Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

Cerca nel sito

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Per visualizzare il contenuto multimediale è necessario installare il Flash Player Adobe e abilitare il javascript

Strumento di esplorazione della sezione Lavori Digitando almeno un carattere nel campo si ottengono uno o più risultati con relativo collegamento, il tempo di risposta dipende dal numero dei risultati trovati e dal processore e navigatore in uso.

salta l'esplora

Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

Torna all'elenco delle indagini Torna all'elenco delle sedute
Commissione XI
6.
Mercoledì 2 dicembre 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Cazzola Giuliano, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SU TALUNI FENOMENI DEL MERCATO DEL LAVORO (LAVORO NERO, CAPORALATO E SFRUTTAMENTO DELLA MANODOPERA STRANIERA)

Audizione di rappresentanti di CGIL, CISL, UIL e UGL:

Cazzola Giuliano, Presidente ... 3 5 12 13
Delfino Teresio (UdC) ... 12 13
Lauria Francesco, Coordinatore del dipartimento mercato del lavoro della CISL ... 5 13
Mollicone Nazzareno, Segretario confederale della UGL ... 10
Pirastu Antonella, Funzionario del servizio politiche del lavoro e formazione della UIL ... 8 12
Treves Claudio, Coordinatore del dipartimento politiche attive del lavoro della CGIL ... 3 12

Audizione di rappresentanti dell'ANCE:

Cazzola Giuliano, Presidente ... 13 16 19
Bellanova Teresa (PD) ... 17
Buia Gabriele, Vicepresidente per le relazioni industriali e gli affari sociali dell'ANCE ... 13 17
Sassi Beatrice, Dirigente della direzione relazioni industriali dell'ANCE ... 17
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP.

COMMISSIONE XI
LAVORO PUBBLICO E PRIVATO

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 2 dicembre 2009


Pag. 3

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIULIANO CAZZOLA

La seduta comincia alle 14,25.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di CGIL, CISL, UIL e UGL.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva su taluni fenomeni distorsivi del mercato del lavoro (lavoro nero, caporalato e sfruttamento della manodopera straniera), l'audizione di rappresentanti di CGIL, CISL, UIL e UGL.
Sono presenti per la CGIL Claudio Treves, coordinatore del dipartimento delle politiche attive del lavoro, per la CISL Francesco Lauria, per la UIL Antonella Pirastu, funzionario del servizio politiche del lavoro e formazione, per l'UGL Nazzareno Mollicone, segretario confederale, Luciano Lagamba, Fiovo Bitti e Cecilia Pocai, dirigenti confederali.
Do la parola ai nostri ospiti per lo svolgimento della relazione.

CLAUDIO TREVES, Coordinatore del dipartimento politiche attive del lavoro della CGIL. Signor presidente, desidero innanzitutto rivolgere un ringraziamento per averci invitato a quest'audizione. Nei prossimi giorni sarà mia cura inviarvi un testo scritto ad integrazione del mio intervento di oggi.
Il tema è di straordinaria rilevanza, anche se notoriamente le stime sul peso del lavoro sommerso e irregolare nel Paese sono stime per definizione, in quanto il lavoro sommerso e irregolare per sua natura sfugge alle rilevazioni amministrative e fiscali.
I dati ultimi di cui siamo in possesso sono rilevazioni dell'ISTAT, che riguardano il peso dell'economia sommersa in Italia fino al 2006, con un'evoluzione dal 2000. Si tratta di una quota di lavoro sommerso sul prodotto interno lordo che non ha eguali nell'Europa comunitaria. È quindi necessario riconoscere che si tratta di un fenomeno strutturale dell'economia italiana e non di una semplice tendenza a forme di evasione, come si riscontra negli altri Paesi europei. Il fenomeno non è soltanto caratterizzato dall'utilizzo di lavoratori immigrati, ma riguarda strutturalmente l'economia italiana.
I settori nei quali questo è particolarmente sostenuto riguardano il lavoro che si svolge nelle mura domestiche, l'edilizia, l'agricoltura, il turismo. Esiste una differenziazione territoriale molto rilevante, laddove il peso dell'economia sommersa a livello regionale oscilla da un 3 per cento delle province autonome di Trento e Bolzano a un 30 per cento in Calabria. Questo significa che l'economia sommersa è parte


Pag. 4

strutturale degli assetti economici del nostro Paese, e quindi richiederebbe da parte delle autorità pubbliche e delle parti sociali un'azione complessiva e non frammentata o persino propagandistica. Mi riferisco alle note indagini della Banca d'Italia e dell'ISFOL. Purtroppo, i dati dell'ISTAT sono fermi al 2006, ma alla fine aggiungerò qualcosa per quanto riguarda il legame tra queste dinamiche e la crisi attualmente in corso.
Esistono diverse letture delle cause. Una lettura, fatta in quest'Aula dall'attuale Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, fa risalire la presenza così ampia del lavoro sommerso nel nostro Paese a un eccesso di tutela per le altre forme di lavoro. Da questo l'attuale Ministro fa discendere una strategia fondata sulla deregolazione semplificatrice di cui sono note le conseguenze in termini sia di normativa, sia di indicazioni per l'attività ispettiva.
Un secondo filone, peraltro richiamato anche nel documento alla base dell'udienza odierna, è quello della concorrenza sleale che le imprese che ricorrono a questo tipo di rapporti irregolari esercitano nei confronti delle imprese corrette. Da questo dovrebbe discendere - come pure è successo nella legislatura precedente, anche sulla base di una piattaforma unitariamente elaborata da CGIL, CISL e UIL - un mix di repressione mirata e di politiche di sostegno all'emersione. Per politiche di sostegno s'intende non soltanto l'annosa riproposizione dei contratti di riallineamento della seconda metà degli anni '90, ma anche una politica a tutto campo, che aiuti e sostenga le imprese che scelgano la competizione legale dal punto di vista dei rapporti con il credito, con le pubbliche amministrazioni, con le attività formative nei confronti sia degli imprenditori che dei lavoratori dipendenti.
Questa strategia è stata abbandonata. Emblematicamente, anziché continuare su questa strada, si è scelto di introdurre il reato di clandestinità nel caso della immigrazione clandestina, con il risultato che, mentre prima l'ispettore quando entrava dentro un cantiere poteva presumibilmente rilevare anche un interesse dei lavoratori immigrati clandestini a farsi trovare e per questa via attivare anche un processo di emersione, adesso non trova più clandestini perché essi corrono il rischio di essere passibili di un reato.
Per contrastare questo fenomeno dell'immigrazione irregolare nella scorsa legislatura, si tentò di introdurre nel codice penale il reato di riduzione in schiavitù, equiparando la condizione di lavoro irregolare a quella della persona privata della propria libertà, per cui non solo il datore di lavoro che la impiega deve essere perseguito, ma si deve riconoscere questo stato e liberare il lavoratore immigrato da questa catena con il riconoscimento del suo diritto a soggiornare nel Paese.
Nelle conclusioni operative del testo alla base della presente indagine conoscitiva si fa riferimento alla duplice necessità di semplificare la normativa e di introdurre normative flessibili, che aiutino le imprese a evitare il ricorso al sommerso. Desidero ricordare come secondo un'antica legge economica, la legge di Gresham, la moneta cattiva scacci quella buona. Non c'è rapporto di lavoro normato che possa competere dal punto di vista dei costi e delle convenienze rispetto al lavoro nero. Come possiamo vedere anche statisticamente, anziché un'emersione del sommerso si ottiene una progressiva trasformazione in grigio del lavoro non sommerso.
Secondo un'entusiastica dichiarazione del presidente dell'INPS, che in questi periodi indulge più che a fornire dati alla pubblica opinione a commentarli, i tre milioni di voucher distribuiti sarebbero un segno dell'emersione dal sommerso. C'è però il particolare che la norma sui voucher non contiene alcun riferimento al periodo di tempo durante il quale quel lavoratore pagato con i voucher è stato impiegato. Non c'è nessun collegamento con il salario, con l'orario e, essendo il lavoro accessorio svincolato dall'inclusione nel libro unico del lavoro e anche dall'obbligo di comunicazione preventiva, ne consegue che l'ispettore giunto sul luogo di lavoro dove sia stato trovato un lavoratore


Pag. 5

non inserito nelle scritture contabili possa trovarsi di fronte il datore di lavoro, che dichiara la sua intenzione di retribuirlo attraverso il voucher.
Sono stato latore di questa segnalazione di preoccupazione anche nell'ultima occasione in cui abbiamo avuto il privilegio e l'onore di essere ricevuti dal Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali nella cabina di regia sul lavoro sommerso. Il capo degli ispettori, il dottor Pennesi, ha dovuto riconoscere come il complesso delle normative fin qui prodotte determinasse un allarmante buco nell'attività di vigilanza, del quale egli si è dichiarato preoccupato.
Per quanto riguarda gli ispettori, sarebbe necessario citare un'intera sequenza di atti normativi e amministrativi, a cominciare da una direttiva del settembre del 2008, nella quale si faceva carico agli ispettori di trovare un equilibrio tra il perseguimento delle infrazioni e la condizione concorrenziale delle imprese, come se fosse compito di un'attività ispettiva trovare equilibri, fino agli ultimi, preoccupanti atti in cui il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali propone alle associazioni datoriali la stipula di un protocollo secondo il quale a livello nazionale e territoriale si possano realizzare almeno due incontri all'anno, nei quali sia valutato dalla struttura ministeriale con le associazioni datoriali il comportamento degli ispettori, come se i controllati potessero dare un giudizio sulla funzione dei controllori.
Vorrei che teneste conto di alcune evidenze che si stanno affermando in questo periodo di crisi, quali il ritmo e la qualità delle assunzioni. Nella crisi le assunzioni tendono a essere molto più basse del passato e la qualità delle tipologie di impiego adottate fa pendere sempre di più la bilancia verso tipologie sempre meno tutelate dal punto di vista normativo, quali le collaborazioni occasionali, il lavoro intermittente, il lavoro accessorio con voucher. Le tipologie meno utilizzate sono il lavoro a tempo indeterminato e l'apprendistato, ovvero il canale che dovrebbe garantire, attraverso un investimento in formazione, un ingresso efficace e possibilmente una permanenza dei giovani nel mercato del lavoro.
L'ultima osservazione riguarda i dati resi noti dall'ISTAT nella giornata di ieri, che segnalo non solo perché abbiamo superato la quota di 2 milioni di disoccupati, ma anche perché questo aumento della disoccupazione si accompagna a un'ulteriore crescita delle persone inattive che raggiungono nel nostro Paese una media nazionale del 37 per cento, di cui meno del 10 nel nord e attorno al 60 nel Mezzogiorno. Stiamo parlando di quello che statisticamente è l'indicatore più prossimo al peso del lavoro sommerso, perché sono persone che non cercano nemmeno di presentarsi nel mercato del lavoro ufficiale.
Il quadro che emerge nella crisi è dunque particolarmente preoccupante non solo per la qualità dell'occupazione che si sta deteriorando, ma perché sembra di assistere a un blocco della capacità espansiva del nostro Paese. Naturalmente, tutto questo rende noi organizzazioni sempre più preoccupate della situazione e delle politiche che questo Governo sta mettendo in campo.

PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Treves, che eventualmente potrà farci avere una documentazione, una sintesi o un testo più ampio.

FRANCESCO LAURIA, Coordinatore del dipartimento mercato del lavoro della CISL. Anche io vi ringrazio dell'invito e dell'opportunità di riflettere su questo importante tema. Abbiamo preparato una memoria scritta, che possiamo già ora mettere a disposizione della Commissione, riservandoci di integrarla nei prossimi giorni.
Cercherò di dividere in quattro parti il mio intervento: la prima, prendendo spunto anche dal programma della vostra indagine conoscitiva, è legata al fenomeno del lavoro nero in Italia nel contesto della crisi, ma anche degli aspetti della globalizzazione e liberalizzazione dei servizi e circolazione delle persone; poi esaminerò


Pag. 6

le difficoltà rispetto a queste specifiche tematiche che incontrano le attività di vigilanza; svolgerò successivamente una riflessione generale sull'attività di vigilanza e contrasto al lavoro sommerso e, infine, approfondirò (formulando qualche proposta) il tema del lavoro nero, caporalato, specialmente nell'ambito agricolo, non essendoci il tempo di approfondire tutti i settori.
Auspichiamo una piena integrazione di tutti i lavoratori sul mercato del lavoro e ci opponiamo a qualsiasi misura discriminatoria, che limiti l'accesso al mercato del lavoro dei lavoratori immigrati. Rispetto però alla questione del dumping sociale e contrattuale, vorremmo porre l'attenzione ad alcuni fenomeni specifici, quali la presenza di lavoratori che svolgono attività a seguito di imprese la cui proprietà risiede in un altro Paese membro o che sono distaccati da queste imprese o da imprese di somministrazione di manodopera insediati in altro Paese dell'Unione europea.
In questi preoccupanti episodi le condizioni di lavoro contrattuali non corrispondono in tutto o in parte alle condizioni contrattuali vigenti in Italia. Si tratta del fenomeno legato ai lavoratori in distacco, ma non solo, perché possiamo allargare il tema anche alla somministrazione e intermediazione fraudolenta di manodopera. Per noi è importante monitorare questi fenomeni anche per creare efficaci strumenti di intervento per combattere pratiche di dumping e fenomeni di grave discriminazione rispetto ai diritti dei lavoratori. C'è un ampio dibattito europeo su questi temi.
Il primo aspetto dell'intervento di oggi è l'attenzione rispetto al problema dell'applicazione integrale dei contratti, così come da decreto di trasposizione della direttiva distacchi in Italia del 25 febbraio 2000. Si tratta di fenomeni che si stanno diffondendo specialmente nel settore dell'edilizia, ma in tutto quell'ambito di smaterializzazione del cosiddetto «lavoro senza impresa», e che è molto difficile contrastare proprio perché, per stessa ammissione dei principali organi di vigilanza e controllo, è difficile verificare materialmente la genuinità del contratto di lavoro nel Paese di origine. Le nostre forze ispettive non hanno le risorse e in parte anche le competenze necessarie per poter attuare le verifiche, che sono fondamentali per impedire questi fenomeni elusivi, che partono dal lavoro grigio, ma nel caso di falsi distacchi sconfinano anche nel lavoro sommerso.
La questione riguarda dunque non solo i lavoratori distaccati, ma in generale l'intermediazione fraudolenta transnazionale di manodopera, con gravi fenomeni specifici che riguardano i lavoratori frontalieri specialmente nel nostro confine orientale. Questo riguardava alcuni aspetti legati al lavoro grigio e al lavoro nero in connessione alla libera circolazione di manodopera.
Come già ricordato dal collega Treves, urge una riflessione generale sull'attività di vigilanza e sull'attuale impegno rispetto al contrasto del lavoro sommerso. Mi è impossibile non far riferimento ad alcuni documenti, quali la già citata direttiva Sacconi sulle attività ispettive e successivamente le linee guida della direzione generale dell'attività ispettiva del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali e una serie di circolari dell'INPS e di altri istituti. L'impostazione di fondo, che in questi ultimi mesi è stata data all'attività ispettiva, è la ridefinizione di tale attività in un'ottica di servizio e collaborazione con le imprese, e la volontà di concentrarsi sulle violazioni sostanziali e non formali. Da un punto di vista teorico, quest'ultimo punto è assolutamente condivisibile, ma collegarlo alla crisi economica desta preoccupazioni, se non altro per le possibili strumentalizzazioni di questo assunto.
Siamo preoccupati della diminuzione delle ispezioni programmata per tutto il 2009 e confermata nell'ultima conferenza sulle attività ispettive di fine ottobre, con ispezioni diminuite del 20-30 per cento anche in regioni come la Calabria, la Puglia, la Campania, che sappiamo essere luoghi di importanti fenomeni di lavoro sommerso. Pur condividendo l'attenzione all'attività relativa a violazioni sostanziali


Pag. 7

e quindi non contestando questa impostazione, ci troviamo però a fare i conti con la forte diminuzione di stanziamenti e del numero degli ispettori, che quest'anno hanno incontrato anche una serie di difficoltà legate anche agli strumenti.
In questo contesto, vi è stata anche una circolare dell'INPS relativa all'ispezione delle cosiddette «aziende etniche». Al di là di infortuni linguistici legati a questa circolare e comprendendo il tema del collegamento tra lavoro sommerso, immigrazione irregolare e aziende di proprietà di lavoratori immigrati, anche qui si tratta di un problema di impostazione di fondo. In considerazione del clima generale che si respira nel Paese, pur senza sottovalutare questi importanti fenomeni elusivi, appare importante anche sottolineare il valore del lavoro come veicolo di integrazione e anche evitare di individuare capri espiatori quali le aziende con proprietari immigrati. Da questo punto di vista, siamo preoccupati per lo scarso stanziamento delle risorse e consideriamo condivisibile una ridefinizione qualitativa dell'attività ispettiva, che però non può essere un alibi per una fondamentale diminuzione dei mezzi, delle risorse e del numero delle ispezioni e degli ispettori.
Per quanto riguarda i temi del caporalato e del lavoro nero, aspetti specifici della vostra indagine, anche per l'attenzione intermittente dei media il fenomeno più grave è legato al lavoro agricolo di migliaia di lavoratori stagionali impiegati in alcune zone del Mezzogiorno, in particolare in Puglia e in Campania, ove le zone più colpite appaiono le province di Foggia e di Caserta. Il caporalato possiede aspetti tipici quali l'insicurezza delle condizioni di lavoro, l'irregolarità, lo sfruttamento economico. Si stima che nella provincia di Foggia la retribuzione media si aggiri intorno ai 10-15 euro giornalieri per 15 ore di lavoro al giorno. A questo si affiancano atti di rigida sorveglianza da parte dei cosiddetti «caporali» e frequenti minacce di ritorsione rispetto ai lavoratori del settore agroalimentare e agricolo. Si tratta quindi di una sorta di schiavizzazione dei braccianti stranieri.
Una valutazione sistemica rispetto a questi episodi, che possono avere ambiti estremi, ma comunque sono ampiamente diffusi, ci fa riflettere su come un apparato produttivo, che richiede e utilizza in questa misura il lavoro informale irregolare, anche con queste recrudescenze, tenda ad attrarre anche un'immigrazione di tipo regolare, ma soprattutto si tratta di un sistema che utilizza il basso livello dei salari e delle condizioni di sicurezza come un processo competitivo di dumping scorretto. Anche le innovazioni di processo e di prodotto vengono sacrificate a queste condizioni. Il tema della diffusione del caporalato nel nostro Paese è fondamentale.
Uno strumento non sufficientemente utilizzato, l'articolo 18 del Testo unico in materia di immigrazione, prevede il permesso di soggiorno per la protezione sociale. Questo tipo di strumento viene rilasciato solo per tematiche relative allo sfruttamento della prostituzione. Riteniamo che possa essere importante allargare l'utilizzo di questo strumento anche a chi denunci le attività di caporalato, di schiavizzazione in questi territori e in questi contesti.
Poiché ascolterete varie organizzazioni datoriali, rispetto al lavoro agricolo citiamo un importante avviso unitario fra le parti sindacali e datoriali che è stato firmato lo scorso 23 giugno 2009, relativo ai suggerimenti alle istituzioni e al Parlamento rispetto alle autorizzazioni al lavoro dei cittadini extracomunitari stagionali.
Le cinque misure proposte sono: istruttoria più snella delle pratiche presentate da aziende ai lavoratori, che nell'anno o negli anni precedenti hanno già ottenuto l'autorizzazione al lavoro, con particolare riferimento a quei lavoratori extracomunitari che risultino regolarmente iscritti l'anno precedente negli elenchi anagrafici dei lavoratori pubblicati dall'INPS; la concreta applicazione delle disposizioni normative che disciplinano il permesso di soggiorno stagionale pluriennale - questa è la chiave di volta -; la possibilità di prorogare, fermo restando il limite massimo


Pag. 8

di nove mesi, la durata delle autorizzazioni al lavoro stagionale originariamente concessa in caso di nuova opportunità di lavoro offerta dalla stessa o da altra azienda; la possibilità di presentare richieste di autorizzazione al lavoro sin dall'inizio dell'anno di riferimento, a prescindere dalla concreta emanazione dei decreti relativi ai flussi di ingresso; l'incremento delle quote riservate alla conversione dei permessi di soggiorno stagionali in permessi di soggiorno per lavoro a tempo indeterminato o determinato.
Tali richieste provengono non da frange estreme dell'ambito politico sindacale, ma dalle organizzazioni datoriali maggiormente rappresentative del comparto agricolo.
Da molti anni, è stata ridotta la durata della permanenza in irregolarità, a seguito di perdita del lavoro, a soli sei mesi. Si tratta di una misura difficile da rispettare in situazioni normali. Nell'ambito dell'attuale crisi economica, consideriamo fondamentale una riflessione sull'allungamento della permanenza in irregolarità dei lavoratori immigrati che perdano il lavoro per la dignità e il rispetto dovuto a coloro che hanno contribuito al sistema Paese, e per evitare un loro progressivo scivolamento in situazioni di irregolarità ed eventualmente anche di illegalità, che costituisce un pericolo per l'intero sistema nazionale. È necessario valutare la proposta dell'utilizzo dei corsi di formazione frequentati da questi lavoratori in situazione di sospensione del rapporto di lavoro, al fine di prolungare almeno di qualche mese la permanenza nella regolarità di questi lavoratori.

ANTONELLA PIRASTU, Funzionario del servizio politiche del lavoro e formazione della UIL. Signor presidente, ringrazio la Commissione per questa convocazione. I ringraziamenti sono sostanziali e non di rito.
Il serio problema del lavoro nero, dello sfruttamento, dell'immigrazione clandestina tocca il nostro Paese e nello specifico il nostro mercato del lavoro. Tutti fanno delle stime, ma è molto difficile capire quanto ci sia di sommerso all'interno del nostro Paese. Anche noi, come UIL, abbiamo provato a fare stime su indicatori specifici, per cui nel 2008 stimiamo una presenza di occupati irregolari di 3 milioni di lavoratori, un tasso di irregolarità nazionale di un 13 per cento, con punte del 21 per cento nel Mezzogiorno.
Considero unanimemente condivisa l'esigenza di debellare questo fenomeno distorsivo del mercato del lavoro, che genera una concorrenza sleale tra le imprese. Come dichiarato dal collega Treves, la risposta non può essere quella del voucher, del lavoro accessorio, strumento che costituisce l'ennesima deregolamentazione e destrutturazione del mercato del lavoro giacché, oltre al lavoro nero, è il modo più conveniente di lavorare. I contributi previsti sono molto bassi, ma c'è una elusione di tipo fiscale. Questo non può essere quindi uno strumento, dal momento che incrementa la precarizzazione del lavoro proprio in questi settori dove è più alto il tasso di irregolarità come l'agricoltura e il lavoro domestico. Per debellare il lavoro nero e il lavoro sommerso, è indispensabile una forte azione politica e amministrativa, attraverso un'efficace azione di controllo e una semplificazione delle norme che faciliti il rispetto delle regole e non lo appesantisca.
È fondamentale mettere in connessione le diverse banche dati, Ministero del lavoro piuttosto che certi per l'impiego, INPS, INAIL, Guardia di finanza e Agenzia delle entrate. È paradossale che, nonostante le ingenti risorse stanziate negli anni passati dai fondi europei, ancora oggi manchi un coordinamento di informazioni tra le varie banche dati. Questo assicurerebbe invece una completa, efficace e tempestiva conoscenza della situazione delle aziende nel nostro territorio.
L'azione repressiva è sicuramente importante, ma è altrettanto importante un'azione preventiva. Per quanto riguarda i controlli, una diminuzione del 24 per cento della quantità delle ispezioni si è concentrata maggiormente nel Mezzogiorno. Questa attività deve essere rafforzata soprattutto nel sud, dove più alto è il


Pag. 9

tasso di irregolarità. Come UIL, nei giorni scorsi abbiamo proposto al Governo di inserire all'interno della legge finanziaria delle risorse aggiuntive per il sud, con una dotazione triennale di 900 milioni di euro, per la sicurezza e il contrasto al lavoro irregolare, per abbattere i tempi di attesa delle cause di lavoro, che a livello nazionale durano mediamente 27 mesi, ma nel sud 35 mesi.
È necessario prestare attenzione agli effetti prodotti dalla criminalità organizzata sull'economia del Paese, che riguarda non soltanto il Mezzogiorno, ma il livello nazionale. Da questo punto di vista, nella prospettiva degli investimenti legati alle opere pubbliche o al riciclaggio di denaro in attività illecite, emerge l'occasione che fa proliferare il lavoro nero. Tutto ciò poi produce un effetto domino, perché colpisce le imprese virtuose che pagano il prezzo della concorrenza sleale, così come i lavoratori, che pagano il prezzo di un abbassamento, se non di un annullamento delle tutele, danneggiando anche la società attraverso una crescita del senso di insicurezza.
Oltre a questo, si evidenzia anche un effetto economico, perché si tratta anche di sommerso in tema di tasse e di contributi. Sulla base delle nostre stime, nel 2008 sono sfuggiti a ogni tipo di tassazione circa 145 miliardi di euro, che equivalgono all'11,3 per cento del PIL. Riteniamo che, piuttosto che una riduzione tout court degli oneri fiscali a carico delle imprese, occorrerebbe invece premiare le imprese virtuose attraverso una certificazione che attesti che producono rispettando le regole, quindi in assenza di lavoratori in nero. Riteniamo che ci sia bisogno di un'azione preventiva, oltre che repressiva.
La prevenzione va fatta attraverso la diffusione di una cultura della legalità, partendo quindi dalle scuole per diffondere tale cultura. Il fenomeno del lavoro sommerso riguarda in egual misura sia lavoratori italiani che lavoratori stranieri, ma per il lavoratore straniero c'è un doppio effetto: la paura di un'eventuale espulsione dal nostro Paese e il fatto di essere un soggetto fortemente ricattabile. Da questo punto di vista, non intendo tornare sul fenomeno del caporalato di Foggia e sulla grande piattaforma contro il lavoro nero, che abbiamo realizzato come CGIL, CISL e UIL. Il lavoro nero non è soltanto agricoltura, ma è anche edilizia, lavoro soprattutto domestico.
Nell'ambito dell'ultima regolarizzazione di settembre, che era stata estese soltanto a colf e badanti, come UIL abbiamo chiesto di estendere la «sanatoria» anche nei confronti di soggetti operanti in altri settori, per contribuire a diminuire il tasso di irregolarità lavorativa.
Non bisogna sottovalutare come i lavoratori immigrati difficilmente denuncino gli incidenti sul lavoro, preferendo dichiarare che l'incidente è stato causato da una situazione al di fuori dell'ambiente lavorativo per paura della ricattabilità piuttosto che della perdita del lavoro. Non meno importante è poi il problema di una immigrazione non solo di tipo clandestino irregolare, ma anche di tipo regolare. In quest'anno di crisi, si rileva un'emorragia di perdita di posti di lavoro.
È stato messo riparo a quell'inutile, cattivo e controproducente emendamento che prevedeva il godimento degli ammortizzatori solo per sei mesi, scaduti i quali scattava l'espulsione. Come UIL, lo consideriamo una follia e abbiamo proposto che i sei mesi per la ricerca di un nuovo posto di lavoro ai fini del rinnovo del permesso si prolunghino fino agli otto mesi previsti per l'indennità di disoccupazione, e non dalla data di licenziamento, perché nel momento in cui il cittadino immigrato è stato licenziato ha un'indennità di disoccupazione che comunque gli consente di rimanere nel territorio italiano.
Poiché l'indennità è di otto mesi, sarebbe opportuno prolungare il permesso fino alla scadenza dell'indennità di disoccupazione. Strettamente collegato a questo problema è il problema di interpretazione da parte di molte questure, che applicano in maniera restrittiva le norme legislative. Dalla data del licenziamento, infatti, pur in presenza di un permesso di soggiorno di lavoro non scaduto, scattano i sei mesi di


Pag. 10

tempo per la ricerca di un nuovo lavoro. Riteniamo invece che in questo momento di crisi il permesso di ricerca per occupazione debba decorrere dalla scadenza naturale del permesso di lavoro e non dalla data di licenziamento.
Poiché esistono interpretazioni diverse sul territorio nazionale, chiediamo un'uniformità e proponiamo questo tipo di percorso. Sarebbe inoltre necessario promuovere campagne informative, che evidenzino la convenienza di lavorare regolarmente soprattutto in vista di un futuro pensionistico, che faccia comprendere soprattutto ai lavoratori che bassi o inesistenti versamenti contributivi a lungo produrranno assegni pensionistici al di sotto della soglia di povertà.
Sarebbe inoltre necessario favorire accordi bilaterali con gli Stati di provenienza dei lavoratori immigrati, affinché i contributi versati in uno Stato possano valere ai fini pensionistici nel loro Paese di provenienza.
Questa piaga si può e si deve debellare con gli opportuni strumenti. Spesso, il lavoro sommerso nasce anche dal bisogno di sopravvivere di questi lavoratori, che li spinge ad accontentarsi di forme, modi e tempi di lavoro ai limiti delle loro forze e ai limiti dell'umano come nelle situazioni di paraschiavismo. Dobbiamo unirci per trovare soluzioni che ridiano valore al lavoro. Metterò a disposizione della Commissione una memoria scritta, ad integrazione del mio intervento.

NAZZARENO MOLLICONE, Segretario confederale della UGL. Ringrazio la Commissione che ha affrontato questo argomento particolarmente importante in un momento di crisi economica, che ha accentuato il fenomeno del lavoro sommerso, che in Italia è vecchio di decenni. La diffusione del lavoro sommerso comporta una riduzione di risorse finanziarie per gli enti previdenziali, oltre che il danno per il lavoratore quando dovrà andare in pensione, ricollegandosi anche alla riforma del sistema pensionistico, perché il decremento dei contributi che affluiscono agli enti previdenziali per effetto del lavoro sommerso induce a sollevare il problema della riforma pensionistica. Questa è una forma di cultura da diffondere presso i lavoratori coinvolti nel lavoro sommerso, per far loro comprendere le conseguenze.
Il fenomeno del lavoro sommerso è stato aggravato dall'immigrazione non selezionata, che ha prodotto una forza di lavoro occulta, che è stata utilizzata da imprenditori senza scrupoli o in situazioni particolari, creando un fenomeno per cui si è dato largo spazio alla violazione delle norme sul lavoro per quanto riguarda la tutela del diritto del lavoro.
Per ridurre il fenomeno del lavoro sommerso, negli anni scorsi sono state introdotte riforme sulle varie forme di contratti di lavoro, che avevano la finalità di offrire ai datori di lavoro più possibilità di regolarizzazione dei rapporti di lavoro, finalità però dimostratasi alquanto illusoria, perché il lavoro sommerso continua a sussistere e i dati dimostrano uno scarso uso di quelle tipologie contrattuali ideate dal 2002 in poi per convincere i datori di lavoro ad assumere in un altro modo.
Anche noi abbiamo dati che indicano circa 3 milioni di lavoratori irregolari, dei quali ben due terzi sono costituiti da donne, che sono i soggetti più deboli utilizzati dal mercato del lavoro, soprattutto in certe aree del Paese.
Per quanto riguarda il caporalato, che si esercita prevalentemente in tipi di mestieri in cui la fornitura di manodopera è di quantità e non di qualità, quindi nell'agricoltura e nell'edilizia, come UGL abbiamo promosso un'indagine a Roma, andando a verificare nei punti del raccordo anulare o in altri punti dove si radunavano la mattina all'alba gli immigrati per trovare lavoro, dove alcuni personaggi li prelevavano con dei pulmini. Noi abbiamo filmato e denunciato tutte queste cose.
La situazione è alquanto grave, perché la crisi ha fornito anche un alibi a tanti imprenditori, che a causa di essa hanno trasformato il rapporto di lavoro da regolare a sommerso, ponendo i lavoratori di fronte al ricatto che l'azienda non poteva andare avanti.


Pag. 11


Questo è un fatto di cultura che deve essere denunciato, e in questo quadro entra il discorso degli ispettori di lavoro. Anche qui, ci sono state buone intenzioni. Abbiamo condiviso che la vigilanza sul rapporto di lavoro doveva essere mirata in modo non estemporaneo, con programmi ben precisi, anche al fine di assistere imprenditori non molto accorti in materia, giacché l'unico mestiere che si può fare in Italia senza patenti, senza corsi di formazione e senza attestati è proprio quello di imprenditore, che poi non sa effettuare alcuni adempimenti.
Sono state varate norme per agevolare l'attività imprenditoriale quali il DURC, anche tramite gli enti bilaterali. Il sistema avviato con gli ispettori del lavoro è giusto, ma spesso le intenzioni cozzano con la pratica, giacché il sistema così orientato sembra giusto, ma spesso c'è un'eccessiva indulgenza nei confronti dell'imprenditore e non dei lavoratori.
Per quanto riguarda il lavoro sommerso, sono stati citati gli accordi tra le parti. Qualche anno fa, furono istituiti organismi apparentemente positivi, quali i Comitati per il lavoro e l'emersione del sommerso (CLES) presso le prefetture, che dovevano vedere la partecipazione delle parti sociali, per dare suggerimenti, denunciare e comunque creare in sede territoriale un raccordo tra tutti coloro che operano nel campo del lavoro (sindacati, imprenditori e servizi di ispezione di vario genere). Nonostante i tentativi di ritornare a questa iniziativa, ci sembra che il sistema non funzioni. Non ci si deve innamorare del sistema del CLES, ma è necessario adottare forme di coordinamento sul territorio per combattere il lavoro sommerso, che è un danno per l'economia nazionale, oltre che per gli interessati.
Per quanto riguarda l'immigrazione, tramite un settore particolare, il Sindacato Emigrati Immigrati (SEI), il nostro sindacato ha partecipato anche a iniziative per favorire l'inserimento nel mercato del lavoro di categorie finora rimaste ai margini, quali per esempio quella dei Rom e dei Sinti. In collaborazione con l'Opera Nomadi, sono stati realizzati interventi, per cercare di aiutare il più possibile.
Non tutti gli immigrati hanno una cultura della legalità sul lavoro. In base alle nostre conoscenze, ad esempio, gli immigrati dell'est europeo e in parte quelli sudamericani hanno la coscienza di dover essere tutelati per quanto riguarda sia la retribuzione che i contributi, mentre immigrati di altre aree geografiche quali l'Africa o l'Asia che non hanno questa cultura, senza citare il fenomeno dei cinesi, che praticano uno schiavismo organizzato nelle enclave che creano nelle città, su cui ogni tanto la Guardia di finanza e i Carabinieri effettuano verifiche, che scoprono aspetti propri di romanzi di Dickens dell'Ottocento sul lavoro in Inghilterra.
Esistono diverse fattispecie di lavoro sommerso. C'è il lavoro sommerso proprio dell'impresa, che nasce clandestina sia perché compie azioni illegali, tra cui la falsificazione di prodotti, sia perché l'imprenditore non vuole apparire. Questo costituisce un primo tipo di sommerso, che deve essere punito duramente, perché il sistema economico non emerge.
Poi c'è il sommerso del lavoro all'interno dell'impresa nota, che ha qualche lavoratore ufficiale e altri lavoratori sommersi. Il vero problema si individua in quelle imprese marginali che esistono in alcune aree del Paese, in cui il sommerso può essere considerato quasi una necessità imposta dalla sopravvivenza delle imprese e quindi dai lavoratori addetti.
In questo campo sarebbero opportuni interventi che agevolino la sopravvivenza di questa impresa, dei lavoratori del lavoro offerto da questa impresa con adeguati interventi di tipo fiscale, quali sgravi contributivi e incentivi, anche se spesso questi sistemi si prestano a utilizzi fraudolenti.
Certamente, la crisi economica ha incrementato il lavoro sommerso sia per vere necessità, sia per una forma di alibi adottata da alcuni imprenditori senza scrupoli.
Consideriamo opportuno che la Commissione effettui un'indagine approfondita, recependo i pareri dei soggetti auditi e


Pag. 12

proponendo anche soluzioni per combattere questo fenomeno. Come parti sociali, siamo sempre stati disponibili a collaborare in tutti i tavoli, perché la riteniamo una questione soprattutto di cultura della tutela del diritto del lavoro, oltre che economica, che grava poi sull'economia nazionale.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

TERESIO DELFINO. Abbiamo ascoltato un autorevole punto di vista del mondo del lavoro sulle cause e sulle conseguenze di questo fenomeno, oltre che sulle azioni che si dovrebbero intraprendere per debellarlo o ridurlo.
È stata fatta una correlazione tra crisi, che incrementa il lavoro nero per la competitività soprattutto tra le imprese, immigrazione e lavoro nero, per la carenza di strumentazione legislativa in grado di consentire regolarizzazioni o controllo adeguato dei flussi. Vorrei sapere quindi se questo lavoro nero sia prevalentemente di lavoratori immigrati e se questa percentuale di lavoro di immigrati si sviluppi in settori che - qualora passasse un'interpretazione più radicale ed estremista secondo la quale occorrerebbe cacciare gli immigrati - troverebbero sufficiente copertura nella disoccupazione italiana oggi molto alta.

PRESIDENTE. Desidero rivolgere alcune domande al coordinatore del dipartimento politiche attive del lavoro della CGIL, Claudio Treves. Lei ha parlato di mancanza di segnalazione nel caso di voucher, mentre è obbligatoria una segnalazione preventiva all'INAIL da parte di chi affida un incarico, assume un lavoratore domestico, una badante, una baby-sitter.
Per quanto riguarda la questione delle assunzioni in questa fase di crisi, prendo atto delle sue considerazioni, che considero comprensibili, ma questo contrasta con i dati dell'ISTAT sull'occupazione nel primo trimestre, che indicano come il lavoro a tempo indeterminato sia cresciuto dello 0,9 per cento, mentre c'è stato un crollo dell'8,3 per cento del lavoro a termine. Questo può essere un modo di interpretare diversamente i dati fin qui osservati, non per forza in contraddizione. Credo che un chiarimento possa essere utile.
Do quindi la parola ai nostri ospiti per la replica.

CLAUDIO TREVES, Coordinatore del dipartimento politiche attive del lavoro della CGIL. I dati indicati dall'ISTAT circa la composizione del lavoro sommerso in un testo che le posso lasciare stimano che gli irregolari residenti dal 2000 al 2006 siano passati da 1.540.000 a 1.614.000 unità di lavoro. Gli stranieri irregolari sono passati da 350.000 a 650.000, con un picco nel 2003, poi calato a causa della sanatoria.
Rispetto alla seconda domanda, con cui si chiedeva se ci sarebbero settori che, qualora venissero ripuliti dalla presenza - come spesso qualcuno si esprime anche a livello istituzionale - di immigrati, potrebbero andare avanti, in uno studio della Banca d'Italia dell'aprile di quest'anno si dimostra come la presenza degli immigrati non sia affatto concorrenziale con il mercato del lavoro degli italiani e anzi abbia nel tempo favorito la modesta, ma pur significativa crescita della quota dell'occupazione femminile. Ho citato da una parte l'ISTAT e dall'altra la Banca d'Italia, ma la politica è autonoma e decide quello che vuole.
Per quanto concerne l'osservazione del presidente Cazzola, stiamo parlando di due osservazioni diverse. Qui infatti il giudizio non c'entra, perché l'ISTAT osserva gli stock degli occupati nelle sue relazioni trimestrali. Mi riferivo invece agli andamenti delle assunzioni, quindi per definizione ai flussi, per come risultano dalle relazioni delle regioni, perché il Ministero non rende pubblici questi elementi.

ANTONELLA PIRASTU, Funzionario del servizio politiche del lavoro e formazione della UIL. In merito alla domanda che il presidente ha rivolto al collega


Pag. 13

Treves circa il mercato del lavoro flessibile o stabile, i dati delle comunicazioni obbligatorie sono nelle mani dei centri per l'impiego. Quando una persona viene assunta con contratto a tempo indeterminato, piuttosto che apprendistato, piuttosto che con le altre forme di lavoro flessibile, deve essere fatta una comunicazione preventiva.
Tra gennaio 2008, mese in cui è entrato in funzione questo meccanismo della comunicazione obbligatoria con invio telematico, a giugno 2009, i dati delle comunicazioni obbligatorie hanno messo in evidenza che c'è stato il 72 per cento di accensioni di contratti di lavoro flessibile, mentre soltanto il 28 per cento a tempo indeterminato e apprendistato, forme di lavoro che assicurano una stabilità e un mercato del lavoro maggiormente regolare. Le cessazioni sono state molto più alte rispetto alle forme di tipo flessibile.
Logicamente, c'è un minor vincolo, c'è una scadenza dei tempi, ma in un momento di crisi è necessario assicurare il mantenimento dell'occupazione anche in presenza di contratti scaduti, garantendo tutele anche a chi abbia un contratto di lavoro non stabile o atipico. Vi sono soggetti che, avendo contratti di tipo stabile, possono beneficiare di cassa integrazione o ammortizzatori sociali, ma oggi c'è bisogno di ampliare la platea di coloro che sono ancora privi di questi strumenti.

FRANCESCO LAURIA, Coordinatore del dipartimento mercato del lavoro della CISL. Signor presidente, concedetemi quarantacinque secondi per una questione di metodo rispetto a questo tema dell'accessibilità dei dati. Quelli citati dalla collega sono comunque dati ufficiosi e parziali. Al fine di programmare un'azione a livello territoriale, regionale e nazionale, i dati dovrebbero essere messi a disposizione delle parti sociali in maniera ufficiale e dettagliata, atteso che il sistema delle comunicazioni obbligatorie è entrato in funzione da un tempo abbastanza congruo. Questo può essere un appello affinché questi dati vengano messi al più presto a disposizione per programmare le politiche.

PRESIDENTE. Desidero ricordare all'onorevole Delfino come anche Confindustria in audizione abbia sostenuto che gli immigrati non portano via il posto a nessuno.

TERESIO DELFINO. Sì, ma vorrei che questo dato venisse confermato nelle diverse audizioni.

PRESIDENTE. Nel ringraziare gli auditi, dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti dell'ANCE.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva su taluni fenomeni distorsivi del mercato del lavoro (lavoro nero, caporalato e sfruttamento della manodopera straniera), l'audizione di rappresentanti dell'ANCE.
Sono presenti Gabriele Buia, vicepresidente per le relazioni industriali e affari sociali, Beatrice Sassi, dirigente della direzione relazioni industriali, e Stefania Di Vecchio, dirigente responsabile dell'ufficio rapporti con il Parlamento.
Do la parola al vicepresidente per le relazioni industriali e affari sociali di ANCE, Gabriele Buia.

GABRIELE BUIA, Vicepresidente per le relazioni industriali e gli affari sociali dell'ANCE. Signor presidente, vi ringraziamo per l'invito. Desideriamo dare il nostro contributo, perché riteniamo che essere propositivi su queste tematiche sia una nostra mission imprenditoriale, oltre che sociale.
Come più volte sottolineato, il lavoro sommerso è una piaga sociale, ma è anche un grande problema per quanto riguarda la concorrenza sleale nel mondo delle imprese, per cui ci sta molto a cuore. Da tempo, l'ANCE sta promuovendo misure di intervento su queste tematiche. La più eclatante è il DURC, che viene rilasciato dalle casse edili, un pezzo dei nostri enti bilaterali che operano nel settore. Il


Pag. 14

mondo delle imprese sostiene i cinque sesti del mondo della bilateralità, un istituto diverso che altri settori industriali non hanno, ma che è doveroso sottolineare perché è a totale carico del mondo delle imprese.
Il DURC ha avuto effetti importanti, giacché sono emerse 30.000 imprese in più, che prima erano sconosciute, sono aumentati i lavoratori per 160.000 unità, per un totale di 200 milioni di ore lavorate in più, per una massa salari che gira nelle casse edili di 1,8 miliardi di euro in più. I DURC rilasciati in questo ultimo anno sono arrivati a 2.380.000 documenti. Si tratta quindi di un enorme impegno del nostro sistema bilaterale, perché si fa carico del monitoraggio, del controllo e dell'interazione con gli organi ispettivi per quanto riguarda le tematiche del controllo dei lavori.
Una novità rilevante è rappresentata dai cartellini di identificazione, che abbiamo voluto con un avviso comune con le altre associazioni e con il sindacato, per cui ora i lavoratori che entrano sono riconoscibili, e anche dall'assunzione il giorno prima dell'entrata in cantiere. Prima, c'era una distorsione del sistema, perché per qualche strano caso la totalità degli infortuni si verificava nei primi giorni di ingresso nei cantieri. Abbiamo voluto quindi porre rimedio a queste situazioni.
Abbiamo dunque effettuato sforzi rilevanti, ma insufficienti. Siamo disponibili a metterci in gioco per fare di più. Gli strumenti opportuni sono quelli della bilateralità, in cui abbiamo definito tre enti: i nostri enti di formazione, di prevenzione e di controllo della regolarità, che sono rispettivamente le scuole edili, che fanno formazione; i CPT che fanno prevenzione entrando nei cantieri a tutela del mondo del lavoro, dell'operaio, delle imprese, per fare azioni mirate sulla prevenzione e sulla sicurezza; le casse edili, che appartengono a un sistema di mutualizzazione a favore dei lavoratori, a cui spetta il controllo della regolarità, che ha portato ai benefici del DURC. Il mondo dell'edilizia possiede il sistema della bilateralità dagli anni Sessanta, per cui siamo abituati a confrontarci su queste tematiche, operiamo con successo con questi enti a favore della categoria e del nostro sistema.
Sul mercato sono presenti anche casse edili anomale, che non rispecchiano i doverosi standard di emanazione del DURC. Su questo vogliamo soffermarci, perché è importante che il nostro sistema parlamentare recepisca questo messaggio di intervento su queste casse edili. Questo può infatti provocare distonie di mercato.
Il sistema degli enti paritetici può creare concrete strategie di intervento. Ci siamo sempre rivolti con fare propositivo verso i nostri organi amministrativi, per definire politiche concrete sulla sicurezza, specialmente con i comitati paritetici. Abbiamo però bisogno di sostegno, perché è uno sforzo enorme per il sistema edile, che sconta anche problematiche legate all'elevato costo del lavoro nel nostro settore.
In questo momento di crisi sarebbe auspicabile un sistema premiale, che aiuti le imprese a essere virtuose nella sicurezza e nella regolarità contributiva, perché potrebbe essere importante per l'emersione di quelle sacche di nero, che si annidano nel nostro settore e che noi facciamo di tutto per debellare. Oggi, dopo i nostri sforzi, ci siamo infatti resi conto che l'indice di lavoro sommerso si aggira intorno all'11 per cento nel nostro settore, quando la media è quella del 12 per cento, segno di un'avvenuta maturazione nell'arco di anni nei quali abbiamo manifestato interesse.
In questo momento, avremmo bisogno di un aiuto e di un occhio di particolare favore. Nell'ambito del contratto nazionale di lavoro, abbiamo evidenziato come gli indici di congruità rappresentino un fatto importante per determinare l'emersione e parlare di lotta concreta al lavoro nero. Il sistema delle casse edili è pronto a valutare la congruità sui lavori edili. In base agli importi dei lavori, si riesce a determinare approssimativamente l'incidenza della manodopera e a capire se le denunce fatte alle casse edili siano congrue rispetto al lavoro denunciato.


Pag. 15


Tra l'altro, il sistema delle casse edili ha una valenza importante perché riesce a monitorare e a testare sul territorio valori e indicatori che spesso gli organi nazionali come INPS e INAIL non riescono a evidenziare. Dobbiamo quindi riuscire a far sistema con i nostri enti previdenziali e assicurativi e a mettere in gara organi ispettivi, per tarare gli interventi in maniera mirata e concreta, finalizzandoli su determinante tematiche.
Possiamo fare tanto con i nostri enti paritetici. Ci siamo messi in gioco e continueremo a farlo anche con il vostro aiuto, ma abbiamo problemi su cui non possiamo intervenire direttamente. Il costo del lavoro per noi è un grosso problema perché, fatto cento il valore della retribuzione netta dell'operaio, all'impresa costa quasi trecento. Abbiamo quindi un rilevante cuneo fiscale contributivo, non comparabile con altri settori industriali.
Il nostro settore per la cassa integrazione paga il 5,20 per cento contro l'1,90 per cento di altri settori industriali. Versiamo molto di più e al nostro sistema della cassa integrazione non ritorna in proporzione quanto paghiamo. Il sistema industriale ha una cassa integrazione di sei mesi prorogabile a un anno, mentre noi l'abbiamo solo per tre mesi e poi calcolata non a giorni, ma a settimane. Si tratta di un differenziale enorme, che si ripercuote sul costo del lavoro. Questo aiuta non la permanenza nel nostro settore, ma la migrazione al lavoro autonomo, che spesso rappresenta solo la partita IVA, piaga che dobbiamo discutere, giacché questi costi alti fanno sì che il lavoratore autonomo abbia costi più bassi e si muova sul mercato in maniera diversa.
Questo significa che continueremo a formare personale da impiegare nel mondo delle imprese, come è successo negli anni passati importando continuamente manodopera a causa della sua scarsità, assistendo però alla continua migrazione verso il lavoro autonomo. Continuiamo dunque ad alimentare un circolo virtuoso di ingressi, di inserimento e di fuoriuscita. Questo è un grosso problema, che dobbiamo analizzare con attenzione. Il peso contributivo INPS a carico dell'impresa per lavoro subordinato è del 34,98 per cento, a fronte del 20 per cento del lavoro autonomo, differenza enorme. Le nostre scuole formano personale. Il nostro problema o la nostra fortuna è che lavoriamo con le mani nel nostro settore e non abbiamo la materia prima che entra e il prodotto finito che esce a seguito di un ciclo industriale in cui operano le macchine. Effettuiamo con le mani un lavoro difficile e pesante, però abbiamo bisogno delle risorse umane, perché la qualità del prodotto per noi significa formare risorse umane. Facciamo entrare nel nostro sistema ai livelli più bassi gli operatori, li formiamo, li facciamo crescere e, quando divengono specializzati, migrano sul lavoro autonomo e il nostro sistema si impoverisce continuamente, perché non abbiamo modo di essere anche competitivi.
Un altro aspetto importante è l'accesso al settore e la qualificazione delle imprese. Oggi, per fare il costruttore edile basta andare alle Camere di commercio e nel mercato privato si opera liberamente, senza nessuna distinzione, senza nessun limite di importi. Un lavoratore autonomo da solo può dunque acquisire lavori senza limiti di importi e di tipologia costruttiva. Questo è un grave problema per il settore, perché quando si fuoriesce dal mondo delle imprese è tutto molto facile nel mercato privato. Il progetto di legge allo studio alla Camera sulla qualificazione delle imprese nel nostro mondo deve essere sviluppato, perché spesso anche in piccoli e medi cantieri con personale non qualificato si nasconde il lavoro sommerso e la scarsa sicurezza sul lavoro delle maestranze. Dobbiamo arginare questa piaga.
Per quanto riguarda il distacco delle imprese, è importante sottolineare come le imprese straniere si muovano sul nostro territorio. La normativa europea prevede la possibilità per le imprese provenienti dall'estero di versare le competenze


Pag. 16

contributive nei Paesi d'origine, venendo qui a lavorare con differenziali enormi. Questo si traduce in una concorrenza non leale, perché il nostro sistema delle imprese sconta costi molto più alti dal costo del lavoro agli oneri sulla bilateralità, a quelli per i corsi di formazione.
Il sistema delle imprese ha fortemente voluto le sedici ore di formazione preventiva prima di entrare nei cantieri edili, giacché il lavoro edile è un lavoro molto umile cui si fa ricorso spesso, per cui abbiamo voluto almeno professionalizzare il lavoratore. Nel mondo dei lavori pubblici, questo è un problema rilevante, che non equipara le aziende italiane con le aziende provenienti dall'estero, che hanno sistemi contributivi e un costo del lavoro completamente diversi dai nostri. Dobbiamo quindi trovare soluzione a questo problema operando insieme su queste tematiche.
Consegneremo un documento alla Commissione, che entra più nel merito di quanto ho brevemente accennato, e rimango a disposizione per rispondere a vostre eventuali domande.
Il sistema della bilateralità è insito nel mondo dell'edilizia da anni. Per noi è acquisito, nonostante altri settori industriali ne comincino a parlare adesso e lo considerino con titubanza. Siamo abituati a un continuo confronto con il sindacato, con cui su queste tematiche siamo pienamente in linea. Il nostro interesse è per le imprese serie, che si possono definire imprese di costruzione, e desideriamo sottolineare come il sistema delle imprese di costruzione intenda mettersi in gioco per risolvere rapidamente questa piaga sociale.
Abbiamo bisogno però che il nostro sistema bilaterale venga riconosciuto e venga statuita da una norma l'obbligatorietà di iscrizione alle casse edili. Il nostro sistema sta dialogando con gli organi ispettivi per creare sinergie al fine di segnalare eventuali anomalie, visto lo scarso numero degli ispettori. Siamo pronti a metterci in gioco. Oltre all'elevato costo del lavoro, abbiamo anche questi costi di formazione continua, ma abbiamo volontà di cambiare e di dare un'altra immagine nel sociale, perché siamo spesso indicati come sfruttatori del lavoro nero o come il settore dove più si annida il lavoro sommerso. Vogliamo toglierci questa immagine, ma abbiamo bisogno dell'aiuto del Governo e delle nostre istituzioni, perché da soli non riusciremo a vincere questa lotta, che per noi è una lotta per la sopravvivenza.

PRESIDENTE. Lei ha parlato di casse edili anomale. Premesso che il mio primo lavoro è stato quello di impiegato straordinario di una cassa mutua edile, poiché queste casse edili sono istituite dalla contrattazione collettiva, mi pare di capire che esista anche una contrattazione collettiva anomala.
Nell'industria, fatta 100 la retribuzione lorda, il costo del lavoro è circa 145. La retribuzione netta è 72, quindi c'è un rapporto tra retribuzione netta e retribuzione lorda di 1 a 2. Vorrei sapere quindi perché da voi sia di 1 a 3. Tra l'altro, immagino che i 100 siano di retribuzione lorda, al netto delle ritenute fiscali e delle quote di contribuzione a carico del lavoratore. Presumo che non possiate inserire in questo conto il costo del lavoro, l'attività formativa o altre cose che anche nei restanti comparti industriali entrano in gioco, seppur non con la frequenza che hanno nel vostro. Sarei quindi interessato ad approfondire questo divario che denunciate nell'edilizia.
Lei ha denunciato questa donazione di sangue che fate nei confronti del lavoro autonomo. Però una delle accuse che vi rivolgono - siete qui anche per smentirle - è quella di abusare di appalti, per cui si potrebbe sostenere che il lavoro autonomo favorisce questa possibilità di delocalizzare attività che realizzate in cantiere con il lavoro subordinato sarebbero più onerose. L'industria potrebbe quindi avere interesse a favorire questa messa in proprio di alcuni nuclei di lavoratori. Tra l'altro, anche gli altri settori dell'industria non si sottraggono a operazioni di questo genere, laddove alcuni


Pag. 17

settori dell'industria hanno da tempo decentrato anche all'interno dello stabilimento attività come i trasporti interni, il magazzino. Questa tendenza si rileva quindi anche in altri comparti dell'industria.
Lei è stato invece molto severo nei confronti di questa prassi del lavoro autonomo, per cui alla Commissione può interessare approfondire questa apparente contraddizione tra quanto vi si attribuisce e quanto siete venuti a dire, smentendo quella tendenza. Do ora la parola ai deputati che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

TERESA BELLANOVA. Volevo chiederle se anche nel vostro settore si rilevi una presenza del fenomeno del caporalato legato allo sfruttamento del lavoro degli immigrati ed eventualmente di quali dimensioni, se abbiate costruito studi o approfondimenti anche della distribuzione del fenomeno sul territorio nazionale.

GABRIELE BUIA, Vicepresidente per le relazioni industriali e gli affari sociali dell'ANCE. Ritengo che il lavoro autonomo sia una collaborazione necessaria che può essere sviluppata, una risorsa per il sistema dell'edilizia, non voglio demonizzare questo settore,ma sono contrario alla proliferazione delle partite IVA. Per lavoro autonomo s'intendeva infatti l'impresa piccola o micro un tempo tipica, per cui il lavoratore autonomo poteva essere l'artigiano che sapeva fare di tutto, o la piccola impresa che faceva determinati tipi di lavoro ben definibili, mentre oggi non è così.
In Emilia-Romagna, ci sono 70-75.000 imprese iscritte alle Camere di commercio del settore edile, delle quali però solo molto meno della metà hanno dipendenti. Il lavoratore autonomo deve avere una sua particolarità, ma, se dichiararsi tale è solo un modo per avere comportamenti non consoni alle attività di impresa, non condividiamo le strategie.
C'è il problema del subappalto, ma ci si impone il 30 per cento dei subappalti, mentre il nostro sistema delle imprese consiste in quasi tutto lavoro autonomo. Non riusciamo però a distinguere i veri lavoratori autonomi con piccole imprese da quelli che invece usano questo sistema delle partite IVA per evadere. Questo è deleterio per il nostro sistema, perché secondo i dati delle Camere di commercio ultimamente i lavoratori autonomi sono soprattutto extracomunitari, che non sanno neppure parlare bene l'italiano, non sanno cosa sia la sicurezza e il comportamento in un cantiere. Questo rappresenta per noi un grosso problema, che si ripercuote direttamente sul mondo delle imprese in caso di infortunio. Le imprese che possono essere chiamate tali hanno tutto da perdere nello sfruttare il lavoro sommerso o non in regola.
Utilizziamo quindi il lavoratore autonomo, perché abbiamo ottime collaborazioni con il mondo dell'artigianato, che è schierato in prima linea con noi su questa tematica. Questo testimonia la volontà comune di arginare questa anomalia del mercato che è degenerata, su cui abbiamo chiesto un forte impegno normativo del Governo.
Non è questo il mondo del lavoro che ci interessa, anche se qualcuno probabilmente in casa nostra lo sfrutta. È giusto quindi salvaguardare le imprese oggi regolari a discapito di quelle non lo sono. Oggi, spesso si tende a fare di tutta l'erba un fascio, ma non è giusto, perché abbiamo singolarità anche a livello europeo o mondiale fra le nostre imprese, seppur di piccole dimensioni.
Passo la parola alla dottoressa Sassi perché integri le mie risposte.

BEATRICE SASSI, Dirigente della direzione relazioni industriali dell'ANCE. Ovviamente, si vuole combattere il falso lavoro autonomo. In un momento di crisi come questo, infatti, se non si attuano azioni per arginare la fuoriuscita delle risorse dalle imprese, spesso si esce dal circuito del lavoro dipendente per diventare lavoratori autonomi. I dati ISTAT sul primo semestre 2009, in cui è già iniziata la crisi anche nel settore dell'edilizia, indicano una perdita del 3 per cento dei


Pag. 18

lavoratori dipendenti e un aumento dell'1, 5 per cento dei lavoratori autonomi.
Chiediamo una proroga della cassa integrazione, perché per fronteggiare una crisi di questi livelli, nel momento in cui abbiamo temporalmente spazi troppo brevi, le risorse fuoriescono dal mercato volgendosi al lavoro nero o alle famose false partite IVA, laddove molti di questi lavoratori autonomi continuano a svolgere lavoro dipendente per le stesse imprese, ma con costi differenti.
Il costo del lavoro è lordo. Parliamo orientativamente di dieci punti di oneri contributivi in più dell'edilizia rispetto all'industria. Abbiamo legato questi dieci punti in più soprattutto al differenziale del contributo CIGO. Li abbiamo per i premi INAIL, molto più alti in edilizia. Questo può essere anche giustificato dalla maggiore rischiosità dell' attività edile, ma come settore ci si è molto impegnati in una serie di azioni a favore della prevenzione e della sicurezza. Il calo degli infortuni, anche se è poca cosa, ci sta dando ragione. Come ANCE, riteniamo che il Testo unico sulla sicurezza possa rappresentare una sfida per il settore, soprattutto laddove ha messo in evidenza l'importanza delle attività dei Comitati paritetici territoriali per la sicurezza e la prevenzione (CPT). Vorremmo investire molte risorse, per creare forme di sinergia con l'attività ispettiva del Ministero del lavoro, che più volte ci ha chiesto una mano per l'esiguità del proprio personale.
Abbiamo il costo del sistema bilaterale, che può incidere molto sul lavoro sommerso, ma rappresenta 300 enti su tutto il territorio, il cui rilevante costo viene sopportato dalle imprese. Si tratta di costi a latere nell'ottica per cui formazione, sicurezza, monitoraggio della regolarità diventano aspetti essenziali del costo del lavoro.
Per quanto riguarda invece le casse edili cosiddette «anomale», ci rifacciamo più che altro a un decreto sul DURC, che ha individuato i requisiti in capo alle casse edili per poter rilasciare questa certificazione di regolarità, perché oggi non esiste l'efficacia erga omnes del contratto collettivo. Chiunque si mette insieme, datore di lavoro o sindacato, può istituire un ente paritetico, ma riconoscere a questo compiti di natura pubblicistica è molto diverso. Il decreto sul DURC ha individuato i fondamentali requisiti contrattuali, quali la firma dei contratti collettivi nazionali, il riconoscimento della rappresentatività in capo alle organizzazioni che costituiscono queste casse edili. È necessario intervenire in modo più preciso per evitare il proliferare di una serie di nuovi enti bilaterali, con lettere del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali che li dichiarano non abilitati e sentenze provvisorie da parte dei TAR. Indubbiamente, c'è molta confusione.
Il nostro sistema di casse edili fa capo a una commissione nazionale, che gestisce anche la BNI, la Banca dati nazionali imprese irregolari, che effettua un monitoraggio della regolarità delle imprese su tutto il territorio nazionale. Sono state introdotte contrattualmente - riconosciute anche dalle norme di legge - regole molto rigorose per il rilascio della certificazione di regolarità contributiva, per evitare di creare una forma di concorrenza tra le imprese, scontando la regolarità nei confronti dei lavoratori. Una qualsiasi cassa edile costituita da qualsiasi organizzazione meno rappresentativa, non potendo controllare questa regolarità sul territorio, potrebbe invece creare fenomeni di concorrenza sleale.
Per quanto invece riguarda il caporalato, non siamo ancora riusciti a creare una mappatura di dati in questo senso, ma abbiamo denunciato con la direzione generale dei servizi ispettivi come in questi mesi molte nostre imprese abbiano ricevuto offerte di manodopera a prezzi assolutamente irrisori, che non potevano trovare nessuna giustificazione rispetto ai costi reali della nostra manodopera. Nella maggior parte dei casi, si tratta più che altro di manodopera straniera. Il problema riguarda la normativa del distacco, che ha maglie molto larghe soprattutto per quanto riguarda i lavoratori che provengono


Pag. 19

dai nuovi Paesi comunitari, quindi dai Paesi dell'est, fenomeno molto difficile da controllare.
Solitamente, tendiamo a denunciare queste pubblicità di offerta di manodopera a prezzi stracciati alla Direzione generale dell'attività ispettiva. In alcuni casi, abbiamo anche collaborato con loro promuovendo azioni nei confronti di questi personaggi.
Il lavoro edile non corrisponde al lavoro manifatturiero, per cui non è necessario uno stabilimento: si va in un cantiere e si trova una squadra di lavoratori stranieri. Capire fino a che punto questa sia un'impresa seria è impossibile. Anche i servizi ispettivi si dichiarano privi di riferimenti specifici a una documentazione sulla quale operare un controllo. Spesso, squadre di lavoratori ignorano per chi lavorano. Sono quindi abbastanza diffusi fenomeni di caporalato e di sfruttamento, anche se i dati ISTAT evidenziano una percentuale maggiore di lavoratori stranieri non solo irregolari nel centro Italia. Abbiamo ormai una percentuale di circa il 25 per cento nel settore delle costruzioni, quindi un rapporto di 1 a 4.

PRESIDENTE. Nel ringraziare i rappresentanti dell'ANCE, dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16,15.

Consulta resoconti delle indagini conoscitive
Consulta gli elenchi delle indagini conoscitive