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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione XI
18.
Martedì 10 febbraio 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Saglia Stefano, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'ASSETTO DELLE RELAZIONI INDUSTRIALI E SULLE PROSPETTIVE DI RIFORMA DELLA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA

Audizione di rappresentanti dell'ARAN:

Saglia Stefano, Presidente ... 3 8 11 12
Massella Ducci Teri Massimo, Presidente dell'ARAN ... 3 11
Cazzola Giuliano (PdL) ... 8
Damiano Cesare (PD) ... 8
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.

COMMISSIONE XI
LAVORO PUBBLICO E PRIVATO

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 10 febbraio 2009


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE STEFANO SAGLIA

La seduta comincia alle 10,35.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti dell'ARAN.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'assetto delle relazioni industriali e sulle prospettive di riforma della contrattazione collettiva, l'audizione di rappresentanti dell'ARAN.
Sono presenti - e li ringraziamo per questa opportunità - l'avvocato Massimo Massella Ducci Teri, presidente dell'ARAN, la dottoressa Elvira Gentile e il dottor Sergio Gasparrini, direttori generali, e il dottor Rosario Soloperto, dirigente.
Con la seduta di oggi riprendiamo l'indagine conoscitiva sull'assetto delle relazioni industriali e sulle prospettive di riforma della contrattazione collettiva. Ricordo che abbiamo già svolto un primo round di audizioni significative; tuttavia, sebbene da parte del presidente fosse stata formulata una proposta di documento conclusivo, abbiamo convenuto - maggioranza e opposizione - sulla necessità di prendere ancora due mesi di tempo, alla luce della novità costituita dall'accordo firmato a Palazzo Chigi sul nuovo assetto dei contratti.
Abbiamo chiesto, quindi, all'ARAN di esprimere un proprio giudizio sia sui limiti dell'accordo vigente, risalente al protocollo del 1993, sia ovviamente sulle novità introdotte. Chiediamo in che modo e in che termini tali novità si inseriscano all'interno della negoziazione pubblica, considerato che esiste un tentativo di giungere finalmente a un obiettivo di equiparazione tra sistema pubblico e privato.
Ringrazio ancora i presenti e do la parola al presidente dell'ARAN, Massimo Massella Ducci Teri, per la relazione.

MASSIMO MASSELLA DUCCI TERI, Presidente dell'ARAN. Ringrazio il presidente e tutti i componenti della Commissione per aver onorato l'ARAN con la richiesta di partecipare a questa audizione.
Sicuramente, per quanto riguarda il protocollo firmato dal Governo e da qualcuna delle parti sociali il 22 gennaio scorso, come è stato affermato da autorevoli primi commentatori, questa riforma era attesa da anni. Già la stessa Commissione Giugni, nel 1998, aveva indicato la necessità di riordinare il sistema che era stato definito con il patto del 1993. D'altra parte, la crisi economica che stiamo attraversando, la cui profondità e durata non è dato ancora determinare con precisione, ha richiesto e richiede interventi volti a dare al sistema nel suo complesso, ma a quello del lavoro in particolare, basi su cui fondare la fiducia; fiducia che, anche a livello europeo, è ritenuta il primo elemento assolutamente indispensabile per frenare la caduta e avviare il rilancio della crescita.


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Per quel che attiene al lavoro pubblico, il protocollo contiene numerosi princìpi che possono consentire di guardare al futuro con minori preoccupazioni e, comunque, permetterà di adottare procedure più snelle, in grado di consentire, ove adeguatamente implementate, maggiore tempestività negli interventi.
L'intesa nel suo complesso è un accordo quadro, quindi dovrà essere riempita, come si dice in gergo, di contenuti. È evidente che la stessa costituisce un tassello della più ampia riforma del lavoro pubblico che è stata avviata nel corso di questa legislatura. Essa potrà, quindi, essere compiutamente valutata a seguito dell'implementazione che riceverà, in particolare, proprio dal disegno di legge sulla riforma del lavoro pubblico che è attualmente all'esame di questo ramo del Parlamento.
Ritengo, quindi, che il protocollo debba essere visto non come un documento a sé stante, ma come un ulteriore momento che si aggiunge alle norme già adottate e a quelle che verranno adottate, per consentire questa riforma complessiva e profonda del lavoro pubblico e privato.
Mi sembra che, innanzitutto, debba essere assolutamente sottolineato - come ha fatto lei stesso, signor presidente - che il protocollo fuga i timori che da alcune parti erano stati manifestati circa un disallineamento tra lavoro pubblico e privato. È di estrema importanza il fatto che il protocollo riaffermi l'unicità del modello contrattuale nel settore pubblico e privato. Questo era stato un principio delle riforme sin dal 1992; è di assoluto valore e importanza che esso venga riaffermato e, naturalmente, perseguito nel corso dell'implementazione.
Per quello che attiene alla sostanza, con riferimento al contratto nazionale di lavoro il primo effetto è quello della durata triennale, sia per la parte economica che per la parte normativa.
La determinazione triennale porta evidenti effetti di semplificazione e riduzione delle procedure di contrattazione nazionale. È stato sottolineato in tutti i più recenti commenti che la duplicazione della fase negoziale nel quadriennio, vale a dire l'articolazione sui due bienni contrattuali di parte economica, era spesso fonte di ritardi nelle procedure e nella definizione degli accordi. Sicuramente, un effetto assolutamente benefico sarà quello della triennalità, che consentirà alla contrattazione nazionale di non doversi articolare nelle due fasi del quadriennale, primo biennio e secondo biennio. Se a ciò si aggiunge l'impegno a ridurre il numero dei comparti e, quindi, dei contratti nazionali di lavoro, è evidente che la semplificazione dell'intero quadro della contrattazione diventerà ancora più tangibile.
Per quanto riguarda, invece, i contenuti, il contratto nazionale di lavoro, proprio per l'unicità del modello, dovrà garantire la certezza dei trattamenti economici e normativi comuni per tutti i lavoratori del settore, ovunque impiegati nel territorio nazionale, come riporta con chiarezza la prima clausola del contratto, dando prime valutazioni sia sotto il profilo economico, che sotto quello normativo.
Per quanto attiene ai profili economici, mi sembra che il protocollo, anche in considerazione della crisi, contenga notevoli elementi di cautela determinati dalle esigenze di finanza pubblica.
Credo che debba essere evidenziato che viene prevista una fase prenegoziale di determinazione delle risorse da destinare alla contrattazione che, come viene specificato, è oggetto di concertazione tra i ministeri competenti e le organizzazioni sindacali.
Ritengo che questa fase prenegoziale possa e, vorrei dire, debba essere implementata proprio alla luce di quelle che saranno le disposizioni del disegno di legge all'esame della Camera dei deputati. Questa fase prenegoziale, infatti, è spesso stata fonte di ritardi per la contrattazione. Essa ha ritardato, a volte, l'avvio della contrattazione in sede ARAN. Su questo ci sono magistrali pagine di tutti i commentatori che anche di recente si sono occupati delle negoziazioni in ambito pubblico.
Tuttavia, proprio perché nel disegno di legge viene previsto che venga data una maggior valenza ai comitati di settore e


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venga riconosciuto agli stessi - auspico a tutti, non solo ai comitati di settore delle autonomie - il diritto a una presenza ancor più significativa nella fase negoziale, laddove i comitati di settore eventualmente siedano in una struttura interna all'ARAN (ovunque voglia essere prevista dal legislatore), ritengo che la loro presenza in quel caso possa consentire una riduzione di questa fase prenegoziale. Proprio perché saranno loro stessi ad essere maggiormente partecipi della fase negoziale, probabilmente la fase prenegoziale di determinazione delle risorse potrà effettivamente essere contenuta nella sua tempistica e si potranno evitare, quindi, quelle anomalie e quei ritardi che in alcune precedenti esperienze sono stati registrati.
Esigenze tipiche, proprie ed ineludibili della finanza pubblica mi sembra che sottostiano alla clausola relativa al recupero dell'eventuale scarto tra l'indice prescelto (IPCA) e l'inflazione reale. Infatti, l'appostamento delle nuove risorse per il recupero dell'eventuale indice di scostamento è naturale che debba essere effettuato all'inizio dell'anno. Poiché la verifica sarà effettuata alla scadenza del triennio, è molto difficile - nella mia esperienza non l'ho mai verificato, ma nulla è impossibile - che risorse fresche o maggiori oneri possano essere posti a carico di bilanci pubblici negli ultimi mesi dell'anno. È difficile che una ASL, un piccolo comune, ma anche un grande comune, nei mesi finali dell'anno possa trovare le risorse con le quali finanziare, in quello stesso anno, lo scarto tra l'indice previsto e l'indice di inflazione che si è effettivamente realizzato nel corso del triennio.
Mi sembra che, dal punto di vista della finanza e della contabilità pubblica, sia del tutto legittimo che, una volta verificato l'ammontare dell'eventuale scarto, lo stesso venga appostato solo con l'avvio del nuovo triennio. In quella fase, infatti, si potranno appostare in bilancio le nuove risorse.
Per quello che attiene agli aspetti normativi, vorrei procedere per capitoli, signor presidente, se lei è d'accordo. Naturalmente, se ci saranno eventuali domande, potremo affrontare singoli temi di interesse della Commissione.
Innanzitutto, nel protocollo, alla clausola n. 3 si fa riferimento al sistema delle relazioni industriali. Devo dire che, nella contrattazione pubblica, il sistema delle relazioni industriali è ampiamente disciplinato - direi che esso è stato disciplinato sin dai primi contratti nazionali che sono stati stipulati - e ha subìto alcuni ritocchi e aggiornamenti nel corso degli anni. Penso che, anche in questo caso, si tratterà prevalentemente di verificare la normativa in essere, ma la stessa già detta tempi e procedure per evitare l'eccessivo prolungamento delle trattative di rinnovo, prevedendo i tempi delle piattaforme e le relative procedure; queste, peraltro, già prevedono la tregua sindacale e dettano la disciplina. Si tratterà, probabilmente, di adeguarle, ma sono discipline già in uso nella contrattazione pubblica e già praticate dalle parti.
Un discorso «politicamente» - ma di politica sindacale - più delicato è quello della clausola n. 7, che prevede l'interessamento del livello interconfederale nei casi di crisi del negoziato. Nella contrattazione pubblica, così come in quella privata, questa clausola non è stata mai scritta.
È a tutti noto, però, che almeno nella contrattazione pubblica - ho qualche esperienza di quella privata e posso dire lo stesso anche a quel riguardo - l'intervento interconfederale, quando necessario, non è mai mancato. Magari può aver creato dei problemi nei rapporti e qualche tensione al tavolo, ma laddove necessario, lo ripeto, tale intervento non è mai mancato. Bisognerà vedere, con le stesse confederazioni, come disciplinarlo o se lasciarlo alla prassi.
Devo dire, però, che nelle situazioni più complesse dell'esperienza della contrattazione pubblica, pur senza essere disciplinato, l'intervento interconfederale ha già esplicato i suoi effetti positivi, aiutando a superare situazioni di crisi del negoziato.
Quanto al discorso della clausola n. 6, relativamente al meccanismo della copertura economica per la vacanza contrattuale, penso che anche questo sia un


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elemento di razionalizzazione. La Commissione sa bene che, in questa fase, la vacanza contrattuale doveva essere oggetto di un nuovo accordo da raggiungere a seguito di atto di indirizzo in sede ARAN. Il fatto che possa essere data una disciplina ex ante sicuramente può semplificare questa fase e costituisce un ulteriore snellimento della procedura.
Il protocollo insiste molto e valorizza enormemente la contrattazione di secondo livello. Sicuramente questo è uno di quei capitoli che, per quanto riguarda la contrattazione pubblica, avrà il massimo di implementazione e di sinergia dalle disposizioni contenute nel disegno di legge, che ad esso dedicano una grande parte, non solo per quel che attiene alla disciplina della dirigenza, ma anche per quel che riguarda la valutazione, la retribuzione di risultato e via discorrendo.
Per quanto riguarda la contrattazione pubblica, innanzitutto ritengo debba essere richiamato che, in questo ambito, a differenza di quella privata, la contrattazione di secondo livello era già un obbligo di legge. Quindi, su questo non vi è una grande innovazione. L'altro elemento da sottolineare è che la contrattazione di secondo livello era ed è svolta attualmente - secondo percentuali che abbiamo registrato in sede ARAN - in circa il 98 per cento delle amministrazioni pubbliche. Anche questo, dunque, potrebbe apparire un elemento di minore innovazione.
Un ambito, però, nel quale è necessario intervenire - e questo non sfugge ad ARAN - è quello della qualità della contrattazione di secondo livello. ARAN sa bene, infatti, che la contrattazione che si è svolta fino adesso ha privilegiato, specialmente quella di secondo livello, nella fase dell'attuazione, il riconoscimento di indennità fisse o, comunque, di meccanismi di distribuzione a pioggia che non hanno consentito la valutazione dell'apporto del singolo e una concreta valutazione dei risultati.
Va detto che la contrattazione di livello nazionale ha già fatto passi avanti nella direzione auspicata dal protocollo e dallo stesso disegno di legge. Gli ultimi contratti quadriennali che sono stati sottoscritti hanno esplicitato sia il divieto di fare distribuzioni a pioggia, sia il divieto di valorizzare la mera anzianità nelle progressioni interne, sia l'esigenza di istituire sistemi di valutazione che consentissero di realizzare appunto una valutazione dei risultati degli uffici, nel loro complesso e singolarmente, ma anche dei singoli all'interno degli uffici.
L'impegno di tutti è che questi princìpi della contrattazione nazionale siano concretamente realizzati nella contrattazione di secondo livello, che si sta avviando. Questo è il vero impegno ed è anche quanto è stato richiesto dal Parlamento - a tale riguardo, trovo che la sollecitazione possa essere efficace - laddove sono stati introdotti nuovi meccanismi affinché le amministrazioni possano adeguatamente riferire agli organi di controllo sui contenuti della valutazione. Mi riferisco alle schede che devono essere compilate e trasmesse non solo ai Ministeri dell'economia e delle finanze e a quello per la pubblica amministrazione e l'innovazione, ma anche alla Corte dei conti per consentire questa verifica. Ritengo che la sinergia tra le misure che avete già adottato, quelle auspicate nel protocollo, quelle contenute nella contrattazione e le ulteriori che ci indicherete con il nuovo disegno di legge, possa veramente riuscire a raggiungere la valorizzazione del risultato.
Tali risultati non saranno raggiunti immediatamente, ma si può avviare quel percorso virtuoso che può portare a questa modifica del sistema, alla valorizzazione del risultato auspicata anche dal Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione.
Per quanto concerne la contrattazione di secondo livello, l'ampia applicazione della stessa nel settore pubblico rende meno attuale quella clausola così importante per il settore privato, la clausola n. 15 dell'elemento economico di garanzia, laddove non operi la contrattazione di secondo livello. È evidente che, laddove la contrattazione c'è stata, l'elemento non opera.
Bisogna anche aggiungere che, nel pubblico, i casi in cui la contrattazione non c'è


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stata, specialmente nel mondo delle autonomie, nella maggior parte dei casi non sono addebitabili a una non volontà di contrattare, bensì alle condizioni economiche dell'ente che rendono impossibile la contrattazione stessa.
La contrattazione negli enti locali può essere svolta sempre che ci sia il rispetto del patto di stabilità. Nel caso in cui l'ente non abbia rispettato il patto di stabilità non può avere luogo la contrattazione. Quindi, dovrebbe essere chiarissimo che l'elemento di garanzia può operare solo a condizione che vi sia un diniego di sedersi al tavolo da parte dell'amministrazione, ma non può superare quelle ipotesi di dissesto dell'ente che assolutamente sconsigliano l'apertura di qualsiasi tipo di contrattazione di secondo livello.
Andando velocemente a concludere, vorrei richiamare soltanto alcuni brevi cenni. Il protocollo valorizza molto la bilateralità. Devo dire che nell'ambito della contrattazione pubblica abbiamo degli elementi di bilateralità, anche se la stessa non può svilupparsi compiutamente come nel privato. Ciò accade perché, come è noto, in sede di contrattazione nazionale e di contrattazione di secondo livello, ARAN può fare riferimento solo alle risorse a disposizione per la contrattazione. La contrattazione non può - e io ritengo non debba - assolutamente incidere sui bilanci pubblici. Si deve continuare a evitare che la contrattazione nazionale disponga interventi direttamente a carico del bilancio degli enti, anche perché è evidente che una norma del genere sarebbe sicuramente bocciata in sede di controllo, se non dal Ministero dell'economia e delle finanze, dunque dal Governo, sicuramente dalla Corte dei conti. La limitatezza delle risorse della contrattazione, quindi, fa sì che gli strumenti bilaterali abbiano avuto minore sviluppo nell'ambito pubblico.
Mi sembra, però, doveroso ricordare un grande esempio di bilateralità nel settore pubblico, quello dei fondi di previdenza complementare, che sono stati realizzati tramite la contrattazione e che stanno progressivamente interessando e coprendo tutti i comparti.
Ci sono, poi, alcune clausole riconducibili al principio di bilateralità nel comparto delle regioni e delle autonomie locali. Ad esempio, risorse che derivano dalle contravvenzioni stradali sono destinate a finalità assistenziali e previdenziali a favore del personale della polizia locale.
Inoltre, sempre nel comparto delle autonomie locali, la contrattazione collettiva, con forme di bilateralità, gestisce forme di mobilità guidata del personale. Il campo dove sicuramente gli strumenti della bilateralità potrebbero dare grandi risultati nel pubblico è proprio quello della mobilità guidata. Tuttavia, lo ripeto, devono esserci specifiche risorse a ciò destinate proprio perché non si può automaticamente incidere sui bilanci degli enti.
Oltre alla bilateralità, si fa riferimento anche alle procedure di conciliazione ed arbitrato. Mi sembra di avere inteso che sono più quelle collettive che quelle individuali. Sotto il profilo dei metodi di risoluzione concordati, nel pubblico abbiamo l'interpretazione autentica dei contratti fatta dalle medesime parti che hanno stipulato i contratti nazionali stessi. Ultimamente, per le posizioni di alcune sigle, queste procedure non hanno molta efficacia, ma esistono e possono essere ulteriormente valorizzate.
Da ultimo, sulla rappresentatività, mi ha fatto molto piacere leggere nei lavori della Commissione sulla materia delle relazioni industriali che da alcune parti è stato apprezzato il sistema che ARAN ha realizzato, devo dire con grande sacrificio e grande competenza di tutti coloro che mi hanno preceduto nell'incarico che oggi ho l'onore di ricoprire. Si tratta di un sistema frutto della fatica e dell'impegno della struttura dell'ARAN, alla quale voglio tributare onore, e mi fa piacere sia stato riconosciuto.
Sappiamo bene che tale sistema non è perfetto, ma ci fa piacere sapere che è quello più apprezzato attualmente nell'ordinamento italiano. Ritengo che il protocollo contenga notevoli elementi che porteranno alla semplificazione del sistema. Ad esempio, la triennalità consentirà di non dover fare verifiche biennali, ma


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triennali; quindi, la rilevazione delle deleghe e le elezioni, con la cadenza triennale, consentiranno al sistema, almeno al nostro interno, di svolgersi con maggior ordine e maggior funzionalità.
Naturalmente è un sistema che, essendo pubblico, è a disposizione - lo è sempre stato - di tutti. ARAN è pronta a mettere la sua esperienza a disposizione di qualsivoglia soggetto sarà chiamato a svolgere questa attività, anche per quello che riguarda il settore privato.
Ringrazio il presidente e tutti i componenti della Commissione per l'attenzione.

PRESIDENTE. Ringrazio il presidente dell'ARAN anche per l'articolazione precisa della relazione.
Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

GIULIANO CAZZOLA. Presidente Massella, vorrei rivolgerle una domanda che non ha nulla a che fare con l'accordo quadro realizzato nello scorso mese di gennaio, ma riguarda un tema che costituisce ugualmente un problema. Noi stiamo esaminando in Commissione un progetto di legge a firma dei parlamentari eletti dagli italiani all'estero. È una proposta bipartisan, alla quale hanno partecipato tutti; ne è relatore in Commissione l'onorevole Di Biagio, che oggi non è presente.
Nella relazione di accompagnamento alla proposta di legge si legge che l'ARAN ha determinato che solo i destinatari del contratto collettivo nazionale di lavoro possono partecipare alle elezioni delle RSU. Ciò esclude dal diritto di voto gli impiegati in possesso di un contratto regolato dalla legge locale. Ci si riferisce, in questo caso, al personale delle rappresentanze internazionali, cioè delle ambasciate.
Signor presidente, credo che sarebbe un elemento positivo se riuscissimo a evitare di predisporre una legge su un argomento che potrebbe essere risolto con prassi consuete. Se, poi, ci sono degli impedimenti normativi insuperabili, allora procederemo con l'esame della proposta di legge.
Mi era sorto questo dubbio ascoltando il relatore che proponeva una disciplina legislativa per risolvere un problema, che a mio parere potrebbe trovare una soluzione alternativa.
Le consegno tutto il materiale. Lei, ovviamente, non è tenuto a darmi una risposta adesso, ma mi pare che sia utile ai lavori nostri e della sua Agenzia.

CESARE DAMIANO. Vorrei ringraziare il presidente dell'ARAN, avvocato Massella, per aver svolto una relazione molto circostanziata e precisa, che ci è utile.
È molto importante continuare questa discussione sul tema del modello contrattuale, soprattutto perché - lo sappiamo - essa avviene dopo la conclusione di un accordo quadro che non porta le firme di tutte le organizzazioni sindacali. Non voglio argomentare a questo proposito, perché questa non mi sembra la sede più opportuna.
A nessuno, però, sfugge il fatto che la mancata firma da parte della CGIL, che è la maggiore organizzazione sindacale, su un tema che riguarda gli assetti contrattuali non è un elemento di semplificazione, ma di complicazione del sistema. È evidente, infatti, che proprio la natura di questa materia richiederebbe il massimo di convergenza. Di solito, è preferibile avere la convergenza, ma su questo tema sarebbe stato perfino obbligatorio.
Avremo modo, comunque, di fare le nostre discussioni politiche. Quel che adesso mi interessa è formulare qualche domanda e avere qualche chiarimento su questo argomento.
Lei ha detto molto chiaramente - e io condivido la sua affermazione - che siamo di fronte ad un accordo quadro. È necessario che questo punto sia molto chiaro. Ebbene, di accordi quadro ne abbiamo visti tantissimi nella storia delle relazioni sindacali. Penso, ad esempio, andando molto indietro nel tempo, al 1983, al patto anti-inflazione dell'allora Ministro Scotti. Poi ci furono altre stagioni, il 1992 e il 1993.
Gli accordi quadro, per loro natura, tracciano una strada e poi vanno applicati.


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Questo è il punto: tale accordo quadro andrà applicato. Immagino - parlo del sistema nel suo complesso, non tanto del settore pubblico nello specifico - che questa applicazione sarà oggetto di successivi accordi interconfederali. Dopodiché, dagli accordi interconfederali di settore e di comparto ci sarà una traduzione di queste norme nell'ambito dei dispositivi dei contratti nazionali di lavoro. È evidente, insomma, che ci sarà un recepimento.
Essendo stato testimone protagonista del recepimento del protocollo del 1993 nel contratto nazionale dei metalmeccanici del 1994, so bene quali elementi di complicazione derivino da questi recepimenti. Pensi, avvocato Massella, che quel contratto del 1994, l'unico nella storia dei metalmeccanici senza un minuto di sciopero e perfino concluso nell'ambito della moratoria - eravamo freschi di partecipazione e concertazione (lo ripeto, era il 1994) - si giocò su una parola, per quanto riguarda la contrattazione di secondo livello: «anche». Si discusse cioè se quegli elementi retributivi potevano essere totalmente variabili o anche totalmente variabili. Ebbene, aggiungendo «anche» stipulammo il contratto dei metalmeccanici che recepì il protocollo del 1993. Sabatini era segretario generale, io ero segretario generale aggiunto ed ebbi il compito di fare il contratto, che infatti conclusi.
Sembrano questioni di lana caprina, ma una parola fa la differenza. Come sa Giuliano Cazzola, nelle relazioni sindacali una parola può illuminare e dare senso. In quel caso, il termine «anche» aggiunto a «totalmente variabili» poteva prevedere una quota di salario non totalmente variabile e, quindi, stabilizzato in busta paga.
Prevedo che il passaggio dall'accordo quadro alla traduzione interconfederale e di categoria sarà un punto molto delicato. Ad esempio, farà la differenza se anche l'associazione sindacale non firmataria, la CGIL, siederà al tavolo dell'applicazione. Io penso che essa siederà a quel tavolo e questo sarebbe un passo avanti. Auspico che ciò avvenga, perché è evidente che nella traduzione di dispositivi così complessi, e per loro natura ambigui, potrebbero emergere soluzioni di chiarimento.
Credo che se qui, grazie anche al presidente Saglia e a tutti coloro che hanno inteso continuare queste audizioni, noi potessimo aiutare questi chiarimenti e favorire una ricomposizione faremmo del bene al sistema e al Paese. Ritengo che questo sia l'intendimento. Quindi, concordo sul fatto che siamo di fronte ad un punto fondamentale che è quello dell'accordo quadro.
La seconda questione riguarda la contrattazione nel comparto pubblico. Ho seguito molto attentamente le sue argomentazioni, presidente Massella. Nel modello abbiamo una convergenza, richiesta dal Governo, fra settore pubblico e privato. Tutti sanno che questa parte pubblica è stata inserita per volontà del Governo a conclusione di questo confronto. Ebbene, chiedo se tale convergenza dichiarata e voluta non è contraddetta dal fatto che, per quanto riguarda il recupero dello scostamento fra indice previsionale e inflazione reale - in questo caso depurata dai costi dell'energia importata - settore pubblico tale recupero scatta a partire dal secondo triennio, e non nell'ambito del primo triennio di vigenza del contratto, e dalla circostanza che tale indice è pur sempre sottoposto alle compatibilità di bilancio. Tutto questo, in realtà, non porta ad uno scostamento nel funzionamento del modello? Nel caso in cui lei convenisse che esiste tra l'affermazione e il modello uno scostamento, all'atto pratico si potrebbe intervenire attraverso un'applicazione che in qualche modo renda coerente il risultato tra settore pubblico e settore privato, per quanto riguarda il recupero dell'inflazione? Questo mi sembra un primo argomento di discussione.
Il secondo argomento riguarda la contrattazione di secondo livello. Lei ha giustamente affermato che in questo caso non ci troviamo di fronte ad una forte innovazione. Semmai, nel settore pubblico, abbiamo applicato fortemente, cioè al 98 per cento, a livello decentrato la contrattazione, cosa che non avviene nel settore privato. Tale settore ha, infatti, dei comportamenti


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molto difformi derivanti, in primo luogo, dal modello organizzativo dell'impresa e dalla sua dimensione (tanto più è grande, tanto più si contratta), in secondo luogo, dalla forza del sindacato e dalla sua coesione (maggiore è la coesione, maggiore è la contrattazione). Di conseguenza, abbiamo una rarefazione di presenza di contrattazione di secondo livello nei settori del terziario, del commercio e della piccola impresa. L'artigianato, infine, obbedisce ad un modello particolare.
Convengo sul fatto che una quota di questa contrattazione così estesa (98 per cento), anche come forza di legge, non abbia sempre obbedito a criteri di produttività e di riconoscimento del merito, ai quali personalmente tengo moltissimo. Per la mia esperienza industriale so quanto sudore bisogna versare per arrivare ad un risultato che abbia un corrispettivo retributivo; il numero di macchine prodotte è sotto gli occhi di tutti ed esso comporta uno sforzo fisico e mentale delle persone, un impiego delle loro capacità, oltre che della tecnologia e degli impianti per ottenere la qualità, ad esempio, del prodotto finale. È vero che, in questo settore, alle volte, si punta più su anzianità, riconoscimento di indennità o su una distribuzione a pioggia.
Mi auguro che questo modello possa incentivare maggiormente il riconoscimento dello sforzo del gruppo o dell'individuo. Lei ha affermato che il disegno di legge sul lavoro pubblico attualmente in discussione in questo ramo del Parlamento, a suo parere, aiuterebbe tale processo. Mi permetto di dissentire, come ho precisato ieri in Aula.
Passo, quindi, alla domanda. Poiché, proprio a seguito della presentazione di questo disegno di legge del Ministro Brunetta, noi ravvisiamo una crescente presenza del ruolo della legge a scapito della contrattazione nel settore del pubblico impiego, lei non pensa che questa invasione della legge nel campo della contrattazione del pubblico impiego, unitamente al fenomeno di centralizzazione delle decisioni, fino alla subordinazione delle erogazioni salariali in un ambito che sfugge al merito della contrattazione, possa compromettere il risultato che si vorrebbe raggiungere, ossia il premio ai meritevoli? Questo è un perno fondamentale per la modernizzazione della pubblica amministrazione. Su questo mi permetto, quindi, di manifestare un dissenso o un dubbio che mi piacerebbe fosse chiarito.
La terza questione riguarda la bilateralità. Lei ha accennato alla previdenza complementare ed è perfettamente consapevole che questo è purtroppo un tema irrisolto per quanto riguarda il pubblico impiego. Le chiedo, quindi, se lei ritenga che la questione della bilateralità possa preludere alla possibilità di una copertura complementare di previdenza anche per il lavoro pubblico, che è fondamentalmente escluso da tale beneficio, con un minor risultato rispetto al settore privato per quanto riguarda la questione previdenziale.
L'ultima questione riguarda la rappresentatività. Questo mi sembra un punto molto importante evocato dal protocollo, che io giudico in termini positivi. Sappiamo che la rappresentatività delle organizzazioni sindacali è fondamentale nel comparto pubblico, ed è regolata per legge. Ciò che chiedo è se esiste una difformità fra questo protocollo - che, se non ho capito male, riferisce il peso della rappresentatività sindacale esclusivamente agli iscritti certificati, ad esempio, presso l'INPS o altri istituti analoghi - e la legge Bassanini precedente, che invece, giustamente, misura il concetto di rappresentatività attraverso due indicatori, quello degli iscritti e quello dei voti conseguiti nell'ambito delle elezioni delle rappresentanze sindacali unitarie. Esiste uno scostamento? C'è l'intenzione di derogare da quell'assetto? Non ritiene, avvocato, che tale assetto che regola la rappresentatività nel pubblico possa essere efficacemente traslato anche per regolare la rappresentatività nel settore privato? Ciò prendendo spunto, in primo luogo attraverso un'azione autonoma delle parti sociali, per una legislazione di sostegno che ratifichi questa previsione e per la quale noi ci


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renderemmo ovviamente disponibili, persino attraverso un accordo tra maggioranza e opposizione.
Erano questi gli interrogativi che mi sentivo di sottoporle, anche perché devo ancora una volta riconoscere la qualità assolutamente preziosa e importante del vostro intervento.

PRESIDENTE. Do la parola al presidente dell'ARAN per la replica.

MASSIMO MASSELLA DUCCI TERI, Presidente dell'ARAN. Innanzitutto vorrei ringraziare l'onorevole Cazzola per la documentazione che ci ha consegnato.
Devo aggiungere che sicuramente presteremo la massima attenzione alla questione sollevata, perché l'esclusione di quel personale è dipesa dal fatto che il rapporto di lavoro, in quel caso, non è regolato dalla legge italiana, ma direttamente dalla legge del Paese ove esso svolge il proprio lavoro.
Se non ricordo male, e come mi riferivano i dirigenti dell'ARAN, esiste una legge che ci ha imposto questo. Come ARAN, ci riserviamo comunque di svolgere un'attenta verifica e, magari, di segnalarle quale norma ce l'ha imposto. Laddove, invece, non esista un vincolo legislativo, nel prossimo atto di indirizzo che riceveremo per disciplinare questa materia richiameremo l'attenzione del Dipartimento della funzione pubblica perché venga eventualmente ampliato anche a queste categorie di personale.
Secondo quanto ricordo, abbiamo un vincolo legislativo e per questo correttamente è stata presentata la proposta di legge. Tuttavia, ci riserviamo di farle avere un appunto preciso quanto prima. In ogni caso, la ringrazio ancora, a nome dell'ARAN, per averci segnalato questo problema. Laddove possibile, infatti, vorremmo risolvere i problemi e non certo continuare a tenerli in vita.
Ringrazio l'onorevole Damiano per le numerose domande che mi ha posto. Spero di essere abbastanza soddisfacente nelle risposte che mi accingo a dare.
Sono pienamente convinto anch'io che, trattandosi di un accordo quadro - e lo stesso Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione ritiene che la categoria di questo protocollo sia quella dell'accordo quadro - bisognerà passare attraverso gli accordi interconfederali di settore e, successivamente, attraverso l'applicazione nei contratti nazionali.
Ad ogni modo, proprio in quanto si tratta di accordo quadro e presenta l'assoluta esigenza di essere adeguatamente implementato, mi permetto di richiamare l'attenzione non solo della Commissione ma anche - tramite lei, signor presidente, e tramite tutti voi - dell'intero Parlamento sul fatto che il disegno di legge che state esaminando - che già contribuisce, in alcuni ambiti, a dettare le linee di questa implementazione - può aiutare anche a risolvere i problemi di implementazione dell'accordo.
Di solito, come sappiamo, le organizzazioni sindacali firmano un protocollo d'intesa, un accordo quadro, ma poi sono le prime a chiedere la legislazione di sostegno per la sua implementazione. Questa non è una prassi nuova. Anche io, infatti, nel 1994 ho avuto l'onore di sedere a quel tavolo - ero capo di gabinetto dell'allora Ministro del lavoro professor Gino Giugni - e ricordo bene quell'«anche» che allora poté risolvere una trattativa particolarmente complessa. So che anche coloro che attualmente siedono ai tavoli, pur nella diversità delle posizioni, hanno la capacità e la sensibilità per trovare questo tipo di soluzioni nell'implementazione degli accordi.
Penso che il percorso degli accordi interconfederali sarà una via maestra. Tuttavia, è evidente che gli stessi accordi interconfederali potranno avere maggior valore e maggiore efficacia laddove ricevano delle chiare linee di indirizzo, magari anche dal legislatore. Ritengo che il disegno di legge approvato al Senato contenga già alcune disposizioni che, comunque, dovranno essere presenti nelle implementazioni future. Le disposizioni sulla dirigenza, ad esempio, anche se non sono atto di indirizzo, costituiscono evidentemente un elemento che il comitato di settore ha fornito ad ARAN e che ARAN tiene presente


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per il rinnovo del contratto della dirigenza, le cui trattative sono attualmente in corso.
Per quanto riguarda l'indicazione di chi debba sedere a quel tavolo, questa non è una decisione che compete ad ARAN e naturalmente non tocca a me rispondere. Tuttavia, è evidente che sono state fornite tutte le soluzioni. Anch'io auspico che il tavolo possa essere il più ampio possibile, perché è logico che più numerosi sono i soggetti che condividono un accordo, più facile è realizzarlo.
Per quanto riguarda il modello del settore pubblico e il discorso dello scostamento, ho già accennato che, quando si parla di settore pubblico, è necessario utilizzare elementi di cautela determinati dalle esigenze di finanza pubblica che, come sappiamo, sovrintendono sempre alle attuazioni. In questa fase abbiamo vincoli particolarmente complessi. La crisi attuale richiede un'attenzione speciale circa le politiche di finanza pubblica. Vediamo che si cerca di contenere alcune spese e mi sembra che anche il rinnovo del recente biennio contrattuale abbia consentito al settore pubblico di contribuire ad affrontare la crisi accettando, per coloro che hanno firmato il secondo biennio, delle risorse minori rispetto a quelle che forse potevano essere auspicate inizialmente. Si è accettato il tasso dell'inflazione programmata per quello che era.
Questo, dunque, mi sembra un elemento di cautela ma, anche in questo caso, sarà poi la stessa implementazione che indurrà i datori di lavoro pubblici - mi riferisco non solo allo Stato centrale, ma a tutto il mondo delle autonomie - a valutare se tenerne conto al 100 per cento o se fare meno.
Per quello che riguarda la previdenza complementare, è vero che nel settore pubblico essa non è ancora partita del tutto. Ciò è dovuto, come è noto, non solo alla difficoltà di introdurre nella mentalità dei lavoratori - sia pubblici che privati - questa forma di previdenza, ma anche ai diversi trattamenti fiscali previsti per la previdenza complementare pubblica e per quella privata, che in parte penalizzano la prima.
Per quanto riguarda la rappresentatività, presumo che non sia stata compiutamente disciplinata, ma anche in questo caso si fa rinvio ad un successivo accordo. Tale accordo potrà anche non escludere il sistema delle votazioni, però bisognerà tener presente che le votazioni avvengono nelle imprese che hanno un maggior numero di dipendenti. Nelle imprese che hanno un minor numero di dipendenti probabilmente sarà necessario trovare altre formule di votazioni - se accettate - eventualmente collegate alla territorialità o ad una dimensione provinciale. Difatti, in aziende private con pochissimi dipendenti, prevedere tale elemento potrebbe non essere funzionale alle esigenze che si perseguono.
Mi scuso per la necessaria brevità e ringrazio tutti per l'attenzione prestata.

PRESIDENTE. Ringraziamo il presidente Massella. Il contributo offerto alla nostra indagine da parte dell'ARAN è certamente molto prezioso.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 11,35.

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