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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione VIII
18.
Giovedì 26 gennaio 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Alessandri Angelo, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE POLITICHE AMBIENTALI IN RELAZIONE ALLA PRODUZIONE DI ENERGIA DA FONTI RINNOVABILI

Audizione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Corrado Clini:

Alessandri Angelo, Presidente ... 3 11
Margiotta Salvatore, Presidente ... 19
Clini Corrado, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 3 15 19
Benamati Gianluca (PD) ... 18
Bonciani Alessio (UdCpTP) ... 17
Di Biagio Aldo (FLpTP) ... 17
Dussin Guido (LNP) ... 14
Ghiglia Agostino (PdL) ... 17
Iannuzzi Tino (PD) ... 18
Piffari Sergio Michele (IdV) ... 16
Realacci Ermete (PD) ... 11
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA.

COMMISSIONE VIII
AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di giovedì 26 gennaio 2012


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ANGELO ALESSANDRI

La seduta comincia alle 8,40.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Corrado Clini.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle politiche ambientali in relazione alla produzione di energia da fonti rinnovabili, l'audizione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Corrado Clini.
Ringrazio il Ministro Clini e gli do subito la parola per la sua relazione.

CORRADO CLINI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Buongiorno. Direi che di cose da raccontare su come sta andando il processo normativo e anche quello (più consistente) industriale sulle fonti rinnovabili ce ne sono molte.
Cercherò di essere il più sintetico possibile. Cominciamo dalla direttiva n. 28 del 2009 sulle fonti rinnovabili, che fa parte del cosiddetto «pacchetto 20-20-20» e che è stata recepita in Italia con il decreto legislativo n. 28 del 3 marzo 2011.
L'obiettivo, come sapete, assegnato all'Italia nel burden sharing, ovverosia nella ripartizione degli obiettivi tra gli Stati membri, è quello di avere il 17 per cento di fonti rinnovabili nel consumo finale lordo di energia, che perciò include sia la produzione di elettricità, calore e trasporti da fonti rinnovabili, sia i consumi energetici finali. All'interno di questo obiettivo ne abbiamo, poi, uno specifico: almeno il 10 per cento dell'energia usata nel trasporto deve essere proveniente da fonte rinnovabile, ovvero biocarburanti.
Questi sono i due riferimenti vincolanti che abbiamo e i due obiettivi che dobbiamo rispettare. Al momento attuale, la situazione è in evoluzione perché a livello europeo, a seguito di Durban, stiamo considerando la possibilità di un obiettivo più ambizioso. All'interno del «pacchetto 20-20-20» avevamo (e abbiamo per il momento) l'obiettivo di riduzione del 20 per cento delle emissioni di gas serra. Questo obiettivo potrebbe diventare del 30 per cento (stiamo valutando proprio in questi giorni questa possibilità). Domani c'è di nuovo una riunione a Bruxelles, dove ieri sera ho visto anche la signora Ministro dell'ambiente della Danimarca, che in questo momento è la presidente di turno UE, ed anche noi - come altri Stati membri - in qualche modo condizioniamo la fissazione di questo più elevato obiettivo all'adozione di alcune misure europee armonizzate.
Una di queste è sicuramente legata alla fiscalità energetica, che ha molto a che vedere con il tema degli incentivi alle fonti rinnovabili, di cui ovviamente parlerò subito.


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Un altro presupposto è legato al fatto che l'Unione europea adotti, come impegno vincolante, l'obiettivo dell'aumento dell'efficienza energetica che, come sapete, oggi è ancora non vincolante, mentre, nel momento in cui assumerà valore vincolante, l'obiettivo dell'aumento dell'efficienza energetica al 20 per cento si trascinerà dietro una serie di impegni, di provvedimenti a livello europeo e degli Stati membri che, sicuramente, potrebbero rendere più realizzabile anche l'obiettivo del 30 per cento di riduzione delle emissioni di gas serra.
In ogni caso, attualmente siamo nell'ambito del «pacchetto 20-20-20», ossia 20 per cento di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, 20 per cento di energia prodotta da fonti rinnovabili riferita al consumo finale lordo e 20 per cento di aumento (ma ad oggi non vincolante) dell'efficienza energetica.
In quest'ambito, gli Stati membri, sostanzialmente, hanno due principali impegni: la definizione del Piano di azione nazionale sulle fonti rinnovabili e la definizione del Piano di azione nazionale per l'efficienza energetica.
Abbiamo trasmesso il primo alla Commissione europea nel luglio 2010. Esso ha un valore di riferimento, cioè definisce il quadro di riferimento entro il quale si muovono le politiche nazionali per raggiungere l'obiettivo assegnato all'l'Italia del 17 per cento di energia da fonti rinnovabili.
Naturalmente, siccome il 17 per cento si misura sul consumo lordo di energia, minore è questo consumo, più semplice è il raggiungimento dell'obiettivo del 17 per cento, per cui i due meccanismi sono legati perché il 17 per cento è, appunto, una percentuale, non un valore assoluto. E, infatti, la nostra stima è elaborata sulla base di un totale di consumi finali lordi al 2020 che varia tra i 130 e 135 MTEP (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio).
Nel Piano di azione nazionale sono individuati obiettivi per le fonti rinnovabili elettriche, e perciò la quota di produzione di elettricità da fonti rinnovabili, le fonti rinnovabili termiche, e perciò la quota di generazione di calore e di raffrescamento alimentata con fonti rinnovabili, infine la quota di fonti rinnovabili nel trasporto.
Il punto di partenza nel 2010 era il seguente: elettricità da fonti rinnovabili attorno al 20 per cento, dato che include, ovviamente, il grande contributo dell'idroelettrico nel nostro Paese, e che comunque mette l'Italia in una posizione abbastanza avanzata rispetto a molti altri Paesi europei per quanto riguarda la percentuale di fonti rinnovabili nell'elettricità; fonti rinnovabili termiche attorno al 9 per cento; contributo delle fonti rinnovabili nei trasporti, invece, attorno al 4-5 per cento. Questi obiettivi nel 2020 sono individuati in questo modo: il 26 per cento per l'elettrico, il 17 per cento per il termico e circa il 10 per cento sui trasporti.
Tenendo conto dei valori di partenza, la parte sulla quale dobbiamo raggiungere risultati più impegnativi rispetto ai dati 2010 sono la parte termica e quella dei trasporti. Per la parte elettricità, il passaggio dal 20 al 26 per cento è importante, ma relativamente meno impegnativo rispetto agli altri due obiettivi. Se consideriamo quello che abbiamo fatto finora e anche l'impegno di risorse che abbiamo destinato, possiamo dire che ci siamo dedicati alla parte più facile, quella della generazione di elettricità da fonti rinnovabili.
Ora, il Piano di azione nazionale trasmesso, come dicevo, nel luglio 2010, rappresenta un quadro di riferimento che, tuttavia, ha elementi di flessibilità, anche perché è riferito a un contesto che si è modificato. Nel 2010 avevamo come schema per rispondere alla domanda di energia nel nostro Paese la previsione del 25 per cento da fonti rinnovabili entro il 2030, quindi un aumento rispetto all'obiettivo del 17 per cento europeo (il Governo precedente aveva dato questo quadro di riferimento), il 25 per cento da nucleare e il 50 per cento da fonti fossili.
L'evoluzione della situazione ci richiede almeno una revisione di questo schema perché non mi pare che al 2030 avremo il 25 per cento da nucleare. Qui si tratta di capire se questo 25 per cento nella previsione dei consumi finali deve essere coperto


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semplicemente dalle fonti fossili o se, invece, su questo bisogna immaginare o prevedere un ruolo diverso delle fonti rinnovabili.
Questo è un tema molto critico perché si lega alle decisioni che devono essere prese, per esempio, in materia di aumento dell'offerta di energia nel nostro Paese. La questione è se questo aumento debba essere incardinato prevalentemente sul gas naturale, se c'è un fondato spazio, una fondata prospettiva per l'uso del carbone nella generazione di elettricità (che, però, va ricondotto nell'ambito della direttiva europea per il carbon capture and storage, che perciò richiede che gli impianti abbiano come infrastruttura connessa la cattura e lo stoccaggio del carbonio emesso), oppure se sia immaginabile un aumento della quota di fonti rinnovabili nella domanda finale di energia, o ancora se in tutto questo dobbiamo assumere come ipotesi di lavoro che il 25 per cento destinato al nucleare sia recuperato attraverso l'aumento di efficienza energetica, con una riduzione dei consumi finali lordi.
Queste sono indicazioni sulle quali bisogna lavorare molto in fretta. La mia sollecitazione è di mettere mano finalmente a quel Piano nazionale per l'energia che può avere molte connotazioni, può essere un quadro di riferimento, può essere un documento di orientamento oppure può avere la consistenza di un atto normativo.
Abbiamo bisogno, in ogni caso, di un quadro di riferimento per capire, ad esempio, se dobbiamo puntare su un aumento della fornitura di gas per il nostro Paese, attraverso i rigassificatori o le pipeline per rispondere alla domanda interna (e in che prospettiva questo deve essere sviluppato, ovvero se coprire il 25 per cento previsto per il nucleare piuttosto che far diventare l'Italia l'hub per il trasferimento del gas a livello europeo - e non è un argomento di poco conto -) o, ancora, se dobbiamo puntare di più sulla valorizzazione di quello che ancora è possibile valorizzare nell'idroelettrico, ovvero se dobbiamo cominciare a pensare seriamente a una politica molto forte a livello nazionale per l'energia solare, tenendo conto - fornirò rapidamente i numeri che abbiamo a disposizione - che probabilmente abbiamo una potenzialità molto più elevata rispetto a quello che abbiamo raggiunto finora e a quello che ci immaginiamo di raggiungere entro i prossimi anni. In ogni caso, voglio dire che questa riflessione è necessaria, anche perché molte delle domande che ci vengono rivolte in queste ultime settimane, ad esempio dal settore del fotovoltaico, semplicemente in merito al post 2016, quando immaginiamo la grid parity del fotovoltaico, devono trovare risposta in questa impostazione di scenario che ancora manca.
Per tornare ai numeri, vorrei dire che ciò che è stato fatto finora è prevalentemente incardinato sul rapporto tra i meccanismi incentivanti e gli obiettivi di generazione di elettricità.
Senza rifare l'intera storia del cosiddetto «Conto energia», voglio solo ricordare che i meccanismi incentivanti adottati nel nostro Paese, in particolare per quanto riguarda il fotovoltaico, hanno favorito una rapida espansione della generazione di elettricità da fotovoltaico, che nel Piano di azione nazionale era previsto dovesse raggiungere al 2020 gli 8 mila megawatt, in modo da contribuire a quell'obiettivo del 17 per cento e, come sapete, nel 2011 gli 8 mila megawatt installati erano già operativi. Si era, dunque, sollevata una questione in merito alla possibilità che i meccanismi incentivanti per il fotovoltaico fossero interrotti perché era stato raggiunto l'obiettivo.
Si è aperta, allora, una discussione di cui tutti ricordano i termini. Sostanzialmente, è emerso che il Piano di azione nazionale non poteva essere considerato vincolante in termini di obiettivi, ma che, appunto, rappresentando un quadro di riferimento, aveva elementi di flessibilità interni, determinati anche dalla fattibilità degli obiettivi indicati. Alcuni obiettivi indicati nel Piano d'azione nazionale per quanto riguarda l'eolico e le biomasse avevano, ad esempio, qualche difficoltà a essere realizzati, almeno nelle condizioni del 2011, ma anche nella situazione attuale,


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mentre è emerso che la potenzialità del fotovoltaico era molto più elevata di quanto fosse stato previsto.
Devo dire anche che in tutto questo ha giocato un ruolo di forte disturbo il cosiddetto «decreto salva Alcoa» (decreto-legge n. 3 del 2010), che poi, come avete visto, l'Alcoa non ha salvato, e che aveva consentito alle imprese che presentavano i progetti per l'installazione di sistemi fotovoltaici per la generazione di elettricità entro la fine del 2010 di godere dei meccanismi incentivanti precedenti all'entrata in vigore del «Terzo Conto energia», creando perciò una coda di domande che avevano tutto il diritto di essere evase e che portavano rapidamente la potenza installata a 12 mila megawatt.
Il Governo ha allora assunto la decisione di una modulazione diversa per gli incentivi con il «Quarto Conto energia», che sostanzialmente hanno due limiti: da un lato, un tetto massimo di incentivazione, stabilito in 6-7 miliardi di euro all'anno; dall'altro, un tetto massimo di potenza installata di 23 mila megawatt. Questi sono i due punti di riferimento che il «Quarto Conto energia» ha stabilito immaginando che il sistema arriverà in equilibrio, la cosiddetta grid parity, perciò il fotovoltaico ha un costo comparabile con quello delle altre fonti energetiche fossili, al 2016.
A questo proposito, voglio rilevare - è una valutazione personale, di cui mi assumo le responsabilità - che probabilmente questo sistema incentivante è abbastanza generoso perché il costo dei moduli fotovoltaici nel 2102, cioè a oggi, è del 75 per cento inferiore rispetto al 2004. L'effetto «economia di scala» e il fatto che sia una tecnologia ormai matura hanno portato a una drastica riduzione del costo. Questo significa che i margini, soprattutto per i grandi produttori di elettricità da fotovoltaico, sono molto elevati.
Questa è una cosa che va detta, anche se, naturalmente, questo vale soprattutto per le grandi produzioni di elettricità e soprattutto a terra. Ci sono rendimenti che sono ancora oggi, col «Quarto Conto energia», attorno al 20 per cento. Questo, come capirete, non è sano perché, se si guarda alla misura della redditività di investimenti oggi - arrivare al 7-8 per cento è già elevato - ci rendiamo conto di qualcosa di distorto nel meccanismo incentivante.
Questo è il quadro attuale ed è anche uno dei motivi per cui il Consiglio dei ministri ha accolto senza obiezioni la proposta del Ministro delle politiche agricole di mettere uno stop all'utilizzazione di suoli agricoli per la generazione di elettricità. Si tratta di uno stop che non compromette, ovviamente, progetti già approvati o iniziative in corso, ma che blocca la possibile ulteriore utilizzazione di suoli agricoli per la generazione di elettricità da fotovoltaico.
Abbiamo ancora, rispetto agli obiettivi e anche agli obblighi che ci siamo assunti con il decreto legislativo n. 28 del 2011, molte cose da fare, anche perché, voglio ripeterlo, l'attenzione è stata molto concentrata sulla generazione di elettricità da fotovoltaico e molto meno sul resto.
Vado a descrivervi le iniziative che abbiamo aperte e sulle quali stiamo lavorando in queste settimane, sperando di chiudere tutto il pacchetto entro il mese di febbraio. Si tratta di provvedimenti da prendere sempre di concerto con il Ministero dello sviluppo economico e in molti casi anche con il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali.
Abbiamo da definire le nuove tariffe incentivanti per le fonti rinnovabili diverse dal solare fotovoltaico; le procedure che riguardano i rifacimenti di impianti esistenti al fine di non perdere la capacità produttiva esistente già alimentata da fonti rinnovabili, che riguardano in particolare biomasse e idroelettrico; le tariffe e le regole che devono consentire il passaggio dal sistema dei certificati verdi a quello incentivante del «Conto energia» per tutti; abbiamo, infine, da chiudere la partita delle aste, le potenze e i contingenti per i quali si procede all'incentivazione mediante aste al ribasso.
Su questo abbiamo un lavoro in corso ancora non concluso sulla fonte rinnovabile biomassa, all'interno della quale abbiamo


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biogas, bioliquidi, biomassa solida e biomassa rifiuti, ovviamente per la parte organica. Si hanno ancora valutazioni diverse tra i Ministeri e c'è da tenere conto di una valutazione sicuramente importante del Ministero delle politiche agricole, che in qualche modo dà priorità alla finalità delle produzioni agricole per i terreni agricoli, tenendo conto che c'è un fenomeno che potrebbe essere distorcente: sta già avvenendo, infatti, che i meccanismi incentivanti, in particolare per il biogas derivante dall'utilizzazione di biomasse, rendono più redditizio l'uso dei terreni a questi fini piuttosto che a fini di produzione agricola.
C'è, dunque, uno spostamento delle produzioni agricole da finalità agricole a finalità energetiche. Questo è un punto sul quale è necessario avere le idee chiare perché, altrimenti, potremmo determinare un orientamento per le attività agricole che finisce per spostare dalle produzioni agricole ad altre produzioni con effetti sicuramente interessanti dal punto di vista della redditività nel breve periodo, ma che potrebbero essere, invece, molto controversi nel medio e lungo periodo.
Tra l'altro, questo pone un problema importante anche sul ruolo delle politiche agricole in generale. Ricordo, infatti, che in materia di cambiamenti climatici, l'orientamento europeo è di sostituire i meccanismi incentivanti attraverso la politica agricola comune, la PAC, ormai chiusa, con meccanismi incentivanti che valorizzino il ruolo dell'agricoltura e della gestione forestale ai fini dell'assorbimento di carbonio atmosferico. Si tratta di un argomento serio. Se, infatti, l'obiettivo almeno primario, non unico, di tutto questo pacchetto è di ridurre le emissioni di carbonio, e perciò il contributo alla concentrazione di carbonio in atmosfera, è sicuro che un riorientamento delle attività agricole e forestali verso questo obiettivo può dare dei risultati importanti.
In sostanza, si tratta di capire se l'incentivazione al contributo dell'agricoltura va prevalentemente orientata a produzioni energetiche o bilanciata tra produzioni energetiche e gestione delle attività agricole e forestali in maniera da aumentare la capacità di assorbimento del carbonio.
Il perimetro entro il quale si muove il lavoro che stiamo svolgendo sui meccanismi incentivanti per le fonti rinnovabili diverse dal solare fotovoltaico prevede, al momento, un tetto massimo di incentivazione per anno attorno a 5,5 miliardi di euro, che si aggiungono ai 6-7 miliardi annui del fotovoltaico.
Questo significa che il pacchetto degli incentivi per la parte elettrica delle fonti rinnovabili a regime dovrebbe essere attorno ai 12 miliardi di euro all'anno.
Questo dato, peraltro, ci mette subito in connessione con un altro provvedimento necessario, che riguarda gli interventi a favore dello sviluppo di nuove tecnologie e che è uno dei provvedimenti previsti all'interno dell'attuazione del decreto legislativo n. 28 del 2011.
Considerando come limite temporale il 2016 e l'ammontare degli incentivi e tenendo conto che in parte questo argomento è già stato affrontato nel «Quarto Conto energia», stiamo cercando di capire in che modo il meccanismo incentivante in sé, cioè l'incentivo ordinario alla generazione di elettricità, possa già valorizzare la ricerca e lo sviluppo di tecnologie nuove, innovative, tenendo conto che la competizione su questo versante continua a essere molto importante.
Gli ultimi dati, ricevuti a dicembre, sugli investimenti globali per quanto riguarda l'energia mettono in evidenza che abbiamo avuto nel 2011 un volume complessivo di 260 miliardi di dollari a livello globale, con un aumento del 5 per cento rispetto al 2010, e che, in particolare, una gran parte di questi investimenti è nel settore del solare, che oggi doppia come valore di investimenti l'eolico. Gli investimenti nel settore del solare, oltretutto, puntano a tecnologie nuove, considerando i moduli fotovoltaici attuali in commercio e utilizzati non dico obsoleti, ma maturi.
Questo è un argomento molto delicato perché si tratta di inserire all'interno di meccanismi incentivanti clausole che consentano di depotenziare l'effetto di redditività finanziaria e aumentare, invece,


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quello che sostiene ricerca e sviluppo e produzioni industriali di tecnologie innovative. L'argomento è molto importante e vale, naturalmente, per il solare, non fotovoltaico e fotovoltaico, per le biomasse, per i biocarburanti, per la geotermia, meno per l'energia eolica e ancora meno per l'energia idroelettrica, che non sembrano avere grandi margini di sviluppo dal punto di vista delle tecnologie.
Probabilmente, l'energia eolica ha un certo margine per quanto riguarda le piccole turbine, perciò il minieolico, che può essere utilmente integrato nei sistemi edilizi, ma il salto qualitativo è concentrato su quelle sorgenti energetiche che hanno una potenzialità molto più alta rispetto alle tecnologie in uso. In tal senso, la geotermia, le biomasse e il solare teoricamente possono garantire risultati molto più elevati in termini di rendimenti.
Rimanendo nell'ambito dell'utilizzazione delle fonti rinnovabili, voglio ricordare che abbiamo altri provvedimenti in corso, che riguardano un aspetto programmatico che fa riferimento al cosiddetto burden sharing tra le regioni, ossia la ripartizione degli obiettivi tra le regioni, ripartizione che, di nuovo, ha soprattutto l'obiettivo di rendere più semplici le procedure autorizzative per la produzione di energia da fonti rinnovabili.
Abbiamo già introdotto nel provvedimento in corso di emanazione norme che riguardano la semplificazione delle procedure, soprattutto per gli impianti di taglio inferiore a un megawatt. Questa semplificazione deve essere impegnativa per le autorità competenti a livello regionale e nell'ambito degli enti locali.
Come sapete, infatti, uno degli aspetti controversi dello sviluppo delle fonti rinnovabili è rappresentato dalle procedure autorizzative. Ci sono a macchia di leopardo molte situazioni in Italia nelle quali progetti di investimento nelle fonti rinnovabili, anche quelli che riguardano, per esempio, l'utilizzazione delle fonti rinnovabili integrate nei sistemi edilizi o la realizzazione di impianti a biomasse e così via, trovano difficoltà per obiezioni procedurali di diverso tipo.
L'identificazione di un obiettivo regionale da raggiungere per la generazione di energia da fonti rinnovabili associato alla semplificazione delle procedure autorizzative dovrebbe, quindi, consentire una corrispondenza tra la fissazione degli obiettivi che ci diamo a livello nazionale e la loro concreta fattibilità.
Per quanto riguarda le procedure autorizzative, voglio altresì ricordare che è stato avviato il processo per l'autorizzazione unica, che consente di raccogliere tutti gli elementi in un unico processo autorizzativo. Essa è prevista per impianti al di sopra di un megawatt, mentre quelli al di sotto possono utilizzare ulteriori procedure semplificate, che corrispondono alle procedure semplificate in ambito edilizio.
Inoltre, ancora rimanendo sulle fonti rinnovabili elettriche, l'ultima cosa che voglio mettere in evidenza è che lo sviluppo di fonti rinnovabili elettriche dovrebbe essere associato a reti elettriche per il trasferimento dell'elettricità prodotta in grado di garantire che quello che è generato entri poi effettivamente in rete. Questo è un tema molto delicato perché ancora oggi in parte sono incentivate produzioni elettriche che non hanno riscontro nell'elettricità effettivamente trasmessa. Capirete che questo è un meccanismo ulteriormente distorcente, determinato, da un lato, dalla rete elettrica nazionale e dalle valutazioni della rete in merito alla sicurezza dell'approvvigionamento energetico; dall'altro, dalla mancanza delle cosiddette «reti intelligenti».
Questo introduce un tema, in parte proprio del Piano nazionale per l'efficienza energetica, che riguarda l'associazione tra sviluppo delle fonti rinnovabili e la promozione della generazione distribuita di elettricità, di calore e di freddo, che è anche il punto di connessione tecnologica tra fonti rinnovabili per l'elettricità e per gli usi termici.
A tale proposito, stiamo lavorando sia nell'ambito delle incentivazioni per le fonti termiche sia in quello delle incentivazioni per la generazione distribuita. Al momento, da un lato, per quanto riguarda le fonti rinnovabili termiche, stiamo prevedendo


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l'integrazione delle misure incentivanti nell'ambito del decreto legislativo n. 28 del 2011 con le misure incentivanti già adottate (il famoso 55 per cento da un lato e il 20 per cento dall'altro) per l'aumento dell'efficienza energetica, soprattutto nel settore edilizio.
Dal punto di vista procedurale, stiamo cercando di capire in che modo, considerando che il 55 per cento non è applicato sulla quota pubblica, possiamo ripartire i meccanismi incentivanti dedicati alle fonti rinnovabili per l'energia termica tra settore privato e settore pubblico. Dall'altra parte, immaginando questa integrazione tra generazione di elettricità, calore e freddo, che potrebbe essere il nucleo tecnologico e industriale della generazione distribuita ad alta efficienza, stiamo finalmente facendo partire il Fondo rotativo di Kyoto con la Cassa depositi e prestiti, che avrà come obiettivo prioritario proprio di sperimentare e diffondere la promozione dei sistemi di trigenerazione ad alta efficienza, in maniera tale da combinare gli incentivi per la produzione di energia non destinata all'elettricità con lo sviluppo delle tecnologie e dei sistemi che consentono di integrare generazione di elettricità, di calore e di freddo.
Mi soffermo ancora un attimo su questo punto, che incrocia molti provvedimenti e iniziative, perché questo è il punto nel quale le politiche per l'efficienza energetica e quelle per le fonti rinnovabili si confrontano con il sistema energetico attuale. Sostanzialmente, si sta aprendo una questione che sembra apparentemente remota, ma non lo è affatto, circa la compatibilità dell'attuale sistema energetico, basato su grandi centrali di produzione e lunghe reti di trasmissione dell'elettricità, con un sistema energetico, invece, finalizzato a valorizzare la generazione distribuita ad alta efficienza associata con la realizzazione di reti ad alta efficienza, ossia con bassissime perdite. E questo è un tema che, evidentemente, richiede anch'esso di essere inquadrato - di nuovo torna la questione della costruzione di un quadro di riferimento complessivo - in uno schema di piano energetico nazionale.
Sappiamo che l'efficienza del sistema energetico nazionale, considerando l'efficienza dei grandi impianti di produzione e quella della rete di distribuzione, non è superiore al 30-35 per cento. Questo significa che la fonte energetica che entra è utilizzata per il 30-35 per cento. Nei sistemi di generazione distribuita, quale la cogenerazione ad alta efficienza abbiamo livelli di utilizzazione che superano l'80 per cento e questo è, chiaramente, un punto cruciale perché se la prospettiva è, infatti, quella dell'efficienza energetica, è chiaro che si mette in discussione, almeno in parte, il sistema energetico attuale.
Inoltre, è un tema molto attuale per l'Italia perché da questo dipendono anche scelte di investimento circa l'ampliamento dell'offerta di elettricità, per esempio attraverso grandi impianti di produzione o, invece, l'ampliamento dell'offerta di elettricità di calore e freddo attraverso sistemi diversi.
Abbiamo ben chiaro questo e cerchiamo di fare in modo che anche questi provvedimenti, che devono essere adottati nell'ambito del decreto legislativo n. 28 del 2011, abbiano chiaro questo scenario di fondo. Diversamente, il rischio è che avviamo in Italia due sistemi paralleli con altissimi costi e con il rischio di una scarsa resa.
Sicuramente, per la riduzione della domanda già il sistema elettrico attuale ha un eccesso di offerta e questo non è un dato da sottovalutare. Certamente, ci auguriamo che la ripresa possa aumentare la domanda, e perciò consentire la piena utilizzazione della potenziale generazione elettrica nel nostro Paese, ma oggi la situazione è questa.
A fronte di questa situazione, bisogna dunque capire qual è la prospettiva di aumento dell'offerta nel nostro Paese e se questa deve essere finalizzata a rispondere alla domanda interna o se, invece, c'è una prospettiva diversa, però non ancora definita.
Arrivo all'altro pezzo del pacchetto sull'efficienza energetica, che in parte è vincolato dalla prospettiva della stabilizzazione degli attuali meccanismi incentivanti (e mi riferisco in particolare al 55 per cento).


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L'Italia ha presentato, infatti, nell'agosto dell'anno scorso alla Commissione europea un piano preliminare: il Piano di azione per l'efficienza energetica che prevede che nel 2020 il consumo finale lordo di energia si attesti attorno a 133 Megatep, per cui, rispetto al trend, dobbiamo ridurre di 12 Megatep i consumi. Questo schema di Piano di azione nazionale ha bisogno di meccanismi incentivanti che devono integrare quelli esistenti e già funzionanti, vale a dire i certificati bianchi o titoli di efficienza energetica. In particolare, stiamo lavorando, naturalmente, sulla continuità delle detrazioni fiscali del 55 per cento per la riqualificazione energetica degli edifici esistenti; sulla continuità del riconoscimento delle detrazioni fiscali del 20 per cento per l'installazione di motori elettrici ad alta efficienza e di regolatori di frequenza, cioè gli inverter; sull'introduzione, infine, di incentivi per il rinnovo ecosostenibile del parco delle autovetture dal momento che oggi i consumi energetici nel settore del trasporto coprono circa il 25-28 per cento dei consumi totali, perciò è importante agire in questa direzione, promuovendo autovetture a basso consumo, che usano in forma totale o ibrida biocarburanti, ibride, tra combustione interna elettrica o elettriche. Questo è un tema attuale che, peraltro, potrebbe benissimo essere considerato anche nell'ambito del progetto di legge per la promozione dell'automobile elettrica.
I tempi per il completamento del Piano di azione per l'efficienza energetica sono in parte condizionati anche dall'evoluzione della direttiva europea in materia di efficienza energetica. Nel momento, infatti, in cui questa direttiva, come pare, indicasse obiettivi vincolanti per l'Unione europea e per i singoli Stati membri, ciò determinerebbe una diversa configurazione del Piano nazionale che, a sua volta, dovrà identificare degli obiettivi vincolanti.
Dunque, si modifica la natura del Piano, che finora indica obiettivi ai quali, però, non necessariamente devono corrispondere delle norme per il futuro pacchetto «20-20-20».
Anche in relazione ad alcune delle questioni sollevate, vorrei parlarvi, infine, del rapporto tra la promozione delle fonti rinnovabili e dell'efficienza energetica e la riduzione delle emissioni di carbonio. Abbiamo, oggi, dati che mettono in evidenza che, in valore assoluto, tra il 2007 e il 2010 abbiamo risparmiato 47,8 Terawattora di energia all'anno. Ci avviciniamo, cioè, a quell'obiettivo di riduzione dei consumi del 9 per cento che è compatibile con l'obiettivo di 133 Megatep all'anno di consumo finale lordo.
Questo è sicuramente determinato in parte importante dalla crisi, cioè dalla riduzione della domanda di energia, ma in parte è il risultato anche di maggiore efficienza, soprattutto nelle attività industriali e negli usi finali dell'energia perché si tratta comunque di iniziative andate avanti nonostante la crisi.
Rispetto all'obiettivo che dobbiamo raggiungere nel 2012, ci aspettiamo sicuramente di essere oltre l'obiettivo di riduzione delle emissioni di CO2 del 6,5 per cento, che però, come sapete, è un obiettivo per anno, per cui dobbiamo calcolare alla fine del periodo la riduzione del 6,5 per cento nei cinque anni, cioè dal 2008 al 2012.
Sicuramente, negli ultimi tre anni abbiamo avuto una riduzione delle emissioni compatibile con l'obiettivo, mentre abbiamo emissioni più elevate nei primi due anni del periodo del protocollo di Kyoto, che ci porta ad avere, secondo le nostre previsioni, comunque un deficit: alla fine del 2012 quindi il bilancio sarà, probabilmente, di deficit dell'Italia rispetto agli obiettivi di riduzione. A questo proposito, stiamo valutando in che modo compensare questo deficit nel breve periodo, cioè entro la fine di quest'anno.
In uno scenario più lungo, invece, quello del 2020, l'integrazione delle misure per la promozione di fonti rinnovabili con quelle per l'efficienza energetica dovrebbe portarci a raggiungere l'obiettivo-Paese della riduzione del 13 per cento delle emissioni CO2 fuori dall'emission trading, al quale si associa l'obiettivo di riduzione


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delle emissioni nel sistema industriale regolamentate dal sistema di emission trading.
Tutte queste valutazioni sono contenute all'interno del Piano nazionale per la riduzione delle emissioni di gas responsabili dell'effetto serra al 2020 che presentiamo al CIPE, all'interno del quale sono anche contenute le valutazioni, e perciò le diverse opzioni, che riguardano, da un lato, il ruolo dell'agricoltura, soprattutto come serbatoio di carbonio, dall'altro, il ruolo delle misure di supporto alla riduzione delle emissioni, in particolare nel settore del trasporto.
Sicuramente, infatti, possiamo agire con incentivi per la promozione di veicoli a basse emissioni, ma il nodo centrale della riduzione delle emissioni di carbonio nel settore del trasporto è rappresentato dalla mancanza di infrastrutture adeguate per modificare le modalità di trasporto. Questo è un dato critico che rimane aperto e le vicende di questi giorni dimostrano chiaramente che il vincolo rappresentato dalla carenza di infrastrutture non ha soltanto un effetto ambientale, ma anche un importante effetto economico. È un tema sul quale chiederò un confronto aperto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e con gli operatori del settore, a cominciare dalle Ferrovie, perché non c'è speranza di ridurre le emissioni di carbonio nel settore del trasporto se le merci continuano a viaggiare per oltre l'85 per cento su gomma.
È molto difficile immaginarlo perché la parte più importante dei consumi energetici nel settore del trasporto è proprio riferita a questa fascia, a questo settore di attività di trasporto. Nell'auspicio che ci sia una importante ripresa economica, è molto difficile immaginare che possa essere sostenuta e sostenibile con sistemi di trasporto delle merci che rimangono quelli attuali. Su questo abbiamo delle stime, delle valutazioni e intendiamo aprire un confronto.
Infine, voglio anche dire che, in parallelo all'approntamento di queste misure normative, stiamo promuovendo un programma, dal quale ci aspettiamo molto, di accordi volontari con le imprese per associare la modernizzazione dei sistemi di produzione e dei sistemi di distribuzione dei prodotti con la riduzione delle emissioni di anidride carbonica.
Abbiamo sottoscritto già importanti accordi di collaborazione, l'ultimo lunedì scorso a Milano con il gruppo Pirelli, e questo potrebbe in qualche modo mettere l'Italia in una posizione di vantaggio a livello europeo rispetto ad altri Paesi. Ci aspettiamo, infatti, nell'arco dei prossimi anni, l'adozione di una normativa quadro a livello europeo per il cosiddetto «carbon footprint» delle produzioni e dei prodotti. Si tratta di un sistema promosso originariamente nella Gran Bretagna, ora abbastanza seguito anche in Francia: noi saremmo il terzo grande Paese europeo ad avviare un meccanismo di questo tipo.

PRESIDENTE. La ringrazio. Do la parola ai deputati che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

ERMETE REALACCI. Ringrazio il Ministro Clini per la relazione completa e molto ampia.
Ovviamente, sono condivisibili anche gli ultimi riferimenti sia al cambiamento di modalità di trasporto sia all'introduzione della quota di carbonio nei prodotti. Peraltro, ricordo che il suo attuale sottosegretario venne a illustrarci a suo tempo, a nome dell'Autorità per l'energia, questa proposta che aveva incontrato il favore della Commissione. È giusto che si vada in questa direzione.
Cerco di arrivare rapidamente alle domande, signor Ministro, perché il problema fondamentale è, a mio avviso, quello dei tempi e anche della relazione che c'è tra l'attività del Governo e, magari, quelle del Parlamento e della Commissione.
Mi sono riferito ai tempi perché, per esempio, è evidente che quella del ritardo nei decreti sulle fonti rinnovabili è una questione che ci sfinisce. Il Ministro Romani ci aveva assicurato che sarebbero usciti a settembre, poi sono stati spostati a novembre, adesso lei parla di febbraio...


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Diciamo che sicuramente c'è il tempo perché questi decreti siano confrontati anche con le Commissioni parlamentari, per cui, se esistono delle bozze, saremmo felici di vederle. Non mi sembra, infatti, che si stia procedendo con eccessiva rapidità!
Per arrivare a delle questioni precise, parto dalle considerazioni iniziali che lei ha fatto, da un lato, sulle politiche europee e, dall'altro, sulla necessità di incrociare le scelte per le fonti rinnovabili e il risparmio energetico con il rilancio dell'economia del Paese, con la competitività del sistema Italia.
Giustamente, per esempio, nel caso del fotovoltaico, lei ha fatto riferimento a un deficit di costruzione di filiera che deve essere una motivazione per concedere incentivi e individuare politiche. In qualche campo questo deficit è stato colmato: penso al settore degli inverter (so che recentemente è stato anche alla Power-One di Terranuova Bracciolini) nel quale sono presenti diversi soggetti imprenditoriali in Italia che producono inverter e che esportano una percentuale rilevante di questa produzione. In altri settori questo non accade. Le nostre politiche, allora, devono essere anche volte a innovare e a conquistare anche margini di competitività del sistema industriale nei vari settori.
Quanto alle politiche europee, lasciamo perdere per un momento la questione della fissazione dell'obiettivo del 30 per cento, ovviamente auspicabile nel quadro che lei ha descritto; piuttosto, a mio giudizio è molto importante è che divenga vincolante l'obiettivo del risparmio energetico del 20 per cento. È un settore in cui in molti comparti l'Italia ha molto da dire. Ricordo, solo a titolo di esempio, quanto di buono è stato fatto nel settore delle ceramiche nel distretto industriale di Sassuolo, le cui aziende sono oggi, di gran lunga, le meno energivore nel mondo. Ci sono molti campi in cui il riferimento all'impronta di carbonio nei prodotti e l'efficienza energetica raggiunta consentono all'Italia di dire la sua e di giocare un ruolo importante. È importante, quindi, che quell'obiettivo europeo del più 20 per cento di risparmio energetico diventi vincolante e che ci sia integrazione nell'azione di Governo tra le diverse politiche settoriali.
Abbiamo visto il balletto, signor Ministro, di cui è stato protagonista in parte anche lei, sul mantenimento delle detrazioni fiscali del 55 per cento per le spese di efficientamento energetico degli edifici, che come Commissione abbiamo all'unanimità chiesto che siano stabilizzate, come pure che ci sia un intervento incentivante sugli interventi nel settore dell'edilizia pubblica, ovviamente non favorita dalla impossibilità fino ad oggi di usare il 55 per cento.
Al riguardo, voglio dire che ho visto l'altro giorno una bella intervista del Ministro Profumo, alla quale spero corrispondano nel prossimo futuro atti concreti. Vi si annunciava un piano straordinario di risparmio energetico nelle scuole, con un obiettivo di risparmio di 9,5 miliardi di euro all'anno, che non mi pare poco dal punto di vista dei risparmi di spesa in termini di combustibili. È chiaro che è un piano di grandissimo interesse: vorrei capire come su questo i due ministeri, il suo e quello del professor Profumo, lavorano assieme.
Rispetto al capitolo biomasse, invece, le ricordo, signor Ministro, che in sede europea si era parlato - cosa che a me pare importante - di una revisione dell'obiettivo del 10 per cento di carburante di origine vegetale al 2020. Quell'obiettivo, infatti, così come era stato fissato, o nascondeva una qualche opzione a favore delle agricolture del nord Europa oppure, dal punto di vista energetico, se non si capisce bene come deve essere perseguito, può perfino rivelarsi contraddittorio.
Se adoperiamo, infatti, una linea di produzione di combustibili che richiede più energia di quanta se ne ricava, questo significa che spendiamo soldi italiani per darli a qualcun altro - scusate la brutalità - e che, nel frattempo, non abbiamo ricevuto nessun vantaggio dal punto di vista energetico. Vorrei capire, quindi da lei se ci si sta muovendo nella direzione della revisione di quell'obiettivo e se esiste


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una valutazione più generale (che a mio avviso deve entrare nel campo degli incentivi) sulle ricadute degli incentivi in termini di efficienza energetica della filiera produttiva e dell'italianità della filiera stessa.
È chiaro che ci sono alcuni segmenti che apparentemente hanno un'efficienza energetica elevata - penso alla produzione di etanolo brasiliano - e che vanno considerati, ma vanno considerati anche come parte della complessiva politica estera dell'Italia. In buona sostanza, se, come sembra l'uso di etanolo ha apparentemente un'efficienza molto alta, allora compriamo l'etanolo ma l'Italia si muova come Paese, sigli un accordo di scambio con il Brasile (lo dico a lei, signor ministro, che in materia ha portato avanti operazioni importanti in Cina) che abbia come contropartita la vendita di tecnologie e di prodotti italiani in quel Paese. Diversamente, per noi, quell'obiettivo europeo del 10 per cento di carburante di origine vegetale al 2020 è un elemento di rischio.
Allo stesso modo, è un elemento di rischio, e torno al timing, anche la questione della non emanazione dei decreti attuativi del decreto legislativo n. 28 del 2011. Nel frattempo, infatti, i processi nel Paese vanno avanti in maniera del tutto casuale non solo perché le regioni non hanno obiettivi, ma perché spesso si carica sulle fonti rinnovabili un di più di inutili complicazioni burocratiche.
Ad esempio, io non so se, per esempio, nell'annunciato provvedimento del Governo sulla semplificazione entrino - come io spero fortemente - anche delle misure che tendono a depurare degli appesantimenti burocratici le decisioni in questa materia. Un conto è, infatti, la garanzia del paesaggio, dell'ambiente; un conto è monetizzare gli appesantimenti burocratici! Non bisogna dimenticare, infatti, che noi abbiamo erogato incentivi più elevati dando per scontato che dovessero in qualche maniera anche compensare i «casini» del sistema, cioè il fatto che il sistema era inefficiente, incerto, per cui magari si chiedevano quattro autorizzazioni per vederne autorizzata una, nell'incertezza poi facendole male tutte.
Sotto questo profilo, vorrei dunque capire se nel Governo c'è un punto serio di ragionamento su questo versante e, soprattutto, se si riuscirà a snellire e ad accelerare davvero l'iter delle procedure amministrative.
Quanto al processo in corso, che lei descriveva, di competizione con il food delle produzioni di biomasse segnalo con preoccupazione che tale processo è in atto e che la questione non si risolve semplicemente ponendo limiti alla dimensione degli impianti (è chiaro, infatti, che se si realizzano cinque impianti da un megawatt a distanza di due chilometri l'uno dall'altro, non si ha più, in ogni caso, la compatibilità con l'utilizzo dei residui agricoli).
Bisogna entrare molto nel merito con una forte intelligenza territoriale.
Sono d'accordo, ad esempio, che non si usino terreni agricoli per pannelli fotovoltaici, ma questo vale per veri terreni agricoli. Siccome, invece, in Italia questa classificazione è molto estesa ed esistono tanti terreni che agricoli non sono più tali o tante aree che possono essere messe a coltura no food perché adesso non sono affatto messi a coltura, lei comprende che in questi casi il ragionamento è diverso. Per questo serve abbinare al ragionamento sugli incentivi anche un ragionamento sui controlli che permettano territorialmente di rendere questi incentivi compatibili.
Per tutte queste ragioni, signor Ministro, le chiedevo e vorrei capire se è possibile vedere i testi preparatori dei decreti attuativi del decreto legislativo n. 28 del 2011 e in che tempi, essendo convinto che in questo modo sia possibile dare una mano a realizzare un processo più condiviso in vista della loro emanazione.
Infine, per sollevare due ultime questioni, ritengo che sia giunto il momento di fare delle scelte chiave, l'approntamento del piano energetico nazionale è un giusto obiettivo, ma, ad esempio, sul carbone dobbiamo dire parole chiare: noi abbiamo


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oggi più centrali di quelle che ci servono (come lei sa, se oggi avessimo efficace la linea di connessione tra Sicilia e Calabria, risparmieremmo tanti soldi e tanta emissione di CO2 perché abbiamo un parco di centrali a cicli combinati a gas molto più efficiente delle centrali siciliane che usano vecchi combustibili e inquinano di più; l'assenza di questa connessione tra Sicilia e Calabria genera costi che ammontano a 7-800 milioni di euro all'anno).
Oggi, dunque, parlare di nuovo carbone quando ancora non c'è la tecnologia per lo stoccaggio di CO2 è una follia!
Si facciano esperimenti sullo stoccaggio di CO2; quando ci sarà lo stoccaggio di CO2, ragioneremo di eventuale necessità di nuovi impianti. Il resto sono manovre speculative di grandi gruppi che vogliono rimanere monopolistici senza aprire spazio di mercato agli altri!
Lei ha accennato, inoltre, al Fondo rotativo Kyoto. Ricordo che nella sua audizione precedente aveva affermato che avrebbe visto la luce entro gennaio 2012. A che punto siamo? Mi pare importante, inoltre, che sia finalizzato a sostenere le azioni di punta sotto il profilo energetico.
Mi chiedo, ad esempio, se, rispetto al discorso sui trasporti - ho visto una sua intervista - anche la nostra industria nazionale di riferimento può essere stimolata a essere un po' più innovativa. Penso all'elettrico, su cui FIAT è chiaramente indietro rispetto ad altri competitori, ma anche alla innovazione tecnologica per il risparmio energetico.
Concludo segnalando che oltre alle risorse del Fondo rotativo Kyoto, a partire da quest'anno saranno a disposizione 400 milioni di euro (pari al 50 per cento dei proventi delle aste per la vendita delle quote di emissione che da quest'anno i grandi emettitori devono acquistare) da utilizzare per misure di promozione del risparmio energetico, delle fonti rinnovabili, o di ulteriori politiche ambientali integrate.
Le chiedo: esiste un ragionamento su come investire questi fondi? Con quali tempi? Con quali modalità? La somma delle risorse del Fondo rotativo Kyoto e dei 400 milioni di euro provenienti dalle citate aste delle quote di emissioni dà un miliardo di euro, che non sono davvero poca cosa per indirizzare una ripresa produttiva segnata dai terreni della competitività in campo ambientale.

GUIDO DUSSIN. Ringrazio il signor Ministro per lo stile e le modalità del rapporto con la Commissione. Questo riconoscimento è doveroso perché ci mette a nostro agio.
In riferimento all'aumento di efficienza energetica di cui parlava nei rapporti che si stanno instaurando con l'Europa in vista della fissazione dell'obiettivo del 30 per cento in meno di emissioni di gas a effetto serra, voglio dire che è importante che questo eventuale aumento dell'obiettivo non vada a penalizzare - e vorrei capire se si è pensato a come impedirlo - il nostro Paese, ma anche la nostra economia in Europa. Altre realtà, che lei ben conosce, operano in modo completamente diverso, e quindi diventano competitive nel prodotto finale. Vorrei capire chi dovrà sostenere il costo finale.
Visto che domani si apre a Bolzano la Fiera internazionale dell'efficienza energetica e dell'edilizia sostenibile «Casaclima 2012», che è la punta avanzata del nostro Paese, voglio ricordare a lei e ai suoi uffici che, all'occorrenza, potreste collaborare con questa Commissione per la definitiva approvazione della proposta di legge sul cosiddetto «Sistema casa qualità», elaborata da questa Commissione e già approvata dalla Camera dei deputati, ma tutt'ora pendente presso l'altro ramo del Parlamento.
Questo dell'efficienza energetica nel settore delle costruzioni è uno dei grossi capitoli che lei ha anche citato e proprio in questa direzione abbiamo lavorato come Commissione, partendo dal sistema di certificazione della qualità dell'edilizia già sperimentato a Bolzano, per svilupparlo ulteriormente. Io penso che la nostra proposta di legge potrebbe dare una prima risposta immediata alle questioni che lei ha opportunamente segnalato e credo che se lei la facesse propria, essendo già stata


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approvata dalla camera dei deputati, l'iter della sua definitiva approvazione diventerebbe molto più rapido.
Veniamo alle note dolenti che, in parte abbiamo già evidenziato in occasione della sua precedente audizione. Sul Piano energetico nazionale chi decide? Vorremmo capire quanta autonomia e che spazi di manovra lei ha all'interno del Governo. Dico questo perché già in un'altra occasione abbiamo visto in tutta simpatia le sue prime dichiarazioni, ma non abbiamo visto qualcosa di corrispondente nei fatti. Quando lei ci ha parlato di accise per finanziare gli interventi di messa in sicurezza del territorio, non abbiamo più visto risposta.
Se serve, siamo qui anche per supportare. L'ho già detto in questa Commissione, in altro momento, ma voglio ribadire che siamo tutti d'accordo. Vorremmo supportare in questo caso perché in un certo senso, seppur da opposizione, tifiamo insieme a tutta la Commissione per il Ministro dell'ambiente.
Gradiremmo, però, anche una risposta reale e concreta. È chiaro che faccio un po' di polemica, ma si tratta di una polemica costruttiva. Se il Ministro asserisce «propongo e farò» e poi non lo vediamo realizzare in concreto tali proponimenti, allora i conti non tornano e, essendo all'opposizione, questo potrebbe diventare il momento in cui differenziarci.
Abbiamo, inoltre, fatto delle audizioni da poco, proprio qui in Commissione, e questa è una domanda più tecnica: se è vero che dalle rinnovabili abbiamo un vantaggio anche in termini di fiscalità, come ci è stato dimostrato, ad esempio, dai rappresentanti del gruppo Solon Spa l'altro giorno, allora io credo che sia indispensabile, oltre ad abbassare gli incentivi, rimuovere i tappi rappresentati dal GSE e dall'Enel per quanto riguarda, appunto, il collegamento in rete dell'energia prodotta dagli impianti fotovoltaici. Anche questo tema non è stato sviluppato nella sua relazione e su questo vorremmo conoscere la sua opinione.
Vengo a una cosa molto più semplice. Lei ha parlato delle automobili a basso impatto ambientale. Allora le chiedo: come mai è stato bocciato un emendamento della Lega al «decreto Milleproroghe» e questa bocciatura è arrivata dal suo dicastero? Possiamo rivedere questo parere che dà fastidio? Penso sia sbagliato agire così e non preluderebbe a un buon rapporto con noi bocciare un emendamento giusto presentato dalla Lega solamente perché è la Lega è all'opposizione. Siccome il nostro rapporto vuole essere di altro tipo, ritengo che abbiamo da tutte e due le parti altri motivi per trovare argomenti di differenziazione.
Sul biodiesel, le rivolgo la domanda che voleva rivolgerle il collega Togni che ha dovuto allontanarsi: i grandi produttori di energia (Enel, Edison e Sorgenia) hanno grosse quote produttive di energia rinnovabile nelle loro vendite; dal momento che su tali quote essi ottengono incentivi pubblici a carico dei consumatori, si potrebbe immaginare di imporre un prezzo di vendita più basso? Su questo c'è uno spazio di manovra visti questi altri rendimenti?
Gradiremmo anche - la domanda è stata già rivolta prima dai nostri tecnici - anche solo poche parole sul discorso dell'idrogeno. È un argomento che sta emergendo in maniera molto forte, noi ci crediamo e dunque vorremmo capire meglio la sua posizione in materia.

CORRADO CLINI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Se mi è consentito, vorrei fornire due informazioni integrative che, in parte, possono essere utili.
La prima informazione integrativa riguarda i biocarburanti. In base alla direttiva europea, alle norme di recepimento che abbiamo in Italia, c'è una valorizzazione nel senso del riconoscimento del valore in termini di contributo all'obiettivo del 10 per cento di cui abbiamo parlato dei biocarburanti prodotti in Europa e, in particolare, di seconda generazione.
L'obiettivo del 10 per cento, da questo punto di vista, si può considerare figurativo perché, per esempio, l'utilizzazione di biocarburanti di seconda generazione, che vuol dire tecnologie innovative rispetto al biocarburante


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di prima generazione, come il bioetanolo da mais, è contabilizzato il doppio.
Vorrei segnalare questo in riferimento a una questione: è in corso una discussione sull'obiettivo a livello europeo, ma la normativa ha già al suo interno un meccanismo di riparametrazione dell'obiettivo stesso in relazione alle diverse tecnologie usate.
La seconda questione riguarda, invece, l'informativa sul Fondo rotativo di Kyoto. La Corte dei conti dieci giorni fa ha registrato finalmente la convenzione tra il Ministero dell'ambiente e la Cassa depositi e prestiti per l'avvio del Fondo. È stato un processo molto lungo perché a un certo punto la Corte dei conti aveva messo in discussione la legittimità della norma della legge finanziaria per il 2007, che attribuisce alla Cassa depositi e prestiti questa responsabilità.
Oggi, dunque, il Fondo è pronto per partire. La sua presentazione è programmata per il 16 febbraio con Cassa depositi e prestiti e Associazione bancaria italiana. L'accesso al Fondo sarà operativo dagli sportelli bancari, nel senso che la richiesta dei finanziamenti agevolati avverrà attraverso gli sportelli bancari dal 1o marzo 2012, previa pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (1o marzo 2012).
Aggiungo che sulla Gazzetta Ufficiale credo siano in corso di pubblicazione in questi giorni anche i decreti sui biocarburanti, vale a dire i provvedimenti che stabiliscono le caratteristiche per la certificazione di biocarburanti ai fini del rispetto del richiamato obiettivo europeo.

SERGIO MICHELE PIFFARI. Credo che la questione principale sia l'assenza di questo Piano energetico nazionale, che tutti invochiamo e che, però, si fa fatica a produrre. È un quadro di riferimento assolutamente necessario - condivido su questo quanto detto dal ministro - perché altrimenti non sapremo mai da che parte lavorare nel medio e lungo termine e non nelle contingenze in cui, purtroppo, siamo costretti a operare.
Ho sentito parlare della questione rigassificatori e delle pipeline e della questione fondamentale delle reti intelligenti e, dunque, della necessità di prendere in considerazione anche l'esigenza di capire come realizzare queste reti.
Sull'accumulo di energia, e quindi ad esempio sulle centrali a pompaggio, che sono nate probabilmente solo sull'onda dell'intenzione di utilizzare energia in surplus delle centrali nucleari in certe fasce di ore e di tempo, però utilissime, a mio avviso, in un sistema come questo dove, attraverso il solare o l'eolico produciamo in ore non sempre adeguate rispetto alle esigenze dei consumi, condivido la centralità dell'obiettivo dell'efficientamento anche delle reti. Esso deve essere considerato necessario affinché quel 30 per cento di energia consumata rispetto a quella prodotta all'origine diventi qualcosa di più positivo, e quindi mi auguro di procedere con forza verso l'obiettivo che lei ha esplicitato dell'80 per cento di consumo dell'energia prodotta, anche se devo dire che ci accontenteremmo anche di molto meno. Quel che lei ha detto, peraltro, è significativo per dire quanto margine di miglioramento abbiamo ancora.
Mi interrogavo, però, anch'io, sulla questione del consumo energetico nel settore dei trasporti. Si è affrontata in X Commissione la questione delle automobili elettriche. In parte anche noi abbiamo contribuito e un nostro collega è stato firmatario di una proposta di legge in tal senso, ma poco vediamo in termini di approntamento di misure concrete.
Inoltre, al di là della produzione dell'automobile, c'è bisogno anche di sostenere la rete di distribuzione, con la possibilità di accedere in concreto all'energia elettrica per chi fa uso di automobili elettriche.
Mi interrogavo anch'io sulla questione della filiera, come il collega della Lega, sull'idrogeno. In Lombardia, quando FIAT ha abbandonato Arese, avevamo lì il polo innovativo in Europa di questa filiera. Oggi ad Arese non abbiamo più nient'altro che richieste di centri commerciali e qualche polo logistico.


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Siccome si trattava - non vorrei dire sciocchezze - 40-50 milioni di euro in investimenti, contributi, fondi europei e quant'altro, forse è bene che diamo delle indicazioni ben precise, perché altrimenti restiamo agli annunci da campagne elettorali e sono fregature per tutto il sistema Italia. Se dunque abbiamo qualche notizia in più sull'idrogeno, mi farebbe piacere conoscerla.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SALVATORE MARGIOTTA

ALDO DI BIAGIO. Anch'io voglio invocare questo benedetto Piano nazionale per l'efficienza energetica. Non ho molte cose da dirle perché tutte le richieste sono state esposte dal mio collega Realacci, in qualche maniera, hanno toccato gli argomenti che avrei voluto trattare.
Voglio sottolineare in ogni caso come sia auspicabile la collaborazione tra il suo dicastero, in questo contesto del Piano energetico, e il Dicastero delle politiche agricole oltre a quello delle attività produttive. Credo sia importante la collaborazione tra queste realtà.
Siamo d'accordo, inoltre, con lei su molti degli aspetti articolati, ma riteniamo che ne vadano approfonditi alcuni. È vero, ad esempio, che si può superare l'incentivo, ma bisogna tener conto che si devono superare le burocrazie, le ingerenze dei monopoli e, in particolar modo, la scarsa capacità del sistema agricolo del nostro Paese di fare rete.

ALESSIO BONCIANI. Mi associo ai ringraziamenti per una relazione lunga, ma che ci ha dato un quadro veramente completo e puntuale della situazione.
Più che porre domande, mi interessa mettere l'accento su alcuni aspetti che ha affrontato e che sono di particolare interesse per noi.
Il primo è, appunto, quello della partita sugli incentivi. È una partita che sempre più vorremmo fosse legata anche al contenuto, come lei giustamente ha previsto, innovativo delle nuove tecnologie anche in fatto di energie rinnovabili, arrivando addirittura a considerare questo come un parametro discriminante anche in fase di valutazione dell'investimento.
Ci interessa, però, anche puntualizzare che la partita con gli altri ministeri, soprattutto sul tema dell'incentivazione delle fonti rinnovabili, non deve diventare semplicemente una questione di destinatari delle risorse, come se si litigasse semplicemente per una coperta che finisce sempre per essere corta.
Vorremmo invece che questa partita fosse davvero caratterizzata da un approccio integrato a quello che può e deve finalmente diventare un volano non soltanto nell'ambito specifico del raggiungimento degli obiettivi energetici, ma, in generale, come uno degli aspetti che potrebbe rilanciare alcuni settori importanti giustamente da lei menzionati, soprattutto nell'ambito dell'introduzione di nuove tecnologie dell'economia nel nostro Paese, che ha bisogno comunque di cercare nuovi settori di intervento.
I dati che lei fornisce sulla diminuzione dei consumi, infatti, sicuramente dipendono da un effetto della crisi, ma, siccome partono nella misurazione dal 2006, probabilmente dipendono anche dal fenomeno della delocalizzazione delle attività produttive che riguarda in maniera specifica il nostro Paese e che potrebbe facilitare anche un'attività di sostituzione qualora questi diventino davvero incentivi a nuove tecnologie di cui potremmo già oggi essere leader in alcuni campi.
L'ultimo aspetto è quello relativo alla partita sulle reti e sulle infrastrutture. Ritengo che questa possa diventare una sfida prioritaria per i prossimi anni e che potrebbe addirittura essere in maniera specifica affrontata dandosi dei veri e propri obiettivi nella programmazione e nei provvedimenti che state approntando.

AGOSTINO GHIGLIA. La maggioranza è ampia, ma composita, quindi anch'io faccio i miei ringraziamenti per differenziarmi nell'unità.
Mi riconosco, ovviamente, in molte delle domande rivolte dai colleghi, soprat


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tutto in quelle del collega Dussin. Ho solo due domande aggiuntive.
Lei ha toccato solo tangenzialmente il problema dell'eolico: che ne facciamo? Ci sono regioni, come la mia, dove non esiste. Ci sarà anche poco vento in Piemonte, come suggerisce qualcuno, ma ci sono anche, ovviamente, mille difficoltà di carattere burocratico.
Non sono un particolare fan dell'eolico, ma faccio notare che c'è una regione, ad esempio, rispetto a un Piano nazionale o a quello di vecchia generazione, dove semplicemente non ci sono. Secondo me, possiamo anche farne a meno, ma vorrei capire perché non ha neanche senso che si vada a macchia di leopardo e in alcune regioni, magari anche particolarmente produttive, semplicemente non esista. Da questo punto di vista, quindi, forse qualche approfondimento sarebbe necessario.
La seconda questione è quella dell'elettrico. La ringrazio, signor ministro, per le sue posizioni, che constato essere assolutamente coerenti e favorevoli anche allo sviluppo di questo tipo di mobilità. C'è una proposta di legge, un testo unificato peraltro, in X Commissione che giace lì sostanzialmente per mancanza di risorse e faccio notare che l'annunciato decreto ministeriale sulle biomasse comporta oneri più o meno pari a quelli necessari a dare copertura finanziaria a quel testo unificato, cioè ad una vera e propria legge bipartisan.
Le chiedo per questo se è possibile reperire i fondi per la fase di start up e per far diventare quella proposta di legge una realtà. Credo, infatti, che sia anche una proposta di legge qualificante per l'Italia.

GIANLUCA BENAMATI. Vorrei riprendere un concetto che è stato espresso da altri colleghi del gruppo del Partito Democratico e sottolineato, in particolar modo, dall'onorevole Dussin. Stamattina, signor Ministro, nella sua relazione, per l'ampiezza della quale la ringraziamo, ha posto un tema, quello della necessità che il Paese si doti al più presto di un Piano energetico nazionale, che sovente abbiamo toccato in questa e nelle altre Commissioni.
L'ampiezza del discorso sulle fonti rinnovabili, sul risparmio energetico, sull'incentivazione si inquadrano, infatti, nella necessità di un piano energetico nazionale o comunque di una cornice più ampia. Lei ha opportunamente ricordato che la prima parte di questa legislatura è stata caratterizzata da un'impostazione energetica da parte del precedente Governo che potremmo indicare con la formula «25-25-50», 25 per cento da fonti rinnovabili, 25 per cento da nucleare e 50 per cento da fonti fossili. Le cose sono cambiate. A questo punto crediamo che sia effettivamente urgente una riflessione, attivare uno studio, completare un piano energetico nazionale di riferimento di cui, ovviamente, la parte delle rinnovabili e del risparmio energetico non possono che essere una costola importante.
Quanto ha detto relativamente alle differenti possibilità e opzioni per sopperire al 25 per cento del nucleare che con il referendum del giugno scorso è venuto meno è semplicemente un esempio di quello che ci si pone di fronte. Se questo Governo, se il suo Ministero, in raccordo con il Ministero dello sviluppo economico, visto che le competenze si intersecano, avessero l'intendimento di porre mano in quest'ultimo scorcio di legislatura ad una revisione del Piano energetico nazionale o di predisporre un nuovo Piano, credo che in questa Commissione, come già hanno detto molti colleghi, al di là delle momentanee configurazioni politiche di maggioranza e opposizione, lei potrebbe trovare un solido e importante aiuto. Ma, e vengo qui alle domande che vorrei porle: qual è l'intenzione generale del Governo? Qual è la sua proposta in merito e qual è quella del Ministro dello sviluppo economico? Infine, qual è il rapporto fra il suo Ministero e il Ministero dello sviluppo economico?

TINO IANNUZZI. Signor Ministro, ho una sola domanda. Si è parlato del 55 per cento, ma in realtà, per effetto dell'articolo 4 del cosiddetto «decreto salva Italia»


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sappiamo non soltanto che il 55 per cento non è stabilizzato, ma che, essendo ricompreso dal 1o gennaio 2013 nel 36 per cento per le ristrutturazioni edilizie, avremo da quella data che il 55 per cento si ridurrà alla misura del 36, spalmabile in dieci anni con il tetto di 48.000 euro.
Al momento la situazione è dunque assolutamente disastrosa perché gli investitori, gli operatori del settore, ovviamente devono avere un minimo di orizzonte temporale di riferimento. Ora, non solo sono nell'incertezza di quello che accadrà, ma sanno che dal 1o gennaio 2013, cioè tra undici mesi, ci sarà una drastica decurtazione dei benefici derivanti dell'agevolazione fiscale attualmente in campo.
Su questo, il Ministero dell'ambiente e il Governo tutto devono agire e tempestivamente, entro le prossime settimane, altrimenti si creerà un vuoto che indebolirà tutto il settore e lo minerà in prospettiva.

PRESIDENTE. Concludo molto rapidamente io il giro di domande. Lei ha toccato nella sua ampia relazione, che anch'io ho apprezzato, il tema delle competenze delle regioni nei procedimenti autorizzativi e anche, direi, nel determinare piani regionali che, in qualche modo, devono essere assolutamente congruenti e coerenti con le previsioni e gli obiettivi nazionali, il che spesso non accade ancora. Molto opportunamente, a questo proposito, lei ha parlato del burden sharing: ma, le chiedo, come intende agire il suo Ministero perché ciò accada?
Riporto qualche esempio. Se ogni regione pone delle proprie soglie, e quasi tutte le regioni lo fanno, come massima produzione di energia rinnovabile, naturalmente può succedere che, se ciascuno lo fa per conto suo, il totale di queste soglie non consente di conseguire l'obiettivo nazionale del meno 20 per cento di emissioni di gas a affetto serra, o addirittura dell'ipotizzato obiettivo del meno 30 per cento da lei richiamato: come si affronta questo tema?
L'altra questione, che pure lei ha toccato, è quella di procedimenti autorizzativi. Francamente, c'è una giungla di procedure amministrative, regione per regione, per cui l'investitore di eolico o di fotovoltaico si scontra, territorio con territorio, con regole che pure in qualche modo sono rientranti in un contesto nazionale, ovviamente, ma alcune volte in maniera molto farraginose, altre volte molto meno, altre volte addirittura sono troppo larghe. Anche da questo punto di vista bisognerebbe trovare un modo di omogeneizzare le procedure.
Penso soltanto, anche per parlare di organi dello Stato, ai diversi atteggiamenti che le Soprintendenze per i beni culturali e paesaggistici hanno nei diversi territori regionali. Anche per questo credo che il Governo dovrebbe in qualche modo riuscire a trovare un'armonizzazione per rendere coerenti e congruenti.
Considerato che i suoi impegni, signor Ministro, non le permettono di trattenersi per rispondere alle domande dei commissari, se è d'accordo, potremmo rinviare a una prossima seduta la sua replica.

CORRADO CLINI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Per me va benissimo. Colgo l'occasione della sua domanda, presidente, per scusarmi con lei e con la Commissione per essermi dimenticato di dire che il decreto sul burden sharing regionale, previsto dal decreto legislativo n. 28 del 2011, è già stato sottoposto dal Governo all'attenzione della Conferenza unificata per il prescritto parere.

PRESIDENTE. Nel ringraziare il Ministro Clini, rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta.

La seduta termina alle 10,25.

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