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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione IX
6.
Martedì 23 settembre 2008
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Valducci Mario, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'ASSETTO E SULLE PROSPETTIVE DELLE NUOVE RETI DEL SISTEMA DELLE COMUNICAZIONI ELETTRONICHE

Audizione di rappresentanti dell'ANCI e dell'UNCEM:

Valducci Mario, Presidente ... 3 9 10 12
Giurlani Oreste, Presidente della delegazione toscana dell'Uncem ... 6 12
Lorenzin Beatrice (PdL) ... 9
Moffa Silvano (PdL) ... 10
Paruolo Giuseppe, Assessore alla sanità e alla comunicazione del comune di Bologna ... 3 10

Audizione di rappresentanti di Alcatel-Lucent Italia SpA:

Valducci Mario, Presidente ... 12 16
Lorenzi Stefano, Amministratore delegato ... 12
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.

COMMISSIONE IX
TRASPORTI, POSTE E TELECOMUNICAZIONI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta pomeridiana di martedì 23 settembre 2008


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MARIO VALDUCCI

La seduta comincia alle 15,20.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, anche mediante la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti dell'ANCI e dell'UNCEM.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'assetto e sulle prospettive delle nuove reti del sistema delle comunicazioni elettroniche, l'audizione di rappresentanti dell'ANCI e dell'UNCEM.
Do la parola al rappresentante dell'ANCI, Giuseppe Paruolo, assessore alla sanità e alla comunicazione del comune di Bologna e al rappresentante dell'Uncem, Oreste Giuliani, presidente della delegazione toscana.

GIUSEPPE PARUOLO, Assessore alla sanità e alla comunicazione del comune di Bologna. Proverò a illustrare brevemente il punto di vista dell'Associazione nazionale dei comuni italiani sul tema della vostra indagine conoscitiva, per dare poi la possibilità di effettuare i dovuti approfondimenti in seguito alle vostre domande.
Innanzitutto, partirei da quello che viene percepito come il problema principale nel dibattere di disponibilità di infrastrutture a banda larga nel nostro Paese, ovvero dall'esigenza di colmare il divario ancora esistente, nonostante un'importante ripresa dopo il ritardo iniziale, che viene normalmente definito digital divide. È necessario affrontare il tema dell'evidente differenza fra territori. Ritengo che chi interverrà dopo di me si concentrerà principalmente su questo aspetto.
Mi limito a sottolineare che il tema del digital divide ha una valenza di tipo soprattutto geografico, con una distinzione fra i territori raggiunti dalla banda larga e gli altri. Questo induce a un divario, in base al quale però non sempre le città si contrappongono ai comuni rurali, sebbene gli agglomerati urbani siano più facilmente appetibili per la cablatura da parte delle compagnie di telecomunicazioni.
È necessario inoltre considerare la differenza fra il tipo di tecnologia disponibile. In questo momento la fibra ottica è la tecnologia di elezione per la cablatura delle centrali e per rendere disponibili tecnologie come l'ADSL nelle case e nelle aziende, tuttavia esistono anche altre tecnologie emergenti come l'accesso wireless. Attualmente, quindi, si rileva un digital divide fra zone che hanno la fibra ottica e altre che ne sono prive, ma anche fra zone di una stessa città che sono raggiunte da una connessione wireless e zone che non ne sono raggiunte. Implementare una nuova tecnologia disponibile in alcune aree piuttosto che in altre porta ad una divisione.
Vi è poi un problema più ampio sul digital divide relativo alla possibilità da parte dei cittadini di fruire di tali mezzi di comunicazione e di telecomunicazione. Si tratta di un tema relativo alla capacità di utilizzare pienamente queste tecnologie.
La situazione attuale potrebbe essere paragonata a una fotografia che non dobbiamo considerare statica, laddove l'apparire di una nuova tecnologia comporta dei


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cambiamenti non soltanto creando un ulteriore digital divide, ma anche offrendoci la possibilità di colmare la situazione precedente. Da alcuni anni la regione Emilia-Romagna, territorio che conosco meglio di altri, si era posta l'obiettivo di collegare tutti i comuni in una rete della pubblica amministrazione. Per i comuni montani aveva optato per un collegamento via satellite, essendo assolutamente improponibile cablarli con la fibra ottica. Il collegamento via satellite era tuttavia molto costoso e poco fruibile. In questa fase, la possibilità di utilizzare una tecnologia come il Wi-Max induce a soluzioni tecnologiche, che probabilmente porteranno a raggiungere questi comuni con dorsali di tipo misto, costruendo ponti in tecnologia Wi-Max. Questi risolveranno in modo più economico e adeguato una situazione che fino a ieri richiedeva soluzioni costosissime e improponibili o comunque difficilmente realizzabili, come quella del cablaggio in fibra ottica, o non pienamente efficienti in quanto costose come la connessione via satellite.
Vorrei che la Commissione considerasse un ulteriore, forte elemento di variabilità. Il dibattito in corso su questi temi considera le infrastrutture necessarie come fossero acquedotti, da rendere disponibili a tutti i cittadini. Convengo sul fatto che si tratti di un'infrastruttura di primaria importanza, ma è necessario considerare che mentre l'utilizzo primario di un bene come l'acqua risulta evidente, nel nostro caso appaiono molto meno chiare e predeterminate le potenzialità applicative del bene distribuito. Il tema delle applicazioni e di quali servizi effettuare su questa rete svolge un ruolo decisivo non soltanto per rendere fruibile ai cittadini un'infrastruttura che fornisce dei servizi - e i comuni, ovvero le prime realtà amministrative a contatto con i cittadini, sono accompagnati da un interesse e una pressione molto forti - ma anche per determinare l'economicità degli investimenti.
In questo momento è economicamente profittevole investire e cablare zone come le città o agglomerati a forte urbanizzazione, dove il modello di servizio attualmente esistente garantisce ritorni immediati all'operatore di telecomunicazioni che operi un investimento di cablatura. Altre aree richiedono invece un investimento troppo alto per poter ottenere un ritorno economico in tempi adeguati a questo tipo di mercato.
Il discorso è però valido in considerazione delle applicazioni in questo momento disponibili. Se l'unico modello di riferimento è infatti quello della navigazione, per cui portando la banda larga si ritiene possibile vendere soltanto delle connessioni ADSL a quel prezzo e per quel tipo di utilizzo, un'analisi economica basata su questo tipo di premesse indurrà a ritenere economicamente interessante solo una parte del territorio e a chiedere al Governo centrale, alle regioni o ad altri enti di cambiare in modo proattivo questa situazione in modo da colmare questo divario digitale. Se ci fosse una spinta sulle applicazioni, potrebbe invece emergere una situazione diversa.
Desidero citare due esempi, uno del tutto teorico, uno attinto dalla mia esperienza quotidiana nella città di Bologna. In linea teorica, in una zona rurale potrebbe essere economicamente non conveniente la cablatura in banda larga. Tuttavia, quella zona potrebbe essere soggetta ad una forte richiesta per la realizzazione al suo interno di un presidio sanitario. Ci si potrebbe trovare quindi dinanzi all'alternativa tra aprire un presidio sanitario di tipo tradizionale, con un investimento di decine di milioni di euro, o portare attraverso una connessione a banda larga una finestra di applicazioni di telemedicina e di telecollegamento, offrendo una soluzione alternativa al problema del territorio e risparmiando una quantità di denaro più che sufficiente a effettuare l'investimento di connessione.
Considero fondamentale tenere il tema delle applicazioni assolutamente legato a quello di colmare il divario digitale. Una città del Texas, Corpus Christi, si è ritrovata la connessione completamente effettuata perché ha commissionato a una ditta esterna un sistema per la gestione dei


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parchimetri. Dopo aver ottenuto il risultato e constatato il funzionamento dell'applicazione dei parchimetri, si sono chiesti come si fosse potuto automatizzare tale gestione e gli è stato risposto di aver messo una connessione wireless in tutta la città. Se la sono trovata quindi gratis, trainata da un'applicazione. Tale percorso non è necessariamente migliore di quello di provvedere all'implementazione della soluzione per poi chiedersi quali servizi potrebbero essere attivati, tuttavia anche per chi possiede finanziamenti da gestire non considerare i risvolti applicativi potrebbe far venir meno alcune opportunità. Una parte sicuramente profittevole non ha bisogno di investimenti, un'altra probabilmente avrà comunque bisogno di un sostegno da parte della collettività e della pubblica amministrazione, mentre, se ci fossero applicazioni che potrebbero essere anche sostenute e finanziate, una parte intermedia potrebbe diventare immediatamente interessante dal punto di vista del mercato, senza bisogno di un aiuto esterno per costruire le infrastrutture, ma semplicemente come risvolto di una politica intelligente in campo applicativo.
Questa politica intelligente in campo applicativo - mi permetto di esprimere un'altra necessità, che sarebbe importante affrontare anche a livello centrale - dovrebbe riuscire a tradursi anche in una modalità di modelli di servizio consapevoli delle applicazioni che supportano. Se il modello di servizio è quello del collegamento in Internet in cui navigare fruendo da casa delle potenzialità della rete, le offerte sono basate sul consumo per chi naviga poco o di tipo flat per chi con un canone fisso mensile vuole navigare a piacere. Si tratta però sempre di modelli basati sul fatto che le persone hanno un determinato tipo di fruizione della rete.
In questo momento la città di Bologna è impegnata a capire come poter collegare una serie di persone anziane e fragili dal punto di vista sanitario per garantire servizi aggiuntivi rispetto a quelli normalmente forniti. Non si tratta mediamente di persone in grado di utilizzare un computer di tipo tradizionale, per cui stiamo immaginando di dotarli di qualcosa che assomigli a un set top box o comunque un computer a bassissimo costo, nascosto all'utilizzatore, che interagirebbe direttamente dal televisore di casa con un telecomando. Il collegamento di questo dispositivo è un tema essenziale.
Immaginando che il collegamento dal punto di vista tecnologico abbia costi abbastanza ridotti, salta agli occhi che nell'offerta attualmente presente sul mercato manca la possibilità di acquistare un tipo di collegamento economicamente interessante per questo tipo di servizio. Il costo di una connessione ADSL si aggira attorno ai 250 euro all'anno, cifra molto rilevante perché nella città di Bologna gli ultraottantenni sono 30 mila. Questo tipo di connessione sarebbe quindi improponibile dal punto di vista economico e non ci sarebbe peraltro la necessità di questo tipo di banda per sopportare tali applicazioni. Avremmo quindi bisogno di modelli di servizio e anche di tariffe che prendano in considerazione il tipo di applicazioni fruite.
Desidero infine con un esempio segnalare gli effetti collaterali rispetto alla nostra capacità o meno di agire. Si può ragionare sulle modalità con cui cablare le città o con cui rendere fruibili dei servizi wireless, ma se manca la capacità di riuscire a guidare la disponibilità di servizi wireless attraverso connessioni di tipo Wi-Fi, il mercato interverrà dando soluzioni di tipo diverso, come sta facendo. Tutti i maggiori operatori di telefonia mobile stanno infatti sopperendo a questa mancanza di connettività Wi-Fi, sempre paragonando l'Italia ad altre nazioni, dando la possibilità di navigare su un'infrastruttura non concepita per questo tipo di applicazione e tuttavia adattabile. Offrono quindi le chiavette UMTS o a velocità ancora più alta oggi fruibili sul mercato. Questo però comporta l'upgrade delle stazioni radio base per la telefonia mobile, aumentando in modo significativo la potenza irradiata. Questo si riflette nella vita di un comune, perché un'antenna che fino a ieri aveva avuto un impatto di due o tre voltmetro, d'improvviso raggiunge limiti vicinissimi a quelli consentiti dalla legge sui cinque


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voltmetro, generando una forte preoccupazione nei cittadini. D'altra parte, lo stesso servizio potrebbe essere fornito con tecnologie alternative a minore impatto elettromagnetico.
Ho citato alcuni esempi, ma vorrei sottolineare come i comuni abbiano esperienza e possano contribuire a individuare servizi applicativi su un'ampia gamma di temi, quali ad esempio la sicurezza urbana attraverso il telecontrollo del territorio o il consumo energetico «intelligente» per la salvaguardia dell'ambiente, tema di importanza centrale nell'agenda sia della comunità europea che della comunità internazionale. Ho già accennato al tema della medicina, che considero uno degli aspetti in cui emerge non soltanto l'opportunità, ma anche la necessità di investire per fornire soluzioni praticabili a un problema non trascurabile. L'invecchiamento della popolazione induce a confrontarsi con problematiche di valenza sanitaria e di assistenza, che non possono trovare una risposta nell'istituzionalizzazione dei servizi di cui hanno bisogno tutte le persone non più pienamente autosufficienti. Appare quindi essenziale puntare in modo estensivo non solo sulla possibilità dell'assistenza domiciliare, ma anche sul rafforzamento della teleassistenza e della telemedicina.
A questi si aggiungano il tema della formazione a distanza, sia per supportare l'alfabetizzazione delle persone dal punto di vista informatico che per poter usufruire di corsi universitari o di altri tipi di insegnamento, l'ampio tema che afferisce alla videocomunicazione, elemento essenziale sia per alcune applicazioni di telemedicina che per il telelavoro, nonché le applicazioni più direttamente collegate all'economia come il commercio elettronico e le sue ampie potenzialità in caso di disponibilità non soltanto di una banda larga, ma anche di importanti applicazioni.
I comuni credono di poter giocare un ruolo essenziale in questo. Ritengo che il ruolo del comune dovrebbe consistere in una collaborazione con chi possiede competenze di tipo centrale, nazionale o regionale. Sono infatti convinto che gli obiettivi sono stati raggiunti in seguito a un incontro. Se in questo tipo di materie si punta su un'erogazione di finanziamenti a pioggia forse si può fornire qualche servizio, ma un enorme spreco viene indotto dalla differenziazione delle strade intraprese dalle singole comunità. Se si punta a forzare soluzioni centralizzate che nascano dall'alto, l'elenco delle applicazioni problematiche, che non hanno risolto i problemi segnalati dal territorio, è molto lungo e desolante. Quando invece si riesce a realizzare un incontro tra la sensibilità dei comuni, realtà vicine ai cittadini che hanno il problema di dover erogare servizi efficaci e apprezzati, e la necessità più globale di sincronizzare le politiche e di individuare soluzioni condivise, si ottengono risultati migliori. In questo senso, potrebbe essere importante pensare alla creazione di un osservatorio non solo sul tema generale della banda larga, ma anche su quello delle sue applicazioni, che potrebbero rappresentare l'elemento aggregativo da cui iniziare questo lavoro comune.
Alcuni modelli organizzativi potrebbero essere oggetto della nostra riflessione. Da questo punto di vista, è opportuno utilizzare modelli leggeri, in grado di tenere insieme i diversi attori, di individuare soluzioni e modalità di realizzazione, senza introdurre ulteriori livelli di appesantimento delle filiere o di mediazione rispetto ai livelli istituzionali già coinvolti.
Ritengo che sia così possibile formulare risposte efficaci, in grado non soltanto di inseguire le soluzioni suggerite dal mercato, ma anche anticiparlo, guidarlo e diffonderlo sul territorio in alcune questioni ritenute particolarmente importanti dalla pubblica amministrazione. In tal modo il mercato avrebbe rispetto dei cittadini, che hanno tra di loro gli stessi diritti di vedersi garantire le priorità essenziali e i servizi di cui hanno bisogno.

ORESTE GIURLANI, Presidente della delegazione toscana dell'UNCEM. Come rappresentante dell'UNCEM, ringrazio per la possibilità di intervenire presso la Commissione trasporti ed evidenziare alcuni aspetti legati ai territori, ai comuni e agli


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enti montani, in particolare le comunità montane.
Rispetto all'intervento del collega dell'ANCI, con cui concordo perché le problematiche riguardano tutto il territorio, vorrei però evidenziare gli aspetti che a noi premono maggiormente riguardo alle esigenze dei territori montani, che in Italia rappresentano il 56 per cento del territorio nazionale. Su 8.000 comuni, oltre la metà sono montani o rientrano nei territori rurali e montani. Si rileva dunque la necessità di garantire a livello centrale una politica di sviluppo e di indirizzo, che permetta a tutti i territori di usufruire di pari opportunità e possibilità di sviluppo nello spirito del diritto di cittadinanza.
Nei territori montani italiani si assiste a una situazione a macchia di leopardo, giacché in questi ultimi anni il governo del processo dell'informatizzazione locale è stato affidato alle regioni, per cui alcune sono molto avanzate e stanno chiudendo il sistema della connettività complessivo almeno con il digital divide al primo livello, mentre in altre tutto il territorio montano è totalmente disconnesso. Con tale termine voglio sottolineare il fatto che vi arriva a fatica l'ISDN, ovvero il telefono normale, che spesso in alcune zone montane non funziona a causa di disservizi dovuti all'utilizzo di sistemi di trasferimento basati su piloni o su sistemi di filo che passano all'interno di boschi e in situazioni di disagio legato anche a particolarità del territorio.
Questa situazione a macchia di leopardo ci ha indotto a sollecitare negli anni passati maggiore attenzione, risorse in grado di garantire a tutto il territorio montano gli stessi livelli di connettività e la definizione di una strategia nazionale per aiutare quelle regioni e quei territori in cui questo non avviene per motivi legati alla singola regione, alla mancanza di risorse o a una governance non ben definita. Questo è per noi il punto cruciale. Oggi diventano essenziali infrastrutture telematiche che arrivino in tutto il territorio e che sono forse più importanti delle infrastrutture legate alla viabilità. In montagna stiamo pagando un duro prezzo alle difficoltà di mobilità tradizionale e aggiungervi le difficoltà di accesso al sistema dell'informatizzazione e alla società dell'informazione significherebbe impedire ai territori di svilupparsi.
In alcune zone, i cittadini e le imprese non hanno il collegamento. In una regione come la Toscana, che definisco «di mezzo» perché circondata da altre, 400.000 abitanti e 35 medie e piccole imprese non sono ancora collegati, nonostante si tratti di una regione che negli ultimi anni ha investito molto in informatizzazione. La situazione appare quindi alquanto difficile. Se si vogliono territori collegati e una pubblica amministrazione efficiente, visto che gli indirizzi governativi perseguono una semplificazione e un miglioramento delle pubbliche amministrazioni sul fronte delle funzioni associate, per dare risposte sempre più forti ai cittadini anche in termini di risparmio, appare difficile riuscire a farlo in territori e in comuni molto vasti, che mediamente hanno un'estensione territoriale tra i 50 e gli 80 chilometri quadrati. Senza maggiore tecnologia e maggiori collegamenti, si rischia di creare zone di serie A e di serie B nello sviluppo complessivo.
Abbiamo sicuramente bisogno di creare la rete, perché alcune regioni non sono ancora collegate alla rete pubblica, quella che permette alle pubbliche amministrazioni e ad altre realtà (prefetture, questure, associazioni delle imprese e imprese stesse) di veicolare la quantità di dati necessari in sicurezza, ovvero garantendo da un lato privacy, dall'altro l'accesso in modalità e tempi certi. Senza tutto questo i territori non possono svilupparsi.
Su questa rete devono essere creati i servizi, elencati dal rappresentante dell'ANCI, che la pubblica amministrazione offre ai cittadini e al territorio. Le imprese e i cittadini hanno bisogno di queste reti anche per trasferire questi dati in termini di ritorno, come nel caso delle democracy, dello sveltimento e della semplificazione di pratiche di acquisti o di collegamento sulle pratiche autorizzative.
Per lavorare su questo probabilmente occorre una strategia a livello nazionale. Spesso abbiamo chiesto una strategia in


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grado di superare il digital divide. Molti credono che il digital divide di primo livello, relativo al collegamento tra pubblica amministrazione e cittadini, sia superato in tutto il territorio. Oggi il 50 per cento del territorio montano italiano è ancora semidisconnesso, quindi senza rete o con una presenza della rete a macchia di leopardo, ed è necessario passare in alcune zone anche al secondo livello. La telemedicina, il collegamento degli ospedali di montagna sulla diagnostica rispetto ai servizi potranno realizzarsi solo con un digital divide di secondo livello, perché richiedono reti a fibra ottica o sistemi di sicurezza di trasporto dati.
Come in Emilia, anche in Toscana è stata fatta una sperimentazione, per cui da un ospedale di montagna si trasferiscono le radiografie a uno specialista, che le legge in tempo reale. È dunque necessaria una quantità di infrastrutture che si avvicina molto alle fibre ottiche. Portare in zone montane le fibre ottiche diventa un investimento poco proponibile.
In questa fase dovremmo chiudere il digital divide di primo livello. Nella legge finanziaria 2007 erano stati messi a disposizione dell'Infratel 50 milioni di euro (non tanti, ma neppure pochi) da ripartire nelle regioni per puntare alla connettività. Tali risorse, non più distribuite alle regioni, erano comunque poche, ma sommate a quelle regionali avrebbero permesso di compiere un salto di qualità. Il problema è anche il rapporto con i provider, i soggetti che danno la linea soprattutto ai cittadini e non tanto agli enti pubblici, che dovrebbero avere la rete, perché si entra nel sistema della concorrenza, con la necessità di trovare il gestore giusto che porti in certi territori la banda larga.
Alcune regioni hanno superato tale problema chiedendo all'Unione europea l'autorizzazione di poter derogare al sistema della competitività nei territori di massimo disagio, come quelli montani, dove investire era economicamente svantaggioso. Dopo aver emanato bandi andati deserti, perché nessuno aveva interesse a portare la connettività, le regioni sono intervenute direttamente con risorse proprie insieme a una governance locale, quindi coinvolgendo le province, i comuni e le comunità montane, e hanno investito con infrastrutture pubbliche o con incentivi per i soggetti gestori ad andare sotto costo per coprire il territorio. Entro il 2009, alcune regioni copriranno la totalità del territorio con questi meccanismi, che possono alleviare le disparità con il digital divide 1, ma non con il 2, con cui si entra nel sistema della competitività. Già poter disporre di un sistema di digital divide 1 funzionante significa poter accedere a tutti i servizi ora esistenti.
Nel secondo trimestre del 2008 l'Osservatorio nazionale della banda larga ha visto un incremento di fruitori del 2 per cento, mentre nel 2006-2007 l'incremento era stato maggiore. Nel verificare questo 2 per cento, che equivale a circa il 37 per cento delle famiglie italiane, quasi 9 milioni di famiglie connesse a banda larga, emerge come la maggior parte si trovino in territori non montani, ma limitrofi alle aree metropolitane. La rete dalle città metropolitane si sta espandendo dove è più facile che arrivi la connettività e dove la densità per abitante è superiore rispetto a zone che a raggiera vanno verso i territori montani.
Abbiamo bisogno che, riguardo al sistema dalla società dell'informazione, la governance sia definita. Si sta parlando dello sviluppo di una funzione legata alla società dell'informazione che fino a poco tempo fa non era tale, al contrario di quel che accade oggi. Utilizzare la tecnologia costa, per cui, se da un lato si incentiva - mi auguro che il Governo lo faccia e che centralmente si stanzino sempre maggiori risorse per superare i digital divide 1 e 2 -, dall'altro gli enti devono affrontare il problema della gestione del sistema. L'attuale situazione degli enti locali e dei piccoli comuni sul fronte dei bilanci vede la fine dell'autonomia finanziaria e l'impossibilità di manovra; invece, dotare il territorio e la pubblica amministrazione di un'infrastruttura telematica richiede costi di investimento e di gestione. Tale incongruenza si paga sul fronte della professionalità, che però può essere superata con il


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sistema delle funzioni associate che in montagna trovano il punto di riferimento nelle comunità montane, tanto che in alcune regioni le comunità montane fanno i piani locali della società dell'informazione. Il problema è che oggi un'infrastruttura in banda larga per un ente locale costa ed è fondamentale capire dove si possono reperire queste risorse che entrano nel sistema dei servizi.
Mettendo il satellitare in banda larga, trasportando i dati del digital divide 1, un comune mediamente in un anno spende circa 10.000 euro. Questa cifra ha un valore diverso per il comune di Bologna rispetto al comune di 1.000-2.000 abitanti. Queste risorse rientrano nella gestione corrente e non sul fronte investimenti, in quanto risorse del settore servizi. Come si garantisce il settore scolastico, si deve garantire anche la connettività della pubblica amministrazione. È dunque necessaria una nuova governance affinché le regioni, gli enti locali, i comuni, le comunità montane e le province individuino un sistema per programmare, pianificare e soprattutto valutare i costi e chi debba coprirli. Il rischio è altrimenti quello di chiedere nuova tecnologia senza avere le risorse per mantenerla. Le regioni devono fare leggi ad hoc. È necessario regolamentare la rete e stabilire regole, perché usare le infrastrutture è come usare l'autostrada dove bisogna rispettare il codice.
Nel sistema della governance i territori montani devono avere la possibilità di sviluppare progetti particolari. Si potrebbero professionalizzare le scuole in montagna. Molte regioni hanno progetti di collegamento in rete delle scuole. Nelle isole la garanzia delle lezioni è legata alla possibilità che il maestro possa prendere il traghetto. Oggi a questo problema si potrebbe ovviare con il sistema delle videoconferenze e dell'interattività.
Vorrei ricordare anche la gestione degli immigrati. Alcune regioni e anche importanti comuni come Firenze e Torino hanno realizzato il collegamento con la pubblica amministrazione per la gestione dell'immigrazione, del sistema lavoro e delle badanti. Il sistema funziona perfettamente, ma solo a Firenze e Torino. Grazie a simili progetti l'inserimento permetterebbe di semplificare e aiutare i piccoli comuni sulle norme del decreto sicurezza.
Da tempo chiediamo di considerare che in Italia esiste un sistema della montagna, a prescindere dalle istituzioni che vi operano. Forse la scelta opportuna sarebbe quella di accorpare, ma il primo passaggio deve essere quello di obbligare a svolgere le funzioni insieme, almeno quelle di ambito ottimale. Anche per mettersi insieme, però, occorrono risorse almeno come start-up. A prescindere però dall'aspetto istituzionale, in montagna abbiamo bisogno di risorse dedicate in una governance stabilita (nazionale, regionale, locale), per investire permettendo un salto di qualità. In questa sede,ci stiamo occupando di tecnologia, cui è necessario dedicare particolare attenzione, ma questo potrebbe coinvolgere ogni aspetto.
Mi auguro che questa audizione possa servire a capire che la strada intrapresa è quella giusta. Se su di essa però non si investe in risorse e nelle modalità del loro impiego, si rischia di creare territori di serie A e di serie B. Quando un cittadino che ha un'impresa anche artigianale si rivolge a me come sindaco chiedendomi come possa navigare per gli acquisti on line, gli rispondo di venire a usare il computer in comune, perché è collegato in banda larga, anche se non potrei farlo. Il piccione viaggiatore non esiste più, ma ora si utilizza la tecnologia veloce, per cui avrei bisogno di un'«autostrada» che garantisse al mio comune almeno la possibilità di allacciarsi e di essere al pari degli altri.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

BEATRICE LORENZIN. Sarò molto sintetica. Poiché nulla è casuale, la vostra audizione è capitata in un giorno in cui abbiamo in discussione il disegno di legge A.C. n. 1441-bis e un'ora fa sono stata relatrice della relazione tecnica di introduzione all'articolo 14, che prevede una


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serie di misure per lo sviluppo delle infrastrutture nelle telecomunicazioni da parte del Governo. Sono quindi particolarmente interessata a sentire il parere dell'ANCI in merito ad alcuni punti sottolineati nei vostri interventi.
Per colmare il digital divide nel nostro Paese sono previsti 800 milioni di euro, cifra non irrisoria, e una serie di norme che tendono ad armonizzare e semplificare le procedure e a garantire l'accesso alla libera concorrenza e alle reti. In particolare, la lettera f) del secondo comma prevede una serie di procedure per il potenziamento della struttura radio, per realizzare un sistema misto di banda larga nell'accezione da voi sottolineata come accesso alle fibre ottiche e veloce capacità di connessione.
Nella norma che andiamo ad approvare sono previsti un forte collegamento con le regioni e con gli enti locali insieme ad una serie di procedure che dovrebbero velocizzare i processi di accesso. Conosciamo i problemi presenti nelle procedure con i comuni, che spesso hanno creato un divario tra comuni virtuosi e quelli meno virtuosi, dalla DIA alle procedure di scavo.
Considero interessanti anche per voi procedure accelerate per il suolo pubblico, per la proprietà, per l'entrata nei condomini, che potrebbero risolvere questioni che spesso negli enti locali naufragano nelle carte delle amministrazioni, risolvendosi solo dopo alcuni mesi, nei casi più fortunati.

SILVANO MOFFA. Vorrei porre rapidamente una domanda. Nelle relazioni presentate dall'UNCEM e dal rappresentante dell'ANCI, che ringrazio per aver fornito un importante contributo al nostro approfondimento, si evidenzia come in base alle ultime valutazioni dell'Osservatorio la crescita appaia molto più contenuta. Questo si ricollega a quanto esposto dal presidente Calabrese, perché, al di là del digital divide di prima o seconda ondata, ci troviamo ancora di fronte a un problema di alfabetizzazione, che riguarda soprattutto le pubbliche amministrazioni.
Ho letto rapidamente alcune esperienze maturate in particolare in Emilia e in Toscana e potremmo citare anche altre regioni, in cui sono state portate avante analoghe esperienze. Mi interesserebbe conoscere il punto di vista degli amministratori locali, che quindi saranno chiamati a valutare con il Governo la possibilità di un collegamento tra pubblica amministrazione locale e altri livelli istituzionali, in merito al contributo che riteniate di poter offrire a questo importantissimo elemento di discussione. Anche per effetto di un fenomeno che ha aiutato il processo di crescita nell'uso di Internet e nella connessione in rete, ci confrontiamo ancora con il problema dell'alfabetizzazione.
Nella prospettiva di una seconda generazione di interventi, e quindi di un sistema che consenta opzioni ulteriori rispetto alla fibra ottica, senza colmare questo primo aspetto problematico di digital divide, si rischia di aumentare la criticità e di non risolvere questioni urgenti a livello di pubblica amministrazione. Per il futuro da ANCI ed UNCEM mi aspetterei uno sforzo in questo senso. Credo che i rappresentanti degli enti locali, sulla base delle esperienze maturate e delle valutazioni di dati statistici, possano offrire un ulteriore contributo per superare questo elemento, che costituisce un grande freno, indipendentemente dalle scelte future.

PRESIDENTE. Do la parola ai nostri auditi per la replica.

GIUSEPPE PARUOLO, Assessore alla sanità e alla comunicazione del comune di Bologna. L'onorevole Lorenzin citava l'intervento previsto dall'A.C. 1441-bis. L'ANCI ha riconosciuto l'importanza dello sforzo che il Governo e il legislatore hanno previsto di compiere, riconoscendo la banda larga come una rete infrastrutturale di interesse strategico e scegliendo di operare uno stanziamento secondo una logica di semplificazione dei processi di autorizzazione.
Mi permetto di riprendere alcune preoccupazioni segnalate dall'ANCI, inerenti


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soprattutto ai costi dei provvedimenti per i comuni, che prevedono l'utilizzo gratuito dei cavidotti e del suolo pubblico, con l'eventuale ripristino a carico dell'ente locale. A questo si aggiunga il tema relativo alla certezza che gli accordi sottoscritti con gli operatori possano effettivamente garantire la copertura del territorio. Da questo punto di vista considero opportuno valutare le esperienze citate dal rappresentante dell'UNCEM di interventi finanziari delle regioni o dello Stato, vòlti a sopperire all'assenza del mercato privato, perché non sempre i tentativi fatti hanno dimostrato analoga intelligenza. In alcuni casi un'operazione di traino può aprire un mercato e con un intervento limitato si favorisce la fioritura di un insieme di possibilità, mentre in altri si rischia di avere un finanziamento vanificato una volta effettuato il cablaggio. Auspico quindi grande attenzione verso gli effetti e l'aspetto applicativo, nonché una valutazione delle applicazioni su cui puntare.
Nel discutere di digital divide, esiste sempre il retropensiero della possibilità di scaricare filmini da Youtube in 20 secondi. Il digital divide implica invece aspetti non sufficientemente conosciuti neppure tra gli amministratori. Nel territorio dell'area metropolitana di Bologna, ad esempio, da alcuni anni è attivo un collegamento telematico tra le ambulanze e gli ospedali, che consente di trasmettere l'elettrocardiogramma di un paziente colpito da infarto mentre lo stesso si trova ancora in ambulanza. Il cardiologo potrebbe quindi dirottare l'ambulanza dal pronto soccorso generale all'unità coronarica. Questo ha fatto diminuire la mortalità per infarto del miocardio facendola passare dal 17 al 12 per cento del totale degli infarti. Una persona su tre, che prima sarebbe morta, ora si salva. In vacanza o in viaggio in un'altra città, non si ha più lo stesso tipo di garanzia sanitaria a seguito di una malattia del genere. Ho citato volutamente un esempio ad alto tasso di sensibilità, ma il digital divide ha una serie di implicazioni importanti. Esprimo quindi apprezzamento da parte dell'ANCI per questo sforzo, rivolgendo un invito a tener conto di tutti gli eventuali effetti collaterali sul territorio e sottolineando l'importanza delle applicazioni.
Per rispondere alla domanda dell'onorevole Moffa, mi permetto di sottolineare un aspetto che a volte mi sembra non sufficientemente presente. Nel trattare di tecnologie come quella di Internet, non dobbiamo pensare di avere il doppio binario, ovvero la comunicazione tradizionale con i cittadini, per cui il cittadino si reca all'Ufficio relazioni con il pubblico o dal sindaco, e dall'altra parte il cittadino capace di navigare via Internet e di accedere all'insieme di servizi fruibili. Esistono anche possibilità ulteriori, in qualche modo intermedie. L'esperienza della connessione degli anziani e di interfacce che consentano loro la fruibilità dei servizi può essere considerata, da un lato, come un'applicazione di assistenza domiciliare supportata dalla tecnologia, dall'altro come un modo di accrescere le potenzialità di utilizzo di una tecnologia che, presa allo stato puro, sarebbe difficilmente fruibile.
La situazione è destinata ad evolvere e fra trenta anni un ottantenne avrà probabilmente una dimestichezza con le tecnologie oggi disponibili molto diversa da quella degli ottantenni di oggi; tuttavia, il tema dell'alfabetizzazione e della fruibilità delle tecnologie devono essere affrontati. Non siamo vincolati a considerare come multicanalità l'uso dei canali disponibili. Il cellulare è un canale che è disponibile perché il mercato lo ha imposto, però nulla ci vieta di pensare - come pubblica amministrazione, come Parlamento o come enti locali - a canali ulteriori, basandosi sul fatto che oggi la tecnologia ha un suo livello di fruibilità e anche di adattabilità rispetto alle risposte da dare. Per questo motivo l'aspetto applicativo ha una valenza che non può essere ignorata. Per tali tecnologie un sistema basato su una suddivisione tra chi «costruisce l'acquedotto» e chi si occupa di erogare «l'acqua» non può esistere, perché non si può prescindere dall'uso della infrastrutturazione né affrontare in modo economicamente


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intelligente e lungimirante l'infrastrutturazione senza avere chiaro dall'inizio il risvolto delle applicazioni.

ORESTE GIURLANI, Presidente della delegazione toscana dell'UNCEM. Per rispondere al problema dell'alfabetizzazione, come UNCEM ci dichiariamo disponibili a mettere a disposizione anche esperienze maturate nei comuni montani. Sulla connettività c'è stato un rilevante investimento degli enti locali, intesi come comuni e soprattutto delle comunità montane, anche per quanto riguarda la crescita professionale del personale. In alcune regioni, infatti, su cinque dipendenti, tre non sapevano usare il computer. Oggi questo gap è stato colmato. Questo ha rappresentato un grosso sforzo di alfabetizzazione del personale anche rispetto a un nuovo modo di interloquire con il pubblico.
La seconda riflessione riguarda la nuova legge e le risorse, giacché 800 milioni di euro non sono pochi. Se si va nella direzione di semplificare le procedure d'accesso, vorrei chiedere di porre attenzione a quanto succede sul territorio, laddove sulle procedure d'accesso si sta estendendo una normativa regionale. Oggi, infatti, alcune regioni hanno leggi che dettano le modalità di accesso. È quindi necessario evitare che una legge nazionale, che va anche al di sopra di quelle regionali, metta i territori con la loro impostazione in condizione di sentirsi spiazzati. La correzione in corsa provoca infatti problemi soprattutto finanziari.
Nel parlare di banda larga nei territori montani si parla di infrastrutture e quando si parla di infrastrutture, si parla di pianificazione territoriale. Nella redazione dei piani strutturali e nei regolamenti urbanistici dobbiamo oggi affrontare il problema di come piazzare le antenne, i ripetitori e le parabole. Nei comuni che si trovano all'interno di parchi, come ad esempio il Parco dell'Arcipelago, in parchi nazionali, in aree protette, ZPS e SIC, considerando fasce di rispetto dei fiumi con le autorità di bacino o particolari tipi di foreste di pregio, ci si confronta con problemi di pianificazione territoriale delle infrastrutture che portano il segnale. Ritengo dunque che una legge nazionale debba affrontare il problema delle procedure urbanistiche, semplificare e permettere un'omogeneità nazionale rispetto alla pianificazione territoriale di ogni regione, per evitare il rischio che in alcune regioni l'autorizzazione per un'antenna richieda sette mesi, mentre in altre ne richieda due. Ciò vale per il pubblico, ma anche per il privato. Avere a disposizione la tecnologia per dare risposte ma non gli strumenti per metterle in pratuca mette in crisi l'intero sistema.

PRESIDENTE. Nel ringraziare i rappresentanti dell'ANCI e dell'UNCEM dichiaro conclusa l'audizione e sospendo brevemente la seduta.

La seduta, sospesa alle 16,20, riprende alle 16,25.

Audizione di rappresentanti di Alcatel-Lucent Italia SpA.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'assetto e sulle prospettive delle nuove reti del sistema delle comunicazioni elettroniche, l'audizione di rappresentanti di Alcatel-Lucent Italia SpA.
Do la parola all'amministratore delegato, ingegner Stefano Lorenzi.

STEFANO LORENZI, Amministratore delegato di Alcatel-Lucent Italia SpA. Abbiamo distribuito una serie di documenti, tra cui la relazione che esporrò e altri argomenti che riteniamo interessanti per questa esposizione.
Da qualche mese sono amministratore delegato di Alcatel-Lucent Italia. Arrivo dagli Stati Uniti dove per Alcatel-Lucent ero responsabile delle operations dell'America Latina. Il documento si compone di due parti: una breve introduzione su Alcatel-Lucent Italia e a seguire la nostra visione di come il panorama delle telecomunicazioni


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possa evolvere, soprattutto in riferimento alla rete di nuova generazione.
Alcatel-Lucent in Italia raccoglie l'eredità di società come la Telettra e Face Standard, società di alta tecnologia presenti nel territorio da moltissimi anni con laboratori di ricerca e sviluppo e anche con sedi di produzione manifatturiera. Alcatel-Lucent è parte di una multinazionale che opera in 130 Paesi nel mondo. In Italia, siamo presenti con 2.500 persone, di cui oltre 800 occupate in attività di ricerca e sviluppo nei nostri laboratori a Vimercate, in provincia di Milano, sede del nostro headquarter, a Genova, dove da qualche anno abbiamo creato un nuovo laboratorio, a Battipaglia e a Bari. Questi sono principalmente impegnati nello sviluppo dei sistemi di comunicazione ottica su fibra e wireless, su cui abbiamo la responsabilità in Italia a livello mondiale e siamo market leader anche grazie a importanti collaborazioni con il mondo universitario.
Circa 500 persone sono invece legate ai servizi professionali, quindi per la progettazione, integrazione, installazione, esercizio e manutenzione di reti in Italia. I nostri clienti sono tutti gli operatori di telecomunicazione italiani, sia fissa che mobile, e forniamo soluzioni innovative ai settori della pubblica amministrazione centrale e locale e specifiche per le aziende private.
In particolare, per quanto riguarda la pubblica amministrazione, ci siamo aggiudicati la realizzazione delle reti in fibra ottica per la regione Sicilia nell'ambito dei programmi per la riduzione del digital divide di sviluppo Infratel. Siamo i fornitori tecnologici della rete di telecomunicazione del Ministero della difesa, della nuova rete di voce su IP per Poste italiane, in partnership con Fastweb e Telecom. Ci siamo anche aggiudicati il progetto di copertura wireless della provincia di Bergamo e abbiamo guidato il consorzio per la realizzazione della connettività wireless della provincia di Trento. Abbiamo quindi ben presente il fenomeno del digital divide.
In Italia fatturiamo circa 1,1 miliardi di euro con una quota di export di oltre il 60 per cento, valore molto significativo e forse unico nella realtà delle telecomunicazioni italiane. Abbiamo sedi manifatturiere a Trieste e a Rieti, con grande impegno nel minimizzare le spinte a delocalizzare verso Paesi low cost sia la ricerca che la produzione. In particolare a Trieste vengono prodotti gli apparati per le comunicazioni sottomarine, in cui abbiamo il market leadership, che sfruttando connessioni su fibra ottica abilitano il traffico di Internet a livello planetario. Il mantenimento delle sedi produttive ha dato vita ad un industria dell'indotto sul territorio nazionale.
Per quanto riguarda la nostra visione sulle telecomunicazioni e le reti di nuova generazione, il settore delle comunicazioni elettroniche indubbiamente sta vivendo un periodo di importante transizione, sia a livello italiano che a livello internazionale, legato all'evoluzione della tecnologia su reti sia fisse che mobili. Questo crea opportunità per lo sviluppo di nuovi servizi agli utenti finali (cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni) e di nuovi modelli di business. L'evoluzione verso reti di comunicazione elettronica di nuova generazione, basate su fibra ottica e sulla costituzione di nuove infrastrutture di importanza nazionale, si pone come fondamento per continuare a competere a livello internazionale nel medio e lungo periodo. Auspichiamo che tutti gli stakeholders - autorità regolamentari, istituzioni centrali e locali, fornitori di tecnologia quali noi e fornitori di contenuti - contribuiscano a definire una strategia nazionale per la banda larga e ultra larga.
La nuova infrastruttura richiederà molti anni per il suo dispiegamento. È quindi necessario stabilire un programma di definizione nel più breve tempo possibile e un chiaro percorso evolutivo. Eventuali ritardi aggraverebbero infatti la situazione non facile nel settore delle TLC in Italia e globalmente e sposterebbero nel tempo i benefici che la nuova generazione Next Generation Access Network (NGAN) potrebbe portare all'intera economia nazionale.
Il nostro portafoglio prodotti abbraccia l'intera area delle telecomunicazioni, dalle infrastrutture di comunicazione a banda larga,


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quindi ADSL e tutte le sue evoluzioni, FTTx per il fisso, UMTS LTE (Long Term Evolution) per il mobile, alle infrastrutture e applicazioni che abilitano alla convergenza multimediale, quali i sistemi di DVBH, piattaforme per l'IPTV e piattaforme per la creazione di operatori virtuali, MVNO, di cui abbiamo già esempi in Italia. Abbiamo inoltre la capacità di fornire servizi per il dispiegamento e la gestione delle reti di telecomunicazione.
Per quanto riguarda lo sviluppo di infrastrutture e reti di nuova generazione, siamo impegnati in oltre 80 progetti in tutto il mondo, con ampia visibilità di quanto accade. Se fino a un anno fa il dibattito riguardava «se» e «perché», ora l'attenzione si sta focalizzando su «come» e «quando». Le reti in accesso in fibra sono in fase di realizzazione a diversi livelli e con diversi approcci in tutte le più importanti economie mondiali. Corea, Honk Kong, Giappone e Svizzera hanno la percentuale maggiore di fibre in accesso, seguite da Stati Uniti, Canada, Germania, Svezia, Danimarca, Olanda e Francia con considerevoli piani di investimento. Nelle altre economie, come Gran Bretagna, Spagna, Cina e Australia, si stanno cominciando a definire strategie.
Riportiamo una nostra analisi del panorama del settore, che dà la percentuale di subscriber passati, in base alla quale in percentuale ci troviamo allo stesso livello della Francia soprattutto grazie agli investimenti in fibra ottica fatti da Fastweb negli anni scorsi.
La disponibilità di infrastrutture in fibra è ovviamente la condizione necessaria per arrivare a comunicazioni ad accesso fisso ultra veloci. Le reti mobili rappresentano un altro mezzo, ma devono comunque basarsi su una fibra vicino all'utente. La fibra rimane quindi un elemento chiave da utilizzarsi in maniera complementare con le tecnologie mobili, come richiesto dalle crescenti ricchezze di banda verso i 100 megabit anche sul mobile, così come dalle nuove tecnologie di architettura. Semplificando l'aumentare della banda fornita ai terminali mobili si riduce infatti il raggio di copertura delle celle, per cui aumenta la necessità di avere connettività verso la rete, garantita solamente attraverso la fibra.
In effetti, vediamo il mondo wireless e il mondo wireland complementarsi, ma riconosciamo che il mondo wireless è di un fattore di grandezza inferiore al fisso quanto alla capacità di fornire banda. Oggi esistono diverse soluzioni tecnologiche, infrastrutturali e anche da un punto di vista sistemistico, per dispiegare le reti di nuova generazione. Si differenziano per il punto in cui arriva la connessione di fibra rispetto all'utente finale e il riutilizzo della parte finale della rete in rame. Nell'FTTN (Fiber To The Node) o FTTC (Fiber To The Cabinet) la fibra arriva fino a un apparato posto sul marciapiede, da cui partono i collegamenti in rame verso l'utente; nella Fiber To The Building (FTTB) la fibra arriva fino all'interno del basamento degli edifici, e tipicamente in cantina, in cui viene posto un apparato dal quale si apprestano i collegamenti in rame che vanno nelle singole case o appartamenti. Nel Fiber To The Home (FTTH) la fibra arriva direttamente fino in casa.
Le tre architetture presentano vantaggi e svantaggi. L'FTTC non richiede opere di interventi civili per portare la fibra fino al palazzo o alla casa dell'utente, ma richiede il dispiegamento di nuovi apparati in ambito pubblico. L'FTTB non richiede di rinnovare il cablaggio degli appartamenti, ma necessita di portare la fibra fino all'appartamento e richiede il dispiegamento di un numero molto elevato di apparati elettronici in ambito privato, con elevati costi operativi. L'FTTH invece richiede investimenti per dispiegare la fibra, sia orizzontalmente che verticalmente fino agli edifici, ma poi ha il vantaggio di richiedere costi operativi estremamente bassi, perché non ci sono componenti attive dalla centrale fino all'appartamento, quindi riducendo la necessità di energia e i costi di manutenzione.
Riteniamo che la Fiber To The Home possa essere l'architettura non necessariamente esclusiva, ma di riferimento nella definizione di una strategia nazionale, per i vantaggi operativi che garantisce nel


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lungo periodo e per la possibilità di essere pronta a integrare più facilmente tutte le evoluzioni tecnologiche che si stanno iniziando a studiare.
Le altre due architetture devono essere tenute in debito conto nei casi in cui l'FTTH non sia la soluzione ottimale per ragioni implementative o di mercato.
Nella realizzazione delle infrastrutture TLC di nuova generazione, il costo maggiore è legato alla realizzazione della componente denominata di «accesso passivo», che è costruita dai cavidotti e dalle fibre ottiche. Nelle stime che ormai circolano nel settore circa il 60 per cento del costo di realizzazione di una rete nuova FTTH è legato ad attività di posa e di scavo, un 10 per cento alle fibre ottiche, con un totale del 70 per cento come costo della realizzazione per la parte passiva, in funzione ovviamente delle varie tipologie di aree demografiche.
Le aree densamente abitate sono quelle a costo minore per utente e coincidono con le aree di mercato per gli operatori. Il costo ovviamente raddoppia nelle aree suburbane o si moltiplica per un fattore pari o superiore a 6 nelle aree rurali. Sosteniamo quindi l'esigenza di una corretta attenzione alla componente passiva della rete, perché è la vera parte di infrastruttura non replicabile, sia per gli elevati costi sia per la mancanza di spazio. La condivisione e il riutilizzo di cavidotti diventeranno il passaggio fondamentale per abbattere le barriere agli investimenti e alle realizzazioni di reti di nuova generazione.
Le esperienze internazionali testimoniano come tali reti abbiano dimostrato uno sviluppo più avanzato in realtà in cui si possono avere bassi costi di realizzazione della componente passiva - quindi ad esempio utilizzando palificazioni in Giappone o Stati Uniti - o in cui si rilevano spinte di polis nazionali come ancora il Giappone o i Paesi del nord Europa. Ponendoci l'obiettivo comune di abbattere e ottimizzare i costi di realizzazione delle reti di nuova generazione, riteniamo fondamentale creare e mantenere un inventario delle infrastrutture del sottosuolo, in particolare dei cavidotti, un piano di riferimento dello sviluppo di infrastrutture passive condivise nonché necessarie sinergie tra tutti gli stakeholder (operatori, pubbliche amministrazioni e utilities).
Nel perseguire questo obiettivo ci vengono in forte aiuto le nuove tecnologie dei microtubi e microcavi in fibra, che, grazie alla loro miniaturizzazione, abbattono un quarto dello spazio richiesto all'interno dei cavidotti. Queste nuove tecnologie, che stiamo sperimentando insieme a nostri clienti e operatori da oltre un anno, permettono di riutilizzare i cavidotti esistenti ritenuti saturi o inadatti rispetto alle tecnologie tradizionali. Porteranno quindi a un significativo risparmio sui costi di realizzazione delle nuove reti e alla riduzione di scavi, riducendo l'impatto ambientale dovuto a nuovi scavi e il conseguente disagio per i cittadini.
Se queste microtecnologie potranno divenire di forte aiuto nelle aree urbane e suburbane per arrivare il più vicino possibile all'utente finale con la fibra (architettura FTTX), nelle aree rurali soluzioni wireless come il Wi-Max, di cui ovviamente siamo fornitori e market-leader, possono risultare di maggiore interesse in termini di costo/prestazione, permettendo di realizzare la necessaria infrastruttura in fibra per collegare al centro della rete le soluzioni wireless, laddove una fibra che porta la banda al centro di una comunità può avere la distribuzione attraverso tecnologia Wi-Max.
Vorremmo sottolineare l'importanza delle pubbliche amministrazioni e locali nella realizzazione delle reti di nuova generazione e nel favorire l'accesso ad infrastrutture passive esistenti e nel coordinarne le future realizzazioni per ottenere la massima sinergia di costo. Le pubbliche amministrazioni possono giocare un ruolo ancora più attivo, come verificatosi in alcune nazioni del nord Europa, contribuendo alla realizzazione di una quota parte della rete di nuova generazione, dove il mercato privato da solo non sia in grado di affrontare l'investimento richiesto. La possibilità di avere una normativa che possa favorire la costruzione


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di partnership pubblico-privato potrebbe avere un effetto positivo e spingere quindi all'adozione di nuovi modelli di business.
Parallelamente a una politica per lo sviluppo di infrastrutture di comunicazione di nuova generazione, riteniamo opportuno perseguire una politica per lo sviluppo dei servizi e dei contenuti digitali e per lo sviluppo della domanda e dell'educazione informatica, anche se, analizzando quanto successo in Italia finora, si deve riconoscere come la domanda non tardi a svilupparsi, qualora siano disponibili servizi facilmente accessibili.
Chiediamo inoltre di porre la giusta attenzione alle iniziative di supporto alla ricerca di base, in cui investiamo una rilevante percentuale del nostro fatturato, e quindi alle collaborazioni tra le aziende e le università per sviluppare reti di nuove generazioni in fibra ottica. Su questo, desideriamo spendere una parola a favore dell'Italia, che ha una posizione di leadership nell'ambito della fotonica, il campo della scienza e della tecnologia che abbraccia la generazione, la trasmissione, la rivelazione e l'utilizzazione della luce, settore che quindi studia tutta la componentistica di base per la costruzione di reti e comunicazioni in fibra ottica. Riteniamo quindi che l'Italia possa continuare a giocare un ruolo di primo piano a livello mondiale nello sviluppo delle telecomunicazioni di nuova generazione, per cui è necessaria una continua innovazione della ricerca e dello sviluppo per migliorare le applicazioni e la possibilità di utilizzo. Chiediamo di individuare quindi strumenti in grado di migliorare i risultati raggiunti in ambito sia accademico che industriale.
Come oggi questa Commissione ci ha dato una significativa opportunità di condividere brevemente le nostre conoscenze ed esperienze internazionali sul tema dello sviluppo delle nuove reti, auspichiamo che anche nelle successive iniziative possano contribuire con competenza quelle aziende che, come noi facciano da decenni, continuano a investire in Italia sia in ricerca e sviluppo che nell'attività produttiva, affinché il settore delle TLC italiano continui a essere riconosciuto per la sua capacità di innovazione e a contribuire alla crescita della nostra economia industriale e dei servizi ai clienti.

PRESIDENTE. Ringrazio l'ingegner Lorenzi per l'ampia relazione, talmente chiara da non richiedere ulteriori chiarimenti.
Il suo contributo è stato molto utile, perché abbiamo in corso un provvedimento che riguarda anche la possibilità di porre in modo più efficace la fibra ottica nel sottosuolo attraverso le cosiddette «microtrincee» e forse anche l'obbligatorietà di porre cavi in fibra ottica nel caso di lavori in corso in una città. Questo ridurrebbe sicuramente i costi oltre che i tempi.
Nel ringraziare del suo intervento lei e i suoi collaboratori, dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16,40.

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