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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione VIII
10.
Giovedì 16 giugno 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Alessandri Angelo, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE POLITICHE AMBIENTALI IN RELAZIONE ALLA PRODUZIONE DI ENERGIA DA FONTI RINNOVABILI

Audizione di rappresentanti di Rete Imprese Italia:

Alessandri Angelo, Presidente ... 3
Margiotta Salvatore, Presidente ... 7 8 10
Bratti Alessandro (PD) ... 7 9
Campanile Tommaso, Responsabile del dipartimento competitività e ambiente di CNA ... 9 10
Panieri Bruno, Direttore delle politiche economiche di Confartigianato imprese ... 3 8
Zamparutti Elisabetta (PD) ... 7 10

Audizione di rappresentanti di Legacoop e Confedilizia:

Margiotta Salvatore, Presidente ... 10 13 15 16 20
Bosso Pier Paolo, Consigliere nazionale di Confedilizia ... 13 18 20
Bratti Alessandro (PD) ... 15
Rinaldi Vanni, Responsabile del settore energia di Legacoop ... 11 16 20
Zamparutti Elisabetta (PD) ... 16

ALLEGATI:
Allegato 1: Documentazione consegnata dai rappresentanti di Rete Imprese Italia ... 21
Allegato 2: Documentazione consegnata dai rappresentanti di Legacoop ... 31
Allegato 3: Documentazione consegnata dai rappresentanti di Confedilizia ... 37
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Italia dei Valori: IdV; Iniziativa Responsabile (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): IR; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.

[Avanti]
COMMISSIONE VIII
AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di giovedì 16 giugno 2011


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ANGELO ALESSANDRI

La seduta comincia alle 14,55.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti di Rete Imprese Italia.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle politiche ambientali in relazione alla produzione di energia da fonti rinnovabili, l'audizione di rappresentanti di Rete Imprese Italia.
Sono presenti il dottor Bruno Panieri, la dottoressa Stefania Multari, il dottor Danilo Barduzzi, il dottor Tommaso Campanile, il dottor Pier Paolo Masciocchi, la dottoressa Francesca Stifano, l'avvocato Alessandro Tatafiore e la dottoressa Barbara Gatto in rappresentanza di tutte le componenti di Rete Imprese Italia.
Do la parola agli auditi.

BRUNO PANIERI, Direttore delle politiche economiche di Confartigianato imprese. Interverrò a nome di tutti i colleghi di Rete Imprese Italia. Premetto che cercherò di essere il più sintetico possibile e lasceremo alla Commissione un documento di riferimento in cui troverà esposti tutti i concetti che cercheremo di comunicarvi in termini generali nel corso di quest'audizione, con il doveroso ringraziamento alla Commissione per averci voluti ascoltare su un tema strategico per il mondo delle piccole imprese, da sempre sostenitrici convinte di un sistema di approvvigionamento energetico che tenga conto delle diverse fonti disponibili, ivi compreso il sistema delle energie cosiddette alternative e rinnovabili.
Peraltro, noi abbiamo di fronte una prospettiva di obiettivi ambiziosi, che non soltanto il nostro Paese si è dato, ma che sono riconoscibili come obiettivi dell'Unione europea nel famoso slogan «20-20-20». È assolutamente inevitabile, quindi, che da parte di Rete Imprese Italia ci sia un sostegno convinto a una strategia che vede l'applicazione di questi princìpi comunitari come una scelta di politica energetica convinta nel nostro Paese.
Oltretutto, il mondo produttivo che noi rappresentiamo ha interesse non solo ad avere un sistema equilibrato di approvvigionamento energetico, ma anche un sistema che consenta di sviluppare un'imprenditoria innovativa nel settore delle energie rinnovabili e alternative che, come abbiamo visto, si è rapidamente sviluppata nel momento in cui sono state adottate scelte precise in ambito di politica energetica.
Riteniamo, tuttavia, che ci sia ancora poca convinzione nell'affrontare il ragionamento in termini complessivi. Esso, infatti, ha diversi ingredienti e componenti. Gli assi essenziali sono, sostanzialmente, un sistema che cambi approccio rispetto alla generazione dell'energia - da sempre abbiamo sposato un modello di generazione


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distribuita e diffusa - accompagnato da una scelta convinta di sostegno alle energie rinnovabili, ma che non trascuri assolutamente la terza gamba essenziale, ossia l'efficienza energetica in un quadro e in una dimensione di politiche coerenti che interconnettano questi fattori e intervengano sulla disciplina e sulla regolazione in modo integrato e il più possibile coordinato.
Rileviamo, invece, che troppo spesso si considerano questi singoli fattori e, più in generale, le politiche energetiche capitolo per capitolo e ci si concentra sui singoli aspetti perdendo di vista l'insieme e, quindi, non creando un quadro di politiche coerenti. Questo avviene sul piano degli interventi di legislazione e di regolazione. A un approfondimento, però, sull'assetto istituzionale di Governo della partita e delle politiche di cui stiamo parlando, riscontriamo una mancanza di governance o coordinamento complessivo del sistema che vede come protagonisti essenziali tutti gli attori istituzionali coinvolti e, soprattutto, il sistema degli enti regionali.
È chiaro che l'intervento delle regioni in quest'ambito, soprattutto alla luce della ripartizione delle competenze fissata dal nuovo Titolo V della Costituzione, che vede queste materie come concorrenti, o si avvantaggia di una regia e un coordinamento a livello dei vari attori che entrano in gioco e intervengono o si rischia, anche in questo caso, di avere una visione parziale e, conseguentemente, di adottare dei provvedimenti e delle scelte specifiche o parziali.
Questo rappresenta l'inquadramento generale del problema, direi l'aspetto essenziale sul quale vorremmo concentrarci affrontando i singoli capitoli, che, come vi ho detto, ritrovate esposti nell'ambito del documento che vi abbiamo consegnato.
Rete Imprese Italia è stata convinta sostenitrice nel tempo di una strategia di sostegno a un modello di sviluppo che veda al centro delle politiche energetiche l'incentivazione delle fonti rinnovabili.
Da questo punto di vista, abbiamo apprezzato lo sforzo del Piano di azione nazionale, che prevedeva come asset importante e come direzione di marcia una scelta più convinta che nel passato sul fronte delle energie rinnovabili. Non abbiamo apprezzato un intervento, invece, che in qualche modo ha innestato una retromarcia: parlo del «quarto conto energia», che interviene retroattivamente su una disciplina sulla quale molte delle imprese che rappresentiamo sul lato dell'offerta avevano compiuto investimenti con una convinzione e una cultura sempre più diffusa da parte del consumatore a muoversi su un terreno di installazione di fonti di energia rinnovabile.
Si tratta, evidentemente, di un intervento che, con la logica del gambero, ha vanificato in buona parte sforzi ed energie che erano state impegnate da imprenditori e cittadini consumatori sul fronte, appunto, dell'installazione del fotovoltaico, i quali sono stati spiazzati da questi interventi che hanno rimesso in gioco la normativa approvata pochi mesi prima.
Percorro queste tappe per dire, sostanzialmente, che la nostra posizione è a favore di un piano energetico stabile, che eventualmente reintervenga anche sulla misura del sistema di incentivazione e di sostegno alle rinnovabili, ma che comunque dia un quadro di certezze agli imprenditori del settore e a chi deve compiere investimenti in quest'ambito, che consenta di pianificare lo sforzo, e quindi comunque di orientare in modo dinamico delle scelte dell'intero sistema produttivo che possano consentire di conseguire gli obiettivi più ambiziosi che stanno più in generale nelle strategie di approvvigionamento diversificate.
In buona sostanza, gli elementi che consideriamo essenziali per le rinnovabili sono i seguenti: evitare di porre tetti quantitativi periodici di potenza installabile per singole tecnologie; fissare delle tappe per la produzione complessiva armonizzando e allineando la redditività delle diverse tecnologie per evitare fenomeni speculativi.
L'aspetto speculativo è uno dei temi maggiormente dibattuti: quando si discute della riforma del sistema incentivante questa


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è una problematica che va tenuta in considerazione, ma, come dicevamo, attraverso una modulazione appropriata ed efficiente del sistema incentivante sulle diverse tecnologie e redditività delle tecnologie.
È essenziale, inoltre, premiare maggiormente gli impianti diffusi di piccola potenza; prevedere e incrementare gli incentivi per l'energia rinnovabile prodotta in presenza di interventi di efficienza energetica. Anche in questo caso, lo dicevamo in premessa, per noi è straordinariamente efficace un piano integrato di interventi e, comunque, un coordinamento complessivo. È chiaro che un sistema incentivante delle energie rinnovabili deve sposare necessariamente interventi di efficientamento perché produce complessivamente una maggiore efficienza di sistema.
L'ultimo punto essenziale è individuare meccanismi di copertura in grado di garantire il giusto trade off tra l'esigenza di sostenere il settore delle rinnovabili e quella di limitare l'impatto dei costi sui consumatori finali di energia.
È chiaro che il problema esiste. Siamo consapevoli del fatto che non può essere gravato il consumatore finale più del necessario di oneri rispetto al finanziamento e alla sostenibilità complessiva di sistema di queste fonti. Per diverso tempo abbiamo sostenuto l'esigenza che fosse spostata sulla fiscalità generale almeno quota parte dell'incentivazione sulle fonti rinnovabili, che è appunto un problema di sistema-paese.
È chiaro, quindi, che un bilanciamento di interessi vada necessariamente fatto, ma soprattutto, rimarco il tema, in un quadro di certezze dato agli operatori del settore.
La necessità di garantire certezze e stabilità al sistema riguarda però anche un altro aspetto: quello del rapporto fra imprese e istituti di credito. Questi investimenti sono, infatti, spesso sostenuti da un ricorso all'accesso al credito e quando ci si rivolge al sistema di finanziamento, si deve farlo essendo in condizione di dimostrare certezze a chi deve sostenere l'investimento.
Da questo punto di vista, a nostro avviso, sarebbe particolarmente importante un sistema pubblico di garanzia - possiamo anche fare riferimento al Fondo centrale - ma comunque a una specializzazione, che non si limiti alla valutazione tradizionale del merito di credito in ordine al soggetto che accede al finanziamento e alla sua solvibilità, ma tenga conto anche delle caratteristiche dell'impianto che si va a installare, e quindi della capacità di ritorno dell'investimento.
A partire dal referendum, di cui non possiamo non registrare l'effetto di un allontanamento della prospettiva del ritorno del nucleare nel nostro Paese, l'incentivazione delle fonti rinnovabili diventa un obiettivo forte, sul quale orientare le energie di modulazione del Piano nazionale energetico.
Dicevo in premessa che uno dei fattori che più rende instabile e poco certo il sistema è la cogestione delle politiche tra i diversi attori istituzionali. La questione del burden sharing e la definizione di un piano complessivo, attraverso il quale diversi enti entrano in gioco, affidando a ciascuno di essi obiettivi coerenti con un quadro di politica nazionale, diventa un fattore essenziale se vogliamo effettivamente conseguire obiettivi significativi. Si tratta, oltretutto, di obiettivi che ci siamo già dati e che sono ambiziosi, i numeri sono certamente non poco significativi: non possiamo che fare in modo che, complessivamente, il sistema li persegua con perseveranza e attenzione.
Tutti gli attori in gioco, dunque, devono operare, anch'essi, in un quadro di certezze sia istituzionali sia di definizione delle rispettive aree di intervento per il conseguimento complessivo dell'obiettivo del 17 per cento di riduzione dei consumi energetici finali.
Torno un attimo indietro perché c'è una questione che forse è bene rimarcare prima di passare all'ultimo tema che affrontiamo in termini complessivi di sistema, che è quello delle reti e poi più in generale dell'efficienza energetica. Mi riferisco al tema della qualificazione degli operatori. Noi abbiamo un sistema di


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regolazione che parte dall'Unione europea e prevede interventi importanti di formazione e qualificazione per gli operatori del settore. Come più volte ci siamo sforzati di dire, dobbiamo fare in modo che questi interventi non si traducano in barriere di accesso degli operatori, ma servano a qualificare le competenze di chi opera in questo settore, che in questo momento molti dei nostri imprenditori stanno autoformando, autogenerando.
C'è, infatti, un processo importante di innovazione delle competenze nell'ambito delle imprese che operano in questo settore, ma comunque c'è sicuramente un ruolo importante che deve essere svolto a sostegno della formazione e della qualificazione professionale.
Spesso questo diventa, invece, l'alibi per sistemi chiusi di qualificazione, che producono delle filiere speculative in cui qualcuno si ritrova a valle, in posizione svantaggiata, in ragione di interessi che stanno a monte. Questo non dovrebbe accadere e, soprattutto, dovrebbe essere compiuto ogni ragionevole sforzo per correggere interventi legislativi o comunque di regolazione che vanno in una direzione poco chiara di orientamento della formazione e della qualificazione.
Sottolineiamo, peraltro, il fatto che mai come in questo settore è importante far riferimento al concetto di sussidiarietà e di mutualità, tenendo conto che quello che le associazioni imprenditoriali possono rivestire in questo tipo di processi è un ruolo essenziale, che stanno peraltro già svolgendo, perché è esigenza delle imprese trovare sul mercato soggetti che accompagnino il processo di qualificazione. Spesso infatti questi sono soggetti associativi e in questo senso ci sentiamo di sostenere un coinvolgimento pieno di questi soggetti nell'ambito di questi processi.
Quanto alle reti, dico che esse non sono neutre rispetto allo sviluppo delle fonti rinnovabili. Un sistema concepito e pensato come passivo per sostenere un concetto più generale di megagenerazione non è più di tanto compatibile e coerente col sistema della generazione diffusa. Noi abbiamo diverse ostilità della rete - consentitemi di chiamarle così - che derivano dai colli di bottiglia, comunque dalle infrastrutture spesso deboli ad accogliere nuovi accessi e nuovi allacciamenti o, per esempio, da un sistema autorizzatorio troppo lento per accompagnare il fenomeno di crescita importante che le rinnovabili hanno.
È chiaro, quindi, che gli interventi sulla rete elettrica e sulle reti, che vadano in una dimensione, appunto, più volte richiamata da tutti i sistemi intelligenti e di monitoraggio continuo, le cosiddette reti dinamiche in grado di sostenere in modo differenziato i carichi e quant'altro, sono condizioni indispensabili per favorire un processo di accreditamento delle energie rinnovabili nel nostro Paese.
Allo stato attuale abbiamo soltanto uno strumento di regolazione che, per esempio, interviene sui ritardi di allacciamento, che è un sistema risarcitorio. Non è un intervento di tipo tecnologico o innovativo sulla rete, ma un «risarcimento» del danno a quell'operatore che subisca un ritardo nell'allacciamento del proprio impianto di rinnovabile alla rete.
Sicuramente, gli indennizzi sono una misura buona e giusta perché, comunque, stimolano l'operatore ad effettuare gli interventi che servono per garantire i tempi certi di allacciamento, ma quello che ribadiamo come dato di analisi è che si sono rivelati insufficienti per risolvere il problema dei ritardi e delle autorizzazioni per gli allacciamenti alle reti.
L'ultimo tema imprescindibile dal ragionamento che vorrei svolgere è quello dell'efficienza energetica. Nessuna incentivazione di fonti alternative o di sistema di produzione alternativo delle energie può da solo raggiungere gli obiettivi ambiziosi che richiamavo in premessa senza un piano importante di razionalizzazione negli usi finali dell'energia.
L'efficienza energetica è un fronte fondamentale che deve accompagnare in una dimensione coordinata e integrata gli interventi. Contemporaneamente, un sistema di incentivazione all'efficienza è quello che ha dimostrato di rispondere meglio anche a una domanda che si è qualificata nel tempo.


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Non parlo soltanto dell'offerta sul fronte dell'efficienza energetica, ma anche della domanda, vale a dire di una crescita della cultura del risparmio energetico da parte del consumatore finale, che deve essere necessariamente assecondata.
Rapidamente richiamo alla vostra mente la misura delle agevolazioni fiscali per l'efficientamento energetico degli edifici (il cosiddetto 55 per cento): riteniamo che quella sia stata una misura positiva e, sotto questo profilo, auspichiamo che si stabilizzino quella metodologia e tipologia di intervento.
Non vi rubo più tempo del necessario. Vi ringrazio nuovamente per averci ascoltato. Siamo a vostra disposizione per le vostre domande, laddove ce ne siano.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SALVATORE MARGIOTTA

PRESIDENTE. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dal rappresentante di Rete Imprese Italia (vedi allegato 1).
Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

ALESSANDRO BRATTI. Vi ringraziamo per l'analisi e anche per qualche suggerimento che avete fornito, che sicuramente sarà tenuto conto nel lavoro che stiamo svolgendo.
Vorrei chiedere anzitutto se avete il polso di quante siano oggi le imprese e comunque gli addetti e il volume di affari del settore che opera nelle rinnovabili e anche nell'efficienza energetica. È noto, infatti, che su queste questioni ci sono tante stime ma è sempre difficile quantificare con esattezza. Dal momento che voi rappresentate un po' tutte le imprese, soprattutto quelle interessate ai settori che ho indicato, sarebbe interessante conoscere il vostro punto di vista.
Inoltre, siccome giustamente ci avete parlato di una serie di operazioni, che sono state fatte a livello governativo, non a livello parlamentare, e che anzi come Parlamento abbiamo subìto, mi riferisco principalmente al percorso che ha accompagnato la predisposizione del quarto conto energia e al suo procedere con la tecnica dello stop and go fino all'emanazione del decreto Romani, che - diciamo - ha creato un po' di perplessità e di difficoltà al sistema. Ora però che il quarto conto energia è stato emesso, vi chiedo: rispetto a questo, a prescindere dalle cose che avete già detto, avete verificato fino in fondo, soprattutto per i piccoli impianti, se quella sul tappeto è una proposta soddisfacente o secondo voi - oltre alla questione del tetto di cui avete già parlato - ci sono altre questioni specifiche su cui eventualmente, anche come Commissione, potremmo lavorare e, utilizzando il vostro contributo, porre all'attenzione del Governo l'esigenza di ulteriori provvedimenti?
Infine, rispetto al sistema del credito, al di là del dell'insicurezza degli incentivi, che credo sia l'aspetto maggiormente valutato dalle banche, vorrei sapere se, sempre dal vostro osservatorio, rispetto a imprenditori o imprese che hanno proposto al sistema creditizio progetti anche innovativi - di solito le nostre banche finanziano solo progetti standardizzati - avete trovato qualche sensibilità particolare a questo riguardo o nella sostanza tutti gli istituti creditizi rispondono allo stesso modo?

ELISABETTA ZAMPARUTTI. Anch'io vi ringrazio moltissimo. Ho apprezzato davvero i contenuti della vostra relazione, che ho trovato di grande ragionevolezza e di cui mi auguro che si faccia davvero tesoro per la redazione della relazione conclusiva del ciclo di audizioni per quest'indagine conoscitiva.
In particolare, condivido la vostra propensione a un'impostazione che valorizzi l'efficienza energetica e il risparmio, la microgenerazione diffusa. È importante anche l'osservazione che avete fatto sulla maggior correttezza che ci sarebbe a sostenere le rinnovabili attraverso la fiscalità generale piuttosto che con gli incentivi. In


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questo senso, anche le organizzazioni internazionali chiedono un approccio di questo tipo, di cui, però, non mi pare si voglia assolutamente tenere conto.
L'unica divergenza che, magari, esprimo rispetto a quanto avete detto riguarda la questione degli incentivi al fotovoltaico. Indubbiamente, il Governo ha proceduto in una maniera maldestra, ma francamente, di fronte a quella sorta di sanatoria introdotta nel cosiddetto «decreto-legge salva Alcoa», che ha fatto esplodere in maniera, a mio avviso, vergognosa la corsa ad accaparrarsi gli incentivi del precedente Conto energia, l'intervento governativo ha comunque creato una situazione di cui si doveva tener conto.
Lo ribadisco, si è intervenuti in maniera maldestra, ma c'è stato una gestione gravissima di queste risorse enormi. Parliamo, infatti, di miliardi di euro, che sono stati letteralmente ipotecati per un settore che io ho forti dubbi abbia i benefici di cui si parla per il nostro Paese.
Proprio a questo proposito, anch'io sono interessata a ricevere da voi informazioni in merito ai dati occupazionali, che se fosse possibile, vi chiederei di illustrare rispetto allo stato dell'attuale filiera italiana, senza fare riferimento alla massa preventivabile degli incentivi futuri perché questo dato rischia di distorcere le informazioni.
Peraltro, io ritengo che ci siano delle potenzialità enormi rispetto alla filiera italiana che, però, rischiano di essere pregiudicate proprio per il modo errato di procedere che purtroppo c'è stato e che credo sia difficile rivedere. Non so se a questo proposito avete anche delle proposte.

PRESIDENTE. Vi pregherei, prima di darvi la parola, di essere rapidissimi e di rispondere per flash - abbiamo ancora due appuntamenti e siamo in nettissimo ritardo - e anch'io voglio mettermi nella falsariga, in particolare, del ragionamento del collega Bratti, meno di quella della collega Zamparutti.
La mia domanda è secca: a vostro avviso, gli ultimi decreti ministeriali - l'ultimo in maniera particolare, il quarto conto energia - hanno davvero portato un gravissimo danno al settore delle imprese, del mondo del lavoro attorno alle fonti rinnovabili? Se sì, quali cose andrebbero secondo voi corrette, se fosse possibile, per ovviare agli eventuali danni prodotti da tali provvedimenti?

BRUNO PANIERI, Direttore delle politiche economiche di Confartigianato imprese. Io risponderei lasciando al collega Tommaso Campanile il dettaglio sul quarto conto energia perché abbiamo, ovviamente, nostre proposte e nostre letture specifiche sul tema.
I numeri sono importanti: abbiamo stimato 85.000 imprese del settore, che ricadono su 150.000 addetti. Da questo punto di vista, però, probabilmente il modo di concepire l'impulso all'occupazione, o comunque allo sviluppo economico, andrebbe visto in un'ottica leggermente diversa.
Interventi nel campo del fotovoltaico, ad esempio, in un contesto di grande distribuzione non generano soltanto l'installazione dell'impianto, ma comunque una riorganizzazione dei processi produttivi del soggetto che interviene e investe, che ovviamente hanno delle ricadute positive in termini di innovazione tecnologica e di addetti o di specializzazioni e di competenze che servono su quell'impianto. È chiaro, quindi, che quella che forniamo è sicuramente una stima per difetto, effettuata su quelle imprese che intervengono direttamente nella fase di installazione o immediatamente a valle della post-vendita.
Per quanto riguarda la domanda sulle banche, quello dell'accesso al credito per questo tipo di investimenti è un problema, da un certo punto di vista, tecnico, dall'altro punto di vista, di cultura delle nostre banche.
Sotto il profilo tecnico, è difficile valutare il merito di credito di un investimento in rinnovabili perché il rientro, e quindi la solvibilità del soggetto che investe,


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è legato essenzialmente alla capacità di rendita di quell'impianto che è data dal sistema di incentivazione. La valutazione dell'investimento, quindi, è un elemento puramente matematico e, purtroppo, questo è un limite perché sono tutti investimenti valutati come se fossero start up d'impresa, dove sostanzialmente c'è un rischio che dipende essenzialmente dal tempo di allaccio e dal momento in cui quell'impianto comincerà a maturare gli incentivi.
Poco si fa per scendere nel merito della valutazione dell'investimento e della sua tipologia sia sotto il profilo tecnologico che dell'immediata conseguenza che ha sull'installato. Come è riportato nel documento e come dicevamo, sarebbe necessario un determinato tipo di intervento di sostegno. Anche in questo caso la lettura spesso è sbagliata: si dice che all'agevolazione degli incentivi si sommerebbe l'agevolazione della garanzia, ma non è così. L'incentivo sviluppa le potenzialità del mercato, la garanzia va a riequilibrare il sistema di fiducia tra operatori, quindi tra banche e mercato, in relazione comunque a investimenti che hanno margini di rischio non immediatamente misurabili sulla base di un «mandamentale» o di uno storico.
Si tratta, quindi, di due interventi di tipo diverso: la garanzia sul finanziamento non è un'agevolazione, ma un intervento pubblico (se la garanzia è pubblica) di riequilibrio del rischio di un sistema, che valuteremo compiutamente negli effetti e nelle ricadute in un medio-lungo periodo.

TOMMASO CAMPANILE, Responsabile del dipartimento competitività e ambiente di CNA. L'emanazione del quarto conto energia ha determinato una situazione per cui dal 10 marzo a oggi le banche hanno bloccato le domande di credito e, quindi, hanno provocato la chiusura dei cantieri e la fine dei lavori anche per quelle imprese che avevano già il finanziamento approvato. Se quindi in passato c'era già poca attenzione da parte del sistema bancario verso questi tipi di investimento, con quest'intervento normativo i finanziamenti bancari si sono semplicemente bloccati.
Oggi le banche prendono tre mesi, sei mesi per effettuare una valutazione che effettivamente non è finanziaria, ma è l'attesa per vedere cosa succederà. Il sistema, quindi, è assolutamente rallentato e gli interventi sono diminuiti drasticamente.

ALESSANDRO BRATTI. Anche dopo l'emanazione del quarto conto energia?

TOMMASO CAMPANILE, Responsabile del dipartimento competitività e ambiente di CNA. Certo, anche dopo la sua emanazione. Approfitto dell'occasione per sottolineare un punto. Il primo, il secondo e il terzo conto energia ci hanno consentito di superare i famosi 8.000 megawatt di installato e di produzione. Noi abbiamo fatto un conto: in soli quattro anni la tecnologia che serve per installare il fotovoltaico ha avuto un costo dimezzato. Non era mai successo in Italia, ma credo neanche nel mondo, per nessun'altra tecnologia.
Il fotovoltaico ha aperto la strada alla generazione diffusa di energia. Nessun'altra tecnologia, neppure sul rinnovabile, ha consentito questo. Esso ha stressato i processi di innovazione e per la prima volta, inoltre, in soli cinque o sei anni, la nascita di imprese in industrie nazionali che stanno colmando il gap che avevamo fino a quattro o cinque anni fa e forse cominciamo anche a esportare. Dacché eravamo importatori totali, infatti, oggi cominciamo anche ad esportare la nostra tecnologia.
Abbiamo avuto un risultato di questo tipo sul piano dell'occupazione e abbiamo inaugurato una strada nuova anche su un altro terreno, che è quello della bilancia dei pagamenti. Gli incentivi sul fotovoltaico costano 2 miliardi l'anno; I CIP6 costano più del doppio. Perché, allora, si immagina di dover continuare a buttare più di 5 miliardi nei CIP6 piuttosto che rivolgerci a un investimento, come il fotovoltaico, in cui si hanno queste ricadute?
Preso atto della volontà del Governo di procedere all'emanazione del quarto conto energia, avevamo proposto al Governo,


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sulla questione della rimodulazione degli incentivi, di togliere il tetto almeno per i piccoli impianti a tetto, che sono quelli che hanno più ricadute rispetto al quadro occupazionale che facevo. La nostra proposta era quindi di rimodulare gli incentivi sulla base dell'effettiva diminuzione del costo della tecnologia, immaginando, però, che il piccolo impianto ha un costo per l'acquisto della tecnologia che cala sicuramente, ma un costo di installazione e di manutenzione che rimane costante nel tempo, mentre per il grande impianto è l'inverso.
Queste erano le proposte che abbiamo avanzato, che abbiamo ancora sul tavolo e che forse anche questa Commissione potrebbe aiutarci a portare avanti. Su questa strada, infatti, riteniamo che non il costo in bolletta, ma l'investimento che si fa sia ancora sopportabile, soprattutto a fronte del fatto che in bolletta abbiamo voci come quella dei CIP6 che, quelle sì, sono un costo a perdere puro e semplice.

ELISABETTA ZAMPARUTTI. Scusi, indubbiamente c'è stato un dimezzamento dei costi legati al fotovoltaico e caleranno ulteriormente. Ribadisco, però, che non capisco il perché di questa richiesta di sovraincentivazione nel momento in cui sappiamo che i costi scenderanno drasticamente nei prossimi anni.
Quanto all'argomentazione sui CIP6, indubbiamente è stata fatta un'operazione scorretta, ma non considero questo un argomento utile per sostenere un'altra operazione che comunque è di incentivazione discutibile.
Vorrei, però, sapere se è stata fatta una valutazione rispetto a quanto altri comparti più promettenti - penso, soprattutto, all'efficienza energetica - avrebbero potuto essere più forti in termini occupazionali se analoghe risorse fossero state destinate lì.

TOMMASO CAMPANILE, Responsabile del dipartimento competitività e ambiente di CNA. Siamo d'accordo, onorevole, sull'efficienza energetica lei sfonda una porta aperta. Volevo solo sottolineare il fatto che le proposte che abbiamo avanzato a suo tempo erano quelle di utilizzare un po' il modello tedesco.
Il modello tedesco - come abbiamo proposto già un anno fa - prevedeva sì la rimodulazione degli incentivi in basso, ma a fronte della diminuzione del costo delle componenti. Ma il provvedimento del Governo, il quarto conto energia, non fa questa rimodulazione, fissa delle cifre in ragione di presunti traguardi e di obiettivi di potenza installata ed è un errore clamoroso.

PRESIDENTE. Vi ringraziamo. Per la verità, sarebbe utile se poteste anche mandarci per iscritto, via e-mail, le considerazioni che sono alla base delle risposte che avete fornito alle nostre domande, assieme alle vostre proposte. Ho trovato molto interessante l'interlocuzione che c'è stata a valle delle domande.

TOMMASO CAMPANILE. Senz'altro. Vi manderemo anche il documento sul quarto conto energia.

PRESIDENTE. Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti di Legacoop e Confedilizia.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle politiche ambientali in relazione alla produzione di energia da fonti rinnovabili, l'audizione di rappresentanti di Legacoop e Confedilizia.
In particolare, per Legacoop è con noi il dottor Vanni Rinaldi, responsabile del settore energia, e per Confedilizia sono presenti l'avvocato Pier Paolo Bosso, consigliere nazionale, e l'avvocato Giovanni Gagliani Caputo, funzionario.
Se siete tutti d'accordo, darei a ciascuno degli auditi dieci minuti, non di più, per l'esposizione della relazione; porremo poi alcune domande, cui seguiranno le risposte degli auditi, dando sempre dieci minuti ciascuno.


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Do la parola al dottor Rinaldi, responsabile del settore energia di Legacoop.

VANNI RINALDI, Responsabile del settore energia di Legacoop. Signor presidente, innanzitutto ringrazio lei e i suoi colleghi deputati a nome della mia organizzazione. Per rimanere decentro i tempi stabiliti, tralascio, avendovi peraltro inviato una documentazione scritta, di ricapitolare la situazione della Lega delle cooperative.
Fornisco alla Commissione solo un dato che può essere utile. Una recente analisi che noi abbiamo svolto con il nostro centro studi ha rilevato un dato aggregato per quanto riguarda i consumi energetici delle nostre circa 15.000 cooperative, segnalando che la bolletta elettrica «aggregata» supera ormai i 500 milioni di euro all'anno. Se a questi aggiungiamo i circa 160 milioni per il gas e il costo dei carburanti, vediamo che le nostre imprese pagano ogni anno più di 1 miliardo di bolletta energetica.
Se vogliamo considerare nel calcolo oltre 8 milioni di soci e, sia pure un po' a spanne, circa 3 milioni di famiglie, andiamo ad aggiungere altri 6-7 terawatt/anno, che compongono un volume alquanto consistente.
Per quanto riguarda la parte che interessa l'agenda di questa Commissione, cioè le energie rinnovabili, segnaliamo, pur avendo in corso una rilevazione specifica, di cui però non abbiamo i dati definitivi, che riteniamo che, direttamente o indirettamente, vi siano coinvolte almeno 1.000 cooperative delle nostre associate e che gli investimenti - prendiamo come riferimento il fotovoltaico perché in questo momento è il settore che ha ricevuto i maggiori incentivi - si aggirino intorno ai 300 milioni di euro, con una ricaduta in termini occupazionali di alcune migliaia di persone.
Sostanzialmente, sia dal lato della domanda, sia da quello dell'offerta di energia, la Lega delle cooperative, oltre ad avere una storia che risale ai primi del Novecento, con le prime cooperative idroelettriche nell'arco alpino, è molto interessata ad entrambi i profili.
Per questo motivo abbiamo accolto con molto interesse la vostra convocazione e vogliamo cercare di impostare, seppur brevemente, con voi un ragionamento che stiamo sviluppando all'interno di alcuni programmi nazionali. Essi riguardano, in particolare, la forma della cooperazione di utenza, che noi riteniamo possa essere una forma attuale e valida, peraltro molto diffusa a livello europeo e anche non europeo, per quanto riguarda la produzione di energie rinnovabili.
Nello specifico, noi abbiamo in corso alcuni programmi con comuni italiani per la realizzazione di cooperative di utenza. Riteniamo che si tratti di una formula particolarmente innovativa, perché consente di rendere «attivi» i cittadini. Inoltre, considerato il risultato del referendum, pensiamo che siano uno strumento di politica utile per quanto riguarda gli obiettivi che sono stati indicati anche in sede europea.
Peraltro, la stessa roadmap dell'Unione europea stabilisce che la partecipazione consapevole e attiva dei consumatori è un elemento importante per raggiungere gli obiettivi, altrimenti il percorso sarà molto più complicato.
Da questo punto di vista, mi permetterei di aggiungere che abbiamo non solo il risultato referendario, che, dal punto di vista della partecipazione, ha dimostrato l'interesse degli italiani nei confronti di questi temi, ma anche la controprova nel milione circa di cittadini che negli ultimi anni hanno utilizzato la misura del 55 per cento e negli oltre 200.000 che hanno utilizzato gli incentivi per il fotovoltaico. Esiste, dunque, un patrimonio sociale che noi riteniamo molto importante per raggiungere gli obiettivi che sono oggetto anche della vostra indagine.
Vengo ad alcune semplici considerazioni che volevamo lasciare alla vostra Commissione. Esse attengono agli ultimi provvedimenti legislativi e al lavoro che si è sviluppato in quest'ultimo anno intorno ai temi delle energie rinnovabili e dell'ambiente.
In particolare, riteniamo che l'esperienza dell'ultimo anno - mi riferisco


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ovviamente alla vicenda del passaggio traumatico dal terzo al quarto conto energia, che alla fine è stato anche utile, o almeno lo speriamo, per raggiungere determinati obiettivi di trade-off tra costi e risultati - abbia dimostrato una cattiva e difficile gestione, che peraltro continua ad avere i suoi effetti.
Mi permetto, infatti, di portare alla vostra attenzione il fatto che tuttora assistiamo a un problema di ingolfamento delle domande presentate rispetto al nuovo strumento burocratico del registro gestito dal GSE a causa della coda lunga della speculazione che veniva da prima e che in questa Commissione, come ho letto recentemente, anche Terna ha stigmatizzato.
Speriamo, quindi, che gli annunci manifestati ancora oggi da parte del Governo per quanto riguarda la Conferenza nazionale dell'energia non siano solo annunci, ma che portino a tenere la Conferenza nei tempi stabiliti. Da questo punto di vista, chiediamo che il Parlamento, anche tramite questa Commissione, si faccia parte attiva nel sollecitare sia il mantenimento dei tempi previsti, sia la consultazione e la partecipazione più larga possibile di tutte le parti interessate.
Noi riteniamo, infatti, che l'esperienza che abbiamo vissuto in quest'ultimo anno sia stata inficiata negativamente dal modo con cui le parti interessate sono state coinvolte. In pratica, si sarebbero potute attuare le iniziative - esisteva il consenso in merito - in una maniera diversa, se si fosse avviato almeno un processo più ordinato.
Da questo punto di vista, la partecipazione, come affermavo prima, non solo dei cittadini, ma di tutte le parti interessate è fondamentale. Per esempio, ci aspettiamo che arrivino i documenti da parte delle regioni nei tempi previsti per il burden sharing. Riteniamo che essi siano fondamentali e che tutte le istituzioni dovrebbero tendere il più possibile al rispetto dei tempi e delle azioni condivise e non arrivare, come abbiamo sentito proprio in questa Commissione per esempio da parte di Terna, a confermare che spesso, invece, sono stati dati «i numeri al lotto». Sarebbe bene, in un tema tanto delicato, che tutti cercassero di mantenere gli impegni e anche una determinata sobrietà.
Per quanto riguarda in particolare il tema del coinvolgimento del sistema imprenditoriale per la creazione possibilmente non di una filiera, ma di più di una filiera - riteniamo che nelle energie rinnovabili ci sia spazio per più di una filiera italiana; non dimentichiamo che l'Italia è stata per decenni all'avanguardia di più di una filiera, dall'idroelettrico al geotermico - sarebbe bene che il coinvolgimento fosse ex ante e non ex post.
Dopodiché, vanno benissimo tutte le misure, come il 10 per cento in più sul conto energia o l'articolo 32 del decreto legislativo n. 28 del 2011, salvo poi tenere conto che la copertura pesa sulle bollette e che sarebbe bene anche non dimenticarsi che ci sono stati e che sussistono tuttora programmi che giacciono e languono, come «Industria 2015», con cui sarebbe bene trovare punti di connessione.
Mi avvio alla conclusione per rientrare nei dieci minuti concessi. Noi consideriamo molto importante anche sollevare con voi in Commissione il tema della stretta interazione fra rinnovabili ed efficientamento energetico. Senza dilungarmi, è evidentissimo a tutti che, viste le scelte compiute, non potremo raggiungere questi obiettivi, se non avremo anche una forte azione di efficienza energetica.
Da questo punto di vista, per esempio, sollecitiamo, se fosse possibile, anche da parte del Parlamento che nelle azioni attuali - ne cito una - del Governo sulle diverse misure di detrazione fiscale che stanno portando avanti le Commissioni messe in campo dal Ministro Tremonti si svolgesse anche una valutazione sui risultati raggiunti grazie alle agevolazioni fiscali per l'efficientamento energetico degli edifici (il cosiddetto «55 per cento» e non solo del fatto che tale provvedimento è costato, ma anche del fatto che ha prodotto o non ha prodotto determinati effetti. Sarebbe utile per poterlo stabilizzare nel tempo.


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Pensiamo anche che, nell'ambito della revisione prevista delle incentivazioni dei certificati bianchi, possa essere utile immaginare forme di coinvolgimento di gruppi di cittadini, ossia la possibilità di fare in modo che tali certificati bianchi possano essere attivati anche direttamente e non solo tramite intermediari dai cittadini.
Chiudo con un'ultima sollecitazione sul tema degli aggregatori. Noi riteniamo che sia fondamentale comunque continuare e accelerare nell'azione di liberalizzazione dei mercati dell'energia e che ci siano esperienze particolari e peculiari nel nostro Paese che andrebbero meglio valutate e supportate.
Tra queste citiamo quella dell'acquirente unico, che è sottoposta in questi tempi a un'azione di infrazione da parte dell'Unione europea. Noi pensiamo che la figura dell'intermediario, quella che ha assunto l'acquirente unico per legge e che tutela i cittadini su un mercato fortemente asimmetrico, oltre che fortemente verticalizzato, come quello dell'energia elettrica, non solo debba essere tutelata, ma possa anche essere replicata.
Ritorno, quindi, all'inizio con la citazione delle cooperative di utenza, che sono state e sono tuttora, dall'America al Nord Europa, uno degli strumenti con cui i cittadini non solo si sono autotutelati sui mercati dell'energia, ma hanno anche svolto azioni innovative e propositive.
Chiudo con una citazione: in America, dove ci sono 40 milioni di soci di cooperative di utenze elettriche, queste ultime stanno aiutando la nascita delle smart grid. Creando gruppi di cittadini organizzati, per esempio, si possono compiere azioni di programmazione del consumo anche di elettrodomestici, che comportano enormi risparmi dal punto di vista delle reti e della produzione e che sono esattamente l'equivalente di ciò che attua Terna, quando elimina le strozzature sulla rete.
Si può agire, dunque, non solo dal lato della produzione, ma anche e soprattutto dal lato della domanda, naturalmente in forma organizzata. In questo senso, lo ripeto, la formula cooperativa può produrre effetti positivi. Grazie.

PRESIDENTE. Do la parola ai rappresentanti di Confedilizia.

PIER PAOLO BOSSO, Consigliere nazionale di Confedilizia. Preliminarmente volevamo ringraziare il presidente e i commissari presenti per la convocazione inviataci per questo importante tema. Noi riteniamo che anche la proprietà immobiliare possa trarre grosse opportunità di valorizzazione dall'utilizzazione del fotovoltaico e che, quindi, gli immobili, oltre che per la loro destinazione naturale, tradizionale e storica di fornire un tetto e un rifugio di investimento finanziario, debbano essere valutati anche in questo senso. Per questo motivo ci stiamo impegnando, per le potenzialità che essi possono esprimere a livello di contributo, per favorire la soluzione del problema energetico.
Oltre agli aspetti positivi che riguardano altre categorie, come l'incremento dei posti di lavoro in uno dei pochi settori in cui sonore c'è sviluppo c'è incremento dei posti di lavoro, l'interesse per la proprietà è evidente sotto un duplice aspetto: le opportunità e l'interesse per il proprietario e il fatto di vedere finalmente gli immobili come una realtà che può dare un suo contributo alla soluzione dei problemi dell'inquinamento.
La tecnologia fotovoltaica è quella, nell'ambito delle rinnovabili, che più si conforma alla proprietà immobiliare e che interessa di più proprio perché noi sosteniamo che ogni tetto, ogni copertura di caseggiati, di ville mono e bifamiliari, di condomini, di capannoni industriali e via elencando sia idonea, purché presenti le caratteristiche tecniche, a essere coperta con pannelli fotovoltaici.
Non parliamo solo di pannelli fotovoltaici tradizionali, ma anche, considerando l'evoluzione delle nuove tecnologie, di coppi fotovoltaici, di tegole fotovoltaiche, di tecnologia a film sottile. Anche le remore che esistevano per i centri storici,


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per i palazzi di pregio architettonico, possono essere superate proprio perché la tecnologia sta compiendo passi da gigante, per fortuna. Sono già in commercio, ma vi arriveranno sempre di più, tecnologie compatibili con ogni tipo di immobile, anche in un contesto urbano.
Il grosso vantaggio dell'utilizzo del fotovoltaico sulle coperture è che innanzitutto esso non sottrae terreno all'agricoltura. Secondariamente, non genera problemi di impatto ambientale. Queste rappresentano del resto le uniche obiezioni che a livello di opinione pubblica si sentono sollevare nei confronti del fotovoltaico. Su paesaggi o ambienti particolarmente pregiati le obiezioni sono che il fotovoltaico potrebbe avere impatti negativi anche a livello di turismo.
Noi sosteniamo, invece, che normalmente i tetti non sono visibili, se non in rari casi, e che i pannelli non hanno impatto ambientale, non sottraggono terreno all'uso agricolo, e, con le nuove tecnologie, anche nei rari casi di obiezioni di tipo paesaggistico o di centro storico questo problema non dovrebbe più sussistere.
Riteniamo che siano da incentivare gli interventi, peraltro anche già intrapresi con il terzo e con il quarto conto energia, diretti a favorire il fotovoltaico su edifici, prioritariamente per quelli destinati ad abitazioni, quindi per utenze domestiche o legate alle attività lavorative, e soprattutto che vada percorsa sempre di più la strada premiante del fotovoltaico cosiddetto integrato, se possibile totalmente integrato, negli edifici, senza alterazioni di carattere estetico.
Pensiamo, inoltre, che debba essere svolta un'opera forte su un settore che probabilmente finora ha risposto molto poco, ossia il condominio. Il condominio presenta, infatti, potenzialità di sviluppo rilevanti anche nel fotovoltaico.
Noi approfondiamo spesso tutte le problematiche giuridiche inerenti e giudichiamo che si debba favorire l'utilizzo del fotovoltaico da parte sia della collettività condominiale, sui tetti e sulle parti comuni, sia dei privati sulle parti comuni, qualora sia possibile e il condominio non decida di svolgere tale intervento collettivamente.
Sappiamo che esistono realtà tecnologiche di impianti di ascensore che possono essere totalmente autofunzionanti a livello di fabbisogno di energetico con una piccolissima copertura fotovoltaica posta sulla base dell'ascensore.
Ciò consente oltretutto di andare anche verso un'esigenza sociale, ossia il fatto di poter generare a livello condominiale un ricavo in termini di incentivi su parti comuni e a favore di utenze comuni - mi riferisco a tutto il vano scala, al vano ascensore e a tutte le utenze collegate alle parti comuni, come illuminazione pubblica, cortile, giardinaggio - che può portare a una riduzione delle spese condominiali proprio perché vi è un ritorno a livello di incentivi in capo alla proprietà.
Essa potrà, ovviamente tenendo conto di ciò, limitare i canoni di locazione o comunque tenere in considerazione il fatto che, oltre ai proventi del canone di locazione, vi sarà un ritorno a livello di incentivi come proprietà e di abbattimento della bolletta energetica condominiale per quanto riguarda gli immobili concessi in locazione.
È un piccolo, modesto contributo, ma di questi tempi anche i piccoli contributi sono rilevanti per risolvere il problema dell'emergenza abitativa e della casa.
Nella relazione sono citati due studi. Il primo è uno studio americano della Duke University, in cui si riferisce che a 16 centesimi di dollaro (12,3 centesimi di euro) a chilowattora è stata raggiunta la parità nel costo di produzione di energia elettrica da fonti nucleari e fotovoltaiche, con la differenza che, a parte il referendum per l'Italia e i problemi giapponesi, i costi della produzione a chilowattora da nucleare sono destinati ad aumentare e quelli a base fotovoltaica a diminuire. La prova è che gli incentivi sono stati ridotti proprio perché i costi di realizzazione degli impianti e di produzione dei pannelli fotovoltaici sono dimezzati rispetto ad alcuni anni fa.


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Inoltre, citiamo un interessante studio della IEA (International Energy Agency) che ha stimato per l'Italia 765 chilometri quadrati circa di tetti, tra residenziale e capannoni, votati all'utilizzazione di pannelli fotovoltaici, oltre a circa 280 chilometri quadrati di facciate verticali di edifici.
Se, paradossalmente, con la bacchetta magica domani tutte queste superfici fossero destinate a fotovoltaico, con interventi diretti da parte dei proprietari o comunque agevolando la locazione di queste superfici a terzi, a imprese o tramite la concessione con diritto di superficie, per consentire, qualora non ci sia un intervento diretto della proprietà, che l'intervento possa essere attuato da compagnie specializzate o da gruppi imprenditoriali, e venissero coperte, l'Italia ricaverebbe il 45 per cento dell'energia elettrica che le serve per il proprio fabbisogno.
Sono numeri significativi e noi riteniamo, quindi, che lo sforzo quantomeno di far passare concettualmente e culturalmente il messaggio per cui ogni edificio ne trarrà un grande interesse, ma dovrà anche dare eticamente un proprio contributo alla soluzione del problema ambientale, sia molto importante. Grazie.

PRESIDENTE. Do la parola ai deputati che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

ALESSANDRO BRATTI. Volevo porre un paio di domande su alcune questioni. Una riguarda il tema interessante delle cooperative di utenza. Volevo cercare di capire come si potrebbero incentivare questi strumenti. Voi avete già compiuto alcune esperienze in giro e, quindi, se riuscissimo ad avere indicazioni concrete per vedere anche da un punto di vista legislativo come si possa favorire la costruzione di queste cooperative, ciò potrebbe essere utile.
Inoltre, rispetto ai rapporti con l'ente pubblico, essendo note tutte le difficoltà che oggi l'ente pubblico incontra nell'investire su qualsiasi tipo di questione, non solo su questi temi, come avete affrontato il tema del Patto di stabilità o altre tematiche che gravano sempre moltissimo sulle decisioni del sistema degli enti pubblici?
Per l'altra questione, invece, non vorrei parlare di fotovoltaico. La nostra è un'audizione che riguarda tutte le rinnovabili, ma alla fine sembra che ci si occupi solo di fotovoltaico. È sicuramente una delle fonti principali, però ce ne sono anche altre che credo possano avere un interesse. Mi riferisco in questo caso soprattutto alle biomasse. Rispetto al tema della cooperazione, come cooperative agricole, che tipo di approccio avete nei confronti di questo tema?
Passo ora alla domanda che volevo rivolgere a Confedilizia. Noi stiamo conducendo un'indagine conoscitiva sulle rinnovabili e non sull'efficienza energetica, però, visto che sono due questioni che credo siano assolutamente collegate - lo sono a tal punto che, come viene calcolato, il 17 per cento del raggiungimento delle rinnovabili tiene conto, se non altro, della stabilizzazione dei consumi energetici, ragion per cui, esiste un riferimento anche indiretto all'efficienza energetica - pongo comunque una domanda sull'efficienza energetica.
Voi, come associazione, rispetto al tema dell'efficienza energetica, che tipo di suggerimento, più che non di idea o di posizione, ci potreste dare, al di là del tema del 55 per cento? In proposito abbiamo assistito a un comportamento schizofrenico del Governo, che, da un lato, l'ha tolto, ma, dall'altro, l'ha reintrodotto seppure con una diminuzione delle agevolazioni e, infine, nella relazione di accompagnamento al recente decreto-legge sviluppo (decreto-legge n. 70 del 2011) si afferma che questo strumento (il 55 per cento) è uno dei più positivi mai realizzati. Non si capisce perché l'avessero tolto oppure perché l'abbiano spalmato in questo modo, rendendolo sicuramente meno appetibile.
Al di là di questa considerazione tutta politica, intravedete altre iniziative o possibilità sul tema dell'efficienza e del risparmio energetico che sul piano della legislazione


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possano essere d'aiuto, oltre evidentemente al 55 per cento e alla defiscalizzazione? Pensate che ci possa essere anche un'altra strada oltre al tema della defiscalizzazione?

ELISABETTA ZAMPARUTTI. Anch'io trovo molto interessante rispetto alla Legacoop il riferimento alle cooperative di utenza. Se c'è un approfondimento su questo tema, sicuramente può esserci utile.
Per quanto riguarda, invece, Confedilizia, volevo sapere se comunque ritenete che il quarto conto energia sia adeguato a sviluppare le potenzialità che avete espresso per quanto riguarda il patrimonio immobiliare italiano in termini di superfici: lo considerate adeguato oppure sbilanciato verso uno sviluppo di fotovoltaico non integrato?
L'altra questione che volevo porre è se avete valutazioni o stime analoghe a quella che avete svolto sul potenziale di fotovoltaico integrato in termini di produzione di energia elettrica anche rispetto, in particolare, all'efficienza energetica ed eventualmente ad altre fonti rinnovabili.

PRESIDENTE. Do la parola al dottor Rinaldi e al dottor Basso per la replica.

VANNI RINALDI, Responsabile del settore energia di Legacoop. Sulle cooperative di utenza credo che sia interessante svolgere brevemente un piccolo excursus.
Le cooperative di utenza nel settore dell'energia esistono dalla fine dell'Ottocento. Sono partite, come raccontavo, con l'idroelettrico nell'arco alpino, ma ne abbiamo avuti anche altri esempi. A Ivrea, ad esempio, Adriano Olivetti fu presidente della prima cooperativa di distribuzione del gas.
La ragione è che esse erano e continuano a essere un modo efficiente di gestire la proprietà e la governance in un mercato che, non a caso, ha seguito un pendolo nel nostro Paese in 150 anni, passando da privato a pubblico, per poi ritornare verso il privato.
La materia energetica è sensibile ai fatti sociali e allo sviluppo di un Paese. In merito non esiste una soluzione unica, ma sicuramente la strada su cui noi siamo incamminati, quella di mercati liberi e competitivi, ha bisogno di soggetti terzi attraverso i quali la tutela del consumatore avvenga ex ante e non ex post, come meritoriamente avviene nelle associazioni di consumatori. Occorre, cioè, che ci sia qualcuno che agisca dentro il mercato, tutelando e rappresentando, ma soprattutto facendo agire nel mercato i propri clienti/soci.
Come controprova, ciò è dimostrato non solo dai casi di successo storici dei 40 milioni delle cooperative di utenza elettrica americana o dal 20 per cento dell'eolico che attualmente in Danimarca è gestito da cooperative di utenti, ma anche dalla semplice e banale questione, testimoniata anche da studi scientifici, che in altri mercati simili a quelli delle utility, per esempio la grande distribuzione, le cooperative, quando hanno operato come hanno fatto in Italia, non solo hanno tutelato gli interessi dei propri soci, ma hanno anche svolto un'azione che ha avuto effetti positivi per tutto il mercato.
Non a caso prima citavo l'esempio dell'acquirente unico, perché è una controprova: l'acquirente unico è sostanzialmente una cooperativa di utenti pubblica in cui 22 milioni di soggetti, tra piccole imprese e consumatori, sono tutelati e intermediati sul mercato. L'effetto è positivo e naturalmente si aggiunge alle prove.
Che cosa si può fare per favorire le cooperative di utenti? Da un punto di vista legislativo si possono attuare diverse iniziative. Non c'è bisogno di incentivi, ma di normative che comprendano e utilizzino questa piattaforma, se la vogliamo definire così.
Porto un esempio per tutti. L'articolo 27 della legge n. 99 del 2010 prevedeva la possibilità dello scambio sul posto virtuale (a proposito, io credo che questo istituto creerebbe un'interazione favorevole con gli enti locali, dato che - è una mia opinione personale - potrebbe anche risolvere uno dei tanti problemi dell'ente pubblico, ovvero porre queste risorse fuori dal perimetro europeo e dal patto di stabilità), ma la


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norma non è attuata. Non ci sono i decreti attuativi, l'Authority non li ha ancora emessi. Esistono dunque barriere normative eliminando le quali si potrebbe facilitare di molto l'operazione.
Le nostre esperienze sono incentrate nei piccoli comuni: Melpignano in Puglia, Pollica nel Cilento, ma anche in Abruzzo e in Emilia, dove la cooperazione di utenza nel settore delle rinnovabili è vista anche come un volano di ripresa del territorio, perché quel territorio stabilizza anche alcuni giovani, distribuisce alcune risorse e, se mi consentite, riprende anche la ragione da cui è nata la logica dell'incentivo.
La logica dell'incentivo era nata, se ricordo bene, dal fatto che il cittadino anticipava per conto dello Stato una spesa e che lo Stato gliela riportava con l'incentivo: se compro il pannello, in definitiva sto compiendo un'azione che aiuta il mio Paese nella transizione energetica, nel raggiungimento degli obiettivi del 20-20-20 e nel rispetto del Protocollo di Kyoto e l'incentivo mi restituisce tale somma, che ritorna nella stessa tasca.
Il fatto che si sia interposta la mano della speculazione è un dato di fatto, ma non era quella la finalità originaria, che era, invece, di avere scambi sul posto e la massima coincidenza possibile fra consumo e autoproduzione. Ciò eliminava anche la distribuzione e il dispacciamento delle eccedenze, che sono anche dispersione, perché la dispersione è eccedenza.
La cooperazione di utenza può dunque essere aiutata con piccoli interventi minimi di facilitazione normativa, soprattutto facendola entrare nella cultura delle istituzioni, non tanto di quelle legislative, quanto di quelle tecniche, le quali, dopo tanti anni, pur avendola conosciuta, non la vedono più come un soggetto utile.
A tal proposito, aggiungo un particolare. Citavo prima la riforma dei certificati bianchi e il fatto che si possa immaginare che il certificato bianco, che è un titolo soggettivo, possa essere «riscosso» da un soggetto collettivo giuridico, come una cooperativa. Pensiamo a una cooperativa di abitanti o anche alla Coop con i suoi milioni di utenti.
Noi abbiamo immaginato un sistema di voucher che il cittadino potrebbe comprare alla Coop, da uno o due euro, con cui annulla, comprando tali voucher, per esempio, la produzione di CO2 che si genera dall'uso del videogioco del figlio.
In tal modo il cittadino svolge un'azione simpaticamente educativa nei confronti del figlio, perché alla cassa gli spiega di aver comprato il voucher che lo farà giocare senza produrre CO2.
Quei soldi potrebbero essere utilizzati in aggiunta a risorse, per esempio, sul territorio dai comuni per azioni relative alle luci pubbliche o ad altre iniziative e potrebbero produrre un ritorno in termini di certificati bianchi a livello collettivo e, quindi, generare un ulteriore volano.
Si possono, dunque, creare sinergie, se si utilizzano soggetti collettivi come le cooperative di utenza, le quali possono aiutare, per esempio, i comuni a generare risorse aggiuntive. Ciò avviene al netto del fatto che noi, come associazione, personalmente stiamo valutando e finanziando le cooperative di utenti, svolgendo la nostra funzione associativa.
Vengo alla domanda sulle biomasse. In merito, la cooperazione agricola è molto impegnata e anche molto confusa, se posso essere sincero. Le normative anche a livello europeo e soprattutto il contesto culturale che ruota intorno alle biomasse sono tali da non rendere giustizia all'importanza delle biomasse stesse.
Porto un esempio per tutti, per rendere più chiaro il concetto, che riguarda il tema del biodiesel. Il biodiesel, da un lato, è demonizzato perché ruba all'agricoltura, ma, dall'altro, mi risulta che aiuti anche, perché come sottoprodotto produce materia prima per i mangimi animali, che sono uno dei grandi capitoli di importazione.
La cooperazione agricola è attenta al tema delle biomasse. C'è bisogno, però, anche in questo caso, di un approfondimento e, se possibile, di un'attenzione all'utilizzo della normativa esistente in una maniera condivisa e intelligente.


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Torno, se me lo consentite, alla questione iniziale. Se non vado errato, esistono 23 decreti ministeriali attuativi che devono essere predisposti. Per le ragioni che abbiamo appena esposto, ossia la complessità della materia e la difficoltà per ognuno di noi di rappresentare l'utilità possibile della propria soggettività in quanto sistema di imprese, sarebbe molto importante che in questo processo fossimo coinvolti effettivamente in tavoli di confronto, affinché le istituzioni preposte possano formarsi un'idea e facilitare il più possibile un processo che è ormai in atto.
Il nostro è un sistema di imprese che si sta muovendo in quella direzione. Non chiede soldi perché ce ne sono già, per essere molto chiari, ma la possibilità di utilizzare tali risorse in maniera utile per quanto riguarda il proprio modo di agire.
Il caso dell'agricoltura è classico: vorremmo evitare che si trasformino cooperative agricole in cooperative di produzione elettrica, perché non ce n'è bisogno. Abbiamo già una sovrapproduzione di energia elettrica.
Vorremmo, invece, mettere a disposizione una rete di produzione e di autoconsumo su territori, con lo scambio virtuale e le reti intelligenti. Esistono norme che facilitano queste iniziative; occorre che si riconoscano il valore dei soggetti che si creano sul territorio, dei consorzi di imprese, e che facilitino questi ed eliminino la mano della speculazione. Ciò si può fare senza bisogno di emanare nuove leggi e senza dover compiere interventi pesanti.

PIER PAOLO BOSSO, Consigliere nazionale di Confedilizia. Quella del risparmio energetico è sicuramente una strada a cui la proprietà immobiliare è molto sensibile.
La situazione di partenza è molto differenziata tra nuove costruzioni, che evidentemente assolvono già ad alcuni requisiti imposti giustamente con finalità di risparmio energetico, e il grosso del patrimonio esistente, dove sussiste il vero problema di garantire livelli adeguati di risparmio energetico.
La nostra osservazione è che ci pensa già il mercato a differenziare. Del resto, chi conosce il mercato immobiliare spicciolo delle locazioni o delle compravendite sa che si vende molto meglio o si affitta molto più facilmente un immobile, abitativo o commerciale, con basso consumo energetico e all'avanguardia con le normative del risparmio energetico, perché ormai le spese condominiali di utenza in fabbricati non adeguati e risalenti nel tempo sono molto alte. I conduttori evidentemente eseguono un conto prima di prendere un immobile in locazione e, oltre alla componente canone, considerano attentamente quale sarà quella delle spese condominiali.
Certamente si affitta molto meglio un immobile a cosiddetto consumo zero, come ormai viene reclamizzato, o con la possibilità di essere costruito che non un immobile con migliaia di euro all'anno di spese condominiali. La proprietà, quindi, nutre un interesse forte in questa riqualificazione.
Il problema, oserei dire, non è neanche della singola proprietà, ma di comparti. Si parla spesso di centri storici. Normalmente, infatti, sono i centri storici che possiedono gli immobili più datati e, quindi, bisognerebbe favorire una messa a nuovo, una rivalutazione del patrimonio immobiliare più datato per allinearlo agli standard di risparmio energetico attuali, con defiscalizzazioni e incentivi ai proprietari, tenendo conto che i proprietari hanno già l'incentivo di fondo, per il fatto che spesso il patrimonio immobiliare, se è degradato o anche se non lo è - magari è anche di pregio, ma con scarsissimo risparmio energetico - difficilmente può essere immesso sul mercato sia per la vendita, sia per la locazione.
Noi siamo tendenzialmente contrari a tutte le forme impositive di obblighi di adeguamento, proprio perché questi obblighi vanno a incidere su situazioni molto differenziate, spesso di patrimonio immobiliare a reddito zero, anzi in molti casi sottozero,


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e, quindi, le imposizioni gravose sono viste non positivamente dal singolo proprietario.
La defiscalizzazione degli interventi è dunque certamente la strada principale. Occorrono manovre di riqualificazione del patrimonio immobiliare nella sua complessità. Si pone un problema di normative regionali, ciascuna delle quali, in modo differenziato, dà adempimento a normative comunitarie: in alcune regioni esiste l'obbligo dell'ACE, l'attestato di certificazione energetica, per poter vendere l'immobile e per poterlo affittare, mentre nella regione a fianco tale obbligo magari non sussiste. Questa situazione genera confusione.
So che è passato alla Camera un progetto di legge su un certificato unico che potrebbe e dovrebbe sostituire forse tutte queste singole settoriali certificazioni e qualificare il singolo immobile dal punto di vista del risparmio energetico, dell'acustica, del benessere, in modo tale che ci sia una carta di identità di questo immobile che sostituisca tutti gli altri adempimenti frammentari e diversificati da regione a regione.
Riteniamo anche noi opportuno, e l'ho inserito nella relazione, il discorso dell'aggregazione di proprietari. Per esempio, si può ipotizzare che a livello comunale possa essere molto facilitata l'autorizzazione in questo caso del fotovoltaico, con un'autorizzazione unica, valida teoricamente per tutto il territorio comunale, consentendo al singolo proprietario di evitare di dover realizzare singole pratiche tecniche, edilizie, urbanistiche e amministrative, ma semplicemente di aderire a un'iniziativa che può coprire tutto il territorio comunale, mettendo a disposizione il proprio tetto per compiere l'intervento in proprio o mettendolo a disposizione del comune o di gruppi imprenditoriali convenzionati con il comune che possano intervenire sui tetti a disposizione, dove non c'è un'iniziativa privata, permettendo un'aggregazione a un'iniziativa ampia e collettiva.
Il quarto conto energia ha evidentemente ridotto proporzionalmente gli incentivi, che comunque erano e rimangono tuttora tra i più interessanti. In effetti, la logica è di allinearlo ai minori costi degli interventi sul fotovoltaico in particolare. Il minor costo degli impianti giustifica e dovrà giustificare - mi riallaccio all'intervento precedente - la ratio degli incentivi, che era quella di aiutare a vincere la diffidenza e l'antieconomicità iniziale degli interventi fotovoltaici, nella prospettiva di una parità nei costi di produzione. Gli incentivi non sono la soluzione, ma un passo per stimolare i primi avventurosi e coraggiosi a partire.
Alcuni studi autorevoli parlano di grid parity già nel 2015. Sono discorsi a venire e a vedere, ma nel momento in cui, complice anche il costo di produzione per ogni chilowattora da fonti tradizionali, si verificherà la parità nel costo di produzione di energia elettrica da fonti tradizionali e da fotovoltaico, paradossalmente gli incentivi non avranno più ragione di esistere. Essi sono finalizzati ad arrivare a quella fase.
Noi riteniamo, in effetti, sufficiente l'incentivo per quanto riguarda il patrimonio edilizio, perché tale settore è stato favorito con incentivi più alti. Soprattutto nel caso di integrazione e di uso, obiettivo che noi riteniamo molto importante, di materiali innovativi sul patrimonio edilizio, gli incentivi salgono proporzionalmente, così come nel caso di bonifiche di coperture ex amianto.
Si tratta di un trattamento già di favore, ma che è fondamentale proprio perché non si tratta del grosso impianto a redditività alta, ma di un impianto a utenza domestica o condominiale che deve avere un incentivo tendenzialmente più alto, perché produce meno volumi ed è destinato all'autoconsumo.
La scienza e il progresso tecnologico faranno la differenza e determineranno l'evoluzione. Certamente bisogna rimanere molto sensibili alle innovazioni tecnologiche, come gli impianti fotovoltaici o solari a concentrazione, che potranno avere ambito anche a livello condominiale, potranno quindi avere dimensioni condominiali, e saranno ancora meno impattanti di


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una copertura di tetto e di altre soluzioni che chi segue un po' questa materia vede anche come avveniristiche. Ad esempio, un'ultimissima invenzione che pare possa arrivare sul mercato tra un anno o due e che deriva da Boston, dal MIT, è quella di un alberello inseribile in un giardino di una villetta monofamiliare. Esso ha le caratteristiche, la connotazione e le dimensioni di un albero, ma le sue singole foglie in realtà innestano un meccanismo di fotosintesi clorofilliana abbinata a un'impostazione fotovoltaica. Tale alberello darà l'autosufficienza energetica alla villetta.
Gli scenari sono quindi molto interessanti. L'importante è continuare a rimanere sul tema e a stare al passo con l'evoluzione.

VANNI RINALDI, Responsabile del settore energia di Legacoop. In America stanno attuando un'iniziativa: alcuni enti locali, gli equivalenti dei nostri enti locali, anticipano per il cittadino il pannello solare e se lo fanno ripagare nell'equivalente dell'ICI, un'iniziativa che potrebbe anche venire incontro alle difficoltà che i comuni incontrano, perché sono spese che sarebbero sempre fuori della famosa questione della contabilità europea.
Ci sono formule innovative che in questo momento stanno emergendo per cercare di smuovere in forma aggregata i cittadini. Senza lo sforzo di coinvolgere i cittadini anche gli incentivi, una volta terminati, non producono di per sé l'effetto di tenere alta l'attenzione. Bisogna sfruttarli finché ci sono. Noi li abbiamo fino al 2016 e, quindi, dobbiamo riuscire a trovare formule che aiutino, facilitino e magari anche copino alcune iniziative.

PIER PAOLO BOSSO, Consigliere nazionale di Confedilizia. Occorre anche tenere conto che il sistema bancario aveva fornito un grosso contributo, proprio perché questi impianti venivano sostenuti con un livello elevato di incentivi e per la certezza del ritorno con la notifica della cessione del credito nei confronti del GSE. È un intervento che, come si suol dire, può essere compiuto da chiunque, sia da chi ha, sia da chi non ha le somme disponibili.
Il problema, come è già stato osservato, è che ci siano regole certe e soprattutto che non ci siano sorprese, altrimenti si verifica il blocco che si è verificato e gli istituti bancari recepiscono immediatamente un messaggio di allarme, ragion per cui il volano che può favorire le iniziative cooperativistiche, associate o individuali a quel punto viene meno.

PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi per la disponibilità e per la documentazione consegnata, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegati 2 e 3).
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16,20.

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