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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione IX
2.
Martedì 27 marzo 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Valducci Mario, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE PROPOSTE DI LEGGE C. 4662 VALDUCCI E ABBINATE RECANTI «DELEGA AL GOVERNO PER LA RIFORMA DEL CODICE DELLA STRADA, DI CUI AL DECRETO LEGISLATIVO 30 APRILE 1992, N. 285»

Audizione del Ministro della giustizia, Paola Severino Di Benedetto:

Valducci Mario, Presidente ... 3 11 13 15
Biasotti Sandro (PdL) ... 13
Garofalo Vincenzo (PdL) ... 12
Nizzi Settimo (PdL) ... 13
Severino Di Benedetto Paola, Ministro della giustizia ... 3 14
Velo Silvia (PD) ... 11
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA.

COMMISSIONE IX
TRASPORTI, POSTE E TELECOMUNICAZIONI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 27 marzo 2012


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MARIO VALDUCCI

La seduta comincia alle 12,05.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro della giustizia, Paola Severino Di Benedetto.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle proposte di legge C. 4662 Valducci e abbinate recanti «Delega al Governo per la riforma del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285», l'audizione del Ministro della giustizia, Paola Severino Di Benedetto.
Do la parola al Ministro per lo svolgimento della relazione.

PAOLA SEVERINO DI BENEDETTO, Ministro della giustizia. Desidero ringraziare lei, presidente, e gli autorevoli componenti di questa Commissione per avermi invitato a discutere insieme del progetto di delega al Governo della riforma del codice della strada.
La sicurezza della circolazione stradale costituisce un tema particolarmente attuale - so che è inutile dirlo - portato all'attenzione dei recenti e purtroppo numerosi e gravissimi fatti di cronaca, e delicato in ragione del forte senso di ingiustizia che tali fatti scatenano nell'opinione pubblica per la risposta sanzionatoria spesso giudicata inadeguata.
L'esperienza del vivere moderno ha segnalato al legislatore che uno degli ambiti in cui più elevato è il rischio di offesa per i beni della vita e dell'incolumità individuale è proprio quello della circolazione stradale.
Mi permetto di richiamare brevemente i più rilevanti interventi normativi di riforma in materia di sicurezza stradale, certa di una vostra piena conoscenza del tema, ma altrettanto certa del fatto che, se non si parte da un corretto e completo inquadramento della situazione esistente, si rischia di avere delle prospettive distorte sul tema.
Si tratta di una ricognizione necessaria per comprendere non solo lo stato della normativa, ma anche la sua struttura e, soprattutto, la sua efficacia in termini sia preventivi sia repressivi; tale ricognizione dunque è funzionale alle considerazioni che svolgerò nel seguito del mio intervento.
La disciplina della sicurezza stradale ha costituito oggetto di numerosi interventi di riforma ispirati alla necessità di apprestare più efficaci meccanismi di tutela e predisporre strumenti sanzionatori dotati di effettività, quindi vi è stata una tendenza del legislatore a intervenire su questa normativa a più riprese e proprio con quello scopo.
Già la legge 296 del 1996 aveva introdotto alcune circostanze aggravanti speciali


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dei delitti di omicidio e lesioni personali colpose, in cui le pene previste per le fattispecie base erano aumentate in caso di fatto commesso in violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale. Volendo entrare nel merito e non nella forma, già il nostro codice penale prevede, dunque, una forma di omicidio stradale, sia pure configurando la maggior pena prevista come circostanza aggravante del reato base.
Tra il 1999 e il 2003 si è assistito a una vera e propria riforma dell'apparato sanzionatorio del codice della strada, che ha visto l'introduzione di alcune figure di illecito penale per lo più contravvenzionale e amministrativo, le cui sanzioni sono state poste a presidio di specifici obblighi imposti agli utenti della strada (guida senza patente, guida sotto l'influenza dell'alcol o di sostanze stupefacenti, competizioni sportive su strada, gare in velocità e altro). A mano a mano, quindi, che certe realtà fenomeniche venivano colte dal legislatore, questo le introduceva in altrettante fattispecie, questa volta contenute nel codice della strada.
Accanto all'enucleazione di fattispecie spesso di natura preventiva, per lo più contenute nel codice della strada, il legislatore è intervenuto, inoltre, sul tessuto dei tradizionali delitti di omicidio colposo e lesioni personali colpose, aggravati dalla violazione della disciplina sulla circolazione stradale, disponendo modifiche sul piano dell'entità della sanzione prevista dal codice penale nonché attraverso la predisposizione di norme strumentali a una più efficace repressione.
La legge 12 febbraio 2006 e il decreto-legge del maggio 2008, cosiddetto «pacchetto sicurezza», hanno modificato, tra le altre, alcune disposizioni del codice penale, del codice di procedura penale e del codice di procedura civile. In particolare, con la legge 12 febbraio 2006, n. 102, la pena edittale prevista dal secondo comma dell'articolo 589 per l'omicidio colposo - da 1 a 5 anni di reclusione - nel caso in cui sia aggravato dalla circostanza che il fatto sia stato commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, è stata aumentato nel minimo portato a 2 anni.
Analogamente, sono state inasprite le pene per le lesioni personali colpose aggravate per la violazione delle norme sulla sicurezza stradale. Nell'ipotesi di lesioni gravi, infatti, immutata l'alternativa tra reclusione o multa prevista a livello edittale, si passa da 3 mesi a un anno di pena detentiva, mentre prima era da 2 a 6 mesi, e sono aumentate anche le sanzioni pecuniarie.
Nell'ipotesi di lesioni gravissime, inoltre, eliminata la pena pecuniaria alternativa, si commina unicamente la reclusione da uno a 3 anni. Abbiamo, quindi, questo secondo intervento sul codice penale, ulteriormente implementativo delle pene.
La legge n. 102 del 2006 ha modificato anche alcune disposizioni del codice di procedura penale nell'intento di offrire un più rapido accertamento processuale alle fattispecie di omicidio e lesioni personali colpose che traggono origine dalla violazione della disciplina sulla circolazione stradale.
In primo luogo, infatti, si è stabilito che, qualora si proceda per tali delitti, la proroga del termine per le indagini preliminari non possa essere concessa una seconda volta, per cui il tutto deve essere confinato a due sole proroghe. Concluse le indagini preliminari, si è previsto che l'azione penale sia esercitata dal pubblico ministero entro 30 giorni, termine che non è previsto per altre categorie di reati.
Sempre in base a tali modifiche, si è, infine, richiesto che tra la data del decreto che dispone il giudizio per l'omicidio o del decreto di citazione diretta a giudizio per le lesioni e la data dell'udienza non debbano decorrere più di 60 giorni nel primo caso e 90 nel secondo.
La riforma del 2006 ha, dunque, comportato un inasprimento delle pene, da una parte, e un tentativo di accelerazione del processo, dall'altra. Il legislatore ha, cioè, posto la sua attenzione sia sull'aspetto sanzionatorio sia su quello processuale, cosa che non è avvenuta per altri


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reati pure di grande allarme sociale, o perlomeno non è avvenuta la contemporanea revisione sia della parte processuale che di quella penale sostanziale.
A pochi anni di distanza, con il decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, il legislatore è nuovamente intervenuto per offrire una maggior tutela in tutti quegli ambiti, compresa la circolazione stradale, in cui più diffusa è l'illegalità con relativo rischio per la collettività.
Il decreto-legge n. 92 del 2008 ha, infatti, innalzato la pena per l'ipotesi di omicidio colposo aggravato, nel massimo, a 7 anni anche per consentire alla polizia giudiziaria di procedere al fermo di indiziato di delitto quando sussiste il pericolo di fuga, quindi con un aumento di pena funzionale anche alla possibilità di arresto immediato; ha introdotto, tanto per l'omicidio colposo quanto per le lesioni personali colpose gravi e gravissime, un'ulteriore circostanza aggravante, sempre a effetto speciale e sempre relativa alla violazione di norme sulla circolazione stradale, che si configura ogni qual volta l'evento preceduto da tale violazione sia cagionato da soggetto in stato di ebbrezza alcolica, ai sensi dell'articolo 186 del decreto legislativo 30 aprile 1992 e successive modificazioni, oppure da soggetto sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope. Questo è, dunque, il secondo intervento che tiene conto di queste due situazioni, quella dello stato di ebbrezza e quella delle sostanze stupefacenti.
Con riferimento all'ipotesi di omicidio, la cornice edittale prevista per tale ultima circostanza aggravante corrisponde alla pena con la reclusione da 3 a 10 anni, per cui siamo in presenza di una pena che, nel corso degli ultimi anni, è stata sostanzialmente triplicata attraverso la considerazione di queste circostanze. Il trattamento sanzionatorio va, invece, da 6 mesi a 2 anni per lesioni gravi, da un anno e 6 mesi a 4 anni per le gravissime.
Tutte queste circostanze, peraltro, sempre per disposizione del decreto-legge del 2008, sono sottratte al giudizio di bilanciamento ex articolo 69. Questo è molto importante. Spesso, infatti, si richiama il fatto che, pur avendo il legislatore introdotto delle circostanze aggravanti, l'effetto di queste è azzerato a volte semplicemente per la presenza delle attenuanti generiche: basta, cioè, un'attenuante generica per ritornare alla pena base. Questo è ordinariamente il meccanismo di bilanciamento delle circostanze, per cui si chiede al legislatore allorquando decida di inserire la circostanza aggravante di specificare se questa è resa comparabile con circostanze attenuanti che riportano la pena a quella base.
Qui il legislatore, invece, ha avuto l'accortezza di escludere questo giudizio di bilanciamento, per cui per l'omicidio colposo stradale che avvenga con violazione delle norme della codice della strada e che, per di più, sia realizzato da soggetto in stato di ebbrezza o sotto l'effetto di stupefacenti, non è possibile il giudizio di comparazione e quella pena da 3 a 10 anni non è scontabile attraverso il gioco di bilanciamento delle circostanze attenuanti. Anche questo, dunque, è un intervento estremamente e giustamente severo per reprimere questi fenomeni che la realtà ha dimostrato essere le più tragiche cause di eventi mortali o altamente lesivi per la vita e l'incolumità della persona.
Inoltre, l'efficace repressione dell'omicidio colposo stradale è assicurata dal sesto comma dell'articolo 157, secondo il quale i termini di prescrizione ordinari sono da intendersi raddoppiati per tale delitto, insieme a quello di incendio o altri disastri colposi e ai delitti di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater.
È sempre il decreto del 2008 a inserire i delitti commessi in violazione delle norme sulla circolazione stradale tra quelli i cui processi devono essere trattati con priorità assoluta sugli altri, per cui, sintetizzando, sono previsti aumenti di pena non comparabili con circostanze attenuanti, una procedura particolare perché sono previsti tempi processuali più brevi che per altri reati e priorità assoluta di questi processi rispetto agli altri.


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Il legislatore è nuovamente intervenuto sulla materia della circolazione stradale con la legge del 29 luglio 2010, n. 120. Il quadro normativo attuale, frutto dei richiamati interventi, prevede, dunque, con riferimento all'omicidio colposo - che ai sensi dell'articolo 589 punisce chiunque cagioni per colpa la morte di una persona - la reclusione da 2 a 7 anni se il fatto è commesso in violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, da 3 a 10 anni se commesso in violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale da soggetto in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell'articolo 186, cioè qualora sia accertato un valore corrispondente a un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro o da soggetto sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope.
La pena per questo tipo di reato, rispetto alla natura colposa dell'omicidio, è dunque la massima che il nostro sistema preveda. Non vi sono, infatti, altri reati singoli - poi vi sono quelli colposi con gruppi di vittime, che prevedono pene diverse - con pena da 3 a 10 anni non confrontabili con attenuanti, quindi non diminuibile per effetto delle attenuanti.
Per le lesioni personali gravi o gravissime è prevista, per fatti commessi con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, la reclusione da 3 mesi a un anno, se le lesioni sono gravi, e la reclusione da uno a 3 anni, se le lesioni sono gravissime. Nei casi, però, di violazione delle norme sulla circolazione stradale, se il fatto è commesso da soggetto in stato di ebbrezza alcolica ovvero da soggetto sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope, per le lesioni gravi si passa a una pena da 6 mesi a 2 anni e, per le lesioni gravissime, da un anno e 6 mesi a 4 anni, per cui anche qui vi sono margini di incremento della pena non detraibile attraverso il meccanismo di bilanciamento piuttosto significativi.
Infine, l'articolo 186 del codice della strada vieta di guidare in stato di ebbrezza in conseguenza dell'uso di bevande alcoliche. Le sanzioni sono graduate in relazione al tasso alcolemico accertato sulla base di tre soglie e l'ipotesi della soglia più alta comporta anche la possibilità dell'arresto da 6 mesi a un anno oltre, come sapete perfettamente, alla sospensione della patente e alle sanzioni amministrative.
Ho voluto tracciare questo quadro non certamente supponendo che i componenti della Commissione non lo conoscessero, ma perché mi sembra comunque la giusta premessa per affrontare il tema. Se non partiamo dalla premessa della situazione, della normativa e della pena attuali, la comparazione diventa più complessa, e quindi anche la soluzione del problema può diventare non corretta.
Alla luce del quadro di disciplina tracciato, mi pare possa meglio affrontarsi il tema delle eventuali modifiche nel settore penale di cui alla proposta di legge recante delega al Governo per il riordino della legislazione vigente in materia di motorizzazione e circolazione stradale contenuta nel codice della strada attualmente all'esame di questa Commissione.
La proposta prevede, tra l'altro, l'introduzione di un'autonoma fattispecie di reato da denominare «omicidio stradale», volta a sanzionare i casi di omicidio commesso da un conducente in stato di ebbrezza nei cui confronti sia stato accertato un tasso alcolemico superiore a 1,5 ovvero in stato di alterazione per uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, prevedendo una pena detentiva non inferiore nel minimo a 8 anni e nel massimo a 18 anni di reclusione e l'arresto in flagranza.
Mi rendo conto della differenza di pena tra l'attuale e il proposto perché, nonostante le aggravanti, nel sistema vigente si arriva a una pena massima di 10 anni, mentre in questo sistema si arriva a una pena massima di 18 anni di reclusione, per cui senz'altro la differenza è rilevante.
Accanto a questa previsione, si contempla l'incremento delle sanzioni penali e amministrative per le ipotesi di omicidio colposo commesso da conducente in stato di ebbrezza in cui sia stato accertato un tasso alcolemico non superiore a 1,5 o in


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stato da alterazione per uso di sostanze stupefacenti o psicotrope nonché per le ipotesi di lesioni gravi o gravissime commesse da conducente in stato di ebbrezza o di alterazione per uso di sostanze stupefacenti o psicotrope.
La fattispecie di omicidio stradale ipotizzata va attentamente analizzata sia sotto il profilo della necessità o opportunità dell'introduzione di una simile disposizione nel contesto normativo attuale sia sotto il profilo della sua specifica formulazione rispetto ai rapporti con il principio di colpevolezza. Qui il punto fondamentale è sempre, infatti, stabilire se si tratterà o si tratti di un omicidio doloso o di un omicidio colposo, anche per far quadrare il sistema delle pene.
Oggi, infatti, per un omicidio colposo abbiamo una sanzione fino a 10 anni: la proposta è di innalzamento a 18 ma, come si pone questo, per esempio, rispetto al tema di un omicidio doloso? Questo è un punto sul quale vorrei che soffermassimo la nostra attenzione.
Come si è visto, nel contesto normativo attuale la risposta sanzionatoria nei confronti di fatti lesivi dei beni vita e incolumità individuale posti in essere in violazione delle norme sulla circolazione stradale da soggetti sotto l'effetto di alcol o di sostanze stupefacenti è assicurata, rispettivamente, dagli articoli 589 e 590 del codice penale, ove il giudice ravvisi, nel caso concreto, gli estremi di una condotta colposa, e dagli articoli 575 e 582 ove la condotta sia ritenuta dolosa.
Una prima questione che occorre verificare riguarda l'adeguatezza dell'attuale assetto di disciplina a contrastare i fenomeni in questione. Su questo versante, rispetto al quale la proposta di legge delega menziona tra i propri princìpi l'ulteriore aumento delle sanzioni per le ipotesi colpose di riferimento, è comunque opportuno procedere con moderazione, in modo da evitare di incidere su figure che, come visto, sotto il profilo della risposta sanzionatorie sono già state oggetto di recenti modifiche.
L'obiettivo delle recenti riforme è del resto già nel segno di un significativo inasprimento delle pene rispetto ai casi di condotte connotate da un elevato grado di colposità nell'ottica di realizzare un armonico sistema di disciplina fondato sul binomio omicidio/ lesioni dolose e colpose.
In questa materia è facile essere fraintesi: in relazione all'elevatezza della pena, mi riferisco a un fatto che è e rimane colposo. Stiamo parlando della pena per l'omicidio colposo. Una pena fino a 10 anni per un omicidio colposo aggravato è forte, è una forte risposta dell'ordinamento. Le applicazioni della norma sono un altro discorso. Qui stiamo parlando di un fatto di normativa astratta, ma se considerate la differenza tra colui che uccide colposamente e chi uccide dando una coltellata, è chiaro che le differenze di pena devono esistere ed essere, comunque, abbastanza verificabili.
L'ottica è quella di realizzare, come dicevo, un armonico sistema di disciplina fondato sul binomio omicidio/ lesioni dolose e colpose. Questo è il muro di divisione che dobbiamo aver presente.
Che, peraltro, l'adeguatezza della pena in siffatti casi costituisca sicuramente un problema rilevante è testimoniato anche da tendenze recenti presenti nella giurisprudenza di merito e affiorate anche in sede di legittimità a ravvisare il dolo eventuale in relazione a condotte di guida altamente spericolate, ravvisandosi così, in capo al conducente del veicolo, una componente volitiva nella forma dell'accettazione e della verificazione del fatto in luogo della tradizionale configurazione del fatto come colposo in termini di colpa con previsione.
Qui il tema diventa ancora più noiosamente tecnico, però è lì che si gioca l'adeguatezza del trattamento sanzionatorio, nell'applicazione della norma. Gli strumenti, infatti, esistono nel nostro codice per definire la colpa con previsione e il dolo eventuale. La colpa con previsione è un'ulteriore aggravante della colpa, che quindi si aggiungerebbe alle aggravanti di cui abbiamo già parlato nel caso di omicidio


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commesso con violazione delle norme stradali e in stato di ebbrezza o di uso di sostanze stupefacenti. Vi sarebbe l'ulteriore aggravante della colpa con previsione. In questo caso, non si può non prevedere che dal fatto possa derivare un evento mortale o lesivo, e quindi, se tutto rimane alla previsione, si rientra nell'ulteriore aggravante dell'«omicidio colposo stradale» con colpa cosciente.
Un altro strumento al confine con la colpa cosciente, ma che produce effetti profondamente diversi perché ci porta sul versante del dolo, è il dolo eventuale. Se alla previsione della possibilità del verificarsi dell'evento si accompagna l'accettazione del rischio del suo verificarsi, non siamo più sul versante della colpa, ma su quello del dolo e non si applicheranno più le aggravanti già modificate dal legislatore più quella della colpa cosciente, che ci porterà a una pena massima, con l'ulteriore aggravante, superiore a 10 anni, ma saremo passati sul versante dell'omicidio doloso, sia pure nella forma minore del dolo eventuale.
Questo strumentario ci impone di aver presenti tutte queste situazioni e, soprattutto, di prendere una decisione sul piano dell'elemento psicologico una volta che si volesse parlare di una nuova fattispecie, altrimenti temo che rimarremo sempre nel dubbio oggi presente.
Mi sembra che solo il consolidamento sul piano teorico e applicativo dell'attuale assetto di disciplina ci fornirà indicazioni sull'effettività del sistema prefigurato di recente dal legislatore. A ogni modo, ove pure si dovesse ravvisare l'opportunità di introdurre l'autonoma fattispecie di omicidio stradale, si porrebbe comunque il problema del necessario coordinamento di tale nuova disposizione con la previgente disciplina in materia di circolazione stradale, problema che la proposta di legge delega non risolve non avendo disposto ancora nulla a riguardo. Sul piano dell'elemento psicologico, infatti, non c'è alcuna presa di posizione.
Vado a enunciare alcune perplessità ulteriori proprio sulla specifica formulazione della fattispecie, ma ovviamente in chiave assolutamente oggettiva e costruttiva, non certo demolitiva dell'idea: per costruire una misura veramente efficace, che la giurisprudenza applicherà e che renda effettiva la pena, occorre costruire una fattispecie assolutamente condivisibile sotto il profilo interpretativo.
Un difetto della struttura della proposta di delega è che non fa alcun riferimento all'elemento soggettivo che sorregge la condotta descritta nella fattispecie. In un sistema come il nostro, nel quale il coefficiente soggettivo previsto in via generale è il dolo, richiedendosi per colpa e preterintenzione un'espressa previsione, e in cui l'ormai pieno riconoscimento della dimensione costituzionale del principio di colpevolezza, nel solco della giurisprudenza ordinaria e costituzionale, esclude forme di responsabilità oggettiva di imputazione dell'evento lesivo per il solo versari in re illicita, sembrerebbe doversi concludere che la condotta debba essere sorretta dal coefficiente doloso.
Se, cioè, nella norma non scrivo nulla, per regola generale del codice penale la punibilità è esclusivamente dolosa, per cui a quel punto, nel silenzio della norma io devo interpretarla come norma in cui la condotta è e deve essere sorretta dal dolo. Se, infatti, il giudice non rinviene l'elemento costitutivo del dolo, non potrà condannare per quel reato e si finisce esattamente forse all'opposto risultato rispetto a quello che si voleva ottenere sotto il profilo dei princìpi generali del diritto penale.
Così intesa la fattispecie, si ripropone, quindi, il problema dell'opportunità della sua introduzione nell'ambito del sistema sanzionatorio attuale, non essendo chiaro quale spazio la figura dovrebbe ritagliarsi tra la fattispecie colposa con pene aumentate nell'ottica del legislatore delegante e l'ipotesi dolosa comune, problema che permarrebbe anche laddove si intendesse l'ipotesi con una sorta di figura intermedia tra quella dolosa e quella colposa comune. Questa imporrebbe, per un verso, di verificare, comunque, la sua coerenza sistematica


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con la parte generale del nostro codice e, per altro verso, di accertare se esigenze preventive e repressive non siano già o, comunque, possano essere soddisfatte muovendosi nel solco dell'impianto di disciplina oggi esistente.
Quando si inserisce una fattispecie nel codice penale, purtroppo o per fortuna, a seconda dei punti di vista, occorre tener presente tutto quello che c'è intorno. L'inserimento non è come quello che avviene in qualunque altro tipo di codice. È un inserimento in parte speciale del codice, cioè nella parte che elenca i singoli reati, di un codice che ha una parte generale che deve essere applicata e applicabile a tutti i reati e in cui c'è un principio di necessaria colpevolezza, un principio di necessaria distinzione tra dolo e colpa e ci sono delle definizioni di dolo e di colpa che devono ricadere sulle singole fattispecie.
Già vi dicevo che abbiamo le varie figure del dolo e della colpa, colpa cosciente e dolo eventuale: è alla luce di quel sistema che dobbiamo vedere questa fattispecie intermedia alla quale, comunque, dovremo dare una etichetta di carattere psicologico.
Resta ferma, pertanto, la necessità di prevedere una risposta effettiva e adeguata anche in un'ottica generale preventiva di condotte lesive che generano un forte allarme sociale quali quelle in esame, cosicché mi pare necessario sottolineare come la fattispecie di reato ipotizzata presenti alcune criticità anche alla luce del nostro assetto generale di disciplina.
Ho ritenuto preferibile, anche per il mio ruolo tecnico, evidenziare queste difficoltà perché emergono dallo studio della giurisprudenza e della dottrina in materia.
Sono stata particolarmente lieta di essere qui oggi perché queste meditazioni sono il frutto di alcuni seminari che ho tenuto all'università proprio su questo tema. Una convenzione con l'ANIA, infatti, ci aveva stimolato a studiare questo tema e a verificare proprio la possibilità di introdurre una nuova fattispecie di omicidio stradale.
Nella ricerca avevo coinvolto, oltre che gli studiosi, anche gli studenti invitandoli a portare casistica, giurisprudenza, e anche la voce della gente, di chi è destinatario di questa norma in tema di tutela, soprattutto della vittima e dei familiari delle vittime.
Eravamo partiti tutti con l'idea dell'opportunità di codificare una norma che tenesse conto di situazioni così forti che si verificano nella realtà, portavamo l'esempio di colui che percorre con l'autovettura una strada pedonale e investe la mamma e il suo bambino, che è una cosa terribile, che fa pensare che richieda una pena elevatissima, portavamo tutti gli esempi che nella realtà si verificavano, ma il compito del legislatore diventa difficile quando dalla situazione esemplificativa si deve passare alla soluzione del problema. Qui la soluzione del problema è non difficile, ma difficilissima perché abbiamo solo due categorie compatibili con il nostro codice, ossia l'omicidio colposo e quello doloso.
Allora, o facciamo il salto di definizione e diciamo che questo è un omicidio doloso, ma non possiamo svellere le basi del diritto penale perché il dolo ha una sua dimensione, una sua definizione, che non possiamo cambiare in termini di istituto generale per adattarla a un istituto di parte speciale; oppure dobbiamo dire che si tratta di un problema applicativo perché è il giudice che deve distinguere se si versi in situazioni di colpa cosciente o dolo eventuale.
A mio avviso, il legislatore non potrà mai fare questa distinzione in termini astratti. Ciò che, infatti, distingue il dolo eventuale dalla colpa cosciente sono le circostanze in cui il fatto si è verificato, che non potranno mai essere indicate tutte in una norma. Non si potranno indicare puntualmente nella norma fattispecie come la guida al buio velocemente imboccando contromano l'autostrada oppure prendendo un sentiero pedonale oppure correndo sulla strada ghiacciata a 100 chilometri orari e così via. Per quanto la fantasia umana sia capace di descrivere


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tutto, questo tutto non può essere contenuto in una norma. Sarà sempre il giudice a dover verificare se le circostanze indichino l'esistenza di un dolo eventuale o di una colpa cosciente, che segnano la grande differenza.
Non possiamo pensare che solo cambiando etichetta alla norma abbiamo risolto il problema perché con il cambio di etichetta dobbiamo anche dare un'indicazione di elemento psicologico: la fattispecie che andiamo a introdurre e che vogliamo intitolare «omicidio stradale» è colposa o dolosa? Questo è un problema che il legislatore deve risolvere. Se colposa, la pena non potrà necessariamente essere superiore a quella di un delitto doloso perché, altrimenti, andiamo di nuovo a svellere le categorie di carattere generale; se dolosa, deve essere, invece, caratterizzata da un trattamento fortemente sanzionatorio, andando a ricomprendere magari qualche ipotesi, più vicine alla colpa piuttosto che al dolo.
Credo che, come spesso accade, il problema applicativo sia serio. Comprendo le esigenze delle vittime e dei loro familiari, che vorrebbero avere certezza del diritto, e comprendo anche lo smarrimento di fronte a sentenze in cui si considera il reato a volte come colposo e altre come doloso, ma questo potrebbe derivare dalle circostanze specifiche del fatto e non sempre da un errore valutativo del giudice.
Omogeneizzare situazioni tra loro molto diverse, solo perché c'è la circostanza che l'omicidio avvenga con violazione delle norme stradali, non è facile. Non è facile astrarre le varie condizioni che possono portare all'una o all'altra posizione. Si può, ancora una volta, aumentare la pena, però non illudendosi che questo dia una specifica significatività a quella fattispecie. Il tentativo del legislatore può essere ripreso, si può, volendo, arrivare a ulteriori aumenti di pena non comparabili con le attenuanti, ma rimarrà sempre il problema di fondo della distinzione tra dolo e colpa e tra omicidio doloso con dolo eventuale e omicidio colposo con colpa con previsione. Questo non è risolubile all'interno della norma, ma attraverso l'interpretazione di un istituto e di un concetto tra i più difficili del diritto penale, che è, però, uno dei più garantisti.
Il nostro codice, infatti, offre tutti gli strumenti per affrontare le situazioni. Consentitemi di dire che è uno dei codici più belli tra quelli esistenti, nonostante sia stato varato in tempi considerati oscuri, ma da un legislatore che ne capiva bene di diritto penale e che ci ha fornito molti più strumenti di quanti ne abbiano altri Paesi.
Forse il problema è l'adeguatezza nell'applicazione di questi strumenti, che peraltro ci sono. Certo, la sensibilizzazione del giudice, di chi questi strumenti deve applicare, è importante, però non credo che soltanto cambiando il titolo della norma si possa risolvere il problema. Vorrei che questo fosse chiaro alla fine di questo mio discorso. Non si tratta di una conclusione negativa rispetto all'introduzione di una nuova fattispecie, ma solo la segnalazione del fatto che, una volta che le avessimo dato un titolo e una pena più elevata, dovremmo comunque risolvere il problema dell'elemento psicologico di riferimento. Diversamente, se la norma rimane così com'è, senza alcuna indicazione, automaticamente passerebbe nel rango dei delitti dolosi e un giudice che non dovesse riscontrare gli estremi del dolo in quel comportamento - non potrebbe mai essere obbligato a farlo perché rientrerebbe sempre nelle sue facoltà interpretative giudicare se si tratta di quel tipo di omicidio o di un omicidio colposo - dovrebbe assolvere l'imputato perché il fatto non costituisce reato per mancanza di dolo. Se non si affronta il problema dell'elemento psicologico, il rischio è, quindi, di ottenere l'effetto opposto a quello che si voleva ottenere.
Spero di non essermi dilungata troppo, ma mi sembrava importante dare l'apporto di quest'indicazione perché non volevo che vi fossero fraintendimenti. Io non sono né a favore né contro l'introduzione di una nuova norma: dico soltanto che, se si vuole affrontare specificamente e in maniera più efficace il problema di questo


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tipo di omicidi, etichettare una norma con il termine di «omicidio stradale» non basta, occorre fare qualcosa di diverso.

PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro e do la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

SILVIA VELO. Ringrazio il Ministro. La sua audizione è stata utilissima, importantissima e chiarissima anche per chi, come me, pur non essendo giurista, si occupa di questioni relative al codice della strada. La ringrazio perché, senza avere strumenti giuridici adeguati, come Partito democratico eravamo comunque arrivati a sollevare gli stessi dubbi e a condurre esattamente la stessa analisi che oggi, Ministro, ha illustrato.
Lei ha fatto riferimento a una discussione: c'è una proposta di legge delega di riordino presentata dal presidente Valducci che prevede l'introduzione di una nuova fattispecie di reato di omicidio stradale, ma noi come gruppo, pur concordando col presidente Valducci, abbiamo presentato una proposta alternativa che ricalca la sua proposta sul riordino del codice della strada, ma che non contiene la previsione di questa fattispecie di reato e si limita a enunciare nei princìpi della delega la necessità di armonizzare il procedimento di applicazione delle sanzioni per illeciti penali in materia di circolazione stradale con il procedimento di applicazione della sanzione accessoria alla commissione di reati contro le persone conseguenti alla circolazione di veicoli, stabilendo misure che garantiscano maggiore efficacia e incisività alle sanzioni accessorie della sospensione e della revoca della patente, anche in caso di definizione del giudizio con applicazione su richiesta.
Ripeto che, anche se meno articolato, il nostro era lo stesso ragionamento condotto da lei, Ministro. Si potrebbero fare diversi esempi, come quello che la previsione contenuta nella legge delega fa riferimento esclusivamente, come era ovvio perché non si poteva estendere a dismisura questo reato, alla guida in stato di ebbrezza o sotto l'effetto di stupefacenti.
Le esperienze personali con cui siamo venuti a contatto ci dicono, però, di comportamenti altrettanto pericolosi che causano lesioni gravi o morte. Lei ha portato l'esempio della guida in una zona pedonale: questa non rientrerebbe nella fattispecie di omicidio stradale. Ci sono casi di guida particolarmente spericolata, come quella del sorpasso dove non è possibile, del superamento in misura elevata del limite di velocità, che ricadrebbero fuori dall'omicidio stradale.
A nostro avviso, anche osservando l'andamento della giurisprudenza e delle sentenze, si potrebbe correre il rischio di un atteggiamento, di fronte all'introduzione di un reato specifico, addirittura meno severo da parte della magistratura. C'è, inoltre, la questione che lei ha sollevato così bene del dolo e della colpa: se non si riesce a dimostrare che c'è il dolo, si finirebbe addirittura per avere l'effetto opposto.
Da inizio legislatura in questa Commissione c'è sempre stato, su questo sul tema del codice della strada in generale, un lavoro concorde e unanime. Si è lavorato, appunto, con un sentimento che lei stessa ha espresso anche nei suoi lavori di docente e che ci ha portato all'approvazione unanime della riforma del 2010 in sede legislativa.
C'è una grande unanimità di intenti anche nella definizione di questo percorso sulla delega: tutti siamo d'accordo che ci sono troppi e troppo spesso casi in cui le vittime non sono adeguatamente tutelate e risarcite nel danno che subiscono, spesso di grandissima rilevanza.
Ognuno di noi ha avuto rapporti e contatti con famiglie devastate da episodi di questo tipo e l'obiettivo di rendere giustizia alle vittime è anch'esso condiviso. La nostra preoccupazione, che ci ha portato a una proposta alternativa rispetto a quella del presidente, è stata proprio quella che l'introduzione di una fattispecie


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di reato possa non solo non ottenere lo scopo, ma addirittura in alcuni casi allontanarci da esso.
Potrei citare anche altre questioni: perché solo l'omicidio stradale e non altre fattispecie di reati come quelle di incidenti sui luoghi di lavoro? Questa è una delle questioni sollevata da altri colleghi e il caso Tyssen è stato emblematico dal nostro punto di vista. Anche noi crediamo, quindi, che più che la questione dell'introduzione di una fattispecie di reato, ci sia il tema della definizione di colpa o dolo. Lei afferma che, così come sono definite, rappresentano l'architrave del nostro ordinamento penale, per cui capisco che ritenga che non vadano toccate, ma lì è la questione.
Oggi risulta inaccettabile nella giurisprudenza che si continui a parlare di incidenti stradali. Faccio, Ministro, sempre riferimento a questo termine perché definirli incidenti significa psicologicamente stabilire che si tratta di un evento fortuito: in realtà, chi guida senza rispettare il codice della strada e, in particolare, con comportamenti ad altissimo rischio, dovrebbe sapere che la probabilità di causare morte o lesione è altissima. Non parliamo più di incidenti.
Se non si può intervenire sulla definizione di dolo o colpa per renderla più efficace in questi e in altri casi, come gli incidenti sul lavoro, come si interviene sul codice? Se lei pensa, come mi pare d'aver capito, che non è il caso neanche di intervenire sul concetto di dolo e colpa e già il codice contiene gli strumenti per definire la colpa grave o addirittura il dolo eventuale, come si interviene sugli strumenti di interpretazione e di applicazione?
In qualche modo dovremo porci questo obiettivo, senza mettere, naturalmente, in discussione l'autonomia del giudice e della magistratura, ma anzi cercando di esaltare il ruolo autonomo del giudice in questo caso che, di fronte a un tema così spinoso, ha la possibilità di esercitare veramente giustizia. Il codice, infatti, non impone in relazione alle singole fattispecie il dolo o la colpa, ma offre al giudice la possibilità di individuarli caso per caso.
Come si fa a incentivare nella giurisprudenza e nella magistratura questo discernimento, il coraggio e la forza - mi scuso se non uso termini appropriati - di capire che hanno in mano uno strumento che, se fosse modificato a livello normativo, sarebbe probabilmente peggiorato nel quadro generale, ma che loro devono rendere efficace per quello che permette loro il codice? Questo è il tema rilevante su cui credo che il Parlamento e il Governo potrebbero e dovrebbero esercitarsi, piuttosto che nell'introduzione di una nuova fattispecie di reato.

VINCENZO GAROFALO. Signor Ministro, la ringrazio veramente per la chiarezza della sua relazione sebbene abbia precisato che contenesse elementi molto tecnici. Desideravamo da tempo ascoltarla perché ci siamo resi conto dall'inizio che affrontavamo un tema molto complesso, che però questa Commissione deve necessariamente affrontare.
Discutiamo, infatti, tenendo presente le considerazioni che lei oggi ha svolto relative al modo in cui sarà possibile introdurre questo tipo di norma. Noi abbiamo necessariamente inserito all'interno dei nostri lavori questo tema per la grande insoddisfazione delle tante persone che si trovano a essere vittime di eventi quali sono quelli chiamati incidenti stradali, che provocano danni di differente gravità fino ad arrivare alla morte.
Rispetto a questo, lei ha tratteggiato un quadro molto chiaro, che ovviamente contribuirà enormemente a farci approfondire le nostre valutazioni. Mi pare che il punto sia, sicuramente, che le norme attuali, che sono state già inasprite e rimesse in discussione con il pacchetto sicurezza del 2008, non sono applicate o, perlomeno, la loro applicazione lascia insoddisfatti.
Se da questo punto di vista la sua relazione mi è stata molto chiara e mi ha anche offerto spunti interessanti per il prosieguo delle nostre attività, rapidamente


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le chiedo un'ulteriore considerazione rispetto al modo con cui si può limitare o ridimensionare la parte di valutazione che rimane al giudice, consentendo di applicare in maniera più rigorosa tutto quello che già le norme vigenti prevedono. Sono pronto ad accogliere ulteriori suggerimenti rispetto a come rendere più efficace quanto già esiste.

SANDRO BIASOTTI. Le faccio, Ministro, i miei complimenti non rituali per la sua esposizione, che per me è stata forse una delle più utili negli ultimi anni.
Il problema che abbiamo è quello che hanno già esposto i miei colleghi ossia, soprattutto, quello del senso dell'impunità e della non conoscenza. I cittadini normali, giovani o meno giovani, sanno che se commettono un reato, vanno a rubare, prendono parte a un rissa, danno una pugnalata, ci sarà una conseguenza penale, hanno il senso del reato e della pena. Non ce l'hanno se guidano una macchina in stato di ubriachezza.
Credo di aver capito bene che, se inseriamo un nuovo tipo di reato, dobbiamo prevederlo come doloso e a questo punto rischiamo che sia peggio di prima, nel senso che, se il giudice non ravvisa il dolo anche in caso di ubriachezza, deve assolvere, ma l'esigenza di creare una tipologia diversa è anche psicologica, è anche di informazione.
Si potrebbe inserire, come diceva la collega, il titolo di omicidio stradale, che magari può rimanere esattamente come è adesso. Secondo me, lei dovrebbe studiare una nuova tipologia di reato soprattutto per farlo conoscere, un po' come per la patente a punti. Prima esistevano le sanzioni: da quando, però, si è venuti a conoscenza della nuova disciplina, anche per un fattore psicologico sono diminuiti gli incidenti.
Credo che dobbiamo lavorare in questo senso e, soprattutto, al fatto che vediamo anche tanti casi di soggetti che hanno ammazzato due o tre persone e che dopo due giorni sono liberi. Questo non è accettabile. Non so come si possa risolvere, ma credo di essere riuscito a esprimere il concetto che desideravo.

SETTIMO NIZZI. Signor Ministro, la ringrazio per la bellissima esposizione, che ci ha aiutato tantissimo. Vorrei rafforzare il concetto che ha appena espresso il mio collega, ossia quello di riuscire ad avere un'indicazione, soprattutto da parte sua che fa questo specifico lavoro: se non è opportuno modificare il tipo di reato, perlomeno bisognerebbe avere la certezza dell'applicazione di una norma che non dia più adito a diverse interpretazioni.
Non vogliamo limitare l'autonomia del giudice, ma se nella norma sono ben scritti determinati concetti, penso che possa essere molto più facile per tutti noi rafforzare il senso di giustizia nei nostri concittadini.

PRESIDENTE. Nel darle la parola - anche se ritengo che la replica potrà avvenire in un'altra occasione - faccio un appello anche a nome della Commissione per contribuire a cercare di risolvere quella che comunque è un'aspettativa di diritto alla vita che, nelle fattispecie che sono state ricordate, non pare assicurata da un'adeguata certezza della pena e che non possiamo demandare soltanto all'interpretazione applicativa.
Dobbiamo cercare di modificare qualcosa perché non è possibile che chi, drogato o ubriaco, scappa dopo aver ammazzato una o due persone, oppure si mette a fare le corse in strade cittadine e ammazza delle persone, passi solo un giorno o solo un'ora in carcere. La questione non è tanto e solo limitata a chi ormai ha commesso quell'atto di violenza nei confronti di altri, ma riguarda anche il fattore deterrenza rispetto a chi, nelle stesse condizioni, potrà ripetere questo fatto.
Al di là, quindi, delle proposte di legge presentate, credo che dobbiamo far sì che, in presenza di determinati comportamenti anche oggettivamente verificabili, ci sia una maggiore certezza della pena, cosa che fino a oggi non abbiamo riscontrato e che, chiaramente, ci fa arrivare la pressione


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di tantissimi concittadini che hanno subìto queste che, giustamente, sono state ritenute delle vere e proprie condanne a loro stessi per ciò che è avvenuto ai loro cari.
Bisogna, quindi, trovare una formulazione che, probabilmente, su determinati atteggiamenti sposti con certezza dall'omicidio colposo verso il dolo eventuale. Penso che dobbiamo fare uno sforzo in quella direzione, se necessario anche con cambiamenti minori, non da 8 a 18 anni, ma marginali, delle sanzioni penali, ma penso che sia importante.
È stato calendarizzato in Assemblea un provvedimento che riguarda il settore dalla giustizia, la proposta di legge Tenaglia e altri, che concerne la definizione del processo penale nei casi di particolare tenuità del fatto. Con l'ultima riforma del codice della strada effettuata attraverso la legge n. 120 del 2010, di riforma del codice della strada, abbiamo depenalizzato la fattispecie della guida in condizioni di ebbrezza limitata ovvero con un tasso alcolemico compreso tra 0,5 e 0,8 milligrammi di sostanze alcoliche nel sangue, però abbiamo lasciato la penalizzazione sopra gli 0,8 milligrammi. In questa norma, di fatto, nella tenuità dei reati è ricompreso anche questo.
Siccome in Italia parliamo di 4.090 morti e di circa 15.000 invalidi permanenti, di cui circa un terzo dovuto a persone che guidano in stato d'ebbrezza o sotto l'uso di sostanze stupefacenti, credo che la soglia dello 0,8 debba rimanere. Sappiamo che quello che serve riguarda le sanzioni di natura accessoria. Parliamo, infatti, di una reclusione - vado a memoria - da 3 a 6 mesi, quindi non parliamo assolutamente di una persona che va in galera, però pensiamo che debba essere tenuta ferma la distinzione del momento del bere da quello della guida, almeno il bere cospicuo, che vediamo talvolta derubricato perché spesso si considera poco importante l'assunzione di sostanze alcoliche se il soggetto deve percorrere distanze brevi, giudicando non grave se il soggetto ha bevuto qualche bicchiere in più e magari non è lucido come dovrebbe. Basta, però, un attimo, come molte campagne di prevenzione degli incidenti stradali sottolineano, per rovinare se stessi e altri cittadini innocenti.
Do la parola al Ministro per la replica.

PAOLA SEVERINO DI BENEDETTO, Ministro della giustizia. Grazie, presidente, grazie a tutti voi per aver compreso lo spirito con il quale parlavo, quello cioè di cercare di costruire qualcosa, non enunciare soltanto aspetti di carattere critico.
Qui, certo, la costruzione è molto difficile. Mi cimenterò, naturalmente, e seguirò il vostro invito anche perché concordo sicuramente sul tema di fondo, e cioè su quanto doloroso e dannoso sia per la collettività vedere il sempre più frequente verificarsi di questi incidenti, e capisco quindi come anche la voce del legislatore da questo punto di vista sia importante.
Mi rimane il forte dubbio su come si possa intervenire, se trasformare, sostanzialmente, l'aggravante in una fattispecie alla quale dare una diversa denominazione ovvero se costruire qualcosa che indichi al giudice una strada un po' più stretta per l'esercizio della sua discrezionalità.
Naturalmente, si tratta di temi tutti delicatissimi perché toccano aspetti fondamentali del nostro sistema, però capisco che si debba fare il massimo sforzo per verificare che ci sia una soluzione possibile. Soprattutto, farei un richiamo di attenzione: ho ben compreso che spesso il senso dell'impunità può essere combattuto anche con l'indicazione di una norma ad hoc per un determinato comportamento, quindi condivido, nella maniera più assoluta, tutte le esigenze di carattere sociale che sono sottese al tema.
Il problema è trovare una soluzione che non peggiori la situazione esistente piuttosto che migliorarla, per cui potremmo rivederci. Non so quali siano i tempi della vostra Commissione: se sono compatibili con la circostanza che in questo periodo mi vede occupata su tre provvedimenti piuttosto impegnativi, senz'altro mi cimenterò


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in quest'opera perché la considero importante.
Oltretutto, lo spirito che mi è piaciuto di questa Commissione è quello della condivisione del tema, al di là delle appartenenze politiche o partitiche. Se in questo spirito di condivisione si potesse individuare un contributo veramente tecnico, che possa risolvere o consentire di affrontare meglio il tema, lo farei veramente con grande piacere. Ribadisco che il mio problema è solo quello dei tempi.

PRESIDENTE. Chiaramente, sappiamo che ci sono tre temi di attualità che hanno la precedenza; attenderemo tranquillamente il tempo che occorre in attesa di ricevere un contributo da parte del Ministro, che ringrazio, insieme alla sua portavoce.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 13,10.

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