Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

Cerca nel sito

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Per visualizzare il contenuto multimediale è necessario installare il Flash Player Adobe e abilitare il javascript

Strumento di esplorazione della sezione Lavori Digitando almeno un carattere nel campo si ottengono uno o più risultati con relativo collegamento, il tempo di risposta dipende dal numero dei risultati trovati e dal processore e navigatore in uso.

salta l'esplora

Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

Torna all'elenco delle indagini Torna all'elenco delle sedute
Commissione X
7.
Mercoledì 1° luglio 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Gibelli Andrea, Presidente ... 2

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SITUAZIONE E SULLE PROSPETTIVE DEL SISTEMA INDUSTRIALE E MANIFATTURIERO ITALIANO IN RELAZIONE ALLA CRISI DELL'ECONOMIA INTERNAZIONALE

Audizione di rappresentanti della Compagnia delle Opere:

Gibelli Andrea, Presidente ... 2 5 9 12
Biscaglia Enrico, Direttore generale della Compagnia delle Opere ... 11
Lulli Andrea (PD) ... 7
Monai Carlo (IdV) ... 5 6
Pezzotta Savino (UdC) ... 6
Scholz Bernhard, Presidente della Compagnia delle Opere ... 2 5 9
Torazzi Alberto (LNP) ... 6
Vico Ludovico (PD) ... 6
Vignali Raffaello (PdL) ... 9
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: (Misto-RRP).

COMMISSIONE X
ATTIVITÀ PRODUTTIVE, COMMERCIO E TURISMO

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 1° luglio 2009


Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ANDREA GIBELLI

La seduta comincia alle 14,15.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti della Compagnia delle Opere.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla situazione e sulle prospettive del sistema industriale e manifatturiero italiano in relazione alla crisi economica internazionale, l'audizione di rappresentanti della Compagnia delle Opere.
Do la parola al presidente della Compagnia delle Opere, Bernhard Scholz.

BERNHARD SCHOLZ, Presidente della Compagnia delle Opere. Ringrazio il presidente e la Commissione per l'invito a partecipare all'odierna audizione.
La Compagnia delle Opere è un'associazione di professionisti e imprenditori nata 22 anni fa, composta da 34 mila soci e con 41 sedi in Italia.
Per affrontare subito un problema specifico, sottolineo che abbiamo 10 mila soci nel settore manifatturiero. La composizione dei soci rispecchia quella delle aziende in Italia, quindi per la maggior parte si tratta di piccole e medie imprese.
Tale associazione è nata dall'intuizione di monsignor Luigi Giussani. Il nostro slogan spiega anche qual è lo spirito con il quale tendiamo a operare: «Un criterio ideale e un'amicizia operativa».
In vista di questa audizione, abbiamo svolto un'indagine su 200 delle nostre imprese, per verificare quale fosse la loro posizione rispetto a questa crisi. Le difficoltà evidenziate sono quelle che conosciamo, ossia strette di credito e difficoltà a recepire ordini a livello soprattutto internazionale, nel settore manifatturiero in particolare. Anche in questo caso, quindi, troviamo tutte le difficoltà presenti a livello nazionale, che conoscete sicuramente meglio di noi.
Aggiungo che le esigenze specifiche che le aziende hanno, rispetto a ciò che può fare lo Stato, riguardano prima di tutto la semplificazione amministrativa e la riduzione della pressione fiscale. Inoltre, alcuni insistono sulla riforma del processo civile, per ragioni molto note.
Sono stati molto apprezzati, soprattutto nei settori manifatturieri, gli interventi sugli ammortizzatori sociali, in particolare il fatto che sia possibile utilizzarli al di sotto dei 15 dipendenti. Come sapete, nella regione Lombardia a questo ammortizzatore si è aggiunto il voucher formativo. Ci tengo a dire che siamo una delle poche realtà che diffondono informazioni circa queste opportunità. Con nostra grande sorpresa, infatti, queste possibilità sono poco note. Vi sono intere fasce di aziende che devono affrontare la crisi senza sapere che potrebbero utilizzare gli ammortizzatori sociali. Questo è un servizio che rendiamo non soltanto ai soci. Un'azienda


Pag. 3

da sola non può mettersi in pista per realizzare tutti gli adempimenti amministrativi necessari, quindi noi la aiutiamo in questo senso.
A questo, punto vorrei fare un breve cenno sull'origine della crisi. Dal nostro punto di vista, questa crisi ha un'origine non nel sistema finanziario, ma nella cultura che ha generato tale sistema. Dunque, si è trattato di un tipo di ragionamento a breve termine, che di per se stesso va contro la natura dell'impresa, la quale ha bisogno di una prospettiva di medio e lungo termine. Per dirla con parole semplici, questo tipo di pensiero si rivolge al «tutto e subito», privilegia la gestione finanziaria rispetto all'economia reale e quindi al lavoro. Abbiamo questa sensazione da tanto tempo. A novembre, l'assemblea generale della Compagnia delle Opere aveva come tema il lavoro, perché la ricchezza, nel senso ampio della parola, si crea attraverso il lavoro e non mediante la finanza. Ciò per noi è stato fondamentale, perché anche la crisi della fiducia si fonda su questo. Valori importanti come la fiducia, la tenacia e lo spirito di sacrificio nel portare avanti un'impresa come valore in sé, e non come una realtà da sfruttare finanziariamente, sono venuti meno. Nel corso di 40, se non 50, incontri pubblici in giro per l'Italia, che hanno visto la partecipazione di circa 400 imprenditori, abbiamo cercato di rifondare l'apprezzamento del lavoro, anche manuale. Il disprezzo del lavoro manuale e le differenze che si fanno fra certi lavori, che vengono reputati più degni di altri, sono stati i temi che abbiamo affrontato molto apertamente, attraverso le testimonianze dirette degli imprenditori.
Questi incontri, durante i quali a parlare sono stati prima di tutto gli imprenditori, che hanno testimoniato la loro esperienza imprenditoriale anche rispetto alla crisi, sono stati molto utili per ricreare un tessuto sociale a sostegno dei singoli imprenditori. Questo è un punto fondamentale della nostra esperienza. Questa crisi ha reso evidente che l'imprenditore da solo fa una fatica immane ad affrontare i problemi. Ci sono persone che hanno paura di guardare i loro conti corrente, che hanno paura di parlare con le banche o con i collaboratori. Alcuni hanno paura di parlare anche con le mogli, perché la realtà è difficile e pesante.
Abbiamo cercato di creare occasioni di sostegno per i singoli imprenditori e i loro collaboratori. Da un certo punto di vista, per noi è stata una grande scoperta vedere come questo aiuto, che consiste nel mettere insieme gli imprenditori e i loro collaboratori, nel farli parlare permettendo un confronto e uno scambio di informazioni ed esperienze, sia stato l'aiuto principale che abbiamo potuto dare loro. Dico questo con grande franchezza.
Tutti i servizi che abbiamo potuto fornire sono stati utili e successivamente farò alcuni esempi in proposito. Tuttavia, il principale aiuto che abbiamo reso in questo momento è stato quello di ricreare una rete di relazioni, un'amicizia operativa - come noi la chiamiamo - a sostegno del singolo imprenditore. Confesso che io stesso sono stato molto sorpreso in questo senso dalle testimonianze degli imprenditori agli incontri pubblici che abbiamo tenuto.
Il coraggio di affrontare certi problemi non nasce da solo, ma è frutto di una relazione vissuta anche a livello professionale. All'inizio della crisi, abbiamo insistito molto sul realismo necessario per affrontare la situazione dell'impresa, perché abbiamo assistito a varie forme di reazione dalla depressione alla illusione. Abbiamo insistito sul fatto di dover partire dal mercato e non da considerazioni che partono dal prodotto, da grandi intuizioni o da brevetti che si possiedono, ma dalle esigenze reali del mercato.
Un aspetto che abbiamo sviluppato in questo periodo è stato il rapporto con le banche. Gli istituti di credito hanno fatto anche loro una grande fatica ad affrontare la crisi, ma abbiamo scoperto che tante imprese, soprattutto le piccole, non sono in grado di instaurare un rapporto proficuo con le banche. In altre parole, esse non sono in grado di presentarsi in modo adeguato, né di riconoscere il valore reale che hanno. Ad esempio, la piccola impresa è poco capace di dimostrare gli asset intangibili che possiede, anche se sono


Pag. 4

molto validi. Abbiamo quindi sostenuto tantissime imprese in questo dialogo. Nel nord, abbiamo istituito anche la figura professionale del tutor della piccola e media impresa, che insieme all'impresa svolge un'analisi della sua situazione economica, per aiutare poi quest'ultima ad affrontare la situazione in modo consistente, di concerto con la banca. Nel 90 per cento dei casi in cui questi tutor, o i nostri direttori delle sedi locali, hanno accompagnato le imprese nel dialogo con le banche è stato registrato un successo.
Ritengo che ciò sia importante, perché la relazione con le banche è spesso caratterizzata da accuse reciproche: l'impresa non fa il suo lavoro e la banca cerca di sfruttare. Conosciamo tutti questi slogan. Invece, quando si riesce a far valere un'impresa per quello che è e a dimostrare alla banca la situazione, anche dal punto di vista documentale, è possibile collaborare con profitto. Evidentemente, in questo contesto, gioca un ruolo importante anche la fiducia che nel corso degli anni le banche hanno instaurato con la Compagnia delle Opere.
Un'altra sorpresa che ho avuto è stata il fatto che, nonostante la crisi - adesso posso dire proprio anche a causa dell'attuale crisi - è cresciuto l'interesse per la formazione.
Abbiamo creato una scuola di impresa per imprenditori che durante lo scorso anno ha visto 1.200 imprenditori in aula confrontarsi su temi quali la gestione finanziaria, la gestione e lo sviluppo delle risorse umane e l'internazionalizzazione. Alcuni piccoli imprenditori sono rimasti in aula per due giorni di fila. Quando è diventata evidente la portata di questa crisi, pensavo che avremmo dovuto chiudere la scuola, perché la prima cosa che si fa in un momento di crisi è rinunciare alla formazione. Invece, è successo il contrario. Proprio di fronte alle difficoltà, la formazione che abbiamo proposto sul tema della gestione finanziaria, ma anche su quello della riorganizzazione dell'azienda, è stata molto apprezzata e non abbiamo registrato alcun calo di partecipazione. Per tante imprese, la crisi è diventata un'opportunità per guardarsi dentro, per riprendere in mano la gestione finanziaria - che è stata riconosciuta spesso deficitaria, ma la crisi fa emergere anche gli aspetti interni che potrebbero essere gestiti meglio - la gestione del personale e il coinvolgimento dei collaboratori. A novembre-dicembre, quando è diventato evidente che la crisi avrebbe coinvolto tutti, abbiamo detto alle imprese che non avrebbero potuto affrontare tale situazione, senza un coinvolgimento completo dei propri collaboratori. Pertanto, li abbiamo invitati a dire come stavano le cose con la massima trasparenza. Abbiamo detto loro che se pensavano di uscire dalla crisi trattando i loro collaboratori come semplici esecutori non ce l'avrebbero fatta.
Negli ultimi mesi, le testimonianze presentate dagli imprenditori hanno confermato il nostro pensiero. Ricordo che a Firenze, di fronte a 1.200 persone, una signora di Grosseto ha dimostrato come la sua azienda - che è importante - era riuscita a sopravvivere alla crisi perché a dicembre aveva coinvolto in tutto e per tutto i propri collaboratori. Ha presentato loro le cifre, ha spiegato quali fossero i problemi, come avrebbero potuto aiutarla e ha chiesto loro aiuto e sostegno. Quello è stato un esempio per tutti. Certo, non tutti hanno agito in questo modo eccellente, ma è nata la consapevolezza del fatto che da soli non era possibile far fronte alla crisi.
L'ultimo punto che vorrei affrontare riguarda l'internazionalizzazione. Abbiamo sempre favorito la rete, ovvero la collaborazione fra le imprese. Durante questa crisi, anche questo aspetto è diventato sempre più riconosciuto nella sua valenza. È stata compresa l'importanza di mettersi insieme a livello di commercializzazione dei prodotti, della produzione o della fornitura, o semplicemente sul piano dello scambio di informazioni, di best practice o del benchmarking su scala locale. Si tratta di azioni non molto difficili da attuare, ma molto importanti per l'efficacia che producono. Abbiamo, inoltre, creato uno strumento che si chiama «Matching», che adesso è alla quinta edizione. A novembre, per tre giorni, presso la nuova Fiera di Milano, questa manifestazione


Pag. 5

permetterà alle aziende di incontrarsi. Quest'anno parteciperanno 2 mila imprese, di cui 400 provenienti dall'estero. Dietro a tutto questo c'è lo spirito di mettersi insieme, di lavorare e cooperare, cosa che con l'individualismo abbastanza diffuso non è così semplice. Tuttavia, le aziende si convincono sempre di più che si può fare.
A livello di internazionalizzazione, purtroppo alcune aziende che hanno compiuto passi grandi e importanti verso l'estero sono state molto penalizzate da questa crisi, soprattutto nel settore manifatturiero. Cerchiamo di fare di tutto, anche attraverso il «Matching», per limitare i danni che si sono provocati. In questi casi, si crea un scontro psicologico molto forte. L'imprenditore, infatti, ha investito i soldi, ha rischiato, ha seguito tutte le indicazioni, è andato all'estero, ma ha preso la batosta. Dunque, attraverso il «Matching», cerchiamo di ricreare la fiducia necessaria, facendo incontrare alle aziende nuovi fornitori o nuovi clienti, a seconda dei casi.
Questi sono i punti cardine che ho voluto presentare, circa le modalità adottate della nostra associazione per affrontare la crisi. Non cito alcun dato in proposito, dal momento che li conoscete molto meglio di noi. Invece, mi interessa dire che l'associazione, soprattutto in un momento come questo, ha come primo compito quello di sostenere l'associato nella sua responsabilità oggettiva, perché si tratta di una responsabilità per l'impresa, ma anche per il bene comune. Per noi, infatti, non esiste uno iato fra la responsabilità che si ha per la propria azienda e quella nei confronti del bene comune. Abbiamo voluto sostenere il singolo imprenditore in questa avventura, senza sostituirci alle sue responsabilità. Quindi, abbiamo reso un sostegno umano, ma anche in termini di servizi finanziari, di internazionalizzazione e di formazione.
Il nostro scopo, tuttavia, è che l'imprenditore, insieme ai propri collaboratori, diventi un soggetto sempre più libero e capace di innovare e di presentarsi sul mercato in modo efficace. Grazie.

PRESIDENTE. Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

CARLO MONAI. Presidente, lei ha posto il problema della poca conoscibilità dei provvedimenti del Governo, nell'ambito delle piccole e medie imprese. Secondo la vostra esperienza, quali potrebbero essere i meccanismi tesi a divulgare queste iniziative e a renderle più praticate?

BERNHARD SCHOLZ, Presidente della Compagnia delle Opere. Come associazione, abbiamo divulgato le vostre iniziative non appena venivano da voi pubblicate. Le abbiamo divulgate e abbiamo creato subito gli strumenti necessari per attuarle a livello operativo.
Vi porto un esempio. Il nostro house organ si chiama Corriere delle Opere e le pagine più lette sono quelle sui servizi. Tutto quanto viene messo a disposizione da parte del Governo nazionale e regionale viene pubblicato subito. Oltre a questo, agiamo in tutti i settori in cui possiamo metterci in gioco, aiutando le imprese. Inviamo e-mail a tutti gli associati e li informiamo immediatamente delle novità. Questa è la nostra attività.
Alla luce di quanto detto, risulta difficile che un socio della Compagnia delle Opere, che sia interessato, non venga a conoscenza delle iniziative in campo. Ad ogni modo, essendo aperti a tutti, abbiamo riscontrato, soprattutto rispetto agli ammortizzatori sociali, una grandissimo deficit di informazione. A maggior ragione ci siamo stupiti del fatto che nella regione Lombardia i voucher formativi, che riteniamo uno strumento importante, non siano stati recepiti adeguatamente.
Vorrei aggiungere ancora una considerazione. Vi sono così tante proposte, ovvero c'è così tanta roba - scusate il termine semplice - che appare sui giornali, sulle varie pagine di economia in generale, che si crea una certa confusione. Ogni tanto manca un po' di ordine. C'è bisogno di uno strumento finalizzato semplicemente ad informare sulle novità: per le piccole e medie imprese, nei prossimi mesi, sono a disposizione determinate misure.


Pag. 6

Occorrerebbero delle raccolte, delle sintesi.
Ad esempio, prendiamo in considerazione il piano casa: si dà avvio a una discussione che si ferma e poi va avanti. Insomma, alla fine, si perde l'attenzione. Penso che quando tale piano verrà attuato, lo si sarà già perso di vista.

CARLO MONAI. Questo potrebbe essere un buono spunto per il Ministro per la semplificazione, di concerto col Ministro dello sviluppo economico, per attuare delle politiche di informazione più cristalline e pervasive.

ALBERTO TORAZZI. Vorrei porre una domanda molto semplice. Abbiamo dei grossissimi problemi, da un punto di vista legislativo, a sbloccare il credito. Nonostante siano stati dati molti aiuti alle banche, sappiamo che ad oggi non c'è un riscontro sufficiente. Visto che avete a che fare con così tante aziende e che il vostro lavoro consiste proprio in un approccio di servizio e nella risoluzione dei problemi, vorrei sapere se avete dei suggerimenti per migliorare l'accesso al credito compatibilmente con la politica del Governo.
Potete darci dei consigli per capire come si potrebbe controllare o facilitare la concessione del credito da parte delle banche, corrispondentemente ai supporti e alle politiche messe in atto dal Governo?

SAVINO PEZZOTTA. Conoscendo già la Compagnia delle Opere, mi interessa chiarire solo alcuni aspetti della questione in esame.
Dottor Scholz, lei ha parlato esclusivamente del settore manifatturiero, ma è possibile capire come è composta la sua associazione? Mi interessa sapere quante aziende si trovano nel settore manifatturiero e quante in altri segmenti, se il no profit vi rientra e come considerate tale settore.
Chiedo questo, per capire quale sia la distribuzione settoriale e, pertanto, se prevedete anche interventi mirati a seconda dei settori. Del resto, abbiamo settori che vanno e altri che non vanno, stando alla situazione economica.
Avete parlato di un tema estremamente importante che riguarda la formazione e l'avete indirizzato esclusivamente alla formazione dell'impresa, ossia degli imprenditori. Siccome una delle debolezze che si sta registrando in questi tempi dentro il mercato del lavoro è la fragilità del lavoratore, proprio in termini formativi, soprattutto in una fase di trasformazione come quella della attuale crisi economica, mi interessa capire quali sono gli strumenti e le modalità sia per formare i lavoratori rispetto alle imprese in cui lavorano, sia per «attrezzarli» a restare sul mercato del lavoro, che diventa sempre più frastagliato.
L'altra questione che vorrei affrontare riguarda i rapporti tra le associazioni. Lei ha usato tantissime volte un concetto che considero molto bello e che vale anche per il sindacato, visto che ha fatto quel mestiere. Mi riferisco allo stare insieme, al fatto che non si agisce da soli. È una pratica che non è ben vista in questo Paese, o perlomeno non lo è da tutti. Vorrei sapere, dunque, qual è il rapporto tra la Compagnia delle Opere - è importante dal punto di vista della visione politica e degli interventi - con le associazioni delle piccole e medie imprese, quali Confapi, Confindustria, Confcommercio, Confcooperative e Lega delle cooperative. Si tratta solo di un rapporto, per alcuni segmenti, di tipo funzionale, oppure c'è una relazione di cooperazione un po' più decisa? Peraltro, probabilmente una delle carenze della piccola impresa - che lei metteva in luce - è la scarsità o la poca voglia di cooperare, abbastanza diffusa in questo segmento.
Certo, la competizione fa bene alla salute, ma se fosse accompagnata da elementi di cooperazione e di sinergia sarebbe comunque significativa.

LUDOVICO VICO. Vorrei anche io rivolgere il benvenuto ai nostri ospiti. Ho apprezzato le parole del dottor Scholz, che ci ha raccontato della sua associazione.
Con i colleghi commentavamo il fatto che la realtà descritta ci è sembrata una goccia d'acqua nel deserto, stando alle parole e alla cura che lei ha usato per


Pag. 7

descrivere la sua associazione, che conosciamo. Forse mi permetterà di sollecitarvi anche in questa sede a rivolgere il medesimo approccio, con i contenuti e la metodologia che lei ci ha rappresentato, anche verso il Mezzogiorno per aiutarlo ad affrontare la crisi economica.
Quanto state facendo è apprezzabile, tuttavia sono obbligato a tornare sulle azioni che sono state intraprese e che ancora si devono intraprendere. Con molta sincerità, devo dire che non siamo molto soddisfatti dei provvedimenti che finora sono stati messi in campo dal Governo, particolarmente sulle alle piccole e medie imprese e, soprattutto, sulle materie che stiamo discutendo in questa importante indagine. Intendo dire che continuiamo ad osservare che la questione fondamentale non riguarda il singolo provvedimento, ma l'indisponibilità di risorse finanziarie, in grado di mettere in moto meccanismi ulteriormente virtuosi. Mi riferisco alle questioni che abbiamo discusso ed esaminato nel primo e nel secondo pacchetto anticrisi, ed ora nel terzo. Continuiamo ad osservare che dal sistema delle piccole e medie imprese ci vengono poste altre domande, a cui vengono date risposte che non sono perfettamente coerenti. Penso soprattutto a due questioni, una delle quali è costituita dal rapporto tra la piccola impresa e il credito, che ovviamente va oltre la dimensione degli interventi della sua associazione, per come è strutturata.
Il settore del credito continua ad avere, rispetto alla necessità del sistema delle piccole imprese, un certo atteggiamento di differire l'adempimento di alcuni impegni. Oggi è il 1o luglio. Sappiamo tutti che il 30 giugno è una data importante per il sistema delle piccole e medie imprese, per il versamento delle imposte. Ebbene, non è arrivata quella misura semplice - se posso definirla così - del rinvio, non dei condoni ovvero di altri interventi complicati. Eppure, continuiamo a parlare della scelta del rinvio del pagamento di alcune imposte o di alcune scadenze, che rappresentano la liquidità vera - peraltro scarsa - del sistema delle piccole imprese che anche sul versante della richiesta di credito trovano mille difficoltà.
Devo però dire che, indipendentemente dalle misure nazionali non sufficienti, forse è più facile costruire su basi territoriali un sistema di relazioni concertative - questa parola forse è impropria - che consentano l'interazione tra enti locali, sistema di imprese e banche locali.
Abbiamo persino scoperto che le piccole banche, come le banche di credito cooperativo, sono più disponibili dei grandi cartelli. Questo elemento appare coerente con il valore culturale che lei ha voluto dare all'inizio del suo intervento.
Osserviamo questa difficoltà e la porteremo all'attenzione delle nostre Commissioni e del Parlamento. Tuttavia, avremmo bisogno di capire se questa difficoltà, al di là delle situazioni a livello territoriale, rappresenti un'esigenza nazionale. Seppure il Governo nei prossimi giorni ci parlerà degli utili a partire dal 2010, il punto resta il 2009. La crisi tende a restringere sempre il tempo dell'azione. Quando una persona si alza la mattina e ha mal di testa non pensa di prendere una pillola dopo una settimana, ma subito. In quel momento, il suo organismo è entrato in crisi, ha il mal di testa. La crisi esige misure urgenti, nell'ambito delle quali può trovare spazio tutto il resto.
Ci ha fatto molto piacere sentire che avete svolto una importante funzione informativa nei confronti delle imprese, sull'accesso agli ammortizzatori. Anche in questo caso, però, i conti non tornano per il 2010. Bisognerebbe avere un'idea rispetto all'andamento della crisi. Se gli ammortizzatori, che già preconizziamo comunemente, dovranno avere un prolungamento anche per il 2010, si pone un problema di copertura finanziaria, che assume priorità nel rapporto che intercorre tra la piccola impresa e il lavoratore.

ANDREA LULLI. Anche io mi associo ai ringraziamenti rivolti al dottor Scholz. Personalmente, condivido l'interpretazione circa l'origine della crisi, delineata nel corso dell'audizione. Giustamente, essa non è fatta risalire solo allo shock finanziario,


Pag. 8

ma anche al modo di intendere lo sviluppo, fondato sostanzialmente sull'assunto «arricchirsi sempre di più, in tempi sempre più brevi». Questo è un problema molto rilevante, perché chiaramente, oltre a fronteggiare la crisi - sulla quale il collega Vico ha già espresso alcune considerazioni che non voglio ripetere, se non per fare una sottolineatura - è necessario dare una risposta strategica alla crisi che stiamo attraversando.
Sono d'accordo sul fatto che, a prescindere da tutto questo e al di là delle scelte di merito che possono assumere le singole imprese, si dovrebbe sollecitare un approccio ad una visione d'impresa sempre più radicata nel sociale. Infatti, se è vero che l'economia non potrà ripartire, come siamo stati abituati nel passato, ciò mette in discussione le priorità e il tipo di consumi. Ciò non può che riportarci al momento in cui si realizza la produzione. Occorre concentrarsi sul tipo di scelte da attuare e sul modo in cui realizzarle. Prima ancora di decidere che cosa fare, è necessario comprendere come farlo e come veicolarlo. Sono d'accordo su quanto detto in proposito, però osservo che allo stato attuale vi è un ritardo culturale non di qualcuno in particolare, ma complessivo, a cominciare dalla classe imprenditoriale italiana.
Se è vera, come è vera, l'informazione secondo cui c'è molta confusione circa gli strumenti che è possibile adottare, è altrettanto vero che la confusione esiste anche perché, il più delle volte, le procedure sono complesse e le risorse scarse, al di là degli annunci. D'altra parte, ciò significa che c'è uno scollamento, che tende ad ampliarsi, fra le istituzioni e la società reale. Infatti, gli strumenti vengono messi in campo - anche se noi li giudichiamo insufficienti - ma addirittura ci viene detto da un'autorevole fonte di informazione che non sono percepiti, e che quindi non ci si predispone neppure a utilizzarli. Ebbene, questo è un problema che riguarda complessivamente tutti noi, indipendentemente dal ruolo di maggioranza o di opposizione che ricopriamo. Tale questione riguarda le forze sociali che, evidentemente, sono disattente nel promuovere la possibilità di usufruire di alcuni strumenti che vengono messi in campo, ancorché insufficienti.
Se la situazione è quella da voi presentata, si pone un grande problema, perché, a mio avviso, si danno anche risposte sbagliate. È vero che la crisi si affronta anche con la fiducia e con la psicologia, tuttavia, se si sbagliano gli assi di riferimento, il rischio è che a tutto questo si aggiunga confusione e soprattutto disillusione, la quale rischia di scavare solchi profondi.
Posto che questo è un ragionamento di carattere filosofico, mi piacerebbe capire se avete delle stime per quanto attiene al fenomeno che controllate e coordinate, ovvero sul livello degli ordinativi nei settori manifatturieri da qui ai prossimi mesi. In secondo luogo, è stata già posta una domanda sul credito. Tuttavia, ritengo che il problema del credito avrebbe dovuto essere affrontato diversamente.
Dal punto di vista macroeconomico, nei confronti del sistema bancario non ho grandi obiezioni da sollevare. Sappiamo che esiste un conflitto, in base al quale la responsabilità tra credito e impresa a volte pende verso le banche e a volte verso l'imprenditore. Tuttavia, il vero problema della grande maggioranza della struttura produttiva manifatturiera italiana è quello - al di là degli approcci fiscali che, a mio avviso, esistono in misura minore rispetto al rapporto con il credito - di farsi carico di una tregua nel rapporto tra credito e impresa, almeno per un lasso di tempo che consenta di riacquisire il respiro. Non parlo di abbonare, condonare o di sostituirsi a qualcuno - lo Stato peraltro non avrebbe neanche le condizioni per farlo - ma certamente di tamponare una situazione che può rischiare di creare, anche a partire dopo il mese di agosto, una frana piuttosto seria nell'impresa manifatturiera, che può pregiudicare anche l'approccio con la ripresa.
Purtroppo, oltre alcuni interventi su alcune norme, ai quali abbiamo concorso anche noi, c'è un approccio molto timido e abbastanza cinico. In sostanza, infatti, ancora una volta, anche se per una parte del sistema manifatturiero ciò può avere


Pag. 9

una sua validità, ci si limita a dire che ognuno deve arrangiarsi per conto proprio. Tale atteggiamento può comportare - spero di sbagliare - diverse situazioni. In un caso, può accadere che, anche chi ha i mezzi, decida di tirare i remi in barca, perché non se la sente più di continuare a fare un certo tipo di scommessa. In un altro caso, se la situazione continua a essere così pesante, coloro che cercano di resistere, possono vedere pregiudicati seriamente i propri progetti imprenditoriali. Pertanto, a mio avviso, sarebbe interessante ascoltare diverse opinioni. Inoltre, bisognerebbe riuscire a produrre uno sforzo - forse siamo ancora in tempo - per dare un segnale di coraggio. Come dico spesso, quando si gioca una partita difficile è vero che bisogna spingere all'attacco per vincere, ma se la difesa non c'è diventa difficile pensare di vincere la partita. Noi ci troviamo in un momento particolarmente delicato di questo incontro, se posso parafrasare. Mi piacerebbe conoscere la vostra opinione, perché questo elemento ci è utile per riflettere anche nell'ambito dell'indagine conoscitiva che stiamo conducendo.

RAFFAELLO VIGNALI. Ovviamente, mi sento molto in sintonia con le parole del presidente Scholz, anche perché - l'ho detto più volte - sono convinto che le risorse per la ripresa e per lo sviluppo stiano più facilmente nelle persone che nei bilanci pubblici. Di questo sono assolutamente convinto e continuo ad esserlo anche in questa situazione.
Non mi dilungo, anche perché l'ora è tarda. Vorrei porre la seguente domanda. In questi anni, anche nel Governo precedente, uno dei temi posti all'ordine del giorno - che già è stato affrontato in diversi provvedimenti, seppur con limiti e difficoltà che credo siano oggettive - è quello delle reti di impresa. Anch'io sono convinto che l'imprenditore normalmente è solo. Fra l'altro, la percentuale delle imprese iscritte ad associazioni è veramente bassa. Questo è un problema a più livelli, innanzitutto perché spesso un imprenditore, per quanto piccolo, si trova a prendere decisioni da cui dipende la vita o la morte dell'impresa. Pertanto, la prima difficoltà che gli imprenditori incontrano è quella di trovare qualcuno con cui confrontarsi, ma il discorso vale anche per l'innovazione, per l'internazionalizzazione, per lo stesso mercato e anche - su questo aspetto ha già posto una domanda il collega Pezzotta - rispetto al tema del no profit. Certo, la Compagnia delle Opere rappresenta un'anomalia sana, perché li vede tutti insieme. Al sud, per esempio, penso che sia molto più facile che l'imprenditore solo sia preda della criminalità organizzata, rispetto a quello che sta «in branco», ovvero in un ambito di relazioni. Inoltre, questo discorso vale anche nei confronti degli altri sistemi, quello delle politiche, ma anche quello del credito.
Mi occupo di innovazione e credo questo sia uno dei temi che spesso viene ignorato. Infatti, quando si parla del rapporto tra università, ricerca e impresa si tende a pensare che mondi che parlano lingue diverse possano comunicare. Tuttavia, occorre tener presente il ruolo di interfaccia svolto da alcuni soggetti ponte, che sono fondamentali per il credito, così come per la ricerca e l'internazionalizzazione. Dunque, proprio per l'esperienza maturata dalla Compagnia delle Opere, domando quali possono essere gli interventi da attuare per favorire la creazione di reti, ovvero il sostegno alle reti di imprese.

PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

BERNHARD SCHOLZ, Presidente della Compagnia delle Opere. Risponderò trasversalmente ad alcuni quesiti, poi il direttore Biscaglia parlerà in modo più specifico del credito, perché questo è il campo del quale egli si occupa in prima persona.
La Compagnia delle Opere ha 1.000 soci no profit, ma questo vuol dire tutto e niente, perché dipende dalla valenza che hanno. Fra questi 1.000 rientrano, ad esempio, il Banco alimentare e l'AVSI, quindi società molto note. Quanto alla composizione della nostra associazione, vi fornisco alcuni dati: il 42 per cento delle aziende associate si occupa di servizi, il 19


Pag. 10

per cento di commercio, l'11 per cento è composto da attività di costruzione e il 27 per cento fa parte del settore manifatturiero. Pertanto, le nostre imprese rappresentano proprio uno spaccato dell'Italia.
Per quanto riguarda il tema della cooperazione, Legacoop adesso parteciperà al «Matching» con noi, e in comune con essa abbiamo anche la grande società Obiettivo lavoro, che abbiamo creato come prima società interinale in Italia. La maggior parte delle nostre cooperative, soprattutto quelle che lavorano nell'ambito del sociale, rientrano nella Confcooperative. Con tutte le altre associazioni, lavoriamo insieme in un modo molto proficuo, soprattutto dentro le Camere di commercio. Queste ultime, infatti, rappresentano un punto nodale, in cui si lavora bene per il territorio e all'interno delle quali non abbiamo alcun problema con nessuno. Anzi, mi meraviglia sempre il fatto che quando si entra nel merito delle questioni si riesce a lavorare bene insieme.
Nel mio intervento, mi sono concentrato sul settore manifatturiero dal momento che questo è il settore più in crisi, ma non escludiamo niente, perché temo che il prossimo settore che andrà consistentemente in crisi sarà quello dei servizi, dato l'andamento a cascata che caratterizza questa crisi.
Visto che è avanzato del tempo, vorrei affrontare in modo sintetico la questione della cosiddetta «asimmetria informativa». Penso che un Governo oggi non possa non produrre provvedimenti che hanno, dal punto di vista dell'utente finale, una certa complicatezza. Ciò è inevitabile. Il mondo è complicato e complesso e bisogna tener conto di mille fattori. Quando si esamina una legge ordinaria, si fa fatica a capirla. Lo stesso vale per il rapporto tra banche e imprese: una banca deve capire un'impresa, e viceversa, e non si tratta di una operazione banale. Per questi motivi, penso che i cosiddetti corpi intermedi, le associazioni, abbiano un ruolo fondamentale. Non credo, infatti, che si possa affrontare questo problema in un modo diverso, perché i sistemi bancari, governativi e legislativi diventano sempre più complessi. Non possiamo semplificarli del tutto. Certo, possiamo semplificare soprattutto gli impieghi amministrativi, ma una legge avrà sempre la sua complicatezza. Inoltre, i mezzi di informazione non raggiungono tutti in modo diretto. Tutto può essere semplificato, ma non può essere ridotto nella sua portata.
Dunque, penso che il compito di un corpo intermedio, come un'associazione o un sindacato, sia proprio quello di mediare in modo adeguato fra queste richieste. Dico questo, anche perché ci è stata posta una domanda sul rapporto con le banche. Le condizioni per le quali un credito viene erogato e la logica dell'accordo Basilea II che ci piaccia o meno - a parte che in Italia non viene applicata in modo rigoroso, ci sono tanti i margini di apertura - anche se semplifichiamo, rimangono complesse. Ad esempio, un semplice imprenditore del Salento ha bisogno di qualcuno che lo aiuti. Non c'è niente da fare. Da solo non ce la farà mai. Con ciò non voglio dire che si debbano avere geni finanziari al governo di una normale impresa. Basta un imprenditore che si alza al mattino, fa lavorare bene la sua gente, ha una sua apertura sul mondo e un suo genio operativo. Dopodiché, le associazioni devono fare la loro parte.
Io noto che la società moderna ha sempre più bisogno di corpi intermedi, soprattutto a livello economico, ma anche culturale. Assumersi la responsabilità a questo livello, come associazione, mi sembra doveroso.
Con questo non ho detto ancora tutto, però ho cercato di dare un'idea di come intendiamo il nostro ruolo in quanto associazione e di come vediamo la società moderna. Dal punto di vista umano, essa deve accogliere la persona, ma deve anche offrirle un inserimento adeguato nella complessità della società nella quale vive. Quindi, si tratta di un rapporto reciproco.
Vi porto un esempio: una legge come quella che viene dall'Europa sullo stress all'interno delle aziende metterebbe in ginocchio una qualsiasi impresa, se fosse sola. C'è bisogno di aiuto per applicarla. Il sostegno della politica ai corpi intermedi è importante, e non perché le associazioni debbano fare politica a loro volta. Prima


Pag. 11

di tutto, esse devono creare un tessuto sociale che sostenga le iniziative dei singoli nella loro valenza, senza sostituirsi ad essi. Tra l'altro, le reti - rispondo alla domanda dell'onorevole Vignali su questo tema - possono essere generate solo da chi le crea. Certamente, a mio avviso, ci possono essere delle agevolazioni fiscali. Con questo rispondo anche a una parte delle domande che ha posto l'onorevole Vico: c'è un peso fiscale troppo forte. Ho dato per scontato tale dato e penso che ormai sia condiviso. Credo che l'unica ragione per la quale non si danno delle risposte su questo tema alle imprese è rappresentata dal debito pubblico dello Stato. Deve essere proprio l'unica, non devono esserci altre ragioni, perché il peso fiscale è eclatante. Soprattutto l'IRAP è un peso enorme, che penalizza chi crea lavoro. Non possiamo finanziare - lo dico francamente - la sanità, penalizzando chi crea lavoro. Bisogna trovare altre soluzioni, perché questa è una cosa che non sta in piedi. Se vogliamo che nel Paese si crei occupazione, bisogna fare qualcosa da questo punto di vista. Non è una tassa che pesa tanto, però pesa. In ogni bilancio c'è una voce IRAP che pesa.
Dal punto di vista della semplificazione, urge creare lo sportello unico. Bisogna fare in modo che l'imprenditore abbia per tanti adempimenti amministrativi un solo interlocutore, che smisti poi tutte le pratiche. Questo sarebbe anche un aiuto per noi, come associazione.
Occorre dunque procedere alla riduzione della pressione fiscale. È stata posta una domanda precisa su ulteriori incentivi. Certo, ridurre il peso fiscale non produrrebbe effetti immediati in questo momento. Se ci fossero incentivi diretti sulla formazione, ad esempio, o sull'internazionalizzazione in termini di voucher, la situazione cambierebbe.
L'idea del voucher mi sembra molto intelligente, perché si prende un servizio, che è già pagato, e lo si mette in gioco nel momento in cui lo si utilizza. Quindi, non c'è nessuna possibilità di abuso, nessuno ci può «campare» sopra - scusatemi il termine semplice - e non occorre aspettare l'anno dopo per avere la remunerazione fiscale. Quindi usare il voucher per partecipare a fiere internazionali o per comprare nuovi macchinari mi sembra molto intelligente. Certo, anch'esso comporta una certa complessità. Tuttavia, su alcune linee di sviluppo che l'imprenditore può realizzare, il voucher mi sembra uno strumento a cui si può pensare. Non ho una proposta di legge su questo argomento, tuttavia, utilizzare maggiormente i voucher, non solo per la riduzione della pressione fiscale, mi sembra un'azione molto concreta. Del resto, si tratta di uno strumento che l'imprenditore ha subito a disposizione, per il quale non deve aspettare ulteriori interventi.

ENRICO BISCAGLIA, Direttore generale della Compagnia delle Opere. Mi sembra che il presidente Scholz abbia già introdotto, anche sul tema del credito, gli aspetti salienti.
Il lavoro che ci siamo trovati a fare e che abbiamo creduto necessario è consistito nel creare una sorta di tavolo di crisi, per affrontare le situazioni più critiche e intraprendere un dialogo con gli istituti di credito che, nel caso della singola azienda, avevano interventi in essere e decisioni da prendere. Questo è stato di grande utilità, nel senso che ha costituito un momento nel quale lo sguardo sull'impresa, sulle difficoltà che si erano manifestate, è stato dato da persone che avevano l'imprenditore come principale interlocutore, ma individuavano anche possibilità ulteriori, che insieme alla banca hanno portato a trovare sempre delle soluzioni. Infatti, per nostra fortuna, fino ad ora, non abbiamo dovuto arrenderci all'evidenza di una situazione che non aveva possibilità di soluzione. Parto da questo elemento, perché non vi è dubbio che sia una priorità quella di stabilire, anche in questa fase, un sistematico rapporto tra banche e associazioni di impresa, che consenta di compiere tutti gli sforzi possibili e di non arrendersi se non all'evidenza dei fatti, rispetto ai casi che si stanno ponendo.
Capisco che quando il Governo ha immaginato che in seno alle prefetture ci potesse essere un momento di confronto tra associazioni e istituti di credito abbia


Pag. 12

pensato a qualcosa di analogo, ma in realtà mi è sembrato che quello strumento avesse per lo più compiti di vigilanza. Invece, quella che sto descrivendo è una politica attiva, ovvero un intervento capace di andare più a fondo. Quindi penso che il tema della territorialità, che il rapporto tra banche e imprese pone, si potrebbe evolvere, al fine di favorire le realtà già esistenti. Infatti, inventando nuovi e ulteriori provvedimenti, prima che si realizzi l'efficacia di questi strumenti anche la crisi sarebbe superata.
Quindi, bisogna valorizzare quello che già esiste. Nel fare questo tipo di lavoro, è necessario porre attenzione ad un monitoraggio delle situazioni critiche. Non esiste una situazione critica che non evolva di settimana in settimana, o di mese in mese. Alcune imprese hanno resistito, beneficiando delle risorse che avevano sotto il profilo finanziario o aggiungendone altre, ma se la situazione si protrae nel tempo, esse sono destinate comunque ad entrare in uno stato di crisi. Quindi, occorre una funzione di monitoraggio, una segnalazione delle situazioni in cui l'intervento è necessario.
Si comprende bene che nella valutazione delle situazioni non c'è accordo di Basilea II che tenga. Nelle situazioni di crisi, se si prendessero i termini di Basilea II non si farebbe niente. Non c'è nessun calcolo o parametro che darebbe luogo ad un intervento. Questo, tuttavia, fa emergere anche un dato positivo, ossia che la banca capisce sempre di più che non può giocare a perdere il cliente. In realtà, si comprende con maggiore consapevolezza che salvare l'impresa, o darle una prospettiva, o più tempo, per lo meno, per verificare la possibilità di una prospettiva futura, rappresenta un interesse comune.
Le altre questioni affrontate dai provvedimenti di questo periodo sono stati i consorzi fidi. Certamente, questi ultimi sono stati assunti come strumento, ed è bene che ciò sia stato fatto. Conoscendo la realtà dei consorzi fidi, ritengo che probabilmente questo non può essere l'unico strumento utilizzato. Contemporaneamente, la possibilità del loro impiego risente del fatto che il sistema di riforma dei consorzi, e quindi la loro regolamentazione - gli articoli 106 e 107 per intenderci, ossia due forme differenti che danno alla banca una diversa utilità - è ancora da sviluppare. Quindi, in una prospettiva non immediata - perché oggi bisogna usare gli strumenti e i consorzi fidi che ci sono - indubbiamente ci si rende conto che l'utilità di questi strumenti sarebbe ancora maggiore, se questo sistema fosse riformato bene, in maniera più funzionale, in modo che vi sia un soggetto accreditato e accreditabile, per dare garanzie alle imprese e alle banche. L'altra realtà che potrebbe essere valorizzata ancora di più è il sistema camerale, in cui le associazioni rivendicano la loro presenza e svolgono un'attività.
Forse questa crisi potrebbe dare anche alle Camere di commercio la possibilità di essere un luogo in cui la collaborazione - che è stata richiamata - tra le imprese, sul tema del rapporto con le banche, si può ulteriormente sviluppare.

PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,15.

Consulta resoconti delle indagini conoscitive
Consulta gli elenchi delle indagini conoscitive