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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione XI
6.
Giovedì 23 giugno 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Moffa Silvano, Presidente ... 2

INDAGINE CONOSCITIVA SUL MERCATO DEL LAVORO TRA DINAMICHE DI ACCESSO E FATTORI DI SVILUPPO:

Audizione di rappresentanti dell'Unione province d'Italia (UPI):

Moffa Silvano, Presidente ... 2 6 8 11
Cazzola Giuliano (PdL) ... 7 11
Damiano Cesare (PD) ... 7
Fedriga Massimiliano (LNP) ... 6
Gatti Maria Grazia (PD) ... 6
Repetto Alessandro, Presidente della provincia di Genova ... 2 8 11

ALLEGATO: Documentazione presentata dai rappresentanti dell'Unione province d'Italia (UPI) ... 12
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Italia dei Valori: IdV; Iniziativa Responsabile Nuovo Polo (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): IRNP; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.

[Avanti]
COMMISSIONE XI
LAVORO PUBBLICO E PRIVATO

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di giovedì 23 giugno 2011


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SILVANO MOFFA

La seduta comincia alle 14,20.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti dell'Unione province d'Italia (UPI).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul mercato del lavoro tra dinamiche di accesso e fattori di sviluppo, l'audizione di rappresentanti dell'Unione province d'Italia (UPI).
Avverto che l'UPI ha messo a disposizione della Commissione una documentazione, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
Sono presenti, e li ringrazio, l'onorevole Repetto, presidente della provincia di Genova, e la dottoressa Samantha Palombo, dell'ufficio studi dell'UPI, responsabile dell'area del welfare.
Presidente, lei sa che noi ci stiamo occupando delle dinamiche di accesso nel mondo del lavoro e dei fattori di sviluppo, e la provincia, che è un riferimento importante sul territorio, soprattutto per quanto riguarda le dinamiche che concernono i servizi per l'impiego ma anche i processi formativi, è un interlocutore estremamente importante.
Nel ringraziarli ancora una volta per la loro presenza, do la parola ai rappresentanti dell'UPI.

ALESSANDRO REPETTO, Presidente della provincia di Genova. Grazie, presidente. Naturalmente rivolgo un cordiale saluto anche ai commissari. Sono lieto di poter esprimere a nome dell'UPI qualche riflessione per quanto riguarda il sistema e il mercato del lavoro, avendo in questi anni portato avanti alcune esperienze, come provincia di Genova, ma anche un lavoro sul piano nazionale in termini di coordinamento delle politiche del lavoro e della formazione.
La dottoressa Palombo ha consegnato una memoria che potrà essere esaustiva anche per quanto riguarda i singoli punti. Non desidero leggerla né tanto meno commentarla, ma sottopongo a questa Commissione soltanto alcune riflessioni di carattere generale, sulle quali mi auguro possa svolgersi successivamente un dibattito o, comunque, un confronto con i commissari e con il presidente.
Il tema del lavoro, oggi, è un tema centrale sul quale, non soltanto a livello governativo ma anche a livello di enti locali, ci stiamo proponendo come riferimento primario per ciò che concerne gli appuntamenti che abbiamo nell'ambito della nostra possibilità di governare il territorio.
Il mercato del lavoro, e quindi il lavoro di per sé, oggi presenta situazioni per certi versi preoccupanti, ma per altri versi addirittura drammatiche, in relazione anche al fatto che continuiamo a notare, sempre di più, in una visione di carattere generale,


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una situazione a macchia di leopardo e, quindi, come tale, abbastanza difficile da cogliere nella sua interezza. Naturalmente, tutto ciò fa rilevare l'esigenza, sotto il profilo legislativo, ma anche sotto il profilo del metodo, di configurare delle soluzioni che possano risolvere alcuni problemi.
Le province sono praticamente non solo gli enti locali delegati, in questo momento, a svolgere un'azione di monitoraggio e di controllo per ciò che concerne la spesa e quindi l'erogazione dei fondi sociali europei, ma sono anche gli enti attuatori di una politica formativa e delle politiche attive del lavoro. Esse sono il punto di riferimento e l'osservatorio principale per quanto concerne questo mondo.
Una prima osservazione che vorrei fare è che si nota un certo scollamento tra politiche centrali e politiche regionali. Spesso i due ruoli vengono un po' capovolti. Si ha la sensazione che, nel momento in cui da parte dello Stato centrale si addiviene a una situazione di decentramento, si ricada poi in un centralismo regionale, quindi in una situazione non duttile e, nello stesso tempo, in una certa rigidità non soltanto per quanto concerne l'aspetto normativo, ma anche per quanto concerne la rete complessiva che si viene a determinare su questo grande tema del lavoro e del mercato del lavoro.
Per questo motivo, dico che oggi ci sono grandi differenze tra Nord, Centro e Sud, ma anche tra le regioni che compiutamente e in maniera totale hanno delegato le funzioni alle province e quelle che, invece, hanno ritenuto di costituire, attraverso un'elaborazione programmatica ma anche di carattere attuativo a livello regionale, una posizione che, tutto sommato, diventa di difficile comparazione rispetto ad altre esperienze.
Nel momento in cui abbiamo la possibilità di comparare situazioni analoghe, quindi di totale decentramento di funzioni alle province, all'interno di un coordinamento di carattere generale per le politiche regionali, ci rendiamo conto che c'è una maggiore consistenza, per quanto riguarda l'efficacia e anche le performance, non soltanto sul dato che, oggi come oggi, diventa l'elemento qualificante - ma, a mio avviso non deve essere l'unico in termini di lettura, in particolare per quanto riguarda le funzioni sul mercato del lavoro - dell'incontro tra domanda e offerta. Abbiamo risultati che vanno da un semi-fallimento di alcune situazioni a livello regionale attorno al 3 per cento a performance, invece, che ruotano attorno al 12-14 per cento; il che vuol dire che, effettivamente, quelle province e quelle regioni che sono riuscite a decentrare, sono riuscite anche a cogliere i bisogni del mercato e i bisogni di un'utenza che diventa sempre più difficile non soltanto in termini gestionali, ma anche in termini di approccio e di avvicinamento.
Un secondo elemento che vorrei far osservare è che la diversità delle competenze sui diversi settori - quindi la formazione, in particolare la formazione professionale delegata alle regioni, nell'ambito di una definizione di diritto e dovere allo studio e nell'ambito di un'esigenza che è quasi più coltivata dalla pubblica istruzione piuttosto che, ad esempio, dal Ministero del lavoro - comporta qualche volta uno scollegamento tra interventi formativi e politiche del lavoro.
Ne consegue, oltretutto, che le politiche attive del lavoro risultano marginali rispetto alle politiche passive. Un primo elemento che sottopongo a questa Commissione è l'esigenza di addivenire in maniera piena al completamento della legge n. 30 del 2003 per ciò che concerne la riforma degli ammortizzatori sociali.
Oggi i centri per l'impiego, che sono il punto di riferimento sotto il profilo attuativo di queste politiche attive, sono molte volte percepiti a livello quasi assistenziale. In molte situazioni, oso dire, anche a livello di UPI, che siamo diventati un braccio di welfare, ma un welfare che, tutto sommato, non ha gli strumenti nemmeno per dialogare con gli altri soggetti interni al mercato del lavoro che possono effettivamente erogare la corrispondente attività di welfare passivo.
Mi riferisco, in particolare, a una mancanza di compenetrazione, anche in termini


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di colloquio, di dialogo, di trasmissione di dati, per quanto concerne l'INAIL, l'INPS. Noi stiamo cercando di creare - porto l'esperienza di Genova e della Liguria - con qualche fatica la cosiddetta «casa del welfare» per il lavoro, in maniera tale che il soggetto che si rivolge a questa unica community abbia la possibilità di avere di fronte un interlocutore che spazia da una situazione di carattere previdenziale o, comunque di sostegno, all'INPS che ha, a sua volta, una corrispondente attività sotto il profilo dell'erogazione a sostegno del reddito, ai centri per l'impiego, alla provincia o agli enti che ruotano attorno a questa rete. Tutto questo serve per poter venire incontro al cittadino che in quel momento ha l'esigenza primaria del lavoro e, quindi, offrirgli un'opportunità unica.
Oltre al tema degli ammortizzatori sociali, che deve essere senz'altro portato all'attenzione del Governo come elemento primario, un altro aspetto che mi piace sottolineare è che il pubblico, spesso, viene visto come un elemento centrale, ma nello stesso tempo con funzioni squisitamente sussidiarie rispetto a una competenza che, invece, deve andare oltre le attribuzioni legislative. I centri per l'impiego, infatti, vengono vissuti ancora per certi versi - con il Ministero del lavoro e anche con la regione abbiamo avuto qualche elemento di confronto e anche di scontro - quasi come forme moderne di uffici di collocamento; non ci si rende invece conto del fatto che tali centri, in particolare per quanto riguarda l'attivazione di servizi che, nel loro stesso ambito, possono essere erogati direttamente, ma io direi gestiti in termini di rete, possono diventare, anche in termini di terzietà, fautori di una capacità di valutare, di monitorare e nello stesso tipo di distribuire servizi in termini corretti rispetto ai soggetti, anche privati o del privato sociale, che ruotano sul territorio.
Questo è un elemento di grande opportunità che noi cerchiamo di sostenere e di portare avanti. Recentemente, anche da parte del Ministero del lavoro c'è stato un ripensamento sul ruolo dei centri per l'impiego e mi auguro che questo ruolo possa diventare centrale, non tanto per ciò che i centri possono fare, ma per quanto possono rappresentare in termini di coordinamento e di sistema di rete.
Continuo a ripetere anche ai miei collaboratori che se sul territorio, in termini di sussidiarietà, ci sono i privati o, meglio ancora, soggetti del privato sociale che svolgono un'attività di sostegno e nello stesso tempo anche di attuazione dei servizi che distribuiamo anche attraverso gare di appalto, allora ben vengano, anche in termini di accreditamento e per quanto riguarda gli standard qualitativi. Questi sono gli elementi verso i quali noi, anche come province, ci stiamo indirizzando.
Un altro aspetto che ritengo interessante portare alla riflessione di questa Commissione è la necessità di una maggiore sinergia tra momento formativo e inserimento e collocazione nell'ambito del mercato del lavoro. Notiamo, in particolare, questa disgiunzione per ciò che concerne le competenze tra regioni e Ministero del lavoro; molte volte, sia a livello regionale che a livello provinciale, le due funzioni sono separate. Abbiamo, praticamente, interfacce diverse anche a livello regionale, perché abbiamo assessorati alla formazione inseriti nell'ambito di una delega che comprende anche la pubblica istruzione, e dall'altra parte assessorati alle politiche attive del lavoro che difficilmente, se non attraverso delle situazioni sinergiche che vengono mediate dal presidente della Giunta regionale, dialogano fra di loro.
Questo è ulteriormente aggravato dal fatto che l'orientamento di cui si parla, che oggi viene leggermente enfatizzato a livello di pubblica istruzione e di politiche del lavoro, è un orientamento sfaccettato. Non vorrei ricordare male ma, addirittura, oggi come oggi, l'orientamento è fortemente polverizzato tra migliaia e migliaia di enti che, di fatto, non riescono a coniugare una finalità che diventi comune.
Anche il tema dell'orientamento, con riferimento al concetto di formazione continua che parte dalla scuola e va ad inserirsi in un contesto in cui c'è una


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diretta dipendenza tra elemento scolastico e professionale e universitario rispetto al mondo lavorativo, è uno degli elementi sui quali il legislatore - in particolare attraverso una delega alle regioni, in maniera più compiuta e più sinergica - deve necessariamente porre l'attenzione.
Questo comporta che si assista qualche volta a un dibattito, anche mediatico, attraverso il quale si perviene al risultato che le performance all'interno delle politiche del lavoro e del mercato del lavoro sono insufficienti e ci si sente dire che ci sono molte professioni che non riescono ad essere soddisfatte in termini occupazionali perché non c'è una capacità di realizzare questi momenti occupazionali nel profilo corrispondente.
Ci sono risultati, anche in termini di singole province, davvero notevoli. Mi auguro che queste esperienze possano essere portate anche a livello nazionale. Nella mia provincia, attraverso un colloquio avuto con le categorie rappresentative e con le organizzazioni sindacali, abbiamo portato avanti, prima ancora che si parlasse di istituto tecnico superiore - e, anzi, sul nostro modello è intervenuto proprio il Ministro Gelmini e, ancora prima, il Ministro Fioroni per capire con esattezza anche in termini di contenuti - un dialogo molto serrato, prima a livello provinciale e poi a livello regionale, con il mondo dello shipping e delle politiche del mare nel suo complesso. Ci siamo resi conto, attraverso questi monitoraggi, che, all'interno di queste politiche e per quanto riguarda gli aspetti occupazionali, vi erano delle carenze derivanti dal fatto che le situazioni scolastiche che fuoriuscivano dagli istituti tecnici, quali gli istituti nautici, non erano corrispondenti alle esigenze degli armatori di nuove navi.
Ci siamo posti in una situazione di collaborazione con il privato e, attraverso la provincia (51 per cento), Confitarma, Associazione spedizionieri, Assagenti, abbiamo costituito la prima Accademia italiana della Marina mercantile per la formazione degli ufficiali di bordo.
Attualmente abbiamo aperto una succursale anche a Torre del Greco. Abbiamo licenziato - lo dico con orgoglio e con piena soddisfazione - 214 ufficiali, di cui solo tre sono rimasti a casa, perché uno non ha voluto navigare e gli altri due hanno smesso dopo il primo impiego. I nostri ragazzi escono da questa scuola e sono automaticamente assunti dalle grandi società e dalle grandi compagnie di crociera. Con Confitarma e con le associazioni di categoria abbiamo attuato il piano di studi; abbiamo attuato dei piani di indirizzo, per cui di volta in volta abbiamo l'elasticità e la capacità di poter effettivamente corrispondere agli skill richiesti da parte dell'imprenditore; nello stesso tempo, abbiamo traslato questa esperienza sugli istituti tecnici superiori.
Stiamo realizzando un'analoga esperienza nel contesto di Sestri Ponente, che è il polo della tecnologia avanzata, perché lì abbiamo Finmeccanica, Selex Elsag, Datamat, Ericsson, con questa consuetudine di un rapporto tra pubblico e privato che sta dando dei risultati veramente notevoli.
Ho voluto portare questo esempio proprio perché, su questa corrispondente attualità, sulle province italiane si sono attuate politiche analoghe. Il pubblico che incontra il privato, ma lo incontra all'interno di una corrispondente esigenza, diventa a questo punto molto efficace e nello stesso tempo sposa le situazioni che si ribaltano anche nell'ambito scolastico.
Avevamo, ad esempio, un istituto nautico che era in fase decrescente per quanto riguarda le iscrizioni nonostante avesse un edificio completamente nuovo, e oggi ha visto crescere le iscrizioni del 60 per cento. Stiamo sperimentando analoghe esperienze laddove queste possibilità di incontro tra pubblico e privato hanno avuto una loro attuazione.
Vorrei concludere - quindi lascio la parola ai commissari per osservazioni, domande o anche critiche - dicendo che, oggi, siamo alla soglia di una situazione molto particolare e drammatica per quanto concerne l'occupazione giovanile. Non credo che gli strumenti tradizionali possano essere sufficienti per poter determinare una nuova occupazione.


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Personalmente ritengo che ci debba essere un grande patto di solidarietà tra impresa, privato e settore pubblico, in particolare enti locali e regioni. Accanto a questo, però, credo che ci debba essere un grande sforzo tra pubblica istruzione, Ministero del lavoro e, naturalmente, capacità professionali, in maniera tale che si possa realizzare una stretta compenetrazione e una grande sinergia per ciò che concerne quello che il mercato è in grado di offrire; io credo che la formazione e le politiche del lavoro possano addirittura anticipare i settori in cui in questo momento non siamo presenti sui mercati internazionali e sui quali, invece, potremmo essere effettivamente presenti.
Si svolgerebbe, quindi, un'azione di monitoraggio e di politiche attive del lavoro che giocano, per certi aspetti, in difesa, ma anche un'azione di attacco perché, attraverso la formazione e l'integrazione alle politiche del lavoro, abbiamo la possibilità di anticipare alcuni atteggiamenti di politica industriale e di politica economica che, eventualmente, potessero essere indicati.
Credo che questo possa essere un compito sia delle regioni sia dello Stato.

PRESIDENTE. Ringrazio il presidente della provincia di Genova per l'ampiezza della sua relazione e per la documentazione che ha fornito alla Commissione.
Do la parola ai deputati che intendano porre domande o formulare osservazioni.

MASSIMILIANO FEDRIGA. Ringrazio il rappresentante dell'UPI per l'intervento.
Chiedo semplicemente un chiarimento relativo al punto b) di pagina 4, laddove viene specificata la debolezza del nostro Paese, rispetto ad altri Paesi dell'Unione europea, per quanto riguarda le risorse umane all'interno dei servizi per l'impiego. Vorrei capire se questa correlazione tra minor risultato e minori risorse umane è presente anche all'interno del territorio nazionale, ovvero se, nel centro-sud, i minori risultati delle politiche per l'impiego siano anche dovuti al fatto che ci sono meno risorse umane in questo tipo di uffici.

MARIA GRAZIA GATTI. Anch'io ringrazio il presidente Repetto per la relazione che ha svolto a nome dell'UPI.
Penso che dalle osservazioni espresse dall'onorevole Repetto emerga la necessità di un intervento pubblico nel mercato del lavoro e nell'incontro fra domanda e offerta a livello territoriale. Il livello si può decidere in seguito, però deve essere sicuramente coordinato e messo in rete.
Provengo da un'esperienza come quella toscana, pisana in particolare, che ha dato buoni risultati da questo punto di vista. Abbiamo avuto, ieri, l'audizione di rappresentanti di AlmaLaurea e c'è stata una riflessione sulle necessità dal punto di vista delle figure professionali e via dicendo. Penso che le osservazioni espresse sul rapporto tra formazione e gestione dei servizi per l'impiego siano molto giuste. C'è sicuramente bisogno di questa compenetrazione.
La mia esperienza è quella di un Centro per l'impiego che raccoglie le esigenze e svolge momenti formativi di particolare interesse. Nella premessa della relazione si fa riferimento alla necessità di stabilire il rapporto tra centri per l'impiego e strumenti previsionali come Excelsior di Unioncamere. Vorrei sottolineare che proprio ieri abbiamo fatto, sempre con AlmaLaurea, una riflessione sulla tipologia degli strumenti. Direi che bisogna fare molta attenzione, perché se la previsione della necessità e della messa a disposizione sul mercato di certe figure si basa soltanto (così sembrerebbe accada con Excelsior) su numero di diplomati e numero di richieste delle aziende, senza tener conto per niente dei dati contenuti nei database dei centri per l'impiego, che riportano tutti i disoccupati iscritti con quella qualifica, secondo me è veramente essenziale integrare, ma aggiustando anche le modalità dell'integrazione. Il punto fondamentale è continuare a dire che si ha bisogno di conoscere in modo previsionale quali sono le esigenze di un territorio, ma bisogna sapere anche quali sono effettivamente le risorse a disposizione, non soltanto di


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personale neo-diplomato. Questo, secondo me, è un elemento da tener presente, altrimenti le difficoltà permangono.
Sono anch'io curiosa di conoscere il giudizio dell'UPI su questa situazione a macchia di leopardo. Conoscendo l'esperienza toscana faccio fatica nel verificare continuamente le difficoltà presenti in alcune province e la non influenza diretta dei centri per l'impiego su una serie di situazioni.

GIULIANO CAZZOLA. Ringrazio anch'io il presidente Repetto e mi scuso per non aver sentito gran parte della sua introduzione perché mi sono trattenuto in Assemblea; tuttavia, ho avuto modo di scorrere il documento che ci è stato fornito e questo mi consente di svolgere una considerazione e qualche domanda.
È aperto nel Paese un dibattito, del quale abbiamo avuto un segno anche la settimana scorsa alla Camera - dico subito che non lo condivido, ma questo non c'entra con la discussione di oggi - sulla questione della riduzione dei costi della politica e il taglio delle province.
I compiti nuovi affidati alle province con le riforme dei primi anni Novanta, in parallelo con le riforme intervenute nel mercato del lavoro, riguardano proprio il governo del mercato del lavoro.
Secondo me, è importante dare una valutazione di questa governance attuata dalle province, che peraltro troverebbe una collocazione difficile in un contesto in cui le province non esistono. Mi pare, tuttavia, che il giudizio che diamo su questo compito nuovo che le province hanno ricevuto è che si tratti di un elemento che porta a valutare più in generale la questione istituzionale.
Venendo alle domande, al punto d) di pagina 4 si fa un'affermazione molto secca e precisa (ovviamente, se il concetto è stato spiegato nella parte della relazione che non ho ascoltato, me ne scuso), ossia che le considerazioni svolte dimostrano il sostanziale fallimento del modello regionale di governo del mercato del lavoro. Chiederei un chiarimento su questo punto.
Al punto f), inoltre, si legge un'affermazione che merita, secondo me, una spiegazione almeno per capire la valutazione che ne fa il presidente: «dalle dinamiche del mercato del lavoro appare evidente come in alcune aree sia possibile una ripresa economica senza ripresa occupazionale e senza lavoro giovanile, a dimostrazione della necessità di investimenti più strutturati sul capitale umano e sul governo del mercato del lavoro».
Ovviamente, qui può esserci una ragione che si trova nella domanda o una ragione che si trova nell'offerta di lavoro o in entrambe. Mi pare che una spiegazione di questo passaggio sarebbe utile perché ci aiuterebbe a capire ciò che stiamo cercando con quest'indagine.

CESARE DAMIANO. Ringrazio anch'io il presidente Repetto per la relazione. Non parto dal problema delle province sollevato dall'onorevole Cazzola, ma dal problema dei centri per l'impiego, anche per la mia esperienza passata di Ministro del lavoro.
C'è un altro dibattito, oltre a quello sulle province, circa l'utilità dei centri per l'impiego. In questo dibattito mi sono schierato oggettivamente dalla parte dei Centri, perché penso che una gestione tutta privatistica del mercato del lavoro non sia esente da gravi contraddizioni.
Naturalmente, quando parliamo di centri per l'impiego non possiamo pensare al vecchio collocamento - i Centri non sono una riedizione di quell'esperienza - né possiamo, secondo me, immaginare centri per l'impiego, anche nelle situazioni più virtuose, che, in qualche modo, intercettino il rapporto tra domanda e offerta in percentuali significative.
Noi sappiamo perfettamente - è una domanda che vorrei fare al presidente - che i centri per l'impiego, anche nei punti dove funzionano meglio, hanno un carattere regolatorio del mercato del lavoro soprattutto per quanto riguarda le situazioni di maggiore debolezza, però al massimo trattano un movimento medio del 5-6 per cento (non credo superiore) dell'insieme dei movimenti che riguardano il


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mercato del lavoro. Penso che questo dato fisiologico sia un dato da non sottovalutare, soprattutto se si interviene sulle situazioni di maggiore criticità.
Da quello che capisco, quella dei centri per l'impiego è un'esperienza europea. Ho avuto modo, con il senatore Treu, di visitare i centri per l'impiego del nord Europa. Alcuni Centri in Italia assomigliano a quell'esperienza, però bisogna sottolineare una notevole disomogeneità di situazioni. Non c'è dubbio che il miglior funzionamento è circoscritto all'area nord-centro italiana, mentre per quanto riguarda il Mezzogiorno, purtroppo, i centri per l'impiego sono meno numerosi e sicuramente meno funzionali.
Come si può scommettere sul ruolo dei centri per l'impiego? Al famoso punto b) di pagina 4 citato da tutti giustamente si rileva che per un corretto funzionamento dei centri per l'impiego c'è bisogno anche di dotazioni finanziarie, di rifinanziamenti che consentano il loro funzionamento. Ad esempio, nei centri per l'impiego c'è una grossa contraddizione: i giovani lavoratori - per lo più giovani - che stanno agli sportelli hanno condizioni di lavoro precarie (lavoro a progetto, lavoro a tempo determinato). È chiaro che questa è una contraddizione in termini, perché ci si rivolge per la stabilità a persone instabili. Questo problema è stato risolto? Come lo si può risolvere?
In secondo luogo, come ricordava l'onorevole Gatti ieri abbiamo avuto un'audizione molto interessante di AlmaLaurea. Abbiamo centri per l'impiego, AlmaLaurea, Italia lavoro, Ministero del lavoro, regioni e quant'altro: questo elemento di disomogeneità nella fornitura, trattazione e sistematizzazione dei dati non è forse un elemento regressivo per quanto riguarda il governo della forza lavoro e l'incontro tra domanda e offerta? Non sarebbe necessaria una maggiore sinergia, la scelta di alcuni centri operativi fondamentali (Centro per l'impiego, AlmaLaurea, Italia lavoro), in una relazione diretta per quanto riguarda la trattazione dei dati?
Infine, lei ha fatto riferimento all'esperienza nautica degli istituti tecnici superiori di Genova. Io ho sempre insistito su questo punto per un'integrazione operativa tra il pubblico, il centro per l'impiego e il privato, le camere di commercio, le unioni industriali, le associazioni di cooperazione degli artigiani, del sindacato confederale. Ugualmente io credo che sarebbe abbastanza interessante un'integrazione dei database anche nel rapporto tra centri per l'impiego e le cosiddette agenzie interinali o di somministrazione per la trattazione dei curricula di coloro che chiedono lavoro, anche per le imprese che hanno bisogno di lavoratori. Lei che cosa pensa circa una possibile integrazione in questo rapporto pubblico-privato?

PRESIDENTE. Do la parola al presidente Repetto per la replica.

ALESSANDRO REPETTO, Presidente della provincia di Genova. Cercherò di essere sintetico, anche se le domande che sono state poste sono piuttosto ampie e richiederebbero un approfondimento.
Parto dall'ultima domanda dell'onorevole Damiano, sperando in tal modo di poter rispondere anche ad altre domande. Il ruolo del Centro per l'impiego è, a mio avviso, ancora molto ambiguo. Da una parte, definendo il Centro per l'impiego come una funzione pubblica tout court, che deve necessariamente essere il punto di riferimento per l'approccio complessivo, si corre il rischio di una ridondanza anche sotto il profilo di esigenze di risorse. Dal mio punto di vista, invece, se si definisce il Centro per l'impiego il riferimento centrale all'interno di una rete sistematizzata, di cui il Centro diventa il punto di coordinamento e di trasmissione non soltanto in termini di attuazione ma anche in termini di strategia delle politiche attive, si assume che questa rete è necessariamente formata da tutti quei soggetti richiamati dall'onorevole Damiano.
L'esperienza che si sta facendo in molte situazioni è che tutto ciò che all'interno di questa rete funziona - ossia servizi che possono essere erogati dalle organizzazioni


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sindacali, attraverso forme diverse, oppure da associazioni datoriali, purché abbiano standard qualitativi di un certo livello - deve essere conforme a una politica complessiva. In questo senso, credo che il Centro per l'impiego possa stare all'interno di questa rete come punto di riferimento.
Quanto agli orientatori, a coloro che svolgono attività di mediazione, è in atto un dibattito anche con le organizzazioni sindacali: queste figure professionali devono essere all'interno dell'organico di una provincia oppure all'esterno? La nostra esperienza vede queste figure all'esterno, attraverso dei bandi con i quali chiediamo delle garanzie, dunque la precarietà viene di fatto sostituita attraverso rapporti contrattuali, che abbiano come minimo la compiutezza sotto il profilo di un rapporto a tempo indeterminato. Naturalmente, questo deve avvenire all'interno di un unico contratto o comunque di un contratto che di volta in volta, a seconda delle esigenze finanziarie alle quali noi facciamo fronte, abbiamo la possibilità di migliorare.
Questo ci dà la possibilità di avere una duttilità sotto il profilo dell'offerta, ma anche sotto il profilo della richiesta. Abbiamo avuto alcune esperienze di mediazione culturale molto pressanti, perché vi era in quel momento sul mercato del lavoro una popolazione extracomunitaria di lingua araba o di lingua spagnola, dunque avevamo determinate esigenze. Oggi queste esigenze, all'interno del nostro tessuto urbano, si stanno svuotando, mentre abbiamo esigenze di tipo diverso. Ad esempio, la capacità di orientamento è difficile da soddisfare perché, in particolare oggi, poiché assistiamo a una crisi strutturale di grandi aziende, c'è l'esigenza di riorientare, di riallocare, quindi dobbiamo far riferimento a nuove professionalità.
Si chiedeva quale sia la relazione tra risorse umane e risultati. È la stessa relazione cui si fa riferimento al punto 1. Il discorso cambia se effettivamente, come nei Paesi del nord Europa, c'è la possibilità di avere la certezza anche in termini di risorse finanziarie, ma in questo momento come centri per l'impiego non l'abbiamo (poiché abbiamo utilizzato fino a quest'anno il Fondo sociale europeo e per i prossimi anni non sappiamo se potremo continuare a utilizzarlo).
È necessaria, quindi, una politica governativa che complessivamente definisca la riforma degli ammortizzatori sociali, una serie di situazioni di offerta che assicuri una composizione ampia. Peraltro, i centri per l'impiego necessitano non soltanto di risorse finanziarie certe, ma anche di risorse che stabiliscano alcuni standard qualitativi.
Non si assume, per il Centro per l'impiego, solo colui che sa trattare l'atto amministrativo dell'avvenuta iscrizione ex ufficio di collocamento. Oggi, una delle cause maggiori del semi-fallimento delle politiche del lavoro per quanto riguarda i centri per l'impiego del sud, in particolare della Sicilia, dove non ci sono deleghe nei confronti delle province, è che i centri per l'impiego adempiono a compiti di carattere squisitamente normativo e burocratico. È chiaro che qui non si maturerà mai un'esigenza di sviluppare la domanda e l'offerta.
Ritengo, inoltre, che i centri per l'impiego non debbano essere misurati, in termini di performance, soltanto sulla capacità di incontro tra domanda e offerta, ma anche sulla capacità di trasferire, sotto il profilo potenziale, ciò che si ha al proprio interno. Ad esempio, le agenzie interinali - è un aspetto che non viene mai preso in considerazione - si avvalgono di nostri database.
In Liguria abbiamo una media di domanda e offerta dal 12 al 14 per cento. Io dico sempre che dobbiamo sommare il 4 per cento che fa anche il privato; se, infatti, il privato, come organismo indipendente che opera sul mercato del lavoro, come previsto dalla legge n. 30 del 2003, ha la possibilità di migliorare, in termini di efficacia, queste performance, io non sono geloso, ma faccio in modo che queste capacità vengano correlate così che


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il mio mercato del lavoro diventi efficace perché c'è una forte sinergia tra pubblico e privato.
Questo vale anche nei confronti del rapporto con l'università laddove, secondo il mio punto di vista - lo dicevo prima e lo dico ora come presidente della provincia con molta trasparenza - si fanno troppi master per soddisfare i professori, ma pochi per soddisfare le esigenze qualitative.
Rispondo alla domanda dell'onorevole Cazzola, che è un esperto, come anche all'onorevole Damiano, da cui ho molto da imparare su questa materia: quando si parla di un rinnovamento per ciò che concerne l'aspetto tecnologico, quindi di un fattore di processo che viene automaticamente rivisto e ammodernato o di un prodotto totalmente nuovo che viene posto sul mercato, e non c'è parallelamente l'esigenza di una crescita sul piano umano, a questo punto c'è un soddisfacimento sotto il profilo tecnologico ma non c'è una corrispondente attività per far crescere nuove professionalità che si aggancino a questa situazione di mercato completamente innovativo. È un mercato che qualche volta diventa anche settoriale, dunque sul territorio si fa una parte del prodotto e la parte magari più sofisticata la si costruisce da qualche altra parte.
Anche questo è un tema di estrema attualità, che in questo momento stiamo verificando e sul quale ci stiamo interrogando. L'incontro con l'università, anche come UPI, e con le regioni qualche volta è un incontro tra sordi.
Alla domanda sulla posizione delle province rispondo che io credo alla centralità dei centri per l'impiego. Vengo da un'esperienza privata ma devo dire che non ho mai negato l'esperienza pubblica, che deve essere corretta. Devo anche dire, però, che qualche volta l'esperienza pubblica serve anche per fare in modo che il privato possa comprendere che c'è un pubblico, appunto, che non ha una funzione squisitamente legata al profitto.
Anche nell'ambito del mercato del lavoro noi stiamo in questo momento costruendo delle reti all'interno delle quali ci sono esperienze privatistiche (Italia lavoro e tutto il resto). Devo dire che molte volte ci sono carenze di risorse e noi solo recentemente cominciamo a dialogare con le accezioni imprenditoriali e le rappresentanze sindacali per quanto riguarda i fondi interprofessionali, che sviluppano una politica del lavoro e una politica formativa di un certo tipo e noi ne sviluppiamo una di tipo diverso.
Quest'anno abbiamo organizzato un tavolo generalizzato sulle esigenze delle singole categorie; in quella sede ho detto in maniera molto semplice e banale ai soggetti presenti che se su questi temi svolgeranno loro un'azione di programmazione, non la svolgeremo noi come provincia.
Sul tema della sicurezza, se c'è una capacità, da parte di Fondimpresa, di portare avanti determinate posizioni in termini programmatici, io sono ben contento. Posso solo dire, come ente locale, dal punto di vista del monitoraggio, che anche a livello di programmazione siamo in grado, sul territorio, di soddisfare queste esigenze, le cui relazioni con i finanziamenti sono costituite dalla legge n. 236 del 1993, dai fondi interprofessionali, dal Fondo sociale europeo.
Pongo alla vostra riflessione un altro tema: oggi c'è poca sinergia tra Fondo sociale europeo e FESR. In questo momento di «vacche magre» ritengo che ci sia l'assoluta necessità che, poiché si parla di sviluppo economico del territorio attraverso incentivazioni alle imprese per quanto riguarda la possibile erogazione di risorse provenienti dal FESR, questo sia collegato al Fondo sociale europeo. È un'esigenza che avvertiamo e che in molte regioni non viene ascoltata. I piani di sviluppo locale molte volte diventano soltanto una naturale opportunità perché molti comuni organizzino, ad esempio, corsi sui muretti a secco.
Per quanto riguarda i corsi formativi, per non metterci nelle condizioni di diventare dei soggetti che guardano più a enti di formazione che alle esigenze formative del territorio, alcune province stanno performando gli esiti occupazionali


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sui corsi che vengono cassati quando non hanno esiti occupazionali superiori al 60 per cento.
Credo che anche questo sia un segnale di buona gestione. Onorevole Cazzola, credo di aver risposto implicitamente alla sua domanda: quella parte a cui lei faceva riferimento è dovuta al fatto che ci sono situazioni di trasformazione. L'esempio più concreto l'abbiamo a Genova, attraverso Finmeccanica: Elsag Datamat diventa, come Selex Communication, un'unica azienda. C'è uno sviluppo della tecnologia e della produzione, ma non c'è uno sviluppo parallelo per quanto riguarda la promozione umana.

GIULIANO CAZZOLA. È un problema dell'offerta.

ALESSANDRO REPETTO, Presidente della provincia di Genova. Il problema per certi versi è costituito dal fatto che l'offerta rimane in ritardo. Devo anche dire, però, che non è vero che ci sono 100 mila posizioni di lavoro che non sono coperte. Io mi sono permesso di chiedere agli amici imprenditori, da Confindustria all'ASSCOM, quali sono le figure professionali che noi non riusciamo a soddisfare. È chiaro che, anche in termini di investimento, io ritengo che debba esserci un ritorno. Ad esempio, nel campo della nautica da diporto, se chiedo alle associazioni di categoria quali sono le figure professionali sulle quali noi possiamo configurare un piano complessivo, mi rispondono che hanno un turnover annuale di sette persone. Ecco, su queste sette persone non investo; investo, piuttosto, su una capacità relazionale nel campo universitario, dove al limite anticipo determinate sfide e determinati obiettivi.

PRESIDENTE. Grazie, presidente, anche per la qualità della risposta.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,05.

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