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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione IX
12.
Venerdì 17 ottobre 2008
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Valducci Mario, Presidente ... 2

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'ASSETTO E SULLE PROSPETTIVE DELLE NUOVE RETI DEL SISTEMA DELLE COMUNICAZIONI ELETTRONICHE

Audizione di rappresentanti di Poste italiane Spa:

Valducci Mario, Presidente ... 2 6 8 13
Barbareschi Luca Giorgio (PdL) ... 6 12
Crosio Jonny (LNP) ... 7
Foti Antonino (PdL) ... 7 9
Lorenzin Beatrice (PdL) ... 7
Sarmi Massimo, Amministratore delegato e direttore generale di Poste italiane Spa ... 2 8 9 12
Sarubbi Andrea (PD) ... 8

Audizione di rappresentanti di British Telecom Italia:

Valducci Mario, Presidente ... 13 18 19 20
Barbareschi Luca Giorgio (PdL) ... 18
Crosio Jonny (LNP) ... 18
Sarubbi Andrea (PD) ... 19
Sciolla Corrado, Amministratore delegato di British Telecom Italia ... 13 19

Audizione di rappresentanti di Microsoft Italia:

Valducci Mario, Presidente ... 20 25 26 30
Crosio Jonny (LNP) ... 25 27
Dal Pino Pier Luigi, Direttore relazioni istituzionali di Microsoft Italia ... 20 25 26 27 28 29
Foti Antonino (PdL) ... 26
Petrillo Gian Luca, Corporate affairs manager di Microsoft Italia ... 27 29
Sarubbi Andrea (PD) ... 25 26

Audizione di rappresentanti dell'Associazione italiana Internet providers (AIIP):

Valducci Mario, Presidente ... 30 36
Fiorentino Marco, Presidente dell'Associazione italiana Internet providers (AIIP) ... 30
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.

COMMISSIONE IX
TRASPORTI, POSTE E TELECOMUNICAZIONI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di venerdì 17 ottobre 2008


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MARIO VALDUCCI

La seduta comincia alle 11,40.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di Poste italiane Spa.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'assetto e sulle prospettive delle nuove reti del sistema delle comunicazioni elettroniche, l'audizione di rappresentanti di Poste Italiane Spa.
Do la parola all'ingegner Massimo Sarmi, amministratore delegato e direttore generale di Poste Italiane Spa.

MASSIMO SARMI, Amministratore delegato e direttore generale di Poste Italiane Spa. Ai fini dell'organizzazione della presentazione, che cercherò di rendere più sintetica possibile, abbiamo lasciato a disposizione dei commissari un documento. Naturalmente assicuro la mia disponibilità, in questa o in altra sede, a fornire eventualmente maggiori dettagli.
La banda larga è evidentemente una condizione preliminare di infrastruttura per poter erogare servizi ad alta capacità, immagini in movimento con elevata qualità e via dicendo. Tuttavia, siamo consapevoli che questa infrastruttura non raggiunge tutto il territorio nazionale. Poste Italiane è l'azienda più diffusa e distribuita sul territorio nazionale. Proprio per questo, in anni recenti abbiamo realizzato un'infrastruttura di information communication technology che si avvale in parte dell'integrazione con altre infrastrutture, ma che ha anche una vita e una funzionalità proprie.
La missione di Poste Italiane, non è solo quella di adempiere alle funzionalità istituzionali di servizio universale, cercando di offrire eccellenza nell'ambito dei servizi logistici e dei servizi finanziari, ma soprattutto quella di valorizzare la presenza sul territorio attraverso i circa 14 mila uffici postali, che raggiungono ogni comune d'Italia, anche i più piccoli. La possibilità di valorizzare questi asset e di offrire servizi di qualità ha come presupposto l'avvalersi di infrastrutture tecnologiche all'avanguardia. Questo è il senso dalla presentazione.
Quanto alle funzionalità che sono attuali o ci sembrano tali, ma che si dispiegheranno nel futuro, in estrema sintesi possiamo dire che la comunicazione elettronica, la comunicazione digitale, la sicurezza sulla rete elettronica e le nuove modalità di pagamento costituiscono i punti su cui Poste Italiane sta incentrando le proprie strategie.
Un'infrastruttura come la nostra, presente su tutto il territorio, si propone di colmare il digital divide, intendendo con ciò la possibilità di rendere fruibili gli stessi servizi a tutte le persone che vivono sul territorio nazionale con funzionalità e modalità diverse. Si va da quelle più


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evolute, on-line o addirittura tramite i telefonini - siamo il primo operatore al mondo che offre servizi di pagamento tramite telefonino, visto che già oggi è possibile pagare un bollettino di conto corrente tramite telefono cellulare - al mantenimento contestuale di quelle tradizionali, rendendo così uniforme la fruizione dei servizi. L'ufficio postale diventa, in quel caso, il punto per l'erogazione del servizio, come un one stop shop - così lo immagino in futuro - per le persone che, per necessità di dialogo magari con le amministrazioni centrali o locali o per necessità propria di fruizione di servizi, ad esempio nell'ambito della salute, sfruttano quel luogo come punto di ingresso alla filiera dei servizi.
Arriviamo all'infrastruttura. Nel documento sono stati semplicemente indicati degli asset. Rete fisica e logistica sono integrate fra loro tramite una solida infrastruttura con una logica di accesso ai servizi che noi chiamiamo multicanale. Questo significa che ciascun servizio deve essere reso fruibile con le modalità più varie: fisicamente, per telefono, con il telefonino, in modalità self-service o anche assistita. Recentemente stiamo distribuendo i telefonini anche ai portalettere, dunque anche l'ultimo miglio sta diventando ormai parte di questa infrastruttura, che è in parte fissa e, come si intuisce, in parte mobile, logistica e di movimento.
Vi ho illustrato questo schema semplicemente per sottolineare che per costruire l'edificio innanzitutto abbiamo messo in piedi un'infrastruttura di telecomunicazioni studiata nel dettaglio, che ci ha permesso di realizzare tutti gli strati superiori. La barra trasversale raffigurata nel documento indica la sicurezza, elemento fondamentale per l'erogazione di servizi come quelli di Poste italiane, non tanto e solo per gli aspetti di comunicazione e di privacy rispetto al contenuto e all'identificazione dei soggetti, quanto rispetto alle transazioni di natura finanziaria che effettuiamo in misura rilevantissima ogni giorno. La base è questa, poi vedremo come si sviluppa.
In sintesi, Poste Italiane si avvale di una rete IP integrata, ad alta velocità, che permette di distribuire voce, dati e immagini ovunque. Pian piano questa rete sta penetrando, e nei prossimi mesi andrà a completarsi, anche nei punti più remoti, quindi negli uffici postali più piccoli del territorio nazionale. L'efficienza di questi servizi - altro concetto importante - è garantita utilizzando le funzionalità di business continuity e disaster recovery che ci sono proprie e alle quali, tra l'altro, dobbiamo sottostare proprio per poter sviluppare servizi finanziari, rispondendo alle normative Basilea 1 e Basilea 2, dunque con un'assoluta capacità di backup (per non perdere dati in qualsiasi situazione) e di rimettere in servizio le funzionalità essenziali in tempi assolutamente stretti, addirittura di minuti. Ciò dovrebbe assicurare che nella - speriamo remota - eventualità di un disservizio o di un evento calamitoso in una sede, il resto dell'infrastruttura garantisca il funzionamento sull'intero territorio.
Meritano una considerazione a parte quelle che io chiamo le «fabbriche digitali» di questa infrastruttura, vale a dire la potenza elaborativa e di storage (memorizzazione dei dati), che danno un'idea della dimensione del sistema. Il nostro data warehouse consta di 23 milioni di clienti con gli indirizzi di tutti gli italiani. I volumi di attività sono più o meno quelli indicati. Tutto questo può dare l'idea del dimensionamento di questi luoghi, integrati fra loro e connessi ad altissima velocità di trasmissione.
Un punto essenziale è costituito dai sistemi di erogazione dei servizi. Poste Italiane è un'azienda che opera in real time. Tutte le transazioni che vengono effettuate ogni giorno negli uffici postali vengono autorizzate dai sistemi centrali. Questo significa che localmente non avviene alcuna elaborazione, ma a livello centrale viene data l'autorizzazione alla transazione e naturalmente si interessa istantaneamente, come parte di memorizzazione, quell'infrastruttura cui ho fatto cenno in precedenza.


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Nell'ambito dell'evoluzione dei sistemi di pagamento elettronici, come sappiamo, esistono possibili fenomeni di frodi e di tentativi di forzare i database per carpire l'identità degli individui. Il fatto di seguire real time tutta l'attività che ho richiamato permette di partire dall'istante zero, quindi con un tempo di reazione che consente interventi di gran lunga più tempestivi di quelli offerti dagli altri concorrenti nel sistema bancario e finanziario nazionale.
Un'altra caratteristica dei nostri sistemi è quella per la quale il cliente di Poste Italiane è tale dappertutto. Il correntista di Poste Italiane può prelevare e ritirare denaro in qualsiasi ufficio postale del territorio. Questo è possibile perché tutto è gestito da un sistema centrale che identifica il cliente in uno qualsiasi degli uffici postali del territorio, diversamente da quanto avviene ancora oggi per molti istituti bancari, dove il riconoscimento del cliente avviene soltanto a livello locale, in altre parole nella filiale in cui si è sottoscritto il conto corrente. Se ci si sposta dalla propria filiale, non si è riconosciuti come clienti e non si può prelevare il denaro.
È chiaro che questa infrastruttura di base ha senso ed acquista valore nella misura in cui su di essa operano le piattaforme di servizio: infrastruttura ICT, data center, sistemi di sicurezza, procedure tipo legacy di funzionamento.
Partendo dalla piattaforma di comunicazione elettronica, tutti i servizi di Poste Italiane hanno il loro equivalente di natura completamente elettronica o, sempre nella logica di flessibilità di cui parlavo prima, l'ingresso può essere di natura fisica prevedendo un'uscita elettronica, oppure viceversa. I canali di accesso che operano in logica multicanale sono l'ufficio postale, il call center, i telefonini, gli apparecchi self-service e naturalmente la trasmissione on-line.
La nostra riconosciuta capacità ci ha permesso di assumere un ruolo particolare assegnatoci dall'Unione postale universale (UPU), l'agenzia dell'ONU che raggruppa tutti gli operatori postali del mondo, l'equivalente dell'ITU (International Telecommunication Union) per le telecomunicazioni. Infatti, ci è stato affidato l'incarico di sviluppare il dominio «.post» per una maggior sicurezza su Internet; un dominio che evidentemente, sviluppato a livello di Unione postale universale, rende immediatamente integrabili le comunicazioni elettroniche che dall'Italia vanno verso tutto il resto del mondo e viceversa.
Forse questa è la piattaforma più conosciuta e in uso. Su di essa circolano decine di milioni di transazioni ogni giorno. Abbiamo oltre 10 milioni di carte gestite; la prossima carta sociale, annunciata dal Ministro Tremonti, verrà sviluppata sulla piattaforma di Poste Italiane e tante altre funzionalità di questo tipo si avvalgono proprio della piattaforma predisposta per i pagamenti elettronici. In questo caso, anche seguendo le direttive europee sulla riduzione del contante e sapendo che in questo caso noi non siamo purtroppo all'avanguardia, Poste Italiane rappresenta, nell'ambito dell'intero sistema bancario, una punta di eccellenza, proprio grazie al passaggio alla moneta elettronica così rapidamente e su larga scala. Come accennavo prima, la possibilità di effettuare i pagamenti tramite i telefonini ci vede come primi operatori al mondo.
Un'altra delle piattaforme di servizio che, almeno al momento del lancio, era assolutamente unica, riguarda il commercio elettronico. I valori di base di Poste Italiane - la capacità di offrire servizi logistici e di gestire i sistemi di pagamento - sono stati messi insieme in una piattaforma in cui ad aziende e amministrazioni può essere offerta l'intera filiera del servizio oppure blocchi integrabili con gli altri. In altre parole, si va dalla vetrina virtuale, immediatamente realizzabile, cioè precostruita, alle funzionalità di pagamento, alle logistiche con caratteristiche fisiche di magazzino e di trasporto.
Altra piattaforma di cui facciamo uso è quella dell'e-procurement, che ha la caratteristica di avere 14 mila punti ordinanti. Abbiamo costruito questa piattaforma per noi, che disponiamo di 14 mila uffici con


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necessità di acquisire i beni di consumo, quali cancelleria e quant'altro. Tutto ciò avviene tramite una piattaforma di e-procurement in cui l'acquisto avviene a livello centralizzato, utilizzando il meccanismo delle aste on-line.
Quello dell'e-learning è un punto al quale siamo molto interessati. Siamo composti da 154 mila persone e quindi la formazione è per noi uno strumento essenziale, vista la necessità continua di aggiornamento sui nuovi prodotti, con caratteristiche particolari, come nel caso di quelli finanziari. L'infrastruttura di e-learning conta oltre 2.200 punti di accesso che utilizziamo per noi stessi, ma che naturalmente possiamo rendere disponibile, laddove fosse ritenuta utile per le sue dimensioni e caratteristiche, per qualsiasi soggetto intendesse utilizzarla.
In particolare, Posta e-government è, in questa maniera strutturata, la realtà cui annetto le più grandi possibilità di sviluppo, proprio per lo spazio che si ritaglia, nel quale - proprio per le finalità amministrative e le funzionalità che vedevamo prima - è possibile, in logica multicanale, accedere, ricevere servizi e, laddove necessario, effettuare operazioni di pagamento. Esemplificando, con la piattaforma e-government in campo, allorché integrata con l'anagrafe del comune, il cittadino, con il proprio codice fiscale può ricevere direttamente on-line (o presso l'ufficio postale) il certificato di nascita, quello di residenza nonché tutta la documentazione che ruota intorno al codice fiscale stesso, ricevendo fisicamente un documento stampato avente valore legale.
Ciò è reso possibile dall'esistenza dell'algoritmo della firma digitale, per cui il foglio stampato contiene alcuni simboli, denominati glifi, che testimoniano l'autenticità del contenuto e che, una volta letti otticamente, riproducono esattamente il certificato. Aggiungo che, rispetto a un normale documento che può essere riprodotto e facilmente falsificato, allo stato attuale questo rappresenta il livello più alto dell'offerta, per un servizio di questa natura.
Un altro concetto importante è il seguente: ad oggi Poste Italiane è il garante dell'avvenuta comunicazione tra soggetti, sebbene ciò avvenga prevalentemente tramite strumenti di natura tradizionale, quali la comunicazione di tipo cartaceo. Se si pensa alla raccomandata con ricevuta di ritorno, ad essa è attribuito valore legale in quanto si tratta di corrispondenza per la quale si conosce il mittente, il destinatario e colui che firma per avvenuta consegna. Immaginiamo di trasferire questi concetti su Internet. Poste Italiane si propone di continuare a essere la parte che garantisce l'avvenuta transazione, magari completamente di natura elettronica.
Per quanto riguarda gli strumenti che caratterizzano questo tipo di trasmissione, vedremo il progetto che li raggruppa tutti: la firma digitale, la marca temporale, la marca postale elettronica (standard da noi realizzato per l'Unione postale universale, accettato in tutto il mondo) e infine la posta elettronica certificata, con le caratteristiche della normativa nazionale.
La marca postale elettronica permette di identificare agevolmente chi invia e chi riceve, garantendo, soprattutto, che durante la trasmissione il contenuto non venga alterato. Sappiamo tutti che il mondo Internet è stato costruito per collegare, ma non per proteggere. I livelli di sicurezza, che, a mio avviso, non hanno ancora trovato risposta, nella nostra prospettiva di servizio e nel raccordo esistente a livello internazionale assicurano la garanzia per quelle comunicazioni che dovessero rivestire un particolare valore. La marca, infatti, garantisce la certezza della trasmissione, l'identificazione del mittente e del destinatario, l'orario di partenza e di ricezione nonché la mancata alterazione del contenuto; la firma digitale, in aggiunta, riporta proprio la trasmissione visiva del soggetto che ha firmato il documento.
Passo ora a parlare dell'evoluzione della missione istituzionale. Come traspare da tutto il senso di questa presentazione, ci proponiamo di diventare una «rete delle reti», poiché, mettendo assieme le reti


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fisiche e logistiche (cioè di uffici postali e di trasporto), integrandole con la information communication technology, siamo in grado di offrire servizi a valore aggiunto come quelli illustrati. A mio avviso, il ruolo attuale degli altri operatori di telecomunicazione e informatici del Paese è ancora oggi prevalentemente concentrato sulle infrastrutture. Noi facciamo dell'infrastruttura l'abilitatore, la condizione necessaria e sufficiente per l'erogazione dei servizi che vedete e che rappresentano proprio lo strato dei servizi a valore aggiunto.
Avanziamo pertanto due proposte. Voi conoscete i limiti delle aree del territorio nazionale su cui la cosiddetta banda larga è attualmente distribuita. Dal canto nostro, siamo altrettanto consapevoli che in almeno 2 mila comuni - lo vediamo dagli uffici postali - ancora oggi si rilevano limiti molto stringenti. In alcune realtà non si parla neppure, utilizzando un acronimo ormai noto, della cosiddetta linea ADSL, per cui non possiamo pensare addirittura alle evoluzioni successive. Da parte nostra, abbiamo utilizzato accorgimenti particolari, originali di Poste italiane, per ampliare al massimo la capacità utilizzabile, anche per i collegamenti più remoti. Tutto il profilo di servizi che vi ho illustrato è fruibile da qualsiasi località proprio perché la capacità utilizzata e il sistema di governo dell'infrastruttura ci permettono di assicurarli. Questa è sicuramente una buona notizia.
Certo, se dovessimo diventare portatori di una infrastruttura ancora più ampia (ad esempio, fornendo accessi a banda larga anche nelle località più remote, partendo dagli uffici postali e arrivando fino alle scuole o ad altri edifici pubblici), allora Poste Italiane - nell'ambito di un servizio universale, concepito in maniera evolutiva, che quindi non si ferma alla consegna della corrispondenza o alla presenza dell'ufficio postale, bensì aggiunge ulteriori funzionalità - sarebbe un'azienda disponibile ad anticipare gli investimenti in questa tecnologia, così da illuminare in maniera ancora più ampia anche le realtà periferiche.
Da ultimo, abbiamo un progetto che ruota attorno all'identificativo digital mail box. La proposta di Poste italiane, cioè del soggetto più aggiornato esistente sul territorio nel conoscere e gestire gli indirizzi fisici di tutti i cittadini, prefigura l'unione dinamica dell'indirizzo fisico e di quello elettronico, per il tramite di una piattaforma che richiama, appunto, il concetto di digital mail box. In primo luogo, la persona può ricevere in maniera sicura, grazie a questa casella speciale, le comunicazioni aventi valore legale che, per esempio, provengono dalla pubblica amministrazione. In secondo luogo, la persona può trasmettere contenuti ritenuti importanti, nonché richieste e informazioni di ogni natura. Tutta l'infrastruttura viene (o verrebbe) offerta da Poste italiane, che già la sta implementando per alcuni dei propri clienti. Poste italiane si propone, laddove il progetto fosse ritenuto di interesse generale, di applicare il sistema in maniera diffusa, nell'ambito del servizio universale o in altri ambiti ritenuti validi.
Tutti quei concetti che abbiamo visto a singoli blocchi (piattaforma di comunicazione elettronica, di pagamento, di meccanismo di sicurezza) trovano qui un punto di sintesi nei confronti dell'amministrazione centrale e periferica dello Stato, per garantire comunicazione sicura e possibilità di pagamento nei due sensi, con identificazione del soggetto.

PRESIDENTE. Ringrazio l'ingegner Sarmi per l'ampia relazione.
Do ora la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

LUCA GIORGIO BARBARESCHI. Ringrazio l'ingegner Sarmi per la presentazione e vorrei domandargli se, visti i problemi che abbiamo sulla modernizzazione della scuola in generale - dagli asili alle università - sia possibile concepire, insieme al Ministro Gelmini, un progetto proprio sulla scuola, dato che Poste usano questo network e questa capacità di arrivare ovunque, in maniera capillare.
Il problema è che, spesso, perfino i messaggi importanti dal punto di vista


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strategico rimangono confinati nelle grandi città e non arrivano ovunque. Un'azienda così grande e importante potrebbe, forse, riuscire a trovare un coordinamento con i progetti già allo studio da parte del Ministro Gelmini. Ciò potrebbe essere molto importante e dare un'accelerazione a un processo innovativo che trova alcune resistenze.

BEATRICE LORENZIN. La ringrazio, ingegner Sarmi, per l'esauriente illustrazione.
Sarei molto interessata a capire come state lavorando sull'e-government, a parte quello che avete illustrato questa mattina. In particolare, vorrei sapere quanti sono i comuni che, ad oggi, hanno concluso accordi con Poste italiane. Dal punto di vista della fruibilità e dell'accesso ai servizi pubblici, è molto interessante il fatto che con i vostri 14 mila sportelli aperti su tutto il territorio nazionale possiate svolgere un ruolo sussidiario molto importante, relativamente all'accesso ai dati anagrafici e sensibili che, come noi tutti sappiamo, di fatto provocano l'affollamento degli uffici delle amministrazioni comunali e spesso creano difficoltà, a livello di front office, fra amministrazione stessa e utenti.
Chiedo inoltre se si potesse illustrare un po' più nel dettaglio la citata digital mail box: chi la deve attivare, quali potrebbero essere ipoteticamente i costi per l'amministrazione e quali i benefici, non soltanto in termini di efficienza, ma anche dal punto di vista economico.

JONNY CROSIO. Signor presidente, a me interessava capire, in maniera più puntuale, il servizio di posta elettronica certificata.
Sappiamo che, indubbiamente, per snellire le procedure amministrative, il futuro deve necessariamente indirizzarsi sulla posta elettronica certificata. Si tratta di un bel concetto, che, tuttavia, sul territorio trova ancora qualche ostacolo da parte delle amministrazioni locali. Alludo a ciò che avviene non tanto a livello comunale, quanto a livello provinciale. Mi sono personalmente occupato, quando ero assessore della mia provincia, dell'impostazione del servizio di posta elettronica certificata, con fornitura di un servizio ai comuni addirittura gratuito da parte dell'amministrazione provinciale, ma il riscontro è stato negativo, o comunque non soddisfacente.
Le chiedo dunque, ingegnere, quali azioni concrete intendiate condurre, dal punto di vista della programmazione, per incentivare questa tecnologia che - come ho premesso inizialmente - è indispensabile per arrivare in futuro a un'amministrazione più trasparente e, soprattutto, più snella, così da poter essere in grado di agire in maniera più organica.
Anche la digital mail box, su cui ha chiesto ragguagli la mia collega, sicuramente è molto interessante, ma, dovendo ogni cittadino attivare una casella elettronica, sussiste la preoccupazione che, qualora ciò non avvenisse, occorrerebbe impostare un percorso relativo al supporto cartaceo suscettibile di creare grossi problemi.
Vengo all'ultima domanda, prima di concludere: a livello locale, la razionalizzazione che Poste italiane ha messo in campo ha creato qualche imbarazzo ed anche preoccupazione. Sarebbe interessante capire la logica di tale intervento, laddove i tagli sembrano operati in maniera se non proprio superficiale, quantomeno con un criterio forse semplicistico. La informo che sul territorio abbiamo ricevuto diverse lamentele da questo punto di vista. Vorremmo avere un approfondimento in merito e sapere se sia possibile correggere questa vostra posizione.

ANTONINO FOTI. Ingegner Sarmi, vivendo direttamente questi progressi tecnologici, ha annunciato senza enfasi alcuni aspetti quali la piattaforma di pagamento dei conti correnti con i cellulari, le transazioni di natura elettronica con firma digitale e marca postale, nonché il sistema integrato, il progresso più rivoluzionario, inerente ai rapporti con le pubbliche amministrazioni e i comuni per il rilascio di certificati on-line. Vorrei sapere se questi siano già in atto, giacché mi suona nuovo


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che tutto ciò si possa effettivamente realizzare.
Nel riferirsi ai circa 2 mila Comuni afflitti dal digital divide, ha affermato che Poste Italiane potrebbe assumere la responsabilità di colmare tale dislivello, anche sul piano dell'onere finanziario. Mi chiedo perché abbia usato il condizionale «potrebbe» riguardo a questa parte del territorio, svantaggiata anche sul piano dello sviluppo delle piccole e medie imprese che invece potrebbero rinascere grazie a questa tecnologia.

ANDREA SARUBBI. Innanzitutto devo chiederle scusa per il ritardo, ingegnere, per cui potrei rivolgerle domande già poste, nel qual caso, ovviamente, sarebbe dispensato dal rispondere.
La prima questione riguarda le notifiche. Ero a conoscenza di questo cambio di disciplina, per cui non vi è più l'obbligo dei messi comunali, ma si è aperta una concorrenza e si sta tentando una gara al ribasso almeno in alcuni comuni. Mi chiedo quindi quanto faccia risparmiare a un comune la possibilità di una notifica con la digital mail box.
La seconda questione riguarda gli hacker. Come a numerose persone, mi è capitato di ricevere messaggi con la dicitura Poste Italiane che invitano ad aprire il conto. Vorrei sapere quanti danni siano stati procurati.
Infine, nutro una curiosità che potrei definire di scuola, ma che tuttavia è interessante per un politico: vorrei sapere se lei ritenga che l'Italia possa da qui a dieci anni arrivare al voto elettronico.

PRESIDENTE. Desidero anch'io porre due domande, una «macro» e una «micro». La domanda «micro» riguarda l'eventuale possibilità di pagare i bollettini postali tramite personal computer e, in caso affermativo, a quali costi.
Passo alla domanda «macro». Voi avete una rete di nuova generazione, a banda larga, che si può muovere con una velocità ben superiore ai 100 Mb. Vorrei sapere se sia stato effettuato uno studio per verificare se questa rete sia ampliabile per giungere nelle case di tutti gli italiani e quale mole di investimenti richieda. Qualora invece non fosse stato fatto, vorrei sapere se sia possibile realizzarlo.
Do la parola all'ingegner Sarmi per la replica.

MASSIMO SARMI, Amministratore delegato e direttore generale di Poste Italiane Spa. Grazie, presidente, comincio a rispondere alla sua ultima domanda. L'infrastruttura di Poste italiane non ha l'obiettivo di sostituirsi a quella di un operatore di servizio universale di telecomunicazioni, ovvero di raggiungere tutti i singoli. Con l'infrastruttura a disposizione, invece, raggiunge tutti i luoghi di erogazione del servizio e permette in una logica multicanale, con le tecnologie già esistenti, di effettuare anche da casa propria le funzionalità di collegamento e quindi anche di pagamento via computer. La banda oggi disponibile anche per raggiungere le abitazioni dei singoli è utilizzata da Poste italiane in maniera necessaria e sufficiente per garantire l'erogazione dei servizi che ho sinteticamente descritto.
Il passo successivo, di cui facevo l'esemplificazione con la tecnologia Wi-Max, potrebbe consistere nel garantire alle piccole località, in cui a causa di eventi accidentali, quali un temporale, potrebbe cadere la linea unica tradizionale, un'infrastruttura di backup che consenta la fruibilità di servizi e permetta anche di allargare ulteriormente le capacità necessarie. Oggi, con la nostra infrastruttura siamo già in grado di inviare immagini in movimento anche nell'ufficio postale più piccolo. La qualità dell'immagine e le esigenze che vengono ad aggiungersi per l'uso di queste tipologie di servizi richiederebbero un passaggio successivo. Mettendo insieme la disponibilità di un'infrastruttura di backup anche in quei luoghi e la possibilità di estendere anche ad altri ciò che serve per una funzionalità propria, ovvero un accesso a Internet a banda larga, progetto che chiamiamo Wi-Max, Poste italiane potrebbe effettuare questo investimento con il rischio di impresa e graduarlo. In alternativa, potrebbe invece considerare


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questo investimento nell'ambito di un servizio universale in cui Poste italiane realizzi e offra il servizio di accesso a banda larga con funzionalità gratuita per i singoli nei piccoli comuni, da pagare tramite un canone riferito al servizio universale.
In secondo luogo, il bollettino di conto corrente si può effettuare on-line al costo di 1 euro, allo sportello al costo di 1,10 euro (fatta salva l'attenzione alle classi sociali più deboli, per cui le persone al di sopra dei sessantacinque anni pagano 0,77 euro), da telefonino al costo di 1 euro. Qualora la persona sottoscrivesse l'abbonamento con il conto on-line di Poste italiane, Bancopostaclick, anche l'operazione di bollettino sarebbe gratuita.
La nostra logica consiste nel favorire lo sviluppo on-line e nel mantenere una forte attenzione alle classi sociali deboli (infatti, ho declinato la scaletta di prezzi relativa al bollettino proprio per evidenziarla), invogliando all'utilizzo di strumenti on-line con un piccolo differenziale di prezzo, corrispondente ad un euro o a 1,10 euro. Il bollettino di conto corrente può essere pagato oggi tramite il telefono chiamando un operatore, al telefonino, presso l'ufficio postale oppure on-line mediante computer, con una tariffa che va da 1 a 0 euro in funzione del profilo di cliente che rappresenta.

ANTONINO FOTI. È già operativo?

MASSIMO SARMI, Amministratore delegato e direttore generale di Poste Italiane Spa. Sì, tutto quello che dico è operativo. Lo preciso per evitare equivoci.
Per quanto riguarda il concetto della digital mail box, che ho illustrato sommariamente, abbiamo scelto questo strumento perché lo Stato italiano parla di posta elettronica certificata. Anche a me consta che il servizio non prende facilmente piede, tanto da averci indotto uno o due anni fa ad offrire alcune centinaia di migliaia di caselle di posta elettronica certificata proprio al Ministero della funzione pubblica.
Analizziamo prima il servizio disponibile da parte di Poste Italiane e poi il nuovo che proponiamo. Quello attuale prevede che ciascuno sia collegato con un proprio provider Internet. Se volesse mandare una comunicazione elettronica, alla quale si dà particolare significato e che si vuole proteggere o a cui si vuole conferire un valore legale, (da definire normativamente), allora può mandare questa mail a Poste Italiane, che la tratta, la spedisce e la consegna al destinatario. Il destinatario allora sa, perché lo vede in chiaro, che questa mail è stata trattata come posta elettronica certificata, con la marca elettronica e con tutte le caratteristiche di identificazione.
Con il progetto nuovo si va ancora più a fondo. Quando parliamo di un indirizzo di posta elettronica, ignoriamo chi si trovi dietro il computer; allora proponiamo un servizio più puntuale in cui si chiede al soggetto di identificarsi come utente presso l'ufficio postale. Ciò permette di ottenere una smart card che possiede all'interno gli algoritmi per utilizzare anche la posta digitale e l'assegnazione di un codice di identificazione. Quando il soggetto apre la propria casella di posta elettronica certificata al computer, sa di poter essere l'unico ad accedere al sistema, grazie a questo sistema. Tutto il resto è già fruibile, ma con livelli di sicurezza più blandi.
Il nuovo progetto consiste innanzitutto in una casella di posta elettronica certificata, che solitamente ha un costo di circa 1 euro. In realtà, l'aspetto importante è il sistema dei servizi che sta dietro. È stato infatti sollevato il problema delle frodi. In rapidi flash ho parlato di un'azienda che gestisce e correla i processi in tempo reale e che si assume la responsabilità notarile; quindi, se sbaglia, paga. Questo è il moderno ruolo di un operatore postale o ICT, che utilizzi questa tipologia di trasmissione dati in un Paese moderno.
Tutti i blocchi sono attualmente disponibili e singolarmente funzionanti. L'offerta consiste in un progetto che Poste italiane sottoporrà al Governo italiano per valutare se intenda dotarsi di un sistema integrato che destini a tutti gli italiani questa funzionalità. Poste Italiane, come


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soggetto imprenditoriale, sta infatti già offrendo queste caselle al milione di propri correntisti, che utilizzano il conto corrente on-line, per aggiungere livelli di sicurezza alle proprie transazioni.
Ai comuni offriamo a macchia di leopardo una varietà di tipologie di servizi che vanno dal portare le ricette mediche a casa, a far mandare per posta digitale la ricetta dal medico al farmacista, a inviare a casa i referti sanitari, ad accettare le prenotazioni presso l'ufficio postale per una visita medica. Le parti più arretrate sono quelle relative all'e-government, perché solo in alcuni comuni, abbiamo realizzato una piattaforma di e-government, operando sempre nell'ambito delle funzioni istituzionali previste, (quelle del Ministero dell'innovazione e delle associazioni dei comuni). Ebbene, la piattaforma funziona dove i comuni hanno integrato la loro anagrafe con noi. Esistono difficoltà nel trasferire l'integrazione tra centro ed autonomie locali e convergere in una piattaforma di sistema che, a mio avviso, salvo fatti di concorrenza e di mercato, non può che avere il concetto di unitarietà a livello nazionale. In caso contrario ci troveremmo - come abbiamo verificato in corso d'opera - di fronte a sistemi che non dialogano e non si integrano tra loro. Stiamo parlando di firma digitale, ma tra le varie amministrazioni centrali dello Stato i sistemi di firma digitale non dialogano. Esistono leggi dello Stato che parlano di fatturazione elettronica, ma nessuno è in grado di inviarne alcuna.
Ci proponiamo per essere utilizzati come infrastruttura di back-office, come abbiamo fatto tante volte. Il prossimo caso sarà quello della carta sociale, in cui tutta l'infrastruttura di back-office è quella di Poste Italiane: funzionalità di pagamento, funzionalità degli uffici postali e soprattutto - qui vengo al tema delle notifiche - la contabilità industriale, di cui noi continuamente inviamo un riscontro.
È chiaro che quando un soggetto imprenditoriale privato o pubblico è chiamato a distribuire del denaro, esso deve sapere in tempo reale a chi è andato quel denaro, per quale transazione è stato impiegato e quant'altro. Ebbene, nel caso della carta sociale di prossima attivazione, succederà che chi spende è innanzitutto abilitato a una famiglia di esercizi esclusivi e inoltre, in tempo reale, al Ministero dell'economia e delle finanze arriverà la rendicontazione sulle modalità con cui quel portafoglio elettronico è stato distribuito nominativamente fra i soggetti che ne sono destinatari. Ciascuno dei soggetti spende e la somma delle transazioni viene aggiornata in tempo reale.
Solo un sistema centrale interoperabile come quello che ha già in campo Poste italiane, che si integra con se stesso e con soggetti terzi, garantisce che il flusso necessario di informazioni tra cittadino e amministrazione, tra amministrazione e amministrazione, possa avvenire. Tutti gli altri sistemi oggi esistenti sul territorio nazionale non hanno integrazione, interoperabilità e scalarità paragonabili in termini di sviluppo.
Per quanto riguarda le notifiche, giustamente esiste molta competizione, ma mi chiedo dove il comune mostri effettivamente efficienza. Al di là di confrontare al meglio, sotto l'aspetto competitivo, un'offerta piuttosto che un'altra, il servizio che noi offriamo già da due-tre anni ha riscosso grande successo in primo luogo perché, anche se non ci farà piacere come cittadini, le multe prima non si pagavano in quanto non arrivava a completamento il ciclo naturale di chi aveva scritto il verbale e di chi aveva pagato. Non si mettevano insieme le informazioni. Ciò è tanto più vero per quei procedimenti di natura giudiziaria nel cui back-office c'è Poste italiane. Quest'ultima, quando fa la notifica, trasferisce l' immagine ottica della notifica stessa alla cancelleria del tribunale e quindi l'udienza può avvenire con il magistrato che ha la consapevolezza che i soggetti destinatari della comunicazione l'hanno effettivamente ricevuta.
Tornando al tema dei comuni, francamente fino ad oggi non sono riuscito a risolvere il problema. Abbiamo accordi firmati con tutte le associazioni dei comuni e con l'Unione delle province, ma infine si tratta di andare sempre a progettare


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in scala 1 ad 1. Progettando per realtà singole, può accadere che la capacità di Poste italiane non sia ugualmente brillante su tutto il territorio nazionale, che un progetto venga a costare molto di più del lecito e inoltre non è neppure garantito che esso funzioni e sia interoperabile con gli altri. A mio avviso, la soluzione sarebbe quella di decidere se gli standard e le funzionalità che vengono proposte siano utili o meno. Dopodiché, nella misura in cui qualcuno intenda avvalersi di queste funzionalità, una volta normate, si adotti una tipologia standard senza inventarsi soluzioni informatiche che non dialogano con le altre.
Per tranquillizzarla sulle nefandezze che commettiamo sul territorio, pro domo mea faccio notare che, a livello europeo, siamo l'unico operatore che ha mantenuto tutti gli uffici postali aperti. Anzi, nel giro di sei anni, ovvero da quando sono in Poste italiane, ne abbiamo aperti un centinaio nuovi. Tuttavia, proprio perché seguiamo l'andamento dei servizi e delle necessità in tempo reale - salvo che non si verifichi un fenomeno contingente - sappiamo esattamente come dimensionarci nei confronti del mercato. Il punto è che, oggettivamente, specie gli uffici postali più piccoli (sempre i soliti duemila, come ordine di grandezza) in una logica imprenditoriale pura dovrebbero essere chiusi da tempo, come hanno fatto le poste inglesi, austriache e francesi. Queste ultime in verità lo hanno fatto in misura minore, dal momento che ricevono un aiuto da parte dello Stato e assicurano inoltre una presenza sociale sul territorio. Le poste francesi, oltre al servizio universale della corrispondenza, godono di un contributo dello Stato per mantenere la presenza fisica di uffici postali sul territorio. Quindi, esiste un disegno, a livello di Paese, che è ben chiaro.
Siccome Poste italiane dimostra anche un po' di creatività, per tenere gli uffici postali aperti cerca di inserirvi il maggior numero possibile di servizi. Evidentemente, se stiamo ad aspettare l'erogazione della pensione una volta al mese o la raccomandata saltuaria, una struttura con costi fissi di questa portata non può che portare ad un passivo assai ingente. Ebbene, dobbiamo identificare l'ufficio postale come un one stop shop, un ingresso del cittadino verso una pluralità di servizi, quantomeno verso tutte le amministrazioni. Prendiamo il servizio sanitario: oggi, anche se a macchia di leopardo e facendo eccezione per la visita medica che si deve effettuare fisicamente altrove, la prenotazione, il pagamento, la ricezione di farmaci e dei referti medici, sono servizi che Poste italiane già offre. Soltanto, essi sono concordati con l'ASL della singola città o provincia nonché, tuttora, a un livello molto basso. Non esiste, a mio avviso, la consapevolezza, in primo luogo, che debba essere organizzato un sistema centrale, il solo che permette il flusso dei dati in maniera garantita, regolare; in secondo luogo, che debbano essere previsti moduli ai quali ciascuno può, se lo ritiene, attingere con vantaggio e, naturalmente, con un profilo di costo o di servizio definito da un'autorità amministrativa più centrale di quanto non sia il singolo. Questa è la mia opinione.
Per quanto riguarda gli accordi con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, penso che essi effettivamente abbiano senso. Riguardo all'infrastruttura di e-learning, anche se abbiamo visto che gli uffici postali sono 14 mila, è vero che i punti di erogazione attualmente sono solo 2.200. Però, è altrettanto vero che man mano stiamo andando avanti ed è certo, quindi, che anche nei punti più remoti del territorio possano sicuramente essere trasferite funzionalità di aula virtuale o di postazione di lavoro. Incidentalmente qualcuno mi ha mostrato una carta rivolta agli studenti; personalmente ho subito aggiunto che qualsiasi carta di servizio, non importa se a pagamento o gratis, deve comunque avere insita una funzionalità di pagamento.
A mio avviso, il principio per cui i servizi non si pagano è utopistico, perché o li paga lo Stato, o li paga il singolo, a seconda che siano assistiti o meno. Pertanto, una volta delineati i profili della


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giusta spesa, a qualsiasi carta di servizi deve avere annessa una funzionalità di pagamento.

LUCA GIORGIO BARBARESCHI. Lei parlava, giustamente, di centralizzare. Ebbene, le domando cosa succederà in questo senso, con la liberalizzazione e il probabile ingresso di nuovi player nel mercato.

MASSIMO SARMI, Amministratore delegato e direttore generale di Poste Italiane Spa. Vorrei innanzitutto risponderle che di privatizzazione non ho notizia alcuna. Quindi, al di là di quanto scritto in un documento di programmazione finanziaria, non so in proposito nulla.
Forse ho espresso male il concetto: un operatore di telecomunicazione possiede alcuni sistemi centrali che collegano tutti i singoli. La stessa cosa deve essere fatta con una rete di information communication technology. Il punto è che ancora oggi - mi permetto di dirlo anche in virtù di un'esperienza passata - non è stato compiuto il salto, salvo che da Poste italiane, dal modello «infrastruttura» al modello «servizio». Siamo gli unici che propongono il modello servizio e quindi, quando parliamo di banda larga, sosteniamo che, una volta fissato l'obiettivo del modello di servizio, si determinerà la larghezza di banda necessaria per raggiungerlo.
Sulla necessità di una regìa centrale abbiamo parlato in precedenza. Se un soggetto conduce transazioni finanziarie, non può non godere di data center protetti, con funzionalità di business continuity e disaster recovery. Non è possibile annettere o replicare più volte queste infrastrutture. Secondo me, quindi, si dovranno confrontare su questo mercato - perché è giusto e naturale che non sia ridotto a monopolio - operatori in possesso di tutte queste caratteristiche.
Non mi sono diffuso sulla protezione in Internet, ma posso dirvi che nei nostri laboratori ce ne stiamo occupando. Il fenomeno del phishing, ad esempio, ci ha attaccato tanto pesantemente che sul mio computer ho un'applicazione - spero veritiera - che mi fa vedere in tempo reale da quale parte del mondo arrivano gli attacchi. Ne riceviamo, come minimo, quaranta al giorno da tutto il mondo, sia dagli Stati Uniti che dai Paesi dell'est. Dal momento che sulla sicurezza in Internet non esiste molta regolamentazione - cosa inesplicabile - suggerirei di valorizzare l'esperienza di Poste italiane per farne (come stiamo facendo fra simili) un progetto di Paese.
Per venire alla risposta, se monitoriamo il phishing, in mezz'ora, o un'ora al massimo dall'istante dell'attacco lo avremo bloccato. Chi non gestisce questa materia in tempo reale o non si dota di potenti e costose infrastrutture - ci sono colleghi preparati, incaricati di svolgere solo questo compito - mi domando come si possa pretendere di inviare la firma digitale. Alla base di chi si rende responsabile di tale attività deve prevalere una concezione da operatore, con solidità di investimenti e di attenzione.
Nei nostri laboratori nel giro di cinque minuti mi hanno fatto vedere come si clona una postazione di lavoro: si invia una mail in cui si annuncia, ad esempio, l'esistenza di un concorso a premi gratuito, chiedendo di accedere alla pagina per vedere i premi. Non appena si clicca il link, la postazione è clonata. Dato che noi riceviamo questi attacchi su 70 mila postazioni, abbiamo sviluppato un sistema di servizio in cui, misurando il livello di funzionamento dell'antivirus - la costanza nel tempo e altri parametri tecnici - ci rendiamo conto, nei tempi più rapidi possibili, della postazione che è stata clonata.
Nessuno può permettersi un'infrastruttura di questa natura su scala ridotta. È giusto, quindi, che si sviluppi un'infrastruttura di base, ma se ci limitiamo ad affrontare il tema in termini di fibra o radio, di next generation network o di router, siamo davvero al livello uno di quella pila che vi ho illustrato. Dobbiamo proporre, invece, un sistema di servizio affidabile e sicuro, di comunicazione on-line in cui transitino informazioni, pagamenti


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e certificati. Questo, secondo me, è l'indice dell'evoluzione; tutto il resto è retroguardia.

PRESIDENTE. Ringrazio l'ingegner Sarmi per la disponibilità manifestata.
Dichiaro conclusa l'audizione e sospendo la seduta che riprenderà con l'audizione di rappresentanti di British Telecom Italia.

La seduta, sospesa alle 12,35, riprende alle 14,40.

Audizione di rappresentanti di British Telecom Italia.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'assetto e sulle prospettive delle nuove reti del sistema delle comunicazioni elettroniche, l'audizione di rappresentanti.
Comunico che, essendo impossibilitato a partecipare all'audizione prevista per oggi, il direttore della Federazione Radio Televisioni, Rosario Donato, ha inviato una memoria scritta che è in distribuzione.
Do la parola all'ingegner Corrado Sciolla, amministratore delegato di British Telecom Italia.

CORRADO SCIOLLA, Amministratore delegato di British Telecom Italia. Signor presidente, onorevoli membri della Commissione, vi ringrazio per averci dato l'opportunità di parlare su un argomento che noi riteniamo non solo importante per il nostro business, ma molto importante per lo sviluppo del Paese.
Ho organizzato il mio intervento con una premessa che descrive brevemente che cosa fa BT-Italia e poi si articola in quattro punti: una descrizione del mercato delle telecomunicazioni per le imprese, con una focalizzazione sulle anomalie di questo mercato; una serie di suggerimenti per migliorare il funzionamento e lo sviluppo di questo mercato in Italia; la separazione della rete di accesso di Telecom Italia; lo sviluppo delle reti di nuova generazione.
British Telecom è presente in Italia dal 1995 attraverso Albacom. Nel 2005 Albacom è stata acquisita al 100 per cento da BT, azionista tecnologico fin dalla sua fondazione. British Telecom negli ultimi tre anni ha fatto in questo Paese tre acquisizioni importanti: ha acquisito Albacom, come ho detto; nel 2006 ha acquisito ATLANET, l'operatore di telecomunicazioni del gruppo FIAT ed ex ACEA; nel 2007 ha acquisito I.NET, provider di servizi ICT quotato fino all' anno scorso nel nuovo mercato italiano.
British Telecom in Italia sostanzialmente si rivolge alle aziende grandi e medie e alla pubblica amministrazione, offrendo servizi di telecomunicazione di base (servizi voce e dati), servizi di telecomunicazioni più avanzate (gestione di reti, sicurezza delle reti, sistemi di business continuity e disaster recovery), servizi di gestione dei parchi macchine informatiche attraverso i data center di I.NET e servizi di system integration su tutto il campo delle telecomunicazioni.
Con circa un miliardo di euro di fatturato l'anno scorso, BT si pone nel mercato delle telecomunicazioni per le imprese come il più grande operatore dopo Telecom Italia, con una quota che stimiamo essere di circa il 13 per cento.
Questo ci è riconosciuto da clienti importanti. Noi forniamo tutte le telecomunicazioni ai principali gruppi italiani: FIAT, ENI, Mediaset, Armani, Brembo, Valentino e altri ancora. Oltre che nel settore industriale italiano, abbiamo una presenza forte nella pubblica amministrazione: forniamo la rete al Ministero della giustizia, al Ministero degli affari esteri, al Ministero delle politiche agricole, al comune di Milano e a numerosi altri enti. Non serviamo solo il mercato delle grandi aziende, ma abbiamo una presenza anche in quelle medie e piccole, con circa 150 mila clienti in Italia.
Siamo presenti sul mercato italiano con un'importante infrastruttura proprietaria. Abbiamo disponibilità di circa 14 mila chilometri di fibra sul territorio italiano, di cui oltre 4 mila solo nelle zone metropolitane. Questo è il risultato di investimenti


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che abbiamo effettuato per oltre 2 miliardi di euro, dalla nascita ad oggi. Tra l'ottobre e il dicembre dello scorso anno abbiamo lanciato anche servizi mobili, come operatori mobili virtuali nel Paese.
Il primo punto è rappresentato dal mercato delle telecomunicazioni per le imprese. Oggi questo ha un valore di circa 10 miliardi di euro, di cui 6 per le telecomunicazioni di tipo fisso e 4 per quelle di tipo mobile. Nei servizi di telecomunicazioni per le imprese, quindi, le telecomunicazioni fisse rappresentano ancora un valore significativamente superiore, ovvero oltre il 50 per cento del mercato mobile.
Con l'aumento della dimensione dell'operatore, le telecomunicazioni fisse si dimostrano un asset molto più importante. ENI ha ad esempio un rapporto di 20 ad 1 nella spesa in telecomunicazioni tra parte fissa e parte mobile. Le telecomunicazioni fisse fanno quindi ancora la parte del leone nello sviluppo e nel supporto allo sviluppo infrastrutturale delle grandi imprese italiane.
Negli ultimi anni, questo mercato, che vale circa 10 miliardi di euro, è sostanzialmente piatto, per il risultato di due effetti: una decrescita dei prezzi tra il 5 e l'8 per cento annuo e un aumento significativo dell'utilizzo dei servizi e dei volumi, dunque della banda utilizzata.
In termini generali, le grandi aziende in Italia sono grandi utilizzatrici di servizi di telecomunicazione, in linea con gli standard degli altri Paesi europei, mentre la situazione è diversa per quanto riguarda le aziende più piccole con una distribuzione significativa sul territorio. L'Unione europea ha evidenziato come ad oggi in Italia circa il 70 per cento delle aziende con più di dieci dipendenti sia collegato in larga banda, con 5 punti percentuali in meno della media europea e circa 20 punti percentuali in meno rispetto a Paesi in cui la diffusione è molto elevata, come quelli del nord Europa, ma anche Paesi bassi, Belgio e Francia.
Riteniamo che la mancata o più limitata diffusione sia dovuta a una serie di anomalie, che abbiamo riassunto in sei criticità fondamentali del nostro Paese. La prima è sicuramente la limitata informatizzazione della popolazione e delle aziende, soprattutto quelle di dimensioni medie, aspetto unanimemente riconosciuto. Alcuni rapporti evidenziano come le imprese abbiano un più limitato tasso di confidenza con l'utilizzo della larga banda, dovuto anche alla mancanza dell'obbligo per le imprese di interagire con la pubblica amministrazione tramite l'utilizzo della larga banda.
La seconda criticità molto rilevante e importante riguarda il fatto che in questo Paese esiste un'unica infrastruttura di rete d'accesso capillare. Si tratta di un'anomalia di questo Paese. A fronte di circa 32 milioni di linee che collegano le famiglie e le aziende in Italia, il 98 per cento di esse è posto ancora su quella d'accesso di Telecom Italia. Non tutte le reti sono gestite direttamente da Telecom Italia, ma il 98 per cento di esse si trova sulla sua rete. Oltre a costituire sostanzialmente un monopolio, questa rete è caratterizzata da una serie di problemi, quali un elevato market failure. Ad oggi, l'ADSL sulla rete di Telecom Italia raggiunge circa il 90 per cento delle famiglie italiane, contro il 99,6 per cento del Regno Unito. Molti di coloro che ricevono l' ADSL hanno una banda minima garantita non sufficiente a svolgere servizi video e servizi Internet innovativi.
A questo si aggiungono altri problemi che riguardano specificamente le imprese. Ad oggi non esistono livelli di servizio diversi erogati dalla rete dell'incumbent per le aziende. Quando si rompe una ADSL, ad esempio, la riparazione richiede otto ore lavorative sia per un utente residenziale, che per un'azienda. Se quindi si rompe una linea telefonica il venerdì pomeriggio, Telecom si impegna a ripararla entro il lunedì pomeriggio alla stessa ora, lasso di tempo inaccettabile per un'azienda che magari deve operare attraverso il suo call center sia sabato che domenica in un qualunque business.
Riscontriamo in maniera significativa un'altra problematica legata ai limitati investimenti fatti, laddove, volendo migrare


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delle linee dalla rete di Telecom Italia alla gestione di un operatore alternativo, in alcune aree geografiche riceviamo dei cosiddetti «KO», che attestano l'impossibilità a migrare per incapacità o indisponibilità tecnica e che raggiungono il 40 per cento.
Il terzo punto, che riscontriamo come grande problematicità e come issue sul mercato, è che la regolamentazione non consideri minimamente una differenziazione tra clientela rappresentata dalle aziende e clientela residenziale. Questo è facilmente comprensibile, giacché il servizio su cui l'Autorità delle comunicazioni ha insisto per lo sviluppo della larga banda sul mercato residenziale è l'unbundling local loop. Unbundling indica la possibilità di installare nostre macchine all'interno di una centrale di Telecom. Il cliente, che continua a risiedere sulla rete di Telecom Italia, viene disconnesso dalle macchine di Telecom e collegato a quelle dell'operatore alternativo. Questa scelta è servita allo sviluppo della larga banda, ma si rimane comunque con le proprie macchine accerchiati all'interno di una rete e di una centrale Telecom. Questo servizio può andare bene in alcune zone per clienti residenziali, ma non per clienti business che hanno bisogno di sviluppare servizi in tutto il territorio con uniformità di resa, livelli differenziati nonché di accedere a servizi a larga banda in tutte le zone del Paese in maniera indifferenziata.
Il quarto punto particolarmente critico riguarda il fatto che a valle, e forse anche a causa del fatto che esiste un'infrastruttura unica, l'operatore Telecom Italia, considerando il mercato della voce, il mercato dei dati, il fatturato complessivo, comunque ha una quota sul mercato di sbocco finale sempre superiore al 60 per cento e in alcuni casi raggiunge l'85 per cento, anomalia molto significativa.
La quinta criticità che desideriamo evidenziare è l'insufficienza dell'attività di vigilanza. A fronte di un quadro regolamentare che vorrebbe garantire parità di trattamento, anche se in proposito critichiamo la mancata differenziazione della clientela business, esiste una grande difficoltà da parte dell'Autorità preposta a far rispettare le regole. Questo è legato a due fattori principali: una limitata disponibilità di risorse per i controlli e i limitati effetti pecuniari delle penali a carico dell'operatore incumbent quando compie manovre non rispettose delle regole. In Italia, quindi, molti contenziosi vanno al di là del contesto regolamentare e finiscono sui tavoli dei tribunali. Siamo il Paese europeo con il numero più elevato di contenziosi tra operatori nei tribunali, laddove poi i tempi dei tribunali non corrispondono a quelli di un operatore. Quando il problema di un'azienda trova risposta dopo un anno e mezzo, l'azienda ha già risolto le sue problematiche in modo diverso.
L'ultima anomalia è rappresentata dal costo elevato delle telecomunicazioni mobili rispetto alle telecomunicazioni fisse. Il mercato della telefonia mobile è stato trainante in questo settore tra la fine degli anni Novanta e l'inizio degli anni Duemila, ma oggi è ipersaturo, con una penetrazione dei cellulari pari al 150 per cento, circa quattro reti che coprono interamente il territorio italiano e gli investimenti in tecnologia ormai sono soprattutto legati all'upgrade delle reti esistenti. Nonostante questa situazione, le tariffe di terminazione sulle reti mobili sono ancora elevatissime. Se ad esempio un cliente chiama un operatore fisso, questo incassa dall'operatore chiamante tra 0,5 e 1,5 centesimi di euro al minuto. Se si chiama un operatore mobile, l'incasso varia tra 8,85 e 13 centesimi di euro, a seconda che si chiami Vodafone o H3G. Esiste dunque un rapporto di oltre il 500 per cento tra quanto incassa un operatore mobile e quanto incassa un operatore fisso.
Consideriamo azioni necessarie per il miglioramento delle condizioni attuali di mercato l'equivalenza di accesso alle reti in termini di prezzi, servizi e qualità in modalità trasparente; uno sviluppo della domanda di servizi a larga banda soprattutto a livello di pubblica amministrazione; una regolamentazione che tenga conto delle esigenze specifiche delle aziende e della pubblica amministrazione; una drastica riduzione del digital divide,


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assicurata eventualmente anche con contributi pubblici; l'ottimizzazione dell'utilizzo dell'infrastruttura esistente e futura, per cui la task force congiunta recentemente annunciata dal sottosegretario Romani potrebbe giocare un ruolo importante almeno in termini di proposte; una continua garanzia di semplificazione delle regolamentazioni operative, giacché oggi scavare e mettere la fibra è molto più complicato che mettere un'antenna sul tetto; la rimozione delle asimmetrie regolamentari attualmente in essere tra il mercato della rete mobile e quello della rete fissa, come peraltro già avvenuto su altri mercati molto sviluppati, come quello americano.
Ho lasciato per ultimi i due punti relativi alla separazione della rete e allo sviluppo della rete di nuova generazione. Sulla separazione della rete di Telecom Italia, riteniamo che tale separazione non sia di per sé lo strumento adeguato a risolvere le problematiche citate. In Inghilterra, la separazione della rete attraverso la costituzione di open access è stata attuata per sopperire a una mancanza di diffusione della banda larga sul mercato e all'inesistenza dell'unbundling, metodologia di collegamento a larga banda. Nel nostro Paese oggi questo non è il problema più grave, per cui riteniamo che possa essere solo una delle soluzioni e che debba essere valutato con attenzione come effettuarla.
Confermiamo che gli impegni presi da Telecom Italia in termini di separazione della rete oggi non risolvono alcuni dei problemi esistenti, in quanto non modificano le norme vigenti, anzi appaiono peggiorativi in termini di vigilanza, che costituisce invece una delle criticità. Infatti, anziché avere una vigilanza diretta da parte dell'Agcom, si passa attraverso una struttura intermedia, costituita da un board di controllo composto da persone che prima di andare all'Agcom provengono da Telecom Italia. Riteniamo che l'Agcom possieda tutti gli strumenti per risolvere le problematiche prima evidenziate, ma che debba farlo in fretta e di concerto con Telecom Italia e con gli operatori alternativi, come peraltro accaduto con Ofcom in Inghilterra.
Molti studi hanno dimostrato che lo sviluppo delle reti di nuova generazione è in grado di generare un aumento sul PIL del 2 per cento annuo, secondo alcuni per i prossimi venti anni. Questa è una delle priorità di questo Paese, su cui ci fa molto piacere constatare la sensibilità di Governo e Parlamento.
Certamente esiste un livello di elevata complicazione sul come gestire tale sviluppo e, su questo argomento, abbiamo cercato di rispondere a tre domande: come debba essere strutturata la next generation network, quali obblighi regolamentari essa debba comportare e come debba essere finanziata. Credo si tratti delle tre domande critiche, che tutti hanno di fronte.
Relativamente al primo punto, cioè su come debba essere strutturata la rete del XXI secolo, la cosiddetta next generation network, facciamo nostro ciò che la competente commissione nel Regno Unito ha concluso, con alcune estensioni. Innanzitutto la rete di nuova generazione dovrà essere il risultato di una combinazione di diverse tecnologie. Non esiste la possibilità di collegare tutto in fibra. Quindi, si tratterà di una combinazione di fibra (ma, anche all'interno della fibra, sarà sia fiber to the home, che fiber to the cabinet) rame e wireless. Per noi, si tratterà soprattutto Wi-Max e Wi-Fi, che sono succedanei del rame, dove esso non è disponibile.
La seconda cosa altrettanto importante è che, a salvaguardia degli investimenti già effettuati e dei prossimi a venire (almeno 15 miliardi di euro), la rete dovrà essere accessibile per tutti e dovrà essere il risultato di integrazioni di reti nazionali e locali. L'importante è che, nell'utilizzo, le reti locali siano interoperabili e aperte.
Voglio anche sfatare un mito, in quanto talvolta si sentono affermazioni buffe. La rete a larga banda non potrà che essere una rete a larga banda fissa, giacché le frequenze che l'operatore mobile gestisce sono limitate e condivise da tutti i player che operano all'interno della cella. Se coesiste più di un utilizzatore, chiaramente


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si riduce la banda. Quindi, mai sarà possibile avere scarico di banda garantita ai segnali video all'interno del mobile. Preciso inoltre, in riferimento stavolta al mercato delle imprese, che le aziende hanno bisogno di contributi di comunicazione che siano a larga banda e reliable, cioè di servizi che non cadono, non si interrompono come invece succede giornalmente in una tecnologia, come quella mobile, ancora oggi altamente instabile. Quindi, il completamento della rete di nuova generazione con la parte mobile rappresenta un sistema succedaneo, che però non risolve il problema che il Paese in questo momento evidenzia.
Veniamo al secondo punto: gli obblighi regolamentari impliciti allo sviluppo di questa rete. Noi rileviamo tre aspetti. In primo luogo, the equivalence of input, cioè l'accesso ai servizi, a livello nazionale, deve essere disponibile per tutti gli operatori, a parità di condizioni. In secondo luogo, a nostro avviso, i servizi devono deve essere accessibili a diversi livelli: non solo sulle centrali vicine alla clientela, ma anche ai livelli intermedi dell'infrastruttura a larga banda, così da ottimizzare l'utilizzo di tutte le risorse esistenti e degli investimenti già oggi compiuti. In terzo luogo, è importante che venga presidiato con grande attenzione il contributo che le reti esistenti conferiscono nell'ambito della rete di nuova generazione. Solo in questo modo, a nostro avviso, i 15 miliardi di euro di cui si sta parlando rimarranno tali. Difatti, se si dovesse ricostruire la rete da zero, i costi sarebbero significativamente più elevati.
Per quanto riguarda questo terzo punto, cioè come finanziare e sviluppare la rete di nuova generazione, mi preme sottolineare che la rete genererà una domanda di servizi aggiuntivi rispetto al mercato attuale e che rappresenteranno una parte dei contributi al mercato.
Un ulteriore contributo che abbiamo riscontrato essere molto efficace è stato quello delle terminazioni mobili, che è servito moltissimo a sviluppare le reti mobili alla fine degli anni Novanta e che ha permesso uno sviluppo armonioso di questo mercato. Ancora oggi vengono riconosciuti agli operatori mobili circa 5 miliardi di euro l'anno di terminazione asimmetrica. I costi di cui parlavo prima - per cui, ogni volta che qualcuno chiama, l'operatore mobile ricarica i costi di terminazione asimmetrica - valgono ancora 5 miliardi di euro. Riteniamo che uno sforzo importante per incentivare l'utilizzo di questa metodologia, magari operando un passaggio dal mobile al fisso, potrebbe aiutare notevolmente lo sviluppo delle reti di nuova generazione dal punto di vista del finanziamento. Cinque miliardi sono tanti ed inoltre non andrebbero a discapito del mercato, poiché si tratta di soldi che gli utenti stanno già oggi spendendo sul mercato stesso.
In più, non siamo a favore degli interventi statali a pioggia, mentre siamo favorevoli ad interventi statali laddove si rilevi del market failure, cioè dove il mercato non riesce ad arrivare perché la morfologia del territorio non lo permette o perché la densità residenziale o industriale è molto bassa. In questi frangenti, secondo noi, è importante che lo Stato contribuisca a garantire un adeguato sviluppo informatico del Paese. Premesso che gli interventi statali, a nostro parere, devono essere limitati a queste zone, comunque l'intervento del Parlamento e del Governo per lo sviluppo di una rete a larga banda è fondamentale, in quanto deve garantire lo stimolo della domanda dei servizi ICT da parte di tutti i mercati coinvolti (famiglie, studenti, pubblica amministrazione, che deve essere completamente informatizzata, piccole e medie imprese). In secondo luogo, tale intervento è fondamentale per la creazione di un contesto chiaro, che ottimizzi l'utilizzo delle infrastrutture esistenti e semplifichi molto le regole di gestione dell'infrastruttura a venire.
Ovviamente, di fronte a regole chiare e - ci auguriamo - anche durature nel tempo, BT è pronta a fare la propria parte. Abbiamo investito in questo Paese fino ad oggi e, di fronte a regole chiare, continueremo ad investire.


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PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

LUCA GIORGIO BARBARESCHI. Ringrazio l'ingegner Sciolla per questa esaustiva e interessantissima presentazione, soprattutto per i diversi punti di vista che ha illustrato.
L'unico contributo che personalmente posso fornire - per quel poco che possa valere il mio impegno - è sulla vicenda Telecom, sulla cui minor presenza siamo quasi tutti d'accordo: occorre trovare una soluzione a una situazione veramente sbilanciata.
Un vostro competitor ha insistito molto sul DVDH, sull'integrazione e sullo sviluppo, prospettando scenari avveniristici dal punto di vista delle possibilità. Ovviamente lei ha già fatto notare che la concentrazione della domanda crea un fallout, per cui ad un certo punto la rete non sta più in piedi, neppure con l'integrazione. Non mi risultano previsti neppure sviluppi del DVDH integrato con l'UMTS. Ho sentito parlare di tante tecnologie diverse e gli ingegneri che lavoravano a tali progetti e con cui anche personalmente avevo lavorato, qualche anno fa, avevano promesso alte performance in questa direzione. Mi interesserebbe sapere se si tratta di uno scenario realmente impossibile. Diversamente, ciò aiuterebbe a superare il famoso digital divide, aiutando quelle zone dell'Italia che si potrebbe evitare di cablare, adottando altre strategie.
In secondo luogo, mi interessava capire la ragione dei numeri così alti, rispetto alla telefonia mobile. Volevo sapere se questi sono dati riferiti a British Telecom soltanto, oppure se sono condivisi anche da altre aziende telefoniche.

JONNY CROSIO. Vorrei rivolgerle i miei complimenti, ingegner Sciolla, per essere stato così chiaro ed esaustivo nella sua relazione. Non dovrei dirlo, ma alcuni suoi competitor hanno venduto talora un po' di fumo, per cui ho apprezzato in modo particolare la sua chiarezza.
Lei ha affermato che le NGN dovrebbero produrre il 2 per cento di PIL nei prossimi vent'anni e sappiamo benissimo - come lei ha dichiarato in maniera molto chiara - che pensare una NGN al di fuori di una rete in fibra o pensare di andare sul wireless è cosa che, dal punto di vista tecnico, non sta in piedi. Dopodiché, considerando che l'impianto di un'infrastruttura che copra interamente il territorio italiano rappresenta un impegno economico notevole, qualcuno dovrebbe spiegare come affrontarlo e in quanti anni. La situazione impone scelte di ordine programmatorio e lei, giustamente, ha richiamato l'impegno del sottosegretario Romani - che personalmente ho condiviso - ad aprire un tavolo di confronto attorno al quale, in maniera puntuale e finalmente in anticipo sui tempi, programmare il da farsi.
Ebbene, le chiedo se abbiate un'idea di come debba essere strutturata e programmata questa nuova infrastruttura NGN. Continuo a sostenere da alcune settimane - ed è anche la linea del movimento che qui rappresento - che sicuramente questa infrastruttura va collocata dove davvero i dati circolano, dove cioè si trasporta quel tipo di merce (ovvero i dati). Teniamo conto, poi, che in questa sede qualcuno ha affermato durante l'audizione che dobbiamo assolutamente realizzare una programmazione che copra tutto il territorio italiano. Per quanto mi riguarda, ciò ha creato un forte imbarazzo, poiché non possiamo permetterci i livelli raggiunti dai giapponesi, anche considerati i tempi che viviamo e gli anni a venire.
Vorrei che lei mi dicesse qualcosa di ancora più chiaro, magari di ordine tecnico, fornendomi dati che non possiedo per poter sostenere, in sede di programmazione, la filosofia più idonea per impiantare questa nuova tecnologia e non quella basata, come qualcuno tenta ancora di sostenere, sulla logica che tutti indistintamente debbono avere la banda larga a 100 Mb al secondo. Forse - dovete però sostenermi dal punto di vista tecnico - è vero esattamente il contrario.


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ANDREA SARUBBI. Anch'io ringrazio il nostro ospite per la sua esposizione. Visto che per lei, ingegnere, è la prima audizione, ma per noi è l'ennesima, volevo aggiornarla su quanto è accaduto finora, anche se, probabilmente, da contatti formali saprà già qualcosa.
In sostanza, registriamo sempre uno strabismo, che è nell'ordine delle cose, per cui da un lato guardiamo al digital divide e dall'altra guardiamo alle NGN. Si rilevano sensibilità diverse, anche a livello politico e personale, per cui alcuni sostengono di puntare sull'NGN e di aumentare il PIL così vedremo che girerà maggiore ricchezza. Altri negano questa ipotesi, sostenendo che non solo il 10 per cento della popolazione, ma anche il 30 per cento dei comuni subiscono il digital divide. Non credo che ne usciremo parlando tecnicamente: ne verrà a capo il Governo, che ha i numeri per farlo.
Volevo chiederle una mano per risparmiare risorse, visto che abbiamo grandi problemi economici. Sulle NGN le dichiarazioni del nostro presidente ai giornali potrebbero indicare una via d'uscita - alludo alla commistione pubblico-privato - e vedremo che cosa ne verrà fuori. Le domando invece, relativamente al digital divide, quale sia a suo parere il modo più economico per colmare il divario oggi esistente. Poco fa l'ho sentita parlare di Wi-Max, quindi le chiedo se possa essere questo il sistema, oppure se stiamo ancora vaneggiando, giacché fra le montagne dell'Umbria, al confine con le Marche, il segnale buono non arriverà mai.

PRESIDENTE. Pongo una domanda provocatoria. Molto spesso mi è stato chiesto: perché è così necessaria una nuova rete? Non è già sovradimensionata, rispetto all'attuale domanda, la rete esistente? Perché dobbiamo inserire tra le priorità una nuova rete?

CORRADO SCIOLLA, Amministratore delegato di British Telecom Italia. Innanzitutto, partiamo dal DVB-H e dall'utilizzo del telefono e del cellulare per la larga banda. Come peraltro ci insegna la televisione, è fattibile l'utilizzo delle frequenze per servizi one to many, ossia che utilizzano lo stesso ammontare di banda per trasmettere lo stesso segnale a tutte le persone. Questa è chiaramente la metodologia della televisione, digitale o analogica che sia. Quando, invece, ognuno vuol vedere un segnale diverso in un momento diverso (come avviene su Internet), l'utilizzo del mobile come succedaneo della larga banda per servizi on demand è molto complicato (mentre è possibile nel primo scenario).
Se mi si consente, spiego il problema anche dal punto di vista tecnico. L'ammontare di frequenza disponibile è strettamente legato alle frequenze assegnate. Ebbene, fino a 2 GHz, ovvero le frequenze disponibili oggi, le bande allocate per i diversi servizi (per una questione tecnica non se ne possono assegnare di più) sono al massimo di 150 MHz. Se si dividono 150 MHz per i quattro operatori, ottiene 40 MHz per ognuno. Preciso che il rapporto fra MHz e Mb è di uno a due. Quindi, al massimo si riesce a ottenere 80 Mb di trasmissione. Invece, il collegamento della fibra porta 80 Mb per un soggetto, non per collegare tutta la popolazione. Pertanto, non è possibile tecnicamente. Sarebbe possibile se, anziché utilizzare frequenze di GHz, si utilizzassero frequenze molto più alte, che però presentano un problema: all'aumentare della frequenza aumenta l'attenuazione. Dunque, con frequenze molto più alte non si riesce a passare all'interno dei muri. Pertanto, ad oggi tecnicamente tale soluzione è impossibile. Se tra dieci anni qualcuno studierà sistemi completamente diversi, al momento non sono in grado di prevederlo. Oggi, però, è tecnicamente impossibile.
Per quanto riguarda i dati di mercato, quelli che ho citato sono dati Agcom, non confutabili da nessuno perché riportati in delibere dell'Autorità garante.
Alla domanda relativa al digital divide, rispondo che sicuramente il rame continuerà a giocare un ruolo importante. Quindi, la rete di Telecom Italia in rame, che copre, almeno per l'ultimo miglio, un numero molto elevato di popolazione, continuerà


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a giocare un ruolo importante. Non si porterà mai la fibra a casa di tutti i cittadini. La fibra ha senso in zone ad alta densità di popolazione. Se lei porta la fibra sotto un grattacielo abitato da cinquecento famiglie, l'investimento ha un ritorno. Ma se lei deve portare appositamente la fibra per collegare una villetta non le converrà mai. Per questo dico che il rame sarà fondamentale.
Quali problemi ha oggi il rame? La banda che si riesce a trasportare sul rame è fortemente dipendente dalle dimensioni del rame e dalla distanza della centrale rispetto a chi riceve il segnale. Il problema odierno della rete di Telecom Italia è che non è buona la dimensione del rame né la sua qualità. Ultimamente non sono stati fatti investimenti di manutenzione sulla qualità del rame, come ammettono anche i soggetti interessati, mentre quello è un aspetto su cui occorre investire. In secondo luogo, probabilmente si utilizzerà più fibra per portare le centrali più vicine. Oggi ci sono alcune centrali che magari distano 15 chilometri dal cliente finale e che quindi non sono sufficienti per trasmettere segnali a larga banda. Se, però, si avvicinano le centrali, una sola di esse, anziché coprire una famiglia, potrebbe coprirne 150; allora i parametri di ritorno economico inizierebbero ad essere più ragionevoli. In questo caso, avvicinando maggiormente le centrali agli utenti, si riesce a utilizzare il rame anche per segnali a banda più larga.
Personalmente non credo - ma sono più esperto di mercati aziende che di mercati residenziali - che ci sarà bisogno di avere dappertutto 100 megabit. Naturalmente sto parlando della banda effettivamente garantita, non della banda offerta. Si deve considerare la banda garantita per avere un segnale video ad alta definizione. Personalmente penso che, al massimo, ci sarà bisogno di 2-4 megabit, per avere un segnale televisivo ad alta definizione. Altra è la problematica per le aziende, che possono avere bisogno di infrastrutture diverse.
Aggiungo che in Germania hanno individuato una tecnologia innovativa, che per il momento pensano di sviluppare nella città di Berlino: avendo dei cavidotti sufficientemente grandi, in alcuni pezzi viene sfilato il rame e infilata la fibra. Non so se dipende da questo, ma Deutsche Telekom è l'unica azienda di telecomunicazioni ad aver perso, durante quest'anno, l'11 per cento a fronte del 60-70 per cento di tutti gli altri operatori.
Quanto al digital divide, dipende fortemente da quanti soldi si possono investire. A mio avviso, poiché il mercato, come dicevo, permette agli operatori fissi di recuperare, come è stato per i mobili, una quota rilevante dei soldi che essi stessi investiranno sulla rete di nuova generazione, secondo me questi daranno un contributo anche alla parte che riguarda il digital divide. Questo è quello che mi aspetto. Per il resto, non credo che verrà mai portata la fibra alle singole famiglie.

PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Sciolla e tutti i rappresentanti presenti di British Telecom Italia.
Dichiaro conclusa l'audizione e sospendo brevemente la seduta.

La seduta, sospesa alle 15,25, riprende alle 15,30.

Audizione di rappresentanti di Microsoft Italia.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'assetto e sulle prospettive delle nuove reti del sistema delle comunicazioni elettroniche, l'audizione di rappresentanti di Microsoft Italia.
Do la parola al dottor Pier Luigi Dal Pino, direttore delle relazioni istituzionali di Microsoft Italia.

PIER LUIGI DAL PINO, Direttore relazioni istituzionali di Microsoft Italia. Onorevole presidente, onorevoli deputati, innanzitutto desidero ringraziarvi di questa opportunità. È indubbio che le reti di nuova generazione rappresentano il futuro di Internet, anche perché danno la possibilità


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di accesso a un numero sempre maggiore di informazioni e di dati. L'attenzione del legislatore per noi è di grande conforto e la cogliamo con passione, perché lo sforzo sulla crescita di Internet, dalla rete ai servizi in essa contenuti, ci vede concentrati con tutto il settore, Telco comprese.
Passando ad una breve presentazione di Microsoft Italia, stiamo parlando di una società di software che opera in Italia dal 1985 e che occupa circa mille dipendenti, su due sedi (Milano, sede principale, e Roma). Microsoft Italia è una società che ha un modello di business molto particolare, in quanto non ha un modello di vendita diretta, bensì indiretta, quindi opera nel Paese attraverso una rete numerosa di partner (circa 25 mila) ed ha un impatto molto forte a livello occupazionale. L'indotto nel complesso riguarda circa 255 mila posti di lavoro e ha un valore pari a circa 8,5 miliardi di euro. Le fonti IDC 2007 provano che l'azienda esercita sul mercato un effetto moltiplicatore molto forte attraverso la rete dei partner, considerando che a ogni euro di fatturato dell'azienda corrispondono, come indotto, circa 8,8 euro di fatturato per ogni singolo partner.
Venendo al tema centrale oggetto dell'indagine conoscitiva, su cui mi avete chiamato a relazionare, dico subito che lo sviluppo e la velocità di Internet stanno cambiando in modo sostanziale la percezione dello stesso consumatore dell'utilizzo del software; non si tratta più di un utilizzo soltanto fisico sul nostro PC, ma in realtà si sta spostando sul servizio e sulle funzionalità che il software stesso riesce a dare, soprattutto grazie alla rete. Microsoft Italia fondamentalmente si concentra sull'attività dei servizi per creare applicativi e strumenti per utilizzare al meglio Internet con tutta la sua banda disponibile. Non siamo, quindi, una società fornitrice di connettività, ma per noi Internet rappresenta «l'autostrada», o comunque una strada importante, su cui possiamo far girare e, con i prossimi modelli di business, vendere i nostri prodotti.
Devo dire che i servizi di Internet ai quali hanno accesso la pluralità dei consumatori sono diventati ormai delle commodity; molto spesso, dunque, non hanno neanche bisogno di essere venduti, in quanto si trovano, appunto, su Internet. Qual è dunque la sfida vera, anche del mondo del software, nello sviluppo della rete? La sfida è quella di poter creare la piattaforma di servizi che meglio si adegua alla portata della rete e, soprattutto, alle necessità dei consumatori e degli utenti. A questo si collega il grande dibattito sul cosiddetto cloud computing, ossia la piattaforma migliore che riesce ad abilitare i servizi e renderli disponibili ai consumatori secondo le loro esigenze.
È ovvio che si tratta di uno sviluppo di tipo strategico e che la banda larga (tutta la sua ampiezza, velocità, portabilità e interoperabilità) è una condizione necessaria, anche se non sempre sufficiente, per far crescere questa grande piattaforma, che domani farà vivere comunque l'utilizzo del nostro personal computer, probabilmente non più legato strettamente alla macchina. Un domani, fondamentalmente, basterebbe un browser per potersi connettere sulla rete, dove un grosso cloud computing deterrebbe gran parte delle attività.
Il mercato qui si divide, nel modo in cui sta pensando al cloud computing. Alcune società pensano di poter detenere interi data server e, quindi, di conservare i dati dei propri consumatori. Si tratta di una sfida molto importante, che solleva tematiche a cui sicuramente il legislatore dedicherà una certa attenzione. Altre società, fra le quali la nostra, invece pensano a una scelta del consumatore che possa operare in parte su una piattaforma Internet di cloud computing, la quale detenga i dati in un data center, e in parte su una macchina personale, giorno per giorno, oppure affidandosi a un outsourcing territorialmente vicino all'azienda o all'abitazione.
L'altro punto molto importante, che apre una grandissima sfida nel mondo delle comunicazioni e, soprattutto, delle telecomunicazioni, è il fattore convergenza,


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che viviamo in modo molto forte laddove l'emergere di piattaforme con offerte a larga banda, che fanno uso, però, del protocollo IP, sostituiscono la tradizionale offerta di broadcasting, o telefonica, tramite servizi alternativi che hanno necessità di banda. Alludo ai servizi IPTV e VoIP.
Esaminato quanto l'impianto tecnologico e lo sviluppo del mondo del software incidano sul progresso del mondo dell'ICT, tengo ad evidenziare alcuni fattori sui quali, a mio avviso, il legislatore - e non solo il legislatore - deve porre grande attenzione. Mi riferisco a tre aspetti essenziali. Il primo aspetto riguarda il gap digitale e la neutralità della rete, vedendo tutto ciò soprattutto dal punto di vista del consumatore.
Un secondo aspetto è la governance, non intendendo strettamente la libera regolamentazione, bensì la governabilità di certi fenomeni tramite politiche particolari riguardanti la sicurezza, la privacy, la tutela dei minori su Internet, l'interoperabilità, il pari diritto di accesso. Si tratta di tematiche su cui è necessario che il mercato lavori molto, assieme alle istituzioni, per sviluppare codici di condotta o, comunque, linee guida su cui poi il mercato si deve allineare.
Il terzo aspetto riguarda i contenuti e i servizi e forse questa è la sfida più importante per un'industria dei contenuti che, da un lato, cresca sulla base di un corretto rispetto della proprietà intellettuale e, dall'altro, soprattutto fornisca un forte impulso affinché la propria politica industriale faccia leva su alcuni beni e ricchezze dei quali in Italia non possiamo fare a meno, in quanto li ereditiamo fin dalla nostra nascita. Parlo della ricchezza del Paese, in tutte le sue declinazioni, rappresentata dal turismo, dalla cultura, dall'ambiente ed altro ancora. Qui esiste un'industria con forti potenzialità, ma il settore manca di una parte di governance, argomento su cui tornerò più avanti.
Venendo ai tre aspetti ora elencati, il gap digitale, di tipo culturale e generazionale, crea un forte impatto, a volte anche con effetti di chiusura nei confronti del consumatore. In realtà, ciò che preoccupa di più nella diffusione delle reti di terza generazione, per non parlare delle reti a banda larga, è l'aspetto territoriale, quello del rapporto tra lo spazio e il tempo necessario per arrivare al consumatore, ovunque esso sia. Sto parlando di zone arretrate, di zone montane, che conoscete sicuramente meglio di me. Non esiste una risposta a ciò, se non lo sviluppo capillare nella convergenza, quindi di tutte quelle applicazioni che prendono vita anche sulle piattaforme Internet attraverso i protocolli IP. Sto parlando di ciò che noi conosciamo come unified communication e che consiste nell'unificare tutte le esperienze che ruotano intorno alle telecomunicazioni, come ad esempio il voice over IP. Tali applicazioni hanno un impatto molto forte, sia sui costi (recenti indagini dimostrano circa un 25 per cento di risparmio nei costi della pubblica amministrazione) sia soprattutto sull'efficienza nel lavoro. L'analisi va, ovviamente, dal mondo privato a quello della pubblica amministrazione; dal nostro punto di vista constatiamo il fenomeno soprattutto con i nostri clienti, ma anche nella pubblica amministrazione. A questo proposito, Microsoft, nei prossimi mesi aprirà un centro di competenza proprio a Roma, per cercare di dimostrare, insieme ad una realtà universitaria di ricerca, di fare sviluppo anche su questo tipo di piattaforma. La scelta di Roma vuol essere proprio un punto di vicinanza con la pubblica amministrazione che, forse più di altre, ha bisogno di utilizzare questo tipo di accesso.
Neutralità della rete significa garantire un pari diritto di accesso alla rete medesima, indipendentemente dal tipo di servizio di cui si vuole usufruire. A tal proposito esistono alcuni princìpi di connettività ai quali abbiamo aderito, insieme ad altre industrie, che vanno dalla parità per tutti i consumatori nella scelta e accesso a contenuti e servizi, alla facoltà per i consumatori di usare le applicazioni di proprio gradimento e di potersi connettere con propri mezzi. Tutto ciò, ovviamente, a condizione di non limitare la


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banda disponibile e di non fare un uso di Internet illecito e inadatto allo scopo delle comunicazioni.
È importante sottolineare che la dotazione, per società di un pari livello, di una pari vastità di banda utilizzabile da una pluralità di soggetti significa che questi ultimi a priori non devono essere discriminati. Soprattutto, i fornitori di accesso a Internet non devono e non possono fissare i prezzi a seconda del servizio utilizzato. Questo è un punto molto importante, che non fa altro che ricalcare e sottolineare quanto il codice sulle comunicazioni elettroniche, cioè il decreto legislativo n. 259 del 2003, ha comunque stabilito. La discriminazione, dunque, non può riguardare il rapporto prezzo-contenuto, poiché ciò terrebbe fuori una gran parte del mercato dalla possibilità di utilizzare una sufficiente larghezza di banda e quindi dalla possibilità di poter accedere a servizi prioritari (un domani, forse, anche per i cittadini): la telemedicina, il telelavoro e altro ancora. Non si deve sacrificare la banda larga solo perché si è stipulato un tipo di contratto di acquisizione per una determinata larghezza di banda. In ciò consiste la non discriminazione e la neutralità della rete.
Venendo alla governance, i temi più caldi e più sentiti dai cittadini, ma anche dalle imprese, sono sicuramente quelli della privacy e della sicurezza. La nostra filosofia è quella di poter dare il massimo controllo possibile della privacy e della gestione dei propri dati all'utente, che deve essere innanzitutto reso consapevole attraverso una comunicazione trasparente. Tuttavia, è fondamentale che la tranquillità, la possibilità di utilizzo e la sicurezza della rete siano supportate da azioni specifiche. Il mondo dell'impresa è vicino al consumatore nel trasmettere certi messaggi.
Nel luglio 2007 abbiamo annunciato alcuni privacy principle, cioè princìpi sulla connettività e sulla privacy, molto legati sia al search, sia all'advertising on-line. Si tratta di princìpi che ribadiscono la comunicazione aperta verso l'utente, cioè la trasparenza, in modo tale che l'utente conosca esattamente qual è il trattamento dei propri dati; l'empowerment, cioè il potere di gestire lui stesso i propri dati, laddove riesca e sia possibile (la tecnologia aiuta molto); soprattutto, la conservazione dei dati in forma anonima.
Per quanto riguarda quest'ultimo aspetto, l'industria ritiene necessari 18 mesi di conservazione dei dati da parte dell'utente. Stiamo lavorando a seguito delle richieste provenienti dall'Unione europea e prendendo in seria considerazione la possibile modifica di una tale tempistica che nasce - vorrei farvi capire bene questo punto - dalla necessità, molto importante, di studiare e sviluppare in termini di sicurezza gli algoritmi che migliorano la stessa capacità di navigazione in rete.
Per cercare di essere il più vicini possibile alla gestione ad opera del consumatore dell'accesso a Internet, a protezione dei dati personali, nella prossima versione 8 del browser corrente sarà prevista una modalità private, tramite la quale non si potrà realizzare la tracciabilità della persona, con cancellazione sia della storia della ricerca, sia di qualunque elemento utilizzabile dai data center e utile a recuperare la storia della navigazione effettuata dalla persona stessa, garantendo così l'anonimato totale. Si parla delle libertà del «cittadino-utente» e credo che tutto ciò rappresenti uno sviluppo importante e interessante, oltre che una risposta concreta da parte dell'impresa.
L'altra risposta concreta è rappresentata dalla collaborazione con l'autorità giudiziaria italiana, che si concretizza nella conservazione dei contenuti degli scambi e-mail per 60 giorni e, attraverso una rogatoria internazionale, nella possibilità per l'autorità giudiziaria, con un ritmo di circa 15 richieste a settimana, di recuperare presso i nostri server (Microsoft Italia in questo fa da carrier, cioè da agevolatore o da ponte con Microsoft Corporation, che ha la property dei propri server) lo scambio e il contenuto delle e-mail.
Si deve sempre mantenere un certo equilibrio tra privacy e sicurezza e, ovviamente, su ciò verte il dibattito portato avanti negli ultimi anni non solo dal


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nostro garante, ma anche a livello europeo dall'Article 29 Working Party. Alludo alla sicurezza, da un lato, nell'abilitare i terzi ad accedere e ad erogare servizi, dall'altro lato alla sicurezza fisica di base dei propri software, necessaria per poter gestire al meglio la sicurezza dei propri sistemi. Il lavoro da svolgere in questo campo, riguardo al quale l'industria gioca un ruolo primario e responsabile, è enorme. La nostra attività è più che altro dedita ad informare il consumatore e a fornire a quest'ultimo tutti quegli elementi che rendono più facile la navigazione o la gestione del proprio software sulla macchina. Soprattutto, si punta a diffondere una cultura globale su come gestire i propri sistemi. Quest'ultima è la parte forse più difficile (ad esempio, convincere a scaricare le patch, o comunque a fornire un upgrade continuo, assicurando una gestione attenta dei propri sistemi), ma allo stesso tempo risulta essere, ovviamente, il fattore abilitante forse più importante.
Sempre relativamente alla sicurezza nella navigazione on line, diamo molta importanza alla tutela dei minori. Si rileva, infatti, un digital divide molto forte a livello generazionale e comunque, all'interno della realtà domestica sussiste una difficoltà nei controlli.
Un altro aspetto pertinente è la selezione dei contenuti che stanno circolando sulla rete. Questi ultimi si suddividono tra contenuti commerciali, forse maggiormente gestibili e tracciabili, e i cosiddetti user generated content, quelli che volontariamente un consumatore crea e immette sulla rete. Il nostro punto più importante è che gli user generated content siano comunque associati a forme di diritto relativamente al proprietario e alla vita del contenuto. La richiesta è quella di avere un sistema robusto di autoclassificazione dei contenuti, come hanno fatto i produttori di videogiochi, e l'utilizzo di software, chiamati family safety o parental control, che aiutino il genitore a «portare il figlio per mano», cercando, come per la prima esperienza della televisione, di essere vicini e conoscere soprattutto la navigazione del proprio figlio.
Il portale MSN video contiene soltanto contenuti commerciali, quindi controllati. Il portale Sobox, che raccoglie gli user generated content, utilizza invece contenuti che hanno una provenienza, quindi un digital rights management (DRM) all'origine.
Un'altra attività è quella di impegno forte con le istituzioni, le associazioni di settore e le organizzazioni internazionali nel Paese. In Italia c'è una campagna molto forte sulla protezione dei minori su Internet, chiamata «SicuramenteWeb», un'attività forte di educazione del mondo scolastico e un'attività con la polizia postale. Abbiamo sviluppato e donato un software per aiutare la polizia postale a migliorare il tracking system, dunque a seguire il più possibile l'esperienza di navigazione dei ragazzi, ma soprattutto dei pedofili on-line.
L'aspetto dell'interoperabilità fa parte di un'attività di governance di alcune tematiche importanti per lo sviluppo dei servizi sulla rete, per far parlare i diversi sistemi e le diverse piattaforme di software. In questo rientra l'implementazione di standard aperti di settore, che promuoviamo nel partecipare ai vari eventi internazionali dedicati alla standardizzazione e che sono il modo non discriminatorio per riconoscere l'elaborato tecnico standard predisposto dai comitati tecnici ed immesso sulla rete o comunque sul mercato insieme alla comunità scientifica.
Deve essere infine considerato l'aspetto dei contenuti e dei servizi, parte molto importante, che negli ultimi anni, soprattutto nelle ultime tre legislature, ha ricevuto un'attenzione molto forte. Si tratta di tutelare un altro equilibrio fra la protezione dei contenuti e la possibilità di sviluppare gli stessi sulla rete, nell'intento di favorire un'economia della rete e un sistema produttivo che si autogenera. Per garantire il giusto peso alla protezione dei diritti di proprietà intellettuale - comunque necessaria, visto che in caso contrario difficilmente aziende o privati investiranno su questi contenuti - la nostra politica è stata quella di non consentire l'uploading, l'immissione di dati o di software, musica


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o film non protetti dal digital rights management, riconoscendo quindi il diritto dell'autore dell'opera. D'altro canto, abbiamo scelto anche di non criminalizzare i comportamenti legati al download non associato all'intenzionalità di arrecare un danno economico. Si tratta della non criminalizzazione di comportamenti di carattere ludico, legati solo al desiderio di accesso a contenuti e privi di carattere lucrativo. Sono previste altre forme di protezione di questi contenuti, quali ad esempio i creative commons, che realizzano esattamente il desiderio di colui che ha il diritto d'autore e che decide cosa fare della sua opera. Tale opera può quindi anche essere a costo zero, può comportare la sola lettura o il solo scaricamento. I creative commons sono una modalità creativa che si adatta bene e che abbiamo assimilato nella produzione del materiale cartaceo, di scrittura nel sistema di Word.
In conclusione, quindi, deve essere individuato un equilibrio e un lavoro da realizzare in modalità multi-stakeholder (fra tutte le parti) e in cui ognuno deve compiere un passo indietro per intraprendere un lungo cammino, sul quale possa svilupparsi un'industria di contenuti con potenzialità enorme.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

JONNY CROSIO. La ringrazio per la sua relazione e vorrei rapidamente porle due domande. La società e il mercato ci chiedono di creare un'infrastruttura di reti con maggiori performance. Vorrei sapere però quale impulso possiate dare non alla rete ma al software. Dobbiamo infatti creare strade migliori, ma anche avere automobili che, viaggiando sempre a una certa velocità, consumino meno. Questo è il software. Per portare i dati è inutile fare reti. Vorrei capire quale margine di miglioramento esista, perché nel creare NGN è importante valutare il vostro margine di miglioramento.
La seconda domanda riguarda la contrapposizione, che considero difficilmente gestibile e a cui non siamo ancora pronti, tra privacy e sicurezza, su cui si rileva un enorme imbarazzo. Ho avuto il piacere di incontrare il vice direttore mondiale di Google. Confermo di essere googly e sono portato, anche come politico, a garantire che la rete resti un patrimonio da difendere. Tuttavia, ho la consapevolezza che sull'argomento della tutela dei minori non ci si può limitare all'avvertimento che si tratta di un campo minato. Un cartello non è sufficiente, è necessario mettere un cancello. Non possiamo demandare la competenza e l'onere della tutela a chi deve gestire i minori, che sono «più minori dei minori» nell'uso dei mezzi informatici, perché il divide generazionale è incolmabile. Si tratta di una critica che spero risulti costruttiva, perché dobbiamo difendere non solo i minori, ma la rete, che altrimenti cadrà in disgrazia anche nei riguardi della politica e verrà strumentalizzata con demagogia. Stiamo correndo un rischio molto forte, per cui vorrei sapere quali azioni concrete vengano previste. Non basta mettere filtri, che i ragazzini di 14 anni dribblano come vogliono, senza che i genitori possano accorgersene. Questo è un enorme problema.

ANDREA SARUBBI. Parto dall'ultimo punto analizzato dall'onorevole Crosio, che riguarda il rapporto tra sicurezza e privacy. Non ho capito bene la questione dei sessanta giorni. Cosa significa? Che in modalità private non sono rintracciabile, a meno che l'autorità giudiziaria non chieda l'accesso, retroattivo di sessanta giorni, ai miei movimenti?

PIER LUIGI DAL PINO, Direttore relazioni istituzionali di Microsoft Italia. C'è una divisione sulla modalità private, che è un accesso attraverso un browser. Quindi, è una modalità attraverso la quale non vale l'esercizio dei sessanta giorni.

ANDREA SARUBBI. E se l'autorità giudiziaria chiede informazioni?

PIER LUIGI DAL PINO, Direttore relazioni istituzionali di Microsoft Italia. Questo


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avviene soltanto in questo tipo di modalità di browser, che è una richiesta formulata dagli utenti e che non rappresenta l'esperienza di navigazione corrente.

ANDREA SARUBBI. Mi scusi. immedesimandomi negli inquirenti che stanno indagando sull'omicidio di Garlasco, uno degli aspetti che potrebbe condizionare l'accusa o la difesa è la necessità di capire se il principale indiziato abbia utilizzato il computer in un certo momento, dove abbia navigato e che cosa abbia fatto. È un esempio fuori luogo, perché ho citato un processo in corso, su cui non intendo prendere posizione. Desidero solo spiegare il problema. Vorrei sapere cosa avverrà se la persona indiziata è andata in private. In tal modo verrà rispettata la privacy, ma l'autorità giudiziaria avrà difficoltà a capire se questa persona fosse rintracciabile.
In secondo luogo, poiché avete parlato di VoIP e già oggi alcuni operatori (Fastweb e Telecom) in certi casi danno una linea VoIP oltre a quella tradizionale, vorrei sapere se riteniate che un giorno in Italia la modalità VoIP potrà sostituire la telefonia fissa tradizionale.
L'ultima domanda è in realtà una provocazione che ha lanciato questa mattina il rappresentante di Poste italiane, dichiarando il suo desiderio che le pubbliche amministrazioni possano accedere al digital mail box e che le notifiche possano avvenire in maniera elettronica. Il problema serio, di cui mi ha detto a margine di aver discusso con Bill Gates, consiste nel fatto di non riuscire a far comunicare tra loro le pubbliche amministrazioni a causa dei diversi sistemi. Nella mia esperienza di navigatore posso ovviamente simpatizzare per Microsoft, ma in quella di politico devo preferire l'open source, perché non comporta spese di brevetti. Vorrei sapere dunque se tutto questo sia possibile tramite compatibilità anche con l'open source.

ANTONINO FOTI. Negli aspetti da lei sottolineati come principali (gap digitale, neutralità della rete, governance, contenuti e servizi) emerge un accento particolare sui contenuti e i servizi, con particolare rilievo al tempo libero, all'intrattenimento e al turismo. Vorrei sapere quale ruolo Microsoft ritiene di svolgere su questo aspetto, anche in funzione di quella che voi dite essere una relazione industriale con le categorie produttive nel segmento specifico del turismo; in realtà per il tempo libero gli aspetti pubblici sono legati maggiormente agli aspetti culturali e di altre amministrazioni che non hanno niente a che fare con le categorie private.

PRESIDENTE. Do la parola ai rappresentanti di Microsoft Italia per la replica.

PIER LUIGI DAL PINO, Direttore relazioni istituzionali di Microsoft Italia. Per quanto riguarda la prima domanda sul discorso di una maggiore opportunità di performance da parte della rete, i margini di miglioramento e di incisività del software sono enormi e si potrebbe ipotizzare un effetto moltiplicatore doppio per quanto riguarda la crescita della performance (velocità, ampiezza della banda), con tutte le prerogative di non discriminazione. Il software può quindi rendere questa performance chiara e raggiungibile su tutti i device, dal cellulare alla televisione. Questa è la vera potenzialità del software, laddove la maggior performance (velocità e ampiezza di banda) non può fare altro che ospitare un maggior numero di dati e quant'altro. Quindi, si tratta di una velocità che provoca un effetto moltiplicatore. Tuttavia, in modo intelligente, il software riesce anche a svolgere attività che richiedono un minor consumo energetico e un minore impatto ambientale. Abbiamo infatti registrato che, all'aumentare della performance, il software riesce anche a migliorare la propria resa, guadagnando in efficienza.
Il bilanciamento fra privacy e sicurezza, in un'ottica di difesa della rete, è effettivamente un tema enorme. Da un lato, l'utente agisce sul proprio personal computer, esercitando tutte le attività utili a mantenere il software sicuro (scaricare le patch e quant'altro). Dall'altra parte, però, l'utente stesso vive un'esperienza on-line,


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quindi sul web, dove non è padrone al cento per cento, sperimentando così una dicotomia notevole.
Nel caso di una persona matura e consapevole, comunque, in qualche modo l'informazione generale su come mantenere sicuro, ad esempio, il proprio browser (che rappresenta il primo ingresso sulla rete), può fornire una risposta. Diverso, invece, è il discorso relativo ai minori. Ebbene, da parte nostra l'azione concreta per difendere questi ultimi è rappresentata dallo sviluppo del tipo di software citato, che però non blocca la rete. Difatti, di fronte a qualunque blocco della rete un minore si scontri, egli troverà, comunque, una seconda porta (o magari una finestra) di accesso. In pratica, qualsiasi barriera crea lo stimolo al suo superamento.
La nostra esperienza concerne l'utilizzo (o, comunque, la consapevolezza da parte di un genitore) di strumenti di parental control che non fanno da barriera, bensì agiscono come filtri, magari molto selettivi, comunque impostati dal genitore tramite lo studio della navigazione del proprio figlio. È come quando si osserva il proprio figlio guardare la televisione: si cerca di capire su quali canali si ferma e quale tipo di interessi possa avere. La tecnologia del parental control consiste nello studio - ovviamente in remoto, quindi non davanti al proprio figlio - dei percorsi di ricerca tipicamente eseguiti dal minore e nell'individuazione degli eventuali siti da cominciare a bloccare in modo mirato, tramite opportune parole.
Inoltre, si possono sviluppare formule di chat controllate, come stiamo facendo soprattutto sul portale MSN, in cui esiste una profilazione del soggetto, proveniente da una e-mail di riconoscimento. Ciò consente di avviare tutte le attività opportune nel caso in cui si rilevino atti criminali. La necessità di creare chat, o comunque di forme di social networking, in cui sia assicurata la conoscenza dei soggetti, è effettivamente molto sentita, Ribadisco che molto efficace è il potere di controllo esercitato dal genitore. Blocchi di questo tipo hanno esercitato, stando anche alle esperienze del nostro osservatorio, una resistenza maggiore al superamento dell'ostacolo. Penso così di averle risposto, ma non di averla convinta.

JONNY CROSIO. A essere sincero, lei non poteva convincermi, poiché in questo momento non può convincere nessuno. Il problema è un altro e voi lo sapete: non potete farlo voi. Occorre studiare qualche rimedio, utilizzando una piattaforma parallela e vicina, ma autonoma nella gestione della rete.

PIER LUIGI DAL PINO, Direttore relazione istituzionali di Microsoft Italia. La nostra attività si avvale della collaborazione della Polizia postale e di tutte le autorità, ma soprattutto delle associazioni, a partire dall'UNICEF, con cui collaboriamo per campagne di educazione. Queste ultime giocano un ruolo molto importante, perché conoscono esattamente gli ambienti.
Al legislatore chiediamo la possibilità di permettere il controllo e la tracciabilità dei contenuti. Sicuramente, se non il problema della chatting, della comunicazione peer to peer, ciò intercetta almeno quello dell'immissione di certi contenuti pedo-pornografici, o comunque lesivi per un minore. Su questo fronte si può esercitare un controllo.

GIAN LUCA PETRILLO, Corporate affairs manager di Microsoft Italia. Provo anch'io a dare un contributo. Il rapporto tra sicurezza e privacy è per definizione complesso e non esiste una quadratura del cerchio. La normativa pian piano progredisce, con requisiti sempre maggiori in termini di privacy o in termini di sicurezza, che noi cerchiamo di implementare sapendo che, più una regolamentazione va nel dettaglio, più è difficile rimanere al passo, poiché lo sviluppo richiede certi tempi tecnici.
Quanto ai sessanta giorni, si tratta del termine per il tracciamento di informazioni legate ai servizi. Mi spiego meglio: qualora un'autorità competente richieda la nostra collaborazione (a seguito dell'omicidio di Garlasco o di qualsiasi altro


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crimine) col decreto di un magistrato, noi forniamo le informazioni, ad esempio, sui servizi di posta elettronica. Stiamo parlando, in ogni caso, di servizi; per quanto riguarda, invece, la navigazione - torniamo al browser e alla funzione relativa ad Internet Explorer 8 - la funzione illustrata permette di disabilitare alcune forme di tracciamento, quali ad esempio: i cookie che restano sul computer; una cronologia che può restare in postazioni pubbliche di accesso; codici per l'homebanking. Insomma, si tratta di funzioni tipiche del browser. Ciò non toglie che a un livello inferiore - questa sede è quella della Commissione trasporti, poste e telecomunicazioni e so che avete ascoltato già operatori TLC - di trasporto dati, esiste comunque un tracciamento dei flussi.
Sono consapevole che nell'esposizione ci siamo un po' dilungati, ma abbiamo abbinato due argomenti, in realtà da tenere distinti: la navigazione da un lato, i servizi dall'altro. Sui servizi, nonostante una giurisdizione che strettamente non lo richiederebbe, giacché i nostri servizi sono in parte negli Stati Uniti, cioè all'estero, è attivo un rapporto di collaborazione ed alcuni nostri colleghi fungono da interfaccia per poter fornire questo tipo di contributo.

PIER LUIGI DAL PINO, Direttore relazione istituzionali di Microsoft Italia. Questa era la richiesta al mondo delle telecomunicazioni: l'indirizzo e il relativo abbinamento della figura che sta dall'altra parte.
La risposta alla domanda se il voice over IP possa sostituire la telefonia fissa, forse, non l'abbiamo chiara neppure noi, poiché lo scenario che stiamo vivendo, anche a livello internazionale, non dà alcun segnale di questo tipo. Ovviamente, si procede di pari passo con l'esperienza di navigazione, l'ampiezza della banda e quant'altro. Immagino che, al momento in cui una serie di servizi primari per la pubblica amministrazione - ad esempio servizi di telemedicina - avranno bisogno di una via prioritaria rispetto a tanti altri, verrà presa in considerazione come elemento integrante la parte voice, cioè le telecomunicazioni. La telefonia fissa non è al momento sostituibile, poiché il carrier, per arrivare a utilizzare il servizio Internet, passa comunque da un indirizzo IP. Ciò rimarrebbe vero anche se dovessimo utilizzare reti Wi-Max o comunque altre reti con supporto immateriale.
Per quanto riguarda il punto cruciale riguardante l'interoperabilità, su cui si discute nell'ambito di tutte le piattaforme software, richiamandomi al principio di non discriminazione, sottolineo che le piattaforme di tipo open source (che implicano, cioè, l'esistenza di un codice sorgente aperto), non richiedono il pagamento di una licenza, bensì il pagamento di un servizio di mantenimento e di gestione. Chiarisco, cioè, che non esiste un servizio gratuito, bensì un servizio concorrente; noi lo viviamo come un servizio puramente concorrente, quando esso risponda a logiche di mercato così come avviene per il software proprietario o commerciale.
Oggi l'esperienza insegna che ciò che il cliente chiede, dalla pubblica amministrazione alle imprese, è in realtà un mondo ibrido. Il mercato non si rivolge al fornitore di software chiedendo una tipologia di software open source oppure commerciale, bensì una combinazione delle due. Qui sta il punto importante e interessante dell'interoperabilità. L'ibridazione è, di fatto, la soluzione che il mercato suggerisce, in una collaborazione continua tra mondo open source e mondo commerciale.
L'esempio può essere quello di un servizio di posta commerciale che può essere abbinato a un servizio di active directory oppure a un browser di tipo open source. Il mercato, oggi, sta utilizzando questo approccio e, se lo sta facendo, significa che i due sistemi riescono a parlarsi. In questo senso facevo riferimento poc'anzi alla non discriminazione e all'utilizzo in termini di interoperabilità di standard aperti. Gli standard aperti hanno nomi e cognomi e ne esistono diversi sul mercato. Cambia il nome (Open XML oppure Udf), ma quello che non cambia è lo standard aperto: si


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rendono pubbliche le specifiche e i protocolli con cui essi sono stati sviluppati.
Microsoft utilizza Open XML, cioè uno standard aperto, che concede in modalità non discriminatoria le informazioni essenziali. Chiunque, con le stesse informazioni, può costruire un qualunque altro sistema in grado di parlare con il nostro. La differenza non è tra un sistema open source e un sistema commerciale, bensì fra due sistemi che utilizzano standard aperti e riconosciuti dagli enti internazionali.
ISO (International organization for standardization) ha riconosciuto UDF e Open XML e permette l'interoperabilità, la comunicabilità, la portabilità e lo scambio di informazione tra i due sistemi.

GIAN LUCA PETRILLO, Corporate affairs manager di Microsoft Italia. La domanda dell'onorevole sulle varie amministrazioni scollegate una dall'altra è molto interessante. Si tratta del tema dell'interoperabilità, sul quale anche le organizzazioni governative come il CNIPA (Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione) hanno favorito una piattaforma comune per la collaborazione.
È chiaro che quando dallo Stato nazionale si passa agli enti locali si può verificare qualche diseconomia, perché le amministrazioni che operano sul territorio hanno autonomia di scelta e in proposito non esiste alcunché di sbagliato. Se, tuttavia, si riuscisse a far valere un principio di giurisdizione, non tanto allo scopo di limitare la scelta, quanto piuttosto per arrivare ad alcuni standard comuni, si potrebbe risparmiare. Di fatto, si duplicano scelte e normative, talora generando qualche conflitto. Voi, onorevoli deputati, sapete che esiste un tema aperto al riguardo, sul Titolo V della Costituzione.
Il problema è che si stabiliscono in continuazione nuove modalità per l'approvvigionamento del software, quindi sull'open source o meno. Noi suggeriamo di seguire un principio di non discriminazione, di stabilire alcuni obiettivi e lasciare che l'industria lavori per raggiungerli.
La governance sta in questo: la politica stabilisce fin dove arriva la norma, poi sarà il mercato ad operare liberamente. Quando la norma entra troppo nel dettaglio, che si tratti di open source o di software proprietario, soltanto alcuni saranno in condizioni di agire. Quando soltanto alcune aziende possono lavorare su determinati settori specifici, è evidente che si creano diseconomie. La risposta che con molta umiltà crediamo di poter dare al quesito posto è che l'interoperabilità rappresenta la soluzione a questo problema, assieme al principio di non discriminazione tecnologica, che vale tanto per le reti, quanto per i software.

PIER LUIGI DAL PINO, Direttore relazione istituzionali di Microsoft Italia. L'ultima domanda verteva sui contenuti di Microsoft che vanno al di là del settore del turismo, di cui ci siamo occupati molto meno, rispetto ad altre realtà aziendali del mondo dell'information technology. Sicuramente, ci siamo occupati molto di più degli aspetti culturali, che investono una delle aree più ricche, come la digitalizzazione dei beni culturali. Microsoft ha una linea di sviluppo di software che, nel vissuto del mondo on-line, copre i servizi che abilitano piattaforme in grado di offrire esperienze di navigazione museale. Possediamo una linea di sviluppo software per rendere accessibili questi contenuti, trasformandoli quasi in un fattore di entertainment (vedi MSN).
La tecnologia gioca un ruolo molto forte nella creazione di contenuti, perché la creatività in questo settore è incredibilmente sviluppata e riusciamo a far vivere esperienze a persone con disabilità utilizzando da Microsoft Virtual Earth fino ad arrivare a navigazioni museali rimanendo nel proprio domicilio. In questo si rileva un'enorme potenzialità e nello sviluppare questo tipo di piattaforme si utilizzano sempre partner italiani. In Italia, infatti, esistono esperienze molto forti, soprattutto in materia di digitalizzazione dei beni culturali e oggi le società, sviluppando software o comunque contenuti multimediali, chiedono una protezione che


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renda loro merito dal punto di vista soprattutto economico per continuare a svilupparle.

PRESIDENTE. Ringrazio i rappresentanti di Microsoft Italia per il contributo offerto ai lavori della Commissione.
Dichiaro conclusa l'audizione e sospendo brevemente la seduta.

La seduta, sospesa alle 16,15, riprende alle 16,20.

Audizione di rappresentanti dell'Associazione italiana Internet providers (AIIP).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'assetto e sulle prospettive delle nuove reti del sistema delle comunicazioni elettroniche, l'audizione di rappresentanti dell'Associazione italiana Internet providers (AIIP).
Do la parola al presidente dell'AIIP, dottor Marco Fiorentino,.

MARCO FIORENTINO, Presidente dell'Associazione italiana Internet providers (AIIP). Signor presidente, onorevoli commissari, a nome dell'Associazione italiana Internet providers, desidero ringraziare la Camera dei deputati e in particolare il presidente e i membri della Commissione per l'invito e per l'opportunità di manifestare le esigenze specifiche delle imprese che rappresento circa l'indagine conoscitiva sull'assetto e sulle prospettive delle nuove reti del sistema di comunicazione elettronica.
Condivido e raccolgo positivamente l'iniziativa intrapresa da codesta spettabile Commissione e ritengo che essa rappresenti un segnale importante nei confronti del settore delle telecomunicazioni, contribuendo a sviluppare una peculiare attenzione da parte delle istituzioni dei media riguardo alle iniziative ormai necessarie per affrontare il grave ritardo, che l'Italia accusa, nella diffusione della larga banda, pari al 17 per cento rispetto a una media europea del 20 per cento.
L'AIIP è un'associazione costituita nel 1996, di area Confindustria, che rappresenta le aziende italiane eroganti servizi basati su protocolli IP. Ad eccezione del segretario generale, tutti i componenti di AIIP sono imprenditori. L'associazione raccoglie attualmente oltre 50 aziende - il numero è in crescita -, che forniscono servizi di connettività a Internet fisso e mobile, servizi di voice over IP, servizi a valore aggiunto, servizi di hosting, servizi di IP-television. Il fatturato complessivo dei soci supera i 2 miliardi di euro e gli investimenti effettuati negli ultimi cinque anni superano 1 miliardo di euro. Le aziende hanno una spesa in ricerca e sviluppo in percentuale al fatturato notevolmente più alta di quella dell'incumbent e dei maggiori operatori del settore. Abbiamo effettuato inoltre notevolissimi investimenti per la copertura delle aree di digital divide con tecnologie alternative e innovative e attualmente i nostri soci hanno coperto oltre 3 mila comuni italiani.
L'associazione svolge le proprie attività presidiando le sedi regolamentari pertinenti, quali l'Autorità garante delle telecomunicazioni, l'Autorità garante della concorrenza nel mercato, le associazioni dei consumatori e la Commissione europea tramite l'European Competitive Telecommunication Association (ECTA), di cui siamo membri, con azioni e interventi atti a garantire la concorrenza sul mercato. A tutela del diritto di informazione, inviamo notizie riguardanti le attività regolamentari e il loro impatto sul cittadino al milione di cittadini italiani che sono nostri clienti.
Di base, AIIP crede nel libero mercato, non inteso come mercato senza regole, nella convinzione che specialmente nel mercato delle reti le regole siano necessarie per garantire il funzionamento del mercato stesso. L'assenza di regole può portare il mercato, lasciato a se stesso, ad effetti devastanti, come l'attuale crisi finanziaria prova, ed è quindi per fornire il nostro contributo a un auspicabile quadro di nuove regole certe pro-competitive nell'interesse


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dello sviluppo del Paese che noi oggi ci troviamo qui innanzi a codesta Commissione.
AIIP intende per NGN la rete di accesso, ovvero l'insieme delle infrastrutture dirette, che consentono un raccordo tra l'utente finale e la prima centrale attiva dell'operatore. Si tratta della parte di accesso, non della parte di trasporto su lunga distanza, che può essere realizzata con tecnologie di nuova generazione. Tuttavia, riteniamo che l'oggetto degli investimenti dell'NGN, di cui si parla in questi giorni, debba riguardare la parte di accesso e non quella di trasporto.
Desideriamo sottolineare come AIIP per NGN intenda una rete realizzata interamente in fibra ottica fino all'utente finale, con la cosiddetta tecnologia fiber to the home, e non soluzioni ibride fibra-rame quali la tecnologia VDSL2. Le soluzioni ibride comporterebbero, infatti, costi aggiuntivi di realizzazione e di manutenzione rispetto a una soluzione che arrivi direttamente agli utenti finali in fibra ottica, consumi energetici molto più alti, in misura non inferiore di 800 milioni di chilowattora all'anno a livello di servizio universale nonché un impatto paesaggistico nettamente superiore rispetto alla soluzione di tipo all fiber. Questo è dovuto a una realtà tecnica, per cui le trasmissioni su rame richiedono più energia rispetto alle trasmissioni su fibra ottica.
È inoltre opportuno evidenziare come in questo contesto la fibra contenente rame non abbia restrizioni di capacità massima e quindi negli anni possa garantire la crescita della capacità trasmissiva aggiornando solo gli apparati elettronici presso l'utente in centrale, senza richiedere ulteriori interventi civili, che sono invece necessari con il rame, perché sul rame a velocità maggiore deve corrispondere una lunghezza minore.
L'affidabilità dell'NGN è inoltre di gran lunga superiore a quella delle reti in rame. Il tasso di guasti dei collegamenti fiber to the home è infatti un sessantesimo di quelli delle reti in rame.
Siamo convinti che una rete all fiber ha un'importanza notevolissima per lo sviluppo tecnologico ed economico del Paese e che è strettamente necessaria per consentire ai cittadini italiani di poter usufruire di servizi innovativi al pari di altri cittadini dell'Unione europea. Appare quindi necessaria un'unica rete che consenta il trasporto di tutta l'informazione e che permetta di fornire una molteplicità dei servizi quali i seguenti: la telefonia fissa e mobile (anche la telefonia mobile di nuova generazione poggia su una rete terrestre di alta capacità); l'accesso a Internet fisso e mobile a larghissima banda; la telepresenza; la televisione real time e on demand, cioè il futuro della televisione; i servizi ICT remotizzati per aziende e privati, per cui si parla di semplificare la vita all'utente finale in modo che non debba più gestire un PC a casa propria, ma che il PC possa essere gestito centralmente ed avere soltanto un terminale molto più semplice da gestire a casa, aspetto che potrebbe avere un grosso impatto sulla diffusione dell'informatica; la formazione a distanza; la telemedicina. A differenza delle reti passate, in cui c'era una rete telefonica, una per le linee dedicate, oggi c'è veramente un'unica rete, su cui transitano non solo tutte le applicazioni di telecomunicazione, ma in futuro anche tutte quelle che avranno a che fare con la televisione, sia essa interattiva o on demand.
Oggi diversi Governi comunitari e mondiali stanno valutando azioni e politiche industriali per realizzare lo sviluppo di infrastrutture di nuova generazione, giacché la relazione Agcom stima che la diffusione della fibra ottica possa portare a un aumento del PIL superiore all'1 per cento all'anno in Europa per i prossimi 20 anni e fino al 2 per cento in Italia. È dunque evidente quanto sia delicato assumere una decisione in merito ai modelli di investimento da adottare e in particolare relativamente alla destinazione delle risorse pubbliche e alle garanzie di concorrenzialità del nuovo scenario di mercato, tanto più in Italia dove, a differenza di altri Paesi europei, l'operatore ex monopolista


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detiene ancora una quota notevole del mercato, che non ha eguali nei Paesi più sviluppati in Europa.
Nel sostenere che per la realizzazione di una nuova rete siano necessari giusti incentivi da parte delle istituzioni, AIIP ritiene altresì che nel contempo siano necessarie regole certe e stabili sia per attivare gli investimenti che per garantire i princìpi di non discriminazione e di parità di trattamento sanciti dal codice delle comunicazioni elettroniche. Avanzeremo quindi proposte in tal senso.
Prima di affrontare l'analisi delle misure che potrebbero incentivare lo sviluppo e l'investimento nella larga banda, riteniamo utile fare una rapidissima carrellata sullo stato delle telecomunicazioni in Italia e sull'impatto della regolamentazione, perché, come vedremo, questa è una realtà che fornisce indicazioni interessanti anche per un prossimo futuro.
Il settore ha contribuito concretamente allo sviluppo economico e la concorrenza nel settore ha portato innegabili vantaggi per l'utenza finale. Non sto qui a ripetere ciò che avete già sentito altre volte. Tuttavia, in Italia restano ancora diverse criticità irrisolte, quale una scarsa penetrazione della larga banda rispetto agli altri Paesi, prezzi più elevati, vaste aree ancora digitally divided e una quota di mercato dell'operatore dominante, nei servizi di larga banda, pari a circa il 70 per cento e che, come dicevo prima, non ha pari nei Paesi maggiormente sviluppati. Vi segnalo inoltre che i nostri soci hanno grosse difficoltà ad accedere alla rete di accesso di Telecom Italia alle medesime condizioni delle divisioni commerciali di Telecom Italia stessa. In altre parole, in molti casi non siamo in grado di replicare le offerte al pubblico di Telecom Italia.
La scarsa diffusione può essere dovuta in parte alla carente alfabetizzazione informatica degli italiani e l'amministrazione pubblica potrebbe incentivare ulteriormente la penetrazione della larga banda offrendo on-line un ventaglio maggiore di servizi pubblici. Tuttavia, riteniamo che sussistano alcune criticità regolamentari che, a nostro avviso, contribuiscono all'attuale stato del mercato; tali criticità con l'avvento dell'NGN diventeranno ancora più sfidanti e per questo vale la pena di esaminarle.
A nostro avviso, una delle cause dell'attuale situazione va ricercata nel fatto che l'attuale regolamentazione ha dato massima enfasi all'obiettivo della concorrenza infrastrutturale, considerandola acriticamente un valore di per sé, dando minore enfasi agli obiettivi dell'efficienza e della sostenibilità degli investimenti e del beneficio del consumatore finale in termini di prezzo. Segnaliamo in particolare che l'enfasi sugli investimenti in unbundling, in assenza per anni di un'offerta bitstream orientata ai costi, ovvero di un'offerta dove l'operatore dominante offre un servizio all'ingrosso agli operatori alternativi (dove, ovviamente, Telecom Italia ha già una sua infrastruttura presente) tale da permettere di replicare alle offerte di Telecom Italia, ha portato alla moltiplicazione degli investimenti nelle infrastrutture delle città più ricche, a scapito degli investimenti nelle località meno densamente popolate, dell'efficienza dell'allocazione degli investimenti nonché, sicuramente, del massimo beneficio all'utenza finale in termini di prezzo. Telecom Italia si era impegnata a rendere disponibili un'offerta bitstream realmente orientata ai costi già a partire dal 2005. Ma ancora oggi tale offerta non rende possibile replicare le offerte al pubblico di Telecom Italia.
Esistono, peraltro, problemi sui modelli di contabilità che vengono usati dal regolatore per calcolare quali sono i cost plus di questa rete. In Italia si stanno utilizzando modalità top-down, con analisi che, necessariamente, non possono essere rese pubbliche. Dobbiamo segnalare che in altri Paesi europei i regolatori hanno determinato che questo tipo di modalità presenta problemi in termini di trasparenza e affidabilità, cosicché sono già passati a modelli bottom-up, che, per loro natura, possono essere resi pubblici. Questa è una criticità importante, perché, come vedremo


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più avanti, il bitstream è elemento basilare della regolamentazione dell'NGN, una volta che essa verrà realizzata.
Registriamo inoltre, a seguito della convergenza tra reti e servizi di comunicazione fissi e mobili, una regolamentazione che sui servizi di terminazione lascia notevoli margini agli operatori mobili. Si assiste così a una concorrenza falsata sui servizi di rete fissa, a favore degli operatori integrati con reti e servizi mobili. Mi riferisco alla regolamentazione del mercato della terminazione fisso-mobile dove, come avrete già letto sulla stampa, si nutrono dubbi sul reale orientamento al costo dei prezzi previsti dall'Autorità nella bozza che deve essere ancora approvata.
In terzo luogo, non possiamo che segnalare la sistemica disattenzione di Telecom Italia ai principi regolamentari, come confermato da una lunga «fedina antitrust» di Telecom, che ha riportato oltre dieci condanne negli ultimi dieci anni. L'Autorità segnala che l'attuale sistema regolamentare è necessario, ma non sufficiente a garantire la piena concorrenza. Questo è un dato interessante. Nella delibera n. 208 del 2007 essa evidenzia - cito parola per parola - che: «[...] permangono alcune gravi criticità strutturali che non sembrano risolvibili attraverso gli attuali strumenti regolamentari. Esistono quindi numerosi elementi che portano a ritenere che l'attuale configurazione del mercato ha bisogno di un ulteriore intervento regolamentare in materia di parità di trattamento interno ed esterno nell'accesso alla rete locale di Telecom Italia, che allontanino il sistema dall'attuale situazione di regulation by litigation e lo facciamo evolvere nel senso di un assetto di separazione più netta delle attività dell'incumbent. I persistenti problemi nel garantire l'effettiva parità di trattamento alle scarse prospettiva di una piena competizione basata sulle infrastrutture, suggeriscono che nel contesto italiano la separazione funzionale potrebbe essere un rimedio proporzionato allo scopo di garantire l'effettiva concorrenza [...]».
A fronte di questa analisi, Telecom ha proposto la creazione di Open access, una divisione all'interno dell'azienda, assieme a una serie di impegni per regolarne l'attività. Dagli atti della consultazione pubblica, riportati sul sito dell'Autorità, risulta che tutti gli operatori alternativi, AIIP inclusa, hanno giudicato l'assetto e gli impegni proposti lontanissimi dall'assicurare la parità di trattamento. Riteniamo che gli impegni che sarebbero necessari ad assicurare la parità di trattamento in presenza di una separazione funzionale non societaria, sarebbero nella pratica così numerosi da essere difficilmente enunciabili, prima ancora di poter predisporre gli strumenti di controllo e di sanzione per fare in modo che questi obblighi vengano rispettati. L'esperienza di Open access in Inghilterra, che aveva obiettivi più limitati rispetto al caso italiano, conferma questa conclusione, nel senso che la lista degli impegni oltrepassa i 150 punti e i concorrenti hanno segnalato che un buon numero di questi, ancora oggi, non sono rispettati.
Nella pratica riteniamo che l'unico vero strumento per assicurare, sin da subito, la parità di trattamento interno ed esterno sia la separazione societaria, la cui imposizione purtroppo non rientra nelle competenze di Agcom e spetta, pertanto, ad altre istituzioni. Se questo è vero oggi - e arrivo al punto - lo sarà ancor più in futuro, con l'avvento dell'NGN, perché la nuova rete accentuerebbe i problemi oggi presenti in modo ancora più netto. La separazione, a nostro avviso, sarà quindi ancor più necessaria in futuro, come vedremo.
Per quanto riguarda le nostre proposte tese ad incentivare gli investimenti dell'NGN e a garantire allo stesso tempo la concorrenza, pensiamo che l'NGN implichi la fine dell'attuale paradigma regolamentare basato sulla concorrenza fra infrastrutture. A questo riguardo, il parere unanime fra tutte le istituzioni che si sono occupate di NGN (concordano, infatti, la direzione Information society della Commissione europea, OCSE, ERG, ECTA e numerose autorità di regolamentazione nazionale) è che in ogni data zona può operare un solo operatore NGN, poiché


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viene richiesto più del 55 per cento di quota del mercato per poter operare in modo efficiente e recuperare gli investimenti sostenuti.
Qualora si ritenesse opportuno giungere ad un duopolio tramite la condivisione delle opere civili, si avrebbero notevoli costi aggiuntivi, poiché comunque avverrebbe una replica delle parti attive della rete, senza peraltro grossi benefici concorrenziali, in quanto si sarebbe comunque in presenza di un numero molto limitato di operatori (solo due).
A nostro avviso, quindi, l'NGN va vista come una public utility, similmente alla rete elettrica, a quella del gas, a quella autostradale, a quella ferroviaria, a quella delle fognature. È del tutto evidente che queste infrastrutture, prima fra tutte la NGN, portino a tali effetti di benessere sociale da meritare un piano di intervento di sostegno. Il monopolio naturale, inerente a queste infrastrutture di rete, fa sì che oggi esse siano realizzate dallo Stato o da società private, ma assoggettate alla classica regolamentazione delle public utility. A coloro che realizzano infrastrutture viene garantito il ritorno del capitale per incentivare la realizzazione della rete, ma allo stesso tempo viene sancito che essi dovranno rendere la rete disponibile a chiunque, alle medesime condizioni, e che, qualora essi vogliano offrire servizi a monte o a valle della rete, dovranno farlo tramite società separate, per evitare che il monopolio della rete venga trasferito a valle e a monte della rete stessa.
Vorrei sottolineare che negli Stati Uniti, dove notoriamente si è scelta una strada di minima regolamentazione del mercato e di minimo intervento pubblico, non si è ancora arrivati alla realizzazione su scala significativa di reti NGN, nonostante in quel Paese convivano sia reti TLC, come quelle che abbiamo oggi in Italia, che televisioni via cavo, che non abbiamo.
Si assiste invece alla realizzazione di accessi su rame, con prestazioni non comparabili con quelle delle reti in fibra ottica realizzate in Asia. Questo approccio liberista sta subendo ultimamente dei mutamenti. Infatti, anche negli Stati Uniti è stato finalmente riaffermato il principio di neutralità della rete e negli ultimi giorni è nato un più ampio dibattito sugli effetti che il non intervento dello Stato può avere sul funzionamento di taluni mercati.
AIIP concorda appieno con quanto il Commissario Reding, a capo della direzione dell'Europe information society, ha suggerito: la necessità di regolare l'NGN garantendo un generoso ritorno sull'investimento per chi realizza la rete, dell'ordine del 15 per cento annuo. Al contempo essa ha indicato la necessità di imporre che l'accesso alla NGN debba essere aperto a tutti, a condizioni non discriminatorie. Peraltro, per qualsiasi società che alla parte di equity aggiunga un minimo di leva finanziaria, è chiaro che il ritorno agli azionisti potrebbe ben essere superiore al 15 per cento, garantendo così forti incentivi a investire nella realizzazione della rete.
Riteniamo che l'accesso paritario alla rete possa essere garantito solo assicurando la separazione societaria tra chi realizzerà la rete e chi offrirà i servizi a monte e a valle.
Sottolineiamo che la garanzia di un tasso predeterminato di ritorno all'investimento e la garanzia che l'accesso alla rete sia reso disponibile a chiunque a condizione paritarie non sono obiettivi in antitesi, come alcuni vorrebbero farci credere e, anzi, si sposano perfettamente. Infatti, è proprio il tasso di ritorno garantito che determinerebbe il prezzo al quale il servizio verrebbe reso disponibile a terzi, tramite l'offerta all'ingrosso.
Vorrei aggiungere una nota sulle vacanze regolamentari che taluni operatori richiedono come necessarie per realizzare la rete. A nostro parere queste richieste non possono essere accettate, per almeno tre ragioni. In primo luogo, comporterebbero immediatamente una procedura di infrazione da parte della Commissione europea, come è già avvenuto in Germania. In secondo luogo, riteniamo che alle condizioni sopra esposte vi siano numerosi investitori alternativi pronti a finanziare l'NGN senza richiedere contestualmente alcuna vacanza regolamentare. In terzo


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luogo, se si accettasse il concetto di vacanza regolamentare, si cederebbe ad un privato verticalmente integrato un monopolio naturale essenziale per lo sviluppo del Paese, lasciando ad esso la politica industriale del settore, ipotecando il futuro del Paese, negando forme di concorrenza nei mercati a monte e a valle, con pesanti conseguenze sullo sviluppo del settore terziario avanzato italiano e con notevole danno per i consumatori finali, sia in termini di scelta di servizi, sia in termini di prezzo.
AIIP ritiene opportuno evidenziare la necessità di definire anche le specifiche tecniche e di servizio minime che dovranno essere garantite da chi realizzerà l'NGN. Riteniamo che queste specifiche debbano essere leggere, in modo da lasciare la libertà a chi investe di scegliere le migliori soluzioni date anche le specifiche caratteristiche dei vari territori.
Ciò premesso, secondo noi, le caratteristiche minime dovrebbero essere le seguenti: la fibra fino all'utente finale; una banda simmetrica garantita di 100 Mbit al secondo; Service level agreement di massima sui tempi di attivazione e riparazione delle linee, con le eventuali penali. Ovviamente, a nostro avviso, va inoltre garantita la network neutrality, ovvero l'assoluta mancanza di discriminazione o prioritizzazione rispetto alla tipologia di contenuti trasportati, cosa che - come ho già ricordato - è già stata accettata come principio anche negli Stati Uniti.
Vediamo adesso quale potrebbe essere il ruolo dell'operatore dominante, degli operatori alternativi e del pubblico nella realizzazione di questo piano. Riteniamo che l'operatore dominante possa avere un ruolo importantissimo nella realizzazione dell'NGN in fibra, ma che esso dovrà competere con le altre entità disposte a investire alle condizioni che abbiamo sopra citato e che auspichiamo siano prefissate. Notiamo che una utility con un ritorno sul capitale garantito al 15 per cento verrebbe valorizzata in Borsa a un multiplo ben maggiore di quello odierno di Telecom Italia. Nel partecipare a un'operazione di questo tipo come azionista, Telecom Italia avrebbe dunque indubbi vantaggi.
L'operatore dominante ha anche la grossa responsabilità di non effettuare tramite l'attuale rete di accesso in rame, i cui costi sono completamente ammortizzati, operazioni di dumping, che potrebbero generare incertezza in chi investe nell'NGN sul reale tasso di take-up del servizio, scoraggiando gli investimenti, senza peraltro ottenere alcun vantaggio per il Paese dalla sovrapposizione di una rete vecchia con una rete nuova. Per sterilizzare questo rischio, riteniamo che Telecom Italia potrebbe far confluire nella società che realizzerà la rete di nuova generazione l'attuale rete in rame in cambio di quote societarie. Ovviamente i prezzi all'ingrosso di tale rete dovranno rimanere invariati rispetto alle condizioni attuali e non contribuire al ritorno del 15 per cento sul capitale.
La valorizzazione di questa infrastruttura esistente dovrà tenere conto di una data di switch-off, in cui spegnere la rete vecchia e accendere la rete nuova, come accadrà per la televisione digitale terrestre. Qui potrebbe emergere un incentivo perverso per chi oggi possiede questa rete, perché la valorizzazione aumenta nel tempo quanto più a lungo si tiene in vita questa infrastruttura. Per lo stesso principio anche gli asset di rete realizzati dai concorrenti di Telecom potrebbero - e a nostro avviso dovrebbero - confluire nella società che realizzerà l'NGN, anche qui in cambio di quote societarie.
Gli enti pubblici e lo Stato possono sicuramente contribuire alla realizzazione della rete, specialmente nelle aree di minor densità abitativa. Al pari degli investitori privati, anche il pubblico dovrà astenersi dall'offrire servizi direttamente, come ad esempio nei comuni in Svezia e in Italia in Trentino. Questi aiuti possono essere assicurati tramite finanziamenti agevolati, finanziamenti diretti, incentivi all'acquisto.
Concordiamo con un punto importante che il presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha rilevato in


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questa sede, sottolineando come sia ormai prassi consolidata a livello internazionale subordinare i finanziamenti pubblici all'obbligo in capo degli operatori di rete del principio di apertura delle infrastrutture. Siamo quindi assolutamente a favore dell'intervento del pubblico, ma assolutamente contrari al fatto che chi beneficia dell'intervento pubblico possa poi non aprire le reti a terzi a condizioni eque.
Per quanto riguarda la NGN, tale obbligo dovrà tradursi nell'offerta all'ingrosso dell'accesso alla rete tramite offerta bitstream a prezzi uguali per tutti gli operatori, stabiliti in modo da garantire il già citato tasso di ritorno. Vi segnalo dunque che i soci di AIIP a queste condizioni sarebbero disposti a contribuire con loro capitali per la realizzazione della NGN.
Auspichiamo che tale obiettivo sia perseguito tramite una separazione societaria della rete di Telecom Italia oppure tramite il contributo della rete attuale a una nuova società da parte di Telecom Italia sul modello ENEL-Terna, ed un modello di compartecipazione alla stessa aperto a tutti i soggetti, privati e pubblici, addivenendo in tal modo a uno scenario di «rete di reti» tra loro omogenee e interconnesse.
È necessario prevenire fenomeni di cherry picking, laddove un'entità crei una rete NGN su un territorio e poi una terza parte decida di realizzare una rete parallela, anche se a nostro avviso non è economico, sugli utenti più facili da collegare, dove i costi unitari sarebbero particolarmente bassi. Per evitare questo si deve imporre a chi realizza la NGN in una data zona di coprire tutto il territorio oppure bisogna lasciare libertà a terze parti di coprire le zone non coperte.
Aggiungo un'ultima nota sul problema del digital divide. Consideriamo necessario stabilire regole di servizio universale NGN. Si potrebbe dunque promuovere il cablaggio in fibra ottica a partire non dalle aree di maggiore densità abitativa, sulle quali già oggi sono presenti servizi e velocità relativamente elevati - i primi passi delle pay-tv -, bensì nelle aree a minor densità abitativa, dove si rischia invece di fare un investimento sulla tecnologia vecchia, che verrebbe superata in futuro dalle tecnologie nuove.
Emerge quindi la necessità di un quadro regolatorio certo, a garanzia di trasparenza e non discriminazione nelle modalità e nelle condizioni di accesso alla rete da parte degli altri operatori.

PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Fiorentino per l'ampia ed esaustiva relazione e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16,50.

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