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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione VIII
8.
Mercoledì 11 febbraio 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Tortoli Roberto, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE POLITICHE PER LA TUTELA DEL TERRITORIO, LA DIFESA DEL SUOLO E IL CONTRASTO AGLI INCENDI BOSCHIVI

Audizione di rappresentanti dell'Agenzia interregionale per il fiume Po (AIPO):

Tortoli Roberto, Presidente ... 3 7 11
Esposito Stefano (PD) ... 7 8
Fortunato Luigi, Direttore dell'AIPO ... 4 9 10
Mariani Raffaella (PD) ... 9
Motta Carmen (PD) ... 8 10
Sibille Bruna, Presidente dell'AIPO ... 3 7 8 10
Togni Renato Walter (LNP) ... 8
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.

COMMISSIONE VIII
AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 11 febbraio 2009


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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO TORTOLI

La seduta comincia alle 14,50.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito.
(Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti dell'Agenzia interregionale per il fiume Po (AIPO).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle politiche per la tutela del territorio, la difesa del suolo e il contrasto agli incendi boschivi, l'audizione di rappresentanti dell'Agenzia interregionale per il fiume Po (AIPO).
Diamo il benvenuto all'assessore Bruna Sibille, presidente dell'Agenzia interregionale per il fiume Po (AIPO), e all'ingegner Luigi Fortunato, direttore della stessa Agenzia.
Do la parola ai nostri ospiti.

BRUNA SIBILLE, Presidente dell'AIPO. Buongiorno a tutti. Vi ringrazio per avere modificato il calendario dei lavori. L'audizione era stata fissata per domani, ma c'era una concomitanza di impegni, dunque la Commissione è stata cortese nell'operare questo spostamento.
Credo che quella che la Commissione VIII ci offre sia un'occasione importante di rappresentare l'Agenzia interregionale per il Po. L'Agenzia è nata su iniziativa delle quattro regioni padane, con l'intento di una collaborazione istituzionale per la gestione di una serie di problematiche che riguardano questo grande fiume. Intorno ad esso si addensano vari problemi, ma si crea anche la più alta parte del prodotto interno lordo nazionale. Credo che la questione sia certo di interesse delle quattro regioni padane, ma da subito si è posto il problema che questo interesse fosse di carattere nazionale.
D'altronde, tutto il dibattito che anche in questo momento ha investito la revisione del decreto legislativo n. 152 del 2006, sulle problematiche dell'Autorità di bacino, ha il significato di immaginare che il bacino del Po sia una problematica che può avere, soltanto, un riscontro di carattere nazionale, dal punto di vista dell'attenzione e di risorse specifiche dedicate. Il direttore entrerà poi nel merito di specifiche questioni che non sono ancora state risolte; magari non è questa la sede per segnalare alcune doglianze, ma è la sede per sensibilizzare rispetto alla soluzione di problematiche antiche, che riguardano passaggi di competenza ai quali non sono corrisposti passaggi di adeguate risorse finanziarie.
Certamente, in un momento delicato di finanza statale e locale, è difficile parlare di gestione di un fiume dal punto di vista della prevenzione, in regioni che in questi mesi sono state interessate anche da vere e proprie emergenze, come quelle derivanti da eventi di carattere alluvionale. È successo a chi vi parla, in una veste diversa, di essere audita, qualche mese fa,


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per quanto riguarda danni alluvionali consistenti del maggio scorso nell'area del bacino del Po.
Altre realtà del bacino del Po sono state interessate da eventi calamitosi molto gravi negli anni scorsi. Certo, appare chiaro come non si possa immaginare un ragionamento che consista soltanto in risposte date nei momenti di emergenza. In quei momenti, la Protezione civile svolge una funzione fondamentale, in cui il raccordo tra livello nazionale e il livello locale esiste, si percepisce e dà risposte anche molto puntuali. Non possiamo, tuttavia, immaginare che questa sia l'unica risposta per i nostri territori, per le attività produttive, per i cittadini, per chi abita in quelle zone e per le istituzioni che vivono e producono intorno all'asse del Po.
È anche in questo senso che vorrei impostare questa audizione: immaginare un lavoro comune per un comune obiettivo, quello della gestione di territori fragili, che hanno bisogno di grande cura e attenzione. Quando si verificano eventi calamitosi, infatti, in territori come questi, molto antropizzati e nei quali l'antropizzazione è strettamente interconnessa con attività produttive rilevanti, si producono gravi danni e si ha bisogno, quindi, di un'accurata gestione e di fondi dedicati.
Sull'argomento specifico lascerei la parola al direttore, anche per entrare più nel dettaglio di questioni che riguardano l'attività che svolgiamo.
Quello che volevo porre alla vostra attenzione è l'esigenza di un comune sentire. Il bacino del Po non può essere lasciato a sé stesso. Con tutto il rispetto per altre situazioni e per altri bacini che sono importanti per i loro territori, è innegabile che il Po rappresenta il luogo fisico che più caratterizza lo sviluppo economico di questo Paese, quindi ha bisogno di un'attenzione assolutamente specifica.

LUIGI FORTUNATO, Direttore dell'AIPO. Innanzitutto ringrazio i componenti della Commissione.
Inizierei ricordando cos'è l'AIPO, perché potrebbe non essere noto a tutti. L'Agenzia interregionale per il fiume Po è un ente pubblico, istituito a seguito di un accordo tra i quattro presidenti delle regioni Veneto, Emilia-Romagna, Lombardia e Piemonte. Questo accordo è stato ratificato da quattro leggi regionali, dal contenuto analogo, e dalla quarta legge regionale è stata istituita l'AIPO.
L'AIPO raccoglie l'eredità del magistrato per il Po, quindi opera, nell'ambito del bacino del Po, sulla rete idrografica principale - il fiume Po, i suoi principali affluenti e in qualche caso anche gli affluenti degli affluenti -, innervandosi in tutta la pianura padana, soprattutto sui territori delle quattro regioni citate. L'AIPO opera ai fini della riduzione del rischio idraulico, con interventi di sistemazione idraulica, regimazione e manutenzione, sulla base della disponibilità finanziaria, in parte trasferita dallo Stato, in parte a carico delle regioni, ovvero di quelle risorse che di volta in volta, anno per anno, si possono rendere disponibili. Questa è la mission dell'Agenzia.
L'AIPO è retta da un consiglio di amministrazione, chiamato comitato di indirizzo, costituito da quattro assessori regionali. In questo momento, il presidente del comitato è, appunto, l'assessore Sibille. Il comitato ha un direttore e un collegio di revisori dei conti.
La struttura dell'AIPO è molto articolata e distribuita sul territorio: oltre alla sede centrale di Parma, AIPO ha dodici sedi operative, che vanno da Rovigo a Moncalieri, attraverso Ferrara, Modena, Reggio Emilia, Milano, Mantova, Cremona, Alessandria. L'Agenzia ha anche un laboratorio di modellazione fisica e un laboratorio geotecnico, di prove sui terreni, a Boretto.
Il personale attualmente si aggira sulle 300 unità, distribuite in queste molteplici sedi. Rappresentiamo in qualche misura l'altra parte dell'autorità di distretto, che è l'ente che pianifica - dato che è in fieri, chiamiamola pure ancora autorità di bacino - mentre AIPO, per la parte competente, programma e realizza. Questo è il quadro istituzionale.


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Intendo focalizzare alcuni elementi. Non intendo esprimere un giudizio, ma un apprezzamento nei confronti della relazione allegata all'iniziativa dell'indagine conoscitiva. Tuttavia, mi permetto di dissentire leggermente in un punto o, meglio, di precisare. Mi riferisco al punto in cui si parla di «numerose competenze».
Prima parlavo a un vostro collega delle acque libere, ossia i fiumi, dividendole dalle acque prigioniere, quelle del ciclo dell'acqua (acquedotti e fognature). In realtà, dopo il decreto n. 112, tutto quello che riguarda i fiumi non vi è alcun dubbio che sia di competenza - almeno dal punto di vista della programmazione e dell'esecuzione - regionale. Non si può più dire quindi (spesso lo si sente dire, ma non è corretto e a volte è strumentale a qualcos'altro) che non è chiaro di chi sia la competenza. È vero, ciascuna regione può essersi organizzata secondo propri modelli organizzativi, ma nel caso delle regioni della Pianura padana la rete principale è di competenza dell'AIPO, il resto è direttamente dipendente dalle regioni, che si possono avvalere dei consorzi di bonifica, piuttosto che delle province o delle comunità montane.
Il quadro istituzionale può essere complesso, ma è delineato. Piuttosto, va detto che la normativa che vi insiste oggi è estremamente complessa e questo è un primo elemento di criticità.
Dico spesso che oggi decidere di programmare un'opera che, magari, è all'interno di un programma soggetto a VAS (Valutazione ambientale strategica) o magari ricade in un SIC (Sito di interesse comunitario), ovvero è sottoposta a VIA (Valutazione impatto ambientale) e prevede degli espropri, è atto di grande coraggio. Non sto scherzando, bisogna avere speranza nel proprio futuro e convinzione nella propria capacità professionale, perché non è assolutamente semplice. Se ci aggiungiamo, poi, i relativamente recenti limiti di bilancio e di spesa, diventa ancora più complicato.
Tutto questo porta in qualche misura a scelte minimaliste, per cui è più facile realizzare piccoli interventi, non molto impegnativi, con il risultato generale che nel nostro Paese si rimane aggrappati a una situazione di lento degrado, tutt'al più rallentandolo, ma mai intervenendo alla radice del degrado stesso. Questo avviene anche per motivi normativi, ma non solo, come dirò a breve.
Voi chiedete degli elementi di criticità in questa analisi che viene realizzata alla base della vostra indagine. Partirei da una situazione di notevole confusione - a mio parere - indotta dal testo originario del decreto legislativo n. 152 del 2006 nel settore della programmazione e, in qualche misura, anche in quello della pianificazione. Tanto per capirci, la pianificazione - lo sapete bene - si occupa di produrre i piani che governano l'azione pubblica, mentre la programmazione è l'allocazione delle risorse su un elenco di azioni da realizzare. La pianificazione rimane in capo alle Autorità di bacino e di distretto, la programmazione è sempre stata regionale. Il decreto legislativo n. 152 mescola un po' questi elementi, attribuendo anche competenze al Ministero e alla competente direzione generale.
È un tema estremamente delicato. Considerate che la difesa del suolo ha come interfaccia territoriale l'urbanistica. I piani di assetto idrogeologico altro non sono che dei piani urbanistici visti dall'ottica della rete idrografica invece che dall'ottica di chi, magari, abita in un centro storico e sta cercando di allocare e sistemare le proprie attività produttive, le abitazioni e via elencando.
È difficile - questo è un punto di criticità - riuscire a istituire un effettivo rapporto di collaborazione tra un pianificatore che parte dall'alto e vuole calarsi verso il basso e una pianificazione territoriale che è inevitabilmente in mano nemmeno più alle regioni, ma agli enti locali o, nella migliore delle ipotesi, a una buona regia regionale.
In questo stanno anche - credo che il presidente Sibille, come assessore regionale, possa darmi ragione - tutte le criticità a valle nell'attuazione dei piani di assetto idrogeologico, quando si va sul territorio e si scoprono le difficoltà, le


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resistenze e le frizioni, talvolta anche molto forti, con i poteri locali e, alla fine, con i cittadini. I poteri locali sono, infatti, più vicini alla cittadinanza e, quindi, in qualche misura più forti. Questa è una prima criticità.
La seconda criticità, che rilevo già nell'organizzazione della legge n. 183 del 1989, è quella del rango dei bacini o dei distretti. In realtà, questa programmazione nazionale non c'è mai stata con la legge n. 183 del 1989, perché il fatto di avere individuato addirittura tre livelli di bacino - nazionale, interregionale e regionale - ha fatto sì che per ampie zone non trascurabili del Paese a livello nazionale si sapesse meno. Per carità, non sto dicendo che non si avessero i dati, perché tutti gli strumenti di pianificazione vengono portati alla conoscenza della struttura centrale, però un conto è avere in biblioteca un libro e un altro è essere certi di sapere cosa ci sia scritto. Nel Veneto, per esempio, tutta l'area centrale è bacino regionale (l'area della gronda lagunare di Venezia); la Romagna è regionale; ampie zone del centro Italia sono regionali; Sicilia e Sardegna sono bacini regionali. Ebbene, questi non entrano nel discorso della programmazione, della pianificazione, del coordinamento a livello nazionale, proprio perché ci sono ranghi che non hanno motivo di essere.
In questo caso, quindi, potrebbe costituire una via d'uscita l'indirizzo che alla fine del precedente Governo pareva prendere piede, ossia vedere dei distretti non necessariamente con l'ottica idrologica, quindi con i confini di bacino idrografico, ma necessariamente con ottiche amministrative, quindi dei distretti regionali, fatto salvo il Po, che probabilmente merita un discorso a sé. Dato che il Po è probabilmente l'unico fiume italiano per il quale valga la pena veramente scomodare la direttiva comunitaria n. 2000/60/CE, in tutte le sue accezioni e previsioni, probabilmente per questo fiume si dovrebbe fare un discorso a parte rispetto agli altri bacini.
Il terzo elemento di criticità - cui accennava prima anche il presidente Sibille - è quello dei flussi finanziari che, oltre a essere scarsi (credo che questo sia un lamento che sentite quotidianamente e più volte al giorno), sono anche dispersi. Quasi, quasi, direi che il secondo aspetto infastidisce più del primo: la scarsità discende, infatti, specie in questo momento, dalla situazione attuale, che ci condiziona tutti, ma la dispersione è veramente clamorosa.
Assistiamo - ritorno al discorso dei piccoli interventi - a un'incapacità, in un settore come quello della difesa del suolo, che condiziona tutte le altre azioni che si realizzano sul territorio. Nessuno costruirebbe una casa in una zona soggetta a frana, né andrebbe volentieri a insediarsi in un'area fluviale, soggetta ad alluvioni (non potendo scegliere, magari succede anche questo, ma è illogico).
Noi, invece, abbiamo posticipato spesso il settore della difesa del suolo rispetto ad azioni che hanno altre motivazioni, come quelle infrastrutturali, dello sviluppo, della necessità di avere collegamenti adeguati, di avere aree urbane in espansione e via elencando. Noi poveri ingegneri idraulici corriamo, poi, alla ricerca di soluzioni per creare delle difese. In tutto questo, se non vi è nemmeno un forte coordinamento sulla destinazione delle poche risorse disponibili, se si assiste - come accade spesso, ahimè, almeno da qualche anno - a una mancata programmazione, a programmazioni spot, e i pochi soldi che ci sono vengono letteralmente polverizzati in microinterventi, la situazione non volge al meglio.
Come dicevo al presidente, ho consegnato una scheda di sintesi sull'AIPO e sulle sue competenze, allegando alcune documentazioni relative a eventi recenti.
Nella nostra storia - non parlo di me, ma di chi mi ha preceduto - il magistrato per il Po, negli anni precedenti, ha realizzato opere importanti. Anche nelle ultime piene, fino a quindici giorni fa, tutti i dispositivi di laminazione delle piene messi in campo, soprattutto sul versante appenninico dell'Emilia-Romagna, hanno dato delle risposte assolutamente soddisfacenti e hanno evitato parecchi danni.


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Sono strutture «dormienti» di cui pochi si accorgono, quindi sembrano valere poco. Probabilmente se ne accorgerebbero in molti se non ci fossero. Da questo punto di vista, occorrerebbe forse una maggiore cultura da parte di tutti per capire che cosa protegge il territorio.
Vi ringrazio per l'attenzione.

PRESIDENTE. Do la parola ai deputati che intendono porre quesiti o formulare osservazioni.

STEFANO ESPOSITO. Signor presidente, innanzitutto ringrazio il presidente e il direttore dell'AIPO per averci disegnato il quadro della situazione.
La presidente poneva il tema degli interventi necessari a garanzia nel settore dell'idraulica, dopo gli avvenimenti - mi riferisco in particolare al Piemonte, di cui abbiamo discusso più volte - che conosciamo tutti. Mi interesserebbe avere qualche chiarimento rispetto alle risorse, che peraltro erano state promesse e stanziate, e agli interventi necessari ad affrontare una situazione molto delicata.
Tra l'altro, nell'anno 2008, noi abbiamo avuto una situazione molto delicata sul tratto piemontese del Po e dei suoi affluenti. C'è stata un'alluvione che ha messo a serio rischio anche la città di Torino. Come si dice, è andata bene, al di là dell'intervento umano.
L'inverno è stato particolarmente nevoso; un inverno così non si vedeva da moltissimi anni, ed è presumibile, peraltro, che ci sia una primavera regolare. Si ritorna alle stagioni, come si è soliti dire.
Rispetto alla parte piemontese, non solo torinese - abbiamo avuto problemi anche nella provincia di Cuneo e il discorso degli interventi e della messa in sicurezza del territorio riguarda anche la provincia di Alessandria - sarebbe utile capire quali sono le necessità che, da questo punto di vista, l'AIPO ritiene prioritarie. Mi riferisco a interventi di messa in sicurezza, non pretendo l'optimum, ma interventi che possono garantire credibilmente di non trovarci di fronte a una situazione delicata.
Considerato che questa Commissione si è interessata più volte del tema - esso riguarderà anche le altre regioni - se ci date qualche elemento necessario per sviluppare un'ulteriore azione, in vista della stagione primaverile ed estiva, potremmo programmare un intervento che dovrebbe coinvolgere tutti, io credo, perché il tema non è né di destra né di sinistra, ma riguarda la tutela del territorio, quindi non ha alcun colore.

BRUNA SIBILLE, Presidente dell'AIPO. Signor presidente, se è possibile dividerei la mia risposta in due parti. La prima parte è di carattere generale. Credo che, per quanto riguarda la possibilità dell'AIPO di espletare le sue funzioni, sia fondamentale individuare un finanziamento certo, ancorché minimo, ma costante nel tempo. Potrebbe trattarsi anche di 20 milioni all'anno per i prossimi cinque anni, ma questo permetterebbe una costanza di programmazione in un settore che, più di altri, ha bisogno di avere alcune certezze.
Da questo punto di vista, quindi, imposterei il lavoro rispetto al futuro e a un ragionamento di prevenzione. Certo, 20 milioni sono una cifra assolutamente esigua, ma l'ho citata per dire che dobbiamo sapere di poter contare su una somma, quale che sia. Si imposterà, così, in base alla somma destinata, la manutenzione ordinaria e straordinaria e gli interventi necessari. In questo modo, si programma e si è anche in grado di raccordarsi, su questioni più di carattere tecnico, rispetto all'aggravarsi del rischio e ai modi di rispondere al rischio stesso.
La parte più specifica della risposta riguarda l'evento del 29-30 maggio, sul quale, se la Commissione lo ritiene opportuno, farò pervenire una documentazione precisa. Di larga massima, posso dire che, a fronte di danni accertati - ad opere pubbliche e danni a privati - intorno ai 630 milioni, ad oggi sono stati stanziati 150 milioni, una parte dei quali scaglionata nel triennio.Peraltro, a causa di una non possibilità della regione Piemonte di avere una deroga al patto di stabilità,


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per quanto riguarda la gestione di questi fondi, si è dovuto istituire una gestione separata...

STEFANO ESPOSITO. Mi scusi, presidente Sibille. Questa è una notizia abbastanza sorprendente. Noi sapevamo, infatti, per averlo appreso sia in sede di discussione della finanziaria sia con garanzie espresse qui dal sottosegretario Bertolaso, che quella parte di risorse era fuori dal patto di stabilità. Ovviamente la ringrazio per l'informazione, ma a questo punto dobbiamo effettuare una verifica puntuale, perché ci sono stati degli impegni assunti in maniera precisa. Il Governo aveva anche accolto in Aula un ordine del giorno...

RENATO WALTER TOGNI. Non per le spese delle regioni, era stato accolto per le province e per i comuni...

STEFANO ESPOSITO. No, l'ordine del giorno riguardava anche le spese della regione. Possiamo recuperare lo stenografico e la registrazione.

BRUNA SIBILLE, Presidente dell'AIPO. Mi risulta che i comuni e le province abbiano la deroga al patto di stabilità. Per quanto ci riguarda, non è stato possibile. Abbiamo istituito una contabilità separata che, ovviamente, comporta una serie di problematicità, dal punto di vista della tempistica. Tuttavia, così è, come peraltro non è possibile predisporre delle anticipazioni da parte della regione rispetto a fondi che devono transitare sul conto della Banca d'Italia a gestione separata.
A parte questo, mi riservo domani di farvi pervenire la rendicontazione completa di questi dati.
Siamo, comunque, nell'ordine di un 25 per cento - ma anche meno - di fondi stanziati rispetto al totale dei danni accertati.

CARMEN MOTTA. Mi interessava conoscere qual è, allo stato attuale, la percentuale dei trasferimenti per l'AIPO a carico dello Stato e la percentuale che, invece, le regioni mettono a disposizione con proprie risorse.
Questo è un elemento importantissimo, anche alla luce di quello che diceva prima il direttore dell'Agenzia. Se le risorse sono poche, si possono allocare facendo delle scelte di priorità; se, invece, sono più abbondanti, è chiaro che si può fare una programmazione che tenga conto non solo delle grandi priorità, ma di questioni comunque importanti.
Lo dico perché, essendo di Parma, conosco ad esempio la vicenda delle casse di espansione e di tutto quello che è stato necessario per realizzarle, pur tenendo conto che la nostra era una città fortemente a rischio e che, per due o tre volte, pur subendo danni a monte e a valle, in qualche modo la città se l'è cavata, è stata preservata, per pura casualità. Ricordo, infatti, che la piena di tre o quattro anni fa, non vorrei sbagliarmi, era veramente impressionante. In quell'occasione abbiamo pensato che non ne saremmo venuti fuori. Sono state inaugurate le casse di espansione l'anno scorso, se non sbaglio, alla presenza del sottosegretario Bertolaso, e già si avverte la validità di questo intervento.
La città, dunque, è stata messa in sicurezza. Tuttavia, poiché non c'è solo il torrente Parma, ma anche altri affluenti, i problemi si sono riversati altrove, ad esempio sulla bassa parmense, per non parlare di quello che è successo nella montagna parmense in questi giorni, con le piogge torrenziali che abbiamo avuto. In quel caso, c'è un problema ulteriore e più grave di complessivo assetto e tutela del territorio.
Ho citato questi esempi solo per dire che sono passati, credo, vent'anni o trent'anni per arrivare alle casse di espansione. Da quando si è iniziato a parlarne a quando sono state realizzate è passato un arco di tempo veramente lungo. Con questo non voglio sollevare una questione polemica, ma solo ricollegarmi alla questione delle risorse. Al di là del fatto che una città, un paese, un territorio possa


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essere in grave pericolo, alla fine le priorità si determinano in base alle risorse a disposizione.

RAFFAELLA MARIANI. Intervengo, anzitutto per ringraziarvi di essere qui e per segnalarvi la nostra esigenza di conoscere, nel momento in cui stiamo svolgendo un'indagine conoscitiva, il vostro punto di vista, oltre che sulla questione delle risorse, di cui discutiamo anche in altri ambiti, su quali potrebbero essere le norme migliorative o semplificative del sistema che governa questa materia complessa. Dico questo proprio perché, insieme alla questione delle risorse, ci vengono segnalati - ieri abbiamo ascoltato i rappresentanti delle Autorità di bacino di quasi tutta Italia - ancora alcuni elementi di difficoltà.
Ovviamente la situazione del Po è ancora più complessa, considerata la grandezza delle regioni che attraversa. Tuttavia, noi dobbiamo portare a termine questa indagine e metterla in connessione anche con alcune scadenze legislative che stanno per arrivare; non so se ne siete al corrente, ma la prossima settimana noi dovremmo emendare un provvedimento omnibus in materia ambientale che ci arriva dal Senato e che riguarda, ad esempio, molte delle materie che toccano direttamente la vostra attività. Allora, mentre siamo qui, in sede di indagine conoscitiva, ad approfondire per l'ennesima volta certe materie, a volte manca la tempestività per dire, ad esempio, che in quel provvedimento si riorganizzano un'altra volta le Autorità di bacino, ma magari non si compie quello scatto necessario per semplificare o per definire meglio le responsabilità. Alcune Autorità di bacino ci dicono anche che, dal loro punto di vista, rimanere nell'ambito della programmazione regionale può comportare una diminuzione della visione programmatoria complessiva. C'è, infatti, ancora una cultura differente nelle varie aree del Paese, che forse chiama in causa anche l'applicazione di un federalismo realistico, se volessimo davvero cominciare a declinarlo secondo questioni concrete; oppure, si tratta di rivedere alcune norme del Titolo V, che demandano alle regioni competenze sia di programmazione sia di pianificazione.
Vi segnalo, inoltre, che noi abbiamo avviato in questa Commissione una riflessione sul governo del territorio, che chiama in causa anche le competenze di soggetti come le Autorità di bacino, che in fondo pongono delle misure di salvaguardia, quindi anch'esse confliggono con l'urbanistica e via dicendo. Ci troviamo, però, a spiegare che se dobbiamo mettere mano alla legge urbanistica per riformarla in parte o predisporne una che sia più al passo con i tempi rispetto alla norma del 1940, dovremmo almeno dirimere queste competenze, che altrimenti vengono viste, non solo dai cittadini, ma anche dagli enti, come appesantimenti che non facilitano, alla fine, neanche la tutela del territorio.
Vorrei quindi una vostra indicazione - anche se non oggi, almeno una nota scritta - perché rispetto a questo tema siamo sempre a rincorrere atti che si susseguono uno dopo l'altro.

LUIGI FORTUNATO, Direttore dell'AIPO. Risponderei, se mi consentite, prima all'osservazione sui flussi finanziari e sulle opere.
La cassa sul torrente Parma è un esempio di un finanziamento spot di entità notevole che, proprio perché non è stato assegnato con una capacità di programmazione pluriennale, come diceva prima la presidente, ha comportato che alcuni audaci ingegneri, direttori o funzionari, abbiano gettato il cuore oltre l'ostacolo e abbiano fatto scelte che proceduralmente ci stanno costando. Il percorso procedurale, infatti, ha incontrato delle difficoltà.
La cosa migliore è che l'opera esiste, funziona e, grazie a Dio, funziona anche bene. Anche nel corso dell'ultima piena, Colorno ha visto passare molta meno acqua di quanta ne avrebbe vista in assenza di questa opera. Bisognerebbe intervenire anche sul torrente Baganza, ma la strada è stata intrapresa. Avendo una prospettiva di finanziamenti di adeguata entità per più anni si potrebbero ripetere esperienze di


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questo tipo, ma con una tempistica più confacente alle norme che, lo ripeto, non è semplice rispettare.
Lo Stato ci passa, in questo momento, circa 8 milioni di euro per il funzionamento, cifra che corrisponde a un po' meno della metà della spesa effettiva. Le quattro regioni hanno deciso di puntare alla valorizzazione soprattutto delle sedi operative decentrate, introducendovi delle figure dirigenziali che prima non c'erano. Il Ministero competente ha trasferito alle quattro regioni sette dirigenti, ma i dirigenti in realtà oggi sono più numerosi, il personale è stato pagato meglio e via dicendo. Insomma, il costo di funzionamento, di esistenza di questa struttura, pur essendo ancora, in termini parametrici, piuttosto basso, è comunque ben superiore al trasferimento dello Stato. Inoltre, lo Stato ci trasferisce, per opere, 23 milioni di euro l'anno fissi, non soggetti a rivalutazione. Quindi, dal 2003 la cifra è sempre la stessa, comprensiva però anche di una serie di oneri che la precedente gestione faceva gravare sulle opere: una per tutte, la rete di monitoraggio che implementa il modello di propagazione della piena sul Po (vi assicuro che non è una cosa da poco, non costa poco ed è assolutamente fondamentale). Il resto viene tutto destinato - e non basta - alle manutenzioni ordinarie (sfalci, diserbi, pulizia di alberi, pulizia dalla vegetazione infestante e via dicendo), alla ripresa di frane, a somme urgenze.
Per interventi strutturali, quindi, noi puntiamo sui finanziamenti CIPE e corriamo laddove c'è la possibilità di acquisire un po' di risorse.
Sul problema della governance, io non invidio ...

CARMEN MOTTA. Mi scusi, direttore, quindi il resto viene dalle regioni.

LUIGI FORTUNATO, Direttore dell'AIPO. Sì, anche se le regioni contribuiscono in maniera piuttosto occasionale, non avendo un gettito proprio dedicato alla difesa del suolo, con l'unica eccezione forse del Veneto, regione nella quale una legge regionale ha destinato a questo scopo gli introiti dei canoni del demanio idrico. I trasferimenti delle regioni sono oscillanti e, comunque, sempre piuttosto modesti.

BRUNA SIBILLE, Presidente dell'AIPO. Mi permetto di segnalare soltanto, rispetto alle questioni della difesa del suolo, che i fondi, che derivano dalla legge n. 183 del 1989, sono limitatissimi e anche questi occasionali, nel senso che non si tratta di importi certi, nei vari anni, soprattutto per una regione come il Piemonte, con le problematiche che sappiamo e che io conosco direttamente. Quest'anno l'intervento da parte dello Stato è di 9 milioni di euro. Non so se abbiate idea di che cosa rappresenti questa cifra, soprattutto se riferita a tutta la rete regionale, che è la rete idrografica che deve trattenere la portata d'acqua per evitare che l'acqua transiti in Lombardia e in Emilia. Il tutto, però, rappresenta il 30 per cento del fondo nazionale, perché il 70 per cento è stato indirizzato con interventi specifici, non concordati e non programmati con le regioni.
Questo è un modo di operare singolare da una parte e non produttivo dall'altra, nel senso che rischia di intervenire su un comune, senza che ci siano stati interventi a monte e a valle, quindi con conseguenze negative proprio nella gestione complessiva.

LUIGI FORTUNATO, Direttore dell'AIPO. Come dicevo, per quanto riguarda le osservazioni sulla governance - uso un termine ormai abusato - non è semplice dare una risposta. Esprimo alcune considerazioni che non sono tanto da direttore dell'AIPO, ma da addetto del settore da circa trent'anni. Mi sono sempre occupato di temi attinenti alla difesa del suolo, quindi conosco la situazione ante legge n. 183 del 1989 (a partire dai decreti delegati del 1972: sebbene allora fossi ancora all'università, ho sempre seguito queste materie).
È vero, l'equivoco di fondo da sciogliere, secondo me, è capire fino a che punto si vuole applicare il Titolo V. Se mi aveste posto questa domanda nel 1982,


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avrei detto che è giusto che lo Stato governi tutta la rete idrografica nazionale. Tuttavia, lo Stato è quello che ha decretato la morte delle strutture periferiche (magistrati), dei servizi tecnici (idrografico e geologico). Non siamo stati noi.
La volontà politica centrale ha deciso, a un certo punto, che alcune sue strutture che erano in auge quando si faceva l'idroelettrico, quando si facevano le grandi derivazioni irrigue, finita questa partita non fossero più così necessarie. Io ho fatto una tesi di laurea all'interno di un ufficio del servizio idrografico a Venezia ormai catatonico da anni e me lo ricordo bene.
Tornare indietro, in un momento in cui, come dicevo prima, è ormai radicato nell'organizzazione istituzionale e locale il concetto di gestione del territorio, diventa difficilissimo. È già difficile la pianificazione. Perché, in qualche misura, sono fallite le Autorità di bacino? Nonostante la buona volontà - posso testimoniare di molti atteggiamenti di buona volontà da parte delle regioni e degli assessori regionali che ho visto succedersi in questi anni - il politico regionale rimane sempre estraneo rispetto al comitato istituzionale di un'Autorità di bacino. Viene a Roma una o due volte all'anno, si siede al tavolo, capisce più o meno di che cosa si parla (ma non tantissimo), si domanda per che cosa ha votato e torna a casa con i suoi problemi. Magari poi gli viene riferito che ha votato per il PAI e che, quindi, il tale insediamento che aveva garantito non si può più fare.
Questa mancanza di presenza e di partecipazione - tengo a sottolineare che sto parlando come tecnico, al di là del mio ruolo - è la principale motivazione per la quale l'Autorità di bacino è rimasta, nonostante tutto, un'emanazione dello Stato mal frequentata dalle regioni.
A questo punto, probabilmente varrebbe la pena che lo Stato tenesse per sé una regia alta - la verifica di quello che viene fatto, le direttive molto generali, il controllo della pianificazione e della sua congruenza - e che poi si operasse localmente, anche con accordi tra regioni. AIPO è la dimostrazione che accordi tra le regioni si possono fare. Dei miei quattro assessori uno è di Rifondazione Comunista, uno è del Partito Democratico, uno è di Forza Italia e uno è della Lega, eppure si va avanti benissimo. Il comitato di indirizzo si esprime all'unanimità. Poi, mi rendo conto che tradurre in atto queste mie parole, forse un po' facilone, è difficilissimo.

PRESIDENTE. Nel ringraziare i rappresentanti dell'AIPO per la disponibilità dimostrata, dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,40.

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