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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione VIII
19.
Mercoledì 29 febbraio 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Margiotta Salvatore, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE POLITICHE AMBIENTALI IN RELAZIONE ALLA PRODUZIONE DI ENERGIA DA FONTI RINNOVABILI

Audizione di rappresentanti della società Power-One Italy Spa:

Margiotta Salvatore, Presidente ... 3 7 8 11
Casini Paolo, Responsabile marketing e sviluppo di Power-One Italy Spa ... 8 9
Farri Averaldo, Consigliere delegato di Power-One Italy Spa ... 3 9 10
Mariani Raffaella (PD) ... 7
Nucara Francesco (Misto-R-A) ... 8 10
Realacci Ermete (PD) ... 7 9
Ricci Giuseppe, Direttore generale di Power-One Italy Spa ... 10

Audizione di rappresentanti della società Revolution Energy Maker Spa (REM):

Margiotta Salvatore, Presidente ... 11 13 14 16
Angoli Roberto, Presidente di Revolution Energy Maker Spa ... 11 14 15 16
Bratti Alessandro (PD) ... 14
Dionisi Armando (UdCpTP) ... 14
Mariani Raffaella (PD) ... 15
Nucara Francesco (Misto-R-A) ... 14
Realacci Ermete (PD) ... 13 16

ALLEGATI:
Allegato 1: Documentazione consegnata dai rappresentanti di Power-One Italy Spa ... 17
Allegato 2: Documentazione consegnata dai rappresentanti di Revolution Energy Maker Spa (REM) ... 29
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA.

[Avanti]
COMMISSIONE VIII
AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 29 febbraio 2012


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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SALVATORE MARGIOTTA

La seduta comincia alle 15,15.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti della società Power-One Italy Spa.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle politiche ambientali in relazione alla produzione di energia da fonti rinnovabili, l'audizione di rappresentanti della società Power-One Italy Spa.
La società rappresentata dal dottor Averaldo Farri, consigliere delegato, dal dottor Giuseppe Ricci, direttore generale, e dal dottor Paolo Casini, responsabile marketing e sviluppo.
Siamo in ritardo, quindi vi pregherei restringere il tempo dell'audizione a una ventina di minuti. Preferiremmo un intervento illustrativo di una decina di minuti, per poi dare la possibilità ai colleghi di fare domande.
Do dunque la parola al dottor Averaldo Farri.

AVERALDO FARRI, Consigliere delegato di Power-One Italy Spa. Innanzitutto, vi ringrazio dell'invito. Leggerò una relazione che ho preparato; tuttavia, se avete domande, vi prego di interrompermi in qualsiasi momento. Inizio con una breve presentazione dell'azienda.
Power-One è una società di capitali americana, quotata al NASDAQ (National association of securities dealers automated quotation). La struttura italiana è stata acquisita dalla società americana per avere una presenza nel settore delle energie rinnovabili. È la nostra tecnologia, quindi, che è stata esportata in America e non viceversa, come spesso erroneamente si crede. Siamo presenti nel territorio di Terranuova Bracciolini, in provincia di Arezzo, fin dal 1969. Il successo ottenuto negli ultimi quattro anni con i nostri inverter fotovoltaici ci ha permesso di far crescere il nostro fatturato dai 140 milioni di euro di quattro anni fa ai 580 milioni di fine 2011 e di ampliare l'occupazione da 450 a 1.245 addetti.
Nel 2010, Power-One Italia ha conseguito il secondo posto a livello mondiale per la vendita di inverter fotovoltaici, posizione che abbiamo confermato anche nel 2011. Siamo un'azienda che fonda la propria eccellenza sulla tecnologia di base della conversione di potenza, un ambito ingegneristico molto tecnico, e il nostro know-how ci permette di ideare e progettare strumenti e soluzioni per qualsiasi ambito in cui questa tecnologia debba essere usata.
Quando siamo stati invitati per questa audizione, ci siamo posti un obiettivo, che abbiamo riassunto in due punti, partendo dall'affermazione fatta dal Ministro Clini proprio davanti a questa Commissione in relazione al fatto che l'85 per cento dei


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ricavi e degli incentivi messi a disposizione per lo sviluppo dell'energia fotovoltaica sono finiti in mani straniere. Ecco, il nostro obiettivo primario deve essere quindi trovare un modo per ribaltare questo stato di cose, creando una filiera di valore italiana per far sì che questo 85 per cento rimanga in mani italiane.
Ciò tocca un aspetto fondamentale. Vi è, infatti, la necessità - secondo noi improrogabile - di un piano energetico nazionale, definito nei suoi dettagli, che stabilisca le quote energetiche per ogni fonte disponibile, rinnovabile e non rinnovabile, e che provveda a chiarire i dubbi e le esigenze di ENEL e Terna, rispettivamente nei settori della produzione e della distribuzione dell'energia nazionale, fornendo, al contempo, maggiore stabilità al quadro legislativo, che, per quel che riguarda le fonti rinnovabili, e in particolare il fotovoltaico, è cambiato sette volte negli ultimi diciotto mesi.
Il mercato di riferimento è quello dell'energia. In Italia, lo sviluppo del fotovoltaico ha predisposto il Paese a una vera e propria rivoluzione energetica. La spesa prevista, che potrebbe oscillare tra i 120-140 miliardi di euro in vent'anni, può sembrare molto alta, ma non lo è, se si tiene conto che l'Italia ha investito in una fonte pulita e rinnovabile che produce energia - cosa molto importante da sottolineare - a costo zero per un periodo di tempo illimitato e con costi di manutenzione estremamente bassi.
Viceversa, qualsiasi altra fonte energetica, sebbene costi al momento di meno in termini di produzione del chilowatt di picco, richiede risorse in maniera continuativa. Insomma, la spesa rimane sempre tale e non diventa mai un investimento. Per esempio, riguardo al gas, al petrolio o al carbone, dobbiamo acquistarli continuamente, anno dopo anno, mese dopo mese, stagione dopo stagione. Oltretutto, queste fonti sono soggette a fluttuazioni di prezzo anche molto grandi e soprattutto fuori dal nostro controllo, come sistema Paese, ragion per cui richiederebbero, nell'arco di vent'anni, una spesa assai vicina, se non superiore, ai 140 miliardi di euro per generare la stessa energia prodotta attraverso la fonte fotovoltaica.
Inoltre, è importante sottolineare che l'Italia non dispone di quelle materie prime, per cui, senza altre fonti, l'Italia non disporrebbe mai di una fonte energetica autonoma. Del resto, se avessimo fatto il nucleare, avremmo speso molto più dei 140 miliardi messi a disposizione per il fotovoltaico e avremmo continuato a spendere moltissimo negli anni non solo per acquistare uranio e plutonio, che non abbiamo, ma anche per smaltire le scorie.
Oltretutto, ci preme sottolineare che ci sono nel mondo 1,3 miliardi di persone che non hanno energia e che non dispongono di acqua corrente, per le quali le energie rinnovabili sono l'unica speranza di poterne disporre nel futuro. Sotto questo aspetto, l'Italia può giocare un ruolo forte e decisivo con questi Paesi in via di sviluppo che non dispongono di energia fruibile al punto di consumo.
In più, l'impatto ambientale del fotovoltaico è praticamente nullo, visto che la filiera non produce sostanze inquinanti, il materiale installato è riciclabile al 100 per cento e le aree interessate possono essere riassegnate alla destinazione originale senza importanti interventi di ripristino.
Passo ora a illustrare la slide 4, che è abbastanza complessa. Tuttavia, la sua finalità è quella di indicare un elemento in particolare; tralascio, quindi, la lettura delle cifre che potrebbero generare confusione. A ogni modo, ve la lascio, se vorrete analizzarla in dettaglio.
In sostanza, vogliamo sottolineare che il fotovoltaico non provoca un aumento dei costi di gestione negli anni, al contrario di qualsiasi altra fonte. Infatti, il fotovoltaico, per sua natura, è una fonte che, una volta installata, produce a costo zero. L'incentivo messo a disposizione è andato man mano calando negli anni, come anche i prezzi per l'installazione. Quindi, di per sé, il fotovoltaico non ha - ripeto - aumento di costi di gestione negli anni. Il dato che abbiamo riportato - preso, peraltro, da una tabella dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas - mostra che il fotovoltaico


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incide, in media, per circa 30 euro all'anno sulla spesa di una famiglia media italiana.
Il progetto di una filiera industriale italiana è riportato nella slide numero 5. L'obiettivo primario - mantenere una forte presenza di filiera italiana e fare in modo che gli incentivi siano a essa devoluti - può essere realizzato solo facendo in modo che la filiera italiana delle rinnovabili possa radicarsi nel tessuto industriale, commerciale e finanziario della nazione in maniera definitiva, beneficiando di programmi che ne favoriscano lo sviluppo. A questo fine, crediamo che le componenti fondamentali che devono integrarsi in maniera sinergica per lo sviluppo di un sistema industriale forte sono quattro e devono poter coesistere e integrarsi in modo efficiente e continuativo: innanzitutto, vi è lo Stato e le istituzioni, poi l'industria, il sistema bancario e infine l'università. Queste sono - ripeto - le quattro componenti fondamentali.
In primo luogo, è auspicabile che il Governo si faccia promotore e regista di tavoli tecnici permanenti per la definizione di programmi strategici di medio e lungo termine, a cui vengano convocati i rappresentanti di industria, enti di ricerca, università e i gestori dei servizi. Tali tavoli dovrebbero definire le norme nazionali per il soddisfacimento degli obiettivi energetici nazionali con risorse domestiche, in luogo di iniziative non concertate delle singole componenti che troppo spesso attingono a tecnologie importate dall'estero. Più avanti possiamo magari riportare degli esempi. Peraltro, questo approccio è la prassi attualmente seguita in Paesi in fortissimo sviluppo, come la Cina e la Germania. In questo modo, si potrebbe, poi, portare a conoscenza dei citati tavoli tecnici l'esistenza di strumenti che permettono, per esempio nella pubblica illuminazione, di ridurre lo spreco energetico fino al 40 per cento e di recuperare l'investimento fatto entro 3-5 anni. È il caso di una linea di prodotto che denominiamo I-Illumination che aumenta l'efficienza della gestione complessiva dell'energia, permettendo un importante risparmio della stessa.
Esaminiamo, ora, il compito specifico di ognuna delle quattro componenti di cui abbiamo parlato, a cominciare dallo Stato e dalle istituzioni.
Riteniamo che il compito dello Stato e delle istituzioni sia creare le premesse per lo sviluppo delle attività economiche, quindi i quadri normativi di riferimento entro i quali tutte le altre componenti del sistema possano sviluppare e portare a compimento la loro strategia. È chiaro, infatti, che l'industria non può investire nel lungo termine, se i riferimenti normativi sono incerti. Un ciclo industriale, per quanto breve, richiede almeno tre anni affinché possa compiersi; è, quindi, fondamentale che almeno questo orizzonte temporale sia garantito. Lo stesso vale per il sistema finanziario e in grande parte anche per l'università, visto che un corso di laurea dura almeno tre anni. Pertanto, sarebbe assai utile che certe normative molto specifiche e tecniche come quelle in questione fossero discusse e concordate con l'industria nel suo complesso, se possibile al di fuori di logiche lobbistiche o di interessi particolari.
Infine, è necessario favorire le riconversioni industriali indirizzate allo sviluppo delle rinnovabili con sgravi fiscali ed altri tipi di incentivazione. Questo potrebbe servire a rilanciare e a offrire prospettive a settori industriali che segnano il passo e che in questo momento possono solo delocalizzare in altri Paesi. Oltre a ciò, importante giovamento potrebbe essere ottenuto dall'espansione ulteriore della filiera industriale, sviluppando tecnologie come il thin film o le celle organiche, cosa che genererebbe sicuramente un incremento della catena del valore e dell'occupazione nel nostro Paese.
La slide 7 mostra un benchmark con la Germania, riportando un estratto della legge tedesca. Infatti, consideriamo questo Paese come un esempio per le politiche sulle energie rinnovabili in generale. Tuttavia, dati i tempi ristretti, passerei direttamente alla slide 8, che riguarda l'industria.
In un quadro di riferimento scarsamente competitivo come quello italiano, il


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compito dell'industria è innovare prodotti e metodi di produzione e di test, portando questi prodotti su quanti più mercati possibile. La concorrenza che viene dall'Estremo oriente si può sconfiggere e il bene lavoro può essere mantenuto anche in Italia. Sotto questo aspetto, crediamo di essere un esempio e una prova concreta, nonostante operiamo in un settore - quello dell'elettronica di potenza - in cui Paesi fortemente competitivi, come la Cina, sono attori divenuti oramai primari. Ciò nonostante, siamo convinti che l'industria può e deve mettere a disposizione la propria forza per il territorio in cui opera.
Nello specifico, Power-One è legata al proprio territorio e ha difeso le sue scelte di fronte al management americano anche in momenti di grave crisi, come quando, a seguito all'esplosione della bolla di internet e delle telecomunicazioni, la delocalizzazione in Estremo oriente sembrava essere l'unica strada per poter continuare a sopravvivere. L'industria italiana riesce a competere e a far sistema - è il caso di Power-One con Solsonica di Rieti o con varie università con cui collaboriamo -, quindi a prosperare e creare ricchezza nel Paese, a patto che possa contare su un quadro legislativo stabile e su regole certe.
Da parte nostra, garantiamo il nostro impegno, anche personale se richiesto, affinché l'Italia possa ritornare a essere un posto dove si lavora in maniera competitiva e dove è possibile attrarre capitali e aziende straniere. Abbiamo già le premesse affinché ciò accada. Tuttavia, è necessario che in Italia il lavoro sia deideologizzato, diventando un valore condiviso fondato su basi fortemente etiche.
Vengo ora al sistema bancario - il terzo componente della nostra ricetta - che, purtroppo, rappresenta uno dei problemi strutturali della filiera italiana, visto che l'accesso al credito è stato sempre molto problematico, ma in questo momento lo è ancora di più. Finanziamenti e mutui agevolati che aiutino l'impresa nella realizzazione di progetti mirati sono fondamentali per la crescita del settore. Per contro, in Italia l'accesso al credito è fortemente inadeguato e non garantisce alle aziende il sostegno di cui hanno bisogno per investire.
Riguardo all'università, vorrei dire che anche il network fra università e imprese deve essere agevolato e grandemente potenziato. In questo momento, l'università è quasi del tutto estranea all'industria; ciò vale anche per quelle facoltà, come ingegneria, che dovrebbero preparare i futuri dirigenti aziendali e i futuri imprenditori. La collaborazione fra aziende e atenei è di quasi esclusivo appannaggio di professori di buona volontà, senza nessun sistema codificato sulla base del quale un ateneo possa collaborare con le aziende. Da parte delle aziende, non vi è alcun problema anche a finanziare delle classi o progetti di ricerca; serve solo che questa possibilità sia normata e che, da parte dei direttori di facoltà, si cominci a pensare a una logica di cooperazione continuativa con il mondo industriale.
In conclusione, citiamo l'economista americano Jeremy Rifkin, che è, forse, il precursore della rivoluzione energetica. Riportiamo una dichiarazione che ha rilasciato a Potenza il 2 dicembre 2011. Rifkin parla delle condizioni che rendono possibile uno sviluppo sostenibile. In primo luogo, - dice - occorre portare le nuove energie sul piano della condivisione e iniziare a parlare di energie condivise, ovvero accessibili a tutti. È necessario, poi, agire sull'edilizia, facendo di ogni edificio una piccola centrale energetica per innalzare la produzione di elettricità e di calore. La terza rivoluzione industriale - aggiunge - passa anche attraverso l'immagazzinamento dell'energia prodotta in eccesso, dotando le città di sistemi di accumulo e di stoccaggio che prevedano l'integrazione dell'idrogeno, e attraverso reti intelligenti che consentano una produzione diffusa di energia. Ciò che, infine, permetterà alla rivoluzione di compiersi sarà una rete di ricarica per veicoli elettrici che, oltre a fornire energia, sia anche in grado di accettarne dall'esterno.
Crediamo, in conclusione, che il nostro Paese abbia una grande chance davanti a sé, potendo diventare un protagonista in


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grado di guidare, influenzare, gestire e trarre dalla terza rivoluzione industriale benefici di vastissima portata per tutta la collettività. Grazie della vostra attenzione.

PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Farri anche per la documentazione consegnata, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata (vedi allegato 1).
Do la parola ai deputati che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

ERMETE REALACCI. Conosco l'esperienza di Power-One Italy Spa. So bene, quindi, che è vero che l'azienda è migrata, nel corso del tempo, su vari tipi di produzione, mantenendo un forte legame con il territorio e una forte spinta innovativa.
Vorrei porre alcune domande, alle quali, se non potete adesso, potrete rispondere in seguito, inviandoci informazioni che potrebbero essere utili ai fini delle prossime audizioni.
D'altronde, conosco - anche se non c'è nessuna slide - il vostro impegno forte sul versante dell'innovazione. Per esempio, so che state assumendo 100 giovani ricercatori neolaureati, che è un punto di spinta notevole. La prima domanda è: dei 580 milioni di euro di fatturato dell'anno passato, quanta parte è proveniente dall'export? Del resto, sotto questo profilo, il dato che avete citato del Ministro Clini era sbagliato, avendo egli riferito una cifra in maniera un po' olistica. A ogni modo, quanta parte del vostro fatturato - ripeto - è relativo all'export?
Inoltre, oggi ho visto che la Germania ha ulteriormente abbassato i contributi per il fotovoltaico, in relazione all'abbassamento del costo delle celle, linea che mi sembra giusta e condivisa. Siccome circolano dei dati abbastanza incerti, vorrei capire le vostre valutazioni su quando sarà possibile raggiungere la grid parity su questo fronte.
Vengo, infine, all'ultima questione. Rispetto al prezzo del chilowattora - voi citate dati interessanti, che, bisogna approfondire - ho letto diverse elaborazione interessanti, ma nessuna esaustiva. Ecco, se aveste qualche dato in proposito, ci potrebbe essere utile. Infatti, nello stabilire il costo del chilowattora, come è noto, incide molto l'attivazione degli impianti marginali quando c'è il picco di domanda di energia, che oramai si è spostato dall'inverno all'estate, visto che gli impianti di condizionamento e raffrescamento contano più di quelli di riscaldamento. Dico questo in termini crudi, però, tutto sommato, è quello che accaduto negli ultimi quindici anni. Ecco, questo fa dire a molti che, siccome il picco di produzione delle rinnovabili in generale, ma in particolar modo del fotovoltaico, si ha proprio in quel momento, vale a dire d'estate, l'essere in campo del fotovoltaico produce un abbassamento complessivo del costo del chilowattora anche per il cittadino. È vero? Qualora non ci fosse una valutazione su questo aspetto, potreste mandarci uno studio in materia, visto che questo punto ha un suo rilievo particolare?

RAFFAELLA MARIANI. Vorrei ringraziare l'azienda Power-One della sua partecipazione. Peraltro, per noi toscani, essa è motivo di orgoglio, ma anche di preoccupazione nei momenti difficili, specie quando la normativa, come è purtroppo accaduto negli ultimi anni, non è chiara e stabile.
Vorrei porre una questione, anche in merito alla discussione che viene fatta al Senato sull'articolo 65 del decreto-legge n. 1 del 2012 (cosiddetto «decreto liberalizzazioni» che ridurrà la possibilità di installare impianti fotovoltaici a terra, ragion per cui vi sarà di nuovo una riduzione della capacità di estensione degli impianti, ma sopratutto con il blocco dell'installazione degli impianti ad alta concentrazione, che non hanno alternative. Insomma, il Governo intende - almeno questa è la nostra percezione - incentivare maggiormente l'utilizzo di tetti e discariche per le installazioni del fotovoltaico tradizionale, cosa che per il fotovoltaico ad alta concentrazione sarà probabilmente


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un colpo molto duro. Vorrei, quindi, sapere quali sono stati gli effetti di questi ultimissimi provvedimenti.
Inoltre, avendo colto preoccupazione anche in altri settori, vorrei porre una domanda riguardo al sistema bancario. Sotto questo aspetto, anche ieri, abbiamo letto sui principali quotidiani affermazioni, provenienti da esponenti del sistema bancario italiano, molto benevole nei confronti delle imprese, come se queste ultime fossero state sempre assistite, anche in questi mesi difficili. Ecco, dal vostro punto di vista, questo è vero oppure c'è stata una difficoltà nell'utilizzo del credito anche dopo l'aiuto della BCE alle banche nazionali che speravamo - almeno per i segnali che abbiamo avuto - fossero più incisivi sul sistema imprenditoriale e industriale?

FRANCESCO NUCARA. Innanzitutto, chiedo scusa di essere arrivato in ritardo. Non vorrei, infatti, che qualche mia domanda avesse già trovato risposta all'inizio della relazione, cosa di cui mi scuso fin da ora.
Ecco, io credo vi sia un problema rispetto al fotovoltaico. Dell'eolico non parlo nemmeno, essendo totalmente contrario, per principio. Rispetto al fotovoltaico, ho sentito dire che l'energia da fotovoltaico è a costo zero. Se, però, si richiede un investimento, non è per niente a costo zero. Insomma, si deve sapere quanto rende l'investimento per poi spendere i soldi. Per questo riguarda la produzione, è ovvio che proviene dal Padreterno, attraverso il sole. Io, che vengo da una regione dove il sole certamente non manca, penso che, in quei luoghi, si potrebbe fare di tutto e di più.
Ciò nonostante, facendo l'avvocato del diavolo, i nuclearisti convinti sostengono che la produzione di energia che arriva dal fotovoltaico va bene, ma, per un Paese industriale, non c'è la potenza per fare andare avanti le industrie. Insomma, c'è una produzione, ma manca la potenza. Ecco, vorrei capire se ciò che dicono i nuclearisti è vero. Peraltro, sono tutti professori universitari. Il relatore ha citato Rifkin, ma potrei citare altri venti studiosi che affermano il contrario. Si tratta, quindi, di una diatriba tra scienziati, che francamente ci interessa poco. Vorremmo, invece, capire se il problema che ho rappresentato è vero e come si può sopperire a questo problema. Il fotovoltaico è senz'altro un bene. Infatti, anche solo per l'energia domestica - minimizzo per farmi capire - sarebbe già di per sé un valore. Tuttavia, resterebbe sempre il problema che per far camminare un Paese industriale abbiamo bisogno della potenza, oltre che della quantità di energia.
Stando alle mie conoscenze, i pannelli per il fotovoltaico nel mondo sono di due tipi: i tedeschi e i cinesi, almeno quelli più diffusi. Ora, secondo qualche autorevole membro del Governo, i migliori sono i tedeschi, ma costano troppo per poter fare investimenti seri sul fotovoltaico in Italia; viceversa, quelli cinesi costano di meno, ma producono di meno e si deperiscono più velocemente.
Vengo all'ultima domanda. Mi pare di aver sentito che il terreno sottostante a un eventuale impianto fotovoltaico - non mi riferisco all'impianto sul palazzo o sulla struttura pubblica, che può essere una scuola - è subito utilizzabile. Per contro, a me dicono che il calore che arriva al terreno su cui si trovano i pannelli è talmente forte che lo stesso non sarebbe utilizzabile per almeno vent'anni. Ecco, vorrei una risposta chiarificatrice rispetto a questa notizia che mi arriva dai giornali e dai convegni. Grazie.

PRESIDENTE. Do la parola ai rappresentanti di Power-One Italy Spa per una breve replica.

PAOLO CASINI, Responsabile marketing e sviluppo di Power-One Italy Spa. Rispondendo all'onorevole Realacci, dico che dei 580 milioni di euro di fatturato, l'export è circa il 50 per cento. Quindi, fatturiamo il 50 per cento in Italia e il restante 50 all'estero, non solo in Europa, visto che vendiamo dall'Australia al Canada. Tengo a sottolineare l'importanza del 50 per cento italiano che, sebbene non rappresenti la maggioranza assoluta, è la


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quota da cui Power-One attinge per migliorare e sviluppare il know-how che serve per vendere anche l'altro 50 per cento che va all'estero.
In relazione alla seconda domanda, riguardo alla gird parity, devo dire che ciò dipende da diversi parametri. L'analisi dovrebbe essere calata territorio per territorio, a seconda del costo al chilowattore e, nel caso fotovoltaico, anche delle condizioni di irraggiamento della specifica area. Se si guarda agli scenari europei, la grid parity è abbastanza vicina. Visto che si parlava della Germania, posso dire che, fatte poche eccezioni, è presumibile che in due anni in Germania si possa raggiungere quel livello, malgrado il livello di insolazione e irraggiamento abbastanza basso. Indicativamente, dovremmo arrivare a un costo del chilowatt installato che dovrebbe oscillare fra l'1,52 e 1,12-1,13, a seconda se l'installazione è residenziale o di larga scala, affinché si possa parlare di grid parity in Germania.
Tuttavia, l'Italia può arrivare anche prima a questo obiettivo, essendo il nostro livello di irraggiamento superiore. Dal punto di vista della capacità di installare in maniera ottimale, siamo un po' indietro rispetto ai tedeschi, che hanno sistematizzato l'installazione meglio di noi, quindi abbiamo un costo leggermente più alto, cosa che, in parte, compensa il più alto irraggiamento. A ogni modo, gli orizzonti temporali sono in quest'ordine di grandezza. Questo vale in generale; poi si può calare l'analisi in maniera dettagliata in relazione al singolo Paese.
Quanto alla terza domanda, che è una bella domanda, dico che non è facile rispondere. Possiamo, però, documentarvi per quanto riguarda l'incidenza sul costo del chilowattora della cosiddetta peak demand. Se si va a estremizzare l'analisi e si guarda a Paesi dove questo fenomeno è fortemente spinto, posso citare uno studio - che, però, non è pubblicato; e forse potete immaginare il perché -fatto da un'utility australiana che guarda in maniera specifica a questo. A ogni modo, lo studio sostiene che una percentuale - in doppia cifra, quindi molto alta - del fatturato delle utility locali era dovuta, appunto, alla peak demand, cioè al soddisfacimento del picco di domanda, limitando a 36 ore nell'arco dell'anno la generazione responsabile di un fatturato a doppia cifra. È un caso estremo e forse non è neppure quello da prendere più in considerazione, ma senz'altro ci possiamo...

ERMETE REALACCI. E in Italia?

PAOLO CASINI, Responsabile marketing e sviluppo di Power-One Italy Spa. Per l'Italia, i dati mancano, ma si potrebbe cercare di arrivare a qualcosa.

AVERALDO FARRI, Consigliere delegato di Power-One Italy Spa. Potrei provare a trovarli attraverso il GIFI (Gruppo imprese fotovoltaiche italiane). In termini relativi, l'anno scorso, sul picco dell'agosto o del luglio, quando tutto il borsino elettrico porta il costo dell'elettricità intorno a 27-28 centesimi invece che ai consueti 15-17, che si paga normalmente, si era visto che, per effetto del fotovoltaico, i 27 venivano «screstati» intorno ai 21. Quindi, era un bel calo, di circa il 20 per cento. Poi vi manderò i dati relativi all'anno scorso.
Vorrei ora rispondere all'onorevole Mariani circa gli effetti dell'ultimo provvedimento. L'articolo 65 del decreto-legge n. 1 del 2012 in quanto tale, per come era scritto nella bozza del decreto, non impattava tanto sul mercato. Tuttavia, ha creato nuovamente turbolenza e indecisione. Per esempio, le banche si sono di nuovo fermate subito rispetto ai finanziamenti. Infatti, purtroppo, dopo il decreto cosiddetto «ammazza rinnovabili» e il quarto conto energia, in questo corridoio, sono state fatte tre o quattro eccezioni. L'articolo 65 riguarda proprio una di queste eccezioni, ovvero chi avesse avuto la licenza di installare, entro il marzo dell'anno passato, può farlo entro la fine di quest'anno a tariffe incentivanti, che sono quelle del quarto conto energia. Eliminando questa opportunità, si tagliano dei diritti acquisiti secondo la vecchia legge.


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Pertanto, si crea una turbolenza sul mercato e chi ha investito in un campo fotovoltaico di grandi dimensioni ha avuto un colpo notevole, da un punto di vista finanziario. Ora, non so come si è evoluto questo decreto. Da parte nostra, come GIFI, abbiamo fatto delle proposte per aggiustarlo, non per stravolgerlo, ma non so quanto sia stato recepito.
Invece, riguardo alle banche, la domanda è molto pertinente perché, purtroppo, le aziende non vedono soldi. Tuttavia, anche in questo caso, c'è da fare un distinguo poiché questo non riguarda certamente Power-One, specie se considerate che abbiamo 150 milioni di euro in banca. In un certo senso, siamo noi che facciamo da banca alla banca, quindi, anche se prendiamo un prestito perché ci sono condizioni finanziarie agevolate o buone, resta il fatto che la banca ha più soldi da noi che noi dalla banca. Insomma, non facciamo testo. Pr contro, aziende nostre consorziate, in particolare il nostro famoso consorzio, cioè la filiera a chilometro zero che abbiamo realizzato, non hanno soldi dalle banche. Dunque, il problema è molto grave.

GIUSEPPE RICCI, Direttore generale di Power-One Italy Spa. Vorrei rispondere all'ultima domanda, cercando di spiegare cosa intendiamo per produzione a costo zero. È chiaro che l'impianto ha una durata stimata nell'ordine dei 20-25 anni. Esiste una prima fase iniziale, che possiamo valutare dai 5 agli 8 anni, a seconda del luogo dell'installazione, nella quale viene ammortizzato completamente il costo dell'impianto. Da quel momento in poi, il sistema è in grado di generare energia, quindi ricchezza, senza bisogno di acquistare nessuna materia prima. Una centrale a carbone continuerà a comprare carbone per funzionare e avrà dei costi d'esercizio. Il fotovoltaico non compra nessuna materia prima per andare avanti e ha dei costi di esercizio molto bassi.
Passando alla seconda domanda, è vero che i pannelli tedeschi sono migliori e più costosi di quelli cinesi, meno costosi e con un livello di qualità inferiore. Credo, però, che occorra dare a questa dimensione un volume. La diminuzione dei costi dei pannelli è stata drammatica. Secondo noi, ci sono ancora margini per lavorare. In questi sistemi è attraverso l'innovazione tecnologica e dei processi produttivi che si devono creare le condizioni per stare in Europa a produrre.
Peraltro, il nostro è un esempio semplicissimo. Eravamo nel settore delle telecomunicazioni e dell'elettronica dell'industria. Nel momento dell'esplosione della bolla delle telecomunicazioni, ci siamo trovati a sopravvivere con l'elettronica degli elettrodomestici, quindi grossi volumi e oggetti semplici che vengono portati via dal primo cinese che arriva. Insomma, era un mercato non più sostenibile per noi. A quel punto, eravamo 450 siamo a Terranuova Bracciolini e in tanti volevamo rimanere (anzi, semmai aumentare), per cui abbiamo fatto una scelta di campo. Visto che gli oggetti a basso contenuto tecnologico non hanno più possibilità di essere sostenuti nella nostra realtà perché la globalizzazione li ha spazzati via, abbiamo deciso di migrare verso altri prodotti. Insomma, crediamo che attraverso l'innovazione e la sofisticazione tecnica si possa mantenere la predominanza nei mercati.
Per ciò che riguarda la possibilità di coltivare sotto i pannelli, ci sono degli esempi secondo i quali, mettendo i pannelli a cinque metri di altezza, si può coltivare. Tuttavia, pensiamo che in Italia c'è ancora talmente tanto posto sui tetti dei capannoni, sulle barriere antirumore dell'autostrada e da tante altre parti, che possiamo fare a meno di utilizzare i terreni, sottraendoli ad altre attività.

FRANCESCO NUCARA. Ho capito, ma mi riferisco agli impianti sui terreni.

AVERALDO FARRI, Consigliere delegato di Power-One Italy Spa. Tenga conto che c'è una struttura che sostiene i pannelli. Il calore viene tutto assorbito dai pannelli, quindi non impatta sul terreno. Quando un'installazione fotovoltaica viene rimossa e il campo nuovamente arato, è


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fruibile immediatamente dopo. Insomma, non si secca, non si danneggiano le falde, non succede nulla alle radici profonde.
Vorrei aggiungere solo una precisazione sui pannelli italiani. Abbiamo delle buonissime aziende italiane di pannelli. C'è Solsonica, a Rieti, della quale sono particolarmente fiero perché siamo partner, che ha una capacità di produzione di 120 megawatt, tutta impegnata. Quindi, riescono a competere anche con tedeschi, cinesi e via dicendo. È chiaro, poi, che di Solsonica ce n'è una in Italia, mentre altri sono in crisi, per la verità. Tuttavia, si può fare. Ecco, il messaggio è questo: si può fare.

PRESIDENTE. Ringrazio i rappresentanti di Power-One Italy Spa e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti della società Revolution Energy Maker Spa (REM).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle politiche ambientali in relazione alla produzione di energia da fonti rinnovabili, l'audizione di rappresentanti della società Revolution Energy Maker Spa (REM).
Sono presenti il presidente, dottor Angoli, l'amministratore delegato, dottor Ghiedesi, il consigliere dell'Unione agricoltori di Piacenza, dottor Zangrandi, e il consulente per le relazioni istituzionali, dottor Ferrata.
Siccome l'Aula sta per iniziare i suoi lavori e siamo tenuti a essere presenti, vorremmo cercare di chiudere l'audizione entro le 16,15. Vi lascio, quindi, immediatamente la parola per un breve intervento, per poi passare alle domande dei colleghi.
Ringrazio, dunque, gli intervenuti e do subito la parola al dottor Angoli per la sua relazione.

ROBERTO ANGOLI, Presidente di Revolution Energy Maker Spa. Sono Roberto Angoli e rappresento, in qualità di presidente, questa nuova società che si chiama REM, acronimo di Revolution Energy Maker. Innanzitutto, ringrazio tutti i membri di questa autorevole Commissione di averci ricevuto e dato la possibilità di presentare questo progetto innovativo, illustrato nei documenti distribuiti, che è stato definito da alcuni giornalisti che l'hanno visto e seguito nel corso degli ultimi due anni come l'uovo di Colombo, che consentirebbe a tutti noi di produrre energia da fonti rinnovabili su larga scala. Con ciò intendo quella quantità di energia che ci permetterebbe di essere indipendenti dal punto di vista energetico.
Arrivando al sodo, cito solo alcune cifre. Da uno studio che abbiamo condotto, insieme ad alcuni ricercatori dell'Università di Brescia, abbiamo visto che, utilizzando 4 ettari di terreno agricolo ogni 100, riusciremmo a fare tutta l'energia di cui una provincia e una città come Mantova hanno bisogno. Mi riferisco a tutto il consumo elettrico, cioè a quello industriale, civile, quindi domestico, e a quello di autotrazione. Se, invece, decidessimo di utilizzare 8-9 ettari ogni 100, potremmo svincolarci completamente dal petrolio in un tempo molto veloce.
Nello specifico, realizzare questi impianti richiede un impegno industriale, in termini temporali, che si aggira intorno a un mese o due per la loro costruzione. Tutto ciò che comporta la costruzione di questi impianti viene realizzato in Italia, per cui la nostra dipendenza da prodotti esteri si è ridotta ormai al 20-30 trenta per cento dell'incidenza generale della componentistica.
Sostanzialmente, questa soluzione consiste nell'aver realizzato un impianto sospeso, a 5 metri di altezza, che si appoggia su una palizzata tenuta in posizione da una tensostruttura estremamente leggera, cosa che consente di far risparmiare parecchio sulla realizzazione dei materiali. Possiamo, quindi, realizzare qualsiasi tipo di impianto su un terreno agricolo, lasciando all'agricoltura la possibilità di operare esattamente come faceva prima. Di fatto, con questa soluzione, non sottraiamo nessun metro quadro all'agricoltura e utilizziamo, in sinergia con essa, le superfici esposte al sole, che tendiamo a


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collocare nelle grandi pianure, di cui l'Italia è abbastanza ricca e che ogni regione, a parte quelle arroccate sull'Appennino e sulle Alpi, hanno a disposizione. Mi riferisco, dunque, alla Pianura padana, ma anche ad altre aree agricole sparse in giro per l'Italia, dalla Sicilia alla Sardegna.
L'ambizione del progetto è di non fermarsi in Italia, ma diventare un modello da proporre all'Europa. Fare energia dove serve è sempre e comunque molto conveniente. Infatti, abbiamo dei costi di trasporto limitatissimi e soprattutto facciamo lavorare uno straordinario indotto locale, in termini di industria e quindi anche di occupazione.
Nel nostro progetto, che è stato fondato da sei aziende italiane, ci siamo dati un primo obiettivo, ovvero realizzare 10 megawatt di impianti in Pianura padana, in particolare in due regioni, la Lombardia e l'Emilia-Romagna, entrambe molto evolute, ma con diverse sensibilità dal punto di vista ambientale. In entrambi i casi, abbiamo trovato il favore delle amministrazioni a tutti i livelli, proprio per l'innovatività della soluzione che abbiamo proposto. Abbiamo ottenuto di essere esclusi da tutte le valutazioni di impatto ambientale. Con questi 10 megawatt abbiamo fatto lavorare industrie come la Metra Components o la TECI, azienda leader italiana nella realizzazione delle funi per ascensori, per tre mesi, facendo toccare loro il picco di fatturato dell'anno scorso.
Siamo pronti a proporre questa soluzione a livello mondiale perché, grazie a queste sinergie, siamo riusciti a depositare un patent, che è pending presso circa 144 Paesi del mondo. Siamo pronti a livello sia industriale sia tecnologico. La nostra dipendenza dalle forniture estere è limitatissima, ma, allo stato attuale, soffriamo del seguente problema.
Infatti, se negli ultimi due anni o tre anni, la maggior parte delle imprese che si sono dedicate alle rinnovabili si sono occupate di accaparrarsi posizioni e grandi superfici per realizzare impianti, approfittando dei vari incentivi che sono stati deliberati dai Governi, noi ci siamo posti l'obiettivo di fare una valutazione molto approfondita e di studiare le possibilità di poter utilizzare su larga scala queste tecnologie del solare, in modo da integrarci con l'ambiente, senza sottrarre nulla a nessuno, ma portando sinergie a tutti gli attori, in particolare al mondo dell'agricoltura. Peraltro, abbiamo una rappresentanza di questo settore nella figura di Giovanni Zangrandi, amministratore dell'Unione dei coltivatori di Piacenza, che ha accolto con grande favore questo progetto per le sue caratteristiche di innovazione e perché lascia i terreni esattamente come sono, ricavando delle nuove superfici utili per realizzare energia da fonti a emissioni zero.
Facciamo un semplice confronto. Per realizzare 1 megawatt da fotovoltaico integrato con l'eolico, come facciamo sui nostri impianti, abbiamo bisogno di circa 4 ettari di terreno, che sono, però, occupati solo in modo virtuale perché l'agricoltura sotto gli impianti continua a essere mantenuta intatta. Anzi, abbiamo un'infrastruttura tecnologica al di sopra dei terreni che può collaborare in modo significativo con tutte le attività di automazione di cui l'agricoltura dovrà dotarsi nei prossimi anni per diventare più competitiva. Ecco, siamo riusciti a trovare una soluzione per gestire la superficie per realizzare energia dal sole su grandi scale.
Infatti, se limitiamo l'uso dell'energia solare ai soli tetti, escludendo tutti quelli coperti da vincoli artistici, riusciamo a coprire, forse, il solo fabbisogno delle famiglie, ma non certo quello industriale e meno che mai quelli futuri - parlo di un futuro di pochi anni - con la rivoluzione dell'auto elettrica, che si integra splendidamente con la produzione di energia da fonti rinnovabili. Infatti, l'auto elettrica diffusa può costituire una grande batteria di accumulo dell'energia prodotta dal sole o dal vento, che oggi, in molti casi, viene sprecata perché non abbiamo una rete in grado di assorbirla, né sistemi di stoccaggio adeguati.
Stiamo avendo un grande riconoscimento da parte di tutti gli attori del mercato su questo progetto, in termini di


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finanziabilità, di accoglimento da parte del mondo dell'agricoltura, degli imprenditori agricoli, degli agronomi, dei paesaggisti e anche da parte di tutta la filiera industriale che ha collaborato a realizzare tutti i componenti che vengono utilizzati in questo tipo di impianti. Tuttavia, di fatto, è questo il problema, oggi la normativa colloca questo progetto tra gli impianti a terra, non riconoscendo le valenze per cui si è tanto investito. Mi riferisco a fondi che gli imprenditori hanno messo insieme per finanziare un primo progetto pilota che si è concretizzato circa un anno e mezzo fa in un campo prove, che è stato visto dalle Camere di Commercio principali della Lombardia, che l'hanno finanziato, anche attraverso un fondo da loro istituito, che si chiama Futurimpresa.
Quindi, abbiamo realizzato una grande integrazione che consentirebbe al Paese di fare un salto di qualità nella direzione delle rinnovabili, ricavando superfici per fare i grandi numeri. Ciò nonostante, questo non deve spaventare perché non c'è nessun rischio che si possano utilizzare tutti i terreni agricoli per fare energia, integrandoci con questo sistema. Come ho detto poc'anzi, infatti, è sufficiente un 5 per cento di occupazione virtuale dei terreni agricoli per soddisfare tutti i nostri fabbisogni elettrici odierni.
Tuttavia, siccome in passato i grandi impianti a terra sono stati installati in maniera abbastanza selvaggia e, di fatto, soffrono del grandissimo problema di sottrarre terreno o comunque superfici all'agricoltura, oggi non abbiamo questo tipo di riconoscimento perché, nel fare innovazione, la sensibilità generale, anche della politica, non è stata sufficientemente veloce a normare questo aspetto, cioè a classificare questa tipologia di impianti come innovazione tecnologica, dando uno spazio di espansione al progetto, che non intendiamo minimamente limitare in quanto impresa perché abbiamo già proposto alla regione Lombardia, nell'eventualità che ci sia un interesse collettivo a un'estensione seria del progetto, di poter conferire gli eventuali brevetti in una fondazione pubblica che li gestisca, garantendo alla filiera industriale italiana di espandersi senza limite e senza essere collegata solo a un piccolo gruppo di aziende. Spero di non avervi tolto troppo tempo. Sono a disposizione per le vostre domande.

PRESIDENTE. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata (vedi allegato 2).
Ringrazio il dottor Angoli e do la parola ai deputati che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

ERMETE REALACCI. Sarò telegrafico. Parliamo di un progetto di grande interesse. Tuttavia, non credo che cambierà il conto energia, nel senso che mi sembra che è probabile che siano ridotti i contributi ed è difficile che si faccia un'eccezione per questo progetto, sebbene abbia caratteristiche innovative.
Mi sembra - ripeto - molto interessante. Immagino che abbiate fatto una sperimentazione, per cui le colture che vengono prodotte sotto l'impianto sono analoghe a quelle che vengono coltivate normalmente. Tuttavia, credo che c'è ugualmente un impatto paesaggistico e ritengo che questo debba essere affrontato; non si può sostenere che non ci sia, anche se, dal punto di vista estetico, l'impianto è più attraente perché consta di una struttura più leggera.
A ogni modo, vorrei porre alcune domande. Leggendo le vostre slide, ho visto che c'è un riorientamento dei pannelli che immagino ottimizzi l'efficienza dell'impianto che, essendo più rado, ha bisogno di superfici più estese rispetto a quello tradizionale. Riguardo ai costi, abbiamo appena avuto un incontro con la Power-One, che immagino voi conosciate. È chiaro che adesso dobbiamo modulare i finanziamenti al fotovoltaico in maniera tale che ci sia un pieno ingresso nel mercato e attrezzare le nostre imprese per fare quello che voi chiedete, cioè fare base in Italia, per esportare nel mondo tecnologie, prodotti e così via. Per questo vi chiedo: i costi di questa realizzazione,


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rispetto alle altre, sono paragonabili, sono superiori o inferiori?
In secondo luogo, non ho capito bene la questione dell'integrazione con l'eolico, che non vedo citata nel vostro materiale.
Infine, pur essendo questa la condizione del conto energia, che non credo cambierà - e, se ciò accadrà, si avrà la tendenza a stringere - è molto importante, secondo me, il rapporto con le organizzazioni agricole, che sono state fra coloro che, peraltro, hanno anche contestato l'uso del fotovoltaico sui terreni agricoli, e con le regioni perché l'incubatore del vostro progetto può essere un rapporto, appunto, con le organizzazioni degli agricoltori e con alcune regioni più forti, per far sì che diventi la base per un export.

ALESSANDRO BRATTI. Vorrei porre un paio di domande, collegandomi anche a una questione posta dall'onorevole Realacci. Intanto, se non ho capito male, mi sembra che avete fatto solo delle sperimentazioni per ora.

ROBERTO ANGOLI, Presidente di Revolution Energy Maker Spa. No, abbiamo già realizzato tre impianti in Lombardia ed Emilia-Romagna che sono funzionanti da un anno, sotto i quali stiamo coltivando.

ALESSANDRO BRATTI. Bene. Vorrei, però, sapere se tutte le colture sono idonee oppure se ci sono delle differenze. Presumo, infatti, che ci sarà comunque qualche problema di ombreggiamento, per quanto l'impianto si giri. Non voglio fare le punte ai chiodi e a me piace molto questa soluzione, anche perché ho visto che si integra con gli impianti antigrandine. Insomma, trovo che sia molto interessante e innovativa, ma vorrei sapere se, dal punto di vista agricolo, l'avete sperimentata su diverse colture (erbacee, piante da frutto e via dicendo; anche in relazione alla lotta antiafidi), se è valida per tutte e se si interseca bene anche con tutte le altre tecniche agronomiche, a partire dall'irrigazione.

ARMANDO DIONISI. Mi sembra - come è stato sottolineato dai colleghi - un progetto interessante e innovativo in questo settore. Mi rivolgo all'onorevole Realacci per dire che io credo che se andiamo verso queste soluzioni, di impianti più diradati, sicuramente l'impatto ambientale sarà minore, anche rispetto alle serre che hanno un impatto non di poco conto. Insomma, mi sembra una soluzione abbastanza interessante, che va approfondita e incentivata, anche se oggi ci troviamo di fronte al blocco degli impianti a terra provocato dalle disposizioni contenute nel decreto liberalizzazioni (decreto-legge n. 1 del 2012). Bisognerà, però, capire se, in questo caso, si tratta di un impianto a terra.
L'aspetto più interessante del progetto è in ogni caso quello di consentire di coltivare i terreni, producendo energia. Questo, infatti, consentirebbe non solo di produrre energia fotovoltaica, ma anche di dare un aiuto all'agricoltura, che soffre in tante aree del nostro Paese. Da questo punto di vista, sarebbe - ripeto - molto interessante. Certamente, come ha sottolineato il collega Realacci, vorremmo capire anche quali sono i costi rispetto al fotovoltaico a terra. Credo, infatti, che su questo si giocherà la partita futura, anche se va espresso apprezzamento per l'innovazione che in questo settore si sta producendo.

FRANCESCO NUCARA. All'azienda che vi ha preceduto avevo chiesto quanti anni, o comunque quanto tempo, sarebbe passato per poter riutilizzare i terreni a uso agricolo sottostanti all'impianto fotovoltaico. Mi pare che la risposta l'abbiate già data voi.

PRESIDENTE. Do la parola ai rappresentanti di Revolution Energy Maker Spa per una breve replica.

ROBERTO ANGOLI, Presidente di Revolution Energy Maker Spa. Innanzitutto, vi ringrazio per le domande molto centrate. Vuol dire che son riuscito a catturare la vostra attenzione.


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Per quanto riguarda i costi, non siamo molto distanti dai costi di un impianto tradizionale a terra perché, grazie all'inseguimento solare, riusciamo a ottimizzare la produzione dell'energia. Riusciamo a ottenere circa un 30 per cento in più, ma costiamo ancora circa un 40-45 per cento in più, visto che la filiera industriale non è ancora così spinta nella direzione dell'automotive, cioè dell'industria a ciclo teso. Finora, abbiamo lavorato a sprazzi (tre mesi, pausa, due mesi), quindi tutto il ciclo industriale è discontinuo. Tuttavia, l'italiano si adatta rapidamente, quindi siamo molto fiduciosi di poter abbattere i prezzi.
Per la seconda risposta lascerei volentieri la parola all'amico che rappresenta l'agricoltura. Posso, però, dire che nel team di ricerca che abbiamo finanziato c'erano agronomi, imprenditori agricoli e esperti di meccanizzazione agricola per risolvere i tre problemi fondamentali. Il primo è quello dell'ombra che - come ci è stato indicato - deve essere inferiore al 20 per cento, come è in effetti, e deve essere estremamente frazionata, in modo che fasci di luce ultravioletta possano colpire le colture in tutte le posizioni, cosa che avviene sotto l'impianto.
In più, abbiamo la problematica che l'agricoltore deve ricevere qualche beneficio. Tuttavia, dal momento che è immediatamente in grado di utilizzare i terreni, dopo un mese di sospensione per l'installazione dell'impianto, che rimane lì 25 anni senza togliere nulla all'agricoltura, l'agricoltore non ha niente da dire, anzi è contento perché prende un fee di occupazione del terreno che servirà, magari, a integrare la PAC (Politica agricola comune), che sta scemando, seguendo le indicazioni europee.
Infine, dal punto di vista agronomico, non abbiamo problemi con le colture; le uniche colture che potrebbero subire qualche problema sarebbero quelle di alto fusto che, tuttavia, non vengono più utilizzate, essendo limitate alle colture boschive. Tutte le altre colture, anche i frutteti, utilizzano ormai alberelli che non sono alti più di 3 metri. Quindi, con un impianto a 4,5 metri di altezza, non abbiamo nessun problema con nessuna coltura.
Per rispondere all'altra domanda, l'integrazione del mini-eolico è stata fatta sfruttando i pali di sostegno che sono la struttura portante dell'impianto. Abbiamo, infatti, dei pali all'altezza di 5 metri e riusciamo a inserire una pala eolica ad asse verticale - una sorta di ventilatore che ruota su se stesso - a un'altezza da 2,5 metri in su. Siccome abbiamo un palo ogni dodici metri, per fare un megawatt abbiamo 360 pali disponibili. Mettendo una pala eolica che produce circa 1-1,5 chilowatt, con 350 pali a megawatt abbiamo una bella integrazione. Consideriamo, poi, che abbiamo la struttura e la rete di trasporto dell'energia pagata e gli inverter già installati e pagati perché, se fanno solo il lavoro del fotovoltaico, lavorano 7-8 ore al giorno, mentre con l'eolico potrebbero lavorare di più, consentendo un ulteriore abbattimento dei costi.

RAFFAELLA MARIANI. L'articolo 65 del decreto liberalizzazioni potrebbe impedire l'installazione degli impianti a terra. Crede che gli effetti di questa norma potrebbero investire, come a me sembra, anche i vostri impianti?

ROBERTO ANGOLI, Presidente di Revolution Energy Maker Spa. Di fatto, una classificazione esatta degli impianti a terra non è mai stata effettuata. Se si guardano bene i decreti, si parla di 2 metri, affermando che sono impianti a terra anche quelli sotto i due metri, dando implicitamente per scontato che anche gli impianti sopra i due metri sono, in effetti, a terra.
Tuttavia, dobbiamo considerare che avremmo pendente un decreto innovazione, che è collegato al decreto sull'ultimo conto energia, che non è stato utilizzato in nessun modo. Ecco, forse, sarebbe il caso di metterci mano. Occorrerebbe, insomma, utilizzare il decreto innovazione per dire che esistono nuove tecnologie e idee, relative a potenzialità di impianti che non sono da considerare a terra perché hanno delle peculiarità che non sottraggono neanche un metro all'agricoltura.


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ERMETE REALACCI. Vi è, però, anche un aspetto di tecnica legislativa che va studiato. Infatti, anche ammesso vi sia la volontà - che sarà, per essere concreti, comunque indirizzata a frenare - è difficile che un decreto ministeriale possa correggere un'indicazione di legge. Lei sta parlando di un decreto ministeriale, mentre invece l'indicazione sugli impianti a terra è dentro una norma di legge.

ROBERTO ANGOLI, Presidente di Revolution Energy Maker Spa. C'è un potenziale decreto innovazione collegato al quarto conto energia che, però, è un decreto ministeriale. In ogni caso, noi non chiediamo un incentivo a tappeto. Abbiamo proposto alla regione Lombardia, nella persona del presidente, di poter realizzare un progetto pilota di circa 100 megawatt, frazionato in impianti da 3-4 megawatt sparsi nella Pianura padana, quindi praticamente invisibili perché basta un'alberatura da quattro metri e non si vede più nulla. Spesso, abbiamo difficoltà a spiegare a chi viene a trovarci dove è l'impianto perché non lo vedono finché non lo trovano a 10 metri di distanza. Insomma, abbiamo trovato un grande accoglimento perché la regione ha trovato che questa tipologia di impianto, che abbiamo battezzato «panenergia», anticipa i temi dell'Expo 2015, che sarebbe una vetrina fantastica per presentare al mondo una soluzione italiana.
Grazie dell'attenzione.

PRESIDENTE. Ringrazio i rappresentanti di Revolution Energy Maker Spa e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16,20.

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