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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione IX
4.
Martedì 16 dicembre 2008
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Valducci Mario, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SUI PROGETTI DI LEGGE C. 44, C. 471, C. 649 E C. 772, IN MATERIA DI SICUREZZA NELLA CIRCOLAZIONE STRADALE

Audizione di rappresentanti dell'Automobile Club d'Italia (ACI):

Valducci Mario, Presidente ... 3 9 11 12
Gelpi Enrico, Presidente dell'ACI ... 3 11
Meta Michele Pompeo (PD) ... 10
Misiti Aurelio Salvatore (IDV) ... 11
Moffa Silvano (PdL) ... 10
Montagnoli Alessandro (LNP) ... 9
Nizzi Settimo (PdL) ... 9
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.

COMMISSIONE IX
TRASPORTI, POSTE E TELECOMUNICAZIONI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 16 dicembre 2008


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MARIO VALDUCCI

La seduta comincia alle 14,10.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti dell'Automobile Club d'Italia (ACI).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui progetti di legge C. 44, C. 471, C. 649 e C. 772, in materia di sicurezza nella circolazione stradale, l'audizione di rappresentanti dell'Automobile Club d'Italia (ACI).
Do la parola al presidente dell'ACI, Enrico Gelpi.

ENRICO GELPI, Presidente dell'ACI. Grazie presidente, saluto anche gli onorevoli deputati presenti e il rappresentante del Governo, il sottosegretario Giachino, che ringrazio per essere qui. Sono molto onorato dell'invito rivolto all'Automobile Club d'Italia, ed è anche un piacere personale perché da circa otto mesi sono il nuovo presidente dell'Automobile Club e uno dei primi punti della mia attività è stato tentare di riposizionare l'Automobile Club d'Italia sui temi della mobilità e soprattutto della sicurezza stradale. In questi mesi, abbiamo organizzato convegni, workshop e il Salone internazionale della sicurezza, realizzando anche partnership con importanti soggetti del settore come l'Anfia, la Fondazione Ania per la sicurezza stradale, l'Anas. Uno degli obiettivi principali del mio programma consiste nel creare una cultura nuova non solo negli automobilisti, ma in tutti coloro che utilizzano le strade.
Abbiamo preparato un documento, che lasceremo alla presidenza della Commissione, nel quale sono presenti alcuni allegati che illustrano le nostre proposte specifiche. Il problema della sicurezza stradale è avvertito sempre più come un'emergenza sociale, rispetto alla quale occorre intervenire in maniera decisa. Il forte impatto sull'opinione pubblica e sul mondo dell'informazione di incidenti che hanno destato grande clamore, unitamente all'azione di medio periodo della Commissione europea, che ha avviato un programma d'azione sulla sicurezza stradale agli inizi del 2000, hanno determinato negli ultimi anni una serie di interventi intrapresi prevalentemente dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Tra gli interventi più rilevanti, l'introduzione della patente a punti, l'attuazione dei primi programmi d'azione del Piano nazionale per la sicurezza stradale, l'emanazione di più decreti di inasprimento delle sanzioni per violazione alle norme del codice della strada.
A fronte di indubbi risultati conseguiti nell'immediato, gli interventi non hanno però determinato la necessaria introduzione di un sistema virtuoso nel quale le performance di sicurezza del Paese possono essere considerate acquisite, stabili ed autoalimentate.


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Inoltre, si sta diffondendo, in particolare tra i cittadini, l'esigenza di interventi efficaci e severi finalizzati a reprimere comportamenti rischiosi.
L'analisi dell'incidentalità nel lungo periodo mostra una diminuzione in numero assoluto degli incidenti. Va rilevata anche una costante riduzione di quelli più gravi, come si può notare dall'indice di mortalità (numero di morti ogni 100 incidenti) e dall'indice di gravità (numero di morti ogni 100 infortunati) riportati nelle tabelle che consegnerò alla presidenza insieme al documento.
In sostanza, dai 7.061 morti del 2000 si è passati ai 5.131 morti del 2007. Si tratta di un dato confortante, ma non è certamente un dato che può fare abbassare la guardia, perché salvare anche una sola vita umana in più rispetto al passato deve essere un obiettivo di chi ha l'onere di guidare il nostro Paese. Con riferimento al 2007 - secondo gli ultimi dati ufficiale di ACI-Istat, presentati al recente Salone internazionale della sicurezza stradale, organizzato dall'Automobile Club d'Italia - il nostro Paese ha fatto registrare un significativo decremento nel numero dei decessi, pari al 9,5 per cento. Meno lieve, invece, la riduzione del numero di feriti e incidenti, rispettivamente pari al 2,1 per cento e al 3 per cento.
Sebbene l'obiettivo fissato dall'Unione europea di ridurre, entro il 2010, il numero delle vittime e dei feriti del 50 per cento difficilmente sarà raggiunto, è la prima volta che si ottiene una riduzione così sostenuta in termini di mortalità. Il risultato deve pertanto rappresentare uno stimolo per nuovi interventi strutturali in grado di migliorare ulteriormente la situazione e di conseguenza anche la spesa sociale, tuttora elevata, che il fenomeno determina.
Tra l'altro, l'Italia è in controtendenza rispetto ad altri Paesi, dove si assiste ad una certa stabilità nel numero di incidenti, anche in Stati nei quali negli anni scorsi si erano raggiunti decrementi significativi. Questo a dimostrazione che se l'attenzione rispetto alle politiche per la sicurezza si allenta, i miglioramenti raggiunti non possono essere considerati acquisti una volta per tutte. I Paesi che sono più vicini all'obiettivo del 50 per cento in meno e che con ogni probabilità lo centreranno sono Francia e Portogallo. I più lontani dall'obiettivo sono i Paesi dell'Est.
Rispetto alla popolazione, l'Italia, con 87 morti per milione di abitanti, si colloca in linea con la media UE, che è di 86 morti ogni milione di abitanti. Il nostro Paese resta comunque ben al di sopra dei livelli di nazioni che vantano le migliori performance, quali Olanda, Regno Unito e Svezia, con 45-50 decessi per milione di abitanti, e della Francia, che ne conta 73. Quest'ultima, com'è noto, viene presa a riferimento grazie ai notevoli miglioramenti acquisiti negli ultimi dieci anni.
Al di là di questi confronti internazionali, comunque importanti per un Paese che vuole stare al passo degli Stati più virtuosi, è possibile tratteggiare le caratteristiche dell'incidentalità nel nostro Paese, che ovviamente riflettono i modelli di mobilità che si sono diffusi negli ultimi anni.
In estrema sintesi, il contesto italiano conta alcune specificità.
In primo luogo in Italia si registra una maggiore incidenza dell'incidentalità in ambito urbano. Nei 14 grandi Comuni, dove vive il 16 per cento della popolazione, avvengono quasi un terzo degli incidenti, che salgono al 76,6 per cento se vengono inclusi anche i centri urbani minori. L'andamento, tra l'altro, è in peggioramento in una cornice di riferimento che vede invece miglioramenti nelle altre tipologie di strade. A cominciare dalle autostrade, sulle quali occorre tuttavia considerare il ruolo e l'effetto che la tecnologia Tutor ha apportato negli ultimi due anni. È evidente che in ambito urbano il modello di mobilità che si è imposto, basato prevalentemente sull'uso del mezzo privato (il tasso di motorizzazione è pari a circa 800 veicoli ogni 1000 abitanti), unitamente alle croniche difficoltà nel garantire adeguati livelli di manutenzione delle infrastrutture e allo scarso sviluppo di sistemi di trasporto collettivi, è all'origine di un così elevato tasso di incidentalità.


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In secondo luogo esiste una criticità ricorrente su alcuni tratti stradali, dovuta sia ad elevati flussi di traffico, sia a carenze dell'infrastruttura viaria, ossia i cosiddetti «buchi neri». Ricordo, a questo proposito, che anche una proposta di legge all'esame della Commissione stabilisce che una certa quota delle risorse provenienti dalle sanzioni amministrative per violazioni del codice della strada sia destinata anche ad interventi sull'infrastruttura viaria, volti a risolvere questo problema. Dallo studio sulla localizzazione degli incidenti stradali, che ACI annualmente mette a disposizione di amministrazioni nazionali e locali, emerge chiaramente che quasi l'80 per cento della mortalità è concentrata in circa il 20 per cento della rete stradale.
In terzo luogo va sottolineata un'elevata e crescente incidenza degli incidenti che coinvolgono veicoli a due ruote e le cosiddette utenze deboli. Il 23 per cento per cento dei morti della strada sono conducenti di motocicli e ciclomotori e un altro 22 per cento è rappresentato da conducenti di biciclette e dai pedoni. Rispetto a questi ultimi abbiamo proposto di modificare l'articolo 191 del codice della strada, per obbligare il guidatore a dare la precedenza anche ai pedoni che si accingano ad attraversare la strada; abbiamo inoltre proposto di rendere più visibili gli attraversamenti pedonali, attraverso l'eliminazione dei cassonetti, dei posteggi e delle fermate di autobus.
In quarto luogo c'è, nel nostro Paese, una forte esposizione del mondo giovanile. Sia in termini di incidenti (circa il 30 per cento avviene nei primi 3 anni dopo il conseguimento della patente) sia, soprattutto, in termini di mortalità (il 25 per cento dei morti ha meno di 24 anni), il mondo giovanile sembra essere un segmento particolarmente esposto al rischio di incidente.
La capacità di realizzare una seria politica per la sicurezza è collegata alle modalità con le quali vengono individuati, selezionati e finanziati gli interventi, nonché alla possibilità di verificarne gli effetti nel tempo. Da tempo ACI segnala che il nostro Paese vive due profonde criticità che, se non saranno al più presto superate, non permetteranno a nessun tipo di intervento puntuale di produrre i suoi effetti nel tempo.
Queste criticità sono lo scarso coordinamento degli interventi e la cronica carenza di risorse.
Per quanto riguarda la prima criticità, ossia la carenza di governance a livello istituzionale, nella definizione delle politiche per la sicurezza, sono coinvolti diversi Ministeri: infrastrutture e trasporti, pubblica istruzione, interno, salute, grazia e giustizia e altri ancora. A questi, si devono aggiungere gli enti territoriali: le regioni, le province e i comuni. Una realtà che spesso risulta piuttosto complicata da coordinare, a scapito proprio dell'efficacia degli interventi. È pertanto urgente la costituzione di una conferenza permanente, una «cabina di regia», in altri termini, che indirizzi in modo uniforme le scelte e le politiche in tema di mobilità e trasporti. Uno strumento, inoltre, per l'indispensabile monitoraggio degli interventi effettuati ai diversi livelli di governo, dal cui esito far dipendere la distribuzione mirata delle risorse.
La sicurezza stradale deve infatti poter contare su politiche organiche che devono svilupparsi in modo ordinario e continuativo, con interventi integrati fuori da ogni logica di emergenza e nell'ambito di una prospettiva di mobilità consapevole e sostenibile.
Un'altra criticità che ricordavo è la carenza di risorse. Interventi strutturali per la mobilità in sicurezza richiedono la disponibilità di risorse consistenti e costanti nel tempo. Diversamente, si continuerà nella logica dell'intervento spot, non coordinato, non sinergico ma attuato secondo una logica di emergenza, magari sulla scia emotiva di un incidente particolarmente eclatante. Il Piano nazionale per la sicurezza stradale, principale strumento di programmazione, non è stato mai finanziato nel periodo 2004-2006. E non sono ancora disponibili le risorse stanziate nella legge finanziaria per il 2007 per il triennio 2007-2010. Con una simile


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carenza di risorse nessun intervento strutturale potrà evidentemente essere intrapreso.
Va sottolineato che il costo dell'incidentalità è di oltre 30 miliardi di euro ogni anno, pari a due punti percentuali del PIL. Il che vuol dire che un miglioramento dell'incidentalità del 10 per cento permetterebbe di risparmiare 3 miliardi di euro ogni anno.
Sempre con riferimento alle risorse, occorre rendere obbligatoria per tutti i comuni la pubblicazione annuale dei proventi dalle multe e la loro destinazione ai fini della sicurezza. Potrà così essere data effettiva attuazione all'articolo 208 del codice della strada, introducendo pesanti sanzioni o riduzioni di trasferimenti finanziari per le amministrazioni locali inadempienti.
In ordine alle azioni più urgenti, ACI ritiene che si debba intervenire secondo una duplice filosofia di approccio. Agendo, cioè, sul piano culturale e considerando l'incidente come effetto le cui concause rimandano al comportamento umano, al veicolo e all'infrastruttura.
Vediamo la prima. La Commissione europea ci ricorda come la sicurezza stradale sia una «responsabilità condivisa» che richiede un radicale cambiamento culturale.
In un contesto operativo necessariamente sistemico e integrato, tra i protagonisti del cambiamento vanno indicati vari soggetti. In primis, le istituzioni che devono essere in grado di coinvolgere sui temi della sicurezza stradale tutti i soggetti che hanno la responsabilità in materia di reti e servizi di trasporto, mettendo a disposizione risorse e dando priorità alla capacità progettuale di enti ed organizzazioni; devono anche impegnarsi per la diffusione dei cosiddetti «casi d'eccellenza», valorizzando quelle realtà che sviluppano idee e progetti coerenti con gli obiettivi di riduzione degli incidenti; inoltre, devono incentivare e coordinare investimenti in grado di esercitare una significativa azione di contrasto sui principali fattori di rischio nel Paese; infine, devono assicurare un sistema chiaro e coerente di norme attraverso un codice della strada semplificato e garantirne l'effettiva applicazione nell'ottica della certezza della pena.
In secondo luogo, gli utenti della strada. Occorre fornire modelli di comportamento responsabili attraverso un processo di formazione reiterato e permanente, che passi attraverso la scuola e i centri di aggregazione. La cultura della sicurezza si fonda su un sistema preventivo che orienti gli utenti della strada ad un corretto rapporto con il mezzo e con l'ambiente fin dalla più giovane età. Un problema che va affrontato con serietà è quello della formazione dei formatori. A tale riguardo, serve un impegno formativo per tutti coloro che sono chiamati ad operare e quindi a incidere con i loro interventi sui fattori che determinano gli incidenti: insegnanti, tecnici, istruttori di scuola guida, progettisti, conducenti professionali, eccetera.
Tra i soggetti coinvolti in questo cambiamento, bisogna ricordare il mondo dell'informazione. Il contributo della comunicazione è determinante per un'azione di sensibilizzazione e per tenere alto il livello di guardia sull'efficacia dei provvedimenti e degli strumenti di prevenzione.
Infine le imprese, che devono sviluppare competenze per comprendere i costi, diretti ed indiretti, che sostengono a causa degli incidenti stradali sul lavoro e nel tragitto casa-lavoro. In particolare le case automobilistiche, che hanno fatto registrare evidenti progressi nella progettazione dei veicoli, possono ulteriormente impegnarsi nello sviluppo di tecnologie volte ad incrementare la sicurezza attiva e passiva delle vetture e nell'offrire di serie su tutti i modelli di vettura in vendita i sistemi elettronici che aiutano a ridurre l'incidentalità mortale. Tra questi, il dispositivo sul controllo della stabilità del veicolo, più noto come ESP. Una proposta di direttiva europea prevede che dal 2012 i veicoli di nuova immatricolazione lo abbiano di serie. C'è da evidenziare che nel nostro Paese oltre il 10 per cento dei modelli in vendita non ha e non può avere l'ESP. L'Italia è al penultimo posto per quanto riguarda il tasso d'installazione di


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questo accessorio. Un quadro scoraggiante, pensando anche al fatto che questo accessorio per la sicurezza è prodotto da una azienda italiana. Eppure, se i veicoli che circolano in Italia fossero tutti dotati dell'ESP, gli incidenti dovuti a sbandata si ridurrebbero dell'80 per cento e sulle nostre strade avremmo una riduzione del 10 per cento dei morti e un risparmio dei costi sociali di 1,3 miliardi di euro. Abbiamo fatto una campagna di informazione su questo accessorio per la sicurezza e da un sondaggio è risultato che un intervistato su tre non sapeva neppure cosa fosse né a cosa servisse. Quindi è davvero necessario promuovere delle campagne di sensibilizzazione su questi accessori di sicurezza, che dovrebbero essere preferiti rispetto ad un accessorio di confort, che magari costa anche di più.
La tecnologia applicata alla mobilità può inoltre fornire un impulso alla responsabilizzazione dei conducenti. La «scatola nera» nelle auto, ipotizzata dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Altero Matteoli, potrebbe infatti contribuire alla conoscenza degli stili di guida dei conducenti, costituendo così un importante strumento di prevenzione. Sapere che i propri comportamenti alla guida sono registrati può essere un deterrente rispetto alla scorrettezza.
Per quanto riguarda la seconda filosofia d'approccio - e cioè: considerare l'incidente come effetto le cui concause rimandano al comportamento umano, all'infrastruttura e al veicolo - è utile approfondire soprattutto, avendo già detto dei veicoli, l'aspetto legato agli interventi necessari per i conducenti e agli interventi più urgenti per le infrastrutture.
Quanto agli interventi a favore dei conducenti, a nostro giudizio, se si vuole vincere la sfida della sicurezza stradale, l'azione più forte deve essere soprattutto rivolta verso i conducenti di domani, investendo sulla loro formazione per promuovere comportamenti virtuosi ancorati ai principi di civile convivenza e di educazione alla legalità. La famiglia e la scuola svolgono un ruolo primario nell'educazione dei ragazzi attraverso esempi e insegnamenti per modelli di vita equilibrati e per far maturare un concetto di legalità e di rispetto delle regole che necessita di tempo per essere acquisito ed assimilato dai giovani.
Occorre, quindi, realizzare un percorso formativo continuo per renderli davvero consapevoli dei rischi connessi alla circolazione stradale, a partire - come peraltro già previsto dall'articolo 230 del codice della strada - dalle scuole materne per tutto il percorso scolastico. Un percorso che rafforzi i «passaggi» che conducono il giovane ad acquisire prima il «patentino» e poi la patente auto.
In questo senso, ACI è soddisfatto del nuovo impulso, che è venuto dal Ministro dell'istruzione, Mariastella Gelmini, e dal Ministro delle infrastrutture e trasporti, Altero Matteoli, all'insegnamento dell'educazione stradale. In proposito, ACI auspica un ulteriore passo in avanti: l'individuazione di figure professionali che vengano riconosciute quali referenti dell'attuazione dei piani formativi.
Anche sul fronte della lotta alla guida in stato d'ebbrezza o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti, vanno positivamente giudicate le iniziative intraprese dal Governo. Soprattutto per la guida in stato d'ebbrezza è, però, necessario intensificare la realizzazione di campagne di sensibilizzazione per promuovere maggiormente la figura del «guidatore designato» Una recente indagine promossa da ACI in collaborazione con Diageo - leader mondiale nel settore delle bevande alcoliche - ha evidenziato l'importanza del «guidatore designato» come prima misura utile a contrastare l'incidentalità dovuta all'abuso di alcol, più dei controlli delle Forze dell'ordine e delle continue raccomandazioni.
Sono venuto a conoscenza stamani della proposta del presidente di questa Commissione di una riduzione del tasso alcolico consentito, che valuto con assoluto favore. Credo che sia necessario incidere sui comportamenti dei conducenti, cambiandone la mentalità. È una questione di natura culturale, e il messaggio della riduzione del tasso alcolico mi sembra che vada proprio in questa direzione. Inasprire


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le pene, abbassare il livello consentito del tasso alcolemico e soprattutto intensificare i controlli, che non devono essere visti nell'ottica della sola repressione, sono le azioni necessarie per raggiungere questo obiettivo. Una sanzione severa, chiara, ma che soprattutto venga applicata costituisce un deterrente formidabile e quindi un elemento di prevenzione del comportamento a rischio.
Sottolineo quindi che è molto importante ciò che emergerà al riguardo da questa Commissione e ribadisco l'appoggio pieno da parte di ACI. Credo che questo sia un problema che non riguarda soltanto i giovani. Anche a me capita, e molto più spesso di prima, di trovarmi con persone che decidono di non bere per paura della sanzione conseguente. Quello che vorrei sottolineare, quindi, è che quando comincia a passare il messaggio che la sanzione è seria, certa e viene applicata, questo costituisce un deterrente non solo per i giovani, ma per tutti. Fare che in modo che si formi una mentalità è, a mio giudizio, l'aspetto più importante. Paradossalmente, se cambiasse la mentalità, non ci sarebbe più bisogno della sanzione, perché se un comportamento che può essere rischioso venisse percepito come tale, sarebbe automaticamente evitato dal conducente.
Con riferimento poi alla formazione «tecnica» sono da rilevare pesanti criticità. La preparazione alla guida risulta assolutamente insufficiente, retaggio di un passato in cui il Paese si motorizzava e le persone dovevano effettivamente imparare a condurre i veicoli. Oggi il problema è soprattutto quello di agire sui comportamenti della persona per conseguire l'obiettivo d'un cambiamento della percezione della pericolosità che si ha della strada.
Lo stesso vale per il conseguimento del certificato di abilitazione alla guida del ciclomotore, per il quale è sempre più urgente introdurre in sede d'esame la prova pratica che verifichi l'acquisizione delle opportune abilità di guida. Altrettanto urgente è la riforma del sistema dei corsi di recupero punti. I corsi devono rappresentare un vero momento di rieducazione stradale. La semplice presenza in aula o il pagamento del corso non può essere garanzia di un serio intervento formativo. Questo è, a nostro giudizio, uno degli elementi che ha fatto perdere un po' di efficacia a quella novità importantissima che è stata la patente a punti. Quindi chiediamo che vengano posti in essere corsi più seri, che si concludano con un esame, rapportato alla gravità della violazione commessa che ha portato alla perdita di punti.
In un impianto così delineato, la proposta ACI della «guida accompagnata», che ritroviamo nella proposta di legge Meta C. 649, troverebbe una corretta collocazione come opportunità per estendere l'esperienza di guida dei giovani conducenti, facendo in modo così di ridurre quel gap di esperienza che è uno dei principali fattori dell'incidentalità giovanile.
All'obiettivo della crescita d'esperienza dei conducenti è finalizzata anche la proposta ACI di rendere obbligatori i corsi di guida sicura entro tre anni dal conseguimento della patente. In Europa già alcuni Paesi lo fanno, come l'Austria per esempio, e si è sperimentata una diminuzione decisa dell'incidentalità giovanile.
Costruire una cultura della legalità significa però anche lavorare affinché si realizzi una condivisione delle norme e delle regole della convivenza civile. La norma, cioè, deve riappropriarsi del suo ruolo fortemente educativo, ricercando quell'equilibrio tra dimensione repressiva e dimensione preventiva che le è propria. Il legislatore negli ultimi anni ha ritenuto di dover intervenire prevalentemente nell'inasprimento delle sanzioni, ma come ACI siamo convinti che occorra fare in modo che sia garantita la certezza della pena. Solo se i conducenti matureranno la consapevolezza che un determinato comportamento sarà realmente perseguito e la sanzione sarà effettivamente irrogata, allora sì che la norma sarà effettivamente rispettata e diventerà un comportamento abituale. Alcune sanzioni accessorie, come la confisca, si rivelano molto utili a questo proposito.
Credo inoltre che in questo settore ci sia bisogno di un cambiamento di mentalità


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anche da parte della magistratura, che non sempre per quanto riguarda i sinistri stradali è così attenta e rapida, soprattutto nell'applicare con certezza le regole. Sono tantissimi i casi - e vi parlo da avvocato, quindi con cognizione di causa - in cui gli omicidi colposi connessi a sinistri stradali cadono in prescrizione perché non vengono svolte le indagini o perché comunque non vengono portati in tribunale. Secondo me tutti, compresa la magistratura, dovrebbero fare la loro parte.
Occorre inoltre intervenire sul miglioramento delle infrastrutture, dando priorità alla loro messa in sicurezza e manutenzione, agli interventi sui punti pericolosi in ambito extra urbano, e alle tecniche di moderazione della velocità in città.
Nel Libro bianco del 2001, La politica europea dei trasporti fino al 2010: il momento delle scelte, la Commissione europea segnala la necessità di effettuare valutazioni d'impatto sulla sicurezza e controlli in materia di infrastrutture stradali, al fine di individuare e gestire i tratti ad elevata concentrazione di incidenti. Più recentemente, lo scorso 6 ottobre, è stata approvata una direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali che l'Italia dovrà recepire entro i prossimi due anni.
Tale direttiva va proprio nella direzione più volte auspicata da ACI anche sulla scorta di esperienze e progetti realizzati insieme con altri Automobile Club europei; si tratta di progetti di valutazione dei livelli di sicurezza della rete viaria, delle gallerie e degli attraversamenti pedonali. Le ispezioni di sicurezza fin qui realizzate hanno inoltre consentito di promuovere la diffusione delle informazioni sia fra gli utenti della strada sia fra i gestori, che sono gli elementi fondanti della direttiva.
Consapevoli di rappresentare oltre un milione di famiglie che ogni anno ci rinnovano la loro fiducia associandosi liberamente all'ACI, la primavera scorsa abbiamo chiesto ai candidati premier di inserire nell'agenda dei primi 100 giorni del loro governo iniziative concrete per risolvere i problemi che continuano a pesare fortemente sulla vita dei cittadini automobilisti. Tra le proposte, che ovviamente vengono ribadite in questa sede, quella di destinare annualmente al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, attraverso la legge finanziaria, le risorse necessarie per la messa in sicurezza delle tratte stradali a partire da quelle individuate a più alto tasso di incidentalità, garantendo un costante monitoraggio sulla efficacia degli interventi.
Siamo infatti convinti che il rilancio della politica per la sicurezza debba prendere avvio da alcune priorità, soprattutto in una fase di scarse risorse rispetto alle quali occorrono scelte rigorose e decise.
Concludendo, è necessario prendere definitivamente atto che l'obiettivo di una riduzione costante e permanente degli incidenti stradali non è raggiungibile con interventi spot sull'onda dell'emergenza e di breve periodo. Richiede, al contrario, un approccio sistemico ed integrato di tutte le componenti della società: istituzioni, famiglia, scuola, imprese, mondo dell'informazione. Deve svilupparsi un'interazione coerente su tutti i fattori di produzione degli incidenti - persona, ambiente, veicolo - attraverso una cabina di regia unica in grado di coordinare gli interventi monitorando i risultati e attribuendo le relative risorse in modo mirato ed efficace.

PRESIDENTE. Grazie, dottor Gelpi. Do la parola ai colleghi che intendano porre domande o formulare osservazioni.

SETTIMO NIZZI. Grazie per la brillante relazione. Vorrei porre un problema sulla sicurezza stradale. Non ha accennato, nel suo intervento, alla giungla della cartellonistica pubblicitaria stradale, che rappresenta uno dei drammi della viabilità.
Poiché intendiamo intervenire in maniera decisa anche su questo, vorremmo sapere se avete avanzato proposte in merito.

ALESSANDRO MONTAGNOLI. Ringrazio anche io il presidente dell'ACI per la spiegazione. In autostrada, gli incidenti


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sono sicuramente diminuiti anche grazie alla presenza del sistema Tutor. In ambito urbano, invece, c'è una normativa caotica, sulla quale, però, mi sembra non abbiate proposto niente. Poiché il sistema Tutor ha dato buoni risultati sulle autostrade, sarebbe opportuno introdurli anche sulle strade gestite dagli enti locali, non per fare cassa, ma come sistema di prevenzione.
Per quanto riguarda l'accenno all'articolo di oggi, la proposta dell'abbassamento del tasso alcolemico allo 0,2 per cento non è condivisa da tutta la Commissione. Noi riteniamo infatti che i provvedimenti presi, quale il «pacchetto sicurezza» stiano già producendo degli effetti. È però necessario incentivare i controlli, che in Italia mancano, a differenza di quanto avviene all'estero.

MICHELE POMPEO META. Siamo a conclusione di un lavoro di ascolto e il contributo fornito dall'ACI appare rilevante e utile per chiudere rapidamente questo lavoro di aggiornamento legislativo, in cui dimostreremo il nostro impegno.
Abbiamo anche apprezzato l'elegante riferimento al tema delle risorse che - anche a norme invariate - non sono mai sufficienti per i controlli, che invece vorremmo inasprire ulteriormente. Queste politiche chiamano infatti in causa una disponibilità di risorse attualmente inesistente.
Per quanto concerne il tema dei «buchi neri» e della manutenzione degli assi viari, le competenze sono frastagliate. Per intervenire concretamente su questo tema, è necessaria una grande operazione di messa in sicurezza di tutte le infrastrutture viarie nazionali, regionali, comunali.
In tempi di crisi, investire nei lavori pubblici significa mettere in campo politiche anticicliche. In genere, questo viene fatto anche con le grandi opere, ma gli effetti immediati si hanno se questa politica di investimenti riguarda lavori di medie e piccole dimensioni. È il caso della sicurezza.
Se si aprissero migliaia di cantieri, si darebbe un contributo attivo sulle politiche anticicliche e torneremmo a far coincidere quell'interesse con quello della sicurezza della circolazione stradale.
Abbiamo di fronte alcuni appuntamenti fondamentali e invito la Commissione a marciare uniti. Capisco che reperire risorse ci aiuterebbe, ma qualche segnale deve essere dato comunque e questa è un'occasione per chiedervi di aiutarci, perché i vostri rapporti con i sistemi locali e regionali sono diffusissimi. Come i Carabinieri, infatti, avete una rete presente su tutto il territorio.
Le regioni stanno definendo bilanci e leggi finanziarie insieme alle province anche per investire in sicurezza e sulle strade.

SILVANO MOFFA. Desidero ringraziare l'ACI anche perché nella sua relazione sono presenti spunti interessanti, sui quali non so se la Commissione potrà intervenire in questa prima fase, ma che sono certamente utili per affrontare in maniera organica un tema spesso affrontato in maniera episodica, sulla base dell'emergenza e mai con una cognizione complessiva, che conduca a un approccio integrato, laddove nell'affrontare il tema della sicurezza entrano in campo diversi fattori.
Desidero sottolineare due aspetti del suo intervento, sui quali anche a nome della Commissione chiedo un apporto significativo in questa fase. Anche in considerazione delle non brillanti esperienze del passato, intendiamo affrontare il tema della guida in stato di alterazione per uso di alcol e droghe. Abbiamo provato ad adottare numerose misure, poi risultate palliativi. Chi vi parla presentò nella passata legislatura il famoso emendamento per bloccare la vendita dei superalcolici dalle due di notte nelle discoteche. Al di là delle polemiche, mi sono reso conto di come venisse aggirato tale divieto, che aveva la natura di un messaggio culturale, poiché evidenziava la possibilità di recarsi in discoteca senza obbligatoriamente ubriacarsi per divertirsi, aspetto che rientra nell'etica che è necessario recuperare, tema sul quale anche lei, dottor Gelpi, mi sembra molto sensibile. Nonostante una


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diminuzione dell'incidentalità, dunque, il problema non è stato risolto.
Mi annovero tra coloro che sono favorevoli alla tolleranza zero. Ringrazio il presidente della Commissione, che ha voluto anticipare questo discorso, anche se sarà ovviamente oggetto di confronto fra di noi. Constato con piacere come la sua relazione contiene anche un'indagine, dalla quale si desume che l'85 per cento dei giovani intervistati è assolutamente favorevole a una scelta che vada nella direzione del «guidatore designato» con una responsabilizzazione per chi guida che deve rappresentare il fatto culturale nuovo, sul quale impostare questa nostra azione legislativa.
In questa fase in cui il confronto diverrà molto caldo, come rilevato anche dal collega Meta, chiedo quindi un sostegno all'ACI soprattutto sotto il profilo del consenso da raggiungere su questo tema.
Vorrei chiedervi inoltre suggerimenti in merito alle modalità di intervento, ossia se riteniate opportuno intervenire legislativamente o usare strumenti di tipo diverso, per affrontare un altro aspetto interessante e molto sensibile quale il controllo della stabilità (ESP). Questo è un tema che tocca le case produttrici e, non avendo un'obbligatorietà, è più legato alla conoscenza del problema, quindi a un discorso che esula dall'aspetto legislativo; vi chiederei quindi se, a vostro giudizio, anche sulla base dell'intenzione di definire un codice della strada europea, su cui concordiamo, non riteniate opportuno inserire una norma di riferimento che faccia obbligo alle case costruttrici di installare un sistema di questo tipo. Si tratta di un argomento molto delicato e complesso, ma, poiché l'ha posto, vorremmo conoscere le sue opinioni.

AURELIO SALVATORE MISITI. Molte tematiche sono state affrontate. La vostra relazione si pone al termine di un dibattito molto lungo, laddove da tempo questi concetti sono stati discussi e registrano molti consensi.
A mio avviso, però, si constata come - è una litania che ripetiamo sempre - indipendentemente dagli sforzi, la questione debba essere risolta soprattutto controllando maggiormente le strade italiane e facendo applicare le normative esistenti. Purtroppo, generalmente il sistema Paese non lo consente.
Questa mattina sono rimasto traumatizzato perché verso le sette e un quarto, quando mi stavo recando in Parlamento, una stazione radiofonica ha annunciato che su un'autostrada lombarda un veicolo viaggiava contromano. La notizia veniva comunicata senza alcun rilievo. Due giorni fa, all'uscita di una superstrada verso Catanzaro, mi sono trovato io in questa situazione. Viaggiare contromano sembra meno grave di altre infrazioni, perché si viene puniti con la perdita di qualche punto sulla patente senza essere arrestati, pur essendo molto rischioso anche per l'incolumità degli altri.
Il vero problema è quindi rappresentato dai controlli. È necessario compiere uno sforzo economico per investire sui controlli e unificarli anche per quanto riguarda i centri abitati, che spesso sono attraversati da strade pericolose, il cui controllo è affidato alla polizia urbana. Inoltre, dopo l'eliminazione dell'ICI, e il conseguente depauperamento delle casse comunali, si rileva un enorme incremento di multe finalizzate a colmare queste minori entrate.
L'ultima questione riguarda il miglioramento delle infrastrutture. Conoscete i punti critici e la situazione. Credo che la percentuale di responsabilità della strada sia sempre inferiore al 20 per cento del totale, percentuale comunque alta. Se questi sono i punti critici, è necessario chiedere un intervento per eliminarli.

PRESIDENTE. Do la parola al dottor Gelpi per una replica, rinviando se necessario ad un documento scritto le questioni che non possono essere esaminate ora.

ENRICO GELPI, Presidente dell'ACI. Grazie, presidente. Sicuramente, risponderemo per iscritto ad alcune problematiche specifiche che sono state poste, alcune delle quali sono comunque già presenti nel


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documento consegnato alla presidenza, come quella della segnaletica, sulla quale abbiamo già svolto un'indagine.
Parlerei non di spese e di risorse per la sicurezza stradale, ma di investimenti, perché, al di là della vita umana che non ha prezzo, i costi sociali sono enormi. È quindi necessario investire somme che, se si considera bene, sono infinitamente inferiori rispetto agli eventuali risparmi che si avrebbero, essendo i costi sociali così elevati.
Per quanto riguarda la tolleranza zero, è importante lanciare il messaggio «chi guida non beve e chi beve non guida», altrimenti si entra nel campo della soggettività e della discrezionalità, che non sortisce gli effetti sperati. Inoltre la polizia stradale e gli organi di controllo non hanno mezzi, non hanno uomini e quindi avrebbero difficoltà ad effettuare i controlli e fanno già quanto le risorse consentono loro di fare. Al di là di questo, l'ACI interverrà a tutti i livelli e in ogni occasione per inculcare una mentalità diversa nel conducente, opera fondamentale perché la maggior parte degli incidenti stradali, al di là delle concause (le strade, la segnaletica, lo stato degli automezzi), è attribuibile al comportamento umano. È dunque necessario incidere su questo.
La sicurezza stradale è ovviamente patrimonio comune, per cui è fondamentale l'opera di tutte le associazioni, del Governo e del Parlamento. Questa è una sorta di guerra non dichiarata, perché le cifre, ossia 5 mila persone morte all'anno, sono quelle di una guerra.

PRESIDENTE. Nel ringraziare il presidente dell'ACI per la disponibilità manifestata, dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 14,55.

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