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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione VIII
6.
Mercoledì 3 ottobre 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Alessandri Angelo, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULLO STATO DELLA SICUREZZA SISMICA IN ITALIA

Audizione di rappresentanti del Consiglio nazionale dei geologi e del Consiglio nazionale degli ingegneri:

Alessandri Angelo, Presidente ... 3 6 8 12
Benamati Gianluca (PD) ... 9
Calcagnì Giovanni, Tesoriere del Consiglio nazionale dei geologi ... 7 9
Cardinale Giovanni, Membro del Consiglio nazionale degli ingegneri ... 12
D'Oriano Vittorio, Vicepresidentedel Consiglio nazionale dei geologi ... 11
Graziano Gian Vito, Presidente del Consiglio nazionale dei geologi ... 6 9 12
Piffari Sergio Michele (IdV) ... 8
Zambrano Armando, Presidente del Consiglio nazionale degli ingegneri ... 3 9 10 11
Zamparutti Elisabetta (PD) ... 11
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, Democrazia Cristiana): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA; Misto-Iniziativa Liberale: Misto-IL.

COMMISSIONE VIII
AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 3 ottobre 2012


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ANGELO ALESSANDRI

La seduta comincia alle 15.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti del Consiglio nazionale dei geologi e di rappresentanti del Consiglio nazionale degli ingegneri.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sullo stato della sicurezza sismica in Italia, l'audizione di rappresentanti del Consiglio nazionale dei geologi e di rappresentanti del Consiglio nazionale degli ingegneri.
Do la parola all'ingegner Zambrano, presidente del Consiglio nazionale degli ingegneri.

ARMANDO ZAMBRANO, Presidente del Consiglio nazionale degli ingegneri. Ringrazio il presidente per l'invito. Gli ingegneri sono, come anche le altre categorie tecniche, sicuramente interessati agli aspetti della prevenzione del rischio sismico, per noi fondamentali. Prevenzione significa riuscire a convivere con il terremoto, obiettivo cui dovremmo tendere tutti perché, come ben sapete, di per sé non procura danni, provocati, invece, a persone e cose proprio dalle costruzioni non adeguate. Noi ci battiamo da anni perché questo avvenga, per cui siamo molto interessati a che si pongano in essere delle procedure, delle norme che incentivino la prevenzione.
Siamo preoccupati perché dalle parole e dai discorsi che si fanno da anni non si passa ai fatti, per cui il prossimo terremoto, che non sappiamo quando né come né dove, ma sappiamo sicuramente che verrà, purtroppo provocherà dei danni.
Dall'analisi che vi abbiamo consegnato sia via e-mail sia in formato cartaceo si evidenzia, infatti, che la grandissima parte dei fabbricati del nostro Paese è antica, costruita prima dell'entrata in vigore delle norme sismiche. Si tratta, quindi, di fabbricati potenzialmente pericolosi in cifra consistente: oltre il 70-75 per cento dei fabbricati esistenti andrebbe, innanzitutto, monitorato.
Il problema più grave è che manca una conoscenza della vulnerabilità di questi edifici, pur essendo conosciuta, appunto, la potenziale pericolosità per effetto del fatto che non rispettano le norme sismiche. La prima attività, dunque, è sicuramente la conoscenza del territorio e delle situazioni di rischio esistenti; la seconda è quella degli interventi, che devono essere eseguiti innanzitutto dallo Stato, per quanto di competenza, ma anche dai privati.
Sappiamo che il momento è difficile, che la crisi economica non ci lascia grandi possibilità di intervento, ma proprio in questo momento, in cui i soldi mancano, bisogna pensare a quanto si risparmierebbe se il prossimo terremoto, per effetto di un piano di prevenzione adeguata, non


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ci facesse spendere i soldi che si spendono per ricostruire le abitazioni. Peraltro, abbiamo visto anche in Emilia quanto costa in termini di mancata produzione, con il rischio anche di perdere pezzi importanti della produzione industriale del nostro Paese per effetto del blocco delle attività produttive.
Su questo, come ingegneri, abbiamo redatto una serie di documenti, presentati anche in occasione del terremoto dell'Emilia, per semplificare e accelerare le procedure di messa in sicurezza dei capannoni, insieme all'università, alla regione Emilia-Romagna e anche ai costruttori e fabbricatori di capannoni. Riteniamo, però, che il piano vada esteso a tutta l'Italia, cominciando proprio dai capannoni industriali, che hanno un vantaggio.
Ci sono, infatti, normalmente proprietari unici, quindi esiste la possibilità di mettere in campo rapidamente gli interventi; ci sono delle risorse; c'è un apparato produttivo che va mantenuto. Iniziare a pensare di rendere obbligatorie le verifiche a partire anche dai capannoni industriali mi sembra un'iniziativa che ha una sua fattibilità e una sua concretezza. Certo, serve la possibilità di consentire di farlo nel tempo, ma l'operazione semplificherebbe e farebbe entrare anche nella coscienza comune la necessità di intervenire in termini di prevenzione.
Gli altri dati sono contenuti nel documento che abbiamo consegnato, quindi non mi attardo sul suo contenuto, se non per segnalare che il documento contiene una serie di proposte che sono quasi tutte «a costo zero», perché ci rendiamo conto che lo Stato oggi non può, certamente, assorbire o incentivare, se non in limitatissima misura, gli interventi.
Innanzitutto, teniamo presente che la sicurezza contro il rischio sismico non è limitata solo alle costruzioni, ma deve essere corroborata anche dagli interventi oculati di pianificazione. Spesso non si tiene conto nella progettazione e redazione dei piani urbanistici del rischio sismico dei territori. Esistono studi avanzati anche di microzonazione sismica dai quali si può evincere quali sono le aree più a rischio rispetto ad altre, dove andrebbe potenziato o consentito l'intervento e altre dove andrebbe escluso.
Allo stesso modo, sarebbe importantissimo integrare gli strumenti di pianificazione con dei piani di prevenzione del rischio sismico o di protezione civile anche per garantire l'esodo nel caso di terremoto. Sapete che esistono zone d'Italia in cui, in caso di terremoto, probabilmente procurerebbe più vittime l'esodo che, addirittura, il crollo dei fabbricati per effetto proprio della ristrettezza delle vie di uscita.
Tra le altre proposte che formuliamo c'è la certificazione sismica in occasione delle compravendite di fabbricati. Abbiamo introdotto nel nostro Paese da qualche anno l'obbligo della certificazione sul risparmio energetico in occasione delle compravendite, la quale ha iniziato a incentivare e differenziare i fabbricati o gli immobili per la condizione, appunto, del risparmio energetico. Mi sembra e ci sembra paradossale che un elemento così importante come la sicurezza sismica di un fabbricato non debba essere considerata alla stessa stregua della certificazione energetica come un elemento qualificante ai fini della determinazione del prezzo di un immobile.
Oggi ancora si considera le caratteristiche di panoramicità e di posizione, mentre gli elementi sulla sicurezza dal punto di vista sismico non hanno alcuna possibilità di essere valutate sul mercato per la mancanza dell'obbligo della relativa certificazione. Questa rappresenta una possibilità di incentivare il mercato a scegliere, e quindi di incentivare, automaticamente, l'interesse dei proprietari a intervenire nel caso di un mercato che considerasse la certificazione sismica come un elemento importante. Basterebbe renderlo obbligatorio perché questo possa avvenire e non produrrebbe costi per lo Stato, ma semplificherebbe un mercato oggi basato su elementi a mio avviso distorti.
Anche in relazione alle politiche di incentivazione potremmo pensare, per chi procede a una ricognizione del proprio


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fabbricato a fini sismici, in modo da poter intervenire, di avere uno sconto sull'IMU. Questo aspetto potrebbe essere positivo - ci sarebbe da vedere quanto potrebbe essere ridotto e di quale aliquota - ma anche un piccolo incentivo farebbe entrare nella testa delle persone quanto sia importante prevenire il rischio sismico.
Un altro aspetto importante è che spesso gli interventi ai fabbricati di grandi dimensioni sono limitati per la pluralità di proprietari. La difficoltà a intervenire sussiste infatti perché non sempre esiste, contestualmente, la disponibilità economica da parte di tanti soggetti e dunque manca la disponibilità a intervenire nei vari elementi e nei vari appartamenti che costituiscono il fabbricato. Inoltre, esiste un problema burocratico e anche di responsabilità insito nella normativa tecnica, che prevede l'obbligo di presentare un'unica progettazione che deve comprendere l'intera unità abitativa, e quindi le varie proprietà nel caso di differenziazione di proprietà, e la chiusura dei lavori come certificato di collaudo. Nel frattempo, il fabbricato è inagibile nel corso dei lavori e questo crea veramente problemi, per cui alla fine nessuno è disponibile a procedere con gli interventi pur essendoci, a volte, maggioranze consistenti.
La nostra proposta quindi è che, poiché nell'ambito della vita di un fabbricato servono interventi di ristrutturazione dei vari appartamenti che riguardano la parte estetica, i bagni, le mattonelle, le pitture e così via, in queste occasioni sarebbe utile procedere a interventi appunto poco invasivi sulle strutture e che oggi sono possibili. Siccome, tuttavia, manca lo strumento amministrativo-burocratico che consenta di regolarsi in questo modo in un arco di tempo piuttosto lungo, la nostra proposta è di consentire ai condomìni di presentare progettazioni complessive sul fabbricato, che possono in seguito essere soggette a interventi anche parziali con la dichiarazione del progettista che questi interventi parziali su singoli elementi costruttivi del fabbricato sono, comunque, di miglioramento rispetto al quadro complessivo.
Ciò comporterà, in un arco di tempo anche piuttosto lungo, di ottenere un miglioramento della risposta sismica del fabbricato e comporta anche la possibilità di fare collaudi parziali dei fabbricati come oggi non è consentito dalla normativa. Una piccola modifica di carattere soltanto burocratico, dunque, incentiverebbe gli interventi. Anche questo non ha nessun costo.
Altro aspetto importante è quello degli incentivi. Purtroppo, bisogna per forza dare incentivi che possano essere anche soltanto di natura urbanistica con premi volumetrici per consentire la demolizione di fabbricati in zone ad ampio rischio, sia sismico sia idrogeologico sia vulcanico, per ricostruire in altre aree che lo Stato potrebbe mettere a disposizione. Anche questo, trattandosi di premi urbanistici, non avrebbe costi particolari per la pubblica amministrazione e potrebbe incentivare la delocalizzazione di costruzioni da aree a rischio.
L'ultimo aspetto è quello della copertura assicurativa e, al riguardo, ricordo che qualche mese fa era stata avanzata anche una proposta governativa su questo punto. Ovviamente, vanno verificate le condizioni, ma è evidente che una copertura assicurativa debba avere suoi regolamenti specifici. Diversamente, le assicurazioni finiscono per assicurare solo quelli che non hanno rischio e non assicurano, invece, quelli che ce l'hanno perché non conviene.
Bisogna trovare un sistema per renderla obbligatoria e spalmare su tutti i costi di rischio. In assenza di questo accorgimento la copertura assicurativa, ovviamente, diventa del tutto inutile perché, appunto, non si può spalmare solo su alcuni il costo complessivo degli eventuali interventi di ricostruzione o di ristoro dei danni.
Tutto quanto ho illustrato è contenuto nel nostro documento, di cui ci auguriamo la Camera possa tenere conto per avanzare, a sua volta, le proprie proposte. Ovviamente, restiamo a disposizione per ogni successiva attività.


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PRESIDENTE. Do la parola al presidente del Consiglio nazionale dei geologi Gian Vito Graziano.

GIAN VITO GRAZIANO, Presidente del Consiglio nazionale dei geologi. Molto brevemente, traggo spunto da quanto già illustrato dall'ingegnere Zambrano, che ha molto correttamente parlato di necessità di conoscenza. Ciò implica, ovviamente, la visione della geologia, delle scienze della terra, conoscenza dei territori su cui i nostri fabbricati, il nostro patrimonio edilizio insiste. L'ingegnere Zambrano ha anche correttamente parlato di necessità di una pianificazione, ovviamente quindi come attività preventiva rispetto alle azioni consequenziali, fossero quelle delle ristrutturazioni o delle nuove edificazioni.
Chiaramente, ci concentriamo sull'aspetto della microzonazione perché è assolutamente evidente, anche dal punto di vista mediatico, il fenomeno della liquefazione nel terremoto che ha colpito l'Emilia-Romagna, ma che era per gli addetti lavori abbastanza evidente anche in precedenza. Il fenomeno ha determinate caratteristiche e riferimenti, condizioni affinché si possa verificare e la conoscenza di tutte quelle zone, secondo anche non solo sotto il profilo probabilistico ma anche di assetto del territorio, diventa assolutamente necessario.
In qualche modo, si sta modificando il quadro generale. La pianificazione in chiave di microzonazione è condotta - abbiamo citato l'esempio dell'Emilia-Romagna - ma in questo momento soprattutto a grande scala, mentre necessita riportarla maggiormente a una scala di progetto.
Ecco perché aggiungo che non è necessario che la microzonazione sia eseguita soltanto preliminarmente a un processo di pianificazione, ma direi anche in un processo di costruzione e di progettazione. Le norme tecniche attuali hanno fatto un passo avanti rispetto alla vecchia normativa, cioè hanno comunque classificato determinate aree, ma ancora secondo un modello estremamente ampio, per macroaree e non per microaree, per cui gli effetti di sito sono ancora per certi versi, a mio avviso, sottovalutati rispetto all'effettiva necessità di una progettazione strutturale adeguata.
Non vi è dubbio, quindi, che su quello noi puntiamo come assoluta necessità di conoscere, sotto il punto di vista della risposta sismica, quindi dell'input sismico, il territorio e, appunto, estenderei il concetto di conoscenza non soltanto alla pianificazione, ma anche alla costruzione.
A questo proposito, mi preme sottolineare un aspetto che, come Consiglio nazionale dei geologi, non condividiamo e che rientra in un programma generale di semplificazioni, che possono essere di tipo amministrativo, ma che riteniamo non possano riguardare la sicurezza: in questo momento è in atto una discussione su quelle che possono essere definite modeste costruzioni. Noi rifuggiamo da questo concetto. Per noi non esiste una costruzione modesta, quanto piuttosto la sicurezza della costruzione stessa. Non è pensabile che, trattandosi di una costruzione piuttosto piccola, si possa derogare a regole di sicurezza, mentre mi sembra che il percorso che in questo momento si sta seguendo - ovviamente, stiamo parlando di altri ambiti, nella fattispecie del Consiglio superiore lavori pubblici - preveda una deroga non di tipo amministrativo, ma soprattutto per l'aspetto della sicurezza. Si può avere un piccolissimo fabbricato in una zona in frana o in una che reca dei grossi problemi di liquefazione, ma non per questo si può derogare a determinate procedure.
In ultimo, è ovvio che condividiamo il punto di vista degli ingegneri e, in tal senso, ebbi a dire proprio in quest'aula, a proposito del disegno di legge che riguardava le verifiche sismiche subito dopo il terremoto per alcune delle province di Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia, che un certificato di collaudo - parliamo, quindi, di costruzioni già progettate e realizzate in assenza di queste ulteriori verifiche sotto il profilo appunto della microzonazione - possa essere esteso anche a una verifica sismica del fabbricato stesso.


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Si potrebbe avere, infatti, un fabbricato costruito nel pieno rispetto delle regole, ma che tuttavia non ha considerato - ancora le attuali NTC, Norme tecniche per le costruzioni, li considerano in una maniera piuttosto marginale - quelli che possono essere gli effetti di sito. Ritengo, anche per agevolare il lavoro di chi si occupa delle procedure perché portano al collaudo stesso, che sia assolutamente necessario che sia supportato da uno studio di sito e non soltanto da verifiche che riguardano il costruito, aspetti squisitamente strutturali in elevazione.
Vorrei cedere, se possibile, molto brevemente la parola per un contributo ulteriore al dottore Calcagnì, nostro tesoriere, soprattutto perché è rappresentante del Consiglio nazionale all'interno dalla Commissione nazionale per la microzonazione sismica presso la Protezione civile nazionale. Avendo lui seguìto questi lavori già da diverso tempo, credo che possa offrire un utile contributo alla discussione di oggi.

GIOVANNI CALCAGNÌ, Tesoriere del Consiglio nazionale dei geologi. Buongiorno a tutti. Per chiarezza, con il termine di microzonazione sismica intendiamo un insieme di studi geologici e geofisici effettuati a livello comunale, i quali vanno a indagare le risposte dei terreni in occasione di terremoti in termini di amplificazione o meno dell'input sismico. L'onda sismica si propaga dal sottosuolo, può arrivare in superficie amplificata, deamplificata o può far innescare fenomeni di instabilità.
La microzonazione sismica, quindi, verifica a scala comunale i territori che non amplificano l'impulso sismico e quelli che lo amplificano. Si può anche stimare di quanto il fenomeno è amplificato. Tutto questo ha una ricaduta sulla progettazione per quanto riguarda gli spettri di risposta e i territori dove l'onda sismica può far avvenire fenomeni di instabilità locale, quali le frane, la liquefazione, cui faceva riferimento il presidente Graziano, gli assestamenti e i cedimenti, gli eventuali sprofondamenti, una serie di fenomeni detti co-sismici che, effettivamente, possono, hanno creato e creano sempre grandi problemi in occasione dei forti terremoti.
In base a questa consapevolezza, il risultato di questi studi deve correttamente calare nella pianificazione urbanistica comunale, per cui è fondamentale che le indagini di microzonazione abbiano la ricaduta a livello di pianificazione urbanistica comunale.
Queste indagini ci dicono, inoltre, dove localizzare nuovi insediamenti. Si scelgono, infatti, zone che meno amplificano l'input sismico e che sono esenti da fenomeni di instabilità locale. Capirete bene che si tratta di studi estremamente importanti per un discorso di prevenzione che sia moderno.
Ovviamente, ci riferiamo a nuovi insediamenti, ma anche nell'edificato esistente la microzonazione sismica è importante perché definisce le zone stabili senza amplificazioni, quelle soggette ad amplificazione (quantificandone la misura) e quelle soggette a instabilità, quindi consente di indirizzare correttamente anche i finanziamenti, gli interventi e tutto ciò che riguarda la sicurezza sismica. Si tratta di un discorso lungo e articolato, che si sta affrontando e si deve affrontare in Italia.
Abbiamo depositato il rapporto «Terra e Sviluppo» del Consiglio nazionale geologi, un'indagine conoscitiva del 2010 del Consiglio nazionale che indaga tutti i rischi geologici più importanti e una sezione è dedicata al rischio sismico. Vi si studia quanta parte dell'edificato e di popolazione è insediata in zone ad alta pericolosità sismica e, di conseguenza, può sicuramente dare un'idea ai componenti della Commissione dello stato della pericolosità e del rischio sismico in Italia, che va a sostanziare anche quanto illustrato dall'ingegnere Zambrano.
Per quanto riguarda la microzonazione sismica, dopo il terremoto dell'Abruzzo, con la legge n. 77 del giugno 2009, è stato emanato il Piano nazionale per la prevenzione del rischio sismico, col quale sono stati stanziati fondi fino al 2016 per la riduzione del rischio sismico dei territori.


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Tra gli ambiti d'azione c'è la microzonazione sismica, cui è stata destinata una piccola parte di quei fondi perché si tratta di attività che non costano tanto. La stragrande maggioranza di questi fondi sono stati destinati al rafforzamento sismico nell'edilizia privata e, soprattutto, a strutture e infrastrutture che hanno particolare importanza nel momento in cui si verifica un evento sismico, quindi di primario interesse per quanto riguarda la Protezione civile successiva a un evento sismico.
Sono stati stanziati 960 milioni nell'arco di 7 anni. La prima annualità, il 2010, è partita e il meccanismo di finanziamento funziona in questo modo: ad uno stanziamento di fondi del Dipartimento di Protezione civile se ne associa uno delle regioni di pari importo. I fondi li gestiscono le regioni sotto un indirizzo unitario da parte del Dipartimento, e quindi gli interventi sono cofinanziati dall'ente locale e dallo Stato.
Con l'annualità 2010 sono stati sottoposti a microzonazione 431 comuni. Capirete bene che, rispetto agli 8.000 comuni d'Italia, siamo all'inizio, ma sono previste 6-7 annualità, che permettono di portare avanti questo discorso. Si parte con il primo livello di microzonazione, importantissimo perché definisce le zone; possono seguire approfondimenti di secondo e terzo livello, che cercano di quantificare l'amplificazione dell'impulso sismico.
La proposta è di continuare a erogare sempre maggiori risorse a questo tipo di attività, oltre al rafforzamento anche in questo settore della microzonazione per l'edilizia privata, quindi l'edificato, gli edifici strategici, gli edifici importanti pubblici, in maniera da ottenere il prima possibile un quadro più chiaro a scala comunale della mappatura delle zone più a rischio.
Sono misure disciplinate da OPCM: la n. 3907 ha disciplinato l'annualità 2010; la 4007 ha disciplinato l'annualità 2011, che sta partendo, e le regioni stanno deliberando per attivare gli interventi nei vari comuni di competenza. Si tratta di un discorso che va sicuramente potenziato e fatto recepire a livello urbanistico.
La proposta, quindi, è di continuare in quella direzione, cercando di far sì che, quando si arriva alla certificazione sismica dell'edificato o del singolo edificio, ci sia, come spiegava il presidente Graziano, anche una certificazione geologica dello stesso edificio. Il grosso problema è, infatti, tutto l'edificato esistente, che spesso, oltre a presentare i problemi strutturali che gli ingegneri sono tranquillamente in grado di risolvere per rafforzare l'edificio, necessita anche alla base di una certificazione geologica che indichi che quel sito è esente o meno e, eventualmente, di quanto non lo è sia sotto il profilo della sicurezza idrogeologica sia sotto quello della sicurezza geosismica, cioè della possibilità dell'amplificazione del moto sismico oppure di trovarsi in zone che possono essere soggette a fenomeni di instabilità durante il terremoto.
Assocerei, quindi, alla certificazione sismica quella geologica per quanto riguarda gli aspetti della sicurezza sismica. Ritengo che questa sia, grosso modo, la sostanza del problema. Chiaramente, restano quei problemi sulle norme tecniche sulle costruzioni cui ha accennato il presidente Graziano e che andrebbero risolti.
Non abbiamo depositato il documento, ma siamo pronti a inviarlo alla Commissione.

PRESIDENTE. Ringrazio gli intervenuti per le relazioni svolte e do la parola ai colleghi che vogliano intervenire per porre domande o formulare osservazioni.

SERGIO MICHELE PIFFARI. Si propongono sempre più certificati: ne aggiungeremo dunque un altro sulla sicurezza sismica dopo quelli relativi all'introduzione di un'assicurazione contro il rischio sismico.
Personalmente, vorrei conoscere il vostro parere sulla questione che si ripropone ogni anno in Parlamento della necessità di un «libretto» per ogni edificio.


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ARMANDO ZAMBRANO, Presidente del Consiglio nazionale degli ingegneri. Noi non ne parliamo più del libretto o fascicolo del fabbricato perché porta male e anche perché dà un'idea molto burocratica della vicenda e, come lei diceva giustamente, dà l'impressione di voler aumentare il carico delle carte. Non è questo lo scopo di questi documenti, ma di raggiungere la sicurezza.
Abbiamo adottato l'espressione «certificazione sismica» proprio perché è evidente che, per produrla, serve una documentazione per la quale bisogna ricostruire la storia del fabbricato, ma è anche vero che si comprende bene l'obiettivo della sicurezza dei cittadini. Tutti gli altri aspetti burocratici, se è accatastato perbene, se è abusivo, se è abusivo in parte e così via, sono elementi che, pure se importanti, se inseriti all'interno di questo documento, finiscono per snaturarne la funzione e forse anche per essere malvisto dalla popolazione. Noi vogliamo dei documenti che garantiscano il cittadino sotto il profilo della sicurezza. Purtroppo, il passaggio documentale per la conoscenza della storia del fabbricato esistente è indispensabile.
Ci siamo accorti anche in Emilia e a L'Aquila che quando, in caso di accertamento di un fabbricato, mancano le documentazioni di base, diventa molto più difficile decidere se è agibile o non lo è in tempi brevi. Aderire almeno a questo livello di conoscenza dal punto di vista statico può consentire, probabilmente, in pochi minuti di far rientrare nelle abitazioni migliaia di persone. Questo riduce la tensione abitativa e i problemi di cui lo Stato deve farsi carico.

GIAN VITO GRAZIANO, Presidente del Consiglio nazionale dei geologi. Volevo aggiungere, se è possibile, che abbiamo battuto spesso, come Consiglio nazionale geologi, oltre che degli edifici strategici in genere, sulla sicurezza delle scuole in particolare e abbiamo scoperto, non noi soltanto, attraverso il rapporto Cresme - rapporti che vengono da più parti ci confermano questo dato - che il 49 per cento degli edifici scolastici in Italia non ha un certificato di agibilità.
Dietro quest'assenza, probabilmente, si nascondono tante informazioni, non necessariamente strutturali o geologiche, ma anche sanitarie, di presenza di eternit nelle coperture o altro. Credo che il fascicolo del fabbricato andrebbe proprio nella direzione di diminuire il numero di certificati che servono di volta in volta per dimostrare qualcosa. Si avrebbe la storia, che ho chiamato a volte, giornalisticamente, «libretto sanitario» di quel fabbricato. Credo che quella sia, per certi versi, la strada maestra.

GIOVANNI CALCAGNÌ, Tesoriere del Consiglio nazionale dei geologi. È importante, come ha spiegato anche l'ingegnere Zambrano, come si costruisce questo documento, cioè che cosa ci inseriamo. Prima di tutto, vanno inseriti gli elementi di certificazione per la sicurezza, e quindi la certificazione geologica del sito su cui sorge il fabbricato e la certificazione strutturale.
A volte succede, tuttavia, che gli accidenti diventano sostanza e viceversa e in tante bozze di fascicoli di fabbricato si è inserito di tutto, tranne le questioni fondamentali per la sicurezza strutturale e geologica. È bene dunque porre l'accento sulla questione. Se fascicolo del fabbricato deve esserci, che siano questi i due elementi fondamentali, certificati da chi di competenza per dare certezza che quanto è scritto sul fascicolo indichi, effettivamente, quello che c'è.

GIANLUCA BENAMATI. Ringrazio gli ospiti per le presentazioni, sicuramente molto utili in termini non solo di analisi della situazione, ma anche di proposte. Anche questo, infatti, vuole essere l'intento del lavoro che stiamo conducendo.
Avrei alcune richieste di chiarimenti. Per la certificazione sismica, sicuramente, l'introduzione di un modello similare a quello della certificazione energetica può essere un deterrente o uno strumento d'informazione corretta all'acquirente, in modo che sappia a cosa va incontro.


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Tuttavia, su questo, il tema degli incentivi, che poi è il tema essenziale per migliorare la resistenza sismica degli edifici già realizzati - in questo caso parliamo, per esempio, di edifici di abitazione - non può, a mio avviso, non passare attraverso qualcosa di simile a quello che è stato lo strumento della detrazione d'imposta (il cosiddetto 55 per cento) per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici. Voi proponete un intervento sull'IMU, ma a me sembra che anche abolendo per 10 anni il 50 o il 100 per cento del tributo difficilmente potremmo incentivare davvero la messa in sicurezza degli edifici, giacché in questo caso parliamo di opere il cui costo non può che ammontare a cifre sull'ordine delle decine di migliaia di euro. Vorrei conoscere la vostra opinione a tal proposito.
Quanto alla delocalizzazione degli insediamenti urbanistici, di cui avete parlato e che io considero un tema molto forte vorrei, se possibile, ulteriori delucidazioni. Intere parti del nostro Paese, infatti, come stiamo appurando nel corso di quest'indagine sulla situazione sismica - potrebbero presentare forti rischi di sismi rilevanti, con la presenza di un'elevata densità di popolazione, un abitativo in condizioni, quali quelle che state facendo presenti, spesso non a norma, ma anche con la presenza di impianti industriali che possono essere soggetti o provocare dei grandi rischi.
Infine, sulle assicurazioni - volontarie o obbligatorie dei fabbricati, discuteremo - vedo che avete una stima dei costi, credo fatta con l'ANIA (fornita anche da molti altri auditi) secondo la quale per un appartamento medio di 300.000 euro si possono prevedere premi assicurativi annui pari a circa 200 euro. In alcuni provvedimenti abbiamo stralciato la parte che riguardava l'introduzione dell'assicurazione per gli edifici, che era facoltativa, e uno dei motivi - il presidente lo ricorderà, c'era un generale consenso - era anche la questione della difficoltà di fare un'accurata valutazione dei premi assicurativi. Per questo, con riferimento a questa vostra valutazione, peraltro abbastanza simile a quella di altri stima vi chiedo: esattamente, come avete ricavato questo dato?

ARMANDO ZAMBRANO, Presidente del Consiglio nazionale degli ingegneri. Sulla certificazione sismica, il primo aspetto era il problema della detrazione dell'IMU, effettivamente una proposta che, ovviamente, deve essere, come tutte le proposte che toccano il bilancio dello Stato, verificata in concreto. Resta, però, una possibile indicazione, così come può essere importante la detrazione fiscale segnalata dall'onorevole Benamati. Tuttavia, conta avviare un interesse dei cittadini, che è quello che manca, mettere in positivo tutto questo.
Quanto all'assicurazione, ovviamente il nostro Centro studi, che ha redatto il documento, si è basato sui dati dell'ANIA, e quindi sulle proposte emerse da lì. Certo, si basano su un'ipotesi di un'assicurazione generalizzata, non facoltativa; se si assicurano, infatti, solo quelli che hanno bisogno o che si trovano nelle zone più a rischio, sicuramente il costo dell'assicurazione diventa insostenibile. Per questo un provvedimento legislativo è fondamentale. Lasciare solo alla libertà del cittadino la decisione significa che, oggettivamente, chi non è in zona sismica non ha interesse ad assicurarsi; chi c'è ha interesse ad assicurarsi, ma l'assicurazione a questo punto deve chiedere tantissimo.
Quanto alla questione della delocalizzazione, evidentemente, è un problema importante, che forse - nel documento lo si intuisce - funziona molto di più non tanto per il rischio sismico, ma per altri tipi di rischio, per l'idrogeologico, per il vulcanico, dove le aree sono abbastanza concentrate. In questi casi, si può riuscire a concentrare l'intervento di delocalizzare anche a costo zero con un incremento volumetrico.
Esiste già, in questa direzione, un'esperienza della regione Campania, ma credo che si debba estendere ad altre zone a rischio idrogeologico. Molte spesso, oltretutto, i rischi vanno insieme e quello vulcanico e quello sismico sono strettamente


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connessi, come è noto, e ci sembrava opportuno darne un'indicazione anche all'interno di questo documento.

ELISABETTA ZAMPARUTTI. Rispetto al lavoro di microzonazione che state realizzando su scala comunale e con riferimento ai siti dove, seppur parzialmente, è già stato realizzato, vorrei capire se, a vostro giudizio, le pubbliche amministrazioni, comuni o altre amministrazioni locali, si sono poi attrezzate per rispettare quello che emerge dal vostro lavoro? Esistono le adeguate professionalità, la pubblica amministrazione è attrezzata per trattare adeguatamente questo tema, al di là della volontà politica di far tesoro di questo tipo di informazione?
Gli ingegneri in particolare hanno parlato di una priorità di partire dai capannoni, dalle strutture più legate alla produzione, ma io mi chiedo se non pensiate che sia più opportuno, in realtà, partire da certe realtà particolarmente problematiche. A vostro giudizio, la politica non dovrebbe individuare delle aree e, a vostro giudizio, quali potrebbero essere?
Conoscete l'interesse del Partito radicale per il tema della questione del rischio Vesuvio e della situazione di Napoli nel suo complesso: condividete un'impostazione di questo tipo e, nel qual caso, quali sarebbero, a vostro giudizio, le priorità da seguire?

VITTORIO D'ORIANO, Vicepresidente del Consiglio nazionale dei geologi. Per gli aspetti della microzonazione, bisogna rifarsi alla legislazione regionale. Alcune regioni già da tempo hanno previsto quest'obbligo contemporaneo agli atti di pianificazione. Esiste un progetto, Valutazione degli effetti locali, prodromico alla microzonazione sismica e che ha trovato sviluppo in alcune regioni e concordi altre, che comunque, però, non mi pare abbiano legiferato.
In questo senso, forse, bisognerebbe auspicare una rivisitazione della legge urbanistica nazionale, che è dell'agosto 1942, un anno e un mese prima dell'armistizio, con l'Italia tra le bombe. Noi auspichiamo una rivisitazione di una legge sul governo del territorio in cui rientri anche questo argomento.
Sul rischio Vesuvio, ho avuto modo di leggere, ma non approfonditamente, un contributo che ci è stata inviato dal Partito radicale sulla cosiddetta «rottamazione» degli edifici. L'idea è interessante e si riallaccia a quanto diceva anche l'ingegnere Zambrano. La delocalizzazione riguarda, ovviamente, superfici non grandi, ma collegate ad alcune questioni specifiche, rischio idrogeologico o vulcanico. L'area vesuviana non è piccola, ma sicuramente non ha le dimensioni del rischio sismico, che è praticamente presente, anche se in misure leggermente diverse, tutto il territorio nazionale.
Da questo punto di vista, credo che quella del Partito Radicale sia una proposta meriti attenzione. A supporto, informo che abbiamo addirittura costituito un gruppo di studio che la esaminasse completamente, magari realizzando anche una sorta di proiezione di quanto avveniva, ma non sono in grado, in questo momento, di comunicarle risultati, che non sono ancora venuti.

ARMANDO ZAMBRANO, Presidente del Consiglio nazionale degli ingegneri. Sulle priorità dal punto di vista della prevenzione del rischio sismico vorrei dire che è stata l'Emilia a farci conoscere la situazione dei capannoni, particolarmente vulnerabili per via della loro struttura. L'idea è quella di un piano di prevenzione nazionale proprio su queste strutture, su cui un intervento di miglioramento dal punto di vista sismico, e quindi di garanzia riguardo proprio alla possibilità di crollo, è fattibile anche con costi abbastanza contenuti.
Il miglioramento e l'adeguamento costano molto di più, ma a questa situazione di appoggio semplice delle travi sui pilastri che, in caso di oscillazione, finiscono per crollare per non avere più l'appoggio, si può ovviare, appunto, con interventi semplici.
Sulla priorità, è evidente che già la legge individua le zone e le suddivide in


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aree di maggiore o minore pericolosità sismica, quindi dove c'è un coefficiente più alto di pericolosità si dovrebbe, ovviamente, intervenire molto prima.
Resta il fatto che l'idea di lanciare questo piano di prevenzione sui capannoni è, a nostro avviso, molto più semplice che sui fabbricati proprio perché c'è, nella quasi generalità dei casi, un unico proprietario, una disponibilità economica, e quindi è maggiore a nostro avviso la possibilità di avviare un circolo virtuoso per cui la collettività comincia a pensare che questi siano interventi utili.
Per quanto riguarda le zone particolarmente a rischio, come quello vulcanico, esistono delle normative: la legge della regione Campania, che ricordavo, dovrebbe consentire la rottamazione, ma negli ultimi tempi mi pare che siano in corso iniziative per tornare indietro anche su queste proposte che, pur se in piccolo, stavano cominciando a dare un significativo risultato. Credo che in questo senso il Parlamento dovrebbe lanciare dei segnali che incentivino normative in cui la moneta urbanistica diventa, appunto, la merce di scambio per consentire a costo zero per la pubblica amministrazione questi interventi.

GIOVANNI CARDINALE, Membro del Consiglio nazionale degli ingegneri. Vorrei solo aggiungere che oltre il 60 per cento dei nostri fabbricati è stato costruito prima del 1971, quindi prima della prima legge che individuava le procedure per il deposito dei progetti e l'identificazione degli attori del processo.
Oggi abbiamo una cultura molto sviluppata nel settore della sostenibilità ambientale, che riguarda la gran parte delle novità negli interventi sul patrimonio edilizio esistente, ma è evidente che non esiste sostenibilità senza sicurezza. Con la riqualificazione energetica di un edificio, ma in assenza della cura degli aspetti della statica si ha un intervento magari anche supportato da benefìci e da incentivazione, ma che è compromesso nella fase del sisma.
Noi abbiamo una forte cultura della sicurezza «in tempo di guerra», nell'emergenza, quando si verifica un terremoto, ma ce ne dimentichiamo «in tempo di pace». Forse, allora, il maggiore sforzo va compiuto proprio nella direzione dello sviluppo, anche attraverso gli elementi dell'incentivazione, della leva fiscale piuttosto che di altro proprio perché cresca questa cultura. Gli interventi legislativi degli ultimi anni in tema energetico, in tema acustico hanno fatto fare passi avanti grandissimi, mentre la parte della sicurezza è restata un po' indietro.

GIAN VITO GRAZIANO, Presidente del Consiglio nazionale dei geologi. Vorrei dire all'onorevole Zamparutti, purtroppo, le amministrazioni locali non hanno competenze e professionalità al proprio interno tali da svolgere un'attività di microzonazione. Nella fattispecie, senza volontà di una campagna lobbistica, è ovvio che le professionalità primarie sono quelle che si occupano di terreni, quindi di scienza della terra, geologi, e nella pubblica amministrazione, come sapete, pochissimi comuni si sono dotati di un geologo e chi ci ha provato si è scontrato col patto di stabilità. L'ultimo caso è quello del comune di La Spezia, che ha bandito un concorso per geologo, ma è una sorta di mosca bianca.

PRESIDENTE. L'Emilia ci ha aperto gli occhi, se ce ne fosse stato bisogno, una volta di più. Si è posto un problema nuovo perché è stato il primo terremoto nel nostro Paese in una zona industrializzata, coinvolgendo dei capannoni. Le vittime, purtroppo, sono state in stragrande maggioranza all'interno dei capannoni nella prima scossa del 20 e, soprattutto, quando sono tornate a lavorare, la settimana dopo, quella del 29.
Questo ci ha posto di fronte a un problema. Sappiamo tutti che il Governo, per cercare di evitare i problemi avuti a L'Aquila, ha emanato il decreto con ordinanza n. 2 che ha creato non pochi problemi. Da parte dei tecnici era impossibile pensare di produrre una certificazione


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sismica con uno sciame ancora in atto. Il buon senso ha suggerito tre interventi, sulla verifica delle tamponature, sulla tenuta dei dadi e dei controdadi dei pilastri e sul corretto fissaggio degli scaffali al muro, in modo che potessero essere riavviate le attività produttive.
La verità è che di un terremoto non si può prevedere né il come né il dove né il quando, ma tutto il territorio italiano è a rischio sismico, anche sotto i nostri piedi. Mi pare che la Sardegna sia l'unica che può essere esentata dalla faglia africana e da quella europea. Qua sotto si continua a lavorare, l'energia continua a produrne, esistono problemi col rischio idrogeologico e tra un po' arriverà l'autunno e ci troveremo con le solite alluvioni, le solite frane, le esondazioni. Credo che i problemi vulcanici siano gli ultimi perché, per fortuna, sono ancora più rari e difficili.
A mio avviso, serve una legge quadro, per la quale non credo basti il Parlamento, ma servano tutti gli attori seduti a un tavolo. Questo è il vero passo che dobbiamo arrivare a compiere con misure sostenibili.
Personalmente, ho raccolto le idee su ciò che vado dicendo da 5 anni. Sono quello che ha rotto di più le scatole sull'assicurazione, ma concepita in un certo modo, e me la sono trovata in un decreto di riordino all'indomani del terremoto confezionata in un modo completamente diverso. Era fatta talmente male che il Governo l'ha ritirata subito. Facoltativa non voleva dir nulla. Rimane così dove le assicurazioni mettono il rischio alto, e quindi risulta impossibile. O non la fanno o chiedono cifre altissime. In Francia, Germania, Olanda esiste da parecchio tempo. Sono venuti i colleghi francesi e ci hanno quasi preso in giro chiedendoci cosa aspettassimo.
Il presupposto è che lo Stato non ha più soldi. Di fronte alle emergenze non ci sono più soldi per andare a riparare il danno a nessuno. Non si può pensare di risarcire i danni delle alluvioni, dei terremoti perché questo Stato è senza un euro. Una terra come la mia paga 15 miliardi di surplus di tasse all'anno, ha sempre dato una mano a tutti, ma la volta che ha avuto un problema, non ha ricevuto aiuto. Aumentando la benzina, qualcuno ha raccolto 500 milioni e allora si capisce che il problema è che non ci sono più soldi.
A mio avviso, l'assicurazione deve essere fatta - lo dico perché, se questo discorso va avanti, dobbiamo tutti sederci a un tavolo - attraverso una deduzione fiscale dall'IMU, per esempio. Non deve essere una nuova tassa, ma scontata dalle tasse che già si pagano, spalmata obbligatoriamente, non in maniera facoltativa, su privato, pubblico e aziende. A quel punto, si il prezzo diventa politico e con 100-150 euro ci si assicura sulla parte del dissesto idrogeologico, dei terremoti, delle calamità naturali in modo che, in casi di eccezionale disastro, paghi.
Credo, però, che i cittadini abbiano bisogno di due cose: una è questa; l'altra è un fondo garantito, in questo caso anche dallo Stato, che non sia toccato. Ormai non diamo per scontato più nulla, sta crollando ogni certezza e bisogna che ci diamo anche una regolata nel fare le leggi con certezze per noi legislatori e per chi dovrà usufruirne.
So che parlare di assicurazione non è mai bello, ma credo sia diventato impossibile per il futuro pensare che sia ancora mamma Stato a intervenire ogni volta che ce n'è bisogno. Su questo dobbiamo fare tutti una riflessione e gli ordini - lo dico a voi, che oggi siete qui - hanno un ruolo essenziale perché le certificazioni vanno prodotte da chi sa farlo. Bisogna che stabiliamo la certificazione sismica. Come la facciamo? Per un 5.0, per un 7.0, su un sussultorio, su un ondulatorio, su una frattura, sul terreno che si alza? Su cosa lavoriamo? Su questo, secondo me, dobbiamo darci delle regole.
Inoltre, bisogna lavorare sulla defiscalizzazione - ne abbiamo parlato molto con il collega Benamati perché insieme abbiamo promosso anche un po' di iniziative - con un occhio agli isolatori. Sulle ristrutturazioni, a mio giudizio, bisogna riuscire a mettere isolatori veri alla giapponese. Non riusciremmo a rendere la prassi obbligatoria perché questi interventi


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costano troppo, ma bisogna premiare in una certificazione come quella ambientale, che secondo me va bene, chi procede con questi interventi. Il fabbricato aumenta di valore, cioè va su nel mercato e si e il risultato è un'opera utile e giusta nelle ristrutturazioni e sul nuovo. Deve essere visto come un valore aggiunto, defiscalizzando all'inizio, ma anche promuovendo il valore del fabbricato stesso.
Visto che la politica oggi è solo incentrata al risparmio e il Fiscal Compact ci chiede altri 45 miliardi di euro di ulteriore impegno, forse sarebbe bene che cominciassimo a preparare il terreno per la prossima legislatura perché direi che su questa non possiamo più far conto, in modo che tutto insieme il territorio e chi ci lavora, tutti noi, chiedano con forza che questo sia uno degli impegni fondamentali nel prossimo anno e mezzo, perché sia adottato come in un Paese serio e moderno.
Tra cinque anni, ci ritroveremo a fare ancora audizioni e voi avrete i capelli più bianchi, ma continueremo a raccontarci le stesse cose.
Ringrazio, a nome dell'intera Commissione, gli intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16.

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