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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione IX
12.
Martedì 27 gennaio 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Valducci Mario, Presidente ... 2

INDAGINE CONOSCITIVA SUI PROGETTI DI LEGGE C. 44, C. 471, C. 649 E C. 772 IN MATERIA DI SICUREZZA NELLA CIRCOLAZIONE STRADALE

Audizione di rappresentanti dell'Unione nazionale autoscuole Studi consulenza automobilistica (UNASCA):

Valducci Mario, Presidente ... 2 8 9 12
Cannatella Vincenzo, Presidente UNASCA ... 2 6
Compagnon Angelo (UdC) ... 8
Forneris Mario, Segretario nazionale autoscuole ... 2 9
Montagnoli Alessandro (LNP) ... 9
Nizzi Settimo (PdL) ... 8
Pignoloni Ottorino, Segretario nazionale studi consulenza automobilistica ... 6
Velo Silvia (PD) ... 9
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.

COMMISSIONE IX
TRASPORTI, POSTE E TELECOMUNICAZIONI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 27 gennaio 2009


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MARIO VALDUCCI

La seduta comincia alle 11,40.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti dell'Unione nazionale autoscuole Studi consulenza automobilistica (UNASCA).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui progetti di legge C. 44, C. 471, C. 649 e C. 772, in materia di sicurezza nella circolazione stradale, l'audizione di rappresentanti dell'Unione nazionale autoscuole studi consulenza automobilistica (UNASCA).
Ricordo che ai progetti di legge menzionati sono stati successivamente abbinati i progetti di legge C. 419, C. 1190 e C. 1717.

VINCENZO CANNATELLA, Presidente UNASCA. Buongiorno. Vorrei fare un brevissimo cenno all'associazione di cui sono presidente, l'UNASCA, che raccoglie oltre 3.400 soci in Italia, è l'organizzazione maggiormente rappresentativa e si articola in due settori: autoscuole e studi di consulenza. Da quaranta anni rappresentiamo le esigenze di queste piccole aziende e vi ringraziamo per l'attenzione dimostrata in un momento di grande crisi nei confronti di queste categorie.
Per ottimizzare l'opportunità offertaci, cedo subito la parola al segretario nazionale delle autoscuole, dottor Forneris, e al segretario nazionale degli studi di consulenza automobilistica, che si occupa soprattutto dello Sportello telematico dell'automobilista. Vi ringrazio e rimango a disposizione per rispondere a vostre eventuali domande.

MARIO FORNERIS, Segretario nazionale autoscuole. Un ringraziamento al presidente e un ringraziamento agli onorevoli componenti di questa Commissione per averci dato la possibilità di illustrare i nostri punti di vista e le considerazioni che possiamo elaborare sui progetti di legge modificativi e integrativi del codice della strada attualmente al vaglio di questa Commissione. Vogliamo innanzitutto esprimere un apprezzamento complessivo per i contenuti dei diversi progetti di legge che sono stati presentati, avendo riscontrato dei contenuti che costituiscono un valido bilanciamento di una serie di interventi che ci sono stati negli ultimi anni prevalentemente ad indirizzo sanzionatorio. Coerentemente con la necessità di controbilanciare gli interventi sanzionatori con interventi che siano più orientati verso la prevenzione, abbiamo riscontrato una particolare attenzione nella formazione dei conducenti, in particolare per quanto riguarda i neopatentati, poiché è giusto che si investa sul futuro innanzitutto e quindi sulle nuove generazioni dei conducenti, senza abbassare la guardia in ordine al recupero dei livelli di qualità dei conducenti già abilitati.


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Ci sembra opportuna la volontà di suddividere l'intervento modificativo in due sezioni, una di efficacia immediata e rapida e una, quella finale, con la quale - almeno in alcune delle proposte che sono state presentate - si auspica la delega al Governo per un riordino complessivo del testo del codice della strada. In questo senso auspichiamo che gli interventi più urgenti possano esplicare la loro efficacia e dare qualche primo frutto nell'affrontare il prossimo periodo di crisi della mobilità estiva, che è quella a maggior rischio per quanto riguarda l'incidentalità stradale e ci auguriamo che la volontà e i tempi siamo compatibili con questo obiettivo.
Uno dei punti sui quali noi abbiamo maggiormente soffermato la nostra attenzione, anche in considerazione del fatto che rappresentiamo l'Italia all'interno della Federazione europea delle autoscuole, è la proposta di introdurre anche nel nostro Paese il percorso didattico formativo della guida accompagnata a sedici anni. È un percorso didattico formativo che vede una forte interazione tra un tutoraggio della famiglia e un lungo periodo di addestramento del candidato conducente, che sono di per sé delle garanzie di particolare competenza di questo conducente nel momento in cui affronterà l'esame di abilitazione.
Abbiamo ritenuto molto efficace il disposto, inserito in questa proposta, di far sì che però l'accesso alla guida accompagnata sia limitato soltanto a coloro che comunque già hanno conseguito una patente di guida; quindi, parlando di giovani di sedici anni, non può che trattarsi della patente di categoria A1, ossia della patente per la guida dei motocicli leggeri. Pertanto il percorso, se abbiamo bene inteso, si svilupperebbe in una prima fase di formazione per il conseguimento della patente di categoria A1, una certa acquisizione di capacità nella circolazione stradale e poi la richiesta di essere autorizzati alla guida accompagnata anticipata rispetto al diciottesimo anno di età, che è oggi quello canonico per poter conseguire la patente per la guida degli autoveicoli. In questo senso riteniamo molto interessante il fatto che la patente per la guida dei motocicli leggeri debba essere posseduta in anticipo rispetto all'esercizio della guida accompagnata, perché ciò evita che vi siano sovrapposizioni delle fasi formative e della didattica, quella per la guida dei motocicli e quella per l'addestramento alla guida degli autoveicoli.
Se ci è consentito, in questo senso noi vorremmo aggiungere una nostra posizione e cioè di elevare l'età minima dai sedici anni - attualmente previsti nella proposta di legge - a diciassette anni. Peraltro diciassette anni sono il limite minimo per la guida accompagnata in Austria, lo Stato dell'Unione europea che l'ha introdotta in tempi più recenti (sei-sette anni addietro), mentre l'esperienza francese, che prevede 16 anni, è nata in un momento precedente.
Per quanto riguarda la formazione dei nuovi conducenti dei ciclomotori, che all'interno delle autoscuole conseguono il cosiddetto «patentino», ovvero il certificato di idoneità alla guida dei ciclomotori, riteniamo necessario un riordino. Ormai, la sperimentazione è in atto già da qualche anno e si constata purtroppo come in ogni realtà territoriale si tenda a organizzare questi corsi in base ai soggettivi punti di vista degli organizzatori e alla disponibilità di risorse economiche, quindi al costo finale più che alla qualità della formazione offerta ai giovani.
Compiendo un ulteriore passo rispetto a quanto introdotto dal decreto legislativo n. 9 del 2002 di attuazione della precedente delega di riforma del codice della strada, consideriamo opportuno introdurre un meccanismo strutturato di individuazione delle figure professionali che devono intervenire nella formazione dei giovani conducenti. Oggi, infatti, alcuni corsi sono integralmente tenuti da insegnanti di autoscuola, altri da agenti di polizia municipale e altri da terze figure, quali professori di educazione civica, aggiornati sulle materie della circolazione stradale.
Riteniamo che tutte queste figure possano dare un loro contributo differenziato secondo la loro competenza. Sarebbe


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quindi opportuno strutturare un programma in cui ciascuno di questi soggetti debba occuparsi di determinate fasi della formazione e della trattazione di specifici argomenti. Attualmente l'articolo 116 del codice della strada, al comma 11-bis, prevede già che i corsi siano sviluppati con il coinvolgimento prevalente degli insegnanti delle autoscuole. Fino ad oggi, non c'è stata un'attenzione particolare a questo disposto, probabilmente perché ci si trovava ancora nella fase di consolidamento di una norma totalmente nuova.
Tra le proposte avanzate, c'è anche l'ipotesi di aumentare le disponibilità economiche in favore dei comuni per quanto riguarda l'impiego degli agenti di polizia municipale sia nelle attività di controllo sulle strade sia per il profilo dell'educazione stradale nelle scuole. Consideriamo assolutamente necessario che gli agenti di polizia stradale possano aumentare i loro organici e quindi garantire controlli frequenti, costanti e puntuali sulle strade, riducendo gli interventi sanzionatori affidati a meccanismi elettronici e automatici di controllo e garantendo la presenza di pattuglie sulla strada.
Siamo consapevoli che questo non è imputabile ad una cattiva organizzazione della polizia municipale, piuttosto che degli altri organi di polizia, ma rispetto ad altri Stati dell'Unione europea i controlli effettuati nel nostro Paese risultano piuttosto carenti. Riteniamo che questo aspetto dei controlli possa essere efficace anche per quanto concerne altri punti della materia oggi in discussione.
Un intervento molto puntuale riguarda i provvedimenti di revisione della patente di guida, che oggi vengono disposti in conseguenza dell'azzeramento dei punti sulla patente del conducente o di incidenti stradali con pesanti responsabilità del conducente. Attualmente, il codice della strada tratta queste due eventualità in modo distinto, per cui si hanno conseguenze difformi ad uno stesso tipo di comportamento. Riteniamo invece utile uniformare le procedure conseguenti al provvedimento di revisione della patente, anche se nella nostra esperienza abbiamo riscontrato come molti utenti ricevano un provvedimento di revisione della patente senza ottemperare, continuando a circolare con la patente sospesa, confidando nella remota probabilità di essere fermati a causa della scarsità dei controlli.
Ribadisco quindi l'importanza dei controlli su strada, in particolare sulle strade urbane, sulle quali, nonostante la velocità fortemente limitata, si verifica il più alto numero di morti e si assiste quotidianamente a un variegato scenario di infrazioni commesse da molti conducenti, che non trovano contestazione per l'insufficiente presenza dei controlli.
Concordiamo quindi sull'allineamento delle conseguenze della revisione della patente. Riteniamo peraltro che gli automatismi nel passare dalla revisione di patente alla sospensione, laddove non si ottemperi alla revisione, siano un mezzo molto efficace per indurre il titolare al rispetto del provvedimento impostogli.
In questa prima parte, in cui ci si è principalmente occupati della formazione dei neopatentati, vorremmo anche chiedere di considerare debitamente il ruolo svolto dalle autoscuole e dai loro docenti, ruolo che consideriamo di pubblica utilità e che viene individuato come esclusivo dal codice della strada. L'articolo 123 del codice della strada sancisce, infatti, che la formazione professionale dei conducenti sia competenza esclusiva delle autoscuole e prevede anche importanti sanzioni per chi, in modo non occasionale o comunque a scopo di lucro, eserciti la stessa attività senza essere strutturato nella forma di autoscuola. Chiederemmo quindi anche di dare un riconoscimento ai corsi teorico-pratici che realizziamo per i candidati al conseguimento della patente. In particolare, desidero riferirmi all'articolo 117, che impone nuove limitazioni per i neopatentati.
Se sarà volontà del Parlamento introdurre una limitazione di rapporto tra la potenza del veicolo e la sua massa, come si discute ormai da due anni, poiché sono state previste deroghe per chi segua il percorso della guida accompagnata o si impegni a frequentare corsi di guida sicura,


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riterremmo coerente che anche la frequenza di corsi teorico-pratici in autoscuola possa offrire le stesse garanzie, che consentiranno di accedere ad una riduzione del periodo di limitazione.
Per quanto riguarda la patente a punti, sempre oggetto di notevole attenzione, abbiamo riscontrato come nelle proposte di modifica del codice della strada si preveda una maggiore puntualità nei tempi di decurtazione dei punti, perché è diseducativo che, a fronte di una violazione, per motivi burocratici la decurtazione avvenga a distanza di uno o due anni, facendo perdere efficacia alla capacità di dissuadere i conducenti da comportamenti pericolosi sulla strada.
Riteniamo molto utile prevedere anche una coerenza temporale tra la decurtazione dei punti e l'aggiornamento del conducente. Oggi, in teoria, un conducente potrebbe infatti decidere di frequentare un corso di recupero punti a distanza di uno o due anni dal momento in cui è stata effettuata la decurtazione, scegliendo strategicamente il momento più opportuno per cercare di recuperare i punti. Stabilire che il titolare di patente possa recuperare questi punti solo frequentando il corso entro un certo lasso di tempo dopo la decurtazione rappresenta, quindi, un meccanismo molto valido per aumentare l'efficacia della patente a punti, così come anche la previsione di una verifica finale, che imponga di frequentare il corso con profitto.
Desidero sottoporre all'attenzione di questa Commissione altri due interventi. Il primo riguarda la scelta di porre un limite alla possibilità di frequentare corsi di recupero punti; secondo la normativa attualmente vigente il titolare di patente potrebbe invece frequentare un corso di recupero punti al mese. Riteniamo che questo svilisca l'impostazione complessiva del sistema della patente a punti e che sarebbe opportuno porre il limite di un corso di recupero punti nell'arco di due anni, concedendo la possibilità di sbagliare e di recuperare l'errore una volta ogni tanto e non con continuità. Già oggi la norma prevede che, se nell'arco di due anni il titolare di patente non commette violazioni, recuperi integralmente la dotazione iniziale dei 20 punti.
Approfittiamo di questa occasione per ribadire la nostra criticità sul bonus di due punti biennali che la norma prevede per coloro che non commettano violazioni e abbiano già una dotazione di partenza di 20 punti, che si incrementa nel limite di 30 punti. Tale bonus di due punti ci appare incoerente con il complesso delle norme del codice, dato che per ogni altra norma è previsto non un premio per chi la rispetti, ma una punizione per chi la violi. La possibilità di incrementare la dotazione dei punti stimola una sorta di «mercato dei punti» tra i titolari di patente. Poiché molte violazioni che comportano la decurtazione dei punti non sono effettuate con contestazione immediata, spesso si scarica la violazione su un altro conducente con una buona riserva di punti. Questo dunque non è un sistema valido.
Tutti i titolari di patente rilasciata da uno Stato dell'Unione europea acquisendo la residenza in Italia divengono titolari di una patente che, pur non essendo formalmente italiana, lo è di diritto. Non accade lo stesso per quanto riguarda la sfera dei doveri, giacché, se quella patente non viene inserita nell'archivio nazionale dei conducenti, non può essere loro applicato il sistema sanzionatorio della patente a punti, così come oggi non vengono applicate le verifiche sui requisiti psicofisici. Nell'ambito dell'Unione europea esistono infatti norme uniformi per i requisiti psicofisici per i soli conducenti professionali, non invece per i conducenti di base, che guidano motocicli o autovetture. In diversi Paesi, inoltre, non c'è un controllo preventivo dei requisiti psicofisici, ma è sufficiente un'autocertificazione del futuro conducente. Alcuni titolari di patente che provengono dall'est Europa, dai Paesi di ultimo inserimento all'interno dell'Unione circolano quindi nel nostro territorio con una patente che per gli organi di controllo è formalmente italiana, il cui conducente non è stato però sottoposto al vaglio della sussistenza de requisiti psicofisici né può subire la decurtazione dei punti in caso di


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violazione, perché quella patente non esiste nell'archivio nazionale dei patentati.
Non voglio dilungarmi oltre e approfittare eccessivamente del tempo concesso. Vorrei concludere rimarcando la nostra convinzione che le autoscuole meritino la fiducia per vedersi assegnare compiti di aiuto per lo Stato, per garantire la sicurezza della circolazione. La proposta che le autoscuole si occupino di istruire i conducenti per la circolazione extraurbana e notturna necessita di uno status per le autoscuole diverso da quello di una qualsiasi impresa commerciale ed economica, sebbene come imprese private abbiano anche la caratteristica commerciale.
Speriamo quindi che i provvedimenti adottati nel futuro vogliano considerare le nostre attività come sinergiche con quelle della Pubblica amministrazione e quindi con le aspettative della collettività. In questo senso, purtroppo, l'intervento di liberalizzazione effettuato nel 2007 sulla nostra categoria è stato fatto certamente con occhio più attento agli aspetti commerciali della nostra attività e, anche in conseguenza di una carenza di emanazione di decreti attuativi, si sono sviluppate politiche commerciali fortemente aggressive, a totale discapito della qualità del servizio offerto all'utente e quindi della formazione dei nuovi conducenti.
Auspichiamo quindi che nel codice della strada sia possibile introdurre correttivi in questo senso, in particolare per quanto riguarda il sistema autorizzatorio. Come tante altre attività, le autoscuole erano soggette a un'autorizzazione rilasciata dagli enti locali, in particolare dalle province, prima che l'attività avesse inizio e comunque dopo la verifica dei controlli sulla sussistenza dei requisiti e della struttura. La liberalizzazione ha posto invece le autoscuole nella condizione di uniformarsi al provvedimento di dichiarazione iniziale di attività, che prevede anche il meccanismo del silenzio-assenso e che quindi permette anche a soggetti privi dei requisiti di svolgerla. Consideriamo invece fondamentale che i requisiti siano controllati preventivamente, che il sistema sanzionatorio a carico delle autoscuole sia efficace e che le province, organi che devono verificare costantemente o periodicamente l'operato della autoscuole, possano controllare questa attività, allontanando i soggetti - per fortuna pochi - che non interpretano il loro ruolo nel debito modo istituzionale. Ci auguriamo che in questo provvedimento si possa anche riconsiderare l'attuale sistema normativo, quindi l'articolo 123 del codice della strada, che regola l'attività di autoscuola, al fine di introdurre i correttivi necessari.
Per quanto riguarda infine l'UNASCA, noi rappresentiamo l'Italia all'interno della Federazione europea delle autoscuole. Siamo stati auditi dalla Commissione europea per quanto riguarda l'emanazione della terza «direttiva patenti», abbiamo presentato un nostro progetto per sottoscrivere la Carta europea della sicurezza stradale. Cerchiamo dunque di dare a questa attività il massimo valore sociale.
Vi ringrazio per l'attenzione e la pazienza dimostrate, rimanendo a disposizione per qualsiasi necessario intervento successivo.

VINCENZO CANNATELLA, Presidente UNASCA. Presidente, desidererei che prendesse la parola, seppur brevemente, Ottorino Pignoloni, responsabile del settore studi di consulenza, perché dal punto di vista della sicurezza considero fondamentale collegare il veicolo al conducente.

OTTORINO PIGNOLONI, Segretario nazionale studi consulenza automobilistica. Buongiorno. Mi accomuno al ringraziamento per l'attenzione oggi prestataci. Come settore degli studi di consulenza automobilistica, conosciuti normalmente come «agenzie pratiche auto», rappresentiamo il mondo sviluppatosi negli ultimi anni grazie a una serie di riconoscimenti dello Stato italiano, del Parlamento e dei Governi succedutisi dal 1995.
Siamo oggi sportello telematico dell'automobilista, ossia la struttura che consegna targhe, libretti e certificati di proprietà in tempo reale. Autentichiamo gli atti di vendita, siamo centro servizi motorizzazione, ovvero diamo la documentazione


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in tempo reale anche per macchine agricole operatrici e per qualsiasi tipo di veicolo. Siamo dunque una realtà che si è sviluppata negli anni.
Desideriamo apportare un piccolo contributo al discorso della sicurezza stradale segnalandovi alcuni problemi, al di là degli eventuali strumenti legislativi con cui apportare correttivi. Per garantire la sicurezza stradale, è fondamentale individuare con certezza il proprietario del veicolo, l'utilizzatore, il responsabile, perché attraverso la responsabilità si può generare una serie di effetti positivi nelle sanzioni o nell'accertamento di qualsiasi evento. È quindi necessario identificare non solo il proprietario, ma anche l'utilizzatore.
Nel nostro Paese, come avviene già in altri Paesi europei, aumenta infatti il numero dei veicoli noleggiati. È quindi fondamentale individuare con certezza non solo il proprietario, ma anche l'utilizzatore, contrastare il fenomeno delle intestazioni fittizie a persone ignare, a disabili, a minori o in situazioni particolari a coniugi in regime di comunione di beni, che, per una serie di motivi assicurativi o per la decurtazione dei punti, innescano meccanismi che rendono non corrispondente alla realtà quanto risulta nei sistemi centrali e negli archivi.
È necessario garantire che nel nostro Paese la circolazione dei veicoli e dei conducenti avvenga con i documenti effettivi, originali.
Nella documentazione che abbiamo lasciato agli atti, ci siamo permessi di sottolineare che con la telematica, con strumenti informatici e con l'autocertificazione si dovrebbe garantire di ovviare in tempo reale allo smarrimento di un libretto o di una patente, ottenendo il nuovo documento. Questo è realizzabile. In questo caso, potremmo liberare le forze dell'ordine da compiti meramente amministrativi e aiutarle ad essere ancora più presenti sul territorio, fermo restando che la notizia di uno smarrimento deve essere annotata in tempo reale negli archivi centrali.
Ci interessava molto segnalarvi quanto avviene nel mondo dei ciclomotori, che comprende un numero di veicoli che supera sicuramente i cinque milioni. In Italia, ci sono nove milioni di vecchi targhini, che si rilasciavano dal 1992 e si riferivano ad una persona, senza essere legati al ciclomotore. Nel 2001 - nell'allegato A potete prendere visione della storia normativa - la legge delega approvata nella legislatura 1996-2001 con l'unanimità del Parlamento imponeva al Governo che nacque nella legislatura successiva di introdurre correttivi, di generare un sistema che registrasse questi ciclomotori in maniera semplice e immediata, senza atti notarili o registrazioni PRA. Questo sistema si è realizzato a livello normativo, ma si è attuato in maniera assolutamente parziale, sebbene sia stato voluto, certificato e sollecitato attraverso le richieste di risoluzione fatte dalla IX Commissione, dalla Presidenza dell'VIII Commissione, l'allora senatore Grillo, attuale Presidente della stessa Commissione, i pareri favorevoli del Ministero dell'interno e della giustizia per lo schema che doveva dare attuazione a questa riforma.
In realtà, la riforma del luglio 2006 è stata attuata in modo parziale e il nuovo sistema di registrazione, che lega targa, motociclo, ciclomotore e persona, è stato fatto valere solo per i veicoli nuovi, immessi per la prima volta in circolazione dal luglio 2006. Credo che da allora ad oggi si siano registrati con il nuovo sistema circa 350 mila ciclomotori, cui si aggiungono altri 450 mila i quali sono entrati nel sistema grazie alla norma che prevedeva tale tipo di registrazione per i motorini omologati per due persone. Mancano all'appello oltre 4 milioni di motorini.
Uno dei tanti effetti conseguenti a questo sistema si registra sulle revisioni. In Italia, si revisionano annualmente 400 mila motorini. La revisione è biennale e quindi circa 800 mila motorini sono stati revisionati nel 2007-2008. Mancano quindi all'appello 4 milioni di motorini, con conseguenti problemi legati alla revisione, ai controlli tecnici e all'inquinamento. Spesso, i motorini sono «truccati», ma mancano controlli e quanto richiesto alla base di questo sistema, che fu voluto dalle


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forze dell'ordine e dall'ANIA per l'accertamento di responsabilità, per l'individuazione delle persone anche nell'ottica della lotta alla criminalità in talune aree del Paese, per ridurre i costi delle assicurazioni di questo tipo di veicoli, che in alcune zone d'Italia raggiungono cifre esorbitanti. Tutto questo non si è realizzato e peraltro all'epoca gli studi di consulenza automobilistica si strutturarono per produrre queste targhe attrezzandosi con strumenti, che già utilizziamo, perché nel nostro Paese quella delega prevedeva finalmente la liberalizzazione delle targhe solo per una piccolissima fetta di mercato, le targhe prova e i ciclomotori.
La liberalizzazione delle targhe prova è stata avviata, ma ogni anno produciamo una o due targhe d'agenzia, perché le targhe prova sono un numero assolutamente risibile e limitato. La liberalizzazione avrebbe prodotto sicuramente una diminuzione dei costi di queste targhe e il Poligrafico non avrebbe subìto alcun danno economico perché la fetta di produzione delle targhe dei ciclomotori è risibile rispetto alla sua produzione totale e non avrebbe perso quella competenza, perché avrebbe prodotto le stesse targhe dei ciclomotori, che venivano consegnate dalla motorizzazione.
Il nostro Paese si trova dunque nella curiosa situazione di creare un danno, giacché tanti motorini non vengono revisionati, con conseguenti ricadute sull'inquinamento e sul profilo della responsabilità. Volevamo quindi segnalare che la legge, che esiste, non è attuata.
Nella legislatura 2001-2005 si tentò di modificare questa norma e di riproporre soltanto al Poligrafico la produzione delle targhe, ma questa ipotesi fu respinta quasi all'unanimità dalla Camera e dal Senato, riconoscendo l'esigenza di andare avanti con questa piccola liberalizzazione. Purtroppo, però, è rimasta solo sulla carta.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano porre questioni o formulare osservazioni.

SETTIMO NIZZI. Vi ringrazio delle relazioni e della vostra presenza. Avete affrontato i problemi della premialità, della liberalizzazione delle autoscuole, della duplicazione dei documenti e la grave questione dei motocicli. Il 30 per cento dei decessi avviene infatti in città e interessa soprattutto giovani alla guida di motocicli. Vorremmo quindi sapere quali interventi normativi potrebbero essere messi in campo per evitare la premialità. Noi apparteniamo a una coalizione convinta della libertà delle professioni, ma quanto avvenuto per le autoscuole ci sembra eccessivo, perché dall'assoluta certezza di educazione all'utilizzo del mezzo stradale si è passati a una commercializzazione della patente. Vorremmo quindi sapere cosa proponiate concretamente.

ANGELO COMPAGNON. Intervengo brevemente, perché complessivamente dagli interventi si coglie un sostanziale apprezzamento delle varie proposte, per cui i suggerimenti vanno ad aggiungersi a posizioni già abbastanza condivisibili.
Desidero porre alcune domande, oltre a ringraziare della loro presenza i rappresentanti di UNASCA.
Vorrei sapere in quale percentuale questa associazione rappresenti le attività di autoscuola a livello nazionale, se esistano anche altre associazioni e in quali percentuali rappresentino le autoscuole a livello nazionale.
Nella relazione del segretario nazionale delle autoscuole, che condivido pienamente, a proposito del percorso didattico formativo, non ho compreso se riteniate opportuno elevare da 16 a 17 anni l'età in cui prevedere la guida accompagnata o se pensate giusto elevare a 17 anni l'età minima anche per la patente per i motorini. Condivido comunque l'impostazione su questo punto, come peraltro l'importanza del ruolo delle scuole e dell'educazione.
Stiamo discutendo un documento che auspichiamo largamente condiviso, ma soprattutto efficace. Non nascondiamo le difficoltà e la differenza di posizioni, ma siamo concordi nel considerare fondamentali prevenzione ed educazione, al fine di formulare una proposta utile e seria.


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Per quanto concerne i neopatentati, ci si può considerare in linea con altri provvedimenti rispetto alla riduzione della potenza. Non riesco però a comprendere i motivi della mancata condivisione dei premi assegnati nella patente a punti ai soggetti che si comportino correttamente. Se infatti è vero che le regole devono essere rispettate senza premi, la possibilità di acquisire qualche punto comportandosi correttamente, sebbene anomala, non è poi così strana.
Per quanto riguarda infine ciò che si richiede alle autoscuole (meritare fiducia e garantire la competenza dei soggetti preposti), avete chiaramente denunciato come soprattutto in riferimento all'articolo 123 del codice, su cui è intervenuta la liberalizzazione, si siano aperte le maglie di una professionalità acquisita e come questa liberalizzazione sia parsa troppo commerciale.
Vi chiedo quindi se qui non emerga la paura o il tentativo di tornare a un monopolio troppo ristretto. Generalmente, infatti, in tutti i settori la liberalizzazione viene considerata elemento migliorativo rispetto all'utenza in termini sia di costi che di professionalità. Mentre concordo sull'opportunità che anche questa Commissione verifichi la professionalità, la serietà e la competenza delle fonti di erogazione, non condivido le vostre posizioni sulla liberalizzazione, ma confesso che tale opinione, non supportata da specifiche conoscenze, potrebbe essere cambiata dalla vostra risposta.
Mi ha colpito l'intervento del dottor Pignoloni, segretario nazionale del centro studi, per quanto riguarda la mancanza di conoscenze sulla proprietà dei mezzi e sulla questione dei motorini, ma credo che questo argomento sia già contenuto nella relazione.

SILVIA VELO. Ringrazio i rappresentanti dell'UNASCA per il contributo fornito al nostro lavoro, al nostro bagaglio di consapevolezze e conoscenze.
Formulo solo una domanda. La settimana scorsa, ho presentato un'interrogazione al Ministero dei trasporti in relazione alla normativa relativa a una direttiva europea scaduta il 30 settembre scorso sull'entrata in vigore di norme di natura europea per l'esame di scuola guida, che prevede l'articolazione dell'esame pratico sia all'interno che all'esterno.
Il Ministero ha risposto che la scadenza esiste, ma che è molto complesso mettere in pratica questa norma, per cui ad oggi non ci sono programmi di questo genere.
Vorrei sapere se sia veramente così complicato adeguarci a una direttiva comunitaria e cosa comporterebbe in termini di maggiore sicurezza, giacché i neopatentati sono la categoria a maggiore rischio per l'inadeguatezza del loro livello di preparazione.

ALESSANDRO MONTAGNOLI. Anche io formulo una domanda rapida. Mi ricollego all'intervento della collega Velo e al vostro riferimento alle patenti dei non italiani, di cui in Italia si rileva una presenza importante soprattutto nell'area più produttiva del Paese. Alcuni incidenti in cui erano coinvolti autisti stranieri hanno provocato vittime e disastri pesanti. Conosciamo le difficoltà di un'armonizzazione delle sanzioni e della normativa a livello comunitario.
Vorrei sapere dunque se abbiate formulato proposte per stabilire maggiori obblighi per coloro che provengono da Paesi non solo comunitari, ma anche non comunitari, dove magari vi sono strade di sabbia e mancano le strisce pedonali, per cui sarebbe opportuno prevedere obblighi maggiori per quanto riguarda la conoscenza delle regole del nostro Paese, della cultura e dell'ambiente. All'interno delle autoscuole si potrebbero impartire insegnamenti sull'ambiente, quali l'opportunità di spegnere il mezzo al semaforo. I cinque milioni di extracomunitari presenti in Italia devono infatti imparare a guidare per la sicurezza di tutti noi.

PRESIDENTE. Do la parola al dottor Forneris per la replica.

MARIO FORNERIS, Segretario nazionale autoscuole. Per quanto riguarda la


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premialità prevista per la patente a punti, era corretto che un sistema introdotto in Italia nel 2003 prevedesse una fase transitoria che ne ammorbidisse i meccanismi.
Per quanto riguarda la patente a punti, vengono fatte in genere considerazioni che forse non tengono conto di un dato di fondo, ovvero di come soltanto poco meno del 3 per cento dei punti decurtati venga poi recuperato attraverso corsi di recupero punti. Gli ultimi dati statistici resi noti dal Ministero vedevano circa 20 milioni di punti decurtati e 500 mila punti recuperati attraverso i corsi. Questo indica come i corsi di recupero punti rieduchino solo una modesta minoranza delle persone che commettono violazioni sulle strade, mentre la maggior parte tende a recuperare i punti attraverso il meccanismo dell'attesa dei due anni senza violazioni per ritornare ad averne 20. In questo corretto meccanismo s'inserisce però la scorrettezza in base alla quale un titolare di patente con una ricca riserva di punti può farsi carico della decurtazione dei punti per una violazione commessa da un altro titolare, laddove sono frequenti le decurtazioni dovute a eccesso di velocità senza contestazione immediata.
A questa considerazione, che nasce da un problema posto all'attenzione pubblica da parte degli organi di informazione specializzati, si associa un'altra riflessione. Per la persona che non commette violazioni e che generalmente ha una guida corretta, avere una dotazione di 20 o di 30 punti dovrebbe risultare ininfluente, a maggior ragione considerando che la massima decurtazione che si può operare anche per un complesso di violazioni contestuali è di 15 punti. I dieci punti in più che è possibile acquisire collezionando il bonus di due punti biennale per cinque periodi non hanno quindi un'utilità pratica, salvo che quel conducente così virtuoso improvvisamente commetta una serie di violazioni pesanti in momenti distinti. Riteniamo quindi fuorviante questo concetto, che non incide direttamente sul nostro operato. L'abbiamo comunque voluto segnalare e lasciamo a voi le considerazioni, in quanto non vogliamo esulare da quanto ci compete.
Un altro punto emerso è quello relativo alla liberalizzazione. Desidero chiarire che non stiamo evidenziando una posizione critica rispetto alla liberalizzazione per questioni di monopolio o comunque d'interesse. Spero di essere stato sufficientemente chiaro nella relazione, ma ribadisco che stiamo evidenziando l'esigenza non di introdurre una limitazione numerica all'accesso a questa attività, ma di ripristinare una forma giuridica autorizzativa che preveda il controllo a priori, quindi l'autorizzazione rilasciata dalla provincia e non una dichiarazione di inizio attività fatta dall'interessato, che diventa autorizzazione implicita trascorsi i trenta giorni previsti dalla legge n. 241 del 1990.
Nella nostra attività, così come in diverse altre che continuano a mantenerla, l'autorizzazione dovrebbe essere ripristinata. Per il resto non siamo favorevoli a sistemi di regolamentazione che favoriscano competizioni commerciali di tipo esasperato. Credo che questo sia nell'interesse collettivo, perché le competizioni commerciali esasperate possono essere ammesse nella vendita dei beni, ma non sulla erogazione di servizi di interesse collettivo.
Siamo favorevoli alla competizione economica stanti però requisiti certi e rispettati. In questo senso, volevamo rimarcare che l'esperienza di questi due anni di liberalizzazione ha reso disomogeneo l'atteggiamento delle province sul territorio nazionale. Alcune copie di atti testimoniano come alcune province abbiano accettato dichiarazioni di inizio attività da imprenditori ancora privi di attrezzature e dei locali in cui intendevano esercitare l'attività, che hanno fatto una dichiarazione di intenti e acquisito la strumentazione senza che la provincia prendesse posizione ed evidenziasse che la denuncia di inizio attività ha un diverso funzionamento. Vorremmo quindi che fosse garantito un sistema uniforme nel territorio nazionale.


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Per quanto riguarda la guida dei motocicli, sono felice che nelle domande sia emersa un'attenzione particolare ai conducenti e agli utilizzatori di motocicli, poiché purtroppo le statistiche italiane denotano un preoccupante aumento dell'incidentalità e del numero delle vittime, mentre per tutte le altre categorie di veicoli si va verso una contrazione significativa. Siamo convinti che per i motocicli si dovrebbe dare un'interpretazione più puntuale della direttiva comunitaria cui faceva riferimento l'onorevole Velo a proposito di esami di guida.
La direttiva comunitaria stabilisce infatti che lo Stato membro abbia un margine interpretativo nel fissare le condizioni di formazione e di verifica per chi estende la propria patente dagli autoveicoli ai motocicli. Fino al 2000, in Italia era previsto che l'estensione della patente avvenisse attraverso un corso di formazione teorica e pratica e un esame teorico e pratico. Nell'anno 2000, il Ministero decise invece che la formazione per la guida di autoveicoli e di motocicli potesse essere considerata la medesima. Da allora, il passaggio dalla patente automobilistica a quella motociclistica avviene soltanto attraverso una verifica pratica a nostro giudizio insufficiente, perché il motociclista dovrebbe conseguire conoscenze e capacità specifiche per la guida di quel tipo di veicolo.
La nostra rappresentatività del mondo delle autoscuole riguarda la maggioranza della categoria. Siamo riconosciuti come associazione maggiormente rappresentativa a livello nazionale con decreto del Ministero dei trasporti. Oltre alla nostra associazione ne esiste un'altra, la Confedertaii, che ha lo stesso riconoscimento, ma ha una quota di rappresentatività più contenuta.
Per quanto riguarda la modalità di effettuazione degli esami pratici ai sensi della direttiva n. 2000/56 dell'Unione europea, dal 2000 la Comunità europea aveva già dettato con questa direttiva un diverso schema relativo alle modalità organizzative per gli esami, che non ha subìto notevoli modifiche. Non voglio però sostituirmi alle risposte di competenza del Ministero.
Riteniamo che sia importante un'elevazione dei requisiti di esame, ma che, anche in linea con le proposte contenute all'interno dei progetti di legge che la Commissione sta valutando, debba esserci una sinergia tra la formazione e la verifica, perché un esame per la patente anche nella condizione più ottimistica prevista dalla direttiva europea durerebbe trenta minuti, arco di tempo in cui non è possibile effettuare una verifica globale delle capacità e dell'educazione del futuro conducente.
Dal nostro punto di vista, quindi, dovrebbe esserci anche una valorizzazione del percorso formativo di chi si presenta per il conseguimento della patente, che sia considerata parte complementare rispetto a un esame che, se più ampio e meglio strutturato, può offrire maggiori garanzie.
Per quanto riguarda i 17 anni per la guida accompagnata, secondo noi, un periodo di didattica con tutoraggio familiare di un anno è già un buon periodo di consolidamento delle conoscenze pratiche, che si acquisterebbero nella fase introduttiva della guida accompagnata. Per contro, mantenere l'età a 16 anni, ma al tempo stesso prescrivere, come è giusto fare, la titolarità della patente A1, induce ad arrivare almeno a 16 anni e mezzo, perché la richiesta di conseguimento della patente A1 non può essere presentata prima del compimento dei 16 anni. Sarebbe dunque opportuno conseguire a 16 anni la patente per i motocicli leggeri, fare poi esperienza con la guida del motociclo leggero, prima di iniziare la fase successiva di formazione per la guida degli autoveicoli con la guida accompagnata. Riteniamo quindi che l'età minima di 17 anni risulti maggiormente coerente con un percorso così articolato.
Per quanto riguarda i titolari di patenti straniere, ho fatto cenno soltanto ai titolari di patenti rilasciate dagli Stati dell'Unione europea, ma è doveroso allargare la riflessione alle patenti rilasciate da Stati non comunitari, con i quali l'Italia ha siglato accordi di reciproco riconoscimento.


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Per coloro che hanno una patente comunitaria si dovrebbe prevedere l'obbligo non di trasformazione in patente italiana, perché le direttive comunitarie non lo prevedono, ma di riconoscimento di quella patente, affinché venga registrata all'interno del sistema informativo del Centro elaborazione dati (CED) della Motorizzazione anche con verifica dei requisiti psicofisici.
Per quanto riguarda invece i titolari di patente non comunitaria che la convertono in patente italiana, siamo stati coinvolti in iniziative positive messe in atto da alcuni enti locali, che hanno previsto un corso di aggiornamento per questi conducenti. In ottemperanza agli accordi siglati dall'Italia con il corrispondente Stato si procede alla conversione della patente, ma la consegna di questo documento è legata a un corso di aggiornamento sulla normativa nazionale di circolazione sulle strade, perché il codice della strada è nazionale e non tutte le norme di comportamento sono corrispondenti a quelle dello Stato di provenienza.

PRESIDENTE. Nel ringraziare i rappresentanti dell'UNASCA, dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 12,45.

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