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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione X
6.
Mercoledì 13 aprile 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Froner Laura, Presidente ... 2

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DELLE PROPOSTE DI LEGGE C. 2793 BORGHESI E C. 1938 STEFANI RECANTI «MISURE PER LA PROMOZIONE ECONOMICA E DELL'IMMAGINE TURISTICA, COMMERCIALE E CULTURALE DELL'ITALIA ALL'ESTERO»

Audizione di rappresentanti dell'Associazione Bancaria Italiana (ABI):

Froner Laura, Presidente ... 2 4 5 7 8
Cimadoro Gabriele (IdV) ... 4
Lulli Andrea (PD) ... 6
Sabatini Giovanni, Direttore generale dell'ABI ... 2 7
Torazzi Alberto (LNP) ... 6
Vignali Raffaello (PdL) ... 5
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Futuro e Libertà per l’Italia: FLI; Italia dei Valori: IdV; Iniziativa Responsabile (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): IR; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.

COMMISSIONE X
ATTIVITÀ PRODUTTIVE, COMMERCIO E TURISMO

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 13 aprile 2011


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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LAURA FRONER

La seduta comincia alle 14,55.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti dell'Associazione Bancaria Italiana (ABI).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'esame delle proposte di legge C. 2793 Borghesi e C. 1938 Stefani in materia «Misure per la promozione economica e dell'immagine turistica, commerciale e culturale dell'Italia all'estero», l'audizione dei rappresentanti dell'ABI.
Do ora la parola al direttore generale dell'ABI, dottor Giovanni Sabatini.

GIOVANNI SABATINI, Direttore generale dell'ABI. Grazie, presidente e onorevoli deputati, per l'occasione offerta oggi all'ABI di rappresentare la nostra riflessione e il nostro contributo ai lavori di questa Commissione su un tema quale quello dell'internazionalizzazione delle imprese. Cercherò di essere, per motivi di tempo, il più sintetico possibile, rinviando alle domande, a cui sarò lieto di rispondere insieme ai miei colleghi, ma anche a un testo più articolato che consegneremo alla Commissione in modo che la nostra posizione possa essere rappresentata in maniera compiuta.
Il tema dell'internazionalizzazione è particolarmente importante e sentito dall'Associazione bancaria e dall'industria bancaria, tenuto conto che l'economia italiana è, dopo quella tedesca, la seconda esportatrice in Europa e che quello estero è un canale fondamentale per recuperare crescita alla nostra economia. I dati hanno dimostrato, infatti, che attraverso l'estero si è maggiormente sentito l'effetto della crisi sull'economia italiana, laddove soprattutto, ad esempio, il canale esportazioni ha registrato negli anni della crisi una caduta del 35 per cento.
Consapevole di questa situazione, l'industria bancaria è a fianco delle imprese nel supportare i processi di internazionalizzazione in vari modi, innanzitutto attraverso una presenza delle banche italiane all'estero. Oggi 23 gruppi bancari dispongono di 206 dipendenze all'estero, tra uffici di rappresentanza, filiali e succursali distribuite in 78 Paesi. A queste si aggiungono 98 partecipazioni, alcune anche di maggioranza, in intermediari locali, per cui l'incidenza media dell'operatività nei confronti di banche in clientela estera sul totale dell'attivo dei primi cinque gruppi bancari era, alla fine del 2009, pari al 36 per cento dell'esposizione complessiva per cassa.
L'Associazione bancaria, al di là del presidio offerto, è anche attiva insieme con Confindustria e ICE in un progetto finalizzato a organizzare missioni di sistema e grandi eventi promozionali in Italia e all'estero sotto il patrocinio dei Ministeri dello sviluppo economico e degli affari esteri. Si è, quindi, costituita una cabina di regia,


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copresieduta dal Ministro degli affari esteri e dal Ministro dello sviluppo economico, cui partecipano, come bracci operativi, ABI, Confindustria e ICE, per realizzare queste iniziative.
L'ultima missione importante dello scorso anno ha riguardato la Cina e gli Emirati Arabi, dove l'industria italiana, inclusa l'industria bancaria, si presenta compatta nella logica sia di promuovere gli investimenti italiani all'estero, sia di far conoscere la nostra industria a possibili partner nei Paesi di destinazione.
Gli obiettivi di queste missioni sono l'ottimizzazione e la regolamentazione degli strumenti di supporto all'internazionalizzazione, in particolare quelli gestiti da Sace e Simest, lo sviluppo della collaborazione con le autorità competenti e con Confindustria, soprattutto in materia di sanzioni finanziarie internazionali - un capitolo particolarmente delicato è quello dei rapporti con i Paesi soggetti a misure restrittive da parte della comunità internazionale - la partecipazione a iniziative governative e a tutte le attività volte a facilitare il commercio internazionale. Infine, l'ABI fornisce il servizio - rivolto in primo luogo alle banche, ma stiamo studiando la possibilità di aprire anche a Confindustria - di un osservatorio che analizza il rischio-Paese, definito Country risk forum, un prodotto che cerca di fornire una serie di dati e di elementi che consentano alle banche e, tramite queste, alle imprese clienti delle banche, dati e analisi sul rischio-Paese. Riteniamo che questa iniziativa abbia dato frutti importanti. Anche per quest'anno sono in programma attività di missioni all'estero.
Venendo anche ai temi più specifici di questa Commissione, riteniamo che ci sia spazio per iniziative legislative che, attraverso un riassetto del complesso delle disposizioni vigenti in materia, possano ricondurre a un quadro più ordinato e coerente l'insieme di attività promozionali, l'assistenza tecnica e la gestione degli strumenti finanziari pubblici di supporto per ciò che riguarda i processi di internazionalizzazione. Riteniamo che una riforma organica e completa del quadro normativo e istituzionale, che fornisce l'infrastruttura alle iniziative di internazionalizzazione delle imprese, dovrebbe ispirarsi ad alcuni princìpi generali. In particolare, occorre tener conto che esiste un duplice livello, uno nazionale e uno regionale, su cui è oggi realizzata la promozione dell'Italia nei mercati esteri. Anche qui è importante trovare un migliore coordinamento. Va tenuta presente, inoltre, la totalità degli attori istituzionali che operano nel comparto dell'internazionalizzazione facendo capo sia ai diversi dicasteri sia alla molteplicità delle istituzioni che oggi operano in questo settore. Va valutato, ancora, il doppio aspetto dei processi di internazionalizzazione, non soltanto di quella attiva, ossia quando le nostre imprese e banche vanno sui mercati esteri, ma anche dei processi attraverso i quali possiamo attirare investimenti dall'estero in Italia.
In particolare, esiste l'imprescindibilità di un raccordo costante e sistematico con gli operatori, banche e imprese, dal punto di vista sia della distribuzione geografica delle strutture di supporto, sia delle azioni di promozione degli strumenti finanziari e assicurativi pubblici che dovrebbero essere in qualche modo allineati e coordinati con le priorità di sviluppo internazionale decise a livello politico e con le priorità del Paese e dei prodotti espressi dalle categorie economiche.
L'unicità di un coordinamento è, dunque, un'esigenza fortemente sentita. Potrebbe essere deputato a questa funzione un forum individuato nella V Commissione permanente per il coordinamento e l'indirizzo strategico della politica commerciale con l'estero, istituita presso il Comitato interministeriale per la programmazione economica. A oggi, tuttavia, non ci sembra che la V Commissione sia riuscita a svolgere in maniera adeguatamente incisiva il proprio ruolo. D'altro canto, la cabina di regia cui facevo riferimento, istituita tra Ministero degli affari esteri e Ministero dello sviluppo economico e con la presenza di ICE, ABI e Confindustria, è un utile organo di coordinamento, ma non appare


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strutturata in modo da svolgere una funzione di indirizzo strategico e politico, come sarebbe richiesto.
Venendo più in dettaglio ai due progetti di legge oggi in discussione, di entrambi si condivide la finalità di assicurare un indirizzo unitario nella promozione dell'Italia sui mercati internazionali e di recuperare efficienza ed efficacia alle funzioni di supporto all'internazionalizzazione, ma ci sembra che entrambi non siano del tutto aderenti ai princìpi generali cui facevo riferimento. In particolare, all'interno della proposta di legge Stefani, la misura di trasferire dal Ministero dello sviluppo economico al Ministero degli affari esteri la vigilanza sull'ICE non ci sembra in grado di garantire in pieno un'effettiva integrazione di competenze tra rappresentanze diplomatiche e uffici dell'Istituto. Questi ultimi hanno un patrimonio di esperienza e know-how che deve essere assolutamente preservato. Sicuramente, negli ultimi tempi l'azione diplomatica del Ministero degli affari esteri ha assunto connotati di carattere più economico e finanziario contribuendo in maniera utile e importante alla capacità delle imprese italiane nei mercati esteri, ma questo ruolo, nel quadro normativo vigente, continua a essere distinto da quello della promozione commerciale e della gestione degli strumenti di supporto all'internazionalizzazione che, nell'attuale assetto istituzionale, è ancora riconducibile al Ministero dello sviluppo economico in primis, ma anche, in una certa misura, al Ministero dell'economia e delle finanze.
Ricordo solo brevemente che, da ultimo, il Ministero dell'economia e delle finanze si è fatto promotore, attraverso Sace e Cassa depositi e prestiti, di un'importante convenzione sottoscritta con l'ABI, definita in maniera sintetica Export Banca, che sarà un ulteriore strumento importante per facilitare il finanziamento delle iniziative delle imprese, in particolare di piccole e medie dimensioni, nei processi di internazionalizzazione.
Guardando alla proposta di legge Borghesi, la soluzione di accorpare in un unico dipartimento presso la Presidenza del Consiglio la molteplicità degli enti che oggi hanno competenze eterogenee, che vanno dalla promozione commerciale a quella culturale, fino alla gestione di strumenti finanziari di supporto, richiederebbe un maggior grado di specificazione per consentire di apprezzare in pieno gli effettivi vantaggi che deriverebbero da questo accentramento rispetto al rischio o costo di perdere flessibilità e specificità delle competenze oggi sono presenti nella molteplicità degli istituti. Sotto il profilo organizzativo, quindi, si ritiene che dovrebbe essere comunque preservata la flessibilità operativa in capo soprattutto ai soggetti preposti alla gestione degli strumenti finanziari di supporto. Penso, quindi, sia a Sace sia a Simest, rispetto alla quale un eventuale accorpamento all'interno di un dicastero che fa capo alla Presidenza del Consiglio solleverebbe anche il problema del trattamento degli azionisti privati, tra cui alcune banche.
Con riferimento agli sportelli definiti Promo-Italia, si condividono le esigenze di razionalizzazione dei costi, ma anche in questo caso è importante la salvaguardia di un patrimonio di competenze oggi presenti.
Ho cercato di essere estremamente sintetico. Non so quanto questo sia andato a scapito della chiarezza. Lasceremo il nostro documento scritto, ma concluderei per lasciare spazio alle domande dei deputati.

PRESIDENTE. Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

GABRIELE CIMADORO. Mi sembra che il dottor Sabatini abbia quanto meno - non succede sempre - letto e studiato le proposte. Alcuni auditi a volte arrivano anche senza averle lette. Mi sembra che abbia fatto delle osservazioni abbastanza interessanti.
Lei ha indicato nelle regioni e nel Governo centrale gli organi a cui attribuire il compito di fare promozione all'estero e di far capire chi siamo nel mondo. Io dico che


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bisogna aggiungere anche le città, le province, tutti enti che attualmente si sovrappongono nelle stesse attività generando, a mio avviso, una certa gran confusione. Su questo bisogna che ci diamo una regolata o quanto meno razionalizziamo le risorse.
Quando lei si riferisce all'opportunità di salvaguardare la flessibilità dei vari enti, intende dire che restino come sono? Eppure allo stesso tempo lei parla di riorganizzarli. Se vogliamo, però, preservare la loro autonomia, temo che continueranno ad essere quelli che sono e non porteremo a casa il risultato di una maggiore efficienza e razionalizzazione del settore.
Apprezzabile mi pare la proposta di legge Borghesi, sulla quale mi spendo di più visto che sono dell'Italia dei Valori. Mi sembra apprezzabile la cabina di regia, che credo che debba essere messa in capo alla Presidenza del Consiglio, in modo da eliminare ambiguità di scelte tra i due o i tre Ministeri coinvolti. Lei ha avanzato, infatti, anche l'ipotesi del Ministero dell'economia e delle finanze, di fatto già competente per alcuni aspetti.
Una critica che si dovrebbe, a mio giudizio, rivolgere all'ABI e a tutti i banchieri d'Italia è che di fatto asseriscono sempre di essere a sostegno dei progetti, ma lo sono solo quando non perdono quattrini. Quando, invece, esiste il minimo di rischio, non c'è nessuna banca in Italia che finanzi progetti, a eccezione di quelli sponsorizzati. Bisogna che facciano un grande sforzo soprattutto in questo momento per sostenere quanto meno le micro e piccole imprese, che sono quelle più in difficoltà e che nessuno difende mai, se non a parole. Le grandi imprese sanno difendersi da sole perché nella maggior parte dei casi hanno tali e tanti debiti che le banche devono sostenerle per forza e sono, per così dire, auto sostenute.
Credo che sia più significativo portare operatori cinesi o indiani in Italia e mostrare loro la nostra realtà della nostra produzione sul territorio. Potrebbe rendere di più e farci spendere meno. L'ICE sta, infatti, correndo dietro a tutte le fiere del mondo, credo con grande dispendio di risorse, e molto le fiere e i mercati non sono frequentati dall'operatore specifico, ma da curiosi o da gente che va a vedere semplicemente il posto in cui si svolgono, come ad esempio, Shanghai.

PRESIDENTE. Inviterei i colleghi a formulare richieste precise e a non divagare nelle premesse.

RAFFAELLO VIGNALI. Faccio due considerazioni veloci, che però credo siano pertinenti al nostro discorso. Francamente, mi trovo sempre un po' a disagio quando si parla di riordinare gli strumenti senza mai discutere degli obiettivi. Se devo piantare un chiodo nel muro, ho bisogno di martello di ferro, se il picchetto di una tendina, di uno di gomma. Da questo punto di vista, se vogliamo aumentare la quota dell'internazionalizzazione, dobbiamo pensare soprattutto alle micro, piccole e medie imprese, ma direi micro e piccole. Le grandi e le medie, infatti, sono già internazionalizzate. È apprezzabile il lavoro con Confindustria e mi chiedo se non valga pena valutare l'opportunità di coinvolgere anche le associazioni dei piccoli sui tavoli in corso e rispetto alle proposte in campo,
Sulla pluralità di strumenti vale lo stesso discorso. Per esperienza pregressa, essendomi occupato di internazionalizzazione, ho visto che in un posto del mondo funziona un soggetto, in un altro un altro, e così via. Francamente, che le regioni facciano promozione delle imprese non mi scandalizza affatto, tutt'altro. Vedo, piuttosto, che non si procede alla valutazione di follow-up, mentre varrebbe la pena andare a vedere i risultati. Se vogliamo, infatti, discutere degli strumenti, dobbiamo sapere che cosa producono. Potrebbe esistere una provincia che fa meglio dell'ICE: non avremo ottenuto un guadagno bloccando le operazioni della provincia.
In alcune aree del mondo, inoltre, penso all'est dell'Europa, credo che qualunque presenza di strumenti pubblici farebbe ridere rispetto a quella delle nostre banche. In Polonia solo UniCredit ha l'80


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per cento degli sportelli, altro che uffici ICE! Tra l'altro, esistono anche esperienze, come nel campo dell'agroalimentare, di grande successo. In che modo, secondo voi, si può rendere più efficace una collaborazione tra la rete delle banche e la rete dell'internazionalizzazione? Come si può creare la rete delle reti?
Nei tanti Paesi in cui non ci sono le nostre banche, un grosso handicap anche per le nostre imprese, in che modo il sistema bancario italiano può offrire un supporto? In America latina non abbiamo banche italiane, neanche in Brasile, dove ha chiuso quella che c'era, eppure si trovano in una delle aree più interessanti del mondo. In generale, penso che l'America Latina, anche per la struttura delle nostre piccole e medie imprese, sia un mercato in crescita ma più aggredibile per noi che non la Cina, culturalmente molto diversa. Con l'America Latina esiste, infatti, anche una consonanza culturale, oltre ad essere luoghi di immigrazione per veneti, lombardi e così via.
Vorrei sapere, per quanto riguarda le proposte di legge che stiamo affrontando, se avete suggerimenti su come si possa valorizzare di più questo ruolo.

ALBERTO TORAZZI. Credo che le due proposte di legge in esame abbiano il merito di aver rimesso al centro questo problema. Peraltro, sono molto simili, se si considera che nella proposta Stefani c'è comunque il rilancio dello sportello unico che si rifà alla filosofia evidenziata dalla proposta Borghesi.
L'idea che mi sono fatto nel corso di tutte le audizioni fin qui svolte, è che, come diceva il collega Vignali, c'è una realtà molto composita che va studiata in modo sinergico per far sì che possa funzionare al meglio. Vi rivolgo alcune domande molto precise che ho posto anche ad altri: il sistema adesso funziona o non funziona? Non vi illustrerò l'idea che mi sono fatto nel corso delle numerose audizioni. Il sistema deve lavorare per le PMI, come diceva anche il collega Vignali, o per i grandi sistemi?
Io non penso che debba lavorare per i grandi sistemi perché non ne hanno bisogno: per farlo lavorare per le PMI, serve il coinvolgimento di imprese e banche nella direzione, o possiamo pensare di ragionare con le 1.800 che lo Stato, che ha una dimensione superiore alla società, risolve e indirizza? Oggi credo che lo Stato, per una serie di motivi, abbia una dimensione minore anche perché, essendo molto indebitato, non ha più soldi. Se così fosse, se si deve prevedere il coinvolgimento di banche e imprese, esiste la vostra disponibilità a partecipare? O credete che sia meglio che a provvedere sia il legislatore?
Ritengo che il problema sia talmente grande e dinamico che andrebbe seguito con una soluzione che si autocorregge nel tempo, ma vorrei sentire il vostro parere e se siete disponibili a partecipare ad un'eventuale cabina di regia con dei rappresentanti. Naturalmente, ci sarà poi anche bisogno di soldi, ma di quelli parleremo in occasione dell'accordo di Basilea 3, dove però verremo con le mazze da baseball!

ANDREA LULLI. Condivido molte delle osservazioni presenti nel vostro documento, anche se non ho potuto ascoltare l'intera esposizione.
Ribadisco due questioni che sono già state sollevate: alle sedi estere delle banche, soprattutto nei mercati più importanti, aggiungerei anche la Cina, sulla quale prima o poi una discussione andrà fatta. Credo, infatti, che la Cina sia molto più vicina alla cultura italiana di quanto comunemente si pensi, ma è un'opinione personale.
Inoltre, per dare una strategia di internazionalizzazione delle PMI, al di là di tutti i discorsi che si possono fare, vorrei sapere se, a vostro avviso, è utile e, se lo è, cosa possiamo fare per dare una mano a sviluppare una rete di grande distribuzione italiana all'estero. Il punto vero è che non possiamo chiedere alle piccole e micro imprese di intraprendere avventure. Il punto è come ci si presenta su quei mercati. So che si parte da un disastro perché in Italia la grande distribuzione di fatto


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non esiste, ma vorrei conoscere la vostra opinione in merito.

PRESIDENTE. Do la parola al dottor Sabatini per la replica. Se non dovesse risultare sufficiente il tempo a sua disposizione, la invitiamo a farci pervenire, eventualmente, una memoria scritta che possa ampliare quanto avrà la possibilità di dire.

GIOVANNI SABATINI, Direttore generale dell'ABI. L'onorevole Cimadoro ci chiedeva come si concilia il tema flessibilità e della pluralità degli enti. Credo che siano tre i livelli in cui si muove il tema dell'internazionalizzazione: il primo, in cui deve essere individuato l'indirizzo strategico delle azioni di internazionalizzazione; il secondo una volta definito l'indirizzo strategico, fa partire le azioni di promozione commerciale, e quindi prepara il terreno per le nostre imprese; il terzo in cui si predispongono gli strumenti finanziari, i sistemi di garanzia a supporto delle attività delle imprese. Credo che mettere tutti insieme questi livelli in un'unica entità possa creare problemi perché gli ambiti di competenza sono differenti. È chiaro che devono muoversi in maniera coordinata, ma questo non significa metterli tutti insieme. Sicuramente, è necessaria, quindi, una cabina di regia che definisca le linee strategiche. Altro sono le azioni di tipo commerciale e le attività di supporto finanziario. Ovviamente, noi interagiamo soprattutto su questo secondo livello. Probabilmente, si possono fare delle riflessioni sugli operatori attivi. In particolare, le nostre controparti privilegiate sono Sace e Simest: mettere insieme queste due entità e avere, quindi, un unico soggetto che operi sul versante finanziario potrebbe essere una soluzione. Su questo facciamo un ulteriore sforzo di riflessione.
Credo che le imprese bancarie italiane siano state vicine alle altre imprese nella crisi e anche nell'attività di internazionalizzazione. Il rischio dell'operazione della moratoria sui mutui alle piccole e medie imprese testimonia che i soldi ce li mettiamo: 12 miliardi di euro non sono pochissimi. Questo soltanto per onore di cronaca.
Venendo alla questione degli strumenti e degli obiettivi sollevata dall'onorevole Vignali, sono assolutamente d'accordo che sia opportuno definire gli obiettivi e costruire gli strumenti capaci di raggiungerli. In questo senso, credo - mi riallaccio alla risposta alla prima domanda - che poiché ogni livello definisce i suoi obiettivi, ogni livello avrà gli strumenti più adeguati. Scusate se intreccio le questioni, ora vengo alla domanda posta dall'onorevole Torazzi.
Alla luce di queste considerazioni, va detto che attualmente il sistema deve essere reso più ordinato e coordinato, quindi a nostro giudizio funziona, ma funziona male. Siamo assolutamente d'accordo che debba lavorare per le piccole e medie imprese perché queste rappresentano la stragrande maggioranza del tessuto produttivo del Paese. Tuttavia, l'internazionalizzazione delle piccole e medie imprese si scontra oggi con due limiti: da un lato, la dimensione, dall'altro, l'eccessivo indebitamento. Si tratta di due aspetti su cui industrie bancarie e altre industrie possono e devono lavorare in maniera coordinata. Vi è sicuramente uno spazio di cooperazione. Quindi la risposta alla domanda se le banche vogliono lavorare con le imprese è certamente positiva. Le banche vogliono lavorare con le imprese per trovare soluzioni di mercato che le portino ad aprirsi ancor di più all'internazionalizzazione. Per quanto riguarda l'indebitamento, è necessario, per favorire i processi di internazionalizzazione, individuare strumenti che portino alla ricapitalizzazione delle imprese di piccole e medie dimensioni. Oggi il rapporto di indebitamento delle imprese fino a 10 milioni di euro di fatturato è superiore al 100 per cento e non conosce pari rispetto ad altri Paesi europei.
Cerco di rispondere alla domanda dell'onorevole Lulli, che ha chiesto cosa si possa fare per aumentare la capacità di penetrazione delle nostre piccole imprese all'estero. Credo che anche quello delle reti sia un tema su cui banche e imprese


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possono lavorare, a cominciare dal tentativo di «tipizzare» meglio il contratto di rete. Oggi, infatti, parliamo di rete, ma c'è uno spettro amplissimo in cui una rete di imprese può configurarsi da «rete contratto» fino ad arrivare alla creazione di un soggetto giuridico vero e proprio. Anche in questo caso, il finanziamento delle reti di imprese, che possono essere uno strumento per superare il problema della dimensione piccola delle imprese, presenta attualmente oggettive difficoltà perché la rete non è un soggetto giuridico ben definito.
Il Governo ha varato anche alcuni provvedimenti volti a incentivare dal punto di vista fiscale l'utilizzo delle reti; probabilmente possono essere presi provvedimenti, anche attraverso il confronto tra imprese e banche, non soltanto con Confindustria, ma anche con Rete Imprese Italia, con tutte le associazioni imprenditoriali, con l'associazione delle cooperative recentemente creata, sono tutte nostre controparti su questi temi.

PRESIDENTE. Ringrazio per il loro contributo i rappresentanti dell'ABI, cui chiederemo eventualmente un'integrazione, se possibile, per iscritto.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,30.

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