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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione X
13.
Martedì 22 gennaio 2013
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Dal Lago Manuela, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE CARATTERISTICHE ATTUALI DELLO SVILUPPO DEL SISTEMA INDUSTRIALE E IL RUOLO DELLE IMPRESE PARTECIPATE DALLO STATO, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO AL SETTORE ENERGETICO

Esame e approvazione del documento conclusivo:

Dal Lago Manuela, Presidente ... 3 4
Lulli Andrea (PD) ... 3

ALLEGATO: Documento conclusivo approvato dalla Commissione ... 5
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, Intesa Popolare): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Centro Democratico: Misto-CD; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Autonomia Sud - Lega Sud Ausonia - Popoli Sovrani d'Europa: Misto-ASud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Italia Libera-Liberali per l'Italia-Partito Liberale Italiano: Misto-IL-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA; Misto-Iniziativa Liberale: Misto-IL; Misto-Diritti e Libertà: Misto-DL.

COMMISSIONE X
ATTIVITÀ PRODUTTIVE, COMMERCIO E TURISMO

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 22 gennaio 2013


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MANUELA DAL LAGO

La seduta comincia alle 13,50.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto, che se non vi sono obiezioni, che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Esame del documento conclusivo.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle caratteristiche attuali dello sviluppo del sistema industriale e il ruolo delle imprese partecipate dallo Stato, con particolare riferimento al settore energetico, l'esame del documento conclusivo.
È stato presentato un documento conclusivo, che è in distribuzione. Invito il relatore ed estensore del documento, onorevole Lulli, a illustrarne il contenuto.

ANDREA LULLI. Grazie, presidente. Il documento non arriva a conclusioni politiche, anche perché ormai siamo in fase di campagna elettorale. Ritengo, però, che sia utile aver svolto un lavoro che, come sempre con il prezioso aiuto degli uffici, descrive il quadro legislativo e normativo in cui è stata condotta l'indagine legata al ruolo delle imprese partecipate dallo Stato e contiene le sintesi delle audizioni che abbiamo svolto.
Credo che si sia compiuto uno sforzo importante, che consente di consegnare alla fine di questa legislatura un quadro di riferimento piuttosto preciso e utile. Anche se nel documento non abbiamo ritenuto di inserire considerazioni di carattere politico, mi permetto di svolgere in questa sede una riflessione che credo possa essere condivisa.
Nell'indagine conoscitiva abbiamo preso atto, ancora una volta, del potenziale importante che lo Stato ha nel campo della politica industriale. Credo che una politica per uscire dalla crisi non possa che partire dagli importanti asset di proprietà dello Stato e che debba essere difesa l'italianità di tali strutture.
Abbiamo alcune eccellenze non solo nel campo della politica industriale, ma anche in quello energetico e dei servizi che potrebbero essere meglio utilizzate. Voglio citarne una per tutte con riferimento alle polemiche che riguardano il redditometro: forse, se utilizzassimo la Sogei in modo più serio, potremmo fare a meno di adottare strumenti come il redditometro, piuttosto penalizzanti per la gente comune.
Premesse queste considerazioni, che pongo comunque a margine della discussione, credo che il lavoro sia stato utile e che, approvare questo documento pure in assenza di conclusioni politiche, sia il


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risultato di un lavoro di cui la Commissione debba andare fiera.

PRESIDENTE. Concordo. Soprattutto ci auguriamo che il lavoro svolto nell'ambito di tale indagine conoscitiva servirà a chi arriverà dopo di noi.
Nessuno chiedendo di parlare, pongo in votazione il documento conclusivo così come predisposto dall'onorevole Lulli.
(È approvato).

Dichiaro quindi conclusa la seduta.

La seduta termina alle 14,15.


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ALLEGATO

Indagine conoscitiva sulle caratteristiche attuali dello sviluppo del sistema industriale e il ruolo delle imprese partecipate dallo Stato, con particolare riferimento al settore energetico.

DOCUMENTO CONCLUSIVO APPROVATO DALLA COMMISSIONE

1. Contenuto e finalità dell'indagine conoscitiva

L'indagine conoscitiva sulle caratteristiche attuali dello sviluppo del sistema industriale e il ruolo delle imprese partecipate dallo Stato, con particolare riferimento al settore energetico, è stata deliberata dalla X Commissione Attività produttive, commercio e turismo della Camera il 25 ottobre 2011 e si è avviata con le prime audizioni alla fine del successivo mese di novembre.
Le motivazioni alla base della decisione di intraprendere l'indagine, come si evince dal programma della medesima allegato alla deliberazione, risiedevano nella constatazione che la crisi dell'economia dell'intera area dell'euro sembrava colpire in modo particolare l'Italia, forse a causa della particolare struttura del suo sistema produttivo che si poggia, da un lato, su una grande rete di piccole e piccolissime industrie, e dall'altro, su alcuni grandi «colossi» rappresentati - in parte - da aziende partecipate dallo Stato.
«È stato da più parti sottolineato - si legge nel programma - come l'attuale crisi dell'economia italiana sia in particolare da connettere al mancato sviluppo del sistema industriale nel suo complesso; in questo senso, di fronte all'accentuato processo di globalizzazione nella produzione e nel commercio, il sistema industriale italiano, ancora basato in gran parte sul sistema delle micro, piccole e medie imprese, dimostra un'accentuata debolezza. D'altro canto, l'economia italiana si caratterizza anche per una presenza particolarmente rilevante, anche nel confronto internazionale, di società partecipate dallo Stato, in settori economici di particolare strategicità, sebbene le dismissioni di partecipazioni statali effettuate in Italia in particolare nello scorso decennio abbiano ridisegnato il ruolo dello Stato e dei soggetti pubblici nel sistema economico nazionale. Ciò appare particolarmente rilevante per il settore energetico, basti indicare realtà quali ENI, Enel, Snam Rete Gas, Terna, SOGIN, ma anche in relazione al settore dell'internazionalizzazione (ad es. la SACE) della produzione industriale e della ricerca (Finmeccanica, Fincantieri, SOGIN, STMicroelectronics NV)».
Appariva quindi di grande interesse per la Commissione Attività produttive acquisire elementi utili per valutare come e se queste due grandi realtà dell'economia italiana (il vasto mondo delle PMI e la realtà di settori rilevanti e strategici in mano pubblica) riescano ad integrarsi tra loro e a fare sistema, o meno.
«Le società partecipate - continuava il programma - sono realtà tra loro molto diverse, sia per storia che per caratteristiche economiche, e il focus dell'indagine sarà diretto prevalentemente sui settori economici di più stretta competenza della X Commissione, ovvero quello energetico e


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della produzione industriale. Sarà quindi in tali settori effettuata una ricognizione puntuale e aggiornata non soltanto per esigenze conoscitive ma anche in relazione alle prospettive del migliore utilizzo dello società partecipate, con particolare riferimento alle loro finalità economiche e alla loro capacità di integrarsi o meno per supportare il più completo tessuto produttivo del Paese.
Da un'analisi compiuta dall'economista Edoardo Reviglio, sulle società partecipate dallo Stato, si rileva infatti che il loro valore complessivo è di quasi 45 miliardi di euro, dei quali 17, 34 miliardi relativo alle tre società quotate (Enel, Finmeccanica ed Eni), mentre il portafoglio complessivo rende soltanto l'1,8 per cento allo Stato. Le società in utile hanno un rendimento medio del 6,7 per cento: in altre parole le società partecipate hanno un rendimento minore rispetto a quello medio delle società private attive negli stessi settori.
In questo contesto, infine, le recenti innovazioni introdotte dal decreto-legge n. 34 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 75 del 2011, che consentono alla CDP Spa di assumere partecipazioni in società di rilevante interesse nazionale in termini di strategicità del settore di operatività e di ricadute per il sistema economico-produttivo del Paese, hanno sollecitato un ampio dibattito sulle prospettive di Cassa depositi e prestiti e sulla funzione che essa può svolgere nell'ambito del sistema produttivo nazionale e, più in generale, per quanto concerne la proprietà e la gestione delle reti e delle infrastrutture in settori strategici».
«Scopo quindi dell'indagine - concludeva il programma - è quello di valutare l'adeguatezza delle società partecipate, nei settori indicati, nella realizzazione delle finalità economiche cui sono preposte, in una prospettiva che consenta una riflessione sulla generale definizione della politica industriale del Paese. Sarà al contempo effettuata una valutazione anche sull'adeguatezza del quadro normativo ad oggi esistente».
Nel corso dell'indagine la Commissione ha proceduto alle seguenti audizioni:
29 novembre 2011: audizione del presidente della Simest, Giancarlo Lanna, e dell'amministratore delegato della Sogei, Cristiano Cannarsa;
24 gennaio 2012: audizione dell'amministratore delegato di Fincantieri, Giuseppe Bono, e dell'amministratore delegato di Sogin, Giuseppe Nucci;
31 gennaio 2012: audizione del presidente, Franco Bassanini, e dell'amministratore delegato, Giovanni Gorno Tempini, di Cassa depositi e prestiti, nonché dell'amministratore delegato, Alessandro Castellano, e del direttore affari legali e generali, Rodolfo Mancini, di Sace;
7 febbraio 2012: audizione del responsabile ufficio studi Confcommercio - Imprese per l'Italia, Mariano Bella, del responsabile del dipartimento competitività, ambiente e sicurezza Cna, Tommaso Campanile, e del coordinatore area ambiente ed energia di Confesercenti, Gaetano Pergamo;
14 febbraio 2012; audizione dell'amministratore delegato di Ansaldo Energia, Giuseppe Zampini;
22 maggio 2012: audizione del responsabile dei rapporti istituzionali di Eni, Leonardo Bellodi, e del capo della direzione VII (finanza e privatizzazioni) - dipartimento del tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze, Francesco Parlato;
29 maggio 2012: audizione dell'amministratore delegato, Carlo Bozotti, e del vicepresidente, Bruno Steve, di STMicroelectronics Holding NV, nonché del direttore della divisione amministrazione finanza e controllo di Enel, Luigi Ferraris;
18 settembre 2012: audizione del segretario nazionale della Flaei-Cisl, Mario Arca, del dirigente confederale della Ugl, Fiovo Bitti, del segretario confederale della Ugl, Ivette Cagliari, del funzionario del dipartimento reti e terziario-Cgil, Antonio Filippi, del funzionario della Uil, Giacinto Fiore, del segretario del comparto energia


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Femca-Cisl, Bruno Quadrelli, e dell'esperto del dipartimento pubblico impiego, artigianato, energia-Cisl, Silvano Scajola;
19 settembre 2012: audizione del presidente e amministratore delegato di Gse - Gestione Servizi Energetici Nando Pasquali;
25 settembre 2012: audizione del sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Claudio De Vincenti;
26 settembre 2012: audizione del Direttore centrale per la ricerca economica e le relazioni internazionali della Banca d'Italia, Daniele Franco;
17 ottobre 2012: audizione dell'amministratore delegato di Snam Spa, Carlo Malacarne.

2. Il Quadro normativo

L'analisi giuridica del quadro normativo delle società a partecipazione pubblica presenta aspetti di notevole complessità in quanto l'economia italiana è caratterizzata da una presenza diffusa, di dimensioni particolarmente significative anche nel confronto con altre realtà nazionali, di società a partecipazione pubblica rappresentanti di realtà tra loro molto diverse, per storia, caratteristiche economiche e fondamento giuridico che hanno determinato una notevole stratificazione normativa.
Il quadro giuridico di riferimento di tali realtà eterogenee è composto da una congerie di disposizioni speciali, spesso introdotte in risposta ad esigenze contingenti, che si intrecciano con la disciplina codicistica di carattere generale.
Nell'ultimo decennio il fenomeno si è amplificato anche grazie all'aumento del numero delle società controllate da amministrazioni regionali, provinciali e locali.
Nell'evidente impossibilità in questa sede di dedicarsi ad un excursus storico che possa dar conto di ciascuna specificità si è scelto di focalizzare l'analisi normativa alle società pubbliche che operano essenzialmente nel settore dell'energia in quanto più aderente all'effettivo andamento dell'indagine conoscitiva parlamentare ed ai principali obiettivi individuati (1).

(1) Per un'analisi approfondita del quadro normativo e delle tendenze più recenti della legislazione si rinvia a «Le società a partecipazione pubblica tra tutela della concorrenza, moralizzazione e amministrativizzazione» di Giuseppe Urbano, in «Amministrazione in cammino», rivista elettronica di diritto pubblico.

In estrema sintesi quindi si può affermare che al regime generale delineato dal codice civile nel libro V, Titolo V, Capo V, relativo alle società per azioni - e specificamente nella Sezione XIII di tale Capo, relativa alle società con partecipazione dello Stato o di enti pubblici (articolo 2449 c.c.) e la successiva Sezione XIV dedicata alle «società di interesse nazionale» - si sovrappongono una serie di disposizioni normative di carattere speciale, introdotte attraverso una serie di interventi legislativi susseguitisi nel tempo e in special modo nel corso degli ultimi anni.
La disciplina delle società pubbliche è composta oggi da una congerie di disposizioni, dettate a seconda delle contingenze e delle necessità, a volte riferite ad un'unica società (le c.d. società di diritto singolare), a volte riferite a gruppi di società (ad esempio le società partecipate da regioni ed enti locali, oppure le società di gestione di servizi pubblici locali), a volte ad intere categorie (ad esempio, le società in partecipazione totalitaria o le società in partecipazione mista, maggioritaria o minoritaria). A queste si aggiungono norme valide per i soci delle società in partecipazione pubblica, che vanno dal divieto di costituzione, al dovere di dismissione, all'obbligo di giustificare la costituzione o il mantenimento della partecipazione, alla disciplina della scelta dei soci privati, alla specificazione delle modalità di interazione fra socio e società.
Ai fini della comprensione dell'assetto giuridico attuale si può comunque osservare come negli ultimi anni le società pubbliche siano state oggetto di una serie di disposizioni normative che hanno accentuato i profili di specialità della disciplina rispetto a quella generale applicabile


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alle società commerciali e contenuta nel suo nucleo essenziale nel codice civile.
Sulla base degli interventi legislativi più recenti si è in particolare assistito ad una tendenziale assimilazione delle società pubbliche alle pubbliche amministrazioni e, conseguentemente, alla loro sottoposizione a misure di contenimento della spesa pubblica, a regole di trasparenza, a vincoli sull'organizzazione.
In questa prospettiva, le leggi finanziarie per il 2007 ed il 2008 hanno imposto limiti stringenti all'organizzazione interna e all'operatività delle società a partecipazione pubblica - assimilandole ad enti pubblici piuttosto che a imprese pubbliche - mentre nel contempo la giurisprudenza ha tracciato l'ambito di responsabilità civile e amministrativa degli amministratori delle società a partecipazione pubblica, sottoponendoli alla giurisdizione della Corte dei conti nell'ipotesi di danno diretto.
A testimonianza di questa tendenziale assimilazione delle società partecipate si può rilevare come le diverse norme che dalla XV Legislatura hanno posto limiti all'organizzazione e al funzionamento delle società pubbliche, ristringendo altresì la stessa possibilità di costituzione di società ovvero prevedendo obblighi di dismissione delle stesse partecipazione detenute da enti pubblici, sono state annoverate fra le misure di riduzione e contenimento della spesa degli enti pubblici.
Si pensi, a titolo esemplificativo, ai limiti al numero degli amministratori, ai tetti ai compensi dei presidenti e dei componenti del consiglio di amministrazione, ai limiti al conferimento dell'incarico di amministratori, agli obblighi di comunicazione e di pubblicità a carico delle società e dei soci pubblici, ai vincoli sulle procedure di assunzione e ai limiti alla stessa possibilità di costituire e mantenere partecipazioni in società non strettamente strumentali al perseguimento di finalità istituzionali.
Si può altresì osservare come l'applicazione di una crescente normazione speciale inerente le società pubbliche sia stata tuttavia esclusa, in via generale, per le società quotate in mercati regolamentati - e, più ampiamente, per le partecipazioni in società emittenti strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati - per le quali si registra un assoggettamento tendenzialmente esclusivo alla disciplina codicistica. La disciplina generale appare dunque in linea di massima riaffermata per le società quotate, per le quali la natura di soggetti sottoposti interamente al mercato sembra costituire una sorta di diaframma difensivo dall'applicazione intrusiva di regole pubblicistiche.
La non applicabilità delle norme speciali è stata, peraltro, specificamente sancita anche con riferimento alla responsabilità degli amministratori di società quotate con partecipazione pubblica diretta o indiretta e loro controllate quando la partecipazione sia inferiore al 50 per cento, per le quali si ribadisce l'esclusiva applicazione della disciplina civilistica e, conseguentemente, della giurisdizione del giudice ordinario sulle relative controversie (2).

(2) Per un'analisi più dettagliata della disciplina si rinvia al Dossier del Servizio Studi della Camera dei deputati, n. 237 del maggio 2011.

È anche sulla base di tale evoluzione dell'assetto normativo che trae fondamento la distinzione, ricorrente nella dottrina e nella giurisprudenza, fra le società che mantengono in larga parte i caratteri distintivi dell'istituto civilistico (qualificabili, secondo una tradizionale definizione, come società private in mano pubblica) e i casi in cui il ricorso allo strumento societario produce, invece, un'amministrazione pubblica in forma di società.
Il complessivo assetto normativo che si è venuto a delineare in questi ultimi anni non ha tuttavia assunto, sinora, le caratteristiche di un sistema organico e stabile; non è dato rinvenirsi, infatti, una sorta di «statuto unico delle società di diritto pubblico»; la disciplina speciale dettata per le società pubbliche continua invece ad apparire come un insieme di deroghe alla disciplina generale, soggette peraltro a frequenti ripensamenti da parte del legislatore.


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Per quanto riguarda gli interventi normativi più rilevanti della XVI legislatura si segnala che ad esempio l'articolo 8 del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalle legge 15 luglio 2011 n. 111, impone a tutti gli enti e gli organismi pubblici di pubblicare sul loro sito informazioni dettagliate su tutte le partecipazioni societarie detenute, anche indirette e minoritarie, e sui collegamenti esistenti tra le società partecipate e l'ente partecipante.
Con l'obiettivo di interventi che mirassero ad una sorta di moralizzazione e di freno al dilagare del fenomeno delle società a partecipazione pubblica, inoltre, con il decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, recante disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario (la c.d. spending review), il legislatore è tornato ad occuparsi di società a partecipazione pubblica.
In particolare l'articolo 4 del d.l. n. 95 del 2012 citato è dedicato a «Riduzione di spese, messa in liquidazione e privatizzazione di società pubbliche» e contiene una serie di diverse disposizioni che regolano vari aspetti tra i quali la riduzione dei componenti dei Consigli di amministrazione, i piani di ristrutturazione e razionalizzazione delle società controllate, l'affidamento diretto (che può avvenire solo a favore di società a capitale interamente pubblico, nel rispetto dei requisiti richiesti dalla normativa comunitaria in materia di gestione in house), limitazioni nelle assunzioni per le società pubbliche che abbiano conseguito nel 2011 un fatturato da prestazione di servizi a favore di pubbliche amministrazioni superiore al 90 per cento, con esclusione di quelle quotate e le loro controllate, nonché misure di contenimento della spesa per il personale dipendente dalle società medesime.

2.1 La diffusione delle società partecipate da enti pubblici.

L'economia italiana è caratterizzata da una presenza diffusa, di dimensioni particolarmente rilevanti anche nel confronto internazionale, di società partecipate da soggetti pubblici.
Per tali società, il quadro giuridico di riferimento è composto da una congerie di disposizioni speciali che si intrecciano con la disciplina codicistica di carattere generale.
Alle società partecipate da enti pubblici che producono beni e servizi operanti in regime di mercato ed aventi forma e sostanza privatistica, si affiancano, infatti, sempre più spesso, soggetti che - pur avendo una veste giuridica privatistica - perseguono interessi generali, svolgendo compiti e funzioni di natura pubblicistica tali da configurarli come veri e propri apparati pubblici - enti pubblici in forma societaria - o «organismi di diritto pubblico», secondo la definizione della direttiva 2004/18/CE, soggetti a particolari e penetranti regole di gestione e controllo pubblico. Tali soggetti rientrano dunque in un concetto di pubblica amministrazione flessibile, «a geometrie variabili» (3).

(3) Si veda sul punto, in dottrina, F. Caringella «Manuale di diritto amministrativo», ed. Dike, 2012, pg. 594.

L'individuazione di una classificazione delle tipologie delle società a partecipazione pubblica risente della stratificazione normativa e della estrema eterogeneità della disciplina di settore in vigore, risultando quindi di non agevole enucleazione.
Anche se non rientrante negli obiettivi dell'indagine conoscitiva parlamentare risulta comunque utile tentare in ogni caso una individuazione dell'ambito oggettivo di riferimento.
Una classificazione interessante è contenuta nella relazione presentata dal Ministro dell'economia e delle finanze pro tempore Tommaso Padoa Schioppa in un'audizione presso la V Commissione (Programmazione economica e Bilancio) e la VI Commissione (Finanze e tesoro) del Senato della Repubblica. (4)

(4) Cfr. in proposito seduta del 14 febbraio 2007 delle citate commissioni.

Tale ricostruzione presenta quattro categorie di società a partecipazione pubblica


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che però si basano su criteri alquanto disomogenei.
La prima categoria si basa sul criterio dell'attività concretamente svolta e comprende le società svolgenti attività prevalentemente pubblicistiche (tra gli esempi concreti della categoria sono stati individuati: GSE, Consap, Consip, Italia Lavoro e Sviluppo Italia). Secondo la relazione ministeriale per queste società - senza mettere in discussione né la forma giuridica, né la partecipazione dello Stato - sarebbe necessario il miglioramento della funzioni svolte e delle condizioni economico-finanziarie.
La seconda categoria si basa anch'essa sul criterio dell'attività concretamente svolta e comprende le società che erogano servizi pubblici in posizione di sostanziale preminenza (esempi concreti: Ferrovie dello Stato, Poste Italiane, ANAS, ENAV, Poligrafico dello Stato). In questi casi la relazione ministeriale, posta l'esigenza di un miglioramento dell'efficienza e/o autosufficienza economico-finanziaria, si pone l'interrogativo dell'opportunità della forma societaria rispetto alla natura dell'attività svolta da alcuni di essi (in particolare ANAS e ENAV). Si tratta, infatti, di soggetti che svolgono anche funzioni di controllo e non solo di produzione e di vendita di servizi. La terza categoria - a differenza delle prime due che prendevano in considerazione il criterio endogeno dell'attività svolta - si basa sul criterio esogeno dato dalle caratteristiche del mercato di riferimento e, in particolare, la sua strategicità (ENI, ENEL, Finmeccanica). In questi casi la strategicità del settore giustificherebbe il mantenimento della quota di controllo superiore al 30 per cento al fine di conservare una posizione prevalente. La discesa al di sotto di questa soglia è stata reputata inopportuna e foriera di problematiche.
Infine, un ultimo criterio prende anch'esso in considerazione le caratteristiche del mercato di riferimento, ma secondo un significato economico-giuridico. Si prendono in considerazione, cioè, i mercati completamente liberalizzati e, dunque, aperti alla concorrenza, come il settore manifatturiero e alcuni servizi pubblici.
Un'altra classificazione è stata invece proposta ai fini di una comprensione delle ragioni della presenza di un controllo pubblico delle società partecipate dal MEF, e soprattutto di possibili ipotesi di riassetto del sistema di società controllate (5).

(5) Cfr. in proposito il Rapporto del Centro Europa Ricerche su Ruolo e Governance delle imprese controllate dallo Stato: analisi e proposte per il futuro, 2007.

Per provare a capire meglio la natura delle diverse società e il ruolo che esse svolgono si può ipotizzare una diversa classificazione basata sul grado di esistenza di due vincoli alla discrezionalità dello Stato: il vincolo esterno, ovvero la presenza di un mercato, e quello interno, ovvero la presenza di capitale privato. Tale classificazione permette di individuare tre diverse tipologie di imprese a cui se ne aggiunge una quarta di società che, per le funzioni svolte, non si inseriscono in nessuna delle ipotesi possibili.
La prima tipologia di imprese da considerare è quella di aziende che operano sul mercato e nelle quali vi è una significativa presenza di capitale privato, ovvero aziende nelle quali sono presenti sia il vincolo esterno che quello interno.
Nella seconda tipologia rientrano imprese che operano sul mercato o che forniscono servizi ai cittadini, ma nelle quali vi è scarsa o nessuna presenza di capitale privato e nelle quali quindi è presente il vincolo esterno, ma non quello interno. Esse agiscono in base a modalità e criteri delle società private, ma devono ottemperare agli obblighi derivanti da contratti di servizio con lo Stato.
La terza tipologia raggruppa le imprese che agiscono in realtà come agenzie e che sono totalmente possedute dal Tesoro. Esse sono nella sostanza enti pubblici economici, per i quali sia il vincolo esterno


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che quello interno sono inesistenti, e hanno un grado di libertà dalla politica molto ridotto.
Infine, vi è una quarta tipologia residuale di società, che potremmo definire «altre».
Per quanto riguarda le amministrazioni statali, l'autorizzazione all'assunzione di nuove partecipazioni o al mantenimento di quelle detenute è data con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro competente per materia, di concerto con il Ministro dell'economia (articolo 3, comma 28-bis, legge n. 244/2007).
Per lo Stato, in caso di costituzione di società che producono servizi di interesse generale e di assunzione di partecipazioni in tali società, le relative partecipazioni sono attribuite al Ministero dell'economia e finanze, il quale esercita i diritti dell'azionista, di concerto con i Ministeri competenti per materia (articolo 3, comma 27-bis, legge n. 244/2007).

2.2. Partecipazioni statali dirette

Società partecipate dal Ministero dell'economia e finanze

Per il Ministero dell'economia e finanze, l'elenco delle società da esso partecipate - con partecipazione diretta di maggioranza/controllo - è indicato nel Rendiconto generale dello Stato 2011, che espone i dati relativi all'esercizio 2010. Tale elenco è periodicamente aggiornato e reso disponibile sul sito del Ministero (6).

(6) http://www.dt.mef.gov.it/it/finanza-privatizzazioni/partecipazioni/

I dati che si forniscono sono quelli aggiornati alle informazioni disponibili sul predetto sito del MEF, alla data del 25 ottobre 2012.

SOCIETÀ PER SETTORE
Partecipazione del Ministero
(%)
Assicurativo
CONSAP - Concessionaria Servizi Assicurativi Pubblici S.p.A.
100
SACE S.p.A. (*)
100
Bancario e Servizi finanziari
Cassa depositi e prestiti CDP S.p.A.
70
Difesa e Aerospazio
Finmeccanica S.p.A.
30,20
Editoriale e culturale
ARCUS S.p.A. (**)
100
Energetico
ENEL S.p.A.
31,24
ENI S.p.A.
(Cassa depositi e prestiti detiene una partecipazione del 25,76 per cento)
4,34
Gestore dei servizi elettrici (GSE S.p.A.)
100
Società Gestione Impianti Nucleari (SOGIN S.p.A.)
100
Holding di partecipazione
Fintecna S.p.A. (*)
100


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SOCIETÀ PER SETTORE
Partecipazione del Ministero
(%)
RAI S.p.A.
99,56
Cinecittà Holding S.p.A.
100
STMicroelectronics Holding N.V
50
Mezzogiorno e sviluppo territoriale
SOGESID - Società per la Gestione degli Impianti Idrici S.p.A.
100
Agenzia Attraz. Invest. Svil. Impresa (ex Sviluppo Italia S.p.A.)
100
Studiare Sviluppo S.r.l.
100
Occupazione e previdenza
Italia Lavoro S.p.A.
100
Società per lo sviluppo del Mercato dei fondi pensione S.p.A. (MEFOP S.p.A.)
55,01
Postale
Poste Italiane S.p.A.
100
Servizi vari
Coni Servizi S.p.A.
100
CONSIP - Concessionaria Servizi Informativi Pubblici S.p.A.
100
EUR S.p.A.
90
Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato
100
Sistemi di consulenza per il Tesoro (SICOT S.r.l.)
100
Società generale d'informatica - SOGEI S.p.A.
100
Società per gli studi di settore - SOSE s.p.a
(Banca d'Italia detiene la restante partecipazione del 12 per cento)
88
Infrastrutture e Trasporti
Alitalia in a.s.
49,90
ENAV S.p.A.
100
Ferrovie dello Stato S.p.A.
100
ANAS S.p.A.
100
Rete Autostrade mediterranee S.p.A.
100
Expo 2015 S.p.A.
40

Società controllate da altri Ministeri

I dati che seguono, relativi alle società controllate dagli altri Ministeri, sono quelli contenuti nel Rendiconto generale dello Stato 2011 (che espone i dati relativi all'esercizio 2010), aggiornati sulla base della legislazione vigente.


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Ministero dello sviluppo economico

SOCIETÀ
Partecipazione del Ministero (%)
SIMEST - Società Italiana per le Imprese all'Estero - S.p.A. (*)
76,0
Cooperazione finanza impresa - CFI S.coop.a (7).
98,42
Società finanziaria per la cooperazione di produzione e lavoro - SO.FI.COOP.
99,64

(7) Nel rendiconto 2010 CFI S.c.a non figura come società controllata, vista la peculiarità del trattamento giuridico delle società cooperative.

Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali

SOCIETÀ
Partecipazione del Ministero (%)
Istituto Sviluppo Agroalimentare - ISA S.p.a
100
Agenzia di Pollenzo S.p.a
3,90

L'articolo 12, comma 18-bis del decreto-legge n. 95/2012 (legge n. 135/2012) ha disposto la soppressione della società Buonitalia S.p.a. in liquidazione, società partecipata al 70 per cento del MIPAFF, con attribuzione delle funzioni all'ICE - Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane, a cui vengono trasferite anche le risorse umane, strumentali e finanziarie residue della soppressa società (8)(8).

(8) Tale società avrebbe dovuto essere incorporata, entro il 30 giugno 2008, nella società ISA a norma dell'articolo 28, co. 1-bis del decreto-legge n. 248/07, ma tale operazione non è stata effettuata.

Ministero per i beni e le attività culturali
SOCIETÀ
Partecipazione del Ministero
(%)
Ales Arte, Lavoro e Servizi S.p.a
100


Ministero della difesa
Relativamente a tale Ministero, si ricorda la società Difesa servizi S.p.a., società istituita con legge finanziaria 2010, e da esso interamente partecipata.
Il Ministro della difesa di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze ha approvato, con il decreto 10 febbraio 2011, lo Statuto della società «Difesa Servizi Spa» (9). La società è divenuta operativa con la prima riunione dell'assemblea ordinaria, l'8 marzo 2011.

(9) pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 17 febbraio 2011.

La società, pertanto, non figura nel Rendiconto 2011, che è relativo all'esercizio di gestione 2010.


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2. 3 Un focus sulla politica energetica

2.3.1 NORMATIVA COMUNITARIA

Le direttive comunitarie del 2008/2009 sui mercati interni dell'energia elettrica e del gas e sulla trasparenza dei prezzi.

La direttiva 2009/72/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009 http://documenti.intra.camera.it/leg16/dossier/testi/AP0183a --ftn4, relativa a norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica, ha introdotto regole comuni in materia di produzione, trasmissione (trasporto), distribuzione e fornitura di energia elettrica, con l'obiettivo di promuovere lo sviluppo di un mercato dell'elettricità concorrenziale, sicuro e sostenibile sul piano della tutela ambientale. A tal fine essa ha definito le norme relative all'organizzazione e al funzionamento del settore dell'energia elettrica, l'accesso aperto al mercato, i criteri e le procedure da applicarsi nei bandi di gara e nel rilascio delle autorizzazioni nonché nella gestione dei sistemi, e definisce anche gli obblighi di servizio universale e i diritti dei consumatori chiarendo altresì i requisiti in materia di concorrenza.
Il provvedimento fa parte del c.d. «terzo pacchetto energia», comprendente il regolamento (CE) n. 713/2009 che istituisce un'Agenzia per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell'energia, la direttiva 2009/73/CE («direttiva gas»), il regolamento (CE) n. 714/2009 relativo alle condizioni di accesso alla rete per gli scambi transfrontalieri di energia elettrica e il regolamento (CE) n. 715/2009 relativo alle condizioni di accesso alle reti di trasporto del gas naturale.
La direttiva 2009/73/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, ha introdotto nuove norme comuni per il mercato interno del gas naturale e conseguentemente abroga la direttiva 2003/55/CE.
Il mercato interno del gas naturale soffre di carenza di liquidità e di trasparenza che ostacolano l'efficiente allocazione delle risorse, la copertura dei rischi, l'entrata di nuovi attori e il buon funzionamento del mercato stesso. La Commissione europea ha dunque giudicato necessario ridefinire le regole e le misure applicabili al mercato interno del gas al fine di garantire una concorrenza equa e una protezione adeguata dei consumatori.
La direttiva in esame stabilisce pertanto norme comuni per il trasporto, la distribuzione, la fornitura e lo stoccaggio di gas naturale, definendo le norme relative all'organizzazione e al funzionamento del settore del gas naturale, l'accesso al mercato, i criteri e le procedure applicabili in materia di rilascio di autorizzazioni per il trasporto, la distribuzione, la fornitura e lo stoccaggio di gas naturale nonché la gestione dei sistemi.
Le norme stabilite dalla direttiva per il gas naturale, compreso il gas naturale liquefatto (GNL), si applicano in modo non discriminatorio anche al biogas e al gas derivante dalla biomassa o ad altri tipi di gas, nella misura in cui i suddetti gas possano essere iniettati nel sistema del gas naturale e trasportati attraverso tale sistema senza porre problemi di ordine tecnico o di sicurezza.
La direttiva 2008/92/CE del Parlamento e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, procede alla rifusione delle disposizioni della direttiva 90/377/CEE e successive modifiche concernenti la procedura comunitaria sulla trasparenza dei prezzi al consumatore finale industriale di gas e di energia elettrica.
La trasparenza dei prezzi dell'energia è essenziale per la realizzazione e il buon funzionamento del mercato interno dell'energia. Essa può contribuire a eliminare le discriminazioni tra i consumatori, favorendo la libera scelta tra le diverse fonti energetiche e tra i fornitori.

Regolamenti comunitari del 2009/2010

Il Regolamento (CE) n. 713/2009 istituisce un'Agenzia per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell'energia al fine di esercitare, a livello comunitario, le funzioni svolte dalle autorità di regolamentazione degli Stati membri. L'Agenzia per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell'energia è un organismo della Comunità dotato di personalità giuridica.


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L'Agenzia esprime pareri su tutte le questioni relative ai regolatori dell'energia, partecipa allo sviluppo di codici di rete nel settore dell'energia elettrica e del gas e decide in merito alle infrastrutture transfrontaliere, comprese le deroghe a talune disposizioni della normativa applicabile.
Il regolamento (CE) n. 714/2009 regolamenta gli scambi transfrontalieri di energia elettrica al fine di migliorare la concorrenza e armonizzare il mercato interno dell'energia elettrica, mira ad incrementare la collaborazione fra i gestori delle reti di trasmissione di elettricità.
Il regolamento CE 715/2009 ha stabilito norme per le reti di trasporto del gas naturale, lo stoccaggio di gas e gli impianti di gas naturale liquefatto (GNL) e si applica all'accesso alle infrastrutture, definendo, in particolare, i principi riguardanti le tariffe (solo per l'accesso alle reti), i servizi da offrire, l'assegnazione della capacità, la trasparenza e il bilanciamento della rete.
Il regolamento UE n. 994/2010 detta disposizioni per garantire la sicurezza dell'approvvigionamento di gas assicurando il corretto ed il costante funzionamento del mercato interno del gas naturale, permettendo l'adozione di misure eccezionali da attuare qualora il mercato non sia più in grado di fornire il necessario approvvigionamento di gas, e prevedendo una chiara definizione e attribuzione delle responsabilità fra le imprese di gas naturale, gli Stati membri e l'Unione europea.

2.3.2 NORMATIVA NAZIONALE

Il recepimento delle prime direttive comunitarie sull'apertura dei mercati elettrici e del gas.

Dalla metà degli anni '90 i Governi che si sono succeduti alla guida del Paese hanno assunto iniziative per attuare gli indirizzi comunitari in materia di apertura del mercato interno dell'energia elettrica e del gas, nella consapevolezza che un'effettiva politica energetica comunitaria possa realizzarsi appieno solo in un contesto di regole armonizzate e, soprattutto, di eliminazione delle asimmetrie nei processi di apertura dei singoli mercati nazionali.
A partire dalla fine degli anni novanta, con l'adozione dei decreti legislativi di recepimento delle direttive comunitarie sull'energia elettrica e il gas (per il settore elettrico decreto legislativo 79/1999, recettivo della direttiva 1996/92/CE, e per il gas decreto legislativo 164/2000, recettivo della direttiva 1998/30/CE), sono state poste le basi per la progressiva apertura dei mercati energetici. In particolare, con l'obiettivo di fondo di ridurre i differenziali di prezzo rispetto agli altri Paesi europei, i provvedimenti sono stati volti a promuovere il superamento, quand'anche con modalità e tempi tali da assicurare la necessaria gradualità dei processi, delle situazioni di monopolio pubblico che caratterizzavano gli assetti dei mercati energetici in Italia.
Per quanto riguarda il settore elettrico sono state, innanzitutto, sostanzialmente liberalizzate le attività di produzione, importazione, esportazione, acquisto e vendita di energia. Successivamente è stata avviata la ristrutturazione dell'ENEL, con la separazione della proprietà della rete nazionale dalla sua gestione e l'affidamento dell'attività di trasmissione e dispacciamento a un ente di gestione di diritto pubblico chiamato ad operare secondo principi di neutralità e imparzialità. Quanto alla posizione dominante dell'operatore pubblico, a fronte dell'introduzione del divieto di controllo di più del 50 per cento della capacità complessiva di importazione e produzione nazionale, l'ENEL è stata chiamata a cedere, entro il 1o gennaio 2003, almeno 15.000 Kw della propria capacità.
Per quanto concerne il settore del gas, gli interventi più significativi hanno riguardato la sostanziale liberalizzazione delle attività di importazione, esportazione, trasporto e vendita, nonché l'introduzione del principio dell'affidamento soltanto mediante gara, e per periodi limitati, dei servizi di distribuzione del gas a livello locale. Come per il settore elettrico, inoltre, è stata prevista la progressiva apertura


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del mercato e il ridimensionamento dell'operatore dominante (con la progressiva riduzione dei limiti di vendita e immissione nella rete al di sopra dei quali si configura l'abuso di posizione dominante).

La legge di riordino energetico (legge n. 239/2004) e l'avvio del mercato elettrico.

Un primo importante ordine di interventi nel settore elettrico si era avuto già a fine anni '90, con il D.Lgs. 79/1999; il completamento della liberalizzazione del mercato elettrico ha, in particolare, costituito - insieme alla definizione delle competenze di Stato e Regioni in materia energetica - uno dei principali obiettivi della legge di riordino del settore (L. 239/2004), che ha confermato il processo di liberalizzazione delle attività di produzione, importazione, esportazione, acquisto e vendita di energia ai clienti finali, nel rispetto degli obblighi di servizio pubblico derivanti dalla normativa comunitaria e dalla legislazione vigente. La concessione delle attività di trasporto e di dispacciamento, con l'obbligo di connessione di terzi secondo criteri di trasparenza ed imparzialità, dapprima affidata al Gestore della rete di trasmissione nazionale (GRTN), è stata successivamente trasferita alla società Terna Spa, proprietaria della rete di trasporto nazionale (per effetto del DPCM 11 maggio 2004), con la previsione della riduzione da parte di ENEL della propria partecipazione in detta società ad una quota non superiore al 20 per cento.
L'attività di distribuzione continua ad essere svolta dalle imprese distributrici titolari di concessioni, rilasciate dal Ministero delle attività produttive nel maggio 2001, ed aventi scadenza il 31 dicembre 2030.
All'interno di questo sistema allo Stato sono rimasti affidati i compiti di assumere le determinazioni inerenti l'importazione e l'esportazione dell'energia, di definire il quadro settoriale di programmazione (anche con riferimento alla ricerca scientifica), di definire i principi per il coordinato utilizzo delle risorse finanziarie regionali, nazionali e dell'Unione europea. Sono inoltre rimasti di competenza dello Stato i compiti relativi all'adozione di misure finalizzate a garantire l'effettiva concorrenzialità del mercato dell'energia elettrica, alla definizione dei criteri generali per le nuove concessioni di distribuzione dell'energia elettrica e per l'autorizzazione alla costruzione e all'esercizio degli impianti di generazione di energia elettrica termica superiore ai 300 MW.
Nel corso dell'iter di approvazione della legge 239/2004 di riordino del settore energetico, il quadro comunitario di riferimento del settore si è andato innovando con le direttive 2003/54/CE e 2003/55/CE, che hanno previsto, a partire dal 1o luglio 2004, la libera scelta dei fornitori per tutte le compagnie e, a partire dal 1o luglio 2007, l'estensione della disposizione ai consumatori privati.
Nell'aprile del 2004 si è aperta una nuova fase del processo di liberalizzazione con l'avvio del mercato elettrico (IPEX - Italian Power Exchange), luogo virtuale in cui ogni giorno produttori e acquirenti si incontrano per vendere e comprare energia e affidato al Gestore del Mercato (GME), creato in risposta alle esigenze di stimolare la concorrenza nelle attività di produzione e vendita e di favorire la massima efficienza nella gestione del dispacciamento dell'energia elettrica.
Il processo di liberalizzazione avviato a partire dalla fine degli anni '90 è stato quindi sostanzialmente completato con il recepimento della direttiva 2003/54/CE, con il decreto-legge 18 giugno 2007, n.73 che ha consentito anche ai clienti domestici (a decorrere dal 1o luglio 2007) di scegliere liberamente il proprio fornitore.
Con il decreto sono state introdotte regole di trasparenza per l'avvio del mercato per i clienti domestici che contemplano l'obbligo di separazione societaria tra attività di vendita ed attività di distribuzione di energia elettrica, nonché la separazione funzionale tra la gestione delle infrastrutture dei sistemi elettrico e del gas naturale ed il resto delle attività, estesa anche all'attività di stoccaggio del gas.


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L'intervento legislativo è stato accompagnato dalla definizione, da parte dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, di nuove tariffe elettriche, che al fine di tutelare le fasce deboli è stata completata con la revisione (ad opera del decreto ministeriale 28 dicembre 2007) della disciplina sulla c.d. «tariffa sociale».
Per quanto concerne il gas naturale, il già citato decreto legislativo n.164/2000 (cd. decreto Letta) ha recepito nell'ordinamento interno la direttiva 1998/30/CE, recando una complessiva riforma del sistema nazionale del gas naturale e introducendo elementi di apertura del mercato che, nell'insieme, vanno oltre le norme minime comuni previste dalla direttiva. Tale provvedimento è stato profondamente innovato dal decreto legislativo 93/2011 che, sulla base della delega legislativa di cui all'articolo 1 e all'articolo 17, commi 3 e 4, della legge n. 96/2010 (comunitaria 2009), ha dato attuazione alla direttiva 2009/72/CE relativa a norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica, alla direttiva 2009/73/CE relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale, nonché alla direttiva 2008/92/CE concernente una procedura comunitaria sulla trasparenza dei prezzi al consumatore finale industriale di gas e di energia elettrica.
Con lo stesso decreto si è provveduto inoltre ad introdurre disposizioni o modificare le norme vigenti per tenere conto anche dell'entrata in vigore del regolamento (CE) n. 713/2009 che istituisce un'agenzia per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell'energia, del regolamento (CE) n. 714/2009 relativo alle condizioni di accesso alla rete per gli scambi transfrontalieri di energia elettrica, del regolamento (CE) n. 715/2009 relativo alle condizioni di accesso alle reti di trasporto del gas naturale, nonché del regolamento (CE) n. 994/2010 recante misure volte a garantire la sicurezza dell'approvvigionamento di gas.
In tal modo si è provveduto a dare completa attuazione all'intero «terzo pacchetto» di provvedimenti comunitari relativi al mercato interno dell'energia.
L'intervento normativo, in attuazione della disciplina comunitaria, si pone gli obiettivi di aumentare la sicurezza degli approvvigionamenti, di aumentare la concorrenza nel mercato interno dell'elettricità e del gas, di assicurare un'efficace separazione tra imprese del gas che sono proprietarie e che gestiscono reti di trasporto e imprese che utilizzano le reti di trasporto medesime per l'importazione e la vendita di gas, di tutelare maggiormente i consumatori e in particolare i clienti «vulnerabili» (in termini di sicurezza delle forniture e di tutela dei prezzi di fornitura).
Nel Titolo I (artt. 1-5) sono state raggruppate le disposizioni presenti in entrambe le direttive e nei relativi regolamenti che riguardano aspetti comuni ai mercati dell'energia elettrica e del gas naturale.
Il Titolo II (artt. 6-33) reca disposizioni relative al mercato del gas naturale.
Il Titolo III (artt. 34-41) reca disposizioni relative al mercato elettrico.
Il Titolo IV (artt. 42-46) è dedicato all'Autorità nazionale di regolazione.
Infine, il Titolo V (artt. 47-50) recepisce la direttiva 2008/92/CE e reca le norme finali.
Le norme relative ai gestori di sistemi di trasporto, di distribuzione, di stoccaggio o di impianti di rigassificazione di GNL, incidono su soggetti, sottoposti al regime di regolazione di competenza dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, i cui costi operativi sono coperti dal sistema tariffario. I nuovi compiti assegnati alla predetta Autorità sono svolti nell'ambito delle risorse finanziarie previste dal meccanismo di autofinanziamento di cui all'articolo 2, comma 38, della legge n. 481/1995 e quindi senza oneri per la finanza pubblica.

Interventi recenti sulle energie rinnovabili.

Da ultimi sono stati pubblicati sulla Gazzetta ufficiale del 10 luglio 2012 i due decreti interministeriali che definiscono i nuovi incentivi per l'energia fotovoltaica (cd. Quinto Conto Energia: decreto ministeriale 5 luglio 2012) e per le rinnovabili elettriche non fotovoltaiche (idroelettrico,


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geotermico, eolico, biomasse, biogas: decreto ministeriale 6 luglio 2012).
Le nuove previsioni del Quinto Conto Energia, applicabili agli impianti che entrano in esercizio dopo il 27 agosto 2012, dispongono che:

gli incentivi si basino sul meccanismo della tariffa onnicomprensiva, nel senso che le agevolazioni riguardano solo l'energia immessa in rete mentre quella prodotta per l'autoconsumo beneficia di una tariffa premio;
il valore della tariffa varia a seconda dell'entità produttrice dell'impianto e delle luogo in cui lo stesso impianto è ubicato;
l'accesso all'incentivazione è automatico solo per taluni impianti (prevalentemente quelli con potenza non superiore a 12 KW e quelli con potenza fino a 50 KW purché realizzati su edifici in sostituzione di coperture sulle quali viene operata la completa riduzione dell'eternit o dell'amianto); per i restanti impianti è prevista l'iscrizione in appositi registri in posizione tale da rientrare nei limiti massimo di costo stabiliti;
il meccanismo di incentivazione è previsto cessare decorsi trenta giorni dalla data in cui si raggiungerà il costo indicativo cumulato degli incentivi di 6,7 miliardi l'anno.

L'articolo 1, comma 4, del DM 5 luglio 2012 (Quinto conto energia) prevede che il IV Conto Energia continua ad applicarsi:
a) ai piccoli impianti integrati con caratteristiche innovative ed impianti a concentrazione che sono entrati in esercizio prima del 27 agosto 2012;
b) ai grandi impianti iscritti in posizione utile nei registri e che producono la certificazione di fine lavori nei termini previsti;
c) agli impianti realizzati su edifici pubblici e su aree delle amministrazioni, che entrano in esercizio entro il 31 dicembre 2012.

È stato, inoltre, varato, dal ministro dello Sviluppo economico di concerto con i ministri dell'Ambiente e delle Politiche agricole e con l'intesa della Conferenza unificata, il decreto ministeriale n. 28 del 2012 che - attraverso un nuovo sistema di incentivazione - consente di dare impulso alla produzione di energia rinnovabile termica e di migliorare l'efficienza energetica.
In particolare il citato decreto dà attuazione al regime di sostegno introdotto dal decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 per l'incentivazione di interventi di piccole dimensioni per l'incremento dell'efficienza energetica e per la produzione di energia termica da fonti rinnovabili.
Il provvedimento, noto anche come «Conto energia termico pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 2 gennaio 2013, si propone il duplice obiettivo di dare impulso alla produzione di energia termica da fonti rinnovabili (riscaldamento a biomassa, pompe di calore, solare termico e solar cooling) e di accelerare i progetti di riqualificazione energetica degli edifici pubblici.
Tale provvedimento rappresenta una tappa essenziale per il raggiungimento e il superamento degli obiettivi ambientali europei al 2020.
Più in particolare, per quanto riguarda le fonti rinnovabili termiche, il nuovo sistema incentivante promuoverà interventi di piccole dimensioni, tipicamente per usi domestici e per piccole aziende, comprese le serre, fino ad ora poco supportati da politiche di sostegno. Il cittadino e l'impresa potranno dunque più facilmente sostenere l'investimento per installare nuovi impianti rinnovabili ed efficienti (con un costo di alcune migliaia di euro) grazie a un incentivo che coprirà mediamente il 40 per cento dell'investimento e che verrà erogato in 2 anni (5 anni per gli interventi più onerosi). In questo modo, inoltre, si rafforza la leadership tecnologica della filiera nazionale in comparti con un forte potenziale di crescita internazionale. Per quel che riguarda invece gli incentivi all'efficienza energetica per la Pubblica Amministrazione, il provvedimento aiuta a superare le restrizioni fiscali e di bilancio che non hanno finora consentito alle amministrazioni


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di sfruttare pienamente le potenzialità offerte dal risparmio energetico. I nuovi strumenti daranno dunque un contributo essenziale anche al raggiungimento degli obiettivi europei in termini di riqualificazione energetica degli edifici pubblici, dando a questo settore un ruolo di esempio e guida per il resto dell'economia.

Strategia energetica nazionale

Il Ministero dello sviluppo economico sta elaborando un documento che contiene le linee per la c.d. Strategia energetica nazionale (SEN), anche tramite una consultazione pubblica, per la modernizzazione del settore energetico. Le azioni proposte dal Ministero nella SEN mirano ad un'evoluzione graduale ma significativa del settore e al superamento degli obiettivi europei per il 2020. Per il raggiungimento di questi risultati, la strategia si articola in alcune priorità, tra cui spiccano la promozione dell'efficienza energetica e lo sviluppo sostenibile delle energie rinnovabili (ovvero con il contemporaneo contenimento dell'onere sulle bollette elettriche).

2. 4 Golden share: il decreto-legge 21/2012.

La nuova disciplina dei poteri speciali.

Il decreto-legge n. 21 del 2012 ha poi ridefinito, anche mediante il rinvio ad atti di normazione secondaria (DPCM), l'ambito oggettivo e soggettivo, la tipologia, le condizioni e le procedure di esercizio dei poteri speciali, quali la facoltà di dettare specifiche condizioni all'acquisito di partecipazioni, di porre il veto all'adozione di determinate delibere societarie e di opporsi all'acquisto di partecipazioni.
L'articolo 1 del decreto in esame reca la nuova disciplina dei poteri speciali esercitabili dall'esecutivo rispetto alle imprese operanti nei comparti della difesa e della sicurezza nazionale. La principale differenza con la normativa vigente si rinviene nell'ambito operativo della nuova disciplina, la quale consente l'esercizio dei poteri speciali rispetto a tutte le società, pubbliche o private, che svolgono attività considerate di rilevanza strategica, e non più soltanto rispetto alle società privatizzate o in mano pubblica. Per effetto di tali norme, alla disciplina secondaria (decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri) saranno affidate le seguenti funzioni:
individuazione di attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale in rapporto alle quali potranno essere attivati i poteri speciali;
concreto esercizio dei poteri speciali;
individuazione di ulteriori disposizioni attuative.

Le norme fissano puntualmente il requisito per l'esercizio dei poteri speciali nei comparti della sicurezza e della difesa, individuato nella sussistenza di una minaccia di grave pregiudizio per gli interessi essenziali della difesa e della sicurezza nazionale. L'esecutivo potrà imporre specifiche condizioni all'acquisto di partecipazioni in imprese strategiche nel settore della difesa e della sicurezza; potrà porre il veto all'adozione di delibere relative ad operazioni straordinarie o di particolare rilevanza ivi incluse le modifiche di clausole statutarie eventualmente adottate in materia di limiti al diritto di voto o al possesso azionario; potrà opporsi all'acquisto di partecipazioni, ove l'acquirente arrivi a detenere un livello della partecipazione al capitale in grado di compromettere gli interessi della difesa e della sicurezza nazionale. Sono poi disciplinati gli aspetti procedurali dell'esercizio dei poteri speciali e le conseguenze che derivano dagli stessi o dalla loro violazione. È stata altresì prevista la nullità delle delibere adottate con il voto determinante delle azioni o quote acquisite in violazione degli obblighi di notifica nonché delle delibere o degli atti adottati in violazione o inadempimento delle condizioni imposte.
L'articolo 2 del decreto reca la disciplina dei poteri speciali nei comparti dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni. Con disposizioni simili a quelle previste dall'articolo


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1 del provvedimento per il comparto sicurezza e difesa, alla disciplina secondaria - attraverso regolamenti (anziché DPCM) da adottare entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti - sono affidate le seguenti funzioni:
individuazione degli asset strategici nel settore dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni;
esercizio dei poteri speciali;
individuazione di ulteriori disposizioni attuative della nuova disciplina.

I poteri speciali esercitabili nel settore dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni consistono nella possibilità di far valere il veto dell'esecutivo alle delibere, agli atti e alle operazioni concernenti asset strategici, in presenza dei requisiti richiesti dalla legge, ovvero imporvi specifiche condizioni; di porre condizioni all'efficacia dell'acquisto di partecipazioni da parte di soggetti esterni all'UE in società che detengono attivi «strategici» e, in casi eccezionali, opporsi all'acquisto stesso. Le norme in esame, in rapporto alle tipologie di poteri esercitabili e alle loro modalità di esercizio, ripropongono - con alcune differenze - la disciplina prevista dall'articolo 1 in relazione alle società operanti nel comparto difesa e sicurezza, secondo quanto segnalato di seguito.
Gli obblighi di notifica sono stati estesi alle delibere, atti o operazioni aventi ad oggetto il mutamento dell'oggetto sociale, lo scioglimento della società, la modifica di clausole statutarie riguardanti l'introduzione di limiti al diritto di voto o al possesso azionario. È stato inoltre chiarito che il veto alle delibere, atti o operazioni può essere espresso qualora essi diano luogo a una situazione eccezionale, non disciplinata dalla normativa - nazionale ed europea - di settore, di minaccia di grave pregiudizio per gli interessi pubblici relativi alla sicurezza e al funzionamento delle reti e degli impianti e alla continuità degli approvvigionamenti, ivi compresi le reti e gli impianti necessari ad assicurare l'approvvigionamento minimo e l'operatività dei servizi pubblici essenziali. È stato quindi precisato che nel computo della partecipazione rilevante ai fini dell'acquisto si tiene conto della partecipazione detenuta da terzi con cui l'acquirente ha stipulato patti parasociali. Anche per le violazioni di cui al presente articolo è prevista la sanzione della nullità degli atti. Nel caso in cui le attività di rilevanza strategica si riferiscono a società partecipate dal Ministero dell'economia e delle finanze, è stato introdotto, nella procedura di predisposizione dei decreti volti ad individuare gli attivi di rilevanza strategica, il coinvolgimento del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per i rispettivi ambiti di competenza. Sui regolamenti di attuazione è previsto un parere rinforzato del Parlamento: qualora i pareri espressi dalle Commissioni parlamentari competenti rechino identico contenuto, il Governo, ove non intenda conformarvisi, trasmette nuovamente alle Camere lo schema di regolamento, indicandone le ragioni in un'apposita relazione. I pareri definitivi delle Commissioni competenti sono espressi entro il termine di venti giorni dalla data di trasmissione. Decorso tale termine, il regolamento può essere comunque adottato.
L'articolo 3 reca norme transitorie e abrogazioni, che sono state precisate nel corso dell'esame parlamentare, al fine di includervi tutti i provvedimenti riguardanti la previgente disciplina. Si prevede inoltre una condizione di reciprocità operante per l'acquisto, da parte di un soggetto estraneo all'Unione europea, di partecipazioni in società che detengono attivi di rilevanza strategica.
È quindi abrogata la disciplina dei poteri speciali indicata dall'articolo 2 del decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332, la quale ha luogo a decorrere dalla data di entrata in vigore dell'ultimo dei decreti ovvero dei regolamenti che completano l'individuazione dei singoli settori (secondo le modifiche intervenute in sede parlamentare). L'articolo novella, inoltre, l'articolo 3, comma 1, del citato decreto-legge n. 332/94,


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prevedendo che la facoltà di introdurre nello statuto societario un limite massimo di possesso azionario trovi applicazione con riferimento alle società a controllo diretto o indiretto pubblico operanti nei settori della difesa, della sicurezza nazionale, dell'energia, dei trasporti, delle comunicazioni e degli altri pubblici servizi (secondo le modifiche intervenute in sede parlamentare).
S'introducono, infine, alcune novelle al codice del processo amministrativo, volte a estendere il rito abbreviato e la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (TAR del Lazio) ai provvedimenti adottati nell'esercizio dei poteri speciali nei settori disciplinati dal decreto-legge.
Il nuovo articolo 3-bis prevede che il Presidente del Consiglio dei ministri trasmetta al Parlamento una relazione sull'attività svolta sulla base dei poteri attribuiti, con particolare riferimento ai casi specifici e agli interessi pubblici che hanno motivato l'esercizio di tali poteri.

Altri poteri speciali

In via generale, occorre ricordare, che oltre alla disciplina della «golden share», altri interventi legislativi hanno in seguito previsto disposizioni che perseguono, con diverse modalità, analoghe finalità di tutela delle società operanti in settori giudicati strategici per l'economia nazionale. In particolare, ulteriori diritti speciali in capo all'azionista pubblico sono stati previsti nella disciplina codicistica delle società, nonché, successivamente, nella legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006), che ha introdotto nell'ordinamento italiano la cd. «poison pill» (pillola avvelenata) che consente, in caso di offerta pubblica di acquisto ostile riguardante società partecipate dalla mano pubblica, di deliberare un aumento di capitale, grazie al quale l'azionista pubblico potrebbe accrescere la propria quota di partecipazione vanificando il tentativo di scalata non concordata. Nella medesima logica di salvaguardia delle società d'interesse nazionale, s'innesta, da ultimo, l'articolo 7 del decreto-legge n. 34 del 2011, che ha autorizzato la Cassa Depositi e Prestiti ad assumere partecipazioni in società di rilevante interesse nazionale, in termini di strategicità del settore di operatività, di livelli occupazionali, di entità di fatturato ovvero di ricadute per il sistema economico-produttivo del Paese. In particolare, sono state definite «di rilevante interesse nazionale» le società di capitali operanti nei settori della difesa, della sicurezza, delle infrastrutture, dei trasporti, delle comunicazioni, dell'energia, delle assicurazioni e dell'intermediazione finanziaria, della ricerca e dell'innovazione ad alto contenuto tecnologico e dei pubblici servizi.

3. I CONTRIBUTI DEI SOGGETTI AUDITI

Seduta di Martedì 29 novembre 2011

Audizione di rappresentanti di Simest e Sogei.

GIANCARLO LANNA, Presidente della Simest.

Il Presidente della Simest, Giancarlo Lanna illustra le attività che la legge attribuisce a Simest precisando che le macroaree di intervento sono:
partecipazione del capitale delle aziende italiane che intendono operare all'estero attraverso un'attività di private equity, nel corso degli anni fortemente sostenuta da un venture capital fund specifico per alcune aree geografiche in cui sono localizzate più fortemente le imprese italiane. Tale attività ha comportato un impegno complessivo di Simest di oltre 1.200 partecipazioni ed ha determinato cospicui investimenti delle imprese italiane nell'ordine di circa 12 miliardi di euro;
gestione di alcune misure incentivanti per l'export italiano, essenzialmente concentrate sulla penetrazione commerciale, ossia sul sostegno alle imprese italiane nella realizzazione di nuove iniziative commerciali, quali showroom e mall, legate ad attività squisitamente commerciale,


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sul sostegno alle imprese italiane nella partecipazione a gare internazionali e sul finanziamento di studi di prefattibilità. In particolar modo la Simest gestisce un fondo attinente alla patrimonializzazione delle imprese stesse per creare le condizioni per la trasformazione da società di persone a società di capitali. Tutta l'attività di incentivazione all'export italiano nel corso degli anni ha significato oltre 4 mila operazioni per circa 40 miliardi di impegni finanziari dal 1999 a oggi a sostegno delle imprese italiane;
attività di servizi specificamente rivolte alle imprese, come l'attività di business scouting, ossia di individuazione dei partner più opportuni, alla luce di considerazioni di mercato e della configurazione giuridica degli Stati in cui le imprese italiane si vanno insediare.

La Simest ha un capitale al 76 per cento posseduto dallo Stato, ex Ministero del commercio estero e oggi Ministero dello sviluppo economico, e al 24 per cento posseduto da tutte le principali banche del Paese, più Confindustria, ancorché in quota minimale. Il bilancio dello scorso anno è stato chiuso con 17 milioni di utile lordo e con oltre 11 milioni di utile netto.
In seguito a talune richieste di chiarimenti ed integrazioni da parte dei deputati, relativamente, in particolare ai possibili effetti indiretti dell'internazionalizzazione, quali la delocalizzazione, all'attività di supporto alla piccole e piccolissime imprese, ai programmi per favorire acquisizioni di posizione nella catena di distribuzione e nella struttura logistica, nonché ai rapporti con l'ICE, il Presidente ha specificato quanto segue. La Simest è una società di capitali, ancorché posseduta nella maggioranza da un azionista pubblico, e muove la sua attività secondo norme di carattere esclusivamente privatistico, in ottemperanza alle norme del Codice civile in materia di società per azioni. Essa acquisisce esclusivamente partecipazioni di minoranza rispetto alla posizione dell'imprenditore italiano che da solo decide di operare all'estero attraverso un'impresa di diritto estero oppure di partecipare in termini di joint venture, alleandosi in logica di partenariato imprenditoriale. Inoltre la Simest valuta un progetto che risponde agli interessi degli imprenditori verificando che tale progetto rispetti norme di legge generali, non consenta la delocalizzazione e il depauperamento del patrimonio imprenditoriale del Paese, considerando, inoltre, se il progetto ha una sua fattibilità sui mercati internazionali. La Simest deve rispondere del suo operato al soggetto pubblico azionista di maggioranza, ma anche agli azionisti privati, che in generale non hanno voglia di perdere quanto investito. Quanto al sostegno fornito alle piccole e medie imprese, ha ricordato che in Italia il numero delle piccole imprese non solo è preponderante in termini numerici, ma incide anche sul prodotto interno lordo rispetto a tutti i nostri competitori europei in misura ben più rilevante. Negli ultimi dieci anni la percentuale del rapporto tra grandi imprese e medie e piccole imprese che vanno a proporsi sui mercati internazionali con l'aiuto di Simest è radicalmente cambiata: il rapporto è circa 65-70 piccole e medie contro 30 grandi imprese. Il problema è la strutturazione della piccola e media impresa italiana, soprattutto di quella piccola (management, disponibilità di accesso al credito finanziario aggregazione). Ci sono mercati, principalmente quelli dei Paesi BRIC, che sono i mercati oggi con i tassi di crescita più elevati (Brasile, Russia, India e Cina) su cui soltanto un meccanismo che favorisca l'aggregazione del sistema delle piccole e medie imprese italiane consente alle stesse, ancorché siano in condizione di realizzare prodotti o processi di sviluppo industriale avanzati, di competere.
Le aziende italiane pagano sicuramente sui mercati internazionali un deficit strutturale, la Simest ha avviato al riguardo quattro iniziative su un'attività di ricerca di mercato proposta dalle imprese:
nel distretto delle concerie di Robikki in Egitto per favorire insediamenti di piccole e medie imprese italiane;
in Cina per creare un polo della logistica dei prodotti italiani attraverso un


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accordo tra il porto di Genova e quello di Tianjin;
ad Aktau in Kazakistan per la distribuzione di prodotti petroliferi;
a Manaus in Brasile per i motocicli.

Sono state, poi, fornite talune delucidazioni in ordine alla vicenda Lactitalia Srl, operante in Romania, finanziata da Simest, accusata di produrre formaggio con latte ungherese utilizzando diciture che richiamano il made in Italy e di Parmalat che nell'attività di commercializzazione negli Stati Uniti, ha acquistato bresaola uruguaiana, anziché italiana.

CRISTIANO CANNARSA, Amministratore delegato di Sogei.

L'amministratore delegato di Sogei, Cristiano Cannarsa, ha illustrato le caratteristiche della Sogei, precisando che essa è controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze al 100 per cento e opera, in virtù di un affidamento in-house dello stesso Ministero, per lo sviluppo e la conduzione del sistema informativo della fiscalità italiana. Essa ha come clienti tutte le agenzie fiscali italiane, l'Agenzia delle entrate, quella delle dogane, del demanio, del territorio, i Monopoli di Stato, Equitalia e la sanità. La Sogei esercita attività di sviluppo del software e della fornitura di servizi ICT, ossia information and communication technology, anche grazie all'infrastruttura tecnologica di cui dispone, uno dei più grandi CED europei. L'azienda si compone di 1.800 dipendenti e ha un'attività, in termini di valore della produzione complessiva, che si aggira intorno ai 360 milioni di euro annui. Tale attività si suddivide in conduzione, manutenzione e sviluppo software ed in acquisizione di beni e servizi per conto delle agenzie. Tutte le esigenze nell'ambito dell'ICT delle agenzie sono assolte per il tramite di Sogei. L'attività è svolta secondo un contratto di servizi quadro e 13 contratti esecutivi con tutte le agenzie. Esiste un rapporto contrattuale vero e proprio, con tariffe relative alle ore macchina, ossia alle ore lavorative del CED, ed alle ore uomo. Il nuovo contratto di servizi quadro che entrerà in vigore a gennaio 2012 coprirà i prossimi sei anni di attività. I servizi offerti vengono utilizzati dai commercialisti e i notai, quali Entratel-Fisconline e il sistema SISTER per le analisi dei dati catastali. Viene gestita anche tutta l'anagrafe per il catasto terreni, urbano e fabbricati, oltre all'anagrafe tributaria, che è la parte più rilevante della attività, riguardando l'intera mole dei dati relativi a tutti i contribuenti, sia persone fisiche, sia società. Tutti i codici fiscali e le partite IVA sono depositati presso gli archivi ed i database. Sugli stessi, viene svolta anche attività di business intelligence su richiesta sia delle autorità giudiziarie, sia delle agenzie che hanno intenzione di produrre statistiche o elaborazioni anche nell'ambito della formazione di leggi che hanno una rilevanza fiscale. Una delle caratteristiche fondamentali di Sogei è di essere una banca data integrata, il che la rende unica e non sostituibile con altra società operante nel mercato. Il sistema degli appalti è sottoposto ai controlli della Corte dei Conti e dell'autorità per la vigilanza su contratti pubblici di lavori, servizi e forniture: le gare sono effettuate con procedure ad evidenza pubblica; l'unicità del servizio reso obbliga, comunque, in alcuni casi, a procedere a trattative dirette. La tendenza generale è quella di usare al massimo le piattaforme di acquisti CONSIP. A livello di privacy, la Sogei è responsabile del trattamento dei dati, la titolarità degli stessi spetta però all'Agenzia delle entrate. Grazie all'interazione dei dati, la Sogei può svolgere attività di business intelligence e di reporting; in tal senso può svolgere un ruolo capace di favorire l'emersione dell'evasione.

Seduta di martedì 24 gennaio 2012

Audizione di rappresentanti di Fincantieri e Sogin.

GIUSEPPE NUCCI, Amministratore delegato di Sogin.

L'amministratore delegato di Sogin, Giuseppe Nucci, ha illustrato le caratteristiche


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della società precisando che essa è posseduta al 100 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze; si occupa della messa in sicurezza dei rifiuti nucleari italiani, provenienti dalle attività delle quattro centrali ex Enel, Trino, Caorso, Garigliano e Latina e dai quattro siti ex ENEA, Saluggia, Bosco Marengo, Trisaia e Casaccia. Nella società sono impiegate circa 900 persone: 707 in Sogin e 180 in Nucleco, società detenuta al 60 per cento da Sogin e al 40 per cento da ENEA.
L'attività principale è la raccolta dei rifiuti radioattivi, anche medicali: una TAC, una radiografia, una scintigrafia o ad altro accertamento radiografico, producono un rifiuto radioattivo anche di terza categoria, quindi di alta attività. La produzione annua di rifiuti radioattivi medicali è pari a circa 500 metri cubi; essi sono posti in depositi temporanei abbastanza saturi.
La progettazione del Deposito nazionale di superficie e del Parco tecnologico, è stata affidata a Sogin che li realizzerà con il finanziamento proveniente dalla componente A2 della bolletta elettrica. In questo momento è pari a circa 3 euro all'anno per ciascun italiano; cifra di gran lunga inferiore a quella garantita per le fonti rinnovabili, il cui prelievo sulla componente A3 è pari a circa 50 euro l'anno per italiano. Il piano industriale prevede attività per circa 4,8 miliardi per portare parte dei siti nucleari a «prato verde» e circa 2,5 miliardi di investimenti per il Deposito nazionale e il Parco tecnologico. Sogin registra nel 2012 il miglior risultato della sua storia; le attività sono, infatti, cresciute di poco meno del 10 per cento e sono state ottenute autorizzazioni che erano bloccate anche da 9-10 anni. Nel piano industriale relativo agli anni 2011-2015 è previsto un incremento del 177 per cento delle attività di smantellamento. Il problema rilevato da Sogin, rispetto ai Paesi anglosassoni è la quantità di stakeholder coinvolti nel processo di smaltimento, e cioè il numero elevato di soggetti interessati nei processi autorizzatori necessari per procedere all'abbattimento e alla bonifica dei siti: in Italia sono 16, mentre sono solo 5 nel Regno Unito. Questo comporta evidentemente dei ritardi. I siti che verranno bonificati saranno Latina, Trino, Caorso e poi Garigliano, le cui centrali nucleari saranno portate a prato verde. Attualmente, la società Nucleco fattura circa 16 milioni di euro, è previsto che possa arrivare a prendere non solo il mercato nazionale, ma anche quello internazionale. Il Deposito nazionale sarà costituito da un prato di 300 ettari dove si possono mettere in estrema sicurezza e con emissioni zero i rifiuti radioattivi, di prima, seconda e terza categoria, da quelli industriali a quelli delle centrali, a quelli medicali che in passato in qualche caso sono finiti in inceneritori o nei fiumi. Per quanto riguarda le nuove risorse impiegate nel Parco tecnologico e nel Deposito nazionale esse saranno pari a 400 milioni di euro, mentre circa 2,5 miliardi di euro saranno le risorse utilizzate per la costruzione. È stato, infine, ricordato che la Scuola italiana di radioprotezione è stata istituita a Caorso, la seconda sarà a Roma, un'altra è prevista al Sud. Infine per le sorgenti orfane, ad esempio, è stato siglato un accordo con i Carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico, poiché esiste una grande varietà di rifiuti radioattivi, difficili da riconoscere.

GIUSEPPE BONO, Amministratore delegato di Fincantieri.

L'amministratore delegato di Fincantieri, Giuseppe Bono, ha riassunto tutta la vicenda che riguarda Fincantieri, sottolineando che l'azienda è sana e, nell'attuale crisi economica, probabilmente chiuderà l'attività con un leggero utile. L'azienda inoltre ha un surplus di cassa, che consente quindi, in un momento di stretta del credito, di guardare positivamente al futuro. È un'azienda leader mondiale nel suo settore, che ha dovuto fare i conti con una caduta verticale della domanda, pari a più del 50 per cento. Questo ha comportato in Europa la perdita di oltre 50.000 posti di lavoro, fronteggiata, ricorrendo, prima, a una cassa integrazione ordinaria, e, poi, alla cassa integrazione in deroga e, da ultimo, alla cassa integrazione straordinaria. È stato presentato un piano


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di riorganizzazione aziendale con la previsione di 1.243 esuberi e la possibilità di ricorrere come punta massima, nel biennio 2012-2013, alla cassa integrazione straordinaria, quindi con picchi di 3.600 persone. Questo piano è stato oggetto di un accordo avvenuto il 21 dicembre scorso tra il Ministero del lavoro, le organizzazioni sindacali e l'azienda. In quella data, l'accordo è stato firmato solo da FIM, UILM e UGL. Gli accordi con la FIOM saranno presi singolarmente su ogni cantiere. Nel piano di riorganizzazione sono evidenziati problemi fondamentali di deficienze infrastrutturali per i cantieri di Castellammare e di Sestri, per i quali è stato firmato un accordo; è stato siglato, inoltre, un accordo di programma per Sestri che prevede opere infrastrutturali con investimenti importanti. Il Governo ha stanziato a tal fine 50 milioni di euro. Per Castellammare è stato firmato un protocollo d'intesa che prevede un percorso finalizzato ad eliminare tali deficienze infrastrutturali.
La società ha in cantiere progetti sull'off-shore, sulle pale eoliche e sullo smaltimento rifiuti mediante piattaforme galleggianti. È prevista, inoltre, la realizzazione di nuovi progetti per la costruzione di carceri galleggianti e per lo smaltimento dei fanghi, la cui formazione è conseguenza dell'accumulo di detriti che periodicamente si formano nei porti e che devono essere dragati. Il percorso di smaltimento di questi fanghi rappresenta un'attività molto complessa e per questo sarebbe necessaria una nuova tipologia di piattaforma che farebbe tutto, dragaggio del porto, trattamento a bordo dei fanghi e rilascio della sabbia inerte. Questo progetto potrebbe anche essere utilizzato per i depuratori che presentano lo stesso problema. Sono in fase di sviluppo piattaforme off-shore per l'eolico, quindi per le energie alternative, perché in futuro molti di questi impianti saranno trasferiti su mare piuttosto che su terra, anche al fine di risolvere problemi di carattere ambientale. Queste iniziative sono state avviate senza ricevere alcuna risorsa da parte dello Stato in termini di contributo alla ricerca. Gli ultimi contributi alla cantieristica ammessa dall'Unione europea si riferiscono a navi ordinate nel 2000 e consegnate nel 2005. Per quanto riguarda il mercato futuro si guarda con interesse al mercato delle crociere che rappresenta al momento soltanto il 3 per cento dell'offerta globale di turismo mondiale, con buone prospettive, quindi, di crescita. Fincantieri è presente anche nel settore militare e ha numerose attività all'estero (Stati Uniti d'America, area del Golfo).
Sollecitato da talune richieste di chiarimento, in ordine soprattutto alla linea industriale che il gruppo intende seguire al fine di risollevare l'industria cantieristica italiana ed assicurare ad essa un futuro nella scelte europee e mondiali, l'amministratore delegato ha rilevato che l'accordo nazionale siglato nel dicembre 2011 ha permesso di procedere verso un piano di riorganizzazione aziendale, evitando la chiusura dei siti e la rottura con i sindacati.

Seduta di martedì 31 gennaio 2012

Audizione di rappresentanti di Cassa depositi e prestiti e di SACE.

FRANCO BASSANINI, Presidente di Cassa depositi e prestiti.

Il Presidente di Cassa depositi e prestiti, Franco Bassanini, ha svolto una breve panoramica sul ruolo di Cassa Depositi e Prestiti nell'ambito del sistema economico del Paese. Per oltre centocinquant'anni la Cassa è stata un'istituzione il cui compito era raccogliere tramite il sistema postale il risparmio postale delle famiglie, un risparmio postale molto diffuso - sono 12 milioni le famiglie italiane che hanno strumenti del risparmio postale, siano essi libretti o buoni fruttiferi postali - utilizzato per erogare prestiti alle amministrazioni pubbliche, prevalentemente ma non solo alle amministrazioni locali, per investimenti, rivolti principalmente a opere pubbliche. Le risorse che risultavano in eccesso venivano depositate in un conto corrente di tesoreria e concorrevano al finanziamento della Tesoreria. Si trattava


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di un finanziamento della Tesoreria che non richiedeva emissione di titoli di debito sovrano. Dal 2003, su proposta del Governo, ma anche per volontà del Parlamento, la Cassa depositi e prestiti è stata trasformata in una società per azioni, come, peraltro, sono già le sue consorelle tedesca e francese. Nell'azionariato, accanto allo Stato, che mantiene il 70 per cento, sono entrate 66 fondazioni di origine bancaria, che sono azioniste di minoranza per il 30 per cento. Eurostat ha riconosciuto che la Cassa è al di fuori del perimetro della pubblica amministrazione e, quindi, è un soggetto privato, ancorché partecipato dallo Stato, come ce ne sono diversi altri. Il risparmio postale come tale, a questo punto, non rientra più nel debito pubblico, mentre ovviamente vi rientrano gli impieghi, se sono effettuati sotto forma di prestiti alle amministrazioni pubbliche. Rientrano nel debito pubblico poi i mutui alle amministrazioni pubbliche, perché sono indebitamento delle pubbliche amministrazioni, statali o locali.
La Cassa finisce per avere, in termini di flussi, più del 75 per cento del mercato del finanziamento alle amministrazioni pubbliche. Non rientrano nel debito pubblico, invece, i finanziamenti che vengono erogati direttamente alle imprese o per finanziare infrastrutture o per sostenere l'economia, perché sono soggetti privati. Dal punto di vista di Eurostat, perciò, la Cassa è una società privata, ancorché partecipata dallo Stato, che raccoglie il risparmio privato e lo presta, in quel caso, a soggetti privati. Ciò consente un canale di finanziamento che non va ad appesantire il debito pubblico.
A seguito di una richiesta di chiarimenti sul possibile ruolo della Cassa per la riduzione del debito pubblico, il Presidente Bassanini ha precisato che se il Parlamento deciderà di affidare questo compito alla Cassa, gli amministratori affronteranno tale nuova mission a condizione di non mettere in discussione la classificazione della Cassa al di fuori del consolidato del debito pubblico, di non mettere a rischio il risparmio postale e di non pregiudicare la funzione di sostegno all'infrastrutturazione del Paese e alla crescita economica.

GIOVANNI GORNO TEMPINI, Amministratore delegato di Cassa depositi e prestiti.

L'amministrato delegato di Cassa Depositi e Prestiti, Giovanni Gorno Tempini, è intervenuto sull'attività generale della Cassa, precisando che la collocazione della Cassa al di fuori del perimetro della pubblica amministrazione, oltre che dall'Eurostat, arriva anche da un preciso riconoscimento della Banca centrale europea, che dà alla Cassa la qualifica di istituzione finanziaria monetaria che si basa su due princìpi. Il primo è che la Cassa opera come market unit, in un contesto nel quale vigono le regole di mercato, sempre di più anche nei confronti delle pubbliche amministrazioni, ancorché con alcuni distinguo. Il secondo elemento è che la garanzia che protegge il risparmio postale è considerata come una garanzia di ultima istanza e, quindi, una garanzia di improbabile escussione. La Cassa compie fondamentalmente tre attività.
La prima è quella tradizionale, ossia il finanziamento delle amministrazioni locali e della pubblica amministrazione in investimenti in infrastrutture - le tipologie più rilevanti sono i trasporti pubblici locali, i servizi locali e l'edilizia, tipiche attività infrastrutturali che poi si suddividono fra municipalità, province e regioni - con componenti importanti che riguardano anche le gare a carico dello Stato sulle grandi opere infrastrutturali. Successivamente la Cassa ha cominciato a finanziare direttamente le infrastrutture intervenendo in attività di project financing (per esempio, finanziando direttamente un'infrastruttura come la BreBeMi, o intervenendo nella realizzazione di grandi infrastrutture come le municipalizzate Hera, A2A e Iren).
Vi è poi una terza attività che la Cassa oggi svolge. La Cassa finanzia le banche con convenzioni specifiche che le obbligano,


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con una rendicontazione regolare, a dimostrare che i finanziamenti rivolti agli istituti bancari vengono usati per specifiche attività.
La Cassa ha una struttura di personale che oggi conta meno di 500 persone, il che renderebbe impossibile un'attività in presa diretta sulle imprese, che, peraltro, sarebbe anche in diretta concorrenza con il sistema bancario, non collimando, altresì, con il regime di vigilanza speciale di cui la Cassa gode. La Cassa partecipa, dunque, non solo come finanziatrice, ma anche come investitrice in diverse aree. Le aree di investimento sono le infrastrutture e lo sviluppo economico. Nelle infrastrutture partecipa con capitali di rischio a una serie di fondi. Si tratta di fondi dedicati all'Italia per le infrastrutture, come per esempio F2I, che fanno parte di alcune Casse europee, quali Marguerite e InfraMed. Questi ultimi hanno un obiettivo geografico più ampio, nell'un caso, l'Europa dei 27 e, nell'altro, la parte del Mediterraneo, e riguardano sempre il settore delle infrastrutture. Per quanto riguarda, invece, la terza macroarea di attività della Cassa, quella che genericamente è definita di sviluppo economico, gli investimenti in equity più rilevanti sono fondamentalmente tre.
Il primo è quello che si chiama Fondo italiano di investimento, un fondo a cui la Cassa ha partecipato con un ruolo importante insieme ai più importanti istituti di credito italiani per investire nel capitale delle piccole e medie imprese. Il secondo è il neonato Fondo strategico italiano che può essere considerato il fratello maggiore del Fondo italiano di investimento.
La terza area, che pure è molto rilevante, è quella del social housing, dove la Cassa, attraverso una sua SGR, è stata promotrice della più importante iniziativa oggi in Italia sul social housing.
La legge n. 75 del 2011 stabilisce che l'attenzione del Fondo strategico deve essere in primis nei confronti di otto settori strategici, che sono la difesa, la sicurezza, i trasporti, le comunicazioni e le energie, le assicurazioni e l'intermediazione finanziaria, la ricerca e l'innovazione ad alto contenuto tecnologico, i pubblici servizi e le infrastrutture.
La citata legge stabilisce inoltre che possono essere considerate comunque di interesse strategico aziende che abbiano un fatturato e un numero di personale al di sopra di un determinato livello. Il fatturato è di 250 milioni di euro, che è esattamente il limite superiore del target di investimento del Fondo italiano. Il Fondo strategico ha iniziato la sua attività a ottobre 2011 e che sta portando a termine la sua fase di start-up. Ragionevolmente, la fase di investimento inizierà nel corso dei prossimi mesi. Il Fondo si occupa di aziende che vanno bene e che hanno prospettive di crescita, il che è in linea con Fondo italiano di investimento e con i criteri di prudenza dettati dall'utilizzo del risparmio postale. Le aziende in cui è possibile investire in Italia, aziende che abbiano più di 250 milioni di euro di fatturato sono poco più di 700. Senza una particolare attività di marketing, in questi primi mesi di attività più di 250 aziende hanno chiesto l'intervento della Cassa. Se questo è un indicatore - e per noi lo è - di un interesse, probabilmente è anche legato al fatto che la volatilità e l'incertezza del mercato borsistico di questi tempi rende difficile per un imprenditore guardare alla Borsa come a un fornitore di capitale di rischio per nuove imprese. La Cassa è un soggetto che opera con finalità non speculative, con un orizzonte temporale lungo, accompagnando l'imprenditore per un periodo della vita dell'azienda, che permetta idealmente la realizzazione del progetto nel quale si è deciso di coinvestire. Inoltre, è previsto un ritorno sul capitale che sia considerato equo. Il terzo riguarda l'attività che svolge la Cassa nel settore energetico. La Cassa detiene alcune partecipazioni strategiche, di cui le più importanti e visibili sono Terna ed ENI. Recentemente è stata conclusa l'acquisizione di un gasdotto importante che ENI ha dovuto cedere per questioni di Antitrust europea, gasdotto dal quale passa il 30 per cento delle forniture del gas italiane e che si chiama Tag. La Cassa, inoltre, detiene alcuni investimenti indiretti in fondi che si


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occupano di energia. Uno è l'F2I, che ha fra i suoi oggetti anche l'energia, l'altro, è un fondo, gestito insieme alla Commissione europea, che si occupa di efficientamento energetico. Infine, la Cassa opera a supporto delle piccole e medie imprese. Dal punto di vista del debito, invece, secondo le modalità di finanziamento della banca europea per gli investimenti (BEI), la Cassa oggi mette a disposizione delle piccole e medie imprese un plafond complessivo di 18 miliardi di euro che ha aiutato circa 40 mila imprese ad avere credito; anche dal lato dell'export attraverso una specifica convenzione stipulata con l'ABI e la SACE.

ALESSANDRO CASTELLANO, Amministratore delegato di SACE.

L'Amministratore delegato di SACE, Alessandro Castellano, ha illustrato il percorso giuridico e l'ambito di operatività della SACE. Il punto di snodo dell'attività dell'azienda è avvenuto nel 2004, perché da ente pubblico economico ex sezione dell'INA, la SACE è stata trasformata in società per azioni, controllata attualmente al 100 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze.
A seguito della trasformazione in Spa sono stati conferiti crediti in bonis e non in bonis, che erano naturalmente parte di quello che era il trascorso della SACE, più il fondo di dotazione. Da quel giorno la SACE non ha ricevuto e non riceve più alcun tipo di contributo pubblico di nessuna natura. A seguito della trasformazione sono stati effettuati alcuni altri interventi nelle finanziarie del 2005, 2006, 2008 e 2009 che hanno consentito all'azienda di operare come i principali concorrenti europei. La Sace opera nel settore creditizio, come una banca, ma senza effettuare erogazione del credito. L'attività, che sia una fideiussione per la partecipazione ai lavori, una garanzia per un credito all'esportazione, un'assicurazione del credito per il fatturato di un'azienda o un project financing, comporta sempre un rischio di controparte, cioè di mercato. Gli unici Paesi dove la SACE non opera sono quelli oggetto di sanzioni o dove non opera praticamente nessuno in termini commerciali, anche perché il Fondo monetario in questi Paesi, laddove opera, lo fa a termini concessionari, cioè di sussidio.
Vi è una notevole differenza tra quelle che erano le attività passate da quelle oggi presenti. Mentre in passato la SACE operava come assicuratore di rischi politici, oggi in pratica le aziende si rivolgono a noi per il mancato pagamento. Dal 2010 la quota di rischio sovrano, ossia di rischio pubblico, presente sul bilancio della SACE è meno del 20 per cento. L'esposizione dei rischi è piuttosto ben diversificata per settore e per area geografica, ma comunque i due terzi della esposizione sono su Paesi cosiddetti emergenti. L'evoluzione del portafoglio rischi, è passata da un'esposizione di 14,5 miliardi circa a un'esposizione di 32 miliardi, per quanto riguarda i macchinari e gli impianti, e di 37 miliardi, per i beni di consumo. Quello che si muove nel mondo in termini di merci, beni di consumo o servizi è pagato a credito per l'80 per cento. La SACE ha prodotto utili per circa 3,2 miliardi di euro in questi anni e distribuito dividendi per 2,1 miliardi e restituito 3,5 miliardi di capitale nel 2007. Per quanto riguarda il ritorno dell'equity, è stato superiore al 5 per cento. L'anno scorso è stato del 7 per cento e, in generale, è vicino al 10. In questo momento SACE ha 220 mila affidamenti. Di questi l'affidamento medio è di 100 mila euro.
A seguito di richieste di chiarimenti e delucidazioni formulate dai deputati, riguardanti prevalentemente il rapporto della Sace con l'ICE e la Simest e l'interpretazione che la società dà del divieto previsto dalla legge di fornire agevolazione, garanzie ed incentivi a società che delocalizzano la produzione, l'amministratore delegato ha precisato quanto segue. La Sace ha come mandato la sostenibilità economica dell'aziende ed opera per raggiungere un determinato guadagno, non ha, quindi, come finalità la tutela e la promozione del made in Italy né la tutela di un determinato brand. Ogni volta che il piano industriale non prevede una delocalizzazione tout court ma l'esigenza di dislocare su territori


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diversi da quello italiano determinati insediamenti produttivi, la SACE non opera distinguo, al pari di altre società con lunga tradizione come la Sace giapponese, sostenendo anche operazioni o di investimento o di acquisizione di equità all'estero.

Seduta di martedì 7 febbraio 2012

Audizione di rappresentanti di R.ETE. Imprese Italia

GAETANO PERGAMO, Coordinatore area ambiente ed energia della Confesercenti e TOMMASO CAMPANILE, Responsabile dipartimento competitività, ambiente e sicurezza della CNA

GAETANO PERGAMO, Coordinatore area ambiente ed energia della Confesercenti, ha rilevato che il sistema economico italiano è tuttora costituito da una forte presenza statale in settori economici di particolare strategicità. Questo fenomeno è presente in misura rilevante nel settore energetico e caratterizza anche quello della produzione industriale e della ricerca. Inoltre, mentre nel settore produttivo la presenza pubblica si traduce in una sostanziale debolezza, nel settore energetico le società a partecipazione pubblica hanno avviato processi di governance fortemente orientati sui mercati internazionali, il che potrebbe anche indurre a riflettere su una loro progressiva emancipazione dalla stessa partecipazione pubblica. Inoltre, occorre ricordare il forte ruolo che esercitano in campo energetico le cosiddette multiutility, Hera, A2A, Iren, quasi tutte con maggioranze espressione delle istituzioni locali. Sotto tale profilo occorre richiamare, altresì, la progressiva rilevanza assunta nel settore in esame da parte di alcune società pubbliche, quale, per esempio, la Cassa depositi e prestiti.
R.ETE. Imprese Italia ritiene che ricorrano le condizioni per una crescita della concorrenza sistemica del settore energia, che è alla base della capacità produttiva e distributiva del Paese, fortemente caratterizzata da un elevato gap infrastrutturale; inoltre, gli obiettivi strategici del settore energetico sono la competitività dei mercati, la sicurezza dell'approvvigionamento e lo sviluppo delle infrastrutture. In questo ambito sono da ricercarsi ed auspicabili cooperazioni e protocolli di collaborazione tra piccole e medie imprese ed aziende operanti nel campo energetico. La partecipazione pubblica in queste aziende partecipate dallo Stato in ambito industriale nel comparto energetico viene stimata a oggi in circa 45 miliardi, di cui circa la metà in relazione a ENEL, ENI e Finmeccanica. Occorrerebbe, quindi, approfondire ed accelerare i processi di scorporo della partecipazione pubblica con misure volte alla separazione proprietaria delle attività detenute da Snam Spa. Il ruolo dominante di ENI in tutte le fasi della filiera gas ha rappresentato uno dei principali ostacoli all'ottenimento di una reale apertura del mercato. L'auspicio è che il decreto attuativo del decreto-legge liberalizzazioni sarà capace di concretizzare la normativa che prevede la separazione, allineandosi, così, con il terzo pacchetto energia. La separazione potrebbe costituire una prima e significativa tappa verso la netta ed effettiva distinzione tra le società destinate a competere sul libero mercato, da un lato, e le società destinate a dover garantire sicurezza ed equità a tutti i competitor, dall'altro. Il nuovo ruolo operativo della Cassa depositi e prestiti potrebbe, a tal fine, incidere positivamente anche in termini di sviluppo del sistema industriale italiano nel suo complesso, a condizione che il Ministero dell'economia e delle finanze definisca selettivamente, nel rispetto delle regole dell'economia e del mercato, con appositi decreti, i requisiti qualitativi e quantitativi delle società di rilevante interesse nazionale che saranno oggetto di eventuali acquisizioni da parte di Cassa depositi e prestiti. È opportuno che l'amministrazione statale riduca gradualmente la propria quota di partecipazione nel capitale delle società destinate a competere sul libero mercato, il che vale soprattutto, in questo caso, per ENEL ed ENI. In entrambe le società, il Ministero dell'economia dispone, infatti, di una maggioranza


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di fatto che è in grado di dominare le rispettive assemblee nell'adozione di scelte strategiche. L'attuale permanenza del ruolo pubblico, per quanto attiene al mercato energetico, è stata sempre giustificata dall'assenza di un mercato unico europeo, considerata la presenza di sottomercati nazionali. Per quanto attiene al controllo strategico delle infrastrutture energetiche, si possono affermare princìpi differenti. Con favore si recepisce la recente uscita di ENEL dal capitale di Terna e si auspica che anche ENI possa uscire completamente dall'azionariato di Snam. Per fare ciò occorre prevedere con una norma aggiuntiva che la partecipazione di ENI e Snam non si attesti ancora a livelli significativi.
Su sollecitazione di alcuni deputati che hanno richiesto chiarimenti in ordine all'opportunità o meno di dismettere la partecipazione dello Stato nelle aziende del settore energetico, il dottor Tommaso Campanile ha affermato che la presenza dello Stato può pure essere mantenuta purché inserita in un disegno di strategia politica industriale ed economica del Paese, che tarda a delinearsi; inoltre, la presenza dello Stato riveste maggior valore strategico se limitata alla proprietà delle infrastrutture mentre risulta ormai superata nell'attività di produzione dei prodotti energetici. Inoltre, occorre considerare che la vendita delle quote societarie immetterebbe liquidità nelle casse dello Stato, favorendo la riduzione del debito e contribuendo ad evitare che debbano essere approvate ulteriori manovre recessive per l'economie del Paese. Ha aggiunto, infine, che le piccole e medie imprese che hanno rapporti con tali grandi aziende spesso sono costrette ad attendere per il pagamento dei crediti tempi più lunghi di quanto avviene nei rapporti tra privati.

Seduta di martedì 14 febbraio 2012

Audizione di rappresentanti di Finmeccanica.

GIUSEPPE ZAMPINI, Amministratore delegato di Ansaldo Energia

GIUSEPPE ZAMPINI, Amministratore delegato di Ansaldo Energia, dà conto brevemente di alcuni dati di sintesi su Finmeccanica, in termini di ricavi e di prodotti. In base ai dati ufficiali, nel 2010 i ricavi sono stati pari a 18 miliardi 700 milioni di euro, di cui 3 miliardi 800 milioni di euro prodotti in Italia. Per quanto riguarda Ansaldo Energia, il consolidamento del 55 per cento è avvenuto lo scorso anno. Al 30 giugno 2011 gli addetti di Finmeccanica sono in totale circa 72 mila, distribuiti soprattutto in Italia, dove operano 40.700 persone. Quasi tutte le regioni italiane sono interessate dalla presenza di aziende del gruppo, ma la maggior parte di esse si trova al Nord, dove si contano 18 mila addetti. Al Centro ce ne sono 11 mila e 10 mila al Sud. Ansaldo Energia ha raggiunto la completa indipendenza tecnologica nel 2005, anno a partire dal quale non si avvale più di licenze e opera sostanzialmente da sola nel campo della tecnologia. Nel giugno 2011, il 45 per cento di Ansaldo Energia è stato deconsolidato e acquistato da First Reserve Corporation, un fondo di private equity americano. In questo momento il 55 per cento del pacchetto azionario appartiene a Finmeccanica e il 45 per cento appartiene a First Reserve. La società veicolo, Ansaldo Energia Holding, sparirà tra pochi mesi quando avverrà la fusione per incorporazione in Ansaldo Energia. Ansaldo Energia acquisirà anche una parte del debito contratto da Finmeccanica per consentire l'operazione. Da una situazione di cassa positiva la società a giugno 2012 passerà a una situazione di debito per aiutare l'azionista nel suo percorso di risanamento. Per quanto riguarda l'andamento degli ordini, è stata avviata una profonda riorganizzazione intorno al 2000, quando le perdite di Ansaldo Energia ammontavano a circa 500 milioni di euro. Nel 2004 la società è stata ristrutturata e portata in bonis. Alla crescita degli ordinativi è seguita una decrescita a seguito della crisi, mentre i ricavi dal 2009 hanno continuato a salire, a eccezione di una piccola flessione lo scorso anno. Gli ordini nel 2011 sono in aumento rispetto al 2010 e i dipendenti sono stati


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mantenuti al livello massimo di circa 4.770 raggiunto lo scorso anno. Ansaldo Energia produce impianti alimentati a gas naturale, i cosiddetti cicli combinati, e fornisce componenti. Oltre a ciò, svolge attività di manutenzione o service e possiede un comparto nucleare, che ancora rappresenta l'industria nucleare in Italia, ed un comparto dedicato alle rinnovabili. Al 31 dicembre 2011 su 3.400 dipendenti il 30 per cento risulta essere laureato e il 41 per cento diplomato. Ansaldo Energia disegna la componentistica che ingegnerizza e produce sulla base di tecnologia propria, e rappresenta oltre il 50 per cento di un intero impianto. Il valore aggiunto di un prodotto simile è significativo. Le restanti componenti sono, comprate sul mercato dalle piccole e medie imprese o da altre aziende che offrono prodotti di interesse.
Nei prossimi cinque anni Ansaldo Energia prevede di investire più di 350 milioni di euro in sviluppo tecnologico e in sviluppo di processo. Sono stati stipulati contatti con università e centri di ricerca in tutto il mondo.
I Paesi target sono la Turchia, la Polonia, il Nord Africa, il Medio Oriente e il Sud Africa. In questo momento sarebbe auspicabile sempre maggior supporto da parte di enti quali la SACE e la SIMEST.
Sollecitato dalle domande di taluni deputati, l'amministratore delegato, Giuseppe Zampini, ha riferito che, per quanto riguarda la questione del nucleare, Ansaldo Nucleare rappresenta circa il 3 per cento dei ricavi di Ansaldo Energia, ma è l'unica azienda italiana dell'industria nucleare. Per il momento Ansaldo Nucleare si sta muovendo per acquisire ordini in Argentina, in Romania e in Cina. Sulle energie rinnovabili, il settore è in forte crescita, ma la ricaduta sull'industria è comunque limitata. Nel 2009, secondo i dati della Confindustria, il 72 per cento dei pannelli solari installati in Italia proveniva dalla Cina. Dal punto di vista industriale, il fotovoltaico ha una grande capacità di installazione e trascina con sé sicuramente manodopera, ma a basso valore aggiunto. L'incentivazione dovrebbe considerare anche la territorialità della produzione. Quando nel 1990 la Germania lanciò il programma sulle fonti rinnovabili, agevolò le specifiche industrie manifatturiere e concesse gli incentivi alle industrie tedesche. La loro forza nel settore delle rinnovabili deriva dal fatto che hanno utilizzato gli incentivi per la produzione industriale. Per quanto riguarda le aspettative rispetto alle decisioni politiche, è stata sottolineata l'importanza di avere un Piano energetico per il Paese, che confermi il ruolo strategico del settore per il Paese poiché questo aiuta a vendere all'estero.

Seduta di martedì 22 maggio 2012

Audizione di rappresentanti del MEF-Dipartimento del Tesoro e di ENI.

FRANCESCO PARLATO, Capo della Direzione VII (Finanza e privatizzazioni) - Dipartimento del Tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze, ha ricordato come si è costituito nel tempo l'attuale portafoglio delle partecipazioni dello Stato, che deriva sia da operazioni di cessione che sono state realizzate nel tempo, sia da acquisizioni intese come trasformazioni in società per azioni di enti e di soggetti che erano strutturati in passato in forma non privatistica. Ha, inoltre, fornito alcuni dati aggregati sulle società partecipate dal Ministero dell'economia, facendo alcuni cenni su come vengono gestite le partecipazioni del ministero in termini di governance. Il mondo pubblico di imprese statali all'inizio degli anni Novanta era costituito da due enti di gestione principali, IRI ed EFIM, mentre ENI ed ENEL erano ancora organizzati come enti pubblici, così come Ferrovie, Poste, IMI, BNL, Mediocredito Centrale e Banco di Sicilia, che erano tutte società non operanti sotto la forma di società per azioni. Il grande ente di gestione era l'IRI, sotto il quale vi erano una serie di partecipazioni statali già organizzate in forma di società per azioni, molto spesso quotate anche in Borsa, come Alitalia e Finmeccanica e le relative controllate. Il Gruppo IRI era articolato in settori non del tutto omogenei tra di loro, quali la società dei


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trasporti marittimi e dei trasporti aerei, la radio televisione e le tre banche di interesse nazionale - Comit, Credito italiano e Banco di Roma; circa l'80 per cento del settore bancario era in mano pubblica e il 45 per cento del settore industriale dei servizi era detenuto direttamente o indirettamente, attraverso gli enti di gestione, dallo Stato.
All'inizio degli anni Novanta c'è stata una profonda riforma, che è poi sfociata nel 1993 con le norme che hanno trasformato in Spa prima l'IRI e poi anche le banche, nonché l'ITI, l'ENI e l'EFIM. Situazioni di profonda crisi di alcuni settori hanno indotto il legislatore a un ripensamento della presenza pubblica nel settore economico e bancario. L'emergenza finanziaria atta a ridurre il debito pubblico, una crescente attenzione da parte della Commissione europea in termini di aiuti di Stato, l'arricchimento del mercato borsistico e la liberalizzazione dei mercati hanno fatto da volano per le operazioni di privatizzazione. Dal 2006 non ci sono più state operazioni di privatizzazione in Itala; due tentativi in tal senso hanno riguardato prima l'Alitalia, operazione conclusasi nel 2008 con l'amministrazione straordinaria, e, più recentemente, il gruppo Tirrenia. Ulteriori privatizzazioni potrebbero riguardare società già pronte perché quotate, ossia ENI, ENEL e Finmeccanica; essendo ormai lo Stato sulla quota del 30 per cento, scendendo sotto la quale le società diventerebbero contendibili, ritiene che il Governo non intenda scendere sotto tale soglia. Ha ricordato, quindi, il processo di privatizzazione dell'ENEL e dell'ENI, che ha portato lo Stato ad incassare 96 miliardi di euro con un rilevante risparmio sugli rapporto debito/PIL.
Un piano di dismissioni è previsto per il Gruppo Finmeccanica, necessario per ricondurre la sua attività nell'ambito del core business, e per il riassetto della partecipazione Snam nell'ambito del gruppo Eni.
Lo Stato è attualmente presente nel settore dell'energia attraverso ENI, Enel e in parte anche Finmeccanica, nella difesa e nello spazio con Finmeccanica, nei trasporti con Ferrovie ed ANAS, nella finanza con Cassa depositi, Poste, Fondo italiano di investimento, nell'assicurazione con Sace e CONSAP, nella comunicazione con RAI, nei servizi con Poste, Cinecittà Luce, nei servizi con ENAV, Expo, GSE, Invitalia, nei servizi ambientali con la Sogesid e la Sogin la società che deve procedere al decommissioning nucleare, nella manifattura con il Poligrafico e nell'immobiliare con l'EUR.
La redditività è molto influenzata dalla presenza di due campioni nazionali, quali ENI ed Enel, che determinano la maggior parte degli utili. Dal punto di vista del valore della produzione, c'è stato un sensibile incremento dal 2009 al 2011. Siamo arrivati a poco meno di 300 miliardi di euro di valore della produzione aggregata, con un EBITDA di circa 30 miliardi e un utile netto di 15 miliardi, in leggera contrazione negli ultimi tempi soprattutto perché alcune società rilevanti come ENI ed Enel hanno registrato nel 2011 una contrazione sugli utili. Dal punto di vista del valore del patrimonio, l'aggregato del Tesoro vale circa 200 miliardi, con una posizione debitoria di circa 90 miliardi di debiti. La redditività delle società quotate, a fronte di una capitalizzazione di circa 100 miliardi di euro, è dell'11 per cento, in leggera contrazione rispetto all'anno scorso, mentre le altre società valutate a patrimonio netto hanno una redditività più bassa, influenzata però anche dalla presenza di parecchie società in-house che hanno come finalità principale non quella di realizzare utili, ma di fornire servizi e attività per la pubblica amministrazione. Nel 2011 le società in perdita sono soltanto due, Finmeccanica, ed Expo, che non ha ricavi perché i valori attivi si registreranno a partire dal 2015. Il Tesoro quest'anno ha incassato o incasserà, 2 miliardi e 300 milioni di dividendi.
Negli ultimi anni l'attività si è incentrata su un processo di semplificazione normativa relativa alle procedure di privatizzazione. Più di recente, è stata riformata tutta la disciplina dei poteri speciali. Ci sono stati alcuni processi di razionalizzazione delle aziende pubbliche che hanno riguardato il settore elettrico, con l'unificazione in Terna


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della gestione della rete elettrica nazionale, così come del settore immobiliare pubblico, col trasferimento di Patrimonio Spa, società che era nata nel 2003, a Fintecna. È stata poi messa in liquidazione per valorizzare e creare un polo pubblico immobiliare più consistente.
Nel tempo sono state compiute anche azioni volte a migliorare la governance della società e a portarla a essere più aderente alle best practice che si trovano sia nel sistema privato, sia in ambito europeo, quali il controllo contabile affidato alle società di revisione. Sono stati previsti particolari requisiti di professionalità e di onorabilità per gli amministratori e i sindaci e sono state proposte ed emanate norme volte a limitare i cumuli di incarico per gli amministratori in ambito pubblico.
In relazione alle sollecitazioni indirizzate da taluni deputati, è stato, inoltre, sottolineato che il valore delle azioni detenute dal Tesoro per le società non quotate è del 100 per cento, ad eccezione della Cassa depositi e prestiti, la cui partecipazione è del 70 per cento, e dell'EUR, la cui quota si attesta al 90 per cento. Per le società quotate, il Tesoro detiene il 30 per cento di Finmeccanica e il 4 per cento di Eni, poiché il 26 per cento è posseduto dalla Cassa depositi. Sulla capitalizzazione in Borsa, Finmeccanica vale 1,5 miliardi mentre la quota del Tesoro relativa ad ENI ed Enel dovrebbe valere 26 miliardi. A tale quota si aggiungono 74 miliardi di patrimonio netto. Su Finmeccanica, non è previsto, anche in ragione di ciò che prevede la legge, che lo Stato scenda sotto la quota del 30 per cento; considerato che il valore complessivo della società si attesta intorno a 1,5 miliardi, non ci sarebbe una particolare convenienza a cedere la quota dello Stato che vale 300 milioni; lo Stato non può comunque interferire con i piani dell'azienda, al massimo, può svolgere un'opera di moral suasion.

Audizione di rappresentanti dell'ENI

È intervenuto il responsabile dei rapporti istituzionali dell'ENI, il dottor Leonardo Bellodi, il quale ha ricordato che lo Stato detiene il 30 per cento della quota azionaria, attraverso il MEF, da un lato, e la Cassa depositi e prestiti, dall'altro. Le scelte strategiche vengono compiute avendo presenti gli interessi degli azionisti. L'attività svolta interessa la produzione di olio, greggio e gas in decine di Paesi e anche in Italia, Paese che può essere considerato petrolifero alla stregua di altri. Svolge, inoltre, commercializzazione di gas ed energia, anche attraverso SNAM, e la Saipem (oggi Versalis), una delle società più grandi al mondo in ingegneria e costruzioni. Seguono poi alcune attività che possono essere considerate passività in quanto legate al risanamento ambientale, svolte da Syndial Spa. Dal 2005 al 2011 i ricavi di ENI sono aumentati del 50 per cento ed il capitale investito netto ha registrato un incremento netto dell'80 per cento. È una delle poche società che in periodi di crisi ha continuato ad investire e a creare occupazione, assumendo negli ultimi anni 6.000 persone a tempo indeterminato. Lo Stato ha avuto come dividendo 17 miliardi di euro. In Italia comunque la società registra numerose perdite, se si esclude la Snam, soprattutto in riferimento al settore della raffinazione, che registra una forte crisi, e per il settore del gas, dove si ha una contrazione dei volumi di vendita. Sulla chimica, è stato avviato un Piano di rilancio mentre per l'esplorazione e la produzione di oil and gas sussiste un'eccessiva severità di alcune norme che non permettono l'esplorazione off-shore ed il rilascio in tempi congrui delle autorizzazioni necessarie (se queste questioni venissero risolte, lo stato avrebbe un incasso supplementare di circa 2 miliardi l'anno). Nei prossimi quattro anni si prevedono investimenti per 60 miliardi di cui 15 destinati al solo mercato italiano. Sulla ricerca è previsto un miliardo di investimenti, l'80 per cento effettuati in Italia. Per quanto riguarda il settore del gas, rileva che risulta contraddittorio chiedere ad Eni di ridurre la sua presenza sul mercato ma al tempo stesso di garantire la sicurezza degli approvvigionamenti.


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Seduta di martedì 29 maggio 2012

Audizione di rappresentanti di ENEL e di STMMicroelettronics Holding NV.

Audizione del Direttore della divisione amministrazione finanza e controllo dell'ENEL, dottor Luigi Ferraris.

Il Direttore della divisione amministrazione finanza e controllo dell'ENEL, dottor Luigi Ferraris, ha articolato il suo intervento in quattro punti: una breve presentazione del gruppo e delle principali tappe che hanno caratterizzato il processo di trasformazione vissuto, un'analisi del piano strategico del gruppo e delle sue priorità; il piano investimenti; una rappresentazione degli investimenti nelle rinnovabili, nell'innovazione tecnologica e nella ricerca.
Il gruppo compie cinquant'anni dalla nazionalizzazione del settore elettrico; in questo periodo esso è stato impegnato in diverse fasi: dalla nazionalizzazione alla privatizzazione del 1992, dalla sua quotazione sul mercato borsistico nel 1999, alla liberalizzazione del settore, divenendo così una multiutility a seguito della cessione, nel 2002, di oltre 15.000 megawatt di capacità.
Proprio tale aggiustamento ha reso il mercato elettrico italiano uno dei più liberalizzati in Europa; a differenza di altri Paesi, esiste, infatti, un'autorità indipendente con forti poteri, la separazione degli assetti proprietari, della rete di trasmissione e una quota di mercato dei due primi operatori pari al 43 per cento nel mercato all'ingrosso e al 32 per cento nel mercato al dettaglio. Dall'avvio dell'apertura del mercato ad oggi, la quota di ENEL nella generazione si è ridotta dall'80 per cento a meno del 40 per cento nel 2004 e al 28 per cento oggi. Anche nel segmento della vendita ai clienti finali, la concorrenza si è sviluppata tanto da portare a una riduzione significativa dalla nostra market share, che oggi è intorno al 20 per cento.
L'unico Paese che ha risultati confrontabili al nostro, in termini di apertura di mercato e di liberalizzazione, è il Regno Unito.
Ad ogni modo, proprio a partire dal 2002, attraverso una strategia di rifocalizzazione sul core business prima e di diversificazione geografica sempre più spinta poi, ENEL si è imposto come uno dei principali player energetici a livello mondiale, con una presenza in oltre quaranta Paesi, in Europa, in Russia, nelle Americhe, con oltre 100.000 megawatt di capacità installata, 294 terawattora di energia prodotta e 61 milioni di clienti serviti nei Paesi in cui opera.
In una decina di anni, l'azienda ha più che raddoppiato il proprio margine operativo lordo e la propria capacità installata, di cui 40.000 megawatt sono quelli che ha ancora oggi in Italia.
Un altro segno di questo grande cambiamento è rappresentato anche dalla forza lavoro; 75.000 persone lavorano in quaranta Paesi; di queste 37.000 sono impegnate sul territorio nazionale per garantire ogni giorno al nostro Paese un servizio elettrico efficiente. Negli ultimi cinque anni, il gruppo ha poi assunto circa 5.000 persone sul territorio italiano, quasi totalmente con contratto a tempo indeterminato.
L'Enel è quindi oggi leader tra le utilities europee, sia in termini di margine operativo lordo sia in termini di capacità installata. Nel 2011 il gruppo ENEL ha riportato quasi 18 miliardi di euro di margine operativo lordo, davanti a colossi europei quali le francesi EDF e Gaz de France, EON, RWE e Iberdrola. Sempre nel 2011 era al secondo posto in termini di capacità installata per 97.000 megawatt.
Al 31 dicembre, nonostante il periodo di crisi, sono stati registrati ricavi pari a oltre 79 miliardi di euro, in crescita dell'8 per cento rispetto all'anno scorso, un margine operativo lordo pari a circa 18 miliardi di euro, in aumento dell'1,4 per cento. L'utile netto di pertinenza del gruppo, pari a oltre 4 miliardi di euro, circa 5,5 per cento in meno rispetto al 2010, risente evidentemente del maggior carico fiscale, soprattutto in Italia, a causa dell'inasprimento della Robin tax, che ha assorbito il miglioramento della gestione operativa e finanziaria. Al netto di questo effetto, l'utile netto sarebbe stato sostanzialmente in linea


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con l'anno precedente. L'indebitamento finanziario netto è sceso a 44,6 miliardi di euro rispetto al 2010. Tutto ciò ha permesso di confermare un ritorno sul capitale investito pari all'11,2 per cento, quindi in linea con l'esercizio scorso, anche grazie all'aumento dei flussi di cassa derivanti dalle azioni di efficientamento dei costi e di snellimento dei processi, implementate durante tutto il 2011 e negli anni precedenti. Le sinergie di integrazione con Endesa hanno consentito di liberare 1,3 miliardi di euro di risparmi, di costi di cassa, su base annua, così come le dimensioni di scala raggiunte hanno consentito di lanciare progetti di efficientamento che nei prossimi due anni produrranno sempre 2 miliardi di euro di risparmi di costi di cassa.
È stato perseguito un miglioramento dell'efficienza, che si è tradotto anche in un impatto sul contenimento della crescita delle tariffe elettriche. Tali tariffe in Italia, sono aumentate, dalla liberalizzazione a oggi, de 25 per cento, grazie anche al rilevante contributo di efficientamento delle reti, nonostante una crescita del prezzo del petrolio e del Brent di oltre dieci volte superiore alla crescita della tariffa nello stesso periodo e un consistente incremento degli oneri di sistema.
ENEL oggi ha oltre 1,3 milioni di azionisti. Tra questi c'è il Ministero dell'economia, che detiene il 31,2 per cento del capitale e il flottante è di poco inferiore al 70 per cento, composto per più della metà da investitori istituzionali e per la parte restante da piccoli risparmiatori.
Tra gli azionisti istituzionali dell'ENEL figurano alcuni tra i maggiori fondi di investimento internazionali, compagnie di assicurazione, fondi pensione e fondi etici; circa il 90 per cento dell'istituzionale è rappresentato da investitori esteri. È stato assicurato agli azionisti un dividendo al di sopra della media dei concorrenti. In particolar modo, parlando del solo azionista Stato, tutto questo ha portato ad incassare dal 2009 al 2011 complessivamente oltre 70 miliardi di euro, grazie a 33 miliardi di euro di incassi derivanti dal processo di privatizzazione, circa 18 miliardi di euro di dividendi e quasi 20 miliardi di euro di imposte dirette versate appunto nel periodo.
Sul piano strategico e quindi sul piano di investimenti del gruppo per i prossimi anni, si intende consolidare la posizione di leadership raggiunta in mercati quali l'Italia, la Spagna, la Slovacchia, e spingere sulla crescita organica soprattutto nel segmento delle rinnovabili, sia in Italia che all'estero, in America latina, in Russia e in Europa dell'Est. Si prevede di continuare ad implementare programmi di efficienza e di eccellenza operativa, mantenendo, in un contesto di forte incertezza, una stretta attenzione all'equilibrio finanziario.
Per i prossimi cinque anni il gruppo prevede di crescere continuando a investire per la diversificazione geografica e tecnologica, il mix ben equilibrato tra attività cosiddette «regolate» e «non regolate» ed i già citati programmi di efficienza; lo scenario di crisi ha comunque imposto una revisione della politica dei dividendi da un payout del 60 per cento sull'utile netto ordinario a una soglia minima del 40 per cento.
Il piano prevede, infatti, un margine operativo lordo di 16,5 miliardi di euro nel 2012 che crescerà fino a 19 miliardi di euro nel 2016, grazie alla crescita organica e alla crescita di nuova capacità e nuovi investimenti che sono stati pianificati.
In termini di utile netto è prevista una crescita di oltre il 6 per cento medio annuo, fino a raggiungere 5 miliardi di euro a fine piano. Infine, si prevede che l'indebitamento finanziario netto si attesti a 30 miliardi al 2016, con una consistente riduzione rispetto sia al 2011 sia al 2012.
In Italia la domanda di energia elettrica continua a diminuire e non si prevede di tornare ai livelli pre-crisi prima del 2014; in tale contesto, il gruppo intende mantenere l'eccellenza operativa, l'ottimizzazione degli investimenti ed il miglioramento dell'efficienza. Il rafforzamento anche del posizionamento sul mercato libero sarà una leva molto importante, con forte attenzione al mantenimento della leadership di costo e alla qualità del servizio offerto ai clienti finali.


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ENEL ha investito in Italia circa 42 miliardi di euro per garantire, tra l'altro, un sistema elettrico efficiente; e nei prossimi anni continuerà ad investire, oltre 9 miliardi di euro.
Quanto alla correlazione tra l'andamento della qualità del servizio offerto ai nostri clienti dalla rete di distribuzione, che viene espresso in termini di minuti di interruzioni medie del servizio offerto ai clienti, con l'andamento del cash cost, ossia del costo di cassa complessivo per servire il singolo cliente, la durata accumulata delle interruzioni per i clienti è passata da 128 minuti nel 2001 a 42 minuti nel 2011, mentre nello stesso periodo il costo di cassa per servire il cliente è sceso da 129 a 87 euro per cliente.
Per quanto riguarda gli investimenti in tema di rinnovabili, innovazione e ricerca, l'obiettivo è quello di rendere efficiente e responsabile il modo di produrre e di consumare energia, dal miglioramento delle performance ambientali degli impianti alla tecnologia di cattura della CO2, dalle rinnovabili come il solare termodinamico allo sviluppo delle smart grid e della mobilità elettrica. Gli investimenti previsti ammontano a quasi 7 miliardi di euro; oltre 6 miliardi di euro in fonti rinnovabili, di cui 1,6 miliardi di euro solo in Italia, 600 milioni di euro di investimenti in progetti di ricerca per promuovere progetti innovativi di efficienza energetica.
Rispetto ad una richiesta di chiarimenti relativa al problema dello stoccaggio delle fonti rinnovabili, è stato affermato che esistono diverse soluzioni ancora in fase di prototipo. È in corso di sperimentazione un progetto chiamato «Archimede» che, applicato al solare fotovoltaico, consentirà di stoccare durante la notte l'energia attraverso meccanismi di sali fusi. Sarà, però, necessario disporre, anche di impianti cosiddetti « termoelettrici « o tradizionali, che dovranno far fronte a momenti di crisi. Altro filone su cui si può lavorare è lo stoccaggio attraverso le batterie; ENEL sta, comunque, investendo soprattutto nell'ambito del solare attraverso questo progetto che può essere altamente innovativo. Altro elemento che ritiene importante anche per la sostenibilità delle rinnovabili è il tema della qualità del sito; si tratta quindi di avere dei siti che abbiano delle performance o delle ore di vento piuttosto elevate, per essere prossimi a meccanismo della famosa grid parity.
Il Gruppo non ha in programma cessioni particolari, quanto una razionalizzazione di portafoglio che non mina assolutamente il perimetro e il profilo che il gruppo ha costruito in questi anni.
L'uscita dell'Italia dal nucleare è costata qualche decina di milioni di euro; parte delle risorse sono state, comunque, allocate su altri impianti dove è presente il gruppo - in Spagna piuttosto che in Slovacchia - quindi lo sforzo fatto non è stato completamente perso anche se è stato capitalizzato altrove.

Audizione del Presidente ed Amministratore delegato, Carlo Bozotti, e del Vicepresidente, Bruno Steve, di STMicroelectronics Holding NV, nonché del dottor Carlo Ferro.

BRUNO STEVE, Vicepresidente STMicroelectronics Holding NV, ha riferito alcuni dati anagrafici della società, ricordando che essa è nata nel 1987 da una fusione fra la società allora detenuta nel gruppo IRI dalla STET, la SGS ATES, e la Thomson Semiconducteurs (divisione della Thomson). Questa fusione raccolse una precedente fusione fatta in Italia fra l'allora ATES di Catania e la Società generale semiconduttori fondata da Adriano Olivetti. Il percorso è stato caratterizzato, dunque, da una serie di concentrazioni, che hanno avuto seguito anche in altri passaggi successivi. Oggi ST è uno dei maggiori produttori mondiali di componenti, il primo tra le società europee, con un fatturato di circa 10 miliardi di dollari e con circa 50.000 addetti, dei quali 12.000 impegnati in attività di ricerca e sviluppo. I siti su cui si svolge l'attività manifatturiera sono dodici. La società nel 2004 è stata quotata alla Borsa di New York e, in rapida successione, a Parigi e a Milano. Gli azionisti per il 69,7 per cento sono rappresentati


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dal mercato. L'azionista STMicroelectronics Holding, che detiene il 27,5 per cento delle quote azionarie, è composto da due soci paritetici: CEA e FSI per la parte francese e il Ministero dell'economia e delle finanze, oggi, per l'altro 50 per cento. Le azioni proprie sono detenute per circa il 2,8 per cento. Il terzo azionista più significativo detiene un po' meno del 9 per cento del capitale di questa società. ST è nata, dopo la fusione, come società olandese e la sua organizzazione prevede un managing board e un supervisory board, che riportano entrambi agli azionisti.

CARLO BOZOTTI, Amministratore delegato di STMicroelectronics Holding NV, ha ricordato che la STM lavora nel campo dell'infinitamente piccolo, con strutture talmente minuscole da essere misurate in decine di nanometri, unità di misura che equivale a un miliardesimo di metro. I produttori di chip di silicio realizzano un volume d'affari di 300 miliardi di dollari l'anno. Una volta che questi chip sono integrati nei diversi dispositivi di destinazione, fra i quali telefonini, decoder satellitari, lampadine, elettrodomestici o ancora altri apparati, il volume d'affari generato è di 2.000 miliardi di dollari. Aggiungendo le applicazioni e i servizi accessori si arriva a 7.000 miliardi di dollari. In altre parole, a partire da un circuito integrato del valore di un dollaro si può creare un volume d'affari di 22 dollari. Dei più di 50.000 dipendenti nel mondo circa 12.000 sono ricercatori che lavorano in ben sette centri di ricerca e sviluppo avanzati e altri minori, e alimentano dodici siti di produzione di cui sei, i principali, in Europa (due in Italia, tre in Francia e uno a Malta).
La capacità di competere dell'azienda è strettamente correlata alla capacità di innovazione, che richiede innanzitutto impegno nelle attività di ricerca e sviluppo; un impegno che nel 2011 ha comportato una spesa di 2,3 miliardi di dollari. Numerosi impianti di produzione sono in Europa, dove si intende continuare a concentrare la maggior parte delle attività a valore aggiunto. Una parte delle attività operative è in Asia, per ragioni di costo ma anche per avvicinare maggiormente l'azienda ai clienti in quella parte del mondo in rapida crescita, tra i quali Bosch, Cisco, Continental, Hp, Nokia, Samsung, Seagate, Sony e, in Italia, Magneti Marelli, ENEL, Autostrade, Electrolux, Whirlpool, Indesit. I prodotti dell'azienda sono parte integrante della vita quotidiana se si pensa allo smartphone, che certamente utilizza uno o due chip STMicroelectronics, o alla automobile, che ne contiene molti di più. La visione strategica dell'azienda è quella di diventare leader indiscusso nei campi della convergenza multimediale, della gestione dell'energia e delle tecnologie per i sensori. L'attività copre anche il campo delle piattaforme di telefonia mobile con la ST-Ericsson, grazie ad una joint venture che è stata creata nel 2009 con la svedese Ericsson.
La società ha subito la crisi in atto, in particolare subendo l'impatto di un rapporto euro-dollaro a 1,50, un rapporto insostenibile per una società come la ST, i cui costi sono al 50 per cento in euro e le cui vendite sono in dollari. In Italia lavorano oggi più di 8.700 persone, suddivise sostanzialmente fra la Lombardia (4.400), la Sicilia (3.900), e una presenza significativa in Campania (400) e altri centri minori. Il 40 per cento svolge attività manifatturiere. Se guardiamo la qualificazione delle risorse, più del 38 per cento degli 8.700 dipendenti in Italia ha almeno una laurea, mentre il 92 per cento ha un diploma di scuola superiore. Il dato più significativo è il 30 per cento che svolge attività di ricerca e sviluppo in Italia, suddiviso equamente fra Nord e Sud. Nel solo 2011 queste spese di ricerca hanno superato i 470 milioni di dollari. L'attività di ricerca si svolge principalmente nella fabbrica denominata R2 ad Agrate Brianza, gestita in regime consortile con Micron, una società americana. Il sito di Catania è un punto di riferimento mondiale per lo sviluppo delle tecnologie per dispositivi discreti e potenza intelligente, essenziali per linee di prodotto molto profittevoli. A Catania viene condotta un'intensa attività di ricerca ad alto contenuto di innovazione sui nuovi materiali, come plastiche,


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carburo di silicio e nitruro di gallio, e nuove applicazioni per nuovi mercati, quali medicale e energie rinnovabili. Un altro versante dell'efficienza energetica ancora poco conosciuto dal grande pubblico ma già molto presente nel mondo industriale è la rivoluzione legata alle smart grid, che si esprime soprattutto nei grandi progetti per lo sviluppo dei contatori intelligenti.
Rispondendo a talune domande e richieste di chiarimenti poste da taluni deputati, ha rilevato che il focus deve essere sull'innovazione, in particolare, sulla velocità. I contributi devono essere soprattutto quelli di stimolo all'innovazione. In Francia, per esempio, c'è un sistema che si chiama crédit d'impôt recherche: è un sistema assolutamente automatico, cioè non cambia mai, o almeno finora non è mai cambiato. Si tratta di un contributo importante di credito d'imposta per tutta la ricerca che si fa nel Paese, indipendentemente dai programmi e dalle attività, purché l'attività sia denominabile di ricerca e sviluppo. Per la società, che in Francia investe molto in ricerca e sviluppo, esso equivale a un contributo di 114 milioni di euro all'anno. Il vantaggio del sistema è quello di essere automatico, assolutamente affidabile; non ci sono da discutere iniziative né programmi di finanziamento. Se poi l'azienda fa profitti diventa un credito d'imposta; se, negli anni difficili, l'azienda non fa profitti, questo contributo si trasforma in un contributo di cassa all'azienda. Quando ci sono stati periodi veramente duri, come nel 2009, lo Stato francese ha deciso di anticipare i pagamenti di questi crediti d'imposta per supportare l'industria.
Carlo Ferro, Direttore generale di ST-Ericsson, ha precisato che un occupato interno equivale a un occupato dell'indotto. Quindi, con 8.700 dipendenti diretti, la ST generi indotto per circa 8.000 occupati. Da un punto di vista di localizzazione, l'indotto si distribuisce per poco più della metà in Lombardia e poco meno della metà in Sicilia, dove si trovano i due grandi poli produttivi. L'attività che viene affidata all'indotto è essenzialmente di servizi, attività di manutenzione di fabbrica, ma anche un'attività ad alto contenuto di ricerca e sviluppo relativamente, per esempio, al disegno e alla progettazione di circuiti o alla realizzazione di alcune applicazioni software che girano sui nostri circuiti. L'indotto oggi in ricerca e sviluppo consente di complementare, sia da un punto di vista di capacità ma soprattutto da un punto di vista di dimensione di attività, le risorse interne della società.

Seduta di Martedì 18 settembre 2012

Audizione di rappresentanti di CGIL, CISL, UIL e UGL.

È intervenuto Antonio Filippi, Funzionario del dipartimento reti e terziario- CGIL, il quale ha rilevato che in un momento di crisi come l'attuale il comparto dell'energia può giocare un ruolo anticiclico per il Paese; il problema è che il costo dell'energia è in Italia superiore di circa il 30 per cento rispetto a quello praticato negli altri Palesi. Il rendimento dello Stato dalle società partecipate è di circa l'1,8 per cento mentre per le altre società l'utile di rendimento è mediamente del 6,7 per cento. Se ciò è dovuto al fatto che vengono fatti maggiori investimenti, determinando così i presupposti per una maggiore occupazione, il dato non deve destare perplessità; altrimenti, questo elemento richiede una riflessione. L'intervento della Cassa depositi e prestiti su realtà in forte difficoltà non suscita particolari contrarietà, considerato il momento di crisi. Si ritiene, comunque, necessario sganciare il prezzo del metano dall'andamento del prezzo del petrolio ed occorre, in linea con quanto richiesto dall'Europa, «de-carbonizzare» l'economia italiana entro il 2050. Il settore energetico ha subito profonde trasformazioni: se prima l'energia veniva prodotta da un centrale per essere, poi, distribuita sul territorio mediante le reti di trasmissione, oggi ci sono 400 mila miniproduttori di 3 chilowatt che richiedono una trasformazione radicale della rete. La costruzione di


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nuovi rigassificatori può essere giustificata per disporre di almeno la metà degli 80-90 miliardi di metri cubi di gas all'anno utilizzati, in tal modo si può mettere in sicurezza l'Italia. L'importante è comunque seguire la strada indicata dall'Europea nel senso di ridurre l'uso del carbone; in tal senso risulta difficile capire perché il Governo intende incrementare gli idrocarburi nel territorio italiano dal 6 al 18 per cento.

Silvano Scajola, Esperto del Dipartimento pubblico impiego, artigianato, energia CISL, ha rilevato che l'industria a partecipazione pubblica è una tipologia ormai superata e che la crescita delle piccole e medie imprese è nata nei territori, con una logica del tutto sganciata da quella delle partecipazioni statali. ENI ed ENEL sono portatrici di un grande patrimonio tecnologico e sono un importante volano per le piccole e medie imprese; sarebbe pertanto errata una scelta nel senso di una loro alienazione per ridurre il debito pubblico. Ha, quindi, espresso alcune considerazioni su Finmeccanica che può rappresentare un driver importante soprattutto con riferimento ai poli aeronautici che hanno un'ottima performance di esportazione e su Fincantieri che versa in una situazione di crisi ma con un indotto in tutta Italia numeroso e qualificato.

Mario ARCA, segretario nazionale della Flaei-CISL, ha svolto una prima analisi sul settore elettrico, rilevando che le imprese del settore non svolgono un ruolo sinergico rispetto allo sviluppo del sistema produttivo italiano. Tale affermazione deve essere comunque contestualizzata tenendo in considerazione che i consumi elettrici hanno subito una flessione e che la mission delle aziende del settore ha come obiettivo principale il ritorno del capitale investito e non finalità di tipo sociale. Sembra, invece, importante che tali imprese sostengano in termini di infrastruttura primaria lo sviluppo del sistema produttivo, anche attraverso l'abbattimento del costo energetico per famiglie ed imprese. Occorre quindi che il Governo fornisca indirizzi precisi indicando un ruolo delle partecipazioni pubbliche che ritorni alle origini e non si limiti esclusivamente a far cassa. Alla domanda se le imprese partecipate operino in sinergia con le piccole e medie imprese, ha rilevato come l'intero comparto energetico, legato alla borsa, al mercato europeo ed influenzato dalla crisi energetica italiana, non permette alla piccola impresa di trovare importanti canali di collaborazione ai fini della creazione di un indotto importante.

Bruno QUADRELLI, Segretario del comparto energia Femca-CISL, si è soffermato sul ruolo dell'ENI e sulla situazione attuale del settore della raffinazione in Italia. Esiste il rischio che il Paese perda il ruolo di raffinatore dei prodotti greggi del petrolio per diventare mero importatore di prodotti raffinati, con un indebolimento della filiera energetica. Occorre, quindi, una politica energetica che individui quanti e quali raffinerie mantenere nel Paese.

Giacinto FIORE, funzionario della UIL, ha rilevato come gran parte delle società partecipate dallo Stato operano in settori strategici per la tenuta e lo sviluppo economico del Paese; pertanto, occorre considerare che le stesse hanno una natura funzionale rapportata all'interesse pubblico del soggetto. Al riguardo ha ricordato che nel 2010 tra ENI ed Enel sono stati incassati da parte dello Stato 566 milioni di euro in meno, dato negativo dal punto di vista economico non giustificato da maggiori investimenti in infrastrutture. Occorre, quindi, che lo Stato eserciti pienamente il potere di indirizzo che gli compete; al tempo stesso occorre allentare i vincoli di dipendenza diretta dalla politica. Occorre, quindi, un deciso ripensamento sulla natura di tali imprese, sulle attività di ricerca e formazione che le stesse sono chiamate a svolgere, sui programmi di dismissioni, che non devono significare un abbandono del territorio, sui livelli di investimento in energie pulite, che richiede un forte investimento di know-how nel Paese.


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Ivette CAGLIARI, segretario confederale dell'UGL, ha sottolineato l'importanza di avere un piano industriale nazionale, in quanto l'energia collegata alla green economy può essere un settore trainante per ridurre la disoccupazione. Altro tema cardine è quello della ricerca e dello sviluppo delle infrastrutture e dei trasporti e della necessità di avviare programmi formativi per la riqualificazione. Sempre in merito alle partecipate, occorre che lo Stato si faccia maggiormente interprete del suo ruolo, promuovendo, attraverso di esse, l'interesse nazionale.

Seduta di mercoledì 19 settembre

Audizione del presidente ed amministratore delegato di GSE - Gestione servizi energetici, Nando Pasquali.

NANDO PASQUALI, Presidente e amministratore delegato di GSE - Gestione Servizi Energetici, nell'illustrare le competenze e il ruolo affidato al GSE, sottolinea che il Gestore dei servizi energetici è una società interamente controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze. Opera in base agli indirizzi strategici emanati dal Ministero dello sviluppo economico e alle disposizioni attuative dell'Autorità per l'Energia elettrica e il Gas, e ha il compito di seguire tutte le attività relative alle fonti di energia rinnovabile (successivamente gli è stato affidato il compito di seguire altre attività, come la cogenerazione e i rapporti con alcune istituzioni estere).
Il GSE, in qualità di unico azionista, è capogruppo di altre tre società: Acquirente Unico Spa che acquista energia con aste alle migliori condizioni sul mercato per i clienti che non hanno scelto di passare al mercato libero; il Gestore dei mercati energetici - GME Spa, responsabile delle piattaforme su cui si scambia energia tra produttori e richiedenti; Ricerca sul Sistema Energetico Spa - RSE Spa, che segue il settore relativo a studi e ricerche nel campo di base per il settore energetico. Circa 1.100 persone sono direttamente impiegate nelle le aziende che lavorano per il GSE.
La principale attività del GSE è promuovere e incentivare le fonti rinnovabili e la cogenerazione nel settore elettrico, gestendo poi in Borsa l'energia incentivata. Fino al 2011 sono stati qualificati circa 4.600 impianti a fonti rinnovabili, tra cui idroelettrico, biomasse, geotermico ed eolico; di questi, 3.200 erano già in esercizio.
Il Gestore dei servizi energetici ha in particolare i seguenti compiti: qualificare, prima dell'inizio dell'attività, gli impianti a fonte rinnovabile, una volta autorizzati dagli enti territoriali, realizzati e collegati alla rete. Una volta qualificati gli impianti per la produzione sono dichiarati destinatari degli incentivi e, eventualmente, del ritiro di energia prodotta, se così richiesto dal produttore. Successivamente quest'energia viene collocata in borsa e produce il ricavo che la borsa riconosce.
Oltre a queste attività, il GSE gestisce gli impianti e ne segue la produzione giornaliera. Collocando l'energia in borsa, è responsabile anche dei cosiddetti oneri di sbilanciamento.
Nel tempo, al Gestore dei servizi energetici sono stati affidati molti altri compiti. Rappresenta l'Italia in alcuni consessi internazionali, all'Agenzia internazionale dell'energia e alle sue ramificazioni. In base alla legge n. 99 del 2009, cosiddetta Legge Sviluppo, ha anche il compito di fornire consulenza in materia energetica, ove richiesto, alle amministrazioni pubbliche.
È stato recentemente affidato al GSE (decreto legislativo n. 28 del 2011) anche il compito di produrre relazioni e studi sulle possibili ricadute sul sistema produttivo nazionale nella materia delle energie rinnovabili. Nei primi mesi del 2013 sarà inoltre completata un'attenta analisi su quali potrebbero essere le ricadute sul sistema produttivo derivanti dall'uso delle fonti di energia rinnovabili.
Più in dettaglio il GSE gestisce il processo di incentivazione degli impianti fotovoltaici attraverso il conto energia che, ad oggi, ha consentito l'entrata in esercizio di circa 440.000 impianti. Parallelamente a queste attività, il GSE ha condotto un intenso programma di verifiche e controlli sugli impianti di produzione di energia elettrica


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da fonti rinnovabili su tutto il territorio nazionale che, nel solo 2011, ha permesso di effettuare oltre 2.400 ispezioni in loco sugli impianti portando a termine circa 170.000 controlli documentali.
Grazie a tutte queste attività, alla fine del 2011 risultavano installati nel nostro Paese impianti a fonti rinnovabili per una potenza di 41.000 MW, con una produzione di 83 miliardi di kWh, corrispondenti a circa il 24 per cento dell'intero consumo elettrico nazionale. Complessivamente, nel 2011, dal GSE sono stati erogati più di 11 miliardi di euro per incentivi e servizi che hanno comportato un onere netto, sulla componente A3 della bolletta elettrica, di circa 8 miliardi di euro.
Si tratta di valori economici molto importanti che, oltre a comportare una notevole complessità gestionale ed operativa per il GSE, contribuiscono a fornire un significativo impulso allo sviluppo del Paese anche in termini di ricadute industriali e occupazionali. Si evidenzia inoltre che il GSE, in base a quanto previsto dal decreto legislativo n. 28 del 2011, dovrà gestire, molto probabilmente a partire dal 2013, anche la promozione e l'incentivazione dell'efficienza energetica e delle cosiddette rinnovabili termiche.
È utile, a tale proposito, richiamare alcuni obiettivi fondamentali contenuti nella prima stesura della Strategia Energetica Nazionale (SEN) che prevede, tra i suoi punti principali, lo sviluppo sostenibile delle rinnovabili (elettriche e termiche) e soprattutto la promozione dell'efficienza energetica, in modo da poter ridurre sia le emissioni clima alteranti sia la dipendenza energetica dell'Italia dall'estero. Tenuto conto di quanto sopra delineato per la SEN, risulta abbastanza evidente che il GSE, occupandosi della gestione dell'incentivazione delle FER (fonti di energia rinnovabile) elettriche e dovendosi interessare a breve anche della gestione degli incentivi per l'efficienza energetica e le rinnovabili termiche, risulterà di fatto coinvolto, in modo significativo, all'attuazione operativa dei principali punti strategici della SEN stessa. Si segnala altresì che il decreto legislativo n. 28 del 2011 ha attribuito al GSE l'importante compito di monitorare le ricadute industriali ed occupazionali connesse alla diffusione delle fonti rinnovabili e dell'efficienza energetica. A questo scopo, il GSE sta elaborando una propria metodologia per effettuare il monitoraggio delle ricadute economiche e occupazionali dovute allo sviluppo delle energie rinnovabili e dell'efficienza energetica. I primi risultati di tale elaborazione saranno resi noti nel corso del 2013 e approfonditi negli anni successivi.
Dalle prime analisi effettuate dal GSE sugli studi pubblicati da importanti soggetti e/o società di ricerca risulta che, nel 2011, gli occupati del settore delle energie rinnovabili, diretti e indiretti, risulterebbero compresi tra 80.000 e 120.000 unità. Per quanto riguarda l'efficienza energetica, comparto che potrà garantire un importante sostegno al rilancio dell'economia italiana, il GSE ha analizzato diversi studi sulle ricadute del settore. Tali studi, però, vanno considerati con una certa cautela, tenuto conto della carenza di informazioni e delle difficoltà che s'incontrano nel delimitare il perimetro del comparto dell'efficienza. A seconda, infatti, dell'ampiezza del perimetro considerato e della metodologia utilizzata per definire il numero di occupati, gli studi analizzati pervengono a risultati molto diversi. Si passa da studi circoscritti a settori specifici, come ad esempio lo studio delle detrazioni fiscali del 55 per cento che fornisce una stima di circa 50.000 addetti all'anno, sino a valutazioni globali riguardanti tutti i settori, direttamente e indirettamente interessati dall'efficienza energetica che, per l'anno 2010, indicano oltre 3 milioni di occupati con il coinvolgimento di circa 400.000 imprese (Studio Confindustria con ENEA e RSE). Restano innegabili, in ogni caso, i vantaggi che lo sviluppo dell'efficienza energetica comporterà per il sistema Paese, in termini di benefici ambientali e di riduzione della bolletta energetica. Infine, visto l'oggetto dell'indagine, occorre anche aggiungere che il GSE si è attivato per avviare diversi progetti mirati a concorrere alla crescita e allo sviluppo del settore. In particolare, si è ritenuto importante sostenere la filiera delle rinnovabili attraverso la costituzione di un


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portale chiamato «Corrente», una rete ad adesione volontaria tra imprese di settore, che oggi conta oltre 1.600 iscritti, che sono supportati nella ricerca di opportunità di business in Italia e, soprattutto, all'estero, quest'ultimo un mercato con grandi potenzialità di sviluppo per il comparto delle fonti rinnovabili. Il risparmio energetico rappresenta oggi una realtà molto interessante in Italia, in cui operano molte aziende valide che possono continuare ad offrire un contributo su scala nazionale allo sviluppo di questo settore. Grazie al Portale è stato possibile mettere in contatto le aziende tra loro e condividere con esse tutte le iniziative nel mondo cui il GSE partecipa seguendo il Ministero dello sviluppo economico nelle missioni all'estero, così come il Ministero degli affari esteri.
Dai dati fin qui esposti emerge tutto il potenziale di un settore destinato a crescere sotto l'aspetto sia dell'innovazione tecnologica, sia economico-occupazionale, entrambi trainati dalla necessità di rispettare impegni ed obiettivi adottati in ambito europeo.

Seduta di martedì 25 settembre 2012

Audizione del sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Claudio De Vincenti.

Il sottosegretario Claudio De Vincenti ha sottolineato che il settore dell'energia riveste un ruolo strategico per la crescita e la sicurezza del Paese e costituisce un elemento essenziale dell'agenda del Governo. I provvedimenti adottati nel corso della legislatura hanno l'obiettivo di sviluppare il potenziale di crescita disponibile del sistema energetico italiano aumentando la competitività delle imprese e del Paese.
Il settore energetico riveste un ruolo fondamentale nella crescita dell'economia del Paese sia come fattore abilitante la crescita, sia come fattore di crescita in sé. Con l'espressione fattore abilitante ci si riferisce, in particolare, al fatto che per avere energia a basso costo e con elevata sicurezza, il livello di servizio è condizione fondamentale per lo sviluppo delle aziende e per la qualità della vita dei cittadini.
È stato evidenziato come il nostro Paese sia caratterizzato da un differenziale di costo dell'energia rispetto agli altri Paesi europei che incide negativamente sulla competitività complessiva del sistema economico italiano. Un primo punto essenziale, dunque, è una strategia sul sistema energetico che consenta di ridurre il differenziale di costo.
Tuttavia, anche come fattore di crescita in sé il settore dell'energia è rilevante perché offre occasioni di investimento importanti nel campo sia della green economy e dell'efficienza energetica sia delle infrastrutture, ma anche per lo sviluppo delle risorse energetiche nazionali. Su questi terreni è possibile puntare a un apporto diretto del settore alla crescita del sistema economico italiano. Perché il settore dell'energia svolga questa funzione occorre formulare come Paese, come Governo e Parlamento, una strategia energetica nazionale incentrata su obiettivi chiari e coerenti con le priorità del Paese. In questa direzione il Ministero dello sviluppo economico sta proseguendo nella stesura del documento sulla Strategia energetica nazionale. Questo documento sarà sottoposto alla consultazione pubblica, prima di tutto in sede di Commissioni parlamentari, ma anche con le altre istituzioni interessate, a cominciare dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas agli operatori del settore, alle associazioni e così via, a tutti gli stakeholder del sistema energetico.
I quattro obiettivi principali che sono delineati nel documento sono: la riduzione del differenziale di costi e prezzi energetici rispetto ai competitor europei; il raggiungimento e il superamento degli obiettivi europei in materia di tutela ambientale; l'incremento della sicurezza energetica del Paese in termini sia di diversificazione degli approvvigionamenti sia di flessibilità o picco di domanda; lo sviluppo di comparti industriali che hanno un impatto rilevante per la crescita economica.


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Venendo alla presenza dello Stato in questo settore tramite imprese partecipate occorre rilevare che è significativa e articolata. Tre sono le aree principali con una capitalizzazione intorno ai 30 miliardi di euro complessivi.
La prima area è quella delle grandi reti di trasporto tramite le partecipazioni di Cassa depositi e prestiti in Terna e in Snam, in parte minore del Ministero dell'economia e delle finanze. Cassa depositi e prestiti è partecipata al 70 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze. Queste partecipazioni nelle grandi reti trasporto hanno il fondamentale compito di sviluppare e gestire la trasmissione di elettricità e gas in Italia garantendone la sicurezza, la qualità, l'economicità e assicurando parità di condizioni di accesso, e quindi competitive, a tutti gli utenti della rete.
La seconda area di presenza delle partecipazioni dello Stato è rappresentata dalle società di servizio per il sistema, quali GSE, GME, Acquirente Unico, RSE e Sogin. Queste hanno un ruolo centrale nel garantire il corretto funzionamento del mercato dei servizi dell'energia. In particolare, GSE è impegnata nella promozione dello sviluppo sostenibile attraverso la qualifica e verifica degli impianti a fonti rinnovabili di cogenerazione ad alto rendimento e il riconoscimento degli incentivi previsti dalla normativa. Nel prossimo futuro GSE seguirà anche il processo gestionale dei certificati bianchi dell'efficienza energetica. GME è impegnata nell'organizzazione della gestione economica dei mercati elettrico e del gas secondo criteri di neutralità, trasparenza, obiettività e concorrenza tra produttori. Acquirente Unico è impegnata nella garanzia di fornitura di energia elettrica alle famiglie e alle piccole imprese non ancora transitate sul mercato libero dell'energia, a condizioni di economicità, continuità, sicurezza ed efficienza. RSE è impegnata nello sviluppo dell'attività di ricerca nel settore elettroenergetico con particolare riferimento ai progetti strategici nazionali di interesse pubblico generale finanziati con il fondo per la ricerca di sistema. Sogin è impegnata nella bonifica dei siti nucleari italiani e nella gestione in sicurezza dei rifiuti radioattivi.
È stata confermato, in linea di principio, il carattere strategico delle partecipazioni descritte, e specificato che non è prevista una perdita di controllo nell'immediato futuro.
Per quanto riguarda le reti di trasporto, il MISE ritiene importante mantenere una presenza strategica nei due principali operatori, Terna e SNAM, così da assicurare il mantenimento e il rafforzamento di operatori di rete che abbiano le seguenti caratteristiche: operatori forti, ovvero in grado di costruire le infrastrutture-chiave per sviluppare i mercati, integrarli pienamente con quelli europei, garantire la sicurezza degli approvvigionamenti; indipendenti, quindi in grado di garantire parità di condizioni di accesso a tutti gli utenti; stabili nell'azionariato, così da assicurare la continuità delle scelte strategiche per il Paese.
Allo stesso tempo, la presenza importante di privati nell'assetto societario garantisce il necessario stimolo all'efficienza e alla creazione di valore. In quest'ambito risulta in via di completamento l'identificazione di reti e impianti, beni e rapporti di rilevanza strategica oggetti del meccanismo cosiddetto di golden share introdotto con la legge n. 56 del 2012. Queste partecipazioni hanno un rilievo di tipo strategico per il Paese nel garantire operatori di rete forti, indipendenti e stabili nell'azionariato.
Nella seconda area di partecipazioni, quella nelle società di servizio, come GSE e simili, il MISE ritiene importante mantenere la presenza statale in modo da assicurarne l'indipendenza e la focalizzazione sulla fornitura di servizi attenti, fondamentali per il corretto funzionamento del sistema e del mercato. Pur essendo configurate come società per azioni, sono società che non hanno di per sé obiettivo di profitto, per cui sono al servizio del corretto funzionamento del mercato. Come tali il MISE ritiene che la partecipazione dello Stato sia essenziale per garantirne la completa terzietà rispetto agli operatori.
La terza area di partecipazioni è quella in operatori di mercato, come ENI ed Enel. Si ritiene opportuno che lo Stato si limiti, nei confronti di operatori di mercato, a


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definire le regole e a favorire lo sviluppo delle infrastrutture pubbliche rimanendo al di fuori degli operatori di mercato.
Data la loro storia, tuttavia, le società ENI ed Enel rappresentano casi particolari essendo nate come enti di Stato per lo sviluppo delle infrastrutture del Paese. Oggi, naturalmente, il contesto generale e queste società, in modo particolare, sono profondamente cambiati. La partecipazione statale è scesa, progressivamente, in ambedue a circa il 30 per cento, con il restante 70 per cento nelle mani di soggetti privati. Le logiche gestionali sono di tipo privatistico, improntate all'efficienza, al pari dei loro concorrenti internazionali. In molte aree queste due società hanno livelli di performance di eccellenza mondiale.
Il profilo geografico è profondamente mutato; fatturato, profitti e crescita provengono in maggioranza dalle attività internazionali. Inoltre, la presenza di queste società sul mercato italiano si è notevolmente ridimensionata a favore di nuovi operatori, spesso internazionali o anche italiani, e oggi la quota di mercato di ENI ed Enel è in molti casi scesa in diversi settori. È il caso di Enel, ormai inferiore al 30 per cento.
Al momento, non si prevede una cessione di queste partecipazioni benché non si possa escluderne una valorizzazione futura. Tuttavia, l'assetto attuale sembra garantire il forte spirito imprenditoriale di queste società, la loro capacità di posizionamento sul mercato, l'efficienza della gestione. Al tempo stesso, la presenza al 30 per cento del capitale pubblico in qualche modo rispecchia una storia, un'eredità di queste società che per il momento non si prevede di ridurre.
In sintesi, per le reti di trasporto, il MISE ritiene strategico il controllo da parte di una partecipazione pubblica peraltro particolare quale è Cassa depositi e prestiti, che in realtà è una società di diritto privato presente sul mercato, che deve far rendere i propri investimenti in quanto deve remunerare il risparmio delle famiglie italiane, per cui Cassa depositi e prestiti risponde a una logica di mercato internalizzando una mission pubblica. Si tratta in sostanza di un assetto che garantisce una partecipazione di riferimento in Terna e Snam, e che assicura, per un verso, l'orientamento al mercato e, per altro, il rispecchiamento di obiettivi d'interesse generale di missione pubblica, che deve essere mantenuta. Si ritiene altresì che le società di servizio debbano essere a capitale pubblico perché garantiscono la terzietà rispetto agli operatori di mercato. Infine, il sottosegretario De Vincenti ha sottolineato che le società o gli operatori di mercato oggi sono già in condizioni di esprimersi a elevati livelli di imprenditorialità e di capacità di competizione sui mercati internazionali. La partecipazione pubblica, peraltro scesa molto negli anni passati, è in qualche modo l'eredità di una fase storica precedente. Al momento, quindi non si prevedono cessioni, in prospettiva Governo e Parlamento ragioneranno sul punto e pertanto non si può escludere una valorizzazione futura di tali partecipazioni.

Seduta di Mercoledì 26 settembre 2012

Audizione del direttore centrale per la ricerca economica e le relazioni internazionali della Banca d'Italia, Daniele Franco.

Il Direttore centrale per la Ricerca economica e le Relazioni internazionali della Banca d'Italia, Daniele Franco, ha presentato alla Commissione una nota che esamina alcuni aspetti dell'evoluzione, della struttura e delle difficoltà attuali del sistema industriale italiano.
La nota è divisa in cinque sezioni.
La prima sezione affronta sinteticamente l'evoluzione del sistema produttivo italiano nel decennio precedente la crisi economica internazionale avviatasi nella seconda metà del 2007, durante il picco della crisi (2008-2009) e nel biennio 2010-2011. In tutte queste fasi i risultati sono stati peggiori di quelli riscontrati nelle altre principali economie europee. Nonostante l'andamento insoddisfacente, l'industria ha conservato in Italia un ruolo molto importante. L'incidenza del settore industriale sul valore aggiunto nei principali Paesi europei è seconda solo alla Germania, dove tuttavia


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negli ultimi anni è rimasta costante e addirittura aumentata, mentre in Italia ha visto una discesa analogamente a quanto è avvenuto per la maggior parte degli altri Paesi dell'area euro. I due settori che hanno registrato i peggiori risultati sono, da una parte, quello dell'edilizia e delle infrastrutture, dall'altra, il manifatturiero. Attualmente la produzione industriale è del 22 per cento inferiore rispetto al picco ciclico del primo trimestre del 2008.
La seconda sezione è dedicata a un breve esame dei fattori esterni sottostanti le difficoltà del sistema produttivo italiano. L'andamento insoddisfacente dell'economia italiana è il riflesso della sua difficoltà di adattarsi a tre importanti fattori di cambiamento del contesto economico internazionale: la «globalizzazione», ovvero l'integrazione mondiale dei mercati reali e finanziari; il processo di integrazione europea, culminato nell'introduzione della moneta unica; il cambiamento del paradigma tecnologico, portato dalle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione. Le imprese che hanno reagito con dinamismo e con successo alle difficoltà presentano un elemento comune: hanno investito in attività - per molti versi assimilabili a servizi - a monte e a valle della produzione. Queste attività comprendono gli aspetti tecnologici, ma non si esauriscono in essi e coinvolgono il design, il marketing, la commercializzazione dei prodotti e l'assistenza post-vendita.
La terza sezione si sofferma sulla dinamica della produttività, che costituisce il principale indicatore di debolezza competitiva del sistema produttivo italiano, e passa in rassegna i principali fattori strutturali che frenano lo sviluppo economico del nostro Paese. Il rallentamento del PIL pro capite in Italia è stato determinato in larga misura dall'andamento insoddisfacente della produttività con una significativa perdita di competitività, nonostante una modesta dinamica delle retribuzioni negli ultimi 15 anni. Una prima spiegazione del fenomeno è nel fatto che, in una situazione in cui è aumentata la concorrenza e pesa maggiormente l'innovazione del prodotto, un Paese che investe poco in ricerca e sviluppo può avere difficoltà a restare competitivo. Gli studi di Banca d'Italia hanno inoltre individuato ulteriori elementi di ostacolo alla produttività nella lentezza del nostro sistema industriale a introdurre nuove tecnologie e nella difficoltà di crescita delle piccole imprese. La carenza di imprese medie e grandi, più che in passato, si riflette negative sul sistema produttivo. La piccola impresa, pur presentando aspetti positivi di grande flessibilità, ha rilevanti difficoltà a sostenere i costi fissi connessi alle attività di ricerca e sviluppo, di internazionalizzazione, di avvio di rilevanti processi di ristrutturazione connessi alle economie di scala insite nelle attività a monte e a valle della produzione fondamentali per la capacità competitiva delle imprese. Il direttore Daniele Franco ha altresì sottolineato che i distretti industriali, che negli scorsi decenni hanno sopperito alle piccole dimensioni dell'industria italiana, hanno sostanzialmente esaurito la loro capacità espansiva, pur restando un punto di forza della nostra economia. Un ultimo aspetto individuato come di ostacolo alla dinamica produttiva è la struttura proprietaria e gestionale delle imprese italiane. Circa l'86 per cento è di proprietà familiare, una percentuale relativamente alta, ma inferiore a quella tedesca pari al 90 per cento. La differenza è nel modello gestionale che vede le imprese italiane dirette - a differenza di quelle tedesche - quasi esclusivamente da membri della famiglia.
La quarta sezione prende in esame le imprese a proprietà pubblica, descrivendone le principali caratteristiche. Emergono la loro concentrazione in alcuni comparti e una struttura dimensionale relativamente maggiore di quella media delle altre imprese. Le imprese pubbliche hanno in Italia un ruolo e un peso più ampio che in altri Paesi europei. Nonostante il processo di dismissione di imprese e di quote azionarie avviato dagli anni Novanta, la presenza pubblica è ancora significativa soprattutto


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a livello locale. Secondo una recente indagine condotta dall'ANCI, sono 3.660 le imprese in cui i comuni detengono partecipazioni (circa 2.000 quelle con una quota superiore al 50 per cento). Di queste, 1.470 operano nei servizi pubblici locali, in particolare nei settori dell'energia (329), della gestione dei rifiuti (295) e della distribuzione dell'acqua (268). Stime recenti dell'Istat, che definiscono pubblica un'impresa in cui un soggetto pubblico controlli una quota dei diritti di voto superiore al 50 per cento, valutano in 4.186 le imprese a controllo pubblico e in circa 681.000 gli addetti in esse occupati. Dal confronto tra le imprese pubbliche e le restanti imprese emerge che sono, in genere, più grandi per dimensione e per occupazione, e che hanno un fatturato medio più elevato. Ciò dipende in buona parte dai settori di attività: acqua, energia e servizi per i rifiuti, meno esposti al ciclo economico e alla concorrenza. Si tratta, quindi, di imprese i cui risultati economici, in genere, non sono peggiorati durante la recessione.
La quinta sezione approfondisce le caratteristiche del settore energetico, che riveste un ruolo fondamentale per la competitività del sistema produttivo italiano. I costi energetici sostenuti dalle imprese italiane sono più elevati di quelli delle loro concorrenti europee poiché vi influiscono gli oneri fiscali e quelli per lo sviluppo delle energie rinnovabili. È un settore in cui sono presenti varie imprese pubbliche soprattutto municipalizzate. Secondo i dati del Ministero dello sviluppo economico sul 2010, il fabbisogno energetico dell'Italia viene soddisfatto per circa l'82 per cento dalle importazioni, per lo più di petrolio e di gas proveniente da Paesi non OCSE; la restante parte è soddisfatta con la produzione interna di greggio (3 per cento), di gas naturale (4 per cento) e con fonti rinnovabili (11 per cento). Questa composizione dell'offerta rende i prezzi interni dell'energia dipendenti dagli andamenti delle quotazioni del greggio sui mercati internazionali; queste ultime, in forte crescita nell'ultimo decennio, hanno determinato un aumento dell'incidenza dei costi energetici nel nostro paese: dal 2,3 per cento del PIL nella media del periodo 2000-2004 a oltre il 4 nel 2011. Ciò ha influito fortemente sulla nostra bilancia commerciale. Il costo dell'energia per gli utenti italiani, imprese e famiglie, è Italia relativamente elevato rispetto ad altri Paesi per l'incidenza dell'imposizione fiscale, tra le più pesanti dei Paesi europei. Scegliendo un parametro di misurazione euro/tonnellata equivalente di petrolio, risulta che in Italia saremmo a 172 euro nel 2007 contro circa 120 euro nella media degli altri Paesi dell'Unione europea. Consumatori, famiglie e imprese risentono inoltre del peso crescente degli oneri che gravano sulla bolletta elettrica per finanziare lo sviluppo delle fonti rinnovabili; recentemente il loro contributo all'aumento dei prezzi è stato superiore a quello dei costi delle materie prime. Per le imprese industriali i costi energetici costituiscono una voce difficilmente comprimibile e i costi sostenuti dalle aziende italiane sono in media più elevati di quelli sostenuti dalle imprese manifatturiere concorrenti: per l'energia vi è un divario di circa il 30 per cento, e il costo del gas è equivalente. La nota approfondisce inoltre il settore della trasformazione energetica, ad alta intensità di capitale, che assorbe il 3 per cento degli occupati e genera il 12 per cento del valore aggiunto industriale. Il settore comprende i due grandi comparti della raffinazione e della generazione di energia elettrica. Il settore della raffinazione da anni registra una riduzione significativa dell'attività. Diverso è il caso del settore della generazione di energia elettrica, in cui si sono avuti sviluppi molto importanti. Innanzitutto, vi è stata una rapida diffusione di centrali termoelettriche a gas; dall'altro lato, l'incentivazione pubblica ha dato un forte impulso alle fonti rinnovabili come fotovoltaico, eolico e biomasse. Entrambi questi fenomeni hanno portato ad un aumento della capacità installata. Il quadro complessivo che emerge si caratterizza dunque per un eccesso strutturale di offerta di energia, acuito in questa fase congiunturale, da


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una riduzione della domanda. Tale eccesso di offerta se, da un lato, garantisce maggiore sicurezza degli approvvigionamenti, dall'altro, non avrà - almeno nel breve periodo - significativi effetti di contenimento dei prezzi a causa degli oneri necessari a finanziare le fonti alternative e le nuove infrastrutture. Le strategie individuate da Banca d'Italia per sostenere la competitività delle imprese e per ridurre i costi dell'energia a carico degli utenti finali consistono nella definizione di un quadro normativo e regolatorio stabile che consenta alle imprese del settore energetico di programmare gli investimenti necessari. Per le imprese che utilizzano l'energia come fattore di produzione è necessario accrescere l'efficienza energetica dei processi di produzione con politiche mirate quali i titoli di efficienza energetica e le detrazioni fiscali. È auspicabile altresì la graduale eliminazione dei sussidi ai combustibili fossili che incentiverebbe l'efficienza energetica migliorando al convenienza delle fonti di energia a minore impatto ambientale e liberando risorse paria oltre un quinto di quanto versato dagli utenti del sistema elettrico per sussidiare le energie rinnovabili nel 2011.
La nota si conclude con alcune indicazioni sulle azioni che potrebbero migliorare le prospettive del sistema produttivo italiano. Sulla competitività delle imprese italiane influiscono fattori endogeni quali le ridotte dimensioni dell'impresa e la gestione familiare. Si aggiungono fattori esterni: la rigidità della regolamentazione, l'elevata pressione fiscale cui contribuiscono l'ampia diffusione di attività irregolari e l'evasione fiscale, le inefficienze della pubblica amministrazione, la lentezza della giustizia civile, l'inadeguatezza del sistema dell'istruzione, soprattutto in alcune regioni italiane, la carenze nella qualità di alcuni servizi pubblici e nella concorrenza di alcuni settori. Per riavviare l'economia si ritiene prioritario stimolare la crescita dimensionale delle imprese italiane, senza la quale le aziende avranno difficoltà ad affrontare con successo i processi di innovazione e internazionalizzazione imposti dal nuovo quadro competitivo mondiale. Molti interventi sono stati attuati o predisposti nel corso della XVI legislatura con l'obiettivo di modulare il carico fiscale sulle imprese, di accrescere la concorrenza nel comparto dei servizi, di semplificare e accelerare la realizzazione di infrastrutture. Sono state semplificate le procedure per l'avvio dell'attività di impresa e sono state eliminate autorizzazioni eccessivamente onerose e controlli ex ante. Sono state avviate una serie di riforme volte a ridurre i tempi della giustizia civile è stato riformato il mercato del lavoro. È necessario proseguire negli sforzi volti a migliorare le condizioni di contesto, la qualità dei servizi pubblici e ad accrescere gli investimenti in capitale umano sia in termini quantitativi (tasso di scolarizzazione) sia in termini qualitativi (qualità dell'apprendimento). È necessario contenere i costi sopportati dal sistema industriale attraverso una riduzione della bolletta energetica e una riduzione del carico fiscale con una forte azione di contrasto all'evasione.
Per quanto riguarda le imprese di proprietà pubblica, va garantito che esse siano pienamente assoggettate a regole di mercato del tutto confrontabili a quelle delle imprese private, che non godano di benefici impropri, fonte di distorsioni concorrenziali. Solo così se ne garantisce un comportamento efficiente anche sotto il profilo del contenimento dei costi.
Per quanto riguarda il sistema industriale, assieme alle misure volte a migliorare le politiche di contesto, gli interventi dovrebbero essere mirati sui punti di debolezza del nostro sistema produttivo: la ridotta dimensione delle imprese, la carenza di investimenti in ricerca e sviluppo. In questo senso, Banca d'Italia suggerisce di concentrare le risorse finanziarie disponibili su misure volte a favorire la crescita dimensionale delle imprese, a sostenere l'attività di ricerca e sviluppo e a intensificare la nascita di imprese start-up innovative. Cruciale appare infine il riordino dell'attività pubblica di sostegno all'internazionalizzazione delle imprese.


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Seduta di Mercoledì 17 ottobre 2012

Audizione dell'amministratore delegato di Snam Spa, Carlo Malacarne.

L'ingegner Carlo Malacarne, amministratore delegato di Snam Spa, ha illustrato nel corso dell'audizione il ruolo di Snam nello sviluppo delle infrastrutture energetiche e la strategia del gruppo nei prossimi anni. Il gruppo SNAM, operatore integrato leader nel settore delle infrastrutture regolate del gas, comprende quattro società controllate al 100 per cento: Snam Rete Gas, che si occupa del trasporto; Stogit, che si occupa dello stoccaggio; GNL Italia, il primo rigassificatore in Italia che si occupa del gas rigassificato; Italgas, che si occupa della distribuzione.
L'attività di trasporto, svolta da Snam Rete Gas, non è in regime di concessione. Si basa su una rete primaria europea di 32.000 chilometri caratterizzata da sette punti di interconnessione con le importazioni dall'estero (Africa, Algeria, Libia, Russia, Nord Europa, Europa dell'Est).
L'attività di stoccaggio è in regime di concessione. Snam è il maggior operatore di stoccaggio europeo. Ha una capacità cosiddetta di modulazione, cioè di utilizzabilità da parte dei clienti, di 10 miliardi più altri 5 miliardi, la cosiddetta quantità per emergenza, nel caso in cui vi fosse la necessità di sopperire a mancanze di importazioni. In totale, è uno stoccaggio di 15 miliardi di metri cubi di gas. Il Piano di sviluppo dello stoccaggio prevede un aumento della capacità di stoccaggio esistente di 4 miliardi di metri cubi al 2015.
L'attività di rigassificazione, svolta da GNL, non è in regime di concessione e riguarda lo stabilimento di Panigaglia, che ha una capacità di 3,5 miliardi di metri cubi.
L'attività di distribuzione, svolta da Italgas, registra 1.449 concessioni esistenti, con il 27 per cento del mercato italiano, quota che consente di migliorare la qualità dei servizi e, nello stesso tempo, di compiere tutti gli investimenti mantenendo costi operativi che sono già da alcuni anni in diminuzione. Questa parte di mercato offre la possibilità di usufruire di tutte le innovazioni tecnologiche e, nello stesso tempo, di avere una sinergia nella gestione delle aree. È, pertanto, importante come business consolidato e unito agli altri nel gruppo.
Il gruppo occupa 6.112 persone (10,50 per cento di laureati) su quasi tutto il territorio nazionale.
I principali dati consolidati economico-finanziari dimostrano che il trasporto e lo stoccaggio riguardano il 76 per cento delle attività di Snam. Il RAB (Regulatory Asset Base), valore del capitale investito a fini regolatori, ammonta a 22,7 miliardi di euro nel 2011. Il valore aggiunto creato da Snam, pari a 2,4 miliardi di euro nel 2011, viene distribuito tra finanziatori (11 per cento) e azionisti (circa 33 per cento), dipendenti (come retribuzione e servizi) e pubblica amministrazione che riceve più del 55 per cento dell'intera somma sotto forma di imposte e tasse.
A seguito della separazione gestionale da ENI (2011) Snam ha cambiato il proprio assetto con il recepimento della direttiva europea del Terzo pacchetto energia e la decisione del Governo di costituire il cosiddetto ITO, l'Operatore indipendente di trasporto. Nel 2012 è stata assunta la decisione di passare dall'operatore indipendente di trasporto alla separazione proprietaria da ENI. Sono state pertanto effettuate tutte le operazioni che richiedevano un'indipendenza dell'indebitamento finanziario, perché fino ad allora, pur essendo indipendenti come società, l'accesso al mercato del debito di Snam era effettuato attraverso ENI. Compiute le operazioni necessarie per entrare nel mercato dei bond, a settembre 2012 con due emissioni di titoli per 4,5 miliardi di euro è stato ripianato tutto il debito che dipendeva da ENI. Attualmente l'azionariato di Snam è rappresentato da investitori istituzionali che coprono circa il 38 per cento del capitale: Cassa depositi e prestiti detiene il 30 per cento, ENI il 20,2 e investitori retail il 10 per cento. La composizione dell'azionariato registra una quota superiore al 15 per cento fra Nord America, Inghilterra e Irlanda, in Italia è pari al 5 per cento. Ciò significa semplicemente che la conoscenza e la solidità di Snam come tipologia


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di business e profilo di rischio, è nota e apprezzata all'estero. Nel rifinanziamento del debito questa credibilità a livello internazionale ha consentito a Snam la copertura del debito per circa il 50 per cento su banche estere. Tra giugno e luglio 2012 è stato coperto interamente il debito verso ENI, pari a circa 11 miliardi. Attualmente Snam ha una struttura di copertura che ha consentito di varare un Piano per i prossimi quattro anni.
La strategia degli investimenti è focalizzata sul business regolato ed è fondata su tre capisaldi:
rafforzare la sicurezza e la flessibilità del sistema del gas supportando la domanda di lungo periodo;
potenziare le infrastrutture di interconnessione con l'Europa per creare una rete capace di gestire l'interscambio dei flussi;
innalzare ulteriormente qualità e sicurezza del servizio ai clienti e migliorare l'efficienza operativa.

Lo stoccaggio riveste una notevole importanza consentendo la modulazione stagionale e giornaliera, e deve essere coerente con lo sviluppo dell'infrastruttura di rete.
Il Piano consolidato degli investimenti 2012-2015 prevede 6,7 miliardi di euro, con più di 4 miliardi da investire nel trasporto, circa 1 miliardo nello stoccaggio e 1,5 miliardi nella distribuzione.
Con riferimento alle linee guida della politica energetica europea basata sui principi di competitività, sostenibilità e sicurezza degli investimenti, l'Italia - come si è detto - ha scelto il modello della separazione proprietaria tra l'operatore infrastrutturale di rete e la società integrata che compra e vende gas. Un altro versante su cui Snam è da tempo impegnata è lo sviluppo delle infrastrutture, che non è solo un tema italiano. L'Europa ha dato incarico all'ENTSOE (European Network of Transmission System Operators for Electricity), il consorzio dei trasportatori, di elaborare un Piano decennale di infrastrutture che permettano l'interconnessione fra i diversi Paesi europei. I flussi bidirezionali consentono di mantenere la sicurezza e la competitività fra i Paesi europei. Un ulteriore aspetto che deve essere valutato con attenzione è l'armonizzazione delle regole a livello europeo: è importantissimo che tutti possano utilizzare le infrastrutture con regole di accesso uniformate.
A livello di liquidità del mercato in Italia si applica come in Inghilterra - ma diversamente da Germania e Francia - la cosiddetta tariffa entry-exit. Ciò significa che le tariffe sono costituite per lunghi percorsi di trasporto, da un punto d'ingresso a un punto di uscita. Applicare una tariffa entry-exit consente di entrare e uscire in qualsiasi punto della rete, garantendo automaticamente una maggiore possibilità di scambio. L'Italia deve crescere invece nel cosiddetto mercato di bilanciamento market-based, in relazione al discorso di borsa del gas. Avere un punto di scambio significa semplicemente che, se si dispone di una connessione con le reti europee fra i diversi Paesi e i loro hub, l'arbitraggio, cioè lo scambio di quantità di gas su prezzi diversi che vigono negli hub, diventa un'operazione fattibile. L'hub è una connessione comunque necessaria fra le reti europee. Una rete europea permette anche di sviluppare un maggiore arbitraggio, un maggior trading nel proprio punto, nel proprio hub, che è un punto virtuale, il quale va costruito con alcune regole commerciali, ma è l'unico elemento per creare una possibilità di scambio virtuale. Le stime sulla domanda gas al 2030 prevedono un aumento dai 100 ai 150 miliardi di metri cubi di gas. La distribuzione delle riserve a livello europeo vede l'Italia come un punto centrale per la provenienza del gas dal Nord Africa, dalla Russia o dall'area caucasica. È necessario seguire una strategia energetica sfruttando questo elemento di centralità geografica. Il piano di Snam è creare una rete che importa gas dal Nord Europa per il fabbisogno del Nord Italia e a portare in Nord Europa gas da altre fonti, gas che può essere algerino o libico. Si tratta del cosiddetto reverse flow in cui la tubazione che oggi importa gas può essere


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utilizzata come flusso contrario o comunque come scambio, rendendola libera da un vincolo di importazione.
Oltre a compiere investimenti in Italia nello stoccaggio e nel cosiddetto reverse flow per creare le condizioni di collegamento con l'Europa, Snam progetta di avere le stesse possibilità anche fuori dall'Europa attraverso un sistema di alleanze. In questo quadro rientra l'alleanza stipulata con Fluxys, l'operatore belga, che a sua volta opera in regime di separazione proprietaria, e che oggi detiene la proprietà al 50 per cento delle tubazioni che collegano l'Italia alla Svizzera e alla Germania.

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