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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione VIII
14.
Giovedì 16 luglio 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Alessandri Angelo, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE POLITICHE PER LA TUTELA DEL TERRITORIO, LA DIFESA DEL SUOLO E IL CONTRASTO AGLI INCENDI BOSCHIVI

Audizione del sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Roberto Menia:

Alessandri Angelo, Presidente ... 3 13
Menia Roberto, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare ... 3

ALLEGATO: Documentazione prodotta dal sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare ... 14
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP.

[Avanti]
COMMISSIONE VIII
AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di giovedì 16 luglio 2009


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ANGELO ALESSANDRI

La seduta comincia alle 15.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito.
(Così rimane stabilito).

Audizione del sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Roberto Menia.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle politiche per la tutela del territorio, la difesa del suolo e il contrasto agli incendi boschivi, l'audizione del sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Roberto Menia.
Do la parola al sottosegretario per lo svolgimento della relazione.

ROBERTO MENIA, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. La situazione di criticità idrogeologica del Paese impone di agire rapidamente per garantire ai cittadini adeguate condizioni di sicurezza.
Grazie all'elaborazione dei piani per l'Assetto Idrogeologico disponiamo oggi di un quadro completo dello stato di dissesto e di rischio idrogeologico su tutto il territorio nazionale, nonché degli interventi necessari per la messa in sicurezza.
L'estensione delle aree a criticità idrogeologica del territorio italiano è pari al 9.8 per cento del territorio nazionale (dati di alta criticità idrogeologica desunta dai PAI predisposti), dei quali il 6.8 per cento coinvolge direttamente zone con beni esposti (centri urbani, infrastrutture, aree produttive, ecc.) strettamente connessi con lo sviluppo economico del Paese.
Il fabbisogno necessario per la realizzazione degli interventi per la sistemazione complessiva delle situazioni di dissesto su tutto il territorio nazionale (dati desunti da PAI, piani straordinari e piani decennali), suddiviso per i settori Centro-Nord e Mezzogiorno, è complessivamente pari a 44 miliardi di euro: di cui, 27 per il Centro-Nord, 13 per il Mezzogiorno e 4 per il settore del patrimonio costiero.
Il fabbisogno del Centro-Nord risulta pari ai due terzi di quello nazionale, e a un terzo quello del Mezzogiorno. A giustificazione di tale divario resta sempre la maggiore vulnerabilità dei territori del Centro-Nord e la maggiore presenza di strutture e infrastrutture, oltre alla maggiore estensione territoriale.
A detti fabbisogni per la sistemazione complessiva dell'assetto idrogeologico del territorio montuoso e pianeggiante, vanno sommati i fabbisogni relativi al recupero e alla tutela del patrimonio costiero italiano che è stato valutato, in via preliminare, essere pari a 4 miliardi di euro.
Da segnalare, per l'indubbio rilievo, la risoluzione approvata dalla VIII Commissione della Camera lo scorso 21 aprile 2009. Nelle premesse della risoluzione si introduce una stima di 5 miliardi di euro per le azioni di maggiore urgenza da attuarsi attraverso


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un programma poliennale. Nella risoluzione, inoltre, si impegna il Governo a promuovere un organico programma di interventi diretti principalmente alla prevenzione del rischio idrogeologico ed alla manutenzione del territorio, a sostenere specifiche linee di intervento, anche ai fini dell'incremento dell'occupazione nelle aree di montagna e nei piccoli comuni e ad adottare le opportune iniziative ai fini di un efficace coordinamento dell'attività di programmazione per utilizzare al meglio le risorse e razionalizzando la spesa, evitando la sovrapposizione di piani e programmi definiti in sedi differenti.
Nel corso dell'esercizio finanziario 2008, la Direzione per la difesa del suolo, ha assicurato un efficace livello di intervento nelle politiche di difesa del suolo nazionale; proprio per ridurre il rischio idrogeologico, si è lavorato intensamente per portare avanti l'attività di pianificazione nei bacini idrografici per aumentare gli strumenti di conoscenza del territorio e per ripartire efficacemente le risorse disponibili per gli interventi più urgenti di difesa del suolo.
In concreto sono stati adottati alcuni provvedimenti concernenti l'attribuzione di euro 407.421.932,82 per interventi di difesa del suolo. Gran parte delle risorse sono state assegnate ai piccoli comuni di provincia. In tutti i casi sono state privilegiate le richieste dotate di una conoscenza approfondita dei fenomeni da contrastare. Ciò ha permesso di destinare le risorse all'immediata realizzazione di opere consentendo da un lato la rapida mitigazione del rischio idrogeologico e favorendo dall'altro lo sviluppo economico ed occupazionale sul territorio.
Ricordo il decreto ministeriale n. DEC/DDS/2008/0855 del 10.11.2008 concernente il finanziamento di n. 235 interventi per un totale complessivo di euro 161.467.208,65. Tale importo trae origine dalle risorse per investimenti della difesa del suolo dell'anno 2008, pari ad euro 125.507.208,65 (ivi compresi quelli previsti dai commi 331 e 332 dell'articolo 2 della legge finanziaria 2007), ed euro 35.960.000,00 quali residui di stanziamento di provenienza dall'esercizio 2007 ammessi alla conservazione nell'esercizio 2008 destinati nello scorso anno alla medesima finalità e resi disponibili dal Ministero dell'economia. Si evidenzia che il comma 432 dell'articolo 1 della legge finanziaria 2006 prevede che, per le finalità di difesa del suolo nelle aree a rischio idrogeologico di cui al decreto-legge n. 180 del 1998, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, d'intesa con le regioni o gli enti locali interessati, può definire ed attivare programmi di interventi urgenti per il riassetto territoriale delle aree medesime. Sulla base della suddetta norma, il Ministro ha avviato le procedure per una programmazione delle risorse disponibili per l'annualità 2008 utilizzando i medesimi criteri degli anni passati. Si fa presente che sono pervenute al Ministero oltre mille istanze di finanziamento dagli enti locali e dalle regioni per un importo complessivo di oltre 1,5 miliardi di euro; per tali richieste è stata effettuata l'istruttoria tecnica valutando prioritariamente la presenza di aree a rischio idrogeologico individuate e perimetrate nella pianificazione di bacino, la cantierabilità, la funzionalità dell'intervento alla riduzione del rischio e la quantificazione dell'intervento sulla base della progettazione disponibile.
Vi è poi il decreto ministeriale n. DEC/DDS/2008/0856 del 10.11.2008, per complessivi euro 91.000.000, concernente il Piano strategico nazionale previsto dall'articolo 2, comma 321 che rimanda, per la copertura, all'autorizzazione di spesa di cui alla legge n. 183 del 1989 per un importo di euro 265 milioni come determinato dalla tabella F della stessa legge. Tale importo, ridotto ad euro 185 milioni per supportare altre attività del Ministero (attuazione commi 322, 323, 325, 326, 331, 332), nel corso dell'anno è stato ulteriormente decurtato dal Ministero dell'economia in fasi successive fino ad euro 91.000.000,00. Detto piano ai sensi di legge deve attuarsi d'intesa con le regioni e gli enti territoriali competenti, tenuto conto dei piani di bacino.
Ricordo i decreti interministeriali ambiente economia n. DDS/DEC/2008/0912 e n. DDS/DEC/2008/0913 del 27 novembre


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2008 concernenti «Interventi di tutela dell'ambiente e difesa del suolo in Sicilia e in Calabria» per complessivi euro 151.500.000. Le suddette risorse, rese disponibili dal Ministero dell'economia e delle finanze nel corso dell'esercizio finanziario, sono state destinate in attuazione del comma 1155 della legge finanziaria 2007, per il 70 per cento, ad interventi nella regione Sicilia e, per la restante parte, ad interventi nella regione Calabria. In particolare le risorse sono state utilizzate per definire ed attivare un programma di interventi a tutela dell'ambiente e della difesa del suolo nella regione Calabria attraverso il finanziamento di 88 interventi per complessivi euro 45.450.000,00 attribuiti direttamente ai comuni interessati e per definire ed attivare un programma di interventi a tutela dell'ambiente e della difesa del suolo nella regione Sicilia attraverso il finanziamento di 71 interventi per complessivi euro 106.050.000,00 attribuiti direttamente ai comuni interessati.
Con il decreto ministeriale n. DEC/DDS/2008/0841 del 28 ottobre 2008 sono state attribuite, in attuazione dell'articolo 2, commi 118 e 119 della legge finanziaria 2008 (eventi alluvionali e franosi che hanno colpito la provincia di Teramo), risorse pari ad euro 3 milioni al Commissario Delegato per l'attuazione degli interventi di cui all'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3643 del 16 gennaio 2008 pubblicata nella GU del 26 gennaio 2008, n. 22 secondo le indicazioni specificamente previste nel predetto decreto ministeriale. Le risorse trasferite saranno destinate, quanto ad euro 2.500.000,00, alla realizzazione delle opere infrastrutturali previste dall'articolo 2 dell'Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri del 16 gennaio 2008, n. 3643 e, quanto ad euro 500.000,00, alla concessione dei contributi che il Commissario Delegato è autorizzato ad erogare ai sensi dell'articolo 3 della predetta ordinanza;
Con il decreto direttoriale n. DEC/DDS/20080926 del 2 dicembre 2008, in attuazione dell'articolo 2, comma 330 della legge finanziaria 2008 sono state attribuite all'autorità di Bacino del fiume Po euro 454.724,17 per la riqualificazione e valorizzazione economica del territorio della regione fluviale del fiume Po.
È anche opportuno segnalare che nel corso dell'esercizio finanziario 2008 sono stati assegnati alle autorità di bacino di rilievo nazionale fondi per un importo totale di euro 15.828.200,50, così ripartiti: con la legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria) e la legge n. 245 del 2007 (legge di bilancio) sono stati stanziati euro 12.456.802,50; con l'articolo 7 della legge n. 468 del 1978 è stato richiesto l'accesso al «Fondo di riserva per le spese obbligatorie» per far fronte al pagamento di parte degli stipendi dei dipendenti dell'autorità di bacino di rilievo nazionale dei fiumi Liri-Garigliano e Volturno per un importo di euro 700.000; con decreto del Presidente della Repubblica 28 aprile 2006 «Fondi stanziati per l'assunzione del personale a tempo indeterminato in deroga al blocco delle assunzioni per l'anno 2007» euro 171.398; con l'articolo 9 della legge n. 468 del 1978 «Fondo di riserva per le spese impreviste» per far fronte al pagamento delle spese di funzionamento euro 500.000; con «Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2008» euro 2.000.000.
Il Ministero, attraverso la Direzione generale difesa suolo ha attivamente partecipato ai lavori dei comitati tecnici delle autorità di bacino.
Il ruolo svolto dai rappresentanti e dagli esperti ha concorso costruttivamente alla migliore definizione di importanti strumenti di pianificazione tra cui il «Progetto strategico speciale Valle del fiume Po» ed il «Piano stralcio per il tratto metropolitano del Tevere» adottato quest'ultimo dal Comitato Istituzionale del 15 dicembre 2008.
Altra importante iniziativa da segnalare è costituita dalla realizzazione di strumenti di conoscenza del territorio per migliorare l'efficacia della pianificazione nei bacini idrografici, della definizione degli interventi più urgenti di difesa del suolo e della conseguente ripartizione delle risorse disponibili.


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Le iniziative attualmente in corso, primariamente orientate alla mitigazione del rischio idrogeologico, si basano sulla realizzazione di un sistema di condivisione della conoscenza sullo stato del nostro territorio e del mare che supporti le attività di pianificazione e monitoraggio degli interventi di mitigazione del rischio ambientale attraverso il «Sistema informativo del piano di telerilevamento».
Attraverso il sistema informativo si predisporrà un sistema di verifica dei piani di assetto idrogeologico finalizzato ad una accurata individuazione delle aree a rischio idrogeologico ed al conseguente riscontro dei piani di intervento e dei relativi costi.
Il principio informatore di fondo consiste nel criterio di reciprocità nello scambio di informazioni, per garantire a tutti i soggetti interessati una conoscenza capillare del territorio.
Di conseguenza sono stati sottoscritti protocolli di intesa con: tutte le autorità di bacino (regionali, interregionali e nazionali); tutte le province delle regioni obiettivo 1; Ministero della difesa - Stato maggiore della Difesa; Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento di protezione civile; regioni (in fase di completamento); ANCI (150 comuni); Ministero della difesa (Stato maggiore della Marina); Ministero per i beni e le attività culturali; Ministero dell'interno (DIGOS, UCIGOS, Direzione anticrimine); Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza sul Lavoro (ISPESL); ISTAT; Comando generale dell'Arma dei Carabinieri; capitanerie di Porto; Istituto zooprofilattico delle Venezie; Ministero delle infrastrutture (Registro Dighe); Università degli Studi di Padova.
Ad oggi e dagli ultimi venti anni, il riferimento normativo nazionale in materia di riassetto e difesa del suolo permane la legge n. 183 del 1989 che si proponeva come obiettivi significativi: il risanamento delle acque; la razionale fruizione e gestione delle risorse idriche; la tutela degli aspetti ambientali.
Questa legge ha avuto il merito di introdurre per la prima volta in Italia (e con un ritardo di qualche decennio) una visione globale dell'intero ciclo delle acque, dunque il bacino idrografico è stato considerato come un ecosistema unitario al fine di superare le difficoltà derivanti dalla frammentazione delle competenze tra enti ed amministrazioni diverse, tanto che è proprio nelle autorità di bacino che si è determinato quell'innovativo assetto politico-istituzionale determinato dalla concertazione e collaborazione tra Stato e regioni.
Il Piano di bacino si è così affermato come strumento principale di pianificazione delle risorse secondo un approccio integrato di difesa del suolo, tutela e risanamento delle acque, fruizione e gestione del patrimonio idrico; quindi due sono gli aspetti rilevanti di un piano di bacino: difesa e uso.
Acqua e terra viste come rischio: di alluvione, di siccità, di erosione costiera, di frane e dissesti, di inquinamento. Acqua e terra viste come risorsa, cioè fattore degli usi economici.
Dall'impostazione iniziale si sono prodotti una serie di aggiustamenti ed integrazioni, ad esempio con il decreto-legge n. 398 del 1993 che ha introdotto i piani stralcio, accelerati poi dalle sciagure di Sarno (decreto-legge n. 180 del 1998) e Soverato (decreto-legge n. 279 del 2000).
La legge n. 183 del 1989 infatti immaginava la predisposizione di un piano di bacino onnicomprensivo, in cui tutti gli aspetti dovevano essere considerati parallelamente, senza peraltro indicare scadenze per un'operazione così ambiziosa da risultare nei fatti velleitaria ecco perché quattro anni dopo (decreto-legge n. 398 del 1993) si introdusse il concetto di piano stralcio (senza precisarne tipologie e contenuti) territoriale e/o settoriale, proprio nella consapevolezza della estrema difficoltà di arrivare ad un piano di bacino compiuto.
La tragedia di Sarno impresse nel 1998 una brusca accelerazione al sistema: entro il 30 giugno 2001, le autorità di bacino di rilievo nazionale e interregionale e le regioni per i restanti bacini avrebbero dovuto adottare piani stralcio di bacino per l'assetto idrogeologico che dovevano contenere,


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in particolare, l'individuazione e la perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico e le relative misure di salvaguardia.
Inoltre, entro il 31 ottobre 1999, in deroga alle procedure della legge n. 183 del 1989, venivano approvati su tutto il territorio nazionale i «piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a rischio più alto», che contenevano l'individuazione e la perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico molto elevato per l'incolumità delle persone e per la sicurezza delle infrastrutture e del patrimonio ambientale e culturale, per le quali entravano in vigore le misure di salvaguardia.
Il decreto-legge n. 180 del 1998 ha dunque modificato l'iniziale impostazione della legge n. 183 del 1989, passando dal concetto di studio e assetto globali ed armonici del territorio, ad un approccio mirato alla salvaguardia dell'incolumità della popolazione esposta al rischio degli effetti di fenomeni naturali: la gravità di questi effetti è misurata in termini di danno economico.
Due anni più tardi, a seguito di un'altra tragedia, quella di Soverato, Governo e Parlamento sono intervenuti nuovamente con il decreto-legge n. 279 del 2000, con l'obiettivo principale di colmare alcune evidenti carenze che erano state registrate a seguito della applicazione del precedente decreto legge n. 180 del 1998. Infatti, per numerose aree ad alto rischio individuate dalle amministrazioni competenti, non erano state definite le relative perimetrazioni e non erano state adottate le misure di salvaguardia né predisposti i piani di emergenza.
Si è sentito il bisogno di tenere insieme la pianificazione di bacino e la pianificazione urbanistica o territoriale, per far sì che le condizioni di rischio nelle aree già note come pericolose, non avessero ad aggravarsi a causa di scelte di politica edilizia ed urbanistica che non fossero supportate dalle analisi che, solo attraverso uno specifico piano di assetto idrogeologico giunto alla sua approvazione, potevano essere garantite.
Nel quadro delle autorità di bacino si registrano su scala nazionale porzioni territoriali di competenza delle diverse autorità fortemente disomogenee, con bacini interregionali prevalentemente di piccole dimensioni incuneati tra i bacini nazionali e quelli regionali.
Le autorità nazionali si sono strutturate ed hanno operato con sempre maggiore ruolo, mentre molte di quelle interregionali e regionali hanno mostrato difficoltà maggiori, sicuramente anche in ragione della frammentazione territoriale.
La legge n. 183 del 1989 nacque alla fine di una lunga fase di discussione politica innescata principalmente dall'alluvione di Firenze del 1966 e dalla catastrofica «Acqua alta» di Venezia dello stesso anno. In quel momento storico l'esperienza delle regioni poteva dirsi ancora all'inizio e non erano forse neppure prevedibili i provvedimenti legislativi che successivamente avrebbero conferito proprio alle regioni poteri molto più pregnanti.
Nel tempo il ruolo locale è cresciuto tanto che dalla legge n. 142 del 1990, al decreto legislativo n. 112 del 1998, alla più recente riforma degli articoli 117 e 118 della Costituzione, può dirsi che le competenze in materia di pianificazione e governo del territorio e di difesa del suolo appartengono quasi esclusivamente a regioni, province e Comuni.
La direttiva quadro sulle acque 2000/60/CE, che istituisce il quadro comunitario in materia di tutela e gestione delle risorse idriche, prevede che tutti gli stati membri entro il 22 dicembre 2009 approvino i piani di gestione dei distretti idrografici previsti dall'articolo 13 della medesima direttiva, che rappresentano lo strumento strategico per la gestione della risorsa idrica.
Il decreto legislativo n. 152 del 2006 attraverso il quale è stata recepita in Italia la direttiva, con l'articolo 64 ha ripartito il territorio nazionale in 8 distretti idrografici, prevedendo per ogni distretto la redazione di un piano di gestione e attribuendone la competenza alle autorità di distretto idrografico. Nell'attesa della piena operatività delle autorità di distretto, il decreto-legge n. 208 del 2008, recante «Misure straordinarie in materia di risorse idriche e di protezione dell'ambiente», stabilisce che l'adozione dei piani


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di gestione avvenga a cura dei comitati istituzionali delle autorità di bacino di rilievo nazionale. In particolare l'articolo 1, comma 3-bis, del suddetto decreto prevede che l'adozione dei piani di gestione, sia effettuata entro il 22 dicembre 2009 dai Comitati Istituzionali delle autorità di bacino di rilievo nazionale, integrati da componenti designati dalle regioni il cui territorio ricade nel distretto idrografico al quale si riferisce il piano non già rappresentate nei medesimi comitati istituzionali, e che, a tal fine, le autorità di bacino di rilievo nazionale svolgano compiti di coordinamento all'interno del distretto di appartenenza e, infine, che per i distretti in cui manchi un'autorità di bacino di rilievo nazionale provvedano le regioni.
In ottemperanza a tali disposizioni le autorità di bacino nazionali e le regioni hanno avviato sin dai primi mesi dell'anno una intensa attività per la predisposizione dei piani. Alla data del 30 giugno grazie agli sforzi congiunti di tutti i soggetti istituzionali si è pervenuti alla predisposizione per tutti gli 8 distretti del territorio nazionale di un progetto di piano di gestione, che saranno sottoposti nei prossimi messi ad un inteso processo di consultazione e partecipazione pubblica. In questo processo il Ministero dell'ambiente si è impegnato attivamente per il coordinamento e la promozione delle attività da parte delle autorità competenti.
In particolare il Ministero dell'ambiente, sin dal 4 marzo 2009, ha organizzato una serie di incontri tecnico-istituzionali, con le autorità di bacino nazionali referenti per i diversi distretti e con le regioni interessate al fine di indirizzare le attività.
Nell'occasione della giornata di oggi presso il Ministero dell'ambiente è stato organizzato un tavolo istituzionale Stato, autorità di bacino, regioni per una presa d'atto dell'attività svolta e l'organizzazione delle fasi future al fine di conseguire, nei termini fissati dalla direttiva, l'obiettivo di predisposizione dei piani di gestione. Questi sono uno strumento importante per rispondere alla domanda dei cittadini di acqua più pulita a costi equi e in quantità sufficienti.
Si sta operando per provvedere al recepimento della recente direttiva alluvioni (2007/60/CE) che peraltro richiede una implementazione coordinata con la Direttiva Quadro. Il Ministero ha già predisposto una bozza di decreto legislativo, a valle di un tavolo tecnico che ha visto la partecipazione di vari soggetti istituzionali interessati.
Gli impegni dell'Italia in materia di difesa del suolo e tutela del territorio stanno assumendo una rilevanza crescente anche ai fini della prevenzione dei fenomeni di siccità e desertificazione.
La Commissione europea nella «Strategia tematica per la protezione del suolo» (COM 2006/231) ha chiaramente sottolineato che l'espansione delle aree urbane, l'abbandono delle campagne, il taglio delle foreste, lo sfruttamento delle aree costiere sono tutti fenomeni che incidono fortemente sulla qualità del suolo e creano anche le condizioni per l'avanzare della desertificazione.
Con il concetto di desertificazione, infatti, viene definito un processo, causato sia da fattori locali che globali, caratterizzato dalla progressiva degradazione dello strato superficiale del suolo e dalla riduzione della sua capacità produttiva.
Tutti gli Stati membri dell'UE e la Comunità stessa aderiscono alla Convenzione delle Nazioni Unite per la lotta contro la siccità e la desertificazione (United Nations Convention to Combat Drought and Desertification UNCCD), firmata a Parigi nel 1994, e ratificata dall'Italia nel 1997 (legge 4 giugno 1997 n. 170). Numerosi Stati dell'UE e la maggior parte dei Paesi del Mediterraneo sono colpiti da questo fenomeno e stanno per questo adottando programmi d'azione regionali e nazionali per la lotta alla desertificazione.
L'Italia, geograficamente, è inserita all'interno di un'area estremamente vulnerabile non solo alla siccità, ma anche all'erosione, agli squilibri nella gestione del territorio e delle risorse idriche, alla perdita di copertura vegetale, agli incendi e ad


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altri fattori sia naturali che antropici. I paesi del bacino del Mediterraneo, infatti, negli ultimi anni sono stati interessati da una notevole riduzione delle precipitazioni. La degradazione del territorio nell'area mediterranea è spesso legata a pratiche agricole povere: in risposta ai pericoli naturali, alle siccità, alle inondazioni, agli incendi boschivi e alle attività umane i suoli diventano aridi, sterili e improduttivi. L'abbandono dei campi successivo alla crisi agricola del nostro secolo ha ulteriormente aggravato la situazione e l'economia moderna contribuisce al problema: fertilizzanti, pesticidi, metalli pesanti, agricoltura intensiva e l'introduzione di specie vegetali esotiche invasive stressano fortemente i nostri suoli.
In Italia i fenomeni legati alla siccità, alla desertificazione e all'erosione del suolo stanno assumendo sempre più evidenza in almeno cinque regioni (Sardegna, Sicilia, Basilicata, Puglia e Calabria) e segnali negativi provengono anche da altre aree centro-settentrionali colpite da ricorrenti crisi idriche.
La valutazione dell'intensità e dell'estensione della desertificazione rappresenta un compito difficile per la mancanza di una metodologia univoca e integrata che possa essere adottata sia a livello globale sia regionale. Le stime disponibili per l'Italia variano, pertanto, in relazione alla metodologia di analisi utilizzata. L'Atlante nazionale delle aree a rischio desertificazione (pubblicato nel 2005 dal Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura) ha evidenziato che in 11 regioni del Centro-Sud (Toscana, Marche, Umbria, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Sicilia, Sardegna) circa il 6 per cento del territorio è interessato da forti o moderati fenomeni di erosione, mentre il 9 per cento del territorio indagato presenta suoli vulnerabili (cioè a rischio potenziale di forte erosione, perché sottili e collocati su forti pendenze) alla desertificazione.
Anche per questo motivo, l'Italia è in prima linea nella lotta alla desertificazione, sia come Paese affetto, che come Paese donatore, impegnandosi in maniera rilevante dal punto di vista finanziario, e risultando il secondo paese donatore dopo la Germania.
L'impegno dell'Italia all'interno della Convenzione UNCCD può essere ritenuto di assoluto rilievo, e si traduce in numerosi progetti di cooperazione a livello internazionale. In questo contesto, l'Italia parteciperà attivamente ai prossimi incontri della Convenzione, e in particolare all'evento di maggior rilievo del 2009 che sarà la nona Conferenza delle parti (COP9), che si terrà a Buenos Aires dal 21 settembre al 2 ottobre 2009 congiuntamente alla riunione del Comitato Scienza e Tecnologia (CST9) sotto forma di conferenza scientifici.
La delegazione italiana sarà guidata dal sottoscritto, che ha ricevuto dal Ministro Prestigiacomo la delega in materia di desertificazione.
L'Italia potrà far valere in quella sede le sue conoscenze e il suo impegno in materia di lotta alla siccità e alla desertificazione, mettendo a disposizione l'esperienza che ha maturato in questi anni e dimostrando il valore dei progetti sia a livello regionale e locale, che a livello di cooperazione internazionale in Paesi del Mediterraneo e in alcuni Paesi dell'Africa.
Negli ultimi anni il problema legato al degrado di aree caratterizzate da ecosistemi «vulnerabili», dal punto di vista ecologico, non solo alla siccità, ma anche all'erosione e alla non corretta gestione del territorio e delle risorse idriche, sta assumendo particolare rilievo tanto da sensibilizzare la politica internazionale e nazionale ad azioni, nonché interventi specifici mirati alla conservazione dei suoli, con la Convenzione delle Nazioni Unite per la lotta alla siccità e desertificazione (UNCCD), sottoscritta dall'Italia nel 1994 e ratificata con la legge n. 170 del 1997 e con la strategia e la relativa proposta di direttiva del Parlamento e del Consiglio europeo per la protezione del suolo (Comunicazioni COM(2006)231 definitivo e COM(2006)232 definitivo) di cui l'Italia è sostenitrice.
In particolare i fenomeni di degrado dei suoli, tra cui principalmente quelli


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legati al processo di desertificazione, sono sempre più evidenti anche in relazione all'accentuarsi dei cambiamenti climatici che incidono fortemente sulla disponibilità di risorse idriche e, di conseguenza, sull'inaridimento dei terreni.
Inoltre il verificarsi sempre più frequente di prolungati periodi siccitosi, associati anche all'alta frequenza degli incendi boschivi con conseguente distruzione della copertura forestale, alle condizioni di crisi dell'agricoltura tradizionale e successivo abbandono del territorio, allo sfruttamento eccessivo delle risorse idriche ed alla maggiore concentrazione delle attività economiche nelle aree costiere come risultato dell'urbanizzazione, all'aumento delle attività industriali, del turismo e dell'agricoltura intensiva stanno contribuendo al diffondersi di fenomeni di assottigliamento dello strato superficiale e di tendenziale perdita di fertilità dei suoli.
Numerosi studi scientifici, condotti a livello nazionale, hanno evidenziato che fenomeni di estremo degrado del suolo stanno interessando tutto il territorio, individuando nelle cinque regioni meridionali Basilicata, Calabria, Puglia, Sardegna e Sicilia, le aree maggiormente affette o a rischio di desertificazione che necessitano prioritariamente di azioni per contrastare tale fenomeno.
Sulla base di tali considerazioni Il Ministero dell'ambiente, e per esso la Direzione Generale per la Difesa del Suolo, nelle annualità 2004-2007 ha promosso una serie di iniziative volte a fronteggiare il rischio di desertificazione sia in ambito nazionale che internazionale nel rispetto dei principi della UNCCD.
In particolare sono stati finanziati, a livello nazionale, studi, attività di educazione, formazione diffusione delle informazioni, Programmi di azione locale (PAL), nonché progetti pilota di lotta alla siccità e alla desertificazione.
I PAL hanno visto il coinvolgimento di 11 regioni Italiane (Sicilia, Sardegna, Calabria, Campania, Puglia, Basilicata, Abruzzo, Toscana, Emilia-Romagna, Liguria, Piemonte), di questi sette sono già stati ultimati mentre quattro (Campania, Toscana, Emilia-Romagna, Liguria) sono in fase di ultimazione.
Per quanto riguarda i progetti pilota, questi hanno visto il coinvolgimento delle sette regioni già dotate di PAL e verranno ultimati entro la fine di questo anno.
Sia i PAL che i progetti pilota di lotta alla desertificazione, si basano su un approccio conoscitivo (analisi e valutazione di dati, mappature monitoraggi, eccetera) di carattere operativo-sperimentale, e sono finalizzati alla sensibilizzazione delle Amministrazioni locali al fenomeno della desertificazione che, con caratteristiche diverse, sta manifestandosi in alcune aree del nostro Paese ed alla promozione nonché avvio di strategie, piani e programmi su base regionale, stimolando in tal modo le capacità progettuali locali.
Inoltre in accordo con il Segretariato della UNCCD sono stati predisposti contributi finanziari per i seguenti progetti: sistemazione idraulica della città di Dori, in Burkina Faso, nell'ambito del «Programma di gestione integrata degli ecosistemi di fondovalle»; miglioramento dei sistemi di produzione agropastorali, tramite la razionalizzazione dell'uso delle risorse e l'attualizzazione dei regolamenti della transumanza frontaliera - Progetto pilota «Azaouoak» in Niger. Tale progetto è parte di un programma regionale di gestione comune delle risorse naturali nelle zone transfrontaliere tra Burkina-Faso e Mali, sviluppato nel quadro dell'iniziativa ambientale «The New Partnership for Africa's Development» (NEPAD); costituzione di un centro per l'avviamento professionale giovanile in Bamako, Mali, località «Monte Mandingo», inaugurato nel corso della conferenza UNCCD su «Giovani e Desertificazione» tenutasi a Bamako (Mali) nel settembre 2006; recupero delle gallerie drenanti (foggara) nell'ambito del «Programma di lotta alla desertificazione e sviluppo integrato dell'ecosistema della Sebkha di Timimoun» in Algeria; protezione dei pendii nell'ambito del «Programma integrato di recupero del sistema ambientale della città di Lalibela», Ethiopia.


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Questi ultimi due progetti si basano sul recupero delle conoscenze tradizionali di lotta alla desertificazione e di gestione delle risorse naturali, un tema sul quale si sta lavorando molto a livello internazionale.
Sulla base di quanto sino ad oggi realizzato a livello centrale e locale e dello stato delle conoscenze su un tema così complesso in quanto multisettoriale e multidisciplinare, quale quello delle desertificazione, l'obiettivo che ci si pone nell'immediato futuro è quello di rivedere nonché aggiornare il Programma di Azione Nazionale di lotta alla siccità e alla desertificazione, adottato con delibera CIPE 21 dicembre 1999 n. 229. Tale rivisitazione terrà conto della vigente normativa che in maniera esaustiva approccia, individuando anche specifici filoni finanziari, quelle che sono le principali minacce per la risorsa suolo (erosione, perdita di biodiversità, salinizzazione, impermeabilizzazione, contaminazione, frane) e che concorrono al fenomeno della desertificazione.
L'Inventario nazionale dei gas serra (GHG) e l'Inventario nazionale delle foreste e dei serbatoi di Carbonio (INFC) italiani contribuiscono a quantificare la capacità delle foreste di mitigare il cambiamento climatico ma non forniscono informazioni sugli effetti di quest'ultimo sulla biodiversità forestale e l'eventuale strategia di adattamento.
Per questo aspetto, il MATTM ha promosso il progetto «Biorefugia», che fornisce una prima valutazione sugli impatti dei cambiamenti climatici previsti su 27 specie forestali tra le più caratteristiche della flora forestale italiana, analizzando due diversi scenari climatici (B1 e A1Fi) per due intervalli temporali differenti (2031-2060 e 2071-2100).
Il primo obiettivo del progetto è quello di individuare sul territorio delle aree di rifugio potenziale per le specie forestali rispetto ai previsti cambiamenti climatici, sulle quali concentrare gli sforzi gestionali e di conservazione. La metodologia utilizzata prevede una iniziale elaborazione di mappe climatiche riferite a scenari basati su dati climatici e forestali.
Segue una comparazione di alcuni modelli statistici, allo scopo di poter individuare il modello effettivamente più idoneo per l'elaborazione di cinque serie complete di mappe della distribuzione potenziale per ciascuna delle 27 specie, basate sull'Indice di abbondanza; una di queste mappe si riferisce alla distribuzione potenziale attuale, le altre quattro agli scenari climatici. Le mappe di distribuzione potenziale sono basate sulle nicchie ecologiche della singola specie e sulla frammentazione del territorio.
Sono state successivamente prodotte due serie di mappe sui «biorefugi» per ogni specie, per entrambi gli scenari climatici e per l'intervallo temporale 2071-2100, utilizzando il concetto teorico del «no dispersal» secondo il quale si assume per definizione che le specie stressate dal cambiamento climatico potranno essere ritrovate solo dove sono attualmente. Queste mappe ci hanno consentito l'elaborazione ex novo di un Indice di BioRefugia, allo scopo di identificare sul territorio con immediatezza la potenziale biodiversità forestale di un distretto in base agli scenari ipotizzati con i previsti cambiamenti climatici.
Per approfondire le dinamiche della distribuzione futura delle specie è stata applicata una procedura di gap analysis sulle aree di BioRefugia basate sulla attuale rete di conservazione della natura, valutando la possibilità di proteggere e conservare le specie indagate.
Tra l'insieme dei risultati ottenuti va evidenziato innanzitutto l'aumento della regione mediterranea e il decremento delle regioni temperata e alpina previsto dagli scenari climatici.
Questo elemento viene ulteriormente confermato da un aumento della siccità e un conseguente elevato rischio di aridità in particolare in alcune regioni del sud Italia, dove i modelli mostrano con evidenza la comparsa di una nuova tipologia denominata «arid» presente nella parte centro meridionale della Sicilia e mai registrata prima, pari a 11.225 km quadrati.
Le specie forestali mostrano differenti responsi a seconda degli scenari, probabilmente


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a causa della variabilità spaziale espressa dalle precipitazioni nonostante la tendenza omogenea e generale di un aumento della temperatura.
La distribuzione potenziale delle specie mediterranee tipiche come Quercus suber Pinus halepensis, Pinus pinaster, viene generalmente favorita, con l'unica eccezione di Quercus ilex che invece mostra una lieve riduzione della propria distribuzione potenziale con un contemporaneo shift altitudinale e latitudinale piuttosto marcato lungo tutta la penisola. Le specie mesofile tipiche, invece, come ad esempio Fagus sylvatica (Figura 4a, b), Abies alba, Picea abies, Larix decidua, mostrano una riduzione sia della distribuzione areale che dell'abbondanza.
Si è elaborata la gap analysis di ogni singola specie attraverso la sovrapposizione delle aree potenziali di BioRefugia e la Rete della conservazione attuale. Il risultato mostra che alcuni distretti geografici nei quali è previsto un livello di biodiversità forestale rimarranno anche in futuro all'interno delle attuali Aree Protette, ma molti altri saranno al di fuori da ogni livello di protezione.
L'integrazione di tutti questi dati risulta molto utile per la quantificazione dei ruoli ricoperti dalle variabili ambientali nella conservazione degli habitat forestali e soprattutto nell'elaborazione di strategie di gestione adattativa che possa includere sia il «non fare» che i piani di afforestazione, per la diffusione di specie potenzialmente idonee.
La gap analysis mostra la necessità di stimolare azioni di conservazione e gestione mirate, specie-specifiche, tentando di mantenere i popolamenti delle singole specie all'interno delle aree protette, per favorire tali azioni.
Il bacino mediterraneo viene considerato uno degli hot spot mondiali per il cambiamento climatico, dove i maggiori rischi deriveranno da processi di desertificazione e da perdita di biodiversità generalizzata. Il Progetto BioRefugia potrebbe essere utilizzato per la valutazione di questi processi come uno specifico strumento per l'elaborazione di strategie adattative tese al mantenimento della biodiversità, ma, soprattutto, per l'utilizzazione di un indice per la stima puntuale dei livelli di biodiversità forestale previsti per una specie o per un'area attraverso il semplice calcolo dei livelli espressi dalle singole aree esaminate.
Questo approccio ci ha consentito di individuare 25 aree prioritarie nelle quali in futuro vi saranno elevati livelli di biodiversità forestale in base ai valori espressi dall'Indice di BioRefugia (5 nella regione alpina, 6 in quella continentale, 14 in quella mediterranea). Anche l'individuazione di molti distretti geografici di interesse particolare nel prossimo futuro ed oggi al di fuori delle aree protette permette una loro selezione per una gestione mirata a mettere le specie forestali in condizione di fronteggiare adeguatamente il cambiamento climatico.
Con riferimento alla lotta agli incendi boschivi, si pone in rilievo che il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare è competente nel settore antincendi boschivi (AIB) specificatamente per la previsione e prevenzione nelle aree protette statali - parchi nazionali e riserve naturali statali - in attuazione dell'articolo 8, comma 2, della legge n. 353 del 2000. In particolare cura il supporto ed il coordinamento della pianificazione AIB in dette aree, verifica i piani degli enti gestori e quindi, previo il parere d'obbligo del Corpo forestale dello Stato, chiede l'intesa alle regioni territorialmente interessate per l'inserimento di questi piani nei corrispondenti piani AIB regionali. Nel caso il piano AIB non risultasse conforme allo «Schema di piano AIB» di riferimento, predisposto dalla DPN, con nota interlocutoria si chiedono all'Ente parco le necessarie integrazioni. Con ogni intesa regionale su un piano AIB di valenza pluriennale (tre-cinque anni), l'iter si conclude con l'emanazione di un DM di adozione del piano AIB, pubblicato su Gazzetta Ufficiale.
L'attività AIB del MATTM e la documentazione relativa aggiornata è visibile sull'apposita pagina web del sito ministeriale www.minambiente.it.


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Sintetizzo di seguito la situazione aggiornata in merito ai piani antincendi boschivi dei parchi nazionali e delle riserve naturali dello Stato.
La situazione dei piani AIB nei parchi nazionali è molto diversificata anche per le loro singole e complesse specificità (situazione fondi, organizzazione dell'ente parco, diverso peso oggettivo del problema incendi in loco). Per facilitare la redazione dei piani AIB a cura dei PN, la Direzione protezione natura, oltre a fornire il sistematico supporto tecnico scientifico direttamente con il proprio ufficio preposto ed attraverso convenzioni con diverse istituzioni scientifiche, ha messo a disposizione dei PN un apposito sito web per l'approfondimento della problematica incendi e la fruizione, da remoto, di cartografia tematica (www.fuoco.unimol.it). Inoltre, attraverso il sito web del Portale Cartografico Nazionale (PCN) www.pcn.minambiente.it del MATTM con il «Progetto Incendi» si sono integrati e sovrapposti diversi tematismi cartografici AIB, utili per la redazione dei piani AIB a cura dei PN compresi i perimetri georiferiti degli incendi avvenuti nei PN dal 2001 al 2005, rilevati tramite immagini satellitari.
In estrema sintesi, ricordando che il piano AIB approvato dall'ente gestore è comunque vigente e vincolante per il relativo periodo di validità, ad oggi risultano: 6 hanno l'iter concluso, con il Piano AIB inserito nel rispondente piano AIB regionale e con relativo DM di adozione (Val Grande, Cinque Terre, Foreste Casentinesi, Cilento Vallo di Diano, Asinara, Sila); 11 hanno il Piano AIB valido e vigente, carente soltanto dell'intesa regionale già richiesta (9: Gran Paradiso, Gran Sasso e Monti della Laga, Monti Sibillini, Majella, Circeo, Vesuvio, Alta Murgia, Pollino, Aspromonte) o del parere del CFS già richiesto (2: Gargano; Abruzzo, Lazio e Molise); 2 hanno il Piano AIB deliberato ma non conforme (Appennino Tosco Emiliano; Arcipelago di La Maddalena); 3 non hanno alcun Piano AIB (Stelvio, Dolomiti Bellunesi, Arcipelago Toscano), di cui 2 sono in redazione e Stelvio soltanto una nota di impegno.
La vigilanza AIB nel periodo critico è comunque assicurata in ogni PN dal CTA, dal personale ed in qualche caso da appositi apparati di sorveglianza dei PN, dal sistema di sorveglianza regionale o provinciale e dalle locali organizzazioni di volontariato di Protezione civile.
La situazione dei piani AIB delle Riserve Naturali Statali (RNS) negli ultimi anni è cambiata radicalmente, grazie anche alla fattiva collaborazione fra DPN e CFS che ha determinato la emanazione da parte della Direzione Protezione Natura di uno «Schema di piano - giugno 2006» specifico per i piani AIB di queste aree protette. Questo nuovo schema, la collaborazione proseguita nel 2009 ed i contatti con gli enti gestori hanno determinato la redazione dei piani AIB di tutte le 67 RNS aventi l'obbligo (100 per cento), con l'ultimo piano pervenuto nel corrente mese di luglio, a fronte dei precedenti pochissimi piani AIB che erano pervenuti - meno di una decina - entro il 2005.
Previo parere positivo del CFS, per i piani AIB delle RNS, sono partite le richieste di intesa alle regioni territorialmente interessate e sono pervenute da parte di queste ultime le intese per 46 piani AIB di RNS. Ciò ha permesso di emanare i relativi DM di adozione dei piani AIB.

PRESIDENTE. Ringrazio il sottosegretario Menia per la sua esaustiva relazione e per la documentazione prodotta, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
Apprezzate le circostanze, rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta.

La seduta termina alle 15,35.

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