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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione IX
31.
Mercoledì 28 ottobre 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Valducci Mario, Presidente ... 2

INDAGINE CONOSCITIVA SUL SISTEMA AEROPORTUALE ITALIANO

Audizione di rappresentanti dell'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC):

Valducci Mario, Presidente ... 2 6 8 12
Desiderati Marco (LNP) ... 8
Ginefra Dario (PD) ... 6 7
Misiti Aurelio Salvatore (IdV) ... 7
Quaranta Alessio, Direttore generale dell'ENAC ... 6 12
Riggio Vito, Presidente dell'ENAC ... 2 6 7 8
Terranova Giacomo (PdL) ... 7
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP.

COMMISSIONE IX
TRASPORTI, POSTE E TELECOMUNICAZIONI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 28 ottobre 2009


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
MARIO VALDUCCI

La seduta comincia alle 14,30.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti dell'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul sistema aeroportuale italiano, l'audizione di rappresentanti dell'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC).
Do la parola per lo svolgimento della relazione al presidente dell'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC), professor Vito Riggio, e successivamente al direttore generale, dottor Alessio Quaranta, che ha assunto questo incarico di recente e a cui rivolgo i miei migliori auguri di buon lavoro.

VITO RIGGIO, Presidente dell'ENAC. Grazie presidente. Considero più utile rispondere a dei quesiti. Del resto, rispetto alla nostra ultima audizione, il dato che riguarda l'andamento del traffico su scala internazionale si è confermato fortemente negativo. Abbiamo, infatti, chiuso il 2008 con una diminuzione dell'8 per cento su scala internazionale, mentre in Italia è più contenuta, ovvero 7 per cento per i passeggeri, anche se è del 27 per cento per le merci.
L'andamento del 2009 è stato simmetrico, meno grave delle previsioni che si potevano fare in base al 2008, tuttavia ancora molto grave. Si rilevano timidi segnali di ripresa, per cui per l'Italia qualcuno prevede un aumento del 5 per cento a partire da aprile del 2010.
Questo ha un'immediata conseguenza, ossia il fatto che molte compagnie, e in particolare le due compagnie low cost inglese e irlandese, visto che nel resto d'Europa i mercati sono ormai saturi, stanno spostando sull'Italia una forte attenzione, nel senso di istituire qui delle basi operative. L'esperienza più recente è quella della base di Trapani, per cui la città è passata da poche centinaia di migliaia di passeggeri a circa un milione di passeggeri. Questo trend avrà conseguenze immediate sia sull'assetto di alcuni aeroporti e dei sistemi aeroportuali, sia nei confronti dell'ex compagnia di bandiera, l'Alitalia. Una maggiore competizione richiederà infatti una maggiore capacità di efficienza, soprattutto per quanto riguarda il rapporto tra prezzo e qualità.
Da tutte le analisi condotte dai migliori centri studi, di cui vi daremo evidenza anche scritta, emerge come, diversamente da quello che si potrebbe ritenere, non esista una correlazione diretta tra aumento del numero dei passeggeri e diminuzione delle tariffe. Il paradosso è il contrario: i Paesi che hanno le tariffe aeroportuali più basse, Spagna e Italia, hanno minor traffico, mentre quelli che hanno le tariffe più alte, Germania e Francia, hanno il maggior numero di passeggeri.


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Soprattutto in momenti di crisi, infatti, la richiesta non verte tanto sul prezzo, quanto sulla qualità dei servizi.
Sotto questo profilo, il nostro Paese ha ancora molto da fare, sia perché le infrastrutture aeroportuali, che sono a norma per quanto riguarda la sicurezza, lo sono solo parzialmente per quanto riguarda la richiesta di qualità dei servizi che pongono i passeggeri, sia perché l'efficienza della porzione in autoproduzione delle compagnie aeree, per quanto riguarda il servizio, dal check in alla gestione dei bagagli, imporranno - come già avvenuto questa estate - un monitoraggio molto attento, nella convinzione che sia fondamentale un'attenzione specifica da parte di una autorità terza come l'ENAC.
In base a questo scenario di maggiore competitività, di speranza di ripresa dei traffici, di assoluta inadeguatezza nella proiezione temporale, è necessario prevedere una serie di interventi. In questo momento, le nostre strutture aeroportuali prevedono 20 metri quadri per passeggero, un dato leggermente inferiore ai 25 metri quadri degli Stati Uniti, ma che si colloca nella media europea. Poiché, però, prevediamo di passare da 130 a 200 milioni di passeggeri in dieci anni, se non si ampliano le infrastrutture, i 20 metri quadri per passeggero diminuiranno, con una situazione di totale congestione che avrà un riflesso soprattutto sul profilo della qualità dei servizi. Per la parte air-side, che riguarda la sicurezza e gli impianti luminosi, avremo grossi problemi sui piazzali.
Le opere infrastrutturali da fare sono quindi quelle relative all'ampliamento dei sedimi da dedicare a parcheggio aeromobili e quelle relative alla parte interna, sia per quanto riguarda l'abbellimento, sia per quanto riguarda la qualità e il comfort dei passeggeri. Questo pone una sfida rilevante.
Recentemente, è stata approvata una norma che impone deroghe alla delibera CIPE in materia di regolazione tariffaria sui due grandi aeroporti di Milano Malpensa e Roma Fiumicino. Per essere attuata, questa delibera ha bisogno di un rafforzamento delle competenze per effettuare l'esame analitico di queste contabilità. Parliamo di grandi aeroporti e di un ente che, pur essendo fortemente autonomo e pur avendo un avanzo di amministrazione costante, dalle varie leggi finanziarie che si sono succedute in questi anni si è visto imporre una camicia di forza, che gli ha impedito addirittura di sostituire il personale andato in pensione.
Cito un esempio, poi eventualmente il direttore generale potrà essere più preciso. Abbiamo storicamente una persona di altissimo livello nel settore della regolazione, che peraltro è anche consigliere del collegio sindacale dell'aeroporto di Palermo, il quale ha raggiunto i 67 anni di età e per la legge Brunetta se ne deve andare. Questo ci pone grandi problemi, perché non abbiamo potuto programmarne la successione, giacché le ultime cinque o sei leggi finanziarie non ci hanno mai consentito di assumere nessuno.
Ampliando il discorso anche alla sicurezza, in questo momento sentiamo di poterla continuare a garantire, visto anche che negli ultimi otto anni, con una media di più di 1 milione di movimenti l'anno, l'Italia ha superato gli 8 milioni di movimenti senza registrare alcun incidente. Abbiamo avuto inconvenienti, anche gravi, ma nessun evento che possa tecnicamente classificarsi come incidente, con vittime. Per mantenere questo livello altissimo, che già statisticamente è insidiato dalla legge dei grandi numeri, è necessario potenziare almeno il settore degli ispettori e quello degli ingegneri aeronautici.
Anche in quel caso, la procedura impone di essere prima autorizzati a bandire il concorso, e l'autorizzazione arriva normalmente con un anno di ritardo; poi si deve espletare il concorso e attendere l'autorizzazione ad assumere. Non sono tempi compatibili con una struttura che si occupa di sicurezza.
Dal punto di vista istituzionale, inoltre, il Parlamento e il Governo hanno due problemi, primo fra i quali quello dell'applicazione della nuova direttiva comunitaria in materia di accordi tariffari, che sostanzialmente liberalizza e quindi nella maggior parte dei casi affida alla contrattazione


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tra gestore aeroportuale e vettore la fissazione della tariffa, sulla base di alcuni criteri. Istituisce però un'autorità indipendente per l'eventuale arbitrato o per la regolazione, ove lo Stato ritenga di mantenerla.
Nonostante quanto si legge sui giornali, non abbiamo mai sollecitato che questa autorità debba essere l'ENAC. Ove dovesse essere l'ENAC, questo si scontrerebbe con il problema di cui parlavo prima e anche con un'altra questione che devo porre. Se una parte di questa competenza o tutta fosse attribuita all'ENAC, questo ne accentuerebbe necessariamente i caratteri di indipendenza, sia dai gestori aeroportuali e dai vettori sia dal Governo, laddove in questo momento siamo un ente autonomo, ma vigilato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e rispondiamo al Parlamento per il tramite del Ministro vigilante; tale assetto non è compatibile con quello di autorità indipendente; ricordo che oggi nel nostro Paese le tariffe sono fissate dal Governo, cosa assolutamente contraria alla direttiva.
Con il tipo di sanzioni che abbiamo storicamente per l'ordinamento italiano, la nostra vigilanza può correre il rischio di essere continuamente bypassata da interventi di tipo politico. Non lo è, ma il rischio si corre sempre. Sarebbe del tutto incompatibile con la funzione che si volesse eventualmente attribuire all'Ente nazionale aviazione civile.
Se questo è l'assetto, è necessario immaginare di andare verso una ulteriore evoluzione - non saprei dire quale - del modello di amministrazione per gli enti. Siamo ancora oggi autorità dell'aviazione civile, come stabilito dal codice di navigazione, ma anche, di fatto e di diritto, ente dipendente dal Governo. C'è una contraddizione tra questi due aspetti. L'evoluzione dei modelli giuridici italiani, però, conosce solo l'autorità indipendente, e noi non riteniamo necessarie ulteriori autorità indipendenti nel Paese, la SpA o l' ente pubblico non economico.
Tra questi modelli, dieci anni fa si scelse quello dell'ente pubblico non economico e, pur avendo allentato molto le maglie della vigilanza, che si attua per atti di indirizzo e non per singoli atti, fatalmente permangono problemi di rapporto con la struttura ministeriale. Ogni atto di affermazione della propria funzione di vigilanza può infatti essere interpretato come lesivo di prerogative o competenze ritenute proprie non solo dal Ministero vigilante, ma ancora di più dal Ministero dell'economia e delle finanze, che, nella configurazione attuale, ha finito con l'assumere la funzione di decisore di ultima istanza. Del resto, decidendo sulle risorse, decide sull'effettività di ciò che la normativa stabilisce.
Rimettiamo queste questioni al giudizio del Governo e della Commissione parlamentare, segnalando però l'esigenza di sciogliere questo nodo, non saprei indicare in quale direzione, tenendo conto che in Europa i modelli sono due. Quello francese, per cui il Ministero dei trasporti ha due direzioni generali, una dell'aviazione civile e una del traffico aereo, funziona perfettamente. È una struttura ministeriale. Avranno anche loro grossi problemi con la direttiva, ma probabilmente creeranno una snella autorità solo per la parte di regolazione, mentre tutte le funzioni di vigilanza, di controllo, di controllo sulla qualità sono di fatto esercitate dal Ministero.
L'altro modello è quello inglese, in cui il Ministero non ha più alcuna funzione, se non quella di fare un piano non coercitivo, ma indicativo del sistema aeroportuale, e tutti i poteri sono delegati a un board autonomo, a un'agenzia sul modello della Federal Aviation americana, che dipende solo dal Presidente degli Stati Uniti per la nomina e per il resto è totalmente indipendente.
Questa questione fu sollevata dieci anni fa, quando ebbi l'onore di presiedere una commissione di studio. Di fatto non fu risolta, perché si rimase nel modello dell'ente pubblico non economico, ma il cordone ombelicale con il Ministero dovette rimanere. Sottolineo questo fuori da ogni contesto storico, perché il comportamento dei presidenti dell'ENAC o dei ministri è un fatto contingente, e ci tengo a precisare


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che i miei rapporti con il Ministero, la nuova direzione generale che avrebbe la vigilanza amministrativa e il Ministro sono ottimi. In tutte le materie c'è una piena concordanza, però il tema istituzionale c'è, accentuato dall'eventuale attribuzione di questa funzione di autorità di regolazione.
Durante l'estate, nel momento caldo dello smarrimento dei bagagli, il commissario Tajani ha dichiarato di voler istituire un'autorità per la questione dei bagagli, e che tale autorità dovrebbe essere l'ENAC. Mi sono permesso di dire che in parte effettuiamo un controllo di qualità, ma, se dovessimo aggiungere anche una competenza formale in questa materia, a maggior ragione vale quello che ho detto prima.
Personalmente, sono convinto che non ci sia bisogno di istituire un'autorità per i bagagli, perché esiste già. È necessario invece rafforzare i poteri e le sanzioni, perché chi si occupa della vigilanza può multare le infrazioni per un massimo di 2.000 euro. Quest'anno, abbiamo emanato 110 multe, che sono peraltro impugnabili secondo la procedura, per cui non si pagano quasi mai. Se le multe fossero di importo superiore, forse avrebbero un valore diverso, anche se poi si porrebbe un problema di tenuta generale del sistema.
Per concludere con una nota positiva, vi informo che stiamo organizzando una giornata di studio, alla quale ci permetteremo di invitarvi, con Daniel Calleja Crespo, direttore presso la direzione generale dei trasporti della Commissione europea, perché dopo molte sperimentazioni abbiamo approntato un sistema di riconoscimento dei bagagli a microchip, con un ponte radio semplicissimo, che, montato sui sistemi bagagli, consente a ciascuno di individuare in ogni momento con il proprio telefonino dove si trovi il proprio bagaglio per sei mesi di durata di vita del microchip.
Questo serve agli operatori, ma anche a eliminare una serie di angosce, che da anni, puntualmente, nei cinquanta giorni che vanno da fine luglio al quindici di settembre, tormentano chiunque si occupi di questo settore. Siamo pronti a farlo installare nei nuovi impianti, se si riuscirà a farli. Aeroporti di Roma e Malpensa lo stanno già sperimentando. Ovviamente, deve essere allargato a tutti gli aeroporti europei, altrimenti il telefono non può fornire alcuna comunicazione se ci si trova fuori dall'Italia. Questo fa parte di un vasto processo di ammodernamento, per il quale occorrono fondi propri delle società di gestione.
In ogni caso, mi sembra che questo sia maturato. Non è ancora il sistema biometrico, che è stato introdotto all'aeroporto Charles De Gaulle, ma che suscita forti obiezioni sotto il profilo della privacy, e non funziona ancora in modo attendibile. Abbiamo quindi adottato una certa cautela, perché si pone un problema di consenso delle persone, giacché si tratta di una banca dati permanente.
Molte di queste cose costano molto, ma ci troviamo in presenza di società di gestione, alle quali abbiamo dato concessioni quarantennali, che quindi ormai sono inattaccabili sul piano giuridico, che però spesso sono sottocapitalizzate, al di là dei limiti di legge, partecipate da soci pubblici a loro volta in grande difficoltà dal punto di vista finanziario, quali comuni e province, e non solo nel Mezzogiorno, ma anche da privati, che spesso hanno acquistato questi asset a carico dell'azienda, cioè ponendo un imponente addebito sulle spalle delle aziende, che quindi oggi si trovano in grande difficoltà nell'affrontare questo tipo di investimenti.
Su questo si era pensato di dare una scossa, invertendo l'ordine logico che imporrebbe di fare prima gli investimenti e poi di farsi pagare di più, proponendo provvisoriamente una contabilità analitica separata, per fare degli investimenti. Il provvedimento, firmato dal Ministro Matteoli, non risulta ancora efficace, perché manca la firma del Ministro dell'economia e delle finanze e la registrazione alla Corte dei conti.
Nel frattempo, gli altri stanno facendo colossali investimenti e siamo già perdenti nella competizione.


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ALESSIO QUARANTA, Direttore generale dell'ENAC. Grazie e buonasera a tutti. Credo che ci sia poco da aggiungere a quanto detto dal Presidente Riggio, che ha toccato già tutte le questioni principali e i temi salienti che dovranno essere a breve affrontati.
Mi limiterò ad aggiungere due elementi, il primo dei quali è legato al tema degli investimenti, che assume un'importanza cruciale anche sotto un altro aspetto, legato alla presenza di nuovi vettori nei nostri scali. Infatti, insieme al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in applicazione di altra norma, varata recentemente dal Parlamento, che qualcuno ha definito «decreto salva Malpensa», ma che in realtà si applica a tutti gli aeroporti nazionali, abbiamo rinegoziato circa undici accordi bilaterali aeronautici, che ad oggi non hanno avuto particolari effetti sul traffico, perché siamo in un momento particolare di crisi, ma che quando ci sarà una ripresa garantiranno un ulteriore incremento di traffico, dal momento che abbiamo liberalizzato e aperto la possibilità a una serie di ulteriori vettori di venire nel nostro Paese. Il tema del recupero infrastrutturale si pone quindi con maggiore importanza ed evidenza.
Il secondo elemento riguarda le risorse umane. La preoccupazione espressa dal presidente rischia a breve di diventare allarme, perché nei mesi di settembre e ottobre abbiamo ricevuto due ispezioni da parte dell'Agenzia europea per la sicurezza aerea comunitaria (EASA), che, pur non avendo trovato nessun tipo di rilievo sostanziale da imputare all'aviazione civile italiana e all'ENAC, in particolare per quello che riguarda il mantenimento dei requisiti di sicurezza, pone con particolare evidenza il tema della scarsità di risorse umane.
Poiché dall'anno scorso è la seconda volta che ci viene segnalata questa preoccupazione, ci hanno già preannunciato la possibilità di attivarsi formalmente per aprire una procedura d' infrazione nei confronti dell'Italia. Questo sembrerebbe un controsenso, perché rientriamo nell'ambito di quei Paesi oggi aeronauticamente più evoluti al mondo, che garantiscono il massimo presidio dal punto di vista della sicurezza, ma siamo dotati di scarse risorse rispetto alle competenze che dobbiamo svolgere. Un tema del genere più che preoccupazione rischia di diventare allarme, ove dovesse realmente tramutarsi in una procedura formale di infrazione.
Non credo di dover aggiungere altro a quanto detto dal presidente Riggio, se non dichiararmi disponibile a rispondere a eventuali domande.

PRESIDENTE. Do ora la parola ai colleghi che intendano porre domande o formulare osservazioni.

DARIO GINEFRA. Grazie presidente. Rivolgo un sincero ringraziamento per l'opportunità di questo approfondimento sull'aggiornamento dei dati al primo semestre 2009 e sull'impatto della crisi sul sistema del trasporto aereo nel nostro Paese.
Ieri, nel corso di questa indagine conoscitiva sul sistema aeroportuale, che vede impegnato oggi l'ENAC, la Commissione ha audito il dottor Bruno Barra, presidente di ANACNA, che in due passaggi ha riportato alcune sue dichiarazioni in merito all'aeroporto di Viterbo, ossia che sino a quando lei sarà presidente dell'ENAC questo aeroporto non vedrà la luce...

VITO RIGGIO, Presidente dell'ENAC. Garantisco di non avere speso parole sull'aeroporto di Viterbo!

DARIO GINEFRA. È stato quindi opportuno chiederlo, perché è inserita in un virgolettato della documentazione depositata da ANACNA, quindi volevo capire quali ragioni avessero potuto...

VITO RIGGIO, Presidente dell'ENAC. Forse Frosinone? Non credo, perché non sono intervenuto neanche su Frosinone...

DARIO GINEFRA. D'accordo. Per sua curiosità le daremo copia del documento, ma trovo importante che questo sia stato chiarito in Commissione.


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Il secondo punto riguarda un'ipotesi che veniva avanzata. Mi è sembrato di cogliere che nell'analisi comparata del sistema di organizzazione degli altri Paesi esprimesse un parere estremamente positivo nei riguardi del modello francese, piuttosto che sull'ipotesi della aviation authority inglese.

VITO RIGGIO, Presidente dell'ENAC. Ho descritto i due modelli, ma ho detto che gli ibridi...

DARIO GINEFRA. Sempre nella giornata di ieri, veniva posta all'attenzione della Commissione un'ipotesi di accorpamento ENAC-ENAV. Vorrei conoscere il suo parere al riguardo e naturalmente comprendere se secondo la sua valutazione il modello delle authority di stampo anglosassone possa essere uno strumento di controllo del sistema aereo nel nostro Paese.

AURELIO SALVATORE MISITI. Anche io ringrazio per la relazione il presidente Riggio e il neo direttore generale, Alessio Quaranta. Hanno giustamente fatto riferimento alla questione ENAC più che a quella aeroportuale.
Non è stata fatta una relazione sugli aeroporti, ma sull'ENAC, il che la dice lunga sulla situazione. Il presidente Riggio ha già più volte ribadito questi aspetti, ma nulla cambia, perché per risollevare il sistema non serve tanto l'autorità, perché in questi casi l'autonomia si può conquistare, soprattutto quando amministratori o ministri previdenti lasciano uno spazio, come sempre succede al Ministero delle infrastrutture e i trasporti, quanto la qualità del personale.
La Commissione commetterebbe dunque un errore, se intendesse occuparsi solo della parte finale della relazione, ovvero della questione degli aeroporti, senza adottare un provvedimento sulla questione più importante dell'altissima professionalità necessaria a enti come ENAC o ENAV.
Mi fa piacere che siano stati ribaditi questi temi: anche se l'obiettivo sono gli aeroporti, le due questioni non sono scisse. Sulla questione degli aeroporti, desidero esprimere una considerazione di carattere generale e chiedere ai due rappresentanti dell'ENAC, per la loro esperienza e soprattutto per quella antica del presidente Riggio, se proprio approfittando della crisi non sia opportuno intervenire sull'anomalia italiana di una gestione privatizzata dei due principali aeroporti, a differenza di tutti gli altri principali aeroporti europei.
La privatizzazione non ha favorito il miglioramento della qualità dei servizi degli aeroporti, e non mi voglio riferire solo ai disagi che ci sono stati la scorsa estate e neanche ai 20 metri quadrati per passeggero, ma al fatto che in quei 20 metri quadrati c'è qualcosa di degradato, che nuoce a un Paese come l'Italia, basato soprattutto sull'industria turistica. Le chiedo quindi, presidente Riggio, se secondo lei non sia il caso di «aiutare» queste strutture aeroportuali, soprattutto le due principali, facendo investimenti pubblici su di esse e riconsiderando la possibilità di una loro gestione diretta da parte dello Stato.
Credo che per il bene del Paese, lo Stato debba considerare questo tipo di investimenti, proprio in questo momento in cui si sta uscendo dalla crisi, per accrescere la presenza degli stranieri in Italia e favorire l'incremento dell'industria turistica, che, a mio giudizio, ripagherebbe in modo più che proporzionale questi investimenti.

GIACOMO TERRANOVA. Sarò abbastanza breve, anche perché con il presidente Riggio abbiamo altre occasioni di interlocuzione. In considerazione del ruolo di questa Commissione e ai fini di un più corretto raggiungimento degli obiettivi prefissi, mi interessa tuttavia toccare alcuni punti.
Si è svolto un ragionamento sulle società di gestione, che hanno concessioni quarantennali, ossia per un arco temporale abbastanza lungo da poter effettuare degli investimenti remunerativi; gli investimenti aeroportuali seguono comunque sempre l'andamento della crescita del traffico passeggeri: si tratta quindi di


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un'istruttoria complessa, rapportata ad alcuni elementi previsionali, che presuppongono un quadro di riferimento e soprattutto una situazione abbastanza definita, che in questo momento non si ha.
Per quanto riguarda la realtà siciliana e meridionale che meglio conosco, infatti, si continua ancora a valutare la possibilità di nuovi aeroporti. Recentemente, abbiamo assistito all'avvio della nuova forma di gestione dello scalo di Comiso, con tutte le riserve riguardanti uno scalo aeroportuale collegato direttamente a una società privata, il cui procedimento di affidamento in gestione non è mai transitato attraverso l'ENAC. Si discute della creazione di uno scalo ad Agrigento. Ieri, la Regione siciliana, ancora una volta, con la delibera la Giunta, ha finanziato la realizzazione dello scalo. Si parla frequentemente di altri aeroporti che potrebbero sorgere in provincia di Messina, in provincia di Siracusa, con una fioritura, frutto spesso dello spontaneismo locale, della voglia campanilistica di dotare ogni provincia e ogni territorio di un'aviosuperficie, che contrasta con le previsioni che sono state sviluppate riguardo al traffico aereo. Non si tratta soltanto di ragionamenti teorici, ma di investimenti da realizzare, di potenziamento di infrastrutture, che spesso hanno una partecipazione pubblica e i cui ricavi vengono puntualmente vanificati dalla costruzione di un nuovo aeroporto a 80 chilometri, che può danneggiare il traffico passeggeri dello scalo preesistente, perché ricade nella sua catchment area.
Sebbene sia assolutamente convinto che l'ENAC possa e debba svolgere un ruolo sempre crescente, per cui ritengo necessario il potenziamento dell'organico, al di là delle questioni legate all'authority, perché le competenze svolte dal 2003 da ENAC con grande professionalità e competenza richiedono comunque un'obbligatoria implementazione della pianta organica, mi sembra che ancora si tardi nella realizzazione di un piano generale degli aeroporti, che verrà probabilmente presentato nei prossimi giorni. Rilevo inoltre la difficoltà di raccordare le previsioni di lungo periodo di livello nazionale e locale con tutto quello che medio tempore viene realizzato, anche perché queste previsioni tengono conto di elementi che si corre il rischio di veder vanificati.

MARCO DESIDERATI. Grazie presidente. Sono parlamentare da luglio e quindi affronto queste problematiche da poco tempo. Vorrei conoscere l'opinione maturata dal dottor Riggio su alcune questioni, considerando il suo un punto di vista privilegiato, perché ciascuno dei soggetti auditi ci ha raccontato la sua verità, ma ho la sensazione che questa sia una guerra tra poveri. Come milanese, sono contento se Malpensa prende 1 milione di passeggeri a Fiumicino, ma questo evidentemente al sistema Italia non serve, laddove probabilmente perdiamo a Fiumicino i 1.000 lavoratori che guadagniamo a Malpensa.
Nel corso delle audizioni qualcuno ha sostenuto l'esigenza di aumentare i diritti aeroportuali, per garantire la qualità degli scali, della quale anche oggi si è parlato, ma i rappresentanti di Ryanair hanno dichiarato che per incrementare il numero dei passeggeri è necessario abbattere drasticamente i costi degli aeroporti.
Capisco che il problema sia complesso e non di univoca soluzione, ma vorrei chiederle un contributo su questo, perché poi ci troviamo a discutere di 100 aeroporti in Italia, di cui circa 60 non operativi, e 40 che si contendono centinaia di migliaia di passeggeri, e alla fine rischiamo di entrare in un inutile circolo vizioso.

PRESIDENTE. Do la parola ai rappresentanti dell'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC) per la replica.

VITO RIGGIO, Presidente dell'ENAC. Grazie. So che l'indagine è sul sistema aeroportuale, ma questo è strettamente connesso al sistema del trasporto aereo. Ho dato per scontate una serie di cose che ho già detto in Commissione e inserito nella relazione che ho depositato, e per questo mi sono soffermato solo sulle urgenze.


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L'onorevole Desiderati pone però una questione importante: è evidente che c'è un chiaro conflitto di interessi tra chi deve riscuotere fondi in base ai quali si finanzia e chi invece li paga, trasferendoli poi sul costo del biglietto. Esiste la tesi secondo la quale abbassando il costo del biglietto si indurrebbe la gente a viaggiare. Questa tesi non è dimostrata, perché Spagna e Italia hanno le tariffe più basse e anche il minor numero di passeggeri, mentre in Germania e Francia si paga di più, ma la gente viaggia di più. La propensione al volo non dipende, quindi, dalla tariffa, ovviamente entro certi limiti. Il fatto che questa osservazione venga da Ryanair mi fa sorridere, perché è vero che Ryanair fa pagare poco il passeggero, ma si fa pagare moltissimo dalle società locali che la ospitano. È chiaro che questi costi devono essere pagati in qualche modo.
Purtroppo, nel corso degli anni l'industria del trasporto aereo è diventata povera, cioè è un'industria che non fa più profitti; gli unici profitti sono garantiti dall'essere monopolista sulle rotte intercontinentali, perché chi è obbligato a viaggiare comodamente otto o nove ore è disposto a pagare anche un prezzo alto. Nei tragitti nazionali o europei a raggio ridotto entro le due ore e mezzo, la gente vuol viaggiare comoda, ma se possibile pagare meno. Se la concorrenza avviene da parte di compagnie che abbassano il prezzo e se il load factor, ovvero la capacità di riempimento degli aerei si riduce, la maggior parte delle compagnie aeree va in perdita. In questo momento, l'International Air Transport Association (IATA) stima che, nel corso del 2010, la perdita del complesso delle 200 compagnie associate ammonterà a oltre 10 miliardi di dollari.
A fronte di questa situazione, le compagnie aeree tendono a non pagare o a essere sovvenzionate dagli Stati, perché negli Stati Uniti è accaduto, in Europa lo escludo.
D'altra parte, e vengo a quanto chiesto dall'onorevole Misiti, dipende da come si fanno le privatizzazioni. In astratto, infatti, togliere allo Stato un onere per le infrastrutture e trasferirlo su finanza di progetto e concessionari sembra la soluzione migliore, soprattutto in periodi di crisi della finanza pubblica, perché, ammesso che lo Stato volesse fare quello che l'onorevole Misiti ipotizza, con il debito pubblico al 108 o 110 per cento, non saprebbe proprio come fare. Si tratta comunque di investimenti che, per quanto modesti, ammontano a 7-8 miliardi per i prossimi dieci anni.
Non mi pare che la condizione della finanza pubblica italiana permetta questo investimento, ammesso che sia possibile alla luce della normativa europea. Dopo aver fatto concessioni quarantennali, riprendersi quote significa pagarle, dato che non si possono semplicemente annullare concessioni di quella portata.
In Inghilterra, sono stati privatizzati soltanto i grandi scali, quelli in grado di fare profitto, mentre i restanti, ad esempio quelli che assicurano i collegamenti con le isole, sono rimasti di proprietà di enti locali efficienti. Il Governo locale inglese è efficiente. Invece il nostro dramma è duplice, perché le nostre privatizzazioni sono state effettuate ponendo a carico dei bilanci delle società i debiti contratti per acquistarle, quindi hanno posto una restrizione forte alla possibilità di indebitamento, e i nostri enti locali non sono così efficienti.
Più che tornare su una revisione del sistema, che ci porterebbe indietro al 1992, anno dell'avvio delle privatizzazioni a seguito del pacchetto europeo, che rendeva obbligatori i processi di concorrenza e di liberalizzazione, mi porrei due questioni: rendere efficiente il governo degli aeroporti e concentrare il traffico su alcuni di essi.
Continuo a ribadire che non è affatto vero che abbiamo 100 aeroporti; questo è un dato erroneamente inserito in un certo documento all'epoca del Ministro Bianchi. Gli aeroporti che sono stati censiti per l'Atlante degli aeroporti italiani, che domani presenteremo, sono 47, all'incirca equivalenti a quelli di Spagna, Francia e Germania.


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Il problema è che di questi 47 aeroporti soltanto 10 o 12 si possono considerare appetibili dal punto di vista dell'investimento finanziario, perché hanno un traffico che ripaga i costi fissi. Tutti gli altri sono, come rilevato anche dall'onorevole Desiderati, una sorta di contesa campanilista, che ha i suoi vantaggi, pur modesti, ma che procura inevitabilmente perdite per il sistema, indebolendo i piani generali approvati.
Domani presentiamo l'Atlante. Per la prima volta dopo ventinove anni si è svolto un accurato lavoro di analisi e di ricerca affidato attraverso una regolare gara e ha effettuato questa valutazione. Emergerà però che i veri aeroporti in Italia non sono nemmeno 47, ma 18 o 20, perché il 50 per cento del traffico lo fanno i due sistemi milanese e romano; altri 6 aeroporti superano la soglia dei 5 milioni di passeggeri, che è quella significativa per la Comunità europea, e poi ci sono una serie di altri aeroporti che costano indirettamente allo Stato, che pur non effettuando lì degli investimenti, paga gli oneri relativi ai Vigili del fuoco, che rappresentano un costo rilevante, e mantiene il servizio di controllo aereo.
Fuori da un contesto politico, appare chiaro che la soluzione è quella di individuare 18-20 aeroporti e di farne la rete nazionale; soltanto in questi aeroporti lo Stato dovrà mantenere i Vigili del fuoco e controllare il traffico aereo, mentre gli altri dovranno basarsi, anche per questi servizi, su risorse proprie; se avranno un traffico che remunererà i costi, sopravvivranno, altrimenti saranno costretti a chiudere.
Non voglio pensare alle conseguenze di questa mia affermazione dal punto di vista del consenso territoriale, che pure è fondamentale. Vi invito a considerare che l'Emilia-Romagna ha 7 aeroporti, dei quali l'unico in grado di sostenersi è sicuramente Bologna, che è collegato con l'alta velocità; che la Toscana ha insieme gli aeroporti di Firenze e Pisa, e che Firenze scomparirà nel momento in cui la gente andrà in mezz'ora, con l'alta velocità, a Bologna; che la Lombardia ha un reticolo di aeroporti, dei quali uno fondamentale, Malpensa, ma ha anche mantenuto Linate, ha Bergamo, che è cresciuto a 6 milioni di passeggeri, ha lo scalo di Montichiari a Brescia, nel quale si sta registrando un rilancio, e quindi ha una densità di aeroporti in un'area di 60-70 chilometri che, dal punto di vista aeronautico, è un controsenso, perché, lo dico con una battuta, dall'alto non si vede neanche la differenza.
Nel Mezzogiorno, si ritiene di sopperire all'atavica carenza di infrastrutture ferroviarie e viarie costruendo aeroporti, con la convinzione che sia più facile seguire questa strada perché si superano le barriere fisiche. Finora, assumendomene le responsabilità politiche ed essendo le mie decisioni avallate dai ministri vigilanti, ho sempre impedito un'espansione aeroportuale, tanto che in questi sei anni in cui sono Presidente dell'ENAC l'unico aeroporto nuovo è stato quelli di Comiso, che era già programmato e ha criticità che qui però non interessano alla Commissione.
L'altro aeroporto programmato è quello di Viterbo, ma, come sa bene per esempio l'onorevole Meta che era allora presidente, è programmato in quanto decentramento di Ciampino, così come l'aeroporto di Capodichino dovrebbe essere sostituito dall'aeroporto di Grazzanise. Si tratta quindi non di aggiunzioni, ma di miglioramenti, efficienze dei sistemi territoriali.
Poiché però l'articolo 117 della Costituzione, che personalmente non avrei mai scritto in questo modo, ha affidato competenze concorrenti in questa materia alle regioni, se queste propongono nuovi aeroporti, l'unica linea di resistenza su cui sono arretrato è che siano aeroporti di terzo livello, regionali, il che significa una pista di 1500 metri, in cui può atterrare l'aviazione generale e forse l'ATR. Se però una regione come la Sicilia trova i soldi per realizzare l'aeroporto ad Agrigento, come fa il Ministro ad impedirlo? Potrebbe solo obiettare, nel caso in cui avesse già adottato il piano generale degli aeroporti, che quell'aeroporto non è contenuto nel piano. Per quanto riguarda il Mezzogiorno, ci sono altre questioni che pongo alla vostra attenzione. In Calabria, l'unico aeroporto degno


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di questo nome è Lamezia. Nei giorni scorsi, però, il Presidente della Regione sollecitava un intervento su Sibari. Poiché c'è Crotone accanto, un aeroporto a Sibari potrebbe aver senso se chiudesse quello di Crotone, ma non lo si vuole chiudere. Questo avviene in ogni regione.
Domani comincia ad essere presentata la prima analisi, ma entro febbraio consegneremo al Ministro - mi dispiace perché politicamente questo costituirà un delicato problema - una serie di dati, per i quali il piano dovrebbe essere quello che dicevo prima o qualcosa di non molto diverso da quello. L'attenzione tende a focalizzarsi su questo perché gli aeroporti sono ormai in molte città, quelli piccoli vogliono crescere, quelli grandi vogliono crescere ulteriormente e le città che non lo hanno ne vogliono uno. Questa attenzione è però spesso scollegata da una valutazione di tipo industriale ed economico.
Veniamo da una tradizione in cui le Camere di commercio sono state il fattore industriale di sviluppo degli aeroporti italiani, ma con tutto il rispetto non sono un soggetto industriale, soprattutto nel Mezzogiorno.
Superata una certa soglia di passeggeri, la legge impone un aumento di capitale, per essere sicuri della realizzazione delle infrastrutture per la sicurezza. Il rapporto che verrà presentato domani da atto che dal 2003, anno in cui abbiamo approvato il regolamento, tutti gli interventi sulla sicurezza sono stati fatti. Ma gli investimenti finalizzati alla qualità, allo sviluppo, al miglioramento, hanno però bisogno di masse di capitali che né le Camere di commercio, né i comuni e le province nel Mezzogiorno, ma anche nel resto d'Italia, sono in grado di trovare. Questo è un grande tema.
Un altro tema importantissimo del trasporto aereo, anche oggi sollevato, è quello relativo al successo della nuova Alitalia. Non avendo infatti più una «compagnia di bandiera», poiché tale espressione trova ingresso solo nel discorso politico, ed essendo fortemente esposti alla concorrenza, dobbiamo augurarci che la nuova Alitalia, che non è quotata in borsa e ha un margine fisso di contribuzione, possa reggere alla pressione concorrenziale a cui sarà sottoposta, perché è nell' interesse di tutti. Dobbiamo considerare che in questo momento Air France è in rosso, British Airways ha chiesto un mese di lavoro gratis ai propri dipendenti, misura che viene adottata dalle aziende in grandissima difficoltà, Lufthansa ha una serie di alti e bassi, e tutte le altre compagnie rischiano il fallimento.
Questo successo necessita però della collaborazione di tutti per realizzarsi. È dunque inaccettabile realizzare tanti aeroporti in concorrenza tra loro, che quindi poi facciano concorrenza anche alla compagnia di riferimento, agevolando magari le compagnie concorrenti. È possibile dare non ordini, ma solo indicazioni o usare strumenti che realizzino l'obiettivo in maniera indiretta, perché ormai siamo soggetti all'Antitrust europea, salvo il caso italiano di parziale sospensione, e ai regolamenti europei, giacché non è più una materia nazionale.
Come giustamente evidenziato dall'onorevole Misiti, spesso nel Paese si commette l'errore di guardare al settore e non a chi lo deve gestire. Il settore ha i suoi dinamismi spontanei, ma se poi si vuole una guida e una correzione si deve guardare all'autorità che, se è debole, non governa i processi. Noi abbiamo l'orgoglio di averli governati, ma lo abbiamo fatto in base alla moral suasion, perché non abbiamo nessuna forza reale, così come anche il Ministero, perché, essendosi spogliato del personale per trasferirlo all'ENAC, senza un potenziamento dell'ente è impensabile un controllo anche politico su questa materia. Facevo riferimento al modello francese, perché i francesi non si sono mai spogliati di competenze ministeriali, e hanno una tradizione amministrativa mediamente migliore della nostra.
Noi pretendiamo invece di mantenere il Ministero, l'ENAC, e l'ENAV; quest'ultimo è nato come ente e poi si è trasformato in Spa e teoricamente sarebbe contendibile sul mercato, perché qualcuno potrebbe offrire dei soldi al Ministero dell'economia e delle finanze e comprare l'ENAV. Ci siamo battuti perché almeno i piani di


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investimento dell'ENAV fossero prima valutati dall'ENAC, perché altrimenti avremmo due enti che non dialogano, uno dei quali installerebbe il radar mentre l'altro realizzerebbe le piste. Penso che sarebbe ormai difficile mettere insieme una Spa e un'autorità, mentre credo che sia possibile aumentare il livello di coordinamento e stiamo provando a farlo, anche se alcune norme, anche solo di chiarimento di quelle vigenti potrebbero aiutarci a raggiungere questo obiettivo.
Domani presentiamo insieme al Ministro Matteoli, ma abbiamo invitato la Commissione, nella persona del Presidente e di ogni commissario, un primo passo, cioè l'Atlante degli aeroporti italiani: 1200 schede che riproducono per la prima volta la fotografia non solo degli aeroporti, ma di tutta la connessione intermodale. Entro novembre verrà presentata la seconda tranche dello studio con valutazioni di tipo qualitativo, entro febbraio avremo un materiale definitivo che dovremo elaborare, perché il Ministro possa realizzare il piano nazionale degli aeroporti.
Ci troviamo quindi in una fase di movimento rispetto all'anno scorso, quando si poteva parlare solo della crisi dell'Alitalia, che per ora si è risolta, nella speranza che le cose migliorino. I due aeroporti si sono dichiarati disposti a fare grandi investimenti, i piccoli aeroporti non dichiareranno mai di essere pronti a farsi sopprimere, però c'è materia per lavorarci. Nella crisi questa fase mi sembra dunque importante per il settore del trasporto aereo, così come è importante che la Commissione con le sue scelte, nella sua piena libertà, tenendo conto delle audizioni, non si occupi del quadro generale ma adotti misure puntuali, in grado di agevolare un processo già in corso.

ALESSIO QUARANTA, Direttore generale dell'ENAC. Aggiungo solo una veloce battuta sulla questione posta da ANACNA in merito all'eventuale accorpamento di ENAC ed ENAV. Non conosco la relazione consegnata ieri da ANACNA, ma mi limito a evidenziare come proprio la normativa comunitaria nel 2004, ribadita poi nel 2008 con il secondo pacchetto di misure relative alla liberalizzazione del trasporto aereo, volte alla costituzione del cielo unico europeo abbia indicato la strada nella separazione funzionale e giuridica fra chi fa le regole e chi deve applicarle.
Nel 2004, il Parlamento è intervenuto ricollocando sull'ENAC una serie di funzioni di regolazione e di certificazione gestite sino ad allora direttamente dall'ENAV, che faceva le regole e le applicava. Considero quindi difficile l'eventuale accorpamento oltre che per i motivi citati dal Presidente Riggio anche per il dato giuridico che viene dalla Comunità.
Questo - e mi scuso se torno nuovamente sull'argomento - riapre nuovamente il tema delle risorse, perché il Parlamento, nel ricollocare dall'ENAV all'ENAC le funzioni di un settore che l'ENAC non conosceva e di cui non aveva alcuna esperienza pratica, non si è posto il problema delle risorse, tanto che tuttora, proprio in carenza di personale all'uopo qualificato, svolgiamo queste funzioni unicamente per merito dell'Aeronautica militare, che con buona volontà ci ha prestato circa una ventina di validi ufficiali per svolgere queste attività, per le quali non abbiamo personale interno in grado di farlo.

PRESIDENTE. Nel ringraziare i rappresentanti dell'ENAC per il loro intervento, dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,20.

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