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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione X
5.
Martedì 14 febbraio 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Dal Lago Manuela, Presidente ... 2

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE CARATTERISTICHE ATTUALI DELLO SVILUPPO DEL SISTEMA INDUSTRIALE E IL RUOLO DELLE IMPRESE PARTECIPATE DALLO STATO, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO AL SETTORE ENERGETICO

Audizione di rappresentanti di Finmeccanica:

Dal Lago Manuela, Presidente ... 2 4 8 12
Cimadoro Gabriele (IdV) ... 7 10
Formisano Anna Teresa (UdCpTP) ... 6
Portas Giacomo Antonio (PD) ... 6
Saglia Stefano (PdL) ... 4
Scarpetti Lido (PD) ... 5
Testa Federico (PD) ... 6
Torazzi Alberto (LNP) ... 7
Vico Ludovico (PD) ... 4
Zampa Sandra (PD) ... 7
Zampini Giuseppe, Amministratore delegato di Ansaldo Energia ... 2 8 10
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA.

COMMISSIONE X
ATTIVITÀ PRODUTTIVE, COMMERCIO E TURISMO

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 14 febbraio 2012


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MANUELA DAL LAGO

La seduta comincia alle 13,30.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti di Finmeccanica.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle caratteristiche attuali dello sviluppo del sistema industriale e il ruolo delle imprese partecipate dallo Stato, con particolare riferimento al settore energetico, l'audizione di rappresentanti del gruppo Finmeccanica.
Do la parola all'ingegnere Giuseppe Zampini, amministratore delegato di Ansaldo Energia, per la relazione introduttiva.

GIUSEPPE ZAMPINI, Amministratore delegato di Ansaldo Energia. Buongiorno a tutti. Vorrei brevemente fornire alcuni dati di sintesi su Finmeccanica, che penso tutti conosciate, in termini di ricavi e di prodotti. In base ai dati ufficiali, nel 2010 i ricavi sono stati pari a 18 miliardi 700 milioni di euro, di cui 3 miliardi 800 milioni di euro prodotti in Italia. Con riferimento alle finalità della vostra indagine credo si tratti di un elemento importante. Per quanto riguarda Ansaldo Energia, devo segnalare che nel 2010 la società era ancora consolidata al 100 per cento. Il consolidamento del 55 per cento è avvenuto lo scorso anno.
Al 30 giugno 2011 gli addetti di Finmeccanica sono in totale circa 72 mila, distribuiti soprattutto in Italia, dove operano 40.700 persone. Quasi tutte le regioni italiane sono interessate dalla presenza di aziende del gruppo, ma la maggior parte di esse si trova al Nord, dove si contano 18 mila addetti. Al Centro ne abbiamo 11 mila e 10 mila al Sud.
Quando ancora era consolidata al 100 per cento, Ansaldo Energia rappresentava il 7 per cento dei ricavi totali di Finmeccanica. Il prossimo anno Ansaldo Energia compirà 160 anni di età. La società, infatti, è nata a Genova nel 1853. Mi piace sottolineare che, nonostante sia stata fondata nel 1991 a seguito di varie ristrutturazioni e successive confluenze, ha raggiunto la completa indipendenza tecnologica nel 2005, anno a partire dal quale non si avvale più di licenze e opera sostanzialmente da sola nel campo della tecnologia. Si tratta di un elemento significativo.
Nel giugno 2011, il 45 per cento di Ansaldo Energia è stato deconsolidato e acquistato da First Reserve Corporation, un fondo di private equity americano. In questo momento il 55 per cento del pacchetto azionario appartiene a Finmeccanica e il 45 per cento appartiene a First Reserve. La società veicolo, Ansaldo Energia Holding, sparirà tra pochi mesi quando avverrà la fusione per incorporazione in Ansaldo Energia. Con ciò Ansaldo Energia acquisirà anche una parte del debito contratto


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da Finmeccanica per consentire l'operazione. Da una situazione di cassa positiva la società a giugno 2012 passerà a una situazione di debito per aiutare l'azionista nel suo percorso di risanamento.
Per quanto riguarda l'andamento degli ordini, abbiamo avuto una profonda riorganizzazione intorno al 2000, quando le perdite di Ansaldo Energia ammontavano a circa 500 milioni di euro. Nel 2004 la società è stata ristrutturata e portata in bonis. Alla crescita degli ordinativi è seguita una decrescita a seguito della crisi nota a tutti, mentre i ricavi dal 2009 hanno continuato a salire, a eccezione di una piccola flessione lo scorso anno. Posso anticipare che vi sarà una piccola flessione anche quest'anno, ma senza che questo richieda la cassa integrazione o altri interventi dirompenti per la società. Gli ordini nel 2011 sono in aumento rispetto al 2010 e i dipendenti sono stati mantenuti al livello massimo di circa 4.770 raggiunto lo scorso anno.
Ansaldo Energia produce impianti alimentati a gas naturale, i cosiddetti cicli combinati, e fornisce componenti. Oltre a ciò, svolgiamo attività di manutenzione o service e possediamo un comparto nucleare, che ancora rappresenta l'industria nucleare in Italia, e un comparto dedicato alle rinnovabili. Desidero far notare che al 31 dicembre 2011 su 3.400 dipendenti il 30 per cento risulta essere laureato e il 41 per cento diplomato. Il livello culturale e tecnologico che l'azienda ha raggiunto è, quindi, significativo.
La nostra non è una società di ingegneria perché ha una propria fabbrica a Genova. Lo stabilimento è lungo 1,5 chilometri per circa 200 mila metri quadrati. Abbiamo sedi in Olanda, in Svizzera e a Dubai, dove abbiamo aperto recentemente un'officina per svolgere attività di service. Vorrei descrivervi più precisamente i nostri prodotti per farvi comprendere che tipo di tecnologia produciamo.
Parlando di ciclo combinato - ma questa schematizzazione vale in generale anche per altri prodotti -, circa la metà è rappresentata dalla componentistica che Ansaldo Energia disegna, ingegnerizza e produce sulla base di tecnologia propria, e rappresenta oltre il 50 per cento di un intero impianto. Il valore aggiunto di un prodotto simile è significativo. Le restanti componenti sono, invece, quelle che compriamo sul mercato dalle piccole e medie imprese o da altre aziende che offrono prodotti di interesse.
Ci sono inoltre alcuni prodotti che sono progettati da noi sul piano ingegneristico, ma prodotti da altri sulla base dei nostri schemi. Per questo abbiamo impostato un programma di sviluppo, tuttora in atto, e nei prossimi cinque anni prevediamo di investire più di 350 milioni di euro in sviluppo tecnologico e in sviluppo di processo, richiesto dallo sviluppo tecnologico stesso. A tale scopo, abbiamo contatti con università e centri di ricerca in tutto il mondo. La mia società non è una società chiusa su se stessa o nell'ambito genovese, ma è sufficientemente internazionale per potere avere visione di ciò che fanno gli altri. In particolare, abbiamo attivato la cosiddetta open innovation. Utilizzando sistemi internet riusciamo a collaborare con i più disparati istituti di ricerca, dalla Cina agli Stati Uniti, trovando supporto ai nostri programmi di sviluppo. In poco meno di sei anni abbiamo depositato 187 brevetti riguardanti in particolare le turbine a gas, che sono il cuore della nostra tecnologia.
Per quanto riguarda la catena del valore, si va dal progetto sulla carta fino alla realizzazione della centrale chiavi in mano. Il nostro lavoro parte dalla produzione dei componenti e arriva fino alla fornitura dei servizi di manutenzione. Si tratta di un servizio completo con il quale offriamo la nostra gamma di prodotti a livello mondiale.
I dipendenti di staff sono circa 550 unità, ma vorrei soprattutto menzionare i circa 650 addetti al reparto ingegneria che rappresenta il cervello dell'azienda. In fabbrica lavorano 1.180 operai, mentre coloro che lavorano alla manutenzione in sito sono 530. Operiamo soprattutto nell'area del Mediterraneo. In quest'ultimo anno abbiamo acquisito ordini laddove c'è stata una turbolenza, come in Egitto e in Tunisia.


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Purtroppo, dal 2009 l'Italia non ha ordini in corso. Dal punto di vista del mercato dell'energia l'Italia è «piatta».
Per quanto riguarda le ricadute sull'indotto italiano - un punto di sicuro interesse di codesta Commissione -, il 53 per cento degli ordinativi ricevuti nel 2008 proveniva dal mercato domestico e il 47 per cento dal mercato internazionale. Di circa un miliardo e 100 milioni di ordini ricevuti nel 2008 il 74 per cento è stato lavorato in Italia. Nel 2010, essendo il mercato nazionale praticamente fermo, abbiamo acquisito il 78 per cento degli ordinativi all'estero e il 22 per cento in Italia, con un calo di fattore quattro, essendo diminuiti anche in termini assoluti. Ciononostante, abbiamo passato ai fornitori circa la metà degli ordini. Questo sta a indicare che l'azienda è molto radicata sul territorio. È un modo per garantire la qualità dei prodotti e dell'offerta globale ed è il modo con cui noi facciamo sistema sul territorio.
Il trend del mercato è in crescita. Normalmente ci muoviamo sui mercati internazionali offrendo progetti da realizzare chiavi in mano e cerchiamo di stringere accordi con i nostri fornitori per migliorare la proposta complessiva. Il parco dei fornitori qualificati di cui ci avvaliamo sul territorio nazionale è intorno ai 300 soggetti. Inoltre, agiamo come sviluppatori al portatore di capitali a rischio. Lo scorso anno abbiamo attivato un progetto in Turchia e, con l'ausilio di Finmeccanica, abbiamo investito circa 190 milioni di euro, portando con noi alcune significative imprese italiane.
I nostri Paesi target sono la Turchia, la Polonia, il Nord Africa, il Medio Oriente e il Sud Africa. In altri Paesi, invece, ci muoviamo in maniera opportunistica, cioè caso per caso. Abu Dhabi ne è un esempio concreto. Stiamo cercando anche localizzazioni per attività di manutenzione perché ormai i clienti esteri chiedono presenza e vicinanza. È quasi banale dire che in questo momento auspichiamo sempre maggior supporto da parte delle istituzioni, quali SACE e SIMEST.
Grazie.

PRESIDENTE. Ringrazio l'ingegnere Zampini e do la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

STEFANO SAGLIA. Spero di non apparire di parte, ma credo sia doveroso fare i complimenti all'ingegner Zampini e ai suoi collaboratori perché questa è una storia di successo nell'ambito dell'industria italiana. Non sempre riusciamo a registrarne, ma i numeri parlano chiaro e credo corretto ricordarlo anche in questa sede.
Vorrei porle due domande. Ansaldo Energia, con la sua controllata Ansaldo Nucleare, sarebbe stata sicuramente protagonista del programma nucleare italiano. Non è andata così ed è inutile ritornare su quegli accadimenti. Tuttavia, le chiedo qual sia, dal vostro punto di vista, l'evoluzione del mercato degli impianti nucleari nel mondo, se vi sia spazio anche per voi o se paradossalmente l'eventuale uscita dal nucleare di alcuni Paesi europei potrebbe determinare una revanche dei cicli combinati e, quindi, un impegno dell'azienda nel suo core business, cioè le centrali a turbogas.
La seconda domanda riguarda il tema delle fonti rinnovabili. Poiché spesso ne parliamo da un punto di vista degli incentivi, vorrei sapere dal vostro punto di vista come si potrebbe trasformare un'opportunità di sviluppo dell'energia pulita in un'opportunità industriale.
Siamo ancora in tempo e nell'ambito di quali tecnologie rinnovabili si potrebbe sviluppare una filiera industriale italiana?

LUDOVICO VICO. Anch'io mi associo agli apprezzamenti per il dottor Zampini, che dieci anni fa tirò fuori dalle secche Ansaldo Energia. Tuttavia, mi chiedo se potrà tirarla fuori dalle secche attuali.
Il 30 settembre 2011 il resoconto intermedio di gestione di Finmeccanica ha presentato il piano di consolidamento operativo e patrimoniale. Questo piano prevede, come è noto, cessioni di attività entro l'esercizio 2012 pari a circa un miliardo di euro - almeno fino a questo momento -,


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cessioni che dovrebbero riguardare le attività del settore civile, della difesa eccetera. Il valore delle azioni di Finmeccanica tra gennaio e luglio 2011 era 7,7 euro. Sono crollate a 2,8 euro e per fortuna a febbraio sono risalite a 3,5 euro. Finmeccanica vale poco più di 2 miliardi di euro, onorevole Saglia, quando nel 2007 ne valeva 9.
I problemi di Finmeccanica riguardano anche Ansaldo Energia. Chi parla ritiene, come l'intero gruppo del PD, che mantenere il controllo pubblico sia essenziale per garantire continuità industriale e sviluppo, sapendo anche che la bassa capitalizzazione potrebbe creare problemi alle consociate, ragion per cui bisogna conoscere quali azioni intenderà assumere il Governo. Tuttavia, come dicevo, il piano di consolidamento afferma che per ridurre rapidamente il debito occorre rinunciare agli investimenti e tagliare le spese. Non mi soffermo su Ansaldo STS o Ansaldo Breda, ma sul 55 per cento di Ansaldo Energia, che secondo Deutsche Bank vale 670 milioni di euro.
Le chiedo se siano già previste azioni o meno. Il 45 per cento del pacchetto azionario di Ansaldo Energia è già passato al fondo americano First Riserve, ma la liquidità prodotta dalla vendita è stata utilizzata da Finmeccanica per migliorare il suo conto economico e non per investimenti industriali, come invece avremmo gradito. Pensiamo di porre il problema al Governo auspicabilmente insieme agli altri gruppi parlamentari, com' è consuetudine di questa Commissione. Mi permetto, inoltre, di chiedere se sia esclusa una vendita totale o ulteriore, cosa che rischierebbe di far uscire Ansaldo Energia dal perimetro di Finmeccanica.
In conclusione, penso che sia semplice trarre le conclusioni del mio breve ragionamento.

LIDO SCARPETTI. Approfitto della presenza degli interlocutori di Finmeccanica per parlare del settore dei trasporti. Mi pare che avessimo deciso di trattare, in questa sede, anche tali questioni.
Dopo l'insediamento, il nuovo amministratore delegato, contraddicendo una strategia che i precedenti vertici hanno più volte ribadito negli ultimi dieci anni, ha parlato di cessione o meglio - come si dice ora - di uscita dal perimetro di Finmeccanica del settore dei trasporti. Se ne è parlato a più riprese. L'ingegner Orsi ha menzionato anche alleanze internazionali e credo che a Londra abbia comunicato la necessità di cedere questo e altri asset del comparto civile per ricavarne circa un miliardo di euro.
Il mio ragionamento non riguarda gli assetti proprietari, tuttavia, se Finmeccanica abbandonerà queste attività, dobbiamo essere consapevoli che l'Italia rinuncerà al settore strategico della realizzazione di mezzi di trasporto. Poiché, in caso di cessione, gli stabilimenti rimangono, l'alternativa è la stessa del caso della FIAT di Savigliano, che fu acquisita da Alstom. In Italia esistono stabilimenti di produzione che non hanno più le caratteristiche o le ambizioni che sembravano investire il settore.
Mentre si dichiarava che il settore era strategico, in realtà si compivano scelte che andavano in tutt'altra direzione. Ansaldo Breda negli anni 2000 era il quarto player internazionale, pur all'interno del gruppo Finmeccanica, ed era leader nel settore del mass transit, tant'è che negli Stati Uniti, per citare l'esempio di un mercato qualificato, si viaggia con le nostre metropolitane. Anche l'alta velocità è in gran parte realizzata da aziende che sono confluite in Finmeccanica. Nel tempo abbiamo perso questo ruolo, anche se per la verità le nostre dimensioni, rispetto a quelle degli altri competitor, sono sempre state modeste perché gli addetti del settore trasporti erano circa 2500. Rispetto a soggetti con 30.000 dipendenti e stabilimenti in tutto il mondo eravamo più piccoli, ma i nostri prodotti erano qualificati.
Ritengo che sia la strategia complessiva di Finmeccanica - e l'azionista di riferimento dovrebbe dire qualcosa - a dover essere ripensata. Se si decide di far uscire dal perimetro del gruppo le attività civili


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per puntare sulla difesa, dovremmo anche interrogarci sul fatto che ormai non soltanto in Italia, ma nel mondo si sta ragionando su modelli di difesa più leggeri e sulla riduzione delle spese militari. Credo, quindi, che altri settori, come per esempio quello dell'energia o quello dei trasporti, abbiano migliori prospettive.
Bisogna anche tenere in considerazione il fatto che su questi mercati le economie emergenti non sono presenti. Non è una cosa di poco conto. Il know-how in questi settori non è difficile da acquisire, ma ci vogliono anni per raggiungere certi livelli. Questo ci offre un vantaggio competitivo rispetto alle economie emergenti. Il sistema dei trasporti, al contrario della difesa, viene dato in crescita del 3-4 per cento all'anno a livello globale. Qual è, dunque, la scelta di politica industriale che la holding e l'azionista di riferimento dovrebbero seguire?
Arrivo alla mia domanda. Sono confermate o sono già decise le ipotesi di cessione dell'asset dei trasporti oppure il processo di risanamento che la società sta mettendo in atto potrebbe cambiare lo scenario? Non mi sfugge il fatto che il settore dei trasporti ha perso tra i 150 e i 200 milioni di euro all'anno dal 2004 in avanti, ma ciò accentua le responsabilità del gruppo dirigente di Finmeccanica. Ansaldo Breda ha cambiato quattro amministratori delegati in meno di dieci anni. Non mi risulta che per fare le cose per bene serva una simile mobilità del top management.
Le chiedo, come ripeto, se la decisione del deconsolidamento del settore trasporti sia definitiva oppure se si approfitterà dell'occasione di risanamento offerta dal piano che sta per essere messo in atto per cercare di perseguire politiche di rilancio per i motivi che ho esposto.
Eventualmente, la decisione di deconsolidare sarebbe condivisa anche dall'azionista di riferimento?

GIACOMO ANTONIO PORTAS. La mia domanda sarà molto più banale.
Leggo che i ricavi del 2010 sono intorno a 1.400 milioni di euro. Se è possibile, vorrei anche il dato relativo ai costi di Ansaldo Energia per capire se la società possa fare margine.

ANNA TERESA FORMISANO. Ringrazio i nostri ospiti. Vorrei porre una domanda precisa e tecnica.
Vorrei sapere qual è il rapporto tra Ansaldo e Toshiba. Non è una domanda casuale. Io provengo dalla provincia di Frosinone e, in questi mesi, siamo venuti a conoscenza di un interesse da parte di Ansaldo-Toshiba per l'acquisizione di uno stabilimento in dismissione, ex Videocolor, oggi Videocon. In queste settimane, alcuni dirigenti sono anche venuti a visionare lo stabilimento.
La domanda deriva, quindi, da un interesse territoriale diretto. Che rapporto esiste tra le due società e quali sono le previsioni per questo lavoro in tandem che, se ho ben capito, dovrebbe riguardare il fotovoltaico?

FEDERICO TESTA. Saluto l'ingegner Zampini. Le pongo subito la mia domanda e poi aggiungerò alcune considerazioni.
Ansaldo Energia è certamente un gioiello della nostra industria. Secondo lei, cosa dovrebbe fare la politica italiana, che noi qui provvisoriamente rappresentiamo, affinché questo gioiello resti tale e, se possibile, diventi ancora più prezioso? Un po' di fango a rovinare il gioiello è arrivato dal gruppo, ma di questo non voglio far carico a lei.
Condivido la domanda del collega Stefano Saglia sul nucleare e sulle prospettive che potrebbero derivare nell'ambito della ricerca alla luce di quanto sta succedendo in Europa riguardo alla dismissione degli impianti. Non bisogna dimenticare - non è polemica, ma solo per verità storica - che per la tentata reintroduzione del nucleare in Italia era stata scelta una tecnologia con la quale


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Ansaldo Energia non c'entrava niente perché apparteneva ad altri. Le chiedo anch'io se esistano possibilità di crescita e di sviluppo in tale comparto.
Esaminando l'andamento degli ordinativi per progetti chiavi in mano, vedo che gli ultimi sono arrivati tutti dal Nord Africa. Sono certamente Paesi in via di sviluppo che si stanno aprendo al mercato, ma dai Paesi di cui si parla come traino dello sviluppo mondiale, e cioè India, Cina e tutto l'Oriente, non c'è molto. La stessa ENEL sta compiendo attività di sviluppo in Sud America, mentre i tedeschi vanno in India e in Cina. Voi non ci andate perché non ci riuscite? Possiamo fare qualcosa per aiutarvi, ricollegandoci a quanto è stato detto sugli investimenti di cui avreste bisogno?
Cosa possiamo fare per aiutare e, se possibile, sostenere il ruolo, la crescita e lo sviluppo di un'azienda così importante per il nostro Paese?

SANDRA ZAMPA. Vado subito alle domande che mi interessa rivolgerle.
Io vengo da Bologna e credo che sia sufficiente a ricordarvi che a Bologna ha sede la Breda Menarinibus. Da diverso tempo c'è grande preoccupazione per il destino di questa azienda, dopo che da parte di Finmeccanica è stata preannunciata una vendita di cui non si è più saputo nulla. Nel frattempo 270 operai su 290 sono stati messi in cassa integrazione. Insieme agli operai della Irisbus, fanno un totale di mille operai che non producono più e sono senza lavoro in cassa integrazione. Questo fa immaginare una volontà di dismissione del settore.
Vorrei sapere, nell'incertezza che circonda la questione, quali siano le reali intenzioni del gruppo relativamente alla Breda Menarinibus, se il progetto di vendita stia andando avanti e se siano vere le voci che la vendita riguarderebbe un'azienda con sede in Turchia. Vorrei anche sapere se ci si renda conto che operare in questo modo significa dismettere l'intero settore, mentre secondo alcune stime sarebbe sufficiente un investimento di 50 milioni per rilanciare la produzione della Breda Menarinibus per ridare ossigeno a un'azienda importante che produce a un livello molto alto.

GABRIELE CIMADORO. Alcuni chiarimenti sono già stati chiesti dai colleghi. Non voglio parlare del caso specifico di Ansaldo Energia, ma le vicende di Finmeccanica ci hanno messo davvero in imbarazzo. I grandi manager di Stato molto spesso ci spingono a fare delle considerazioni che sono le stesse di tutti gli italiani e ci mettono un po' in difficoltà.
Siccome il vostro comparto è considerato un gioiello di famiglia o perlomeno un comparto che sta tenendo, vorrei porle una domanda sul nucleare. Su alcune ipotesi di dismissione sarebbe meglio confrontarsi con la politica perché le scelte determinanti sul mercato nazionale e internazionale le opera la politica. Se il nostro Paese decide di non continuare sulla via del nucleare, è chiaro che ciò ha conseguenze anche sulla vostra azienda con prospettive di lavoro diverse da quelle previste.
Questa è un'azienda di Stato e, come ripeto, il comparto dovrebbe essere uno dei più importanti. Come hanno già anticipato i colleghi, la politica potrebbe incidere aprendo, ad esempio, nuovi mercati in settori, come quello dei trasporti, in cui riteniamo di avere ancora una tecnologia importante, ma che voi avete già deciso di dismettere o di abbandonare. Credo che la politica potrebbe dire una parola in più perché, come ripeto, da queste decisioni potrebbe aprire o chiudere determinati mercati.
I grandi manager di Stato talvolta prendono decisioni e lasciano a noi i danni da riparare.

ALBERTO TORAZZI. Mi scuso per il ritardo. Scorrendo la vostra presentazione, mi


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pare che sia dovuto all'andamento del mercato il fatto che gli ordini ai clienti nel 2010 siano lo 0,3, mentre gli ordini ai fornitori sono lo 0,56. Diversamente ci deve essere un piccolo refuso.
A parte questo, noto con interesse che si sottolinea che gli ordini che ricevete in maniera massiccia dall'estero vengono poi riversati sul nostro Paese. Alla luce di questo e considerando le ricadute tecnologiche di questo tipo di business, che riguarda in moltissimi casi lavorazioni meccaniche e componenti di un certo livello anche per i macchinari necessari alla catena dei fornitori, vorrei chiedervi quali sono, secondo voi, le iniziative principali di cui avreste bisogno e quali sarebbero i tre provvedimenti prioritari che auspichereste fossero adottati in tempi brevi dal Parlamento per sostenere la vostra impresa.

PRESIDENTE. Ringrazio i colleghi. Le domande sono state tante. Vorrei ricordare ai nostri ospiti che, se volessero fornirci risposte più approfondite su alcune questioni, potranno farlo anche per iscritto.
Do la parola all'ingegner Zampini per la replica.

GIUSEPPE ZAMPINI, Amministratore delegato di Ansaldo Energia. Grazie, presidente. Io ho un vantaggio e uno svantaggio. Il vantaggio è che sono amministratore delegato di Ansaldo Energia e, pertanto, potrò rispondere in maniera completa a tutte le domande sull'azienda che dirigo.
Per quanto riguarda la strategia del mio azionista, sono costretto a dire che forse risponderemo per iscritto.

PRESIDENTE. Sulla strategia complessiva del gruppo, chiederemo all'azionista di presentarsi in Commissione. In questa indagine è prevista senz'altro l'audizione dell'amministratore delegato di Finmeccanica.

GIUSEPPE ZAMPINI, Amministratore delegato di Ansaldo Energia. La mia non vuole essere scortesia nei vostri confronti, ma la situazione della Breda Menarinibus e le questioni connesse al settore trasporti attengono alla strategia più ampia di Finmeccanica. Sulle questioni che toccano il mio settore possiamo trovare, se non il consenso, almeno una risposta.
Per quanto riguarda la questione del nucleare sollevata per primo dall'onorevole Saglia, vorrei precisare che Ansaldo Nucleare rappresenta circa il 3 per cento dei ricavi di Ansaldo Energia, ma è l'unica azienda italiana dell'industria nucleare. Non discuto quanto è stato deciso in Italia, ma sicuramente il mercato europeo sta aspettando le mosse della Francia. La tecnologia, come diceva l'onorevole Testa, forse non era stata scelta in maniera provvida perché non era quella su cui avevamo puntato noi, ma, in base ai piani che aveva messo a punto il precedente Governo, ci poteva essere spazio anche per la tecnologia Westinghouse-Ansaldo.
Dobbiamo aspettare la Francia, ma certo il fatto che gli Stati Uniti abbiano autorizzato due nuovi impianti nucleari con tecnologia Westinghouse, quella prescelta da Ansaldo, dimostra che questa tecnologia, cosiddetta intrinsecamente sicura, poteva garantire maggiore tranquillità sul piano della sicurezza. Se fosse stata adottata a Fukushima, non si sarebbe verificato l'incidente che tanto ha influenzato l'opinione pubblica.
Occorre quindi, da questo punto di vista, guardare al mercato con attenzione. Gli Stati Uniti, che parlano di clean economy e non di green economy, hanno dato formalmente il via, dopo circa un anno, alla costruzione di due impianti. In Europa aspettiamo di capire cosa farà la Francia, mentre la Russia ha deciso di continuare. Altri Paesi e lo stesso Giappone stanno tergiversando, ma i giapponesi hanno un semplice problema. Alcuni dei miei principali concorrenti, tra cui la Mitsubishi, producono il 50 per cento dei ricavi sul mercato captive del service degli impianti nucleari da loro costruiti in Giap- pone.


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La concorrenza è, quindi, sostenuta fortemente dal mercato domestico. Non possiamo dimenticare che Ansaldo Nucleare si trova a competere con soggetti che hanno «già in pancia» questa fetta di ricavi anno per anno, anche se la manutenzione ci porterà maggiore lavoro.
Oggi Ansaldo Nucleare si sta orientando verso la ingegnerizzazione dei criteri di sicurezza che stanno emergendo. Spero a breve di acquisire un ordine di riabilitazione in Argentina per circa un centinaio di miliardi di euro nell'ambito di un impianto con tecnologia CANDU, tecnologia a noi nota. Ci stiamo inoltre attivando per l'offerta 3 e 4 di Cernavoda in Romania, dove abbiamo costruito, insieme alla Atomic Energy of Canada, le unità 1 e 2.
Il mercato non è di facile lettura, ma sicuramente non è un mercato completamente chiuso. Potrebbe andare verso la chiusura nei prossimi dieci o quindici anni, ma chi vi parla è anche ingegnere nucleare e forse per questo si augura che non sia così, come sembrano dirci alcuni segnali significativi.
Ci stiamo riorientando. In Cina, per esempio, stiamo costruendo due impianti per centrali nucleari con tecnologia Westinghouse. Certamente l'uscita dal nucleare di alcuni Paesi, come la Germania, sta aprendo spazi per il gas. Stiamo osservando con attenzione questa evoluzione. Tecnicamente l'impianto nucleare lavora a carico base per 8.700 ore all'anno, se possibile, mentre i cicli combinati sono molto più flessibili. Da questo punto di vista la tecnologia è interessante, ma l'approvvigionamento del gas rappresenta un nuovo elemento strategico per il Paese. Reperire la quantità di gas necessaria a sopperire alla mancanza del nucleare, come vediamo in questi giorni glaciali, può creare qualche problema.
Il nucleare, a mio parere, è ancora un'opportunità da tenere presente per l'azienda che rappresento, non solo per motivi affettivi, ma anche dal punto di vista strategico. Noi, infatti, non intendiamo dismettere quest'attività. Quest'anno abbiamo ridotto la previsione dei ricavi dal settore nucleare per cautela, ma stiamo ancora lavorando. A Chernobyl, per esempio, abbiamo ancora una struttura e stiamo producendo ingegneria per la Westinghouse. Riceviamo ordini significativi nel campo dell'ingegnerizzazione. Lo sottolineo perché senza una testa pensante nel Paese non si riesce a realizzare un prodotto.
Il messaggio che vorrei lasciare è che se c'è l'ingegneria si può fare manifattura. Se non c'è l'ingegneria, soccombiamo e lavoriamo su licenza. È un punto chiave. Anche nel nucleare facciamo ingegneria. Il reattore AP1000, che l'onorevole Saglia conosce bene, è stato sviluppato negli ultimi quindici anni in buona parte da Westinghouse e Ansaldo Nucleare.
Per quanto riguarda le energie rinnovabili, il settore è in forte crescita, ma la ricaduta sull'industria è comunque limitata. Nel 2009, secondo i dati della Confindustria, il 72 per cento dei pannelli solari installati in Italia proveniva dalla Cina. Dal punto di vista industriale, il fotovoltaico ha una grande capacità di installazione e trascina con sé sicuramente manodopera, ma a basso valore aggiunto. Io ho bisogno di tecnologia. Per andare in giro per il mondo l'azienda ha bisogno di mantenere la tecnologia sul territorio. Il prodotto rinnovabile in generale non è in grado di farci sopravvivere o sviluppare.
L'incentivazione dovrebbe considerare anche la territorialità della produzione. Quando nel 1990 la Germania lanciò il programma sulle fonti rinnovabili, agevolò le specifiche industrie manifatturiere e concesse gli incentivi alle industrie tedesche. La loro forza nel settore delle rinnovabili deriva dal fatto che hanno utilizzato gli incentivi per la produzione industriale. Mi permetto, quindi, di suggerire che gli incentivi alle rinnovabili, che io preferisco chiamare energie integrative per non trascurare altre fonti energetiche, tengano conto non solo di chi


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utilizza l'energia elettrica e del conto energia, ma anche della c.d. catena del valore.

GABRIELE CIMADORO. Il fotovoltaico prodotto dalla Cina conta più di quello prodotto da voi.....

GIUSEPPE ZAMPINI, Amministratore delegato di Ansaldo Energia. Noi non produciamo pannelli solari, bensì realizziamo integratori di sistema. Compriamo prodotti e li assembliamo. È un settore di facile accesso, in cui è facile fare pasticci. La struttura di Ansaldo Energia è in grado di garantire il sistema bancario e iniziative importanti. Il materiale che compriamo ha ovviamente un costo più basso. Per citarvi un dato, nel 2009 il costo di un pannello fotovoltaico era di 4 euro per watt. Oggi in Cina si possono acquistare per 1,2 euro. Nel 2006 ho deciso di non investire nella costruzione dei componenti del fotovoltaico perché già circolavano indicazioni a proposito del fatto che il silicio sarebbe costato di meno.
Il piano energetico, che il Paese dovrebbe adottare a sostegno non della mia, ma di tutte le aziende, dovrebbe tenere conto anche del mercato. Sono bastati tre anni per scendere quasi di un fattore quattro. A queste condizioni, non si può competere. In Europa un megawatt prodotto col fotovoltaico dà lavoro a quattro persone, in Cina a venti. In termini di rapporto tra megawatt prodotti e occupazione, essendo diverse le tecnologie, non c'è ricaduta industriale. Ben vengano le rinnovabili in termini di riduzione delle fonti energetiche primarie attraverso un mix equilibrato, di rete e strutturato, ma non potranno essere sostitutive. Per la nostra azienda rappresenteranno sempre una parte limitata del business.
Nel 2011 abbiamo avuto un crollo degli ordini nel settore delle rinnovabili. Nel 2010 avevamo raccolto ordini per 150 milioni di euro, nel 2011 abbiamo avuto ordini solo per 40 milioni. La riduzione degli incentivi ha spaventato il sistema bancario, che oggi chiede alle aziende di completare l'investimento prima di vendere l'impianto. Io devo decidere se investire 350 milioni nei prossimi cinque anni - ricavi che non mi regala nessuno, ma che ottengo dalla mia capacità di produzione - sullo sviluppo di alta tecnologia che qualifica l'azienda e la porta all'estero oppure se investirli nella realizzazione di impianti fotovoltaici o eolici da vendere successivamente.
Per quanto riguarda le domande sul settore dei trasporti, ritengano debbano essere più opportunamente rivolte all'azionista.
Io gestisco questa azienda da undici anni e ho voluto sottolineare le ricadute che ha la tecnologia sui fornitori e sul sistema Italia. Come ha notato correttamente l'onorevole Portas, c'è una sovrapposizione di due anni, ma i dati sono corretti e tengono conto anche degli ordini del 2007. Nel passato ho scelto di fare manifattura in Italia. Sarebbe stato semplice investire all'estero, per esempio in India, per ridurre il costo del lavoro, ma non avrei potuto tenere in casa la tecnologia. Tecnologia significa fare manifattura. Se rimane in casa propria, la risposta alle domande viene da sé. Mi sembra condivisibile quanto alcuni degli onorevoli hanno detto con riferimento ai trasporti. Se si vende la tecnologia, cosa resta al Paese? È l'unico accenno che mi sento di fare al di fuori del mio ruolo e lo faccio per affetto nei confronti della mia azienda.
Per difendere il nostro mercato all'estero occorre che le aziende italiane presentino la propria capacità di fare sistema e di fare prodotto, altrimenti non c'è alcuna differenza tra noi e le imprese cinesi che godono di costi inferiori del 30 per cento. I costi non sono sostenibili. Il contratto di lavoro di un lavoratore cinese è incomparabilmente peggiorativo rispetto ai nostri contratti. L'unica capacità di difesa per un sistema è fare ingegneria e manifattura e creare indotto. Questo è il quadro che ho voluto rap


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presentarvi. A voi, come membri del Parlamento, la decisione di indirizzare gli azionisti.
Ansaldo Energia, indipendentemente dal pacchetto azionario, è impostata su questa base. Gli americani sono entrati perché hanno colto un'opportunità. È chiaro che un'azienda come questa potrebbe trovare una catena di fornitura diversa, in Polonia ad esempio o in altri Paesi dove si possono sfruttare catene locali, e in parte sarà così. Ma alla base deve esserci un effetto di trascinamento nazionale che garantisca il radicamento sul territorio della nostra tecnologia.
Lo sviluppo dell'ingegneria lo faccio in Italia. Ho alle dipendenze 180 persone che sviluppano le turbine a gas a Genova, come in altri centri di ricerca internazionali. Quando qualcuno anni fa mi chiese che non potevo compararli agli 800 addetti della Siemens, risposi semplicemente che la nostra fantasia è quattro volte quella della Siemens e che quindi eravamo alla pari.
Ansaldo Energia nel 1998 aveva 9800 dipendenti, 1000 miliardi di lire di perdita e 600 miliardi di lire di debiti. Nel 2003 è scesa a 2300 dipendenti senza creare tensioni sociali grazie a un accordo strutturato col sindacato. Oggi siamo risaliti a 3500 e ho inserito 1000 giovani. Per rispondere alla domanda su costi e ricavi, nel 2011 abbiamo ottenuto un risultato operativo positivo di circa 140 milioni di euro e facciamo ricerca e sviluppo in proprio, investendo circa 40 milioni all'anno. Ricerca e sviluppo derivano dalla nostra capacità di produrre. Abbiamo riorganizzato il personale senza fare ricorso a manager esterni. È stato un criterio fondamentale.
Nel 2001 decisi di abbandonare le licenze. Ne avevamo dalla Siemens e dall'Alstom per generatori elettrici, turbine a vapore e turbine a gas. Nel 2011 decisi di abbandonare i generatori elettrici e le turbine a vapore e nel 2005 la Siemens. I 187 brevetti sono nati dalla voglia dei miei di fare ingegneria. È questo che ha cambiato l'azienda, il che dimostra che la tecnologia in Italia esiste e che esistono aziende italiane di valore. Non voglio farmi trascinare, ma l'onorevole Scarpetti aveva perfettamente ragione a dire che il know-how dobbiamo tenerlo in casa. Per questo ho deciso di non fornire componentistica all'estero proprio perché inevitabilmente lo si trasferisce. I cinesi sono bravissimi a copiare e altri soggetti lo sono altrettanto.
L'onorevole Testa chiedeva che cosa mi aspetti dalla politica per la mia azienda. Innanzitutto mi aspetto un piano energetico per il Paese. È sempre più difficile per un'azienda come la mia confrontarsi all'estero quando il mercato domestico è mancante. Ci dovremmo presentare all'estero con un substrato nostro. Negli ultimi dieci anni abbiamo realizzato il 70 per cento degli impianti in Italia, anche grazie alla legge Bersani del 1999, e ci siamo proposti all'estero per credibilità.
Il piano energetico è indispensabile. Non pretendo le condizioni della Mitsubishi, noi siamo aziende che stanno sul mercato. Non un euro deriva da un'azienda pubblica. Oppure il mercato ce lo creiamo. L'anno scorso abbiamo aperto un impianto in Turchia. C'era un'opportunità e ho cercato di coglierla. Per aprire un mercato in Turchia, uno dei Paesi che, insieme alla Polonia, cresce quasi al livello dell'India e della Cina, abbiamo investito dei soldi. Questo ci ha permesso di entrare in Turchia e oggi ciò produce ricadute per l'indotto in Italia.
Gradirei che le istituzioni supportassero la nostra espansione attraverso i canali diplomatici perché in certi Paesi abbiamo qualche difficoltà. La SACE e la Simest potrebbero aiutarci in modo significativo. Serve, però, un indirizzo governativo che confermi che il settore energetico è strategico per il Paese perché ciò aiuta a vendere all'estero. Quando un'azienda è valida per il Paese, questo si percepisce anche all'estero. In Turchia abbiamo concordato la possibilità di chiudere un altro contratto entro l'anno


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proprio sulla base della fiducia che abbiamo costruito. È questo il modo in cui possiamo lavorare.
All'onorevole Formisano faccio presente che Toshiba ha rilevato il 67 per cento di Ansaldo Trasmissione e distribuzione, ma questa società nulla più a che fare con Ansaldo. Ha mantenuto il diritto al nome per qualche anno ed era effettivamente una costola di Ansaldo, ma oggi appartiene interamente a Toshiba. Posso solo dirle che Toshiba è una società seria. Se i suoi dirigenti sono venuti a visionare lo stabilimento con tutta quella neve, credo che l'operazione non sia perfida.
Penso di aver risposto a tutte le domande.

PRESIDENTE. Ringrazio l'ingegner Zampini e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 14,35.

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