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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione X
5.
Mercoledì 6 maggio 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Gibelli Andrea, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SITUAZIONE E SULLE PROSPETTIVE DEL SISTEMA INDUSTRIALE E MANIFATTURIERO ITALIANO IN RELAZIONE ALLA CRISI DELL'ECONOMIA INTERNAZIONALE

Audizione di rappresentanti del distretto tessile della Val Seriana nonché dei sottoscrittori del protocollo d'intesa per il rilancio economico della Valle (Confindustria, CGIL, CISL e UIL e presidente di Imprese e Territorio):

Gibelli Andrea, Presidente ... 3 11 12 18 19
Barcella Alberto, Presidente di Confindustria Bergamo ... 3
Bonetti Sergio, Presidente di Imprese e Territorio ... 6
Bresciani Luigi, Segretario generale di CGIL-Bergamo ... 9
Cicerone Marco Tullio, Segretario generale di UIL-Bergamo ... 10
Cimadoro Gabriele (IdV) ... 18
Colaninno Matteo (PD) ... 16
Consiglio Nunziante (LNP) ... 13
Fontana Gregorio (PdL) ... 19
Lulli Andrea (PD) ... 15
Misiani Antonio (PD) ... 18
Pezzotta Savino (UdC) ... 11 12
Piccinini Ferdinando, Segretario generale di CISL-Bergamo ... 7
Sanga Giovanni (PD) ... 11
Stucchi Giacomo (LNP) ... 13
Vico Ludovico (PD) ... 14
Vignali Raffaello (PdL) ... 17

ALLEGATO: Considerazioni conclusive prodotte dai rappresentanti delle parti sociali bergamasche ... 21
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE.

[Avanti]
COMMISSIONE X
ATTIVITÀ PRODUTTIVE, COMMERCIO E TURISMO

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 6 maggio 2009


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ANDREA GIBELLI

La seduta comincia alle 14,25.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti del distretto tessile della Val Seriana nonché dei sottoscrittori del protocollo d'intesa per il rilancio economico della Valle (Confindustria, CGIL, CISL e UIL e presidente di Imprese e Territorio).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla situazione e sulle prospettive del sistema industriale e manifatturiero italiano in relazione alla crisi dell'economia internazionale, l'audizione di rappresentanti del distretto tessile della Val Seriana nonché dei sottoscrittori del protocollo d'intesa per il rilancio economico della Valle (Confindustria, CGIL, CISL e UIL e presidente di Imprese e Territorio).
Ricordo che, nell'ambito di questa indagine conoscitiva, abbiamo già audito altri rappresentanti di distretti industriali. Tuttavia, vista la particolarità dell'esperienza del territorio di Bergamo, i parlamentari Savino Pezzotta, Ettore Pirovano, Giacomo Stucchi, Giovanni Fava e Giovanni Sanga hanno chiesto di potersi confrontare, attraverso l'organizzazione dell'audizione di oggi, su una serie di questioni che sono state da me anticipate nella introduzione, con l'esperienza dei nostri interlocutori odierni, che sono venuti in Commissione con una nutrita delegazione e che elencherò di seguito.
Per Confindustria Bergamo sono presenti: l'ingegnere Alberto Barcella, presidente; il dottor Stefano Cofini, responsabile dell'area studi e territorio; la dottoressa Cristina Moro, responsabile dell'area comunicazione; il dottor Luca Pezzini, responsabile dell'area rapporti istituzionali; sono, inoltre, presenti: il dottor Sergio Bonetti, presidente di Confcooperative Bergamo e di «Imprese e Territorio»; il signor Luigi Bresciani, segretario generale della CGIL di Bergamo; il signor Ferdinando Piccinini, segretario generale della CISL di Bergamo; e il signor Marco Tullio Cicerone, segretario generale UIL di Bergamo.
Com'è tradizione della nostra Commissione, lasciamo libera organizzazione ai nostri ospiti per quanto concerne l'ordine di successione dei loro interventi: il presidente di Confindustria Bergamo mi ha detto che vi siete già accordati in merito.
Do la parola ai nostri ospiti.

ALBERTO BARCELLA, Presidente di Confindustria-Bergamo. Grazie, presidente, per l'attenzione che ci viene riservata.
Vogliamo cogliere questa importante occasione, per presentarvi, in maniera molto sintetica, il protocollo, firmato il 6 aprile scorso, riguardante il rilancio della Val Seriana, un'area particolarmente importante per l'industria della provincia di Bergamo, che conta più di un milione di abitanti. Nell'area della Val Seriana - in


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particolare nella bassa e media Val Seriana, quella a più alta industrializzazione - si conta una popolazione di quasi 100 mila persone.
Voglio ricordare che la Val Seriana è la culla dell'industrializzazione della provincia di Bergamo, perché lì, alla fine dell'Ottocento, sono nate le imprese tessili e le imprese del settore cartario e del cemento che hanno poi fatto da volano per lo sviluppo di tutta la provincia. Da qualche decennio, quest'area sta vivendo una trasformazione molto significativa, collegata alla trasformazione del settore tessile.
Nonostante una continua riorganizzazione della struttura produttiva, oggi, in quest'area, l'industria tessile è ancora estremamente significativa, tant'è che il 23 per cento degli addetti di tutti i settori afferisce al settore del tessile e dell'abbigliamento.
Devo anche dire che la filiera del tessile è molto sviluppata ed è stata uno degli elementi di forza di questa valle; a monte, essa era così sviluppata da interessare, addirittura, il meccano-tessile, che ha assunto una posizione di rilievo mondiale, all'interno della nostra valle.
La crisi del tessile e del meccano-tessile ha iniziato a manifestarsi alla fine del 2007 e all'inizio 2008 e si è, ovviamente, aggravata con la crisi globale scoppiata nell'estate dello scorso anno. Questo ha avuto ripercussioni pesantissime: molte aziende sono entrate in crisi e c'è stato un massiccio ricorso alla cassa integrazione, come potranno illustrarvi meglio i rappresentanti del mondo sindacale.
Abbiamo quindi deciso, in maniera corale, come parti sociali, di commissionare uno studio sulle prospettive della Val Seriana al professor Paolo Feltrin che, nel giro di pochi mesi, ha elaborato un documento che è poi all'origine del protocollo che abbiamo sottoscritto.
Tale documento è stato messo a vostra disposizione: chi ha interesse, lo può visionare. L'aspetto più significativo emerso da questo studio è che, nella filiera del tessile, ben 5 mila posti di lavoro sono a rischio e, se non si fa nulla per evitarlo, possono essere addirittura persi nella filiera del tessile.
Le parti sociali hanno ritenuto che non si possa non fare nulla, che sia indispensabile reagire e che sia fondamentale dare un segnale di forte volontà e di riscatto per questa valle, ricca di una diffusa imprenditoria, ma anche di una notevole presenza di professionalità e di una grandissima cultura del lavoro. Non si può assolutamente assistere passivamente a una degenerazione della situazione economica, che avrebbe inevitabili ripercussioni anche sugli aspetti sociali della valle, con un suo prevedibile spopolamento, considerato che le valli montane, in generale, stanno già subendo una forte attrazione a causa dello sviluppo della pianura: questo fenomeno è in atto nel nostro territorio già da qualche tempo, ma questa crisi potrebbe accelerarlo fortemente.
Si è deciso, quindi, di mettere in campo una serie di azioni che si pongono come obiettivo di recuperare i posti di lavoro che, purtroppo, si andranno a perdere nel mondo del tessile tradizionale: per il 50 per cento, il recupero si prospetta nel mondo del terziario, che è poco sviluppato in quell'area; per il restante 50 per cento, invece, si prevede di trovare nuove attività manifatturiere che, abbandonando la tradizione, guardino a prospettive di sviluppo futuro.
Lo studio individua ben cinquanta azioni che sono poi state raggruppate in quattro grandi aree: le elencherò tutte, illustrando poi una serie di iniziative riguardanti due di esse.
Una prima iniziativa riguarda il marketing territoriale. Tenete presente che, di questi 100 mila abitanti, il 30 per cento circa risiede in soli tre comuni, tra i quali, di fatto, non esiste una soluzione di continuità. Si ritiene, quindi, che si debba avere un approccio strategico, che metta insieme i vari comuni e che non si caratterizzi, come troppo spesso è avvenuto nel passato, con una visione micro e di tipo campanilistico. C'è una forte disponibilità, anche a livello territoriale,


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per superare queste divisioni e per affrontare con un'unica regia le problematiche della valle.
Una seconda iniziativa - che abbiamo chiamato task force di sostegno alle imprese e che vi sarà poi illustrata dal presidente Bonetti - consiste in un'attività di consulenza e di supporto per tutte quelle imprese, medie e piccole, che intendono innovare le loro produzioni e hanno bisogno di aiuti, di supporti e di competenze.
C'è poi il grande tema della flexsecurity, che ha riscosso attenzione, inattesa per noi, anche a livello nazionale e che ovviamente vuole affrontare la grande trasformazione che avverrà nel mondo del lavoro con un'ottica di collaborazione, di formazione e di preparazione di coloro che rischiano di perdere o perderanno il posto di lavoro, per introdurli in nuove attività produttive. Di questo vi parleranno i sindacati.
Mi soffermo maggiormente sull'iniziativa che verrà gestita direttamente da Confindustria Bergamo, ossia la costituzione di un fondo di private equity con finalità sociali e non - permettetemi di dirlo - predatorie o, quantomeno, speculative, come molto spesso accade in attività di questo genere. Sarà un fondo di private equity che sosterrà la trasformazione delle imprese e che le aiuterà ad indirizzarsi verso settori nuovi. Dalla nostra ricerca, infatti, appare molto chiaramente che, anche quando la crisi globale finirà, non si potrà riproporre il modello sperimentato per tanti anni nella valle.
Sarà indispensabile approdare a nuovi tipi di produzione, a nuovi mercati e a nuove tecnologie. Penso, ad esempio, al settore tessile-tecnico: una prospettiva su cui stiamo spingendo molto, affinché si superi il tessile tradizionale. Ci possono essere, però, tutta un'altra serie di attività che mettano a frutto le competenze e le ricchezze presenti nella valle.
Questo fondo si pone come obiettivi quello di partecipare al capitale di società che abbiano progetti di sviluppo ritenuti meritevoli di attenzione; quello di favorire le aggregazioni, perché uno dei limiti della valle è la parcellizzazione delle imprese, troppo piccole per fare certi investimenti in innovazione o in internazionalizzazione; e, in maniera più modesta, ma sicuramente in questo momento molto significativa, anche quello di liberare liquidità all'interno delle imprese, per esempio, acquisendo dalle imprese stesse i patrimoni immobiliari che venivano ritenuti la loro riserva ma che oggi, per la crisi - anche immobiliare - che ha colpito la valle, non hanno più un valore di mercato, perché il mercato non esiste.
Tutte queste iniziative verranno messe in atto da questo fondo, che ha obiettivi ambiziosi e vuole raccogliere fino a 50 milioni di euro. Sarà un fondo prevalentemente privato ma, ovviamente, sarà aperto anche all'apporto di finanziamenti pubblici, che sono poi investimenti, perché il fondo si prefigge un obiettivo ragionevole di remunerazione del capitale, sostenendo solo iniziative che abbiano una possibilità di successo.
Mi fermerei qui sottolineando, però - prima di passare la parola al collega Bonetti - il grande valore simbolico di questa intesa: tutte le parti sociali e le parti datoriali sono fortemente convinte che soltanto lavorando assieme, mettendo da parte anche certi «distinguo» e certe rivalità che possono aver caratterizzato i nostri rapporti anche in un recente passato, si possa affrontare il tema del rilancio di un'area così importante per la provincia di Bergamo, qual è la Val Seriana.
Per quest'area del territorio chiediamo non aiuti straordinari, ma che si attivino tutti gli strumenti già messi a disposizione dalla legislazione ordinaria per attenuare gli effetti della crisi.
Noi vogliamo rimboccarci le maniche per cercare di uscire da questa situazione, reagire alla crisi e guardare con fiducia e speranza al futuro. Lo vogliamo fare perché riteniamo che assistere passivamente al declino di un'area con tante potenzialità sia un delitto.


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SERGIO BONETTI, Presidente di Imprese e Territorio. Porgo i miei ringraziamenti per questa importante audizione, che dà modo di esporre un'esperienza che riteniamo veramente significativa ed importante e che credo appartenga alla tradizione della nostra gente bergamasca. Qui abbiamo anche molti parlamentari bergamaschi, quindi non ho bisogno di aggiungere molte cose in merito.
Innanzitutto, vorrei presentare questa strana cosa rappresentata da «Imprese e Territorio». Anche questo è un segnale di cambiamento e di coesione fra dieci associazione di piccole e medie imprese bergamasche, che rappresentano più di 90 mila imprese sul territorio. Sono dieci associazione di artigiani, commercianti, agricoltori, cooperative e trasportatori che hanno ritenuto, già due anni fa, prima ancora che arrivasse la crisi, che fosse utile avere almeno un minimo tavolo di coordinamento, anche funzionale ad un riconoscimento a livello istituzionale.
Le tante associazioni coinvolte - lo sapete bene, voi di questa Commissione - vengono da storie, tradizioni e culture, anche ideologiche, diverse, ma abbiamo superato queste differenze e siamo al tavolo insieme. Anche l'occasione rappresentata da questo incontro importante su temi della crisi della Val Seriana vede presenti - insieme a coloro che ricordava prima il presidente Barcella - le grandi imprese che hanno fatto la storia della bergamasca: una miriade di medie, piccole e microimprese, che hanno sempre sostenuto fortemente il tessuto economico della grande impresa e, naturalmente, anche il tessuto economico-sociale e la coesione sociale.
Anche su questo non c'è bisogno di aggiungere niente, perché so benissimo che questi temi inerenti la piccola impresa sono al centro della vostra attenzione: mentre prima veniva demonizzata, ultimamente si riscopre la sua capacità di tenuta, di coesione e di risposta, anche innovativa; però, certamente, è evidente che, di fronte a una crisi così impellente, la piccola impresa non può farcela o, almeno, che non tutte le sue componenti possono farcela. Essa ha bisogno, come prima diceva benissimo Barcella, di iniziative di vicinanza e sostegno.
Abbiamo dato vita, quindi, a questa iniziativa di coesione, che io chiamo «di sussidiarietà» - consentitemi di utilizzare una terminologia che mi proviene dalla mia provenienza cooperativistica - incentrata sulla presenza nel territorio, sul non aspettare che arrivi tutto dall'alto, sul rimboccarsi le maniche e trovare delle risposte locali, senza pretendere di essere risolutivi su tutto, ma aggiungendosi a quanto fanno le istituzioni come regione, provincia, camera di commercio e Parlamento, per «accompagnare» insieme queste nostre imprese e questi nostri lavoratori. Non parliamo solo di imprese, infatti, ma anche di occupazione e di lavoro: mantenere aperte le imprese, in questa fase, vuol dire consentire di dare continuità al lavoro.
Anch'io voglio sottolineare che non intendiamo mettere insieme strutture e sovrastrutture fini a se stesse; con il nostro pragmatismo, vogliamo dare risposte reali e concrete, sul territorio, fin quando servono: quando non serviranno più, le iniziative si devono chiudere.
In questa divisione di compiti, piccole e medie imprese si sono proposte di promuovere, anche attraverso un gruppo di lavoro e di studio, questa task force, che ha l'obiettivo di dare un supporto forte alle piccole e microimprese di strutture con funzioni di secondo livello: gestione della finanza, strumenti di modulazione del credito, controllo di gestione del marketing, internazionalizzazione, aggregazione, promozione di forme di partnership, organizzazione strategica.
È evidente che la piccola impresa è più vocata al lavoro, anche se abbiamo imprese molto innovative e tecnologiche che sanno sviluppare produzioni di nicchia, che vanno anche all'estero; per la maggior parte, però, esse non hanno capacità manageriali, in questo senso. Noi abbiamo già avuto un'esperienza analoga, in atto nella provincia di Bergamo, sostenuta dalla camera di commercio: un'iniziativa nata anch'essa


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da una crisi, quella della Val Brembana, l'altra valle bergamasca parallela alla nostra.
Come ricorderete, anche grazie all'intervento di autorevoli parlamentari, c'è stata un'iniziativa forte in merito e si è iniziato a fare una specie di accompagnamento, per le microimprese, di buone prassi, con temporary manager che dessero al piccolo imprenditore e al piccolo artigiano quella cultura e quell'informazione in materia che essi non possono avere.
La nostra funzione è quella di aiutare l'aggregazione e lo sviluppo e di fare da «incubatori», magari anche di nuove imprese, di nuove possibilità, di giovani, di chi ha idee.
Questo intervento, pertanto, si strutturerebbe in progetti, anche specifici, finalizzati alla crescita manageriale. Ad ogni modo - per non essere eccessivamente lungo: so che il tempo è molto poco - naturalmente coinvolgeremo in questa iniziativa tutte le istituzioni: camere di commercio, regioni, province e chiunque possa dare una mano.
Le associazioni, dal canto loro, dovrebbero attrezzarsi per essere vicine all'accompagnamento nella formazione di sportelli, di percorsi professionalizzanti, di corsi mirati per l'internazionalizzazione, di un accompagnamento manageriale con esperti che affianchino gli imprenditori, con progetti privilegiati di aggregazione, come dicevo in precedenza, e di assistenza su bandi e finanziamenti, con la condivisione di informazioni, entro una logica di sistema distrettuale.
Inoltre, si prevede la realizzazione di un laboratorio interattivo, dove l'imprenditore possa porre delle istanze e formulare delle richieste. Questa dovrebbe diventare una sorta di struttura permanente di assistenza innovativa. Credo, infatti, che alle imprese non basti più - noi ce ne rendiamo conto anche come associazioni che le rappresentano - la sola rappresentanza sindacale, una tutela generica o un'assistenza fiscale e amministrativa: bisogna dare loro anche una lettura del futuro e fornire la strumentazione adatta per superare questa crisi.
Credo che l'esperimento che partirà in Val Seriana - una valle importante, che ha anche buone alternative per quanto riguarda il turismo e altre opportunità connesse alla vocazioni di questo territorio - consentirà anche di far fermare le persone in questa area della valle e di non farle scendere in pianura. Noi siamo impegnati in questa iniziativa, che crediamo buona e che è già stata sperimentata. Naturalmente, chiediamo il sostegno di chiunque possa esserci d'aiuto.

FERDINANDO PICCININI, Segretario generale di CISL-Bergamo. Interverrò velocemente, più dalla parte sindacale.
Lasceremo a disposizione della Commissione un documento che abbiamo predisposto, in cui sono contenute alcune brevi annotazioni riguardanti il progetto - in modo particolare, sul versante della flexsecurity ossia delle iniziative che possiamo sperimentare, nel territorio della Val Seriana, di supporto alla necessaria e rilevante azione di riqualificazione - e alcuni dati che rendono conto della situazione attuale del territorio della Val Seriana dove, così come a Bergamo (e questa è già una peculiarità) la crisi sta avendo molte più ripercussioni che altrove. Essendo la nostra una provincia con una fortissima presenza del settore manifatturiero, infatti, la situazione di grande crisi, evidentemente, ha una ricaduta diretta molto forte.
In Val Seriana, come si diceva prima, un processo di cambiamento sta avvenendo da alcuni anni, tant'è vero che su questo territorio è partita, più o meno cinque anni or sono, la sperimentazione degli ammortizzatori in deroga, dapprima solo nel settore del tessile e, poi, in tutto il settore manifatturiero. Essa è partita proprio da istanze che venivano da questo territorio che, tra l'altro, hanno visto anche un livello di governo e di gestione molto concertato e partecipato tra istituzioni e parti sociali, il che ha dato, e sta dando tuttora, risultati molto importanti.


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È evidente, tuttavia, che con questa crisi il processo di cambiamento che stava coinvolgendo la valle ha subito una brusca accelerazione, ponendo in difficoltà anche aziende che erano riuscite a far fronte a una fortissima competizione, ma che avevano anche investito in qualità, tecnologie e quant'altro. La crisi ha messo ulteriormente in difficoltà l'intero tessuto di grandi, medie e, soprattutto, piccole aziende manifatturiere del territorio.
A fronte di questo, come già si è detto, c'è stata una grande azione, concertata tra tutte le parti sociali, nessuna esclusa - e già questo è un dato molto importante di coalizione territoriale per far fronte ai temi della crisi - ed è stata affidata a una società una ricerca per evidenziare quali siano i punti di forza e i punti di debolezza del territorio. Individuate le azioni, il salto che abbiamo fatto, è stato quello di definire le priorità: le parti si misureranno su scelte che hanno obiettivi concreti, a medio termine di realizzazione.
Uno di questi obiettivi, già sottolineato dall'ingegner Barcella, è quello del fondo per lo sviluppo; per trovare i finanziamenti privati a sostegno di tale fondo è in campo un notevole impegno, da parte di tutti, con una responsabilizzazione delle istituzioni, degli istituti di credito del territorio, ma anche delle forze imprenditoriali locali. A questo punto, però, è necessaria anche l'attivazione - si sta studiando il modo - di finanziamenti pubblici.
L'altra azione che sta emergendo in maniera forte in bergamasca, soprattutto in Val Seriana è già stata illustrata dal presidente Bonetti e riguarda la forza lavoro che, in questa fase di cambiamento, pur avendo sempre manifestato un'altissima propensione all'industria e alla produttività, sconta, purtroppo, il contrappeso di una scarsa qualificazione.
È evidente che, in provincia, ma soprattutto in Val Seriana, tantissime persone stanno subendo gli effetti di questa crisi: molte sono già coinvolte da misure di ammortizzatori sociali.
È opportuno ricordare che questo accordo ha segnato anche un impegno di tutte le parti sociali a percorrere, come via prioritaria, quella degli ammortizzatori sociali, per evitare le ricadute sociali dei licenziamenti, ma mantenendo tutte le persone collegate all'azienda, alla fabbrica e, se possibile, al posto di lavoro.
Si pone tuttavia la necessità di pensare già da ora cosa fare per dare prospettive alle migliaia di persone coinvolte. Si tenga anche presente che la manodopera in questione è prevalentemente femminile, il che rende ancora più problematica la sua ricollocazione. Per questo abbiamo scelto, come punto qualificante di questa intesa, di interferire su processi innovativi, seguendo la direttrice tracciata dalla flexsecurity, ossia valutando quali sono le realtà esistenti e come si evolve il tessuto industriale della valle.
Vi sono, comunque, imprese che investono e elementi che danno segnali anche di innovazione. Tra quelli che l'Unione europea ha definito Lead Market, ossia i settori di cui si prevede una forte espansione in futuro, già citati dall'ingegner Barcella, ci sono quelli del tessile-tecnico, dell'edilizia intelligente, del risparmio energetico e quant'altro.
Occorre individuare le aziende che possono già offrire opportunità occupazionali e, a partire da questo, predisporre percorsi di riqualificazione, sperimentando, da una parte, strumenti di integrazione al reddito e, dall'altra, ponendo vincoli alla partecipazione ai corsi,; occorre altresì attivare le sperimentazioni possibili, facendo di tutto per aumentare i numeri di riassorbimento nel mercato del lavoro sociale, anche utilizzando le opportune flessibilità in entrata e in uscita, per garantire a queste persone un forte «accompagnamento» nelle transizioni lavorative, uscendo da una logica - purtroppo presente in tutti i territori - che considera il momento di accesso agli ammortizzatori sociali come un elemento puramente passivo oppure affidato al singolo individuo.
L'idea è di sperimentare processi che, invece, possano essere forti, di accompagnamento attraverso corsi di riqualificazione


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ad uno sbocco occupazionale. Su questo aspetto, stiamo approfondendo, anche tecnicamente, la possibilità di utilizzare finanziamenti europei: lo faremo nei prossimi giorni.
Ci sembra importante sottolineare, però, che un territorio con caratteristiche come quelle della provincia di Bergamo e della Val Seriana è ideale anche per sperimentare iniziative innovative che potrebbero rappresentare un elemento di riflessione o di riferimento per il panorama nazionale, per un'evoluzione legislativa in questa direzione.

LUIGI BRESCIANI, Segretario generale di CGIL-Bergamo. Vorrei svolgere una considerazione preliminare. Quando parliamo della bassa Val Seriana, ci riferiamo ad una realtà economica dov'è presente la crisi di quella che viene definita «monocultura», ossia una realtà in cui ci sono soprattutto il tessile e il meccano-tessile, settori che negli ultimi anni hanno investito nell'innovazione di processo. Non sono aziende vecchie, che hanno bisogno, e che non hanno investito: anzi, sono aziende che hanno investito e che hanno speso molto, anche dal punto di vista dell'innovazione tecnologica. Il vero problema è che oggi ci troviamo di fronte al fatto che questi prodotti non vendono.
Quando si parla di crisi, si dice che non si sa quando passerà; la realtà che stiamo vedendo oggi è che in questi mesi - marzo e aprile - è aumentato il crollo degli ordinativi alle aziende. Se a gennaio il crollo degli ordinativi era intorno al 10-15 per cento, adesso è aumentato e va dal 20 al 40 per cento: la situazione è questa.
Noi condividiamo i passaggi che sono stati fatti con Confindustria: vogliamo scommettere ancora sul manifatturiero, perché pensiamo che il Paese non possa non farlo. Tale settore è profondamente radicato in questa cultura e in questa storia, però bisogna scommettere anche su nuovi prodotti, cioè sulla deindustrializzazione, discutendo sia dei nuovi prodotti, sia dei nuovi settori di attività (quelli che sono stati elencati prima), in una logica di sperimentazione. Stiamo cercando di fare una sperimentazione che vuole raggiungere risultati concreti, attraverso un progetto-pilota, che non guarda a tutto il mondo o a tutta la provincia di Bergamo, ma che è ben localizzato, perché stiamo parlando di un territorio specifico, che è la bassa Val Seriana. Questo progetto, se funziona, potrebbe poi essere replicato anche in altre realtà, dal punto di vista del metodo adottato. Le parti sociali hanno assunto un ruolo di sostegno a questo progetto. Noi partiamo dalla considerazione secondo cui il futuro di tanti operai qualificati non debba essere quello di fare i banconieri dentro a un'impresa, pur degnissima, di supermercato. Esistono professionalità che, secondo me, sarebbe un delitto disperdere.
Le parti sociali stanno svolgendo un'attività a sostegno dell'occupazione che, da un lato, sollecita le imprese ad utilizzare tutti gli strumenti oggi disponibili prima di licenziare un dipendente e, d'altro lato, porta avanti questi progetti pensando al futuro.
Dov'è la flexsecurity in Italia? Forse c'è in Danimarca. Noi stiamo parlando di un progetto per una sperimentazione di flexsecurity, il che significa, certo, il massimo della flessibilità in entrata ed uscita, ma anche il massimo delle tutele e il massimo della sicurezza per i lavoratori.
Siamo disponibili a fare un ragionamento di sperimentazione in questa direzione: occorre individuare i lavoratori in cassa integrazione e in mobilità; sviluppare un progetto di impresa, perché, se non ci sono imprenditori che rischiano su questi progetti e sui settori che abbiamo individuato, possiamo inventare tutto quello che vogliamo, ma non si va molto lontano; è necessario programmare percorsi di formazione per questi lavoratori, utilizzando le risorse dell'Europa, che possono davvero permetterci di scommettere su questo progetto, sul quale noi siamo molto uniti.
Se insieme a questa forte unità delle parti sociali ci sarà una forte unità anche delle forze politiche e istituzionali, penso che potremmo farcela. Sono in gioco i


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destini di tanti lavoratori e operai qualificati e tante professionalità, che non vogliamo assolutamente disperdere.

MARCO TULLIO CICERONE, Segretario generale di UIL-Bergamo. Per evitare di ripetere i ragionamenti già svolti dai colleghi, cercherò di affrontare un altro tema, nell'ambito delle problematiche affrontate dall'accordo, riguardante il ruolo non indifferente che le istituzioni potrebbero avere in un ridisegno complessivo della realtà territoriale della Val Seriana.
Per i motivi già detti, la nostra è una realtà territoriale dove l'industrializzazione ha avuto una presenza storica. Com'è accaduto per tutte le presenze storiche di tipo industriale intorno a quelle realtà imprenditoriali si sono sviluppati i centri urbani e i paesi.
Queste aziende stanno arrivando - alcune vi sono già arrivate - al ridimensionamento, quando va bene, ma anche alla chiusura. È chiaro che si creano una serie di vuoti, nell'ambito di queste realtà urbanistiche e territoriali: in qualche modo, bisognerebbe tentare di non lasciare alla singola amministrazione il compito di decidere il riassetto del territorio, ma piuttosto di tentare di ragionare in una logica sovracomunale, ossia su ciò che abbiamo definito, nell'ambito del piano, «la città lineare». L'obiettivo consiste sostanzialmente nel riqualificare complessivamente un'area urbana. Tra l'altro, riteniamo che in quella realtà - considerate le esperienze acquisite, sia da un punto di vista del comparto dell'edilizia, che comunque per quella valle è sempre una delle realtà economicamente più trainanti, sia anche da un punto di vista delle professionalità urbanistiche progettuali - ci siano oggettivamente tutte le condizioni per poter operare scelte urbanisticamente in grado di riqualificare il territorio.
Credo che su questo ci sia bisogno - è ciò che il piano sostanzialmente evidenzia - di costituire una forma di governance delle aree attualmente dichiarate dismesse e di stabilire forme di riconoscimento economico a tutti quelli che, in qualche modo, possono conferire le proprie aree ad un fondo di nuova istituzione,.
Mi spiego meglio, perché mi rendo conto di essermi forse espresso confusamente. L'idea è di evitare che le aree dismesse siano un problema di ogni singolo comune, perché corriamo il rischio - e abbiamo già avuto qualche esperienza simile in valle - che questi vuoti siano riempiti con attività di tipo commerciale, creando sul territorio una serie di problematiche anche per quanto riguarda l'indotto del comparto del terziario.
Un'ipotesi su cui saremmo disponibili a lavorare, - sulla quale abbiamo già avuto consensi di massima da parte delle comunità montane, ma abbiamo bisogno di ulteriori e maggiori conferme - può essere quella di costituire un fondo nel quale confluiscano tutte le aree industriali dismesse.
Questo fondo dovrebbe e potrebbe essere gestito in maniera tale da realizzare le scelte urbanistiche, non in riferimento alla singola realtà territoriale bensì in una realtà sovracomunale, in maniera tale che l'intervento su un'area possa restituire qualcosa al territorio della vale nel suo complesso e non alla singola realtà territoriale.
È chiaro che si pone poi il problema di come remunerare quelli che conferiscono le aree nell'ambito di questo fondo e di come reperire le risorse e i capitali in grado di dare vita al fondo stesso. In questa logica, noi pensiamo che i comuni possano svolgere un ruolo importante. Adesso siamo in periodo di campagna elettorale, quindi è meglio stare tranquilli, ma chiaramente questo è uno dei ragionamenti che abbiamo intenzione di riprendere e su cui riteniamo necessario che vi sia un aiuto da parte dei comuni e della regione, ma anche da parte delle istituzioni a carattere nazionale per sperimentare come poter intervenire su una realtà territoriale, anche da un punto di vista urbanistico.
Crediamo che questa possa essere un'esperienza interessante di per sé, ma in


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grado anche di dare risposte alle problematiche specifiche che possono emergere sul territorio.

PRESIDENTE. Do ora la parola ai deputati che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

GIOVANNI SANGA. Grazie, presidente. Svolgerò solamente alcune brevissime considerazioni. Ho già avuto modo di esprimere in un'altra sede un grande apprezzamento per il lavoro che il territorio sta facendo e vorrei qui fare tre sottolineature molto veloci.
La prima per dire che c'è la capacità di un territorio di interrogarsi profondamente sulla sua vocazione, facendo un'analisi molto seria, disincantata e coraggiosa sulla situazione del presente.
Certamente, un grande obiettivo è quello di ridare vitalità al territorio stesso. Non a caso, uno dei punti di partenza, ma anche una delle prospettive e degli obiettivi, è stato l'equilibrio dell'indice demografico del territorio stesso, quasi a dire che, poiché la popolazione vuole restare su questo territorio, occorre fare un'analisi per capire come ciò sia possibile in futuro.
La seconda sottolineatura è relativa alla capacità di una comunità e di un territorio di rilanciare, facendo leva sulla propria vocazione, tradizione e potenzialità e, quindi, senza rinnegare nulla della propria storia industriale e produttiva. Negli anni passati, abbiamo visto fiorire molto intensamente un dibattito attorno alle ipotesi di declino industriale, laddove si affermava che bisognasse andare oltre la dimensione industriale e legarsi ad altre prospettive di sviluppo, come quella del terziario, del turismo e - direi un po' meno rispetto ai sogni che tanti avevano coltivato - del settore della finanza pura. È il caso di dire che oggi, dopo tutto quello che è avvenuto, bisogna tornare a discutere di cose serie e solide, come sono quelle legate agli insediamenti industriali, magari innovativi e con caratteristiche più moderne.
La terza sottolineatura concerne la capacità di un territorio di mettere a disposizione risorse. Questo territorio ha vantato una sua ricchezza, nei decenni passati, dal dopoguerra in poi, e oggi vuole rilanciare, mettendo a disposizione anche risorse finanziarie notevoli. Certamente, queste risorse non saranno sufficienti e, quindi, ci dovrà essere l'impegno della classe politica - e noi vogliamo fare la nostra parte - per chiedere ai vari livelli di governo, a partire da quello nazionale (ma senz'altro il richiamo che si faceva prima anche ai fondi europei non è peregrino) affinché, alle cospicue risorse messe a disposizione dal territorio se ne possano aggiungere di ulteriori, determinando sinergie finanziarie in grado di dare attuazione ai progetti qui presentati. Grazie.

SAVINO PEZZOTTA. Ringrazio il presidente Gibelli per la sollecitudine e la celerità con cui ha convocato questo incontro: bisogna dargli atto che ha colto con molta attenzione quanto gli avevamo presentato.
Ringrazio anche il presidente Barcella, il presidente Bonetti e i tre segretari generali del sindacato per la chiarezza con cui hanno espresso anche agli altri colleghi questa idea che si sta tentando di radicare nel territorio. Noi, più volte, abbiamo avuto l'occasione di confrontarci.
Secondo me, bisogna cogliere, ai fini dell'indagine che la Commissione sta svolgendo, la metodologia di fondo, più che gli elementi specifici: questo è il nostro compito.
La prima cosa che emerge è che si tratta di un territorio non si rassegna, fatto che non è una cosa comune. Se noi esaminiamo, in Europa e nel mondo, i processi di deindustrializzazione - e il rischio che la Val Seriana corre è questo - notiamo che, per lo più, si è visto uno svuotamento e una desertificazione del territorio. Basterebbe pensare ad alcune realtà dell'Inghilterra, ma anche ad alcune realtà vicine alle nostre grandi aree urbane, dove il cedimento del settore industriale non è stato sostituito con nulla. Si tratta di una desertificazione non solo industriale, ma anche sociale e culturale, con elementi di emarginazione e di abbandono


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che hanno una ripercussione anche sul terreno della sicurezza, di cui stiamo dibattendo in questi giorni in Parlamento. Quando cede un tessuto, infatti, gli elementi di insicurezza e di marginalità tendono a crescere.
È importante che questo avvenga, perché non si parte da risorse materiali - se è possibile usare questo termine - ma da una dimensione immateriale che, come ha ricordato benissimo il presidente Barcella, si è sedimentata, nell'arco di centocinquanta anni, di cultura industriale.
Tutto questo ragionamento, quindi, impone di trovare il modo per non disperdere una cultura industriale che, in centocinquanta anni, ha coinvolto - basterebbe dare uno sguardo alla Val Seriana, per vedere come anche come la piccola e la microimpresa sono legate alla monocultura tessile, che si è diversificata rispetto alla cultura tessile tradizionale - gli operai, i professionisti e la capacità imprenditoriale di imprenditori che nascono anche dal basso, grazie alle loro capacità, ma anche perché sono cresciuti su un tessuto culturale molto profondo ed estremamente necessario.
Credo che la cosa importante da cogliere in questo progetto sia proprio questa: non si vuole lasciare che una dimensione di questo genere venga distrutta e la si assume come risorsa. La risorsa umana, in senso lato, viene così recuperata dentro una tradizione e una storia, per guardare verso i processi di innovazione.
Non mi soffermerò su altri aspetti, dico solo che il fondo è, a mio parere, la cosa più innovativa di tutto l'accordo, perché non si limita a contenere quello che sta avvenendo, ma dà uno sguardo in avanti. Quella del fondo è una dimensione con una tradizione, nella nostra provincia, perché - lo ricorderanno i bergamaschi - tutte le volte che abbiamo affrontato delle crisi, abbiamo visto anche il sorgere di strumenti che hanno consentito di contenerle. Penso ai fondi costituiti dalla provincia e dalle realtà locali all'epoca dell'altra crisi tessile avutasi negli anni Settanta, i quali consentirono un'uscita dalla crisi stessa e poi, magari, anche il suo esaurimento.
Sono anch'io convinto, però, che qui ci troviamo in una dimensione totalmente nuova. Lo dico con un esempio. Non siamo più alla vecchia crisi del tessile, legata anche all'aspetto tecnologico: qui siamo in una realtà con livelli tecnologici altissimi, ma che fa una competizione totalmente diversa e che, pertanto, ha bisogno di supporti di altro tipo rispetto a quelli del passato.
Ecco perché dico che il fondo diventa il punto di snodo: esso consente di far vedere che non c'è solo la richiesta di un intervento pubblico, ma che esiste anche un intervento privato, che spero si allarghi anche al sistema creditizio bergamasco, il quale non può solo stare alla finestra a guardare, limitandosi ad utilizzare le risorse dei risparmiatori bergamaschi.

PRESIDENTE. Le chiedo scusa, onorevole Pezzotta. La interrompo perché si stanno iscrivendo a parlare numerosi colleghi e vorrei dare spazio a tutti gli interventi. La prego di concludere perché, altrimenti, dato che alle 16 inizieranno i lavori d'Aula, diventerà poi impossibile accontentare i nostri interlocutori, che hanno diritto di replica.

SAVINO PEZZOTTA. Formulerò un'ultima osservazione. Credo che qui sia presente un elemento importante, che riguarda anche una metodologia e che, probabilmente, va traslato, se fosse possibile, sulla dimensione nazionale.
Non uso il termine concertazione, che magari può irritare qualcuno o non essere compreso: userei invece l'espressione «cooperazione per lo sviluppo» che, in questa fase, diventa estremamente importante, perché non nega le autonomie e le differenze, ma ne fa il soggetto motore. Credo che questo sia importante: è un elemento di cooperazione tra soggetti diversi che individuano il problema e gli obiettivi e che mettono in campo le proprie risorse.
Ecco perché - mi associo a quanto diceva il collega Sanga - l'intervento, anche


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pubblico, a sostegno di questa iniziativa è estremamente importante. Mi sembra che sul terreno della metodologia siamo di fronte a qualcosa che probabilmente va ancora approfondito e implementato, ma che va assunto, allargato e trasmesso. Grazie.

GIACOMO STUCCHI. Ringrazio il presidente per aver recepito in maniera sollecita la richiesta che anche noi avevamo formulato, indirizzandogli una lettera firmata dal nostro capogruppo Giovanni Fava e dai colleghi Ettore Pirovano e Nunziante Consiglio, oltre che dal sottoscritto. Rivolgo, inoltre, un saluto agli ospiti, che conosciamo bene, essendo della nostra stessa terra.
Vorrei svolgere due considerazione su questo progetto. Sicuramente si tratta di un progetto interessante e innovativo, che già conosciamo, perché abbiamo avuto modo, grazie all'interlocuzione continua e costante con tutti i soggetti protagonisti di questa sfida - definiamola così - di essere aggiornati quasi quotidianamente sui passi che venivano compiuti.
Ne abbiamo avuto un quadro completo durante il percorso, nel periodo più cruciale della sua formazione o, perlomeno, della sua definizione finale, avendo l'opportunità di capire anche quale potesse essere l'apporto che la politica poteva dare. Spesso la politica crea difficoltà a chi vuole risolvere dei problemi: la nostra intenzione, invece, era quella di capire come potessimo essere d'aiuto.
Per la prima volta, quindi, siamo di fronte a un progetto e a una sfida che - pur riconoscendo, naturalmente, l'importanza di quello che viene fatto in termini di politica passiva e quindi di ammortizzatori, perché comunque si dà un reddito alla gente che necessariamente deve poter vivere - va oltre la logica degli ammortizzatori, che possiamo considerare come un giocare in difesa, per giocare un po' anche in attacco. Naturalmente, quando si gioca in attacco, bisogna studiare le strategie. Questo piano contiene la strategia che viene e verrà utilizzata nella Val Seriana. Si tratta di una strategia ritenuta interessante ed apprezzata anche in altri ambiti e in altri territori del nostro Paese, ben al di là dei confini regionali. Questo apprezzamento è stato reso pubblico anche da soggetti qualificati sulla stampa nazionale.
Il progetto in questione è sicuramente intriso di pragmatismo, che è la caratteristica tipica della nostra gente: quando ci si trova di fronte a problemi così grandi, non è per noi una novità trovarsi tutti assieme. Per la nostra terra non è una novità il fatto che sullo stesso fronte, dalla stessa parte, ci siano Confindustria, «Imprese e territorio» e i sindacati, appunto perché si cerca tutti insieme di progredire e di combattere una situazione che tutti riconoscono essere di crisi e che tutti vogliono affrontare.
Noi, come rappresentanti dei cittadini bergamaschi eletti nelle istituzioni, possiamo sicuramente occuparci di seguire attentamente le parti di competenza istituzionale, soprattutto a livello centrale, facendo avere un supporto agli attori protagonisti, spronandoli a continuare su questa strada. Abbiamo già avuto una serie di incontri, nelle scorse settimane: si stanno definendo passaggi cruciali sui quali vorremmo essere continuamente aggiornati, perché vorremmo continuamente aiutarli e incidere su questo percorso, ben sapendo che questa sfida deve necessariamente portare a una vittoria. Se sarà una vittoria, sarà una vittoria di tutti e non solo di qualcuno perché, quando si ragiona, come si è fatto anche in altre occasioni, prescindendo dalla logica delle bandierine, spesso si ottengono dei risultati che vanno a beneficio di tutti. Ognuno poi, facendo la sua parte di lavoro, potrà essere orgoglioso di quello che ha fatto, soprattutto con se stesso e non tanto verso l'opinione pubblica: questa è un'altra caratteristica della nostra gente.
Credo, quindi, che tale sfida verrà portata avanti sulla base di un progetto che ha le gambe per poter camminare.

NUNZIANTE CONSIGLIO. Ringrazio il presidente e gli intervenuti.


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Sono direttamente interessato perché sono il sindaco di questa Val Seriana. Purtroppo, cominciamo a conoscerci fin troppo bene: se ci vediamo spesso, ciò vuol dire che ci sono delle problematiche da affrontare.
La crisi, come abbiamo detto prima, non è certamente di tipo strutturale, né è legata alla capacità e alla qualità del lavoro dei soggetti imprenditori della Val Seriana. Sicuramente, non è neanche una crisi dettata dalla scarsa capacità dell'imprenditoria di essere camaleontica nel cercare di adeguarsi al mercato, soprattutto in questa globalizzazione che ci ha un po' tagliato le gambe, sotto l'aspetto della produzione.
È chiaro che bisogna fare quadrato, come diceva prima il collega Stucchi. Avremo la possibilità di organizzare degli incontri, soprattutto sul tema del tessile, benché sia chiaro che il tessile non è l'unico problema della Val Seriana.
Abbiamo un tessuto produttivo variegato: ricordiamo l'ultimo incontro che abbiamo avuto nel comune di Nembro per quanto riguarda la crisi della Comital, che tutto faceva meno che tessile, perché produceva prodotti in alluminio. Credo, quindi, che la crisi si sia talmente globalizzata che un intervento spot su singole attività o su filoni di un certo tipo di economia della nostra vallata non possa sicuramente essere efficace.
Conosciamo tutti la capacità dei nostri imprenditori della Val Seriana - non li batte nessuno - e questo è drammatico, perché se imprenditori di questo calibro non hanno la capacità di leggere nel futuro come poter adeguare le proprie aziende e come indirizzare la propria produzione, la situazione diventa dura da digerire. Occorre anche cercare di capire il perché di questa crisi, non solamente a livello mondiale ma, soprattutto, per l'aspetto che interessa a noi, nella Val Seriana. Probabilmente, la poca attenzione politica e la miopia di alcuni atteggiamenti politici risalenti a un passato non remoto hanno portato a non avere quella competitività sui mercati, anche internazionali e italiani.
Dovremmo affrontare la questione del made in Italy - posta da più parti politiche, ma soprattutto da noi della Lega - così come quella della produzione o di altre situazioni analoghe.
Dobbiamo veramente cercare di far sì che gli imprenditori della Val Seriana abbiano la possibilità di dare lavoro ai dipendenti. Cerchiamo di non farli chiudere, traghettiamoli fino al punto in cui ci sia una sorta di ripresa, in modo tale da poter dare garanzia di lavoro a queste migliaia di operai. Grazie.

LUDOVICO VICO. Sarò rapido. Anzitutto, ringrazio gli ospiti.
In verità, appena ho letto su Il Sole 24 Ore che era stato siglato questo protocollo, i colleghi Misiani e Sanga, vostri conterranei, mi hanno fornito copia della documentazione. Ciò che sta avvenendo nella vostra terra, nella vostra regione, è molto interessante.
La mia prima osservazione concerne la struttura del protocollo che, per certi aspetti, è molto originale, in particolare, nella composizione dei soggetti che definiscono il progetto. Se posso dirlo in maniera cruda, dall'inizio di questa avventura sono esclusi il pianificatore territoriale, l'ingegnere territoriale e l'ente locale. Nella sostanza, ciò modifica strutturalmente quello che, fino ad ora, era avvenuto al nord, al centro e al sud del Paese, laddove la struttura negoziale era - uso un termine improprio, benché antico - concertata e, quindi, da programmazione, negoziata. Questa è la prima osservazione: si tratta di un'impostazione originale che, ovviamente, farà storia a prescindere dal suo successo e alla sua diffusione. Ciò mi interessa, come parlamentare.
Vorrei sapere, non necessariamente oggi, ma anche in futuro, se questa cosa sia stata calcolata nell'ambito della storia della regione, della provincia, del territorio, perché queste sono le cose rilevanti.
Non sapevo che il collega Consiglio fosse sindaco, e questa è una cosa importante. Stiamo parlando di una delle macroaree più ricche d'Europa e non delle aree sottoutilizzate, da cui io provengo;


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sono un meridionale, pugliese, ed è bene che mi qualifichi prima che lo faccia il presidente, che gentilmente lo fa in ogni circostanza!
Tale nuova forma di interlocuzione, quindi, è molto condivisibile, così come le questioni cui hanno accennato poco fa i colleghi, inerenti il made in Italy, la produzione, l'etichettatura e la tracciabilità del prodotto; siamo impegnati - penso comunemente - anche a combattere non solo i processi di dumping, ma soprattutto quelli dell'ingresso nel Paese, con «sottofatturazione», dei prodotti non europei; mi riferisco in particolare, al problema del made in Europa, oltre che a quello del made in Italy.
Vengo ora al dunque, e sarò rapidissimo. Il mio interesse è rivolto anche a conoscere la vostra opinione rispetto alle misure necessarie per affrontare la crisi. Oltre a tutte le ragioni del consolidamento, della patrimonializzazione e dell'accesso al credito che le imprese italiane e i distretti industriali hanno - largamente comuni, ma non simili - le misure urgenti devono essere introdotte ad horas e valgono se sono prese tempestivamente, in tempo utile, per garantire la tenuta del sistema dei distretti e delle imprese, soprattutto per quanto riguarda le filiere più o meno omogenee.
Non ho capito nemmeno, però, quale sia la verticalizzazione nel sistema, ma non vorrei porre troppe questioni sul tavolo.
Mi pongo il problema - rispetto al lavoro fin qui svolto, alla struttura del protocollo e all'incidenza del nuovo soggetto che interviene sul territorio con una forza autonoma notevole - della utilità di quelle misure che riguardano, ad esempio, per le piccole e medie imprese, la deducibilità degli interessi passivi: provvedimenti che si possono prendere solo ed esclusivamente qui.
Penso al problema dell'accesso al credito e dei 50 milioni di euro,del comitato di garanzia: quelle sono cose straordinariamente importanti, ma afferenti all'ambito territoriale, così come il negoziato che annunciate sia con la regione Lombardia, sia con la provincia ed i comuni, a cui si fa riferimento.
L'aumento della percentuale della deducibilità degli interessi passivi, almeno del 50 per cento del reddito operativo lordo, per il 2009 e 2010 per le PMI è una cosa che vi serve, oppure no?
La riduzione dell'acconto IRPEF a giugno, l'incremento del «forfettone» fiscale, la compensazione dei debiti e dei decreti fiscali e contributivi, passando da 516 mila euro a 1 milione di euro sono cose che stanno lì. Poiché voi dite, nella documentazione che ci avete fornito, che un punto di debolezza è l'elevata concentrazione dei contoterzisti, ipotizzare che gli studi di settore escludano i contoterzisti è un aiuto al vostro grande progetto? Grazie.

ANDREA LULLI. Cercherò di essere breve, ma vorrei comunque svolgere una considerazione. Io vengo da una terra e da un'esperienza politica che da sempre ha considerato importante la piccola impresa. Credo che il distretto di Prato sia stato uno dei distretti industriali più studiati al mondo. Esperienze di programmazione negoziata, nel territorio a cui appartengo, risalgono già agli inizi degli anni Sessanta, anche con esperienze similari, anche se non identiche, a quella oggi in esame.
Ritengo che sia estremamente necessario dotarsi di una strumentazione che renda efficaci le politiche locali di sviluppo, perché c'è bisogno delle esperienze che voi mettete in campo, come quella del fondo. Tale fondo, potenzialmente, può essere una chiave di volta per rispondere davvero alla crisi e fare le cose che avete detto, anche da un punto di vista di un cambiamento necessario della cultura industriale e di un approccio a nuovi prodotti, a una nuova organizzazione, eccetera.
In modo particolare, al di là delle altre questioni riguardanti le politiche nazionali, che sono sempre necessarie, come ha già ricordato il collega Vico, vorrei domandarvi se riteniate utile una legislazione di sostegno che favorisca questo approccio alla politica locale di


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sviluppo. Credo, infatti, che il fondo che voi mettete in campo incontrerà qualche problema. Giustamente dite, in particolare, che verrà creato con risorse private: credo che questo sia non solo giustissimo ma anche, sinceramente, quasi l'unica strada che abbiamo, vista la situazione del nostro Paese.
Detto questo, però, proprio per favorire l'utilizzo della ricchezza privata, che si deve orientare in un certo modo, ritenete necessaria una politica che agevoli questo tipo di iniziative, oppure si può andare avanti con la legislazione vigente?
Potrei fare mille esempi e dire che, in esperienze passate, nella mia realtà, qualche problema c'è stato rispetto alla legislazione vigente, che non ha consentito, come noi avremmo voluto, un decollo di esperienze, se non identiche, ma in ogni caso abbastanza similari a questa.
Questa è la mia domanda perché, essendo io un profondo assertore della vocazione manifatturiera delle nostre realtà, che penso sia una delle ricchezze primarie del nostro Paese, credo che questo sia un punto molto importante della nostra indagine conoscitiva.
Come avrete capito, sono molto favorevole a che si vada in questa direzione, però è molto utile ascoltare anche chi opera direttamente sul campo ed è impegnato in esperienze così importanti.

MATTEO COLANINNO. Ringrazio il presidente per la giornata di oggi e rivolgo un saluto all'amico Barcella e a tutta la delegazione.
Penso che il significato di queste indagini conoscitive vada oltre rispetto ai temi, seppur seri e gravi, di cui stiamo parlando. Di fronte alla crisi che stiamo vivendo, penso che la politica e tutte le classi dirigenti debbano avere una maggiore consapevolezza, per rispondere in maniera coerente alle esigenze del momento.
Dico questo perché la crisi non nasce ad oriente, come qualcuno ha voluto far credere, bensì in occidente. Questo significa che la politica - ma non solo: anche l'impresa e le parti sociali - deve dare risposte coerenti e consapevoli.
Noi, in passato, abbiamo assistito ad un dibattito molto pericoloso e scivoloso, che oltretutto ha portato a una reazione modesta e intempestiva rispetto ai cambiamenti che l'economia mondiale stava conoscendo - parlo della fine del 1990 - in cui ci siamo chiesti, per molto tempo, se il piccolo fosse bello o se gli fosse preferibile il grande modello della public company americana.
Abbiamo oscillato continuamente in discussioni accademiche, forbite, di altissimo livello e approfondite da studi su queste due grandi oscillazioni: il piccolo è bello o inseguiamo il grande sogno della public company americana?
Questa mancanza di consapevolezza, nata in tutti gli ambienti, da quello politico a quello imprenditoriale, a quello dei media, a quello dell'università, ha poi prodotto delle reazioni quantomeno limitate e intempestive, che ci hanno portato a delle decisioni incoerenti con i grandi fenomeni di cambiamento avvenuti tra i primi anni Novanta e i primi anni del Duemila.
Questa consapevolezza, che oggi voi portate qui, nella sede istituzionale più importante - il Parlamento e la Commissione attività produttive - ha questo significato: l'Italia non può rinunciare alle sue due ancore fondamentali, ossia l'impresa produttiva e manifatturiera e il suo modello di impresa. Questo deve essere chiaro a tutti, anche nelle risposte e nei provvedimenti che vengono presi, anche di fronte alle complessità dei momenti.
Tutti gli esercizi teorici che sono stati fatti, addirittura volendo vedere nell'impresa produttiva e manifatturiera una trasformazione in divenire dell'economia in economia di servizio, non hanno fatto bene ai nostri distretti, alle nostre imprese e ai nostri lavoratori.
Credo, quindi, che a partire dall'istituzione parlamentare, a partire da noi parlamentari, dobbiamo non solo essere ancor più consapevoli del significato e del valore di radicare nel nostro Paese la forza del manifatturiero e del nostro modello di impresa familiare - che, certamente, dovrà cambiare i suoi connotati e non può


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ritenersi autosufficiente così com'è - ma anche evitare di seguire la chimera del modello manageriale assoluto. Faremmo dei grandi esercizi di retorica e di belle parole sui giornali, ma i risultati sono quelli che stiamo vivendo in questi giorni.
Vorrei ricordare anche, nel vedere quanto sta accadendo adesso nella negoziazione della prima azienda manifatturiera italiana, FIAT, ciò che ieri la Germania ha posto sul tavolo: la prima cosa che ha chiesto è dove stabilire l'headquarter del futuro gruppo.
Con questo mi riallaccio a quanto è stato detto fino ad oggi: la questione in gioco non è quella sterile dell'italianità sì o dell'italianità no, bensì quella della forza di un territorio. Perdere la manifattura, perdere distretti in Italia, non è una questione di tricolore o di bandiera, ma significa perdere un know how costruito in decenni, perdere una cultura imprenditoriale, perdere una cultura del lavoro e, quindi, impoverire il nostro Paese.
Su questo non ho alcun dubbio e penso che noi che abbiamo la responsabilità legislativa e voi che avete la responsabilità imprenditoriale e di rappresentanza, dobbiamo tenerne conto, come primo punto.
Come ultima considerazione, vorrei esprimere apprezzamento - cosa che non capita di rado - per questo fronte e per l'insolita consapevolezza che ci avete oggi testimoniato: è molto apprezzabile che ci sia un fronte largo e aperto, e non di contrapposizione, che non solo difende un territorio, ma difende una cultura, una forza del Paese e una proiezione di sviluppo.
Anche in tema di ammortizzatori sociali, mi ha fatto piacere sentire il segretario della CGIL parlare con un linguaggio che io personalmente apprezzo e che, certamente, da politico-imprenditore - o ex imprenditore - credo sia la via da seguire, non solo in Val Seriana, ma anche in altri ambiti. Grazie.

RAFFAELLO VIGNALI. Interverrò molto rapidamente, vista l'ora. Anch'io ringrazio le persone che sono intervenute oggi, anche per la qualità della loro presentazione, che credo renda a tutti noi più facile il lavoro: credo che sia importante l'analisi svolta, oltre all'illustrazione delle iniziative.
Vorrei fare una considerazione velocissima e rivolgervi tre domande.
La considerazione è la seguente: mi sembra che questa esperienza sia un esempio, come è stato sottolineato dal collega Pezzotta, che ha valore di metodo. Giustamente, anche il CorrierEconomia, con l'articolo di Dario Di Vico, ha titolato in merito: «Perché non impariamo dalla Val Seriana?». Dico questo in riferimento a due cose: innanzitutto perché spesso, anche in questo periodo di crisi, a me capita di sentire che la colpa è sempre dell'altro, del sindacato, dell'imprenditore o delle banche. Mentre invece credo che il nemico sia la crisi. E questo voi l'avete capito. In secondo luogo, ritengo che questo sia il metodo giusto, quello che io chiamo il «concorrere per competere», ossia correre insieme per competere fuori. Più che di «cooperazione per lo sviluppo», come la chiama l'amico Pezzotta, io parlerei di «partenariato», perché questa parola esprime proprio l'idea di partnership, di un essere insieme dove, però, ognuno mette il suo, dove si fa cartello per andare a chiedere al pubblico ma, innanzitutto, si corre.
Anch'io sottolineo la cosa che diceva in apertura il collega Vico, perché questo è l'esempio della sussidiarietà. Non è un caso che quell'area sia una delle più sviluppate d'Europa: è tale perché lì c'è, non da oggi, una società civile attiva, che costruisce, che non aspetta che ci sia qualcuno che risolve il problema, ma che innanzitutto comincia a rimboccarsi le maniche. Credo che questo sia il grande valore di metodo che ha per tutti e che è giusto porre all'attenzione degli altri sistemi.
Vengo ora alle domande. La prima è sulla ricerca. Credo anch'io che l'innovazione sia la strada giusta, come avete detto, e vorrei chiedere se e con quali centri di ricerca siete collegati e se esistono collegamenti stabili.


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La seconda domanda riguarda la questione della scolarità, che è uno dei punti di debolezza cronici non solo delle valli bergamasche, ma anche di quelle bresciane, cioè di un'area ricca della Lombardia. In queste aree noi abbiamo un tasso di abbandono scolastico simile a quello della Calabria, per ragioni opposte. Credo che questo sia un grande tema, che merita attenzione.
Da questo punto di vista, vorrei capire quali iniziative, se ci sono, avete in mente per innalzare la scolarità e, quindi, per accrescere il capitale umano e, per altro verso, per garantire la formazione.
Infine, vorrei capire, rispetto all'intervento del sistema pubblico, se e quali rapporti siano già in essere con strumenti come il fondo dei fondi Finlombarda: vorrei capire se al riguardo esistono già iniziative e impegni, perché anche questa mi sembra una strada da percorrere. Grazie.

GABRIELE CIMADORO. Ringrazio i conterranei per l'orgoglio bergamasco di avere un progetto che, mi sembra, tutti i giornali economici di livello nazionale abbiano immediatamente qualificato come interessante, che comunque vale la pena perseguire e esportare.
Credo che, oltre a partecipare ad un'audizione innanzi a questa Commissione per esporre quanto è stato detto - cose che noi bergamaschi, in particolare, avevamo già sentito - i nostri conterranei avessero piacere di sentire qualcosa da parte nostra e di ricevere un aiuto, piuttosto che di sentirsi rivolgere tante domande e tanti interrogativi.
Questa è la prima fase del nostro lavoro comune - e ringraziamo per questo il presidente, che è stato sollecito e ha recepito immediatamente la nostra richiesta - ma credo che, al di là di tutte le osservazioni e di quello che possiamo fare, occorrerà dare loro delle risposte.
Questo dibattito in Commissione potrebbe rappresentare la prima fase di un nostro programma politico - parlo di noi politici bergamaschi e di tutti gli altri della Commissione perché, ripeto, il progetto potrebbe essere non solo bergamasco - affinché in questa vicenda venga coinvolto direttamente il Governo.
Sollecito il presidente ad avere questa sensibilità - ma credo l'abbia già e l'abbia già fatto o sia in procinto di farlo - per poter dare una risposta ai nostri conterranei bergamaschi da un punto di vista molto concreto.
Si accennava anche a un coinvolgimento degli istituti di credito. Mi sembra che nell'ultima riunione sia emerso che in provincia di Bergamo qualcuno ha già mostrato un interessamento o che qualche istituto locale fosse disponibile. Se, però, ci fosse da subito un intervento del Governo che potesse mettere a disposizione dei soldi tout court per poter iniziare questo progetto e, poi, esportarlo, credo che noi e loro saremmo molto più felici.

PRESIDENTE. Il ruolo che mi ha assegnato il collega Cimadoro va al di là dei limiti istituzionali che mi sono stati affidati dalla Costituzione, ma farò del mio meglio!

ANTONIO MISIANI. Innanzitutto rivolgo un saluto ai nostri interlocutori. Anch'io mi associo all'apprezzamento dei colleghi intervenuti per la qualità del progetto che è stato messo in campo nella provincia di Bergamo, che parte da un lavoro serio e approfondito di analisi del territorio e della dimensione, anche sociale, della valle, nonché dal consolidamento di una coesione tra le forze economiche e sociali, un patrimonio storico della provincia di Bergamo.
Credo che il primo protocollo per lo sviluppo territoriale - tra CGIL, CISL, UIL e rappresentanze degli industriali e delle piccole e medie imprese - sia del 1993. Credo che le proposte messe in campo, anche innovative, rivestano un interesse che va al di là della peculiarità bergamasca e della Val Seriana.
Che cosa può fare la dimensione nazionale, in relazione a questa esperienza interessante e innovativa? La proposta più interessante - mi associo alla considerazione che faceva l'onorevole Pezzotta - è


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il fondo di private equity con vocazione territoriale e di interesse pubblico, mi si passi il termine. Il fondo nasce come privato ma è aperto - come ricordava il presidente Barcella - all'intervento di capitale pubblico. Credo che l'intervento pubblico sia auspicabile, ma deve avvenire in punta di piedi e rispettando la vocazione imprenditoriale di questo tipo di progetto.
Mi chiedo, allora - e credo che tutti noi dovremmo interrogarci in merito - quale possa essere lo strumento pubblico migliore per contribuire alla crescita e allo sviluppo di questa proposta innovativa: se la Cassa depositi e prestiti o qualche emanazione delle pubbliche amministrazioni che possa mettere capitali in questo progetto, rispettandone la vocazione imprenditoriale e, comunque, la sua caratteristica di essere fortemente mirato alla riconversione produttiva di quel territorio.
Passando alla seconda questione, il protocollo pone giustamente i temi della flexsecurity, della riconversione e riqualificazione della forza lavoro espulsa dai settori produttivi ormai in declino e della loro ricollocazione nel settore di cui si auspica il nuovo sviluppo.
Credo che questo tema richiami ancora una volta la necessità di una riforma strutturale degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive del lavoro, che è compito della legislazione nazionale innanzitutto, e che deve tenere conto della necessità di costruire un sistema che vada a regime.
Oggi noi siamo ancora in una logica emergenziale, sotto questo profilo: una logica delle deroghe e dei fondi individuati per l'immediato futuro, ma non stabilmente. Ancora una volta, quindi, si pone la questione di strumenti moderni, a livello di legislazione nazionale, in grado di accompagnare i processi di riconversione e ristrutturazione produttiva, ma sufficientemente flessibili da poter tenere conto delle peculiarità territoriali e anche della capacità di gestione, sul territorio, di questi strumenti. Da questo punto di vista, anche in questo caso, possiamo trarre insegnamenti interessanti dalle esperienze passate.
Il terzo tema che è necessario assumere, a mio modo di vedere, dall'esperienza proposta, è che dalla crisi si esce partendo dai territori. Credo che questa sia la lezione che ha portato anche la Commissione a costruire questo interessante ciclo di audizioni.
Fare tesoro delle buone pratiche è molto importante, da parte di istituzioni nazionali che, spesso, sono scollegate da quanto di buono matura sul territorio. Questa è una buona pratica che credo vada sicuramente tenuta in considerazione ed esportata anche in altre realtà.

GREGORIO FONTANA. Interverrò in maniera telegrafica, proprio perché il tempo stringe. Desidero esprimere la mia soddisfazione per questa partecipazione delle parti sociali bergamasche e degli imprenditori alla presentazione di questo progetto, che nasce da quel confronto sul territorio che è per noi cosa consueta e che non solo viene oggi portato in questa sede come esempio concreto, ma può anche essere considerato come un vero e proprio modello.
Questo ci rende particolarmente orgogliosi, ma ci grava anche della responsabilità - come parlamentari e, in particolare, come parlamentari bergamaschi - di dare il massimo supporto a questo progetto. Cogliendo la provocazione e sollecitazione dell'onorevole Cimadoro, vorrei dire che tale supporto ci sarà certamente in sede politica, ma occorrerà avviare un confronto - c'è già la disponibilità da parte del Ministro dello sviluppo economico, Claudio Scajola - su questo specifico progetto, anche in base alla precisa sollecitazione che il presidente Barcella ha fatto nei giorni scorsi.
Da questo punto di vista, quindi, c'è il nostro impegno a portare avanti e dare il massimo supporto a un'iniziativa che, ripeto, può essere un modello per tutti. Grazie.

PRESIDENTE. Dato che mancano pochi minuti, mi sono consultato con i nostri


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ospiti. Per dare delle risposte complete a tutte le articolate questioni che ci sono state sottoposte, avremmo trovato questa strada: ci forniranno tali risposte per iscritto che andranno poi ad integrare la documentazione che ci hanno consegnato, in maniera tale da non rendere sterili i cinque minuti che ci separano dall'inizio dei lavori d'Aula.
Pensavamo che il tempo messo a disposizione fosse congruo ma, in realtà, l'interesse manifestato e il numero degli interventi sono andati molto al di là delle aspettative, il che è un bene per le istituzioni. Attendiamo, quindi, le vostre considerazioni conclusive, di cui autorizzo la pubblicazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato). Vi ringrazio.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,55.

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