione del servizio idrico integrato, questa proposta di legge prevede, nella fase di transizione, l'istituzione di un fondo nazionale per la ripubblicizzazione del servizio, che dovrebbe essere alimentato da un prelievo in tariffa di un centesimo di euro per metro cubo di acqua erogata e da un centesimo di euro per ogni bottiglia di acqua minerale commercializzata.
A questo proposito, mi pare fin d'ora il caso di segnalare un punto che appare ben chiaro in particolare nella terza proposta di legge all'esame della vostra Commissione, peraltro la più recente. Secondo tale proposta di legge, infatti, la prima necessità del sistema è la sua industrializzazione, al fine di garantire la piena attuazione dei principi richiamati dal Codice dell'ambiente e cioè l'economicità, l'efficienza e l'efficacia del servizio.
Sulla base dei numeri che speditamente potrebbero essere qui richiamati, si ritiene che tale industrializzazione non sia realizzabile mediante il prelievo di un centesimo per metro cubo di acqua erogata o di un centesimo per bottiglia commercializzata.
Quello della regione Piemonte è solo un esempio. I piani d'ambito approvati per il servizio idrico integrato prevedono investimenti pari a 3 miliardi di euro nei prossimi vent'anni. Facendo un rapidissimo calcolo sulla base della quantità d'acqua erogata nel solo Piemonte, circa 500 milioni di metri cubi, il gettito derivante dall'applicazione del prelievo di un centesimo di euro per ogni metro cubo sarebbe pari a 5 milioni di euro, una goccia nel mare di quanto abbisogna per adeguare o almeno garantire la continuità del servizio.
Aggiungo che in Italia nel 2011 sono stati commercializzati circa 8 miliardi di bottiglie per un totale di 12 miliardi di litri di acqua minerale. Il gettito del prelievo proposto sarebbe quantificabile in circa 80 milioni di euro. Rapportando il fabbisogno della sola regione Piemonte a quello nazionale, appare chiaro che il gettito derivante dall'applicazione di queste due misure, la seconda delle quali è impropriamente inserita nel servizio idrico integrato perché l'acqua minerale non ne fa parte, non garantirebbe la risposta da tutti auspicata in ordine all'indispensabile reperimento di risorse finalizzate a garantire la prestazione del servizio.
La seconda proposta di legge (C. 1951), che risale al novembre del 2008, interviene in modo abbastanza contenuto sul quadro normativo vigente e in particolare sul Codice dell'ambiente. Prevede, infatti, che la funzione di regolazione generale di controllo e di coordinamento dei comuni resti in capo all'autorità d'ambito territoriale ottimale (AATO), ovvero l'autorità soppressa dalla legge n. 191 del 2009, e demanda la gestione del servizio vera e propria ai comuni in forma singola o associata.
La citata terza proposta di legge, che anche per tempistica è la più illuminata o comunque la più prossima alle necessità che si sono via via manifestate, conferma (ma questo è un comune denominatore delle tre proposte) la proprietà pubblica e l'inalienabilità delle acque, principio affermato nel 1994 con la legge Galli e ripreso da un successivo decreto del Presidente della Repubblica, ma prevede anche un rafforzamento delle funzioni delle autorità d'ambito in virtù della specifica abrogazione del comma 186-bis dell'articolo 2 della legge n. 191 del 2009.
Prevede, inoltre, l'istituzione di un'assemblea d'ambito, alla quale sarebbe trasferito l'esercizio delle competenze in materia


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di gestione del servizio idrico integrato e di tutela dei consumatori, e dà la possibilità di optare per le tre tradizionali forme di affidamento: società pubbliche di gestione tramite affidamento secondo i principi dell'in house providing, società miste con socio privato scelto attraverso procedure competitive ad evidenza pubblica; società di capitali individuate tramite gara.
Anche questo principio è stato stravolto dai successivi interventi sulla norma di riferimento, ma questa proposta di legge interviene su un tema molto caro alle regioni che presentano una particolare orografia - e il Piemonte è tra queste -, laddove prefigura la possibilità che il servizio venga affidato a un solo soggetto gestore per ogni ambito territoriale ottimale, favorendo quindi l'industrializzazione del sistema e limitando la frammentazione dovuta a superfetazione dei gestori, che ha rappresentato e rappresenta ancora uno dei problemi principali nel settore idrico.
Viene inoltre ribadito che la tariffa costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato sulla base dei parametri stabiliti da una istituenda Autorità nazionale di regolazione del servizio idrico integrato. A questo proposito si prevede il superamento della Commissione nazionale di vigilanza sulle risorse idriche (CONVIRI) e al contempo si stabilisce che la remunerazione dell'attività industriale segue i criteri stabiliti dalla medesima Autorità. Si ribadisce infine che le infrastrutture idriche hanno carattere demaniale, seppure - e questo per noi può rappresentare un passo indietro - con la riconduzione al demanio dello Stato.
L'analisi di queste tre proposte di legge ha portato le regioni ad ampliare le proprie riflessioni. Io vi ringrazio per questa occasione poiché ci permette di rappresentare al legislatore alcune problematiche approfittando dello strumento dell'indagine conoscitiva. In merito, si fa presente che, come è evidente, tutte e tre le proposte di legge sono ampiamente superate dai diversi processi di riforma avviati dal legislatore statale e in particolare dagli esiti referendari del giugno dello scorso anno.
Alcune disposizioni contenute in queste proposte rischierebbero anzi di produrre un pesante e grave arretramento rispetto al quadro normativo recentemente innovato e alle azioni conseguenti poste in campo dalle regioni, a cominciare dalla riforma della governance del servizio idrico integrato. Alle regioni, infatti, la legge ha affidato il compito di ridisegnare con ampia discrezionalità il modello di governance, principio riaffermato da una sentenza della Corte costituzionale dell'aprile 2011.
Come vi ho accennato, uno dei documenti che è stato consegnato alla vostra Commissione illustra regione per regione gli sviluppi di questo processo, evidenziando prima di tutto le diverse velocità con le quali le regioni hanno risposto. Sapete meglio di me che la norma della legge finanziaria 2011 che sopprime le autorità d'ambito è stata prorogata più volte fino al 31 dicembre dell'anno in corso, riconoscendo quindi il ritardo di alcune regioni.
Le regioni hanno però condiviso la necessità di declinare questa disposizione con la discrezionalità fortunatamente richiamata anche dalla Corte costituzionale, in ragione delle molte differenze e peculiarità che caratterizzano il nostro territorio. La morfologia e l'orografia non consentono di mettere, ad esempio, la regione Puglia, con le proprie necessità e caratteristiche, sullo stesso piano della regione Lombardia o della regione Piemonte.
In una prima fase abbiamo perciò respinto la soluzione che prevedeva l'adozione di linee guida alle quali le regioni avrebbero dovuto ispirarsi. Le regioni non hanno ritenuto opportuno e utile che si disegnasse un modello da replicare in ciascuna, ma hanno accettato, su richiesta dell'Associazione nazionale dei comuni d'Italia (ANCI), la predisposizione di un perimetro all'interno del quale muoversi.
La Commissione ambiente ed energia della Conferenza delle regioni - in particolare


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il sottoscritto - ha favorito la costituzione di un tavolo tecnico che si è insediato presso il Ministero dell'ambiente, che ha visto la partecipazione delle regioni, delle province e dei comuni italiani ed è giunto all'approvazione di un documento (anche questo messo oggi a vostra disposizione), condiviso da tutte le regioni e inizialmente anche dall'ANCI. L'Unione delle province italiane (UPI) si è invece fatta da parte per ragioni che, a mio avviso, prescindono dal tema trattato e derivano principalmente dalla volontà di affermare un ruolo proprio alla luce della revisione del quadro normativo relativo alle funzioni da attribuire alle province stesse.
Ritengo di dovermi soffermare ulteriormente sul ruolo delle regioni perché, come ho già detto, ci è stato chiesto dal legislatore statale di disegnare il modello di governance e questa per noi è un'opportunità di rappresentare al Parlamento il primo problema che incontriamo nel momento in cui ci viene affidato questo onere. Il ruolo delle regioni è fortemente compresso dalle competenze che sono prerogativa dello Stato, come la tutela dell'ambiente e della concorrenza, e questo ha rappresentato in diverse occasioni, non solo nell'ambito delle problematiche del servizio idrico integrato, un problema certamente di non facile soluzione, ma un problema da affrontare, secondo noi, con urgenza.
A questo si associa la richiesta, condivisa da tutte le regioni che hanno partecipato ai lavori di predisposizione del documento di analisi che oggi portiamo alla vostra attenzione, di attribuire alle regioni un ruolo di regolazione del sistema o un ruolo che preveda la loro partecipazione alle attività di regolazione nel rispetto di una leale, ma reale collaborazione con l'Autorità nazionale di vigilanza titolare dell'incarico.
Non posso che manifestare la frustrazione delle amministrazioni regionali nel momento in cui alle regioni è concesso null'altro che attivare osservatori, dotati, sì, della competenza per osservare i problemi, ma non degli strumenti per intervenire al fine di addivenire a un'effettiva soluzione. Ne è un esempio la partecipazione all'individuazione dei processi anche sanzionatori, qualora gli atti dei soggetti gestori o delle autorità di riferimento non rispecchino la pianificazione regionale o di livello superiore.
Ci siamo inoltre soffermati sulle implicazioni della qualificazione del servizio idrico integrato dopo il referendum del giugno 2011. Siamo a rappresentare una preoccupazione profondamente sentita sui riflessi che l'esito referendario relativo al quesito sull'adeguata remunerazione del capitale investito sta ingenerando sul fronte dello sviluppo dei piani di investimento, che sono finalizzati alla realizzazione di nuovo patrimonio infrastrutturale, ma ancora di più all'adeguamento del patrimonio infrastrutturale esistente.
Attualmente, senza un intervento statale che fornisca ulteriori chiarimenti, si assiste innanzitutto a una diffusa incertezza nel sistema creditizio e in quello industriale. Le ragioni a nostro avviso sono facili da comprendere. Pur non essendo venuto meno il principio secondo cui la tariffa deve garantire l'integrale copertura dei costi del servizio, è molto improbabile che per favorire l'adeguamento o il potenziamento della rete infrastrutturale possano essere impiegati capitali privati a rendimento zero, ancora di più in un momento in cui l'Italia - e non sono io a dirlo - attraversa una fase economica recessiva. Di fronte a questo quadro non può essere che la fiscalità generale a farsi carico della copertura di tutti i costi di investimento e di esercizio.
Eguale preoccupazione deriva dalle conseguenze dell'abrogazione dell'articolo 23-bis del decreto legge n. 112 del 2008. Sono stato pregato di trasmettervi l'auspicio del sistema delle regioni che lo Stato intervenga quanto prima per definire quali sono le modalità di affidamento del servizio idrico integrato coerenti con i principi comunitari e allo stesso tempo rispettose della volontà popolare espressa nel giugno scorso.
L'analisi di questi tre documenti ci ha portati a formulare altre tre osservazioni,


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che molto sinteticamente vi rappresenterò. La prima riguarda la proposta di legge C. 3865 del 2010, che prevede la riconduzione alle dotazioni del servizio idrico integrato anche delle opere adibite alla raccolta e al convogliamento delle acque meteoriche di dilavamento.
È una questione annosa che ha visto contrapporsi le regioni alle volontà espresse dalla Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche, che è sempre stata una strenua assertrice dell'esclusione dal metodo tariffario dei costi di realizzazione di tali opere. Al contrario, le regioni, alcune regioni in particolare, hanno sempre ritenuto che questi costi afferiscano al servizio idrico integrato e che allontanamento e trattamento delle acque meteoriche facciano parte del servizio idrico integrato, come disposto - e non è di poco conto - dal decreto legislativo n. 152 del 2006.
È un problema che si vive quotidianamente, ma la cui soluzione è particolarmente complessa. Il fatto che il principio sia stato affermato in una proposta di legge non può che rappresentare, a nostro avviso, uno stimolo ulteriore affinché il legislatore prenda in carico questo problema e lo risolva con gli strumenti più opportuni.
Un'altra questione che andrebbe risolta mediante un intervento normativo statuale è quella attinente agli oneri fiscali degli atti di retrocessione agli enti locali della proprietà degli impianti e delle infrastrutture, che in alcuni casi si renderanno necessari a seguito dell'applicazione dei moduli organizzativi a loro volta derivanti dall'entrata in vigore dell'articolo 2, comma 186-bis della legge n. 191 del 2009.
Questo problema è stato ampiamente approfondito nelle diverse riunioni del tavolo tecnico che ha visto la partecipazione di regioni, province e comuni perché è stato evidenziato il ripetuto riscontro di situazioni anomale derivanti a loro volta dal perdurare di una certa commistione dei rapporti giuridici afferenti all'esercizio delle funzioni amministrative, di organizzazione e di controllo del servizio e le funzioni direttamente connesse all'erogazione dello stesso. Auspichiamo che il principio di netta separazione tra funzioni di governo e funzioni di gestione del servizio, principio adottato da molte regioni, tra cui il Piemonte, nel ridisegnare il proprio modello di governo del servizio, sia ribadito per legge dello Stato.
Approfittiamo della presenza del Sottosegretario Fanelli per formulare un ennesimo auspicio relativamente alla necessità di procedere a una celere revisione della parte terza del Codice ambientale (decreto legislativo n. 152 del 2006), richiesta avanzata in diversi momenti sulla base di un'analisi storica che precede di molto l'assunzione da parte mia del compito di coordinare le attività della Commissione ambiente ed energia in seno alla Conferenza delle regioni.
Come sapete, la parte terza del Codice è ispirata alla direttiva 2000/60/CE, che prevede la definizione dei distretti idrografici e di conseguenza delle autorità di distretto e dei piani di gestione del distretto. Tuttavia, in assenza della definizione dei distretti idrografici, si sono rese oggettivamente inattuabili le disposizioni di cui alla parte terza del Codice, con particolare riferimento ai piani di distretto e alle autorità di governo dei distretti stessi.
Il quadro normativo statale detta un indirizzo molto chiaro, ma le regioni sono impossibilitate a seguirlo e sono costrette a procedere con diverse modalità di pianificazione, molto spesso intersettoriali e interdisciplinari, come ad esempio il piano di tutela delle acque, il piano di gestione dei sedimenti e il piano per l'assetto idrogeologico, che ragionevolmente dovrebbero confluire in un'unica pianificazione di distretto.
Non possiamo non essere preoccupati anche per le conseguenze che tale ritardo potrebbe produrre nel momento in cui chi ha redatto la direttiva richiamata nella parte terza del Codice dovesse chiederci conto della sua attuazione. Si tratterebbe dell'ennesima procedura di infrazione.
Per una volta sarebbe quanto meno opportuno cercare di prevenire anziché curare.


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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO TORTOLI

PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Ravello e do la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

RODOLFO GIULIANO VIOLA. Ho ascoltato attentamente la relazione perché penso che il confronto con le regioni su questo tema sia fondamentale.
Avrei però qualche curiosità rispetto alle sollecitazioni che ci sono state rivolte, pur concordando con l'osservazione riguardante la necessità di una revisione della parte terza del decreto legislativo n. 152 del 2006. Un'opera di coordinamento dei testi legislativi e degli aspetti di programmazione e pianificazione con riguardo all'assetto idrogeologico e alla prevenzione del rischio idraulico andrebbe fatta rapidamente, anche per non trovarci poi a piangere sui danni derivanti dalla mancata attuazione dei piani.
Da questo punto di vista penso anche che, nel rispetto dei rispettivi ruoli di regioni, Parlamento e Governo, dovremmo trovare delle modalità per semplificare il più possibile la complessità del territorio italiano, dei bacini e dei distretti e far sì che i piani operativi siano applicabili in tempi rapidi. Mi pare di capire che la situazione del Paese sia a macchia di leopardo. In alcune zone sono stati fatti progetti ampiamente attuabili nel breve periodo, mentre in altre siamo molto in ritardo. È uno dei tanti problemi che discende dall'applicazione della riforma del Titolo V della Costituzione.
Vengo alla mia domanda. Lei ha fatto riferimento al problema dei conti e mi pare che la risposta sia la fiscalità generale, mentre il prelievo di un centesimo per metro cubo di acqua e per bottiglia di acqua minerale non genererebbe risorse sufficienti per affrontare alcun intervento di prevenzione del rischio idraulico. Esistono studi o simulazioni - le regioni su questo potrebbero concretamente darci una mano - che permettano di capire quale potrebbe essere il livello di una «tassa di scopo» per affrontare questi costi?
I 3 miliardi di euro necessari per l'attuazione dei piani d'ambito approvati per il servizio idrico integrato nella regione Piemonte o i 2,5 miliardi del Veneto assommano a livello nazionale ai 44 miliardi di cui si è più volte sentito parlare. In quest'ultimo periodo, non per responsabilità del Governo in carica, la pressione fiscale sui cittadini è aumentata tantissimo e può sembrare strano fare un ragionamento del genere in questo momento, un ragionamento che fa leva sulla fiscalità generale, anche se è vero che come nel settore idrico anche gli interventi e gli investimenti previsti nel settore della difesa del suolo dagli accordi di programma di questi ultimi anni, sono di fatto fermi.
Il Ministro dell'ambiente ci ha riferito che sta lavorando per mettere a disposizione ulteriori risorse, ma la domanda che io vi pongo è se secondo voi esista uno studio o una proiezione per potersi inserire la fiscalità generale tra gli strumenti che sono stati indicati. Esistono dunque, a vostro parere, strumenti che, senza pesare eccessivamente sulle tasche dei cittadini, permettano di intervenire?
Oggi il livello di pianificazione degli interventi, pur se stratificato e complesso, ha raggiunto una buona consistenza e in alcuni casi i progetti potrebbero essere applicabili e attuabili. Si tratta di capire se esistano strumenti finanziari rapidi. Posta la difficoltà di chiedere alla finanza privata di intervenire avendo chiarito che non c'è remunerazione del capitale, ma solo del costo finanziario, dovremo trovare altre modalità di reperire le risorse.
La seconda questione si lega alla richiesta di rivedere il decreto legislativo n. 152 del 2006. Vorrei conoscere il parere delle regioni a proposito dell'idea di fare del sistema idrico un unicum, includendovi sia il servizio idrico integrato sia la prevenzione del rischio idraulico e quant'altro.

SERGIO MICHELE PIFFARI. Ringrazio i nostri ospiti. Sottoscrivo le domande


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poste dal collega Viola, ma vorrei aggiungerne una.
Le regioni stanno monitorando ciò che sta succedendo realmente sul territorio? La domanda è rivolta alle regioni, ma vorrei che il sottosegretario Fanelli che oggi è presente prestasse attenzione perché le bollette dell'acqua stanno aumentando del 10 o anche del 15 per cento in alcuni ambiti territoriali. D'accordo che non si può remunerare il capitale, ma, col fatto che si riporta in capo alla proprietà pubblica una serie di reti che qualche anno fa i comuni hanno venduto, i cittadini pagheranno i mutui per il riacquisto.
Giusto oggi ho ricevuto una lettera da parte di cittadini che mi chiedono, al di là dell'acqua pubblica, come mai la loro bolletta sia aumentata del 12 per cento. Con i tempi che corrono, dovremmo stare attenti anche a questi fenomeni. Ve bene pianificare, studiare investimenti e riunirsi tra sindaci per fare opere pubbliche, ma credo che anche l'attenzione al costo della bolletta sia fondamentale.
Vorrei sapere se il Governo o le regioni stanno tenendo d'occhio questa situazione.

PRESIDENTE. Do la parola al dottor Ravello per la replica.

ROBERTO SERGIO RAVELLO, Coordinatore della Commissione ambiente ed energia della Conferenza delle regioni e delle province autonome. Con riguardo alla prima domanda, le regioni non hanno raggiunto una posizione condivisa. Ci stiamo ancora interrogando su quella che personalmente ritengo essere una scelta di fondo e cioè come contribuire all'attuazione dei piani di investimento e dei piani d'ambito senza caricare tutto solo sulla fiscalità generale. È un nodo che dovrà essere sciolto perché diversamente ci sarà una moltiplicazione dei casi di aumento sempre più significativo della tariffa.
Credo però doveroso ricondurre il problema alla realtà della situazione italiana, dandogli una corretta dimensione. La media dei nostri piani tariffari dimostra in maniera molto evidente che esistono concreti e significativi margini di crescita sul piano tariffario. Infatti, il costo medio dell'acqua a metro cubo in Italia è forse il più basso nel panorama europeo e si attesta attorno all'euro per metro cubo. Se non ricordo male, la media europea è, invece, tra 4 e 6 euro a metro cubo.
Il modello applicato in Italia dalla riforma del 1994 a oggi è certamente avanzato e ha consentito, seppure a macchia di leopardo, di procedere a percorsi di reale sviluppo infrastrutturale e di raggiungere un'elevata qualità nell'erogazione del servizio idrico in cambio di un livello tariffario relativamente - e non solo relativamente - basso.
Io ritengo che la scelta di fondo sia giungere a un modello che, in ossequio al principio affermato nel giugno dello scorso anno da una evidente volontà popolare, si cali nella necessità di prevedere la partecipazione dei soggetti che possono favorire l'industrializzazione del sistema, cioè soggetti portatori di capitali privati, i cui costi finanziari - i costi dei capitali - non possono che essere coperti.
Noi riteniamo che una soluzione possa essere coprire i costi finanziari degli investimenti attuati con capitali privati attraverso la tariffa, liberando quindi la tariffa dal costo dell'investimento in sé, ma permettendo l'accesso e l'interesse - che in economia è l'unico motore - del privato all'investimento. Nel momento in cui il ritorno dell'investimento non è garantito, viene da sé che il privato non ha alcun interesse e cerca altre forme di investimento.
Per rispondere all'ultima domanda, manca un elemento legato al soggetto al quale si sta procedendo ad affidare la funzione di regolazione del servizio e conseguentemente di tutela degli utenti consumatori. In queste ore è in discussione il DPCM con il quale il Governo trasferisce all'Autorità per l'energia elettrica e il gas le funzioni attribuite dal decreto-legge n. 70 del 2011 all'agenzia mai nata. Le aspettative delle regioni sono alte e altrettanto elevata è la consapevolezza dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas rispetto


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alle necessità che le regioni, portandosi avanti con il lavoro, hanno già avuto modo di rappresentarle.
Riprendendo quanto ho già avuto modo di spiegare nel mio primo intervento, ribadisco che l'ulteriore garanzia che l'utente consumatore sia quanto più possibile tutelato è legata anche al ruolo che alle regioni sarà consentito assumere nella partecipazione alle attività trasferite all'Autorità per l'energia elettrica e il gas.
Riteniamo che la fotografia, nota a tutti, del nostro Paese renda indispensabile che il singolo ente rappresentante un territorio ben delimitato contribuisca all'individuazione degli eventuali correttivi o degli eventuali processi sanzionatori da applicare nelle singole realtà affinché questi non siano calati all'alto e indipendenti dalle caratteristiche del territorio e della sua infrastrutturazione.

PRESIDENTE. Ringrazio, a nome dell'intera Commissione, i rappresentanti della Conferenza delle regioni e delle province autonome intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 14,55.

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