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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione VIII
17.
Martedì 17 gennaio 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Margiotta Salvatore, Presidente ... 2

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE POLITICHE AMBIENTALI IN RELAZIONE ALLA PRODUZIONE DI ENERGIA DA FONTI RINNOVABILI

Audizione di rappresentanti delle società Solon Spa e Seci Energia Spa:

Margiotta Salvatore, Presidente ... 2 7 10 14
Benamati Gianluca (PD) ... 8
Ciliberti Ennio, Direttore generale sviluppo di Seci Energia Spa. ... 6 10 13
Cinti Raimondo, Presidente e amministratore delegato di Seci Energia Spa ... 4 12
Dionisi Armando (UdCpTP) ... 10
Dussin Guido (LNP) ... 7 11
Realacci Ermete (PD) ... 9 10
Swietochowski Wojciech, Presidente e amministratore delegato di Solon Spa ... 2 11
Zamparutti Elisabetta (PD) ... 8

ALLEGATI:
Allegato 1: Documentazione consegnata dai rappresentanti di Solon Spa ... 15
Allegato 2: Documentazione consegnata dai rappresentanti di Seci Energia Spa ... 37
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI.

[Avanti]
COMMISSIONE VIII
AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 17 gennaio 2012


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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SALVATORE MARGIOTTA

La seduta comincia alle 14,30.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti delle società Solon Spa e Seci Energia Spa.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle politiche ambientali in relazione alla produzione di energia da fonti rinnovabili, l'audizione di rappresentanti delle società Solon Spa e Seci Energia Spa.
Ci scusiamo per gli inconvenienti di questa mattina per cui l'audizione è slittata di così tanto nel tempo. Dobbiamo anche scusarci per il fatto che siamo costretti a chiedere il massimo della sintesi perché tra poco saremo costretti a tornare in Aula per votare.
Darei, quindi, subito la parola ai nostri ospiti per lo svolgimento della relazione, cui potranno seguire rapide domande da parte dei colleghi.

WOJCIECH SWIETOCHOWSKI, Presidente e amministratore delegato di Solon Spa. Buongiorno a tutti e grazie per l'invito e l'opportunità di presentare la mia società, Solon Spa, che opera, fra le prime in Italia, nel settore fotovoltaico e che si occupa della produzione di moduli fotovoltaici, della loro distribuzione e anche della costruzione di impianti fotovoltaici sui tetti e a terra.
La nostra società dà impiego a 180 persone nella provincia di Padova, a Carmignano di Brenta. Ricordo che la provincia di Padova è uno dei poli più importanti per quanto riguarda l'industria fotovoltaica in Italia.
Vorrei subito arrivare al dunque, cioè a parlare della profonda crisi che stiamo attraversando - noi e con noi, ovviamente, tante altre società di questo settore, non solamente nella provincia di Padova, ma anche in tutta Italia - e per farlo vorrei seguire quanto contenuto nella documentazione che abbiamo già anticipato a questa Commissione.
Il settore fotovoltaico, in particolare nella provincia di Padova quale maggiore distretto di questo settore in Italia, sta vivendo un momento di grande difficoltà, al punto da mettere a rischio la tenuta occupazionale. Tra diretti e indiretti, il settore occupa nella provincia di Padova circa 5.000 lavoratori.
A oggi risulta incentivata in Italia una potenza di circa 12,7 gigawatt, corrispondenti a un costo annuo di circa 5,5 miliardi di euro. Il decreto ministeriale del 5 maggio 2011 prevedeva un tetto massimo di 6-7 miliardi di euro di incentivazione annua, che si stima possa essere avvicinato entro la fine di quest'anno. In questo contesto, è necessaria una riflessione sugli obiettivi nazionali del settore fotovoltaico.
Va detto che tale settore alla fine degli anni '80 vedeva il nostro Paese in un ruolo


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di leader a livello mondiale per le competenze in materia e lo sviluppo condotto fino ad allora. Successivamente, dagli anni Novanta al 2005, di fatto l'Italia si è fermata a causa di meccanismi ed incentivazioni obsoleti e poco efficaci che non hanno stimolato la crescita delle aziende e hanno permesso ad altri Paesi di assumere ruoli dominanti.
Infine, dal 2005 a oggi ci sono stati diversi modelli di incentivazione, sempre con cambi molto bruschi e imprevedibili per tutto il settore.
La nostra società ha investito in Italia circa 100 milioni di euro per mettere in moto l'intera catena di produzione di moduli fotovoltaici, compresa la produzione di silicio in modo da poter produrre celle. Purtroppo, dopo tre anni vediamo questi investimenti veramente molto a rischio perché non c'è assolutamente certezza sul livello di incentivazione di questo settore per i prossimi due o tre anni.
A questa Commissione vorrei anche sottolineare alcuni dati molto concreti che bisogna utilizzare quando si discute di questo argomento. Non è vero che l'incentivazione di impianti fotovoltaici è un costo aggiuntivo sulla bolletta degli italiani. In fatti, a fronte di 5,1 miliardi di euro di incentivi provenienti dal GSE, allo Stato tornano, ad esempio: 1.804 milioni di euro, pari al 35,4 per cento dell'intero ammontare degli incentivi, tornano allo Stato sotto forma di imposte (IRES, IRAP e IRPEF); 144 milioni di euro tornano allo Stato sotto forma di quote CO2 risparmiate come sistema Paese, ossia per le quali non paghiamo penali; 196 milioni di euro tornano allo Stato sotto forma di maggiore gettito IVA; 1.242 milioni di euro tornano allo Stato sotto forma di minor spesa di gas, carbone e petrolio che l'Italia non deve importare; 52 milioni di euro sono in gettito di imposte derivante dalle attività di manutenzione annuale degli impianti, da cui derivano anche posti di lavoro aggiuntivi.
Inoltre, vi sono, ulteriori entrate fiscali, ad esempio le imposte di registro sui terreni agricoli dove vengono installati gli impianti; c'è il miglioramento della rete elettrica grazie alla costruzione a carico degli investitori privati di nuove cabine primarie e di nuovi allacci elettrici.
Ovviamente, lo sviluppo di questo settore genera anche l'opportunità di attirare molti investimenti stranieri in Italia e permettere alle famiglie italiane e ai piccoli imprenditori di produrre energia da soli, ossia di promuovere un'idea di generazione distribuita, democratica, di energia elettrica, che non è più nelle mani di una o due aziende monopolistiche.
Capirete che, ovviamente, non a tutti piace questo scenario!
Le criticità rilevate nel nostro settore sono le seguenti: mancanza di un piano energetico nazionale e di piani energetici regionali, che potrebbero sostenere fotovoltaico ed energie rinnovabili; difficoltà nella programmazione di nuovi interventi e nuovi investimenti a causa dell'incertezza scaturita dal decreto legislativo n. 28 del 2011 e, in seguito, dal nuovo «Conto energia»; difficoltà di accedere al credito da parte delle aziende per finanziare la realizzazione di nuovi impianti. Le banche ormai non si fidano del settore del fotovoltaico perché sanno che siamo sottoposti a continui cambiamenti normativi e la difficoltà di accesso di credito è un aspetto fondamentale per le imprese del fotovoltaico.
C'è, inoltre, l'aumento del costo del credito richiesto in Italia rispetto ai Paesi concorrenti negli altri Paesi dell'Unione europea. Ovviamente, c'è da tener conto che le imprese cinesi hanno un accesso al credito molto più favorevole rispetto alle imprese italiane!
Infine, c'è la concorrenza da parte delle ditte asiatiche, specialmente cinesi e coreane, che riescono ad arrivare nel mercato a prezzi sottocosto grazie non solo al basso costo del manodopera, ma soprattutto per gli aiuti e supporti statali che ricevono.
Ancor più difficile da contrastare è la capacità da parte delle aziende asiatiche di finanziare la costruzione degli impianti direttamente con le banche asiatiche, condizionando così anche, ovviamente, i prezzi sul mercato italiano.


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L'incertezza dei tempi di erogazione dei contributi da parte del GSE è un ulteriore problema che le nostre imprese sopportano ogni giorno. Occorre considerare, infatti, che la più grande banca nel settore del fotovoltaico è quella rappresentata dai fornitori. Ma il GSE ritarda l'erogazione degli incentivi e l'ENEL aggiunge ritardi nell'allacciamento degli impianti fotovoltaici: in questo scenario, ovviamente, è molto difficile per le imprese offrire un business plan certo al cliente e ottenere un margine per il proprio operato.
Non vorrei dilungarmi troppo su questi argomenti. Lascio agli atti della Commissione anche il documento, come dicevo, sottoscritto insieme con i rappresentati della provincia di Padova. Vi ringrazio molto per l'attenzione e mi auguro di portare buone notizie a breve da distribuire sia nel mondo del fotovoltaico sia ovviamente, all'interno della nostra società, che vive un'enorme tensione a causa di una situazione di crisi finanziaria e un'enorme incertezza per quanto riguarda il proprio immediato futuro: la nostra casa madre ha dichiarato lo stato di pre-insolvenza e non so, sinceramente, quanto sopravvivrà ancora la nostra società italiana.

RAIMONDO CINTI, Presidente e amministratore delegato di Seci Energia Spa. Buongiorno a tutti. Grazie per l'invito e per l'opportunità di offrire una presentazione di cosa facciamo e chi siamo. Noi siamo player di un grande gruppo industriale che nel 2006 da questa secolare esperienza industriale ha inteso iniziare la sua attività nel settore dell'energia e, in particolare, delle fonti rinnovabili.
In cinque anni con la subholding, che raggruppa circa quattordici aziende, siamo presenti in tutti i settori che vanno dalla cogenerazione col termoelettrico al fotovoltaico, al biogas, alle biomasse, all'eolico, all'idroelettrico. Vorrei fare anche un accenno particolare al recupero di energia, a mio giudizio tra le operazioni più virtuose e che debbono, in ogni caso, ricevere la vostra attenzione.
La nostra esperienza ci ha permesso in questi cinque anni di crescere in maniera importante, creando 200 posti di lavoro, con il 60 per cento di dipendenti con meno di 35 anni e l'80 per cento con il massimo grado d'istruzione, a livello di laurea. Nel 2011 consolidiamo circa 300 milioni di euro di giro d'affari.
Troverete tutti questi dati nella documentazione che vi abbiamo lasciato, a vostra disposizione anche per ogni eventuale approfondimento.
A mio avviso, va anche fatto un breve cenno al termoelettrico. Noi stiamo avviando una centrale di cogenerazione con il gruppo Avio. Con il vapore di questa centrale si producono i booster di Ariane e Vega, che servono alla messa in orbita dei nostri satelliti. In questo settore siamo, quindi, attivi.
Vi segnalo che, in riferimento alle centrali a turbogas già esistenti, c'è un grande settore da sviluppare, per il quale, naturalmente, gli investimenti sono già stati fatti, ed è quello del teleriscaldamento, soprattutto nelle zone dove gli inverni sono lunghi e sono necessarie molte ore di riscaldamento. A mio giudizio, sarebbe utile.
Nel settore del fotovoltaico, con la nostra società Enerray abbiamo costruito 133 impianti, ne gestiamo 110, abbiamo fatto esperienza in Italia. Il nostro fine è quello che, nell'ambito della diversificazione e dell'internazionalizzazione, con le esperienze maturate siamo pronti per portarle anche all'estero. Dall'anno scorso siamo attivi, infatti, anche in Turchia e nei Paesi balcanici con altre aziende consorelle.
Nel settore del biogas ci proponiamo di diventare il player italiano che in qualche maniera si contrappone alla cultura che si è formata prettamente in Germania. Abbiamo già 22 impianti installati e, in ottemperanza alla direttiva sui nitrati, che ha naturalmente favorito l'insediamento di questi impianti nelle pianure dove vi sono terreni sensibili, oggi con 70 impianti siamo una delle aziende che cercano di consolidare un know-how per poterlo esportare. In questo particolare settore,


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svolgiamo anche dalla ricerca: stiamo, infatti, ricercando dalla tradizione delle matrici tipiche del nord Europa le matrici mediterranee, che possono essere di maggiore interesse per il nostro Paese e per i territori mediterranei.
Nel settore delle biomasse abbiamo una società, che si sta occupando delle riconversioni degli ex siti saccariferi perché nel nostro gruppo avevamo Eridania Sadam. Qui, nonostante gli accordi con Coldiretti e Consorzi agrari d'Italia e, naturalmente, senza sottrarre terreno al mondo agricolo, dopo sei anni abbiamo avuto purtroppo solo due autorizzazioni a realizzare impianti. Gli iter procedurali sono terribili! Devo segnalarlo perché rappresenta una delle note distoniche in un ciclo che vorremmo fosse virtuoso.
Nel settore eolico stiamo costruendo il nostro primo impianto in Calabria e insieme alla società API nuova energia stiamo cercando di sviluppare attività soprattutto all'estero, per cui cerchiamo anche in questo caso di apprendere il mestiere per portarlo all'estero.
Nel settore idroelettrico - dove ormai in Italia per l'idroelettrico non vi sono più molte opportunità di sfruttamento -, in ottemperanza alla direttiva europea 2009/28/CE e agli accordi di governo italo-serbi, abbiamo costituito una società con la compagnia energetica della Serbia (EPS) per produrre energia sul fiume Ibar che, grazie ai cosiddetti «trasferimenti statistici», potremo tenere in considerazione anche in Italia, ai fini del raggiungimento degli obiettivi nazionali, grazie all'elettrodotto sottomarino che attraversa l'Adriatico partendo dal Montenegro.
C'è un ulteriore aspetto su cui vorrei sottolineare il nostro impegno. Anche in questo caso il processo non si inventa, occorre crescere dall'interno, cercando di dotarsi di tutto il know-how necessario: dall'anno scorso siamo entrati nel settore del recupero energetico, a costo zero, senza impiego di combustibili, senza consumare risorse primarie, tramite la tecnologia ORC.
In questo settore abbiamo messo a punto una tecnologia da noi brevettata, che ha iniziato a produrre turbine di media e piccola dimensione con Exergy. Si tratta di attività che si possono sfruttare utilizzando le fonti di bassa e media entalpia, cioè basso e medio calore, per recuperi industriali, da motori di combustione, dalle biomasse, sorgenti geotermiche ad acqua calda.
In questo settore siamo diventati attivi all'interno di un consorzio internazionale, acquisendo un importante ordine in Turchia per 45 megawatt. Grazie a questa performance abbiamo meritato lo scorso anno il Best geothermal solution provider, massimo riconoscimento della comunità scientifica turca in questo settore. Anche nella geotermia, dunque, ci candidiamo con queste nostre applicazioni tecnologiche, che è possibile utilizzare vantaggiosamente soprattutto nelle situazioni di pozzi esausti (che non hanno più il cosiddetto flash, cioè il vapore di emissione, ma solo l'acqua calda), dove, grazie ai cicli binari, possiamo offrire una risposta efficace in termini di produzione di energia.
È stato, come dicevo, un percorso che in questi anni ci ha portato a consolidare 300 milioni di fatturato da zero, a impiegare circa 200 persone con le caratteristiche che vi ho già detto, ma, soprattutto, vorrei ribadire l'esigenza che questo settore, nel quale abbiamo profuso enormi ricerche e investimenti, richiede un quadro normativo stabile e chiaro, un livello di incentivazione che renda sostenibili progetti, sia correlato all'evoluzione tecnologica, ma soprattutto permetta anche una sostenibilità.
Sapete, infatti, che di questi tempi il sistema bancario richiede per l'accesso al credito oneri veramente alti. Se pensiamo che i titoli pubblici sono al 7 per cento, potete immaginare oggi quale tasso interno di rendimento (IRR) bisogna proporre per ottenere il finanziamento di un progetto. Serve, inoltre, uno sviluppo di infrastrutture coerente con lo sviluppo di settore e una adeguata politica di ricerca.
Vorrei sottolineare, per completare, un caso concreto nel quale mettiamo a disposizione l'esperienza delle nostre consorelle del settore agroalimentare, che è


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quello delle biomasse, un settore che in Italia ancora non ha avuto un sufficiente sviluppo. Inviterei l'ingegnere Ciliberti, esperto del settore, a sintetizzarvelo rapidamente.

ENNIO CILIBERTI, Direttore generale sviluppo di Seci Energia Spa. Il settore delle biomasse si caratterizza come un enorme potenziale per il nostro Paese, evidentemente attraverso l'avvio delle cosiddette filiere agroenergetiche, che comportano una ricaduta positiva in termini economici e occupazionali sui territori in cui sono insediate. Le biomasse rappresentano, inoltre, un'alternativa colturale per il mondo agricolo, permettono una stabilizzazione dei redditi, e quindi una minor sensibilità alle evoluzioni dei prezzi del mercato delle commodity; permettono di ottimizzare l'utilizzo dei sottoprodotti agricoli disponibili in azienda e, non ultimo, possono influire nell'avviare un migliore utilizzo della risorsa forestale, oggi indubbiamente sottoutilizzata, con tutte le problematiche che questo fenomeno di si trascina dietro anche in termini di manutenzione del patrimonio forestale e di dissesto idrogeologico del territorio.
Abbiamo la presunzione di dire che 70 anni e oltre di esperienza nel settore agroindustriale, quindi di profonda conoscenza di tutti gli attori che la rappresentano, ci abbiano consentito di mettere a punto un modello di business innovativo rispetto a quello che è stato il rapporto fino a oggi di mera fornitura di una materia prima.
Le filiere agroenergetiche possono funzionare solo nel momento in cui diventano uno strumento di condivisione dei benefici stessi della filiera, per cui il ragionamento da cui siamo partiti è che tutti i soggetti appartenenti alla filiera sono paritetici, che il beneficio derivante dall'incentivo specifico dato alla filiera viene suddiviso tra i vari attori, che quindi all'agricoltore debba essere riconosciuta la copertura dei suoi costi di produzione, che non sempre il mercato garantisce, con in più un margine di guadagno che dal lato industriale, del trasformatore, premia la fidelizzazione, da parte dell'agricoltore, invece, premia una marginalità minima che può essergli riconosciuta.
L'altro elemento importante è che gli aspetti colturali devono essere condivisi con chi conosce il territorio, quindi con le organizzazioni agricole. Questo è assolutamente importante nel momento in cui ci inseriamo in un contesto di coltivazioni specifiche territoriali, per cui occorre un equilibrio quando sono sviluppate.
A seguito di questo modello di business abbiamo sottoscritto il primo accordo di filiera, riconosciuto in Italia dal Ministro delle politiche agricole, con Coldiretti e Consorzi agrari d'Italia, finalizzato, appunto, all'alimentazione dei costruendi - speriamo - impianti legati alla riconversione saccarifera.
È evidente che l'ultimo elemento - e concludo in modo da lasciare spazio a eventuali vostre domande - uno dei grandi temi oggi in discussione, è il famoso discorso della sottrazione di superficie agricola al food nel momento in cui sono realizzate filiere agroenergetiche.
Al riguardo fornisco solo due dati, sicuramente già in vostro possesso: la superficie agricola utile in Italia è di circa 12,8 milioni di ettari, la seminativa circa 7,4 milioni di ettari. Se ipotizzassimo il raggiungimento degli obiettivi del PAN 2020 per il biogas e le biomasse, quindi la parte integrativa rispetto alla situazione attuale, da realizzare tutta con coltivazioni, quindi senza ipotizzare utilizzo di sottoprodotti o di materiale proveniente da attività forestali - stiamo parlando della condizione di stress - in Italia servirebbero 230 mila ettari, 90 mila ettari circa per il biogas e 140 mila ettari circa per la parte biomassa da combustione.
Ebbene, questi numeri rappresentano soltanto l'1,8 per cento della superficie agricola utile nazionale e il 3,3 per cento di quella seminativa. Dunque, per carità, si tratta di grandezze che sicuramente hanno un impatto, ma non possiamo pensare che sia questo dato che può modificare le dinamiche di mercato.
Oltretutto, va tenuto presente che nella realtà, per quanto concerne le biomasse da


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combustione, i progetti che normalmente si portano avanti puntano su modalità di coltivazione a medio-lungo termine, quindi short rotation o medium rotation di pioppeti o di eucalipti, normalmente realizzate su terreni che non erano destinati a coltivazioni agricole, ma prevalentemente di tipo marginale.
Ribadisco che a questo c'è da aggiungere che una parte potrà essere utilizzata attraverso biomassa di carattere forestale. Si tratta, quindi, di una grande potenzialità per il nostro territorio, che deve essere usata con intelligenza, naturalmente, come tutto, ma riteniamo che debba essere presa in considerazione.
Purtroppo, nei provvedimenti normativi che in questi giorni si stanno adottando la biomassa non è riconosciuta come una peculiarità rispetto alle altre fonti rinnovabili. Non dobbiamo dimenticare, tuttavia, che la biomassa è l'unica materia prima che ha un costo di produzione. Sole, vento, acqua, Dio volendo, ci sono dati dalla natura; la biomassa deve essere prodotta, quindi ha costi di produzione, con dinamiche inflattive legate alla loro evoluzione.
È molto difficile pensare di definire delle tariffe flat che devono durare vent'anni e che non siano minimamente correlate con l'evoluzione dei costi di produzione che, a nostro avviso, non sono dati dal tasso inflattivo, ma sono devono essere individuati in parametri più tecnici e specifici, come quelli degli indicatori che ISMEA tutti gli anni pubblica sui parametri fondamentali dei costi di produzione.

PRESIDENTE. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dai rappresentanti di Solon Spa (vedi allegato 1) e di Seci Energia Spa (vedi allegato 2).
Do la parola ai deputati che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

GUIDO DUSSIN. Ringrazio per la presenza la Solon Spa, che ha rappresentato molto bene una situazione che non è solo padovana, ma anche veneta e, per quanto riguarda la produzione di energia da fotovoltaico, dell'intero nostro Paese.
Ricordo che, a suo tempo, quando avevamo esaminato lo schema di decreto legislativo di recepimento della direttiva europea per la promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili avevamo redatto un parere condiviso sia dalla nostra che dalla X Commissione. Voglio altresì ricordare, dato che ero relatore su quel provvedimento, che il parere fu portato avanti all'unanimità e che esso diceva cose importanti proprio sulle energie rinnovabili e sul fotovoltaico in particolare. Oggi, io chiedo a tutti i colleghi di ripristinare, come Commissione ambiente, quello spirito che allora aveva fatto sì che anche noi deputati della maggioranza in seno alla Commissione «andassimo contro» i ministri del Governo allora in carica (noi, che allora eravamo la maggioranza parlamentare, siamo andati contro i nostri ministri!).
Credo che oggi sia importante ripristinare quello spirito di verità che tutti avevamo condiviso in quella occasione, se davvero vogliamo riuscire a difendere le aziende di questo settore produttivo, ma soprattutto un indirizzo politico, ossia quello di portare il nostro Paese verso le fonti rinnovabili, che rappresentano sicuramente il futuro.
Mi pare che i numeri rappresentati da Solon Spa vadano anche a favore dello Stato centrale, ma devo dire che i ministri del precedente Governo non l'hanno capito: spero lo capiscano quelli dell'attuale Governo.
È chiaro che il Ministro dell'ambiente Clini oggi si trova anche lui, in un certo senso, nelle mani del Ministro dell'economia. Sta, quindi, a noi commissari convincere l'intero Governo ad andare in una certa direzione. Ribadisco che non credo sia un problema del Ministro dell'ambiente, il dubbio è che a comandare il settore delle energie rinnovabili siano anche nell'attuale Governo il Ministero dell'economia e il Ministero dello sviluppo economico.


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Non ho, quindi, nulla da chiedere in particolare. La mia era solo una richiesta che rivolgevo a tutti i colleghi deputati, facendomi interprete delle cose dette dai rappresentanti della Solon Spa, che ringrazio nuovamente assieme come ringrazio i rappresentanti delle altre aziende che hanno partecipato.

GIANLUCA BENAMATI. Io ho solo due domande di merito da porre, ma voglio dire anche che le considerazioni che faceva il collega Guido Dussin sono in certa misura condivisibili e che questo settore ha sicuramente bisogno di stabilità negli incentivi e di certezze nella fase di autorizzazione. Lo ha abbiamo riscontrato da ciascuno dei soggetti auditi nel corso dell'indagine conoscitiva come questi siano elementi fondamentali per garantire gli investimenti, e quindi la produzione e una filiera di lavoro in Italia.
Dicevo due che vorrei porre due semplici domande, la prima delle quali deriva da una cosa detta dai rappresentanti della Solon Spa. Sono stato colpito, infatti, dalla riflessione, non sentita nel corso delle precedenti audizioni, secondo la quale, rispetto alla realizzazione degli impianti di energia da fonti rinnovabili, oltre, ovviamente, a una penetrazione di prodotti dall'Estremo e dal Vicino Oriente, ci sarebbe anche una componente finanziaria pesante di penetrazione economica di istituti asiatici che fanno da supporto per gli investimenti dei gruppi industriali provenienti da quelle aree geografiche. Francamente, vorrei capire, se ci sono degli elementi concreti circa le dimensioni di questo fenomeno finanziario che, almeno per me, rappresenta una novità e che non avevo ancora in questa sede individuato in questa forma.
Per il gruppo Seci-Maccaferri ho, invece, una domanda molto semplice rispetto alle attività di risparmio energetico che sono condotte dalle loro aziende. Vedo che sono richiamata anche delle soluzioni innovative per le fonti e le sorgenti a bassa intensità e quindi chiedo: che tipo di intervento a supporto di queste attività individuereste in questo caso? È chiaro, infatti, che, mentre la produzione è un valore quantificabile e incentivabile, il risparmio è già di per sé tale per la collettività e per il produttore, ma è più difficilmente agevolabile, benché sia un comunque un aspetto importante.
Inoltre, da uomo di montagna, porrei questo tema. Nella discussione tra la filiera della produzione di energia da biomassa (proveniente da produzione agricola in territori marginali, ma anche in ambienti in cui si interferisce con il prodotto di pregio, non è questo ora il punto) e la filiera del legno vera e propria c'è una accesa diatriba in corso. Riguardo a questo vi chiedo: sul discorso della filiera del legno, quindi del bosco, quale esperienza avete e quali consigli potreste dare considerando anche che - come il collega Guido Dussin ricorda bene - con il decreto legislativo a cui faceva riferimento (n. 28 del 2011), per la prima volta è stata incentivata anche la parte che riguarda la produzione di calore, per l'uso delle biomasse è estremamente significativa?

ELISABETTA ZAMPARUTTI. Credo che come Commissione ambiente, ma credo che valga anche per voi che operate nel settore, dobbiamo tenere presente che il nostro è un Paese in cui nel settore elettrico la capacità installata è superiore al picco della domanda di elettricità. Principalmente, quindi, il nostro Paese dovrebbe lavorare sul fronte dell'efficientamento più che sull'aumento ulteriore di produzione di elettricità, già, appunto, sovrabbondante.
Da questo punto di vista, ho trovato molto interessante la relazione della Seci Energia Spa e mi interesserebbe capire che cosa vi aspettate, soprattutto per quanto riguarda il possibile aiuto al settore del recupero del calore.
Per quanto riguarda, invece, il fotovoltaico, dissento dal collega Guido Dussin. Io sono radicale e ho sempre pensato che il sistema di incentivazione al fotovoltaico deciso dal nostro Paese fosse profondamente sbagliato perché eccessivo per un Paese che, a differenza della Germania o della Cina, non si era preparato sviluppando


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adeguatamente una specifica filiera industriale. Tanto è vero che nell'ultimo anno, infatti, dal settembre 2010 al settembre 2011, abbiamo importato apparati per il fotovoltaico per 11 miliardi di euro: una cifra folle che il nostro Paese, in una situazione di estrema difficoltà, quale quella in cui si trova, non credo si possa e si debba ulteriormente permettere.
È chiaro poi che, nel momento in cui si destinano miliardi di euro in un comparto, quel comparto cresce e in termini di rientro da IVA, IRAP o IRES c'è un ritorno, ma teniamo conto di quello che è stato l'investimento in quel comparto che io continuo, quindi, a non considerarlo utile per la struttura industriale e produttiva del nostro Paese.
Quanto alle difficoltà in termini di iter burocratici, dobbiamo anche tenere presente quanto la sovraincentivazione abbia determinato un'esplosione di domande, rispetto alle quali le stesse amministrazioni locali si sono trovate in grande difficoltà. Sono, quindi, contraria anche a una semplificazione degli iter procedurali, che anzi, proprio per l'impatto in termini paesaggistici e ambientali che la realizzazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili elettriche hanno, necessitano di rigorosi controlli. Semmai, dunque, è un riequilibrio del sistema di incentivazione che può portare a razionalizzare anche i tempi degli iter burocratici.

ERMETE REALACCI. Dopo l'ultimo intervento, mi verrebbe da chiedere: è nato prima l'uovo o la gallina? Io penso, infatti, al contrario della collega Zamparutti, che se semplificassimo gli iter burocratici, allora potremmo anche abbassare gli incentivi. Spesso, infatti, gli incentivi monetizzano proprio la lungaggine degli iter burocratici. Un Paese civile dovrebbe garantire certezza del diritto e uso razionale delle risorse. L'inverso a me sembra un po' perverso.
Sulla vicenda della Solon Spa, voglio dire che per me è chiaro che l'obiettivo che in Italia dobbiamo porci è di accompagnare tutte le attività legate alla produzione di energia da fonti rinnovabili a un pieno ingresso del mercato: per questo, mi incuriosiva sentire anche Moncada perché quell'azienda ha annunciato più volte che, a suo avviso, avrebbe raggiunto la grid parity nel 2013, il che mi sembra un obiettivo abbastanza ambizioso.
Vorrei capire, sotto questo profilo, qual è il vostro punto di vista sapendo che l'Italia oramai spende sul fotovoltaico quasi quanto la Germania e il paradosso è che anche se - come avete detto - i conti sarebbero favorevoli per lo Stato, per i cittadini i conti non lo sono affatto. Questi, infatti, pagano in bolletta il costo dell'incentivazione mentre lo Stato incassa risorse aggiuntive in termini di entrate fiscali.
Ovviamente, invece, ha ragione la collega Zamparutti sul fatto che l'Italia dovrebbe dotarsi in tutti i segmenti del settore - in qualche segmento ce l'ha - di un'autonomia dal punto di vista della filiera produttiva. Ce l'ha, ad esempio, nell'inverter, di cui siamo un Paese esportatore; non ce l'ha, invece, per quanto riguarda una parte della componentistica del fotovoltaico e lì un'esperienza come quella di Solon Spa è sicuramente importante.
Al gruppo Seci-Maccafferri vorrei dire, con franchezza, che credo che nel lavoro che sta cercando di fare, ma dobbiamo mettere dei picchetti chiari per sviluppare le fonti rinnovabili dicendo, ad esempio, che devono avere la caratteristica di uno scarso impatto paesaggistico e sul territorio e che gli incentivi devono avere come scopo l'accompagnamento verso la piena competitività del settore.
Quanto alla riconversione saccarifera, di cui avete parlato, lì c'è una partita complicata - lo dico onestamente - perché avete, sostanzialmente, dei «crediti pregressi», per così dire, sulla chiusura del settore saccarifero che «violentano» un po' quello che sarebbe un ragionamento standard sulla partita delle biomasse. Ci sono state, infatti, delle promesse, sono stati presi degli impegni, di cui non conosco esattamente la natura, ma capisco che ci siano dei problemi.


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ENNIO CILIBERTI, Direttore generale sviluppo di Seci Energia Spa. Ci sono accordi precisi.

ERMETE REALACCI. Esatto. Ci sono quindi problemi anche territorialmente sensibili. Non sottovaluterei, però, il discorso legato alla destinazione food delle attività agricole. C'è già, infatti, oggi nella pianura padana una tendenza a usare il mais per alimentare impianti di biogas. Richiamo quest'esempio, ma ogni zona d'Italia ha le sue caratteristiche, nella pianura padana, dicevo, c'è un grande bisogno di impianti di biogas che tuttavia sappiano prendere due piccioni con una fava, che ottengano cioè anche l'effetto di ridurre l'impatto dei grandi allevamenti in termini di abbattimento dei nitrati, che come sappiamo è un problema di enorme serietà per il nostro Paese. Siamo, infatti, in continua procedura di infrazione e ogni anno, anche questo sicuramente, deroghiamo alla direttiva nitrati e se l'applicassimo in maniera rigida, dovremmo chiudere un punto forte della nostra economia, cioè i grandi allevamenti della pianura padana.
Qui c'è dunque un bisogno enorme d'impianti, ma con certe caratteristiche e senza una pianificazione e una lettura corretta dell'incentivazione - qui abbiamo un sottosegretario molto competente in materia e sono certo che butterà un occhio quando si tratterà di scrivere i decreti - stiamo già correndo il rischio che si realizzino impianti alimentati con il food, con il mais e così via.
E c'è bisogno di pianificazione e di una lettura corretta dell'incentivazione anche per quel che riguarda le dimensioni di questi impianti, che, infatti, anche quando sono singolarmente corrette (ad esempio al di sotto di 1 megawatt), andrebbero considerate unitariamente, sotto il profilo della loro quantità in un determinato territorio. Spesso abbiamo, infatti, impianti di dimensione corretta, ma se nello stesso territorio, anziché un impianto, ce ne sono 5, alla fine della fiera il risultato è comunque negativo.
So bene, dunque, che certe questioni non dipendono da voi, ma dalle regole e dalla capacità delle istituzioni pubbliche di farle rispettare, però invito anche voi ad una grande sensibilità perché quello è un fronte critico. Potrebbe accadere, infatti, a un certo punto, che si arrivi ad una chiusura dei rubinetti degli incentivi causata da politiche che non sono state lungimiranti.

ARMANDO DIONISI. Vorrei porre alla Seci del gruppo Maccaferri una questione sui progetti che riguardano soprattutto la PowerCrop, che tra l'altro interessa vaste aree del Paese. La chiusura degli zuccherifici, come sappiamo, è stata una delle operazioni per la riduzione della produzione imposta dall'Unione europea. Essa ha di fatto creato grossi problemi su alcune aree importanti del nostro Paese, non soltanto nella pianura padana, ma, ad esempio, anche nelle Marche.
Tra l'altro, su questo progetto, che non è solo l'utilizzazione delle aree dedicate alla barbabietola da zucchero, ma mi pare anche l'uso delle biomasse di derivazione forestale, ho sentito che si è creata anche una nuova sinergia tra agricoltura e industria. Vorrei capire, però, dove, in merito al riferimento che lei ha fatto, si bloccano i procedimenti autorizzatori. Credo, infatti, che al legislatore competa rimuovere gli ostacoli alle autorizzazioni.

PRESIDENTE. Mi rivolgo alla Seci, in particolare per quanto riguarda le biomasse. Condivido che ci sarebbe una potenzialità enorme da sfruttare e il discorso sulle difficoltà che esistono in Italia per motivi i più vari rispetto alla realizzazione di impianti a biomasse.
Vorrei chiedere, dunque, alla Seci di approfittare della presenza dell'ottimo sottosegretario Fanelli per dire molto sinteticamente cosa, a loro parere, dovrebbe fare il Governo per il rilancio delle attività che riguardano le centrali a biomasse.
Do la parola ai rappresentanti di Solon Spa e di Seci Energia Spa per una breve replica.


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WOJCIECH SWIETOCHOWSKI, Presidente e amministratore delegato di Solon Spa. Grazie per le vostre domande. Rispondo subito alla prima domanda sul finanziamento delle opere fotovoltaiche.
Innanzitutto, le imprese che operano in Cina hanno accesso a un costo molto basso del credito per produrre i moduli fotovoltaici. Sono per questo, ovviamente, molto più competitivi sui mercati esteri, specialmente sul mercato italiano, rispetto al produttore italiano locale, che dà lavoro qui agli italiani. Quest'operatore, infatti, in Italia deve accedere a un credito molto più costoso o addirittura non lo riceve affatto dalle banche locali.
Inoltre, un investitore oppure una ditta cinesi che producono moduli e li vendono sul mercato italiano sono in grado di offrire a un potenziale investitore che decide di realizzare un impianto fotovoltaico a terra o sul tetto nel pacchetto una fornitura di moduli fotovoltaici e anche di credito per la realizzazione dell'impianto stesso.
Un operatore italiano per vendere un impianto deve prima prefinanziare con i propri mezzi tutto l'impianto, che la banca finanzia solamente quando è allacciato e funzionante. Questo significa in concreto che solo dopo almeno 180 giorni, a volte anche dopo 12 mesi, cioè 365 giorni, che pesano sulle spalle del produttore di moduli fotovoltaici o IPC italiano, forse si va all'incasso. E non mi dilungo neanche nello spiegare cosa vuol dire recuperare credito in Italia se un cliente non paga!

GUIDO DUSSIN. Scusi, ingegnere, ma siccome è presente un rappresentante del Governo, vorrei sottolineare questo che mi pare debba essere un elemento da valutare attentamente da parte del Governo. C'è infatti una fiscalità di vantaggio da parte di questi Paesi per venire ad aggredire la nostra economia e noi siamo costretti a mettere in cassa integrazione i nostri lavoratori. Su questo dovremmo lavorare in qualche maniera.
Vorrei dire, inoltre, che la relazione della Solon Spa mette in chiaro a tutti quello che sta avvenendo, in questo come in altri settori. È stato distrutto il settore tessile e altri e qui siamo nella stessa condizione. Penso che per meriti ambientali potremmo intervenire - dico di chiamarli proprio meriti ambientali - sulle importazioni e i prodotti che arrivano da noi. I numeri che ci sta rappresentando la Solon Spa sono chiari sotto tutti i punti di vista, come quello finanziario, ma anche sugli incentivi dati in modo scorretto per venire ad aggredire i nostri mercati.

WOJCIECH SWIETOCHOWSKI, Presidente e amministratore delegato di Solon Spa. Vorrei rispondere anche alla domanda dell'onorevole Zamparutti, che ringrazio, con numeri alla mano. L'incentivazione è, a suo avviso, esagerata: le dico solamente che è esattamente uguale a quella tedesca, minore di quella francese degli anni passati, di quella spagnola e di quella ceca, che purtroppo sono finite adesso bloccando completamente il settore.
Il costo del sistema in Italia è molto maggiore rispetto ad altri Paesi e per questo è, ovviamente, giustificato un incentivo leggermente più alto, ma, con numeri alla mano, quest'incentivazione ha permesso investimenti complessivi di 40 miliardi di euro in Italia, dato impiego e ancora lo dà a 100.000 persone in Italia.
Essere efficienti vuol dire produrre energia molto vicino al luogo del consumo: 12,7 gigawatt costruiti in cinque anni in Italia corrispondono a 12 centrali ENEL. Sono state costruite da piccoli investitori, da piccole aziende che operano in questo settore e questi impianti, circa 330 mila, sono stati per lo più costruiti su tetti residenziali e industriali e producono energia lì dove viene consumata. La parte della speculazione è veramente marginale. Infine, questi incentivi sono stati abbassati continuamente e, secondo il «Quarto conto energia», sono ancora abbassati, per cui il costo diminuirà.
Direi anche che il costo di non fare, di non incentivare in Italia sarebbe molto più elevato. Si stimano circa 45 miliardi di euro di costi derivati da alluvioni, siccità e altri disastri ambientali oppure penali che


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l'Italia dovrebbe pagare alla Commissione europea.
Per quanto riguarda la grid parity, abbiamo bisogno almeno di altri due o tre anni di incentivazione del fotovoltaico e poi avremo raggiunto esattamente quello per cui questa serviva, ossia la competitività della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, specialmente quella del fotovoltaico.
Ovviamente, a qualcuno può non piacere il fatto che con il fotovoltaico si possa ottenere energia a costo più basso rispetto a quella prodotta da fonti fossili, ma dico anche che si tratterà sempre di un mix ragionevole, 10, 20 o 30 per cento da energie rinnovabili e il resto da fonti fossili, per cui non vedo neanche concorrenza tra queste fonti energetiche. Tuttavia, bisogna veramente permettere a questo settore di arrivare a questa grid parity per poi essere competitivi secondo le regole del mercato.

RAIMONDO CINTI, Presidente e amministratore delegato di Seci Energia Spa. Lo spirito con cui ci siamo presentati era più che altro quello di mostrarvi un piccolo modello, ossia lo sforzo di questi nostri cinque anni di mettere in piedi un approccio abbastanza sistemico, organico, proprio nell'ambito della diversificazione produttiva.
Legittimamente, Solon parla di fotovoltaico: anche noi realizziamo fotovoltaico e, chiaramente, ne traiamo delle condizioni, ma nel nostro modello di business c'è stato fin dall'inizio di cogliere le opportunità, quelle che un gruppo industriale impari un mestiere e diventi in seguito un player, un operatore che può andare sul mercato liberamente. L'altro importante concetto è quello dell'internazionalizzazione: non esiste più il mercato italiano, ormai esiste il mercato globale, c'è poco da fare, nel bene e nel male.
Un gruppo industriale deve riuscire a costruire, saper fare, avere un know-how, dei prodotti. Questa è stata la nostra corsa disperata per recuperare il tempo perduto. Oggi con una certa soddisfazione possiamo dire, ad esempio, che nel risparmio energetico, nel recupero di energia in senso lato siamo in grado di produrre le nostre turbine con dei brevetti protetti da noi e che il Politecnico di Milano ci ha certificato avere un rendimento migliorativo del 4 per cento. È la scuola del professor Angelini, che in Italia si sta conoscendo. Fortunatamente, abbiamo messo insieme una serie di risorse e oggi ci candidiamo sul mercato.
La Turboden, nostra concorrente, è diventata americana, acquisita da Pratt & Whitney. Noi vogliamo costruirci un ruolo. Oggi siamo in grado di farlo e siamo entrati nella geotermia insieme a un grande player internazionale perché non ne avevamo la forza di fare da soli. Abbiamo fatto bene, abbiamo vinto la gara, ci hanno dato un riconoscimento, e quindi crediamo che sia un settore valido.
Cos'è, quindi, importante? Abbiamo operato con il decreto legislativo n. 28 del 2011 cercando di essere aderenti ai princìpi normativi e al recepimento della direttiva europea con tutti gli obiettivi comunitari, siamo intervenuti anche all'estero, ad esempio nell'idroelettrico, per trarne dei benefici ma concorrendo anche al conseguimento degli obiettivi dell'Italia: vogliamo pagare sanzioni per il mancato raggiungimento degli obiettivi europei o vogliamo migliorare?
Le fonti rinnovabili hanno introdotto o introdurranno o stanno introducendo - qui ognuno sui tempi può dirmi a che punto siamo meglio di me - quel processo che nell'informatica ci ha portato dei grandi centri di calcolo all'informatica distribuita. Oggi ognuno di noi elabora un valore aggiunto per i quali una volta, invece, servivano dei grandi centri.
Allora, vede, onorevole Zamparutti, quando lei dice che abbiamo sufficiente capacità installata ha perfettamente ragione, ma è una struttura che forse dovrà essere modificata. Quanto meno nella previsione sappiamo benissimo che la nostra crisi demografica non ci chiederà molta più energia, ma una diversificazione della torta. Non avremo, cioè, più quell'energia fossile che oggi è ancora il 90 per cento e


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la nostra bilancia dei pagamenti deve pagarla perché la sostanzialmente importiamo.
È evidente che, che dovremmo usare il granum salis per non farne solamente una forma di speculazione e di investimento, ma chi fa industria non fa il finanziere, deve creare un valore, quel valore che deve mettere a patrimonio sui mercati. Questo è quello che ci siamo proposti. Sono venuto modestamente a parlarvi di questo aspetto.
Dal punto di vista energetico e ambientale, a mio avviso lo spirito del decreto legislativo n. 28 del 2011 è di porre una limitazione alla dipendenza dai combustibili fossili. Perché? O abbiamo ancora questo «Antropocene», oppure quest'era non c'è più. Se non c'è più, però, qualcuno deve dircelo. In compenso, abbiamo un'invernata bellissima, ogni tanto un acquazzone, abbiamo officine per le quali siamo leader nella difesa dei territori dall'erosione, ma dobbiamo sempre correre perché i fiumi hanno sempre dei problemi: è normale tutto questo? Quanto al contenimento delle emissioni da gas serra, non sono io a dirlo, ma sembra che la comunità scientifica ormai l'abbia per fatto riconosciuto.
Sulla promozione dell'efficienza energetica, è evidente che a risparmiare non si spende niente, ma si guadagna, ecco perché ci siamo impegnati in quel discorso. Nel biogas, ad esempio, siamo stati i primi a ricorrere a un dispositivo di ORC coniugato al motore: chiediamo il 10 per cento in meno di territorio, di biomassa per produrre, quindi 10 per cento in meno di territorio destinato all'agricoltura. In questo modo è portato un aiuto al mondo agricolo, un incremento della superficie coltivabile. Vogliamo riconoscerlo o facciamo finta che non esista? Credo che questa potrebbe essere una forma di incentivo che aumenta l'efficienza complessiva del sistema.
Vorrei, però, sottolineare che questo processo va visto sistematicamente applicato ed è evidente che, naturalmente, il discorso delle reti è un'evoluzione naturale perché, se cambia la fisiologia della produzione, la rete gli va dietro, o quantomeno deve adeguarsi.
I processi autorizzatori si bloccano perché siamo bizantini e, laddove si creano delle fazioni preconcette, strumentalizzano tutti gli elementi possibili. Una volta avuta una conferenza dei servizi con 31-32 enti presenti e concessa l'autorizzazione, bisognerebbe potere andare avanti. Posso dire che dopo, invece, cominciano i pellegrinaggi al TAR, al Consiglio di Stato fino al Presidente della Repubblica. Io non credo che questo sia normale.
In termini industriali non è normale e devo denunciarlo perché è un aspetto per il quale, purtroppo, gli avvocati sono quelli che hanno ricevuto il maggior beneficio.
Sulle biomasse lascerei brevemente la parola all'ingegnere Ciliberti in modo che possa concludere.

ENNIO CILIBERTI, Direttore generale sviluppo di Seci Energia Spa. Onorevole Benamati, dal punto di vista metodologico ci siamo mossi con un'analisi preventiva delle disponibilità di risorse sui territori. Su ogni area nella quale dobbiamo realizzare i nostri impianti abbiamo fatto svolgere delle perizie da parte di istituti specializzati, SGS o Nomisma o altri, per verificare la potenzialità della componente boschiva e gli utilizzi in quel momento presenti sul territorio, quindi nettando degli utilizzi preesistenti.
Su questa base abbiamo verificato quale poteva essere, quindi, la disponibilità nel tempo, fermo restando che il nostro obiettivo, naturalmente, è quello di ridurre al minimo l'utilizzo della componente boschiva. Non dobbiamo dimenticare che certe coltivazioni sono pluriennali, per cui hanno necessità di un tempo di avvio, per cui il forestale per noi è quel volano che ci permette di partire con le coltivazioni, poi a mano a mano si abbassa l'utilizzo del forestale per andare in coltivazione dedicata.
Per rispondere all'onorevole Realacci, dico che è corretto quello che lei dice. Come al solito, dipende da come analizziamo le situazioni. In tutti i convegni si


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parla sempre del caso di Cremona e siamo tutti d'accordo che lì si sia esagerato. Non è un caso che stiamo portando avanti questi progetti di ricerca che troverete negli appunti che vi abbiamo lasciato per utilizzare le matrici mediterranee. Dalla Toscana in giù, infatti, ci sono tre impianti a biogas; tutto il resto sono al Nord perché non ci sono le condizioni per realizzarle.
Noi vogliamo cercare di affrontare questa tematica perché, altrimenti sono d'accordo che evidentemente rappresenta solo un numero l'enunciare il 2-3 per cento della superficie agricola nazionale poiché è chiaro che in certe zone può anche essere il 20 per cento.
Dobbiamo fare in modo che questo non avvenga. Troverete al riguardo una nostra proposta di programmazione e pianificazione del territorio attraverso il burden sharing e il coinvolgimento delle regioni. Questo è quello che si dovrebbe fare. Sul fatto che ci si riesca abbiamo molti dubbi.

PRESIDENTE. Il sottosegretario Tullio Fanelli avrebbe molte cose da dire, ma ce le dirà la prossima volta perché il tempo è tiranno, è ormai imminente l'inizio delle votazioni in Aula.
Ringrazio gli auditi per la disponibilità dimostrata e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,20.

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