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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione VIII
7.
Mercoledì 17 ottobre 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Alessandri Angelo, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULLO STATO DELLA SICUREZZA SISMICA IN ITALIA

Audizione di rappresentanti del Consiglio superiore dei lavori pubblici:

Alessandri Angelo, Presidente ... 3 4 6 8
Benamati Gianluca (PD) ... 4 7
Gargiulo Amedeo, Presidente della I Sezione del Consiglio superiore dei lavori pubblici ... 3 6 7
Ianniello Giuseppe, Segretario generale delConsiglio superiore dei lavori pubblici ... 7
Misiti Aurelio Salvatore (Misto-G.Sud-PPA) ... 4 7

Audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale costruttori edili (ANCE):

Alessandri Angelo, Presidente ... 8 11 13 14 16
Benamati Gianluca (PD) ... 14
Misiti Aurelio Salvatore (Misto-G.Sud-PPA) ... 13
Torretta Piero, Vicepresidente dell'Associazione nazionale costruttori edili (ANCE) per la tecnologia e l'innovazione ... 8 14
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, Democrazia Cristiana): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA; Misto-Iniziativa Liberale: Misto-IL.

COMMISSIONE VIII
AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 17 ottobre 2012


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ANGELO ALESSANDRI

La seduta comincia alle 15,15.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti del Consiglio superiore dei lavori pubblici.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sullo stato della sicurezza sismica in Italia, l'audizione di rappresentanti del Consiglio superiore dei lavori pubblici.
Nel ringraziarlo per la presenza, do la parola all'ingegner Gargiulo, presidente della I Sezione del Consiglio superiore dei lavori pubblici, con la riserva per me e per i colleghi di rivolgere, al termine del suo intervento, ulteriori domande e formulare osservazioni.

AMEDEO GARGIULO, Presidente della I Sezione del Consiglio superiore dei lavori pubblici. Buongiorno a tutti. Io sono il presidente, peraltro di freschissima nomina, della I Sezione del Consiglio superiore dei lavori pubblici che si occupa di normativa e affari generali. L'ingegner Ianniello, che mi accompagna, è il segretario generale del Consiglio superiore; il professor Karrer, presidente generale del Consiglio superiore, si scusa, ma aveva una sovrapposizione di impegni.
Abbiamo predisposto per quest'audizione una memoria su alcuni punti salienti che abbiamo ritenuto di mettere in fila rispetto ai quesiti e alle argomentazioni sottoposte anche al Consiglio superiore.
Abbiamo distinto la memoria in alcune voci: la prima riguarda le metodologie di valutazione della pericolosità del rischio della previsione dell'allerta; la seconda lo stato dello sviluppo e applicazione delle normative costruttive antisismiche; la terza l'isolamento sismico, con una sottovoce sulla messa in sicurezza degli edifici strategici.
Mi permetto di sottolineare, prima di fornire qualche traccia essenziale di questi punti, che nel frattempo il Consiglio superiore sta effettuando un lavoro di aggiornamento delle norme tecniche sulle costruzioni del 2008, che erano state oggetto, successivamente, di una grande circolare esplicativa, nel senso che solitamente le circolari non sono di quella portata.
È in corso un aggiornamento di stesura dei dettagli finali, che dovrebbe venire incontro a una serie di questioni che dal 2008 a oggi erano emerse perché la quella normativa conteneva, sicuramente aspetti innovativi e interessanti ma, come tutte le volte che si introducono innovazioni, si evidenziava anche qualche sofferenza all'applicazione nei fatti.
Avendo distribuito questa breve memoria, non mi soffermerei più di tanto su questo punto. Mi permetto solo di sottolineare un aspetto inerente il punto 2, sullo stato di sviluppo e applicazione delle


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normative costruttive antisismiche. Mi è stato riferito che anche in questa sede è emerso questo dibattito sulla distinzione tra criteri deterministici e criteri probabilistici.
Fermo restando che, ovviamente, non possiamo andar controcorrente rispetto all'Europa, cioè rispetto al meccanismo di tipo probabilistico, giudico giusto che al massimo riferimento, per una struttura pubblica come il Consiglio superiore, ossia il Parlamento, chiarire una questione di fondo. A volte, infatti, con le parole si può giocare e si possono anche equivocare e non sempre nell'italiano corrente coincidono con il loro significato nell'accezione strettamente tecnica.
Su questo vorrei esprimere un concetto molto semplice. Il dibattito tra queste due impostazioni è assolutamente comprensibile e, tra l'altro, esistente anche in settori diversi da quelli della sismica. Dobbiamo, ovviamente, essere coerenti con le normative europee, ma dobbiamo anche eliminare, a mio avviso, un retropensiero mentale.
È chiaro che, quando avviene un cambio di cavallo nel tempo, in questo caso da deterministico a probabilistico, c'è sempre una fatica perché si sa quello che si lascia e non si sa al 100 per cento a cosa si va incontro. In questo caso, però, in primo luogo va sottolineato che il sistema «nuovo» è scientificamente molto più provato e costruito che non il precedente; in secondo luogo, che il termine «deterministico», che può dare una sensazione di maggior sicurezza, in realtà non è così realistico.
È, infatti, deterministico nel senso che si stabiliscono dei numeri, dei parametri, delle unità di misura, delle quantità, dei limiti inferiori e superiori e così via, ma tutto ciò è figlio dell'esperienza che si accumula in un settore. Quei dati danno, quindi, una sensazione di maggiori certezze perché sono dei numeri secchi - si rispettano o non si rispettano - ma, in realtà, anche loro sono caratterizzati da un'alea di incertezza che, a nostro avviso, ma anche secondo le correnti di pensiero europee, sono comunque inferiori alle possibilità di incertezza che dà in termini residuali anche un sistema di tipo probabilistico.
Mi fermerei qui perché credo che sia più corretto, da parte nostra, ascoltare le vostre domande e cercare, se riusciremo, di rispondere.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

AURELIO SALVATORE MISITI. È chiaro che la sintesi presentata qui è frutto di un'attività molto più ampia, più approfondita per quanto riguarda la normativa. Questa, però, è la parte più importante delle questioni sismiche, ossia se realizzare le nuove costruzioni secondo un determinato metodo oppure un altro.
Tuttavia, venendo alla questione che vorrei porre, in fin dei conti qui si parla dell'isolamento sismico. Il problema grave, a mio avviso, non risiede tanto nelle nuove costruzioni che, deterministico o probabilistico, se tengono conto della situazione, daranno risultati positivi, con una realistica salvaguardia effettiva.
Il problema, invece, è molto grave. Secondo le esperienze dei due ultimi terremoti - L'Aquila e l'Emilia ce lo descrivono - le attuali costruzioni sono state realizzate senza tener conto non delle nuove norme sismiche, ma di alcuna norma sismica. Al di là dell'isolamento, che è il più importante e il più costoso dei metodi, vorremmo sapere se prevedete una normativa specifica per le costruzioni già edificate non solo edili, ma anche per le opere d'arte, per esempio, per le ferrovie, per le autostrade, per tutte quelle opere che, evidentemente, sono state progettate e realizzate e per le quali la questione sismica non è stata mai toccata. Vorremmo sapere se prevedete normative che interessino il già costruito sia edilizio sia infrastrutturale, lineare o verticale che sia. Questo è il vero problema. Circa l'80 per cento dei problemi è lì, come si è visto sia a L'Aquila che in Emilia.

GIANLUCA BENAMATI. Ho ascoltato la stringata introduzione, anch'io come il


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collega Misiti, e poi ho dato una breve scorsa al documento depositato dagli auditi. Rivolgerò solo alcune brevi domande per capire la filosofia che sottende al documento.
Dal punto di vista del dibattito tra l'approccio probabilistico, che ovviamente sta alla base della redazione delle carte sismologiche, del rischio sismico e altro, e l'uso alternativo, da quanto capisco dall'ingegnere, del metodo deterministico, giustamente lei asserisce che questo presenta ancora un'imprecisione per cui è addirittura noto che in alcune parti si fa riferimento al fatto che un'eventuale guida tecnica realizzata su queste carte provocherebbe sovradimensionamenti. Capisco il vostro punto di vista.
In ogni caso, in questa Commissione non si è mai parlato di una sostituzione, ma di una verifica del metodo probabilistico con calcoli definiti deterministici per loro natura, non per la concezione italiana del termine, e si è sempre parlato dell'ausilio dello strumento deterministico o neodeterministico, che non è così ancora ovviamente fidato come strumento di confronto e di ausilio all'altro: la vostra posizione è anche quella di escludere questa possibilità?
Capisco, infatti, che riteniate, come avete espressamente spiegato, che non sia così avanzato da poter sostituire l'uno con l'altro, ma il tema che si poneva in questa Commissione più volte e che abbiamo sentito da eminenti esperti di settore è quello dell'utilizzo sinergico dei due metodi per individuare con più precisione anche delle aree di particolare rischio sismico.
Inoltre, è in corso di aggiornamento la normativa tecnica sulle costruzioni. Sarei felice che lei ci fornisse riferimenti maggiori. L'aggiornamento in progress della normativa tecnica è uno dei temi che stiamo valutando. Molto spesso, prendere in considerazione un aggiornamento, una revisione anche periodica di tale normativa non è un punto condiviso da tutti. Da parte di alcuni, c'è un'impostazione, che mi pare potrebbe trasparire da questi fogli, di una revisione continua, ovviamente non giornaliera, ma ciclica negli anni. Questo secondo punto interessa sempre la famosa legge che il collega sollecitava.
Pongo altre due questioni molto banali sul fatto che noto nel capitoletto sull'isolamento sismico, se non ho letto male - ho letto in fretta, il presidente mi sollecitava - un riferimento alle basi e alle caratteristiche dei collaudatori per quanto riguarda le tematiche, già sollecitata dal collega, degli isolatori sismici.
Sostanzialmente, per le fasi di progettazione, direzione lavori e collaudo, se leggo bene, si presume che siano sufficienti competenze di ingegneria strutturale classiche, senza una formazione specifica o, comunque, una competenza specifica di settore. Leggo questo, ma a volte ho difficoltà e chiederei a voi una risposta chiara.
Infine, siamo davanti a un documento molto corto, ma con concetti anche significativi. Al di là della questione del dimensionamento degli edifici e delle strutture, che ovviamente dipende dall'accelerazione che si va a determinare, e quindi anche dal metodo con cui si calcola, del massimo concetto di protezione, qui è nominato en passant il tema dei grandi impianti a rischio industriale rilevante. Al riguardo, ricordo che sono pendenti alla Camera, presso diverse Commissione e in Aula, risoluzioni e interrogazioni di tutti i gruppi politici relativamente alla presenza, in alcune aree del nostro Paese, di impianti che destano perplessità e anche preoccupazione.
Nei giorni scorsi in Aula, da parte di un collega calabrese, è stata sollevata la preoccupazione ed è stato chiesto l'intervento del Governo per rassicurare le popolazioni rispetto a quei fenomeni sismici che stanno interessando il Pollino. Il sud Italia presenta una serie di problematicità e criticità che conoscete. A vostra conoscenza, esistono, nell'ambito della parte sud del Paese o, comunque, di tutto il Paese, sistemi impiantistici che potrebbero generare problemi di dimensioni notevoli in presenza di un sisma? In questo caso, quale potrebbe essere una soluzione?


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PRESIDENTE. Do la parola ai rappresentanti Consiglio superiore dei lavori pubblici per la replica.

AMEDEO GARGIULO, Presidente della I Sezione del Consiglio superiore dei lavori pubblici. Signor presidente, l'ingegner Misiti ha un curriculum tale nel settore che, come al solito, ha messo subito il dito nella piaga più importante e più delicata. Non c'è dubbio che la questione di cosa fare per il patrimonio edilizio esistente sia molto più delicata che non quella relativa alla costruzione di una struttura nuova.
Su questa, infatti - non è necessario ripeterlo - solo se non si rispettano le norme, le procedure di costruzione, quelle di collaudo e così via, una nuova costruzione cede in caso di sisma, ma questo significa che siamo nella patologia e non nella fisiologia, se mi permettete la battuta medica.
La questione sollevata, invece, dall'ingegner Misiti è fondamentale e direi che, comunque, stiamo lavorando su questi aspetti. Ovviamente, si tratta di partire non semplicissime. Tanto per citare i due esempi che mi sembrano di maggiore attualità e anche più rispondenti al quesito posto, abbiamo in corso, con la prima fase terminata e la seconda in redazione, un intero aspetto scatenato dopo il terremoto dell'Emilia-Romagna sul problema di linee guida sul recupero dei capannoni industriali.
È stata redatta a giugno una linea guida per riconoscere un'agibilità provvisoria, ovviamente connessa con l'emergenzialità della situazione post-terremoto. Entro la fine dell'anno, trarremo - siamo a buon punto - delle linee guida su come intervenire per raggiungere il famoso 60 per cento del recuperabile rispetto alle situazioni pregresse.
Devo, onestamente, dire che non a livello personale, ma mi viene detto, nei luoghi interessati dal terremoto sono grati per il lavoro che stiamo svolgendo e che la prima parte, quella licenziata a giugno, è stata già apprezzata e utilizzata proprio perché aveva la caratteristica di essere una linea guida a mo' di vademecum, dunque non un libro di cento pagine a proposito del quale chiedersi cosa farne, ma un documento un po' più snello e anche più pratico che il povero ingegnere capo del comune di 5.000 abitanti riusciva a prendere in mano e utilizzare in maniera più che accettabile.
Inoltre, a proposito dell'intervento sul pregresso, ovviamente altrettanto, se non più delicato, è il discorso su tutte le costruzioni sotto protezione delle Soprintendenze per i beni culturali e ambientali. Su questo, siamo un'inezia più indietro, ma stiamo lavorando. È inutile che ci nascondiamo dietro un dito: questo secondo settore uno può redigere la norma migliore del mondo, anche se la scrivesse Einstein in persona, però, poi, o il nostro Paese trova le risorse per applicarla nei casi in cui ce ne sia necessità oppure avremo solo una bellissima norma, che rimarrà come un libro dentro una biblioteca.
L'onorevole Benamati chiedeva dell'aggiornamento della normativa tecnica sulle costruzioni. Vi ho fatto un accenno velocissimo in premessa perché non mi sembrava esattamente il tema centrale di oggi. Mi permetto solo di aggiungere che credo che, a livello politico più che tecnico, la questione più importante sia il metodo che in questo anno abbiamo usato - uso il plurale impropriamente, facendo mio quello che mio non è poiché rivesto questo ruolo da un mese e mezzo - per portare avanti un lavoro che giudico originale nel metodo e nel contenuto assolutamente ottimo. C'è stato infatti un grande vaglio, coinvolgendo decine e decine di professori universitari con gruppi di lavoro per sottoproblemi, i famosi undici capitoli più uno. Ognuno ha avuto un gruppo di lavoro di altissimo livello dedicato a cogliere cosa bisognasse non sconvolgere, ma affinare per rendere tutto più praticabile, più vivibile, più comprensibile e via discorrendo.
Una volta terminato questo lavoro istruttorio, una commissione redattrice ha lavorato per quattro o cinque mesi e ora la commissione, in cui sono presente anche io, sta organizzando la presentazione


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e che andrà in Assemblea del Consiglio superiore nei prossimi giorni per la chiusura finale.
Onorevole, sarebbe assurdo se io entrassi nel merito della singola parola di un volume di centinaia di pagine. Mi sento di dire però, in maniera forte, che è stato svolto un lavoro unico in termini positivi e scientifici, ovviamente - non l'ho detto in quanto lo davo per scontato - in totale consonanza e sinergia con gli eurocodici.
Sulla parte relativa alle opere di isolamento sismico, cederei la parola, se il presidente lo consente, all'ingegner Ianniello.

GIUSEPPE IANNIELLO, Segretario generale del Consiglio superiore dei lavori pubblici. Spesso è posto l'accento sulla questione della delicatezza del problema del collaudo su queste opere di isolamento sismico: esistono o non esistono competenze dell'ingegnere professionista corrente?
Noi abbiamo sempre, come Consiglio superiore, sostenuto che sì, il professionista ha, ovviamente, a riferimento un bagaglio di normazione tecnica ormai anche sperimentata abbastanza largamente e messa a punto a mano a mano che la sperimentazione andava avanti. La sperimentazione sul campo è stata monitorata da noi come Consiglio superiore a partire da prima dell'emanazione delle nuove norme tecniche sulle costruzioni del 2008, che andiamo a integrare. Fu istituita una commissione che ha monitorato l'applicazione sperimentale delle vecchie e delle nuove norme tecniche, ossia quelle del 2008, che andiamo a modificare. Sono previste espressamente le modalità di posa in opera, di calcolo e di collaudo anche di questi elementi di dissipazione sismica.
Non ci capisce il motivo per cui un professionista abilitato a termine di legge non debba essere considerato idoneo a collaudare, nei modi previsti dalla normazione tecnica, un apparecchio che non possiamo dire sperimentale e innovativo. L'innovazione sta nella tecnica che avanza sempre e nelle modalità di costruzione di tali opere, ma ormai in reazione ai livelli di sicurezza, va considerato che il collaudatore deve valutare se ciò che è stato realizzato è conforme a ciò che è stato progettato e approvato. Norma alla mano, quindi, il parere del Consiglio superiore, ovviamente, non potrà che essere positivo sul punto.

AMEDEO GARGIULO, Presidente della I Sezione del Consiglio superiore dei lavori pubblici. Sugli impianti industriali a rischio, oltre all'accenno velocissimo che in forma indiretta ho già fatto sul discorso dei capannoni industriali, visto che ha fatto un riferimento molto specifico anche territorialmente, non sono in grado di darle una risposta a tutto tondo e immediatamente. All'individuazione esatta del quesito risponderemo, ça va sans dire.
Presidente, al di là delle domande poste, se questa Commissione ha interesse, quando queste nuove norme tecniche saranno in reale dirittura d'arrivo, tra un mese, un mese e mezzo...

AURELIO SALVATORE MISITI. Non di più!

AMEDEO GARGIULO, Presidente della I Sezione del Consiglio superiore dei lavori pubblici. No, spero anche di meno, mi sono tenuto leggermente largo per sicurezza. Se il presidente e i commissari lo ritengono, potremmo anche organizzare un nuovo incontro per un'illustrazione anche con slide delle novità che escono nella normativa che andiamo ad affinare.

GIANLUCA BENAMATI. Un'ultima questione era relativa alla domanda sull'uso sinergico dei due metodi.

AMEDEO GARGIULO, Presidente della I Sezione del Consiglio superiore dei lavori pubblici. Onorevole, mi sono laureato 35 anni fa, quando non esistevano i computer, ma a un certo punto, nonostante il tentativo di resistere, ho dovuto adeguarmi, come credo sia capitato a tutti i presenti. Nell'evoluzione delle normative, in qualche modo accade la stessa cosa.


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Io stesso, proprio perché ho i capelli bianchi e non sono un ragazzo, a volte fatico. Posso assicurarle però - cito un esempio parallelo per esprimere un concetto che mi sta a cuore - che quando nel settore ferroviario, di cui ho una trentennale esperienza, siamo passati, nei metodi di progettazione delle gallerie, da sistemi deterministici a sistemi probabilistici sulle possibilità di incendio, di svio e così via, le prime volte mi tremavano le mani nel passaggio. È più comodo, infatti, mentalmente fare riferimento a una norma che indica il peso e l'altezza giusti e sentirsi tranquillo nel sapere d'aver semplicemente rispettato quei criteri.
Nel passaggio al sistema probabilistico, per esempio nel calcolo di come organizzare una galleria ferroviaria moderna, come quelle costruite negli ultimi anni in tutt'Europa, Italia compresa, è stato compiuto, invece, un passo avanti gigantesco da questo punto di vista. Anche nel nostro caso bisogna accettare mentalmente questo passaggio. Capita a tutti e anche io per primo faccio fatica, ma lei ha fatto una domanda più sottile, se mi permette, sulla possibilità di sovrapposizione tra i due metodi, se ho capito bene.
Al riguardo, dico però che il quadro europeo non lo prevede e che, personalmente, in questo caso, come in tutti gli altri, in caso di scelta, a nostro giudizio, è giusto essere coerenti con quel quadro. Dovrebbe arrivare «l'altro mondo» a dimostrarmi che il mondo che abbiamo scelto è clamorosamente sbagliato.

PRESIDENTE. Ringrazio, a nome dell'intera Commissione, gli intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale costruttori edili (ANCE).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sullo stato della sicurezza sismica in Italia, l'audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale costruttori edili (ANCE).
Do la parola al dottor Piero Torretta, vicepresidente dell'Associazione nazionale costruttori edili (ANCE) per la tecnologia e l'innovazione.

PIERO TORRETTA, Vicepresidente dell'Associazione nazionale costruttori edili (ANCE) per la tecnologia e l'innovazione. Buongiorno a tutti. Procederò a una brevissima ma doverosa introduzione. Quando si parla, infatti, di problemi che attengono alle criticità del territorio, non si può non parlare di quelli che interessano gli operatori che sul territorio operano.
Noi siamo imprese di costruzione che attraversano un momento di particolare difficoltà che, senza voler ricorrere a termini enfatici, assomiglia di fatto a un terremoto. I dati sulla crisi del settore delle costruzioni indicano che a oggi è già calato del 25 per cento e oltre, che il mercato residenziale è calato del 44 per cento e altrettanto le opere pubbliche, che l'occupazione si è ridotta di 350.000 unità, di 500.000 tenendo conto degli effetti sugli altri settori.
È chiaro che tutto questo rischia di configurarsi come una vera e propria destrutturazione del sistema, con 40.000 imprese che sono state ormai cancellate, con un dato dei fallimenti che ha un livello emblematico particolarmente critico. Letto analiticamente, lo stesso dato ci indica che di quelle 40.000 imprese, la maggior parte è costituita da imprese con più di un dipendente, mentre paradossalmente le imprese con un solo dipendente crescono. Questa destrutturazione corrisponde, infine, a una perdita di capacità e di competenza nel rispondere alle esigenze del territorio.
L'aspetto sismico è uno di questi problemi. È difficile pensare di avere un territorio attrezzato adeguatamente rispetto al rischio sismico quando non si ha un territorio altrettanto adeguatamente attrezzato dal punto di vista della capacità di dare seguito alle esigenze del territorio stesso. Per l'aspetto sismico, la messa in ordine del patrimonio edilizio esistente potrebbe essere uno degli elementi di


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ripresa del settore delle costruzioni qualora si investisse e ci si credesse. Secondo dati recentemente pubblicati dall'ANCE su una ricerca Cresme, dal 1944 per le emergenze sismiche si sono spesi oltre 180 miliardi di euro, di cui 110 miliardi solo negli ultimi quarant'anni. Secondo una ricerca dell'ENEA sulla situazione del patrimonio immobiliare, a oggi ci sono circa 3,5 milioni di abitazioni in condizioni di necessità di intervento dal punto di vista dell'adeguamento sismico.
Se calcoliamo l'abbinamento di un intervento di adeguamento sismico a quello dell'efficienza energetica, che sono sempre interventi combinati, che quindi perseguono degli interessi comuni e convergenti, e stimiamo che per ogni singolo alloggio un intervento possa costare, dal punto vista sia sismico sia energetico, intorno ai 50.000 euro per alloggio, per intervenire sui 3,5 milioni di alloggi stimati si spenderebbe tanto quanto si è speso per l'emergenza, ma si coprirebbe il rischio di dover intervenire in futuro per nuove emergenze, si risolverebbe un problema della tutela del patrimonio e della tutela delle persone, ma soprattutto anche della cosiddetta serenità della vita. Vivere in una situazione priva di rischio è, senz'altro, stimolo per una diversa operatività.
All'interno di questi dati, ancora più emblematico è quello del patrimonio pubblico, le cosiddette opere strategiche. La maggior parte degli edifici scolastici sono stati realizzati prima che intervenisse la legge sismica del 1974, quindi di fatto mandiamo i bambini in scuole che, in buona parte, non sono adeguate dal punto di vista sismico e neppure da quello energetico. Tuttavia, altro è raffreddarsi i piedi, altro correre il rischio che crolli un soffitto. Da questo punto di vista, riteniamo che sia importante che si rifletta sul fatto che lo Stato dovrebbe recuperare quel ruolo di comportamento esemplare che da sempre è sollecitato anche della Commissione europea come elemento di stimolo sul comportamento del mercato privato.
Qual è lo stato di fatto, oggi, rispetto alla normativa? La normativa è recente, le nuove norme tecniche sulle costruzioni risalgono al 2008 ed è opportuno ricordare che la loro approvazione non è stata semplice. Alcune vicissitudini all'interno dell'organo che ne aveva competenza, infatti, ne ha allungato i termini, ma da quando questo nuovo corpo normativo è stato approvato, comprese le ultime sue revisioni, possiamo dire che le norme tecniche sulle costruzioni con riferimento agli aspetti sismici sono divenute perfettamente allineate ai cosiddetti eurocodici, elementi di riferimento dei calcoli strutturali dell'Unione europea.
Come dicevo, l'aspetto normativo, però, interviene quasi esclusivamente sulla parte progettuale mentre l'attività del costruire è caratterizzata da una lunga filiera, di cui fa parte, ad esempio, il momento progettuale, sviluppato da professioni ordinamentali, le cui competenze e i cui aggiornamenti sono definiti e disciplinati dalla legge. Oggi abbiamo anche un problema in relazione alla riqualificazione delle competenze della parte professionale, ma almeno lì esiste un disegno, esiste una misura all'interno della quale le competenze devono essere iscritte. Tutto ciò che, invece, avviene dopo il progetto è per legge affidato all'unica figura del direttore dei lavori. Non esiste alcuna norma che disciplini le competenze e le capacità sia di coloro che dirigono le attività realizzative sia di coloro che eseguono direttamente attività realizzative.
Secondo la disciplina delle norme tecniche, ad esempio, alcuni prodotti utilizzati nel processo produttivo ai fini antisismici, come il calcestruzzo preconfezionato e il ferro lavorato in stabilimento, devono essere certificati da enti terzi. Una volta, però, consegnati i prodotti in cantiere e messi in opera, quindi assemblati tra di loro e trasformati in prodotto, è previsto che il controllo unico debba essere esercitato dal direttore lavori, una figura sola che controlla tutta l'attività. Non è dunque prevista nessuna capacità, competenza o qualificazione dei soggetti che utilizzano questi materiali. Abbiamo


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degli ottimi materiali, che però non hanno una definizione delle caratteristiche dei soggetti che li mettono in opera.
Noi crediamo che, invece, da questo punto di vista, anche il processo della qualificazione, sia dei soggetti che realizzano sia dei soggetti meri esecutori, quindi delle qualifiche professionali, debba trovare la sua puntuale e precisa definizione A questo può soccorrere, ad esempio, il disegno di legge oggi in discussione al Senato sulle professioni non regolamentate. Quello fa riferimento specificatamente alle professioni cosiddette intellettuali, ma ci sono anche delle professioni di tipo materiale o manuale che a nostro avviso sono da regolamentare.
Altra attività che dovrebbe essere a nostro avviso valorizzata, soprattutto partendo dalle opere pubbliche, è quella del controllo tecnico. Esso è affidato a un ente terzo, diverso dal direttore lavori, e ha la funzione di verificare che l'opera sia realizzata in perfetta conformità al progetto. Esistono delle norme tecniche, una recentemente approvato dall'Ente nazionale italiano di unificazione (UNI), che disciplinano le modalità con cui il controllo tecnico deve essere esercitato, ossia da un soggetto che deve essere accreditato nella sua professione da Accredia, che è l'ente unico di accreditamento che qualifica le professioni. Questo potrebbe fornirci un'ulteriore risposta a un problema che, chiaramente, se dovesse iniziare l'applicazione in opere pubbliche, troverebbe una sua implementazione anche nel privato.
Altro aspetto importante è quello dell'abitabilità. I beni nel nostro Paese sono abitabili e dichiarati tali nel momento in cui sono immessi sul mercato in conformità al progetto, alle disposizioni urbanistiche e anche dal punto strutturale. Tuttavia, sulle caratteristiche di un prodotto interferisce una serie di fatti e precisamente: quando è stato realizzato (se quando non esistevano le norme, chiaramente è stato immesso sul mercato e reso utilizzabile senza che fossero eseguite quelle verifiche), qual è il suo uso (qualsiasi intervento di manomissione può essere lesivo della staticità), cosa succede nel contesto (se si realizza uno scavo per una metropolitana sotto casa mia, può darsi che le caratteristiche con cui ho costruito la mia casa si modifichino in quanto gli aspetti del consolidamento variano).
Tutto quanto è realizzato secondo le nuove normative tiene conto degli aspetti della classificazione sismica del territorio che nel tempo è stata aggiornata - in Emilia, è inevitabile che la classificazione sismica del territorio cambi dopo il terremoto (dato che sono l'esperienza e la conoscenza scientifica che ci dicono quali sono gli elementi che caratterizzano la situazione) - ma tutto ciò che è stato già costruito dovrà essere riadeguato per essere in conformità rispetto alla nuova classificazione.
Ma per tutto il resto del patrimonio immobiliare esistente di questo Paese, la cui realizzazione è per buona parte precedente al 1974, non è previsto nulla dal punto di vista dell'adeguamento. Noi crediamo che anche per l'agibilità debba esserci, così come previsto per la certificazione energetica, una periodica certificazione. Se la certificazione energetica deve essere verificata dopo dieci anni, per quale ragione la conformità statica non deve essere verificata dopo cinquant'anni, che è il periodo di vita normale di un edificio?
Se, di fatto, questo è un principio a cui ci si possa riferire, chiaramente tenendo conto del fatto che questi elementi prima di tutto devono essere monitorati, conosciuti, e definiti e determinati nei loro interventi, in qualche modo si può dare una risposta sia al problema della sicurezza del cittadino sia a quello della qualità della sua vita sia ai problemi di un settore come il nostro, che oggi sta soffrendo rispetto alla effettiva possibilità di offrire un contributo alla crescita del Paese.
Per quanto riguarda gli aspetti più specifici, le nostre proposte riguardano, in primo luogo, il monitoraggio. Dobbiamo conoscere la situazione attuale di tutto il patrimonio esistente ed è chiaro che il monitoraggio va verificato rispetto a tre criteri, che sono quelli indicate dalle


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norme tecniche sulle costruzioni: la conformità, la necessità di intervento per ricondurre a conformità e la non conformità.
È chiaro che nel primo caso va tutto bene; nel secondo bisogna provvedere perché la conformità sia restituita e la sicurezza sia garantita; nel terzo non si può consentire l'utilizzo di un bene che è a rischio.
Come fare? È evidente che esiste un problema di risorse. Nel pubblico esiste, infatti, un problema di disponibilità finanziaria: come indurre allora il privato a comportamenti di questa natura? Lo stesso Governo nel recente provvedimento sull'efficienza energetica ha ricordato che sarebbe opportuno estendere le agevolazioni fiscali al 55 per cento anche al settore sismico. Noi riteniamo che questo sia un campo che si può percorrere almeno per quanto riguarda il monitoraggio, se non per la spesa successiva.
Dicevo dell'agibilità e della qualificazione delle risorse, gli altri aspetti per noi importanti: non possiamo permetterci di continuare ad avere disposizioni legislative e normative che indicano il perseguimento di determinati elementi prestazionali e non essere, al contempo, sicuri che nella loro attuazione questi elementi siano perseguiti dai fatti. Non abbiamo la garanzia e la certezza che gli operatori siano in condizione di poterlo rispettare.

PRESIDENTE. Conosco abbastanza bene il mondo delle costruzioni, ne ho vissuto i fallimenti e, in effetti, il momento è anche particolare. Io ho presente un giornale della mia provincia, colpita dal terremoto purtroppo, il giorno che titolava sul fallimento della sua più grossa impresa edile, una cooperativa grossa che già quello era un terremoto, perché c'è il terremoto del suolo ma c'è anche il terremoto sociale ed economico che si porta dentro tutto.
La bolla è scoppiata perché era stata gonfiata anche troppo negli ultimi anni. Molti comuni, per far cassa con gli oneri, come abbiamo sempre detto, continuavano a concedere aree edificabili senza troppi scrupoli; il paese si è ingrandito distruggendo anche molto il territorio e questa bolla ha creato molte partite IVA di piccole imprese che crescevano, ma che, quando è finita la contrazione ed è cominciata la crisi, sono state chiuse perché non potevano reggere.
Il mercato si è chiuso, un sacco di aziende hanno in pancia abitazioni, intere lottizzazioni non vendute. Credo che oggi sia necessario che tutti sediamo attorno a un tavolo, anche se questa legislatura ormai è alla fine, perché farà poco, in ogni caso, ne ripartirà un'altra - Papà Cervi diceva che dopo un raccolto ne viene un altro e noi non possiamo pensare che, finita questa, finisca il mondo - e la politica dovrà muoversi, il territorio e gli operatori dovranno cominciare a pensare a cosa proporre come impegno anche e soprattutto a chi verrà dopo, tra qualche mese.
Credo che si debba concepire un piano serio sul riutilizzo delle aree dismesse delle città, un patto anche col territorio: non urbanizzare più nuove costruzioni perché forse si è urbanizzato troppo, ma recuperare quello che abbiamo provvedendo con dei project financing, che di fatto - è accennato - rimettano in circolo capitale privato. La legge obiettivo - noi facciamo una ricognizione ogni anno - funziona, anche se devono essere date alcune certezze sulle pastoie burocratiche, le quali devono essere snellite perché l'investitore privato spesso, di fronte ai nimby o ai problemi territoriali, si demotiva e rinuncia all'investimento.
Credo che su questo dobbiamo prendere un impegno serio con gli amministratori locali. Le aree dismesse, che sono tante, anche le aree ex industrializzate oggi abbandonate, sono quelle che, a mio avviso, vanno recuperate bonificandole, rimettendole in circolo, creando anche valore nuovo per fare da volano. In questo discorso entra, sicuramente, anche l'aspetto antisismico, oltre a quello energetico e altri.
Se ne era parlato molto in questa Commissione ed eravamo anche arrivati a una determinazione con Palazzo Chigi all'epoca


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del terremoto di L'Aquila, ma ancora prima con San Giuliano di Puglia: sono stati stanziati fondi in realtà mai veramente stanziati. La vicenda è stata complicata, per le scuole in particolare. È noto, infatti, che delle scuole non esiste un monitoraggio, una verifica statica.
Poi c'è il discorso venuto fuori col terremoto in Emilia-Romagna, che ci ha messo di fronte alla questione della certificazione sismica, richiesta nella prima parte del decreto che abbiamo modificato perché, non esistendo, nessuno poteva rilasciare certificazione sismica. Arrivare a una sua definizione non sarebbe male. In Emilia - io vengo da Reggio - i capannoni non sono crollati perché realizzati male: i pilastri si sono aperti nell'oscillazione e mancavano anche i controdadi per tenere bloccate le travi, che son volate via. Sono state costruite prima che la normativa lo imponesse, prima che certe zone diventassero sismiche.
Oggi prendiamo atto che tutto il territorio italiano è sismico, tranne la Sardegna. Se prendiamo atto che tutto il territorio è a rischio allora niente è a norma, e allora non bisogna correre dietro alle disgrazie spendendo centinaia di miliardi di euro e non finendo mai dal momento anche che lo Stato non ha più soldi e ne prendiamo atto perché in Emilia il problema vero è che mancano i soldi. A L'Aquila ancora qualcosa si riusciva a dare oggi, ma in Emilia non c'è nulla.
Anche il dissesto idrogeologico all'82 per cento parla di un volano per l'edilizia senza urbanizzazione, un nuovo concetto che vada a realizzare grandi lavori, vanno realizzate sul territorio le dighe. Dopo il Vajont non c'è più stato l'utilizzo dell'acqua come risorse energetica. Sono tanti gli aspetti da poter rilanciare, ma per i quali servono i soldi privati, per cui bisogna saper attrarre capitali. Se le nostre speranze, infatti, sono riposte nel pubblico, noi speriamo che ci sia un volano di ripresa che non ci sarà mai.
Un ragionamento andrebbe fatto - non voglio farlo in questa sede, ma butto lì uno stimolo - anche sul discorso che viene in Europa sulle assicurazioni obbligatorie, che però non devono essere un costo aggiuntivo per i cittadini, ma spalmate sul pubblico e sul privato, su tutto il territorio nazionale: dopo 90 giorni paghino il danno, non come lo Stato, dal quale si può aspettare per 10 o 20 anni, i lavori non partono e la gente fallisce, ma attraverso un processo che coinvolga tutti gli operatori della politica, gli amministratori, Confindustria, l'ANIA e un patto serio all'interno del quale il Paese diventi moderno.
In Francia e in altri Paesi funziona, la Commissione francese venuta in visita ce lo ha ricordato quattro volte. Nel loro sistema il cittadino è tutelato, sa che il privato e l'assicurazione pagano in 90 giorni, c'è una franchigia e la pagano. Con lo Stato è un terno al lotto.
Dobbiamo prendere atto che è cambiato il mondo. Non si può pensare di aspettare e sperare che quest'anno non venga giù niente, acqua, frane, terremoti. Purtroppo, questo Paese è interamente a rischio, per cui bisognerebbe che tutti ci mettessimo in testa un'operazione culturale di lobby del territorio, per la quale chiediamo che la politica non rimandi più certe scelte e che anche nell'edilizia si rilanci veramente i lavori pubblici, non a spot, ma con un piano di ripresa delle città e dei territori. Ci sarebbe un sacco di lavoro, ma anche un sacco di professionalità a quel punto da andare a definire.
Noi abbiamo concepito una legge sui lavoratori dell'edilizia, se ricordate, in questa Commissione, che il Senato ha tenuto ferma, il cui principio era che non chiunque può lavorare in edilizia. A quel punto, si valorizzava la buona azienda che aveva investito in qualificazione negli anni, in know-how e si penalizzava chi da elettricista si inventava strutturista il giorno dopo, cercando di emettere una certificazione.
Vorrei fare anche un appello all'ANCE. La Commissione se n'è occupata molto in questi quattro anni e mezzo, poi la politica avrebbe dovuto lanciare quei segnali che, purtroppo, non sono arrivati. Personalmente, accolgo il vostro invito e dico che siamo a disposizione, avendone discusso davvero tanto.


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Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

AURELIO SALVATORE MISITI. Ringrazio gli esponenti dell'Associazione nazionale dei costruttori edili per la loro esposizione, ma ringrazio anche il presidente per queste considerazioni. Sembrava un intervento di fine legislatura, ma non è proprio così perché abbiamo ancora cinque mesi e lui potrà completare verso la fine, come mi sembrerebbe giusto.
Al di là di questa premessa, l'ANCE è un'associazione «sindacal-culturale». Voi non siete rappresentanti di un'azienda, ma di un'Associazione che si ripromette di svolgere un'attività anche per il futuro e che ha una presa di coscienza che non le deriva solo dell'attività operativa delle costruzioni, ma dal fatto che vuole contribuire anche a una ripresa dell'economia, vuole dare indicazioni culturali all'interno del sistema dell'industria delle costruzioni, che spesso è stata la prima industria italiana (non so, dai dati, se lo sia ancora).
Vorrei rivolgere qualche domanda che riguarda proprio questi aspetti. Ho sentito il presidente, l'ingegner Buzzetti, tante volte. Siamo amici, proveniamo dalle stesse parti, lui ha una cultura impostata proprio alla Sapienza, è una persona molto colta da questo punto di vista e anche per tradizione familiare perché il padre era già costruttore e lavorava in questo mondo.
Vorrei sapere per la ripresa economica del Paese, l'ANCE ha delle proposte realizzabili con la scarsità delle risorse di cui parlava il presidente, con la scarsità delle risorse attuali, proposte capaci di fare una discriminazione anche degli investimenti, che spesso non vanno nella direzione giusta. Sono assolutamente convinto, ad esempio, che gli investimenti nel campo della prevenzione sismica vadano nella direzione giusta della ripresa economica.
Esiste una serie infinita di possibilità che l'ANCE dovrebbe, a mio avviso, proporre facendosi forte di queste idee. Immagino tutte quelle piccole opere diffuse nel territorio più di ogni altro, certamente le scuole, la parte edilizia, ma anche la parte infrastrutturale. Penso alle strutture in campo ferroviario che hanno bisogno di essere riprese proprio dal punto di vista sismico perché sono state costruite quando proprio non se ne teneva conto e lo stesso vale per il campo stradale e autostradale.
Servirebbe cioè una proposta precisa e uno studio su questo: investimenti piccoli, ma importantissimi per la ripresa perché nel territorio potrebbero dare spazio a occupazione qualificata assolutamente nuova. Non credo che l'ANCE debba porsi - parlo dell'associazione, non delle singole imprese - come espressione dei palazzinari, ma come espressione di una cultura avanzata delle costruzione in tutti i campi. Condivido molto le parole, le frasi che sono state pronunciate dagli auditi perché vanno nella direzione giusta della formazione, del monitoraggio, della conformità e non conformità delle costruzioni alla normativa.
Mi permetto soltanto di affermare, anche per la mia esperienza, che spesso il progetto è fatto meglio dell'esecuzione...

PRESIDENTE. Io ho visto anche esecuzioni migliori dei progetti!

AURELIO SALVATORE MISITI. No, perché l'esecuzione, come si diceva, giustamente, è completamente affidata al direttore dei lavori, che non può essere onnisciente, ma non deve essere così. La direzione lavori, se fatta bene, deve essere parte di un più ampio ufficio della direzione lavori, cui devono fare capo le varie professionalità. Certo, c'è un responsabile; ma è l'ufficio della direzione lavori che nelle sue varie articolazioni deve vedere l'aspetto sismico, energetico, tutto. Uno solo riassumerà l'espressione, il capo dell'ufficio che fa il direttore dei lavori. I lavori seri sono realizzati così. Per una villetta, va bene che sia solo uno il professionista addetto, per cui è giusto che sia anche un esperto, ma in generale, per una scuola realizzata bene, ci deve essere un ufficio direzione lavori. Non parlo poi delle grandi opere.
Sono assolutamente d'accordo sulla questione del controllo tecnico. Credo che


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tutti i progetti, soprattutto quelli pubblici, ma anche quelli privati importanti, dovrebbero avere un controllo tecnico a priori e a posteriori, ed anche un monitoraggio per quel che riguarda l'abitabilità, ma penso anche che il controllo del progetto debba essere fatto da un ente terzo. Non possono proporselo, costruirselo e approvarselo: sono assolutamente contrario al riguardo: le Ferrovie, l'ANAS o altri enti simili, devono sottoporre a un ente terzo il progetto che hanno predisposto; anche il lavoro successivo deve essere vigilato da un ente terzo indipendente.
Su questi temi, potete fornire qualche risposta? L'ANCE può portare anche sotto questo profilo un contributo all'uscita dalla crisi! I numeri che ci avete fornito sono spaventosi. L'uscita dalla crisi si fa anche trasformandosi, migliorandosi e avanzando proposte fattibili, come dopo la crisi del 1931-1932.

GIANLUCA BENAMATI. Sarò veloce e mi scuso perché dovrò uscire un po' in anticipo.
Ho letto il documento mentre lei parlava e i colleghi le hanno già rivolto una serie di osservazioni in larga parte condivisibili.
Dal punto di vista dell'edilizia privata, è ormai noto che in questo Paese esiste un grande problema di resistenza ai sismi. Parliamo solo della parte residenziale e non dello storico monumentale che, purtroppo, ha tutta un'altra via per essere trattato. È normale che esista un grandissimo problema sul residenziale e questo è evidenziato non solo dal vostro, ma anche da una serie di altri studi.
Ho notato che - ovviamente, questo dà anche un po' forza alla nostra azione parlamentare, sia come indagine conoscitiva sia come azioni di impegno verso il Governo - concordate su misure di sostegno sia alle valutazioni di pericolosità sia agli interventi mediante incentivazioni. Abbiamo discusso tanto in questa sede anche con altre associazioni e altri enti su quali possono essere le forme incentivanti. Qui si è citato il 55 per cento, si è citato anche altro, ma il punto è che da voi è condiviso come elemento per il rilancio dell'economia anche il sistema di intervento.
Proponete, però - cerco di appurare se ho capito e, comunque, come si estende questo discorso - accanto a una politica di incentivazione, anche una politica più ampia che riguarda sia la tipologia delle realizzazioni, e quindi anche l'agibilità temporale, quella riverificata, insomma il rischio dell'edificio, sia anche le modalità, su cui mi riallaccio all'intervento precedente, di realizzazione, di controllo e di gestione, arrivando anche a definire qualificazioni professionali per le maestranze, per chi interviene perché il settore è delicato. Se capisco bene, quindi, è un complesso di misure che va al di là dell'incentivazione pura e semplice, ma che investe anche, ovviamente, un nuovo modo di seguire gli edifici, di fare formazione addirittura degli operatori che dovrebbero lavorare in questo settore.
Siamo reduci da una discussione: il monitoraggio dei beni pubblici è in corso sulla base dell'ordinanza del 2003 e speriamo finisca quest'anno; quella dei beni privati è un mistero; siamo reduci da un'audizione dove, sulla questione delle nuove tecnologie per l'isolamento, il Consiglio superiore dei lavori pubblici ci ha fornito una lettura di quale dovrebbe essere il profilo di chi interviene nelle progettazioni e nei collaudi: mi interessa capire meglio quindi quale complesso di misure mettete in campo da parte vostra.

PRESIDENTE. Do la parola al dottor Torretta per la replica.

PIERO TORRETTA, Vicepresidente dell'Associazione nazionale costruttori edili (ANCE) per la tecnologia e l'innovazione. L'elemento fondamentale che sottostà alla nostra riflessione è quello delle ragioni della crisi. Una delle ragioni di questa, al di là di fatti esterni e quindi di natura finanziaria che hanno investito complessivamente l'economia, delle imprese più qualificate, quelle che prima ho definito strutturate, sta nel fatto che quello delle costruzioni permane un mercato privo di regole o con troppe regole non applicate.


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La concorrenza, quindi, si fa esclusivamente sul prezzo più basso, la competizione sull'elusione delle regole, spesso il mercato ha condizionamenti - purtroppo sono le notizie che leggiamo sui quotidiani tutti i giorni - anche da soggetti che non si muovono certo nell'ambito della legalità. Questi sono pesi e condizionamenti che vanno rimossi; diversamente, è difficile pensare che possa intervenire una prospettiva diversa.
Quello che lei ha correttamente individuato, onorevole Benamati, ma anche quello che il professor Misiti individuava prima, è quella che per noi è la strategia per una possibile ripresa. Non possiamo pensare che la ripresa, che fondamentalmente si finalizza a soddisfare le esigenze del cittadino di sicurezza, di comfort e di qualità della vita e che sono molto legate al modo con cui si interviene sulle trasformazioni del territorio, possano essere soddisfatte col modello attuale dell'offerta.
Al contrario, il rischio è che questo modello di offerta vada peggiorando in quanto, nell'ambito di questa situazione di difficoltà e di crisi, quelli espulsi sono i soggetti più strutturati. Più struttura, infatti, vuol dire più costi fissi, appesantimento della competitività. In un mercato in cui l'unica logica è il prezzo più basso vince chi non ha struttura, chi si misura nell'ambito dell'offerta e non sulla base del risultato. Questo è uno dei problemi che va affrontato e risolto. È chiaro che il percorso è inevitabilmente quello.
Dobbiamo porci nella condizione che il nostro mestiere non sia più «a prescindere» da ciò di cui il mercato ha bisogno e che il mercato ha bisogno di una riqualificazione e di un recupero del territorio. Noi condividiamo la politica del riuso, ma per quello abbiamo necessità di alcuni strumenti che lo renda praticabile. Oggi il riuso non presenta solamente aspetti di natura tecnologica, ma anche di natura economica, legati alle aspettative dal punto di vista dei diritti di proprietà.
È difficile pensare di intervenire su un territorio antropizzato con proprietà consolidata, con proprietà frammentata, con le regole di oggi perché i meccanismi sono tali per cui qualsiasi intervento diventa diseconomico. È difficile intervenire con regole di natura urbanistica per cui la ricostruzione deve essere fatta secondo certe modalità, i volumi devono rimanere immodificati. È chiaro che, in questo contesto, il quadro deve essere ridefinito.
Noi non abbiamo l'ambizione di svolgere anche un ruolo culturale. Abbiamo la funzione di proporre le politiche industriali su cui l'attività delle imprese si deve indirizzare, compiendo talvolta anche delle scelte, delle scommesse. Non sono convinto ad esempio che su tutte le affermazioni che ANCE ha fatto oggi vi sia un'adesione totalitaria da parte del mondo delle imprese. Oggi, infatti, la tendenza è ancora quella della semplificazione (nessuno vuole delle complicazioni e non ne vogliamo neanche noi), ma noi chiediamo anche delle professionalizzazioni; vogliamo che il mercato vada verso il merito, verso la competenza e che esistano strumenti perché questo merito e questa competenza siano individuati.
Il controllo tecnico è uno di questi strumenti. Se nella mia attività sono sottoposto a verifiche anche quando realizzo la villetta, che presenta le medesime caratteristiche, utilizza risorse e soddisfa bisogni, e se la ritengo un'opera eccessivamente semplice, alla fine corro il rischio di ledere un interesse.
Colgo, infine, l'occasione per ricordare uno dei problemi che oggi abbiamo: la rigidità di alcune formule urbanistiche, ad esempio quella della durata dei piani di lottizzazione e delle concessioni e dei permessi di costruire. Dobbiamo renderci conto che cinque anni di crisi hanno avuto un grave impatto rispetto a piani attuativi che hanno per legge un termine definito in 10 anni: cinque anni infatti sono andati persi a causa della crisi. Se non modifichiamo questi termini corriamo dunque il rischio che le operazioni già definite, programmate e pianificate e che hanno comportato investimenti, relazioni e obbligazioni tra la pubblica amministrazione e il privato, siano portate a contenzioso in quanto non si potranno rispettare i termini della loro durata.


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Il rispetto di questi termini oggi per noi è un problema dal momento che va a impattare sulle situazioni organizzative, economiche e finanziarie e che può creare anche situazioni di conflittualità che non tutelano l'interesse di nessuno. La banca chiama, l'amministrazione chiama, ma l'operatore non può rispondere perché il mercato non c'è. Fino a quando il mercato non riprenderà, chiaramente un'iniziativa non potrà essere presa. Su questi elementi, a mio avviso, possiamo definire un impegno tra il nostro sistema e il Parlamento per far sì che si possa costruire un modello utile a rispondere alle effettive esigenze del Paese.
Esprimo solo un'ultima considerazione rispetto al lavoro svolto anche sulla situazione dell'ANCE. Oggi dobbiamo considerare che le competenze sono flessibili e variabili nel tempo. Così come per l'agibilità non esiste un dato statico immutabile, per le competenze non esiste una professionalità valida oggi e per sempre. Quando definiamo quali devono essere le caratteristiche, dobbiamo portare la nostra attenzione sul fatto che la professionalità si mantiene nel tempo, sia a livello organizzativo sia a livello esecutivo, solo se si fa una seria verifica dal punto di vista della competenza e dell'aggiornamento periodico e costante nel tempo. Diversamente, quanto acquisito oggi e che consideriamo un patrimonio perenne nel tempo, in realtà con le tecnologie e con la variabilità dei tempi moderni, dopodomani non varrà più.

PRESIDENTE. Ringrazio, a nome dell'intera Commissione, gli intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16,20.

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