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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione XII
2.
Mercoledì 7 marzo 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Palumbo Giuseppe, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SUGLI ASPETTI SOCIALI E SANITARI DELLA DIPENDENZA DAL GIOCO D'AZZARDO

Audizione di rappresentanti del Codacons, di ALEA (Associazione per lo studio dei giochi d'azzardo e dei comportamenti a rischio), di AND (Azzardo e nuove dipendenze) e dell'Associazione giocatori anonimi:

Palumbo Giuseppe, Presidente ... 3 5 13 15 16 24 26
Argentin Ileana (PD) ... 17
Bellio Graziano, Presidente di ALEA ... 7 26
Bossa Luisa (PD) ... 20
Capitanucci Daniela, Presidente di AND ... 9 26
D'Incecco Vittoria (PD) ... 18
Farina Coscioni Maria Antonietta (PD) ... 19
Gabriele, Rappresentante dell'Associazione giocatori anonimi ... 13
Miotto Anna Margherita (PD) ... 15
Mosella Donato Renato (Misto-ApI) ... 23
Patarino Carmine Santo (FLpTP) ... 21
Pedoto Luciana (PD) ... 16
Porcu Carmelo (PdL) ... 17
Rienzi Carlo, Presidente del Codacons ... 3 20 24
Rodolfo, Rappresentante dell'Associazione giocatori anonimi ... 26
Sarubbi Andrea (PD) ... 17
Sbrollini Daniela (PD) ... 20
Stagno D'Alcontres Francesco (Misto - G.Sud-PPA) ... 22
Temporin Matteo, Consulente del Codacons e docente presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano ... 5
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA.

COMMISSIONE XII
AFFARI SOCIALI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 7 marzo 2012


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIUSEPPE PALUMBO

La seduta comincia alle 10,15.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti del Codacons, di ALEA (Associazione per lo studio dei giochi d'azzardo e dei comportamenti a rischio), di AND (Azzardo e nuove dipendenze) e dell'Associazione giocatori anonimi.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sugli aspetti sociali e sanitari della dipendenza dal gioco d'azzardo, l'audizione di rappresentanti del Codacons, di ALEA (Associazione per lo studio dei giochi d'azzardo e dei comportamenti a rischio), di AND (Azzardo e nuove dipendenze) e dell'Associazione giocatori anonimi.
Nel dare il benvenuto mio e di tutta la Commissione ai nostri ospiti ricordo che sono presenti: per il Codacons il presidente, avvocato professor Carlo Rienzi, e il professor Matteo Temporin, consulente e docente presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, l'avvocato Pietro Valentino, avvocato dell'Ufficio legale nazionale Codacons, e la dottoressa Daniela Bricca, consulente della comunicazione e giornalista professionista; per l'ALEA il presidente, dottor Graziano Bellio; per l'AND la presidente, dottoressa Daniela Capitanucci; infine, per l'Associazione giocatori anonimi i rappresentanti Gabriele, Fausto, Maria, Rodolfo e Carlo. Sono anonimi, altrimenti non si chiamerebbe Associazione giocatori anonimi.
Nel ringraziare coloro i quali sono intervenuti vorrei precisare come si svolgono in genere - qualcuno di voi ha già partecipato e altri no - le nostre audizioni: dopo l'intervento degli invitati, che svolgeranno il proprio intervento nell'arco di dieci minuti o un quarto d'ora, interverranno i parlamentari per porre quesiti e svolgere considerazioni; l'audizione si concluderà con l'eventuale replica dei soggetti auditi. Coloro i quali alla fine della loro relazione, intendano lasciare agli atti documentazione sono pregati di farlo; altrimenti possono inviarla in un secondo momento. Tutti i contributi sono opportuni e benvenuti, perché consentono, soprattutto ai parlamentari che oggi non sono potuti intervenire, di rendersi conto del contenuto dell'audizione.
Do la parola ai nostri ospiti, cominciando per il Codacons dall'avvocato Rienzi.

CARLO RIENZI, Presidente del Codacons. Ringrazio a nome del Codacons di questo invito e preciso subito che, quando mi presento a parlare in queste audizioni (non ci vado più molto, ma mando altri al mio posto), ci vado un po' disperato - l'ultima volta, presso la Commissione di vigilanza sulla RAI, abbiamo sollevato seri problemi - perché sembra che queste


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Commissioni non abbiano un grande potere di intervento, il che ci frustra un po' nella nostra attività.
Sono esperienze che abbiamo avuto, ma credo che quest'audizione sia importante, perché voi potete compiere alcuni interventi subito per smuovere situazioni che sono ferme. Noi vi abbiamo già portato un documento dossier. È una vita che ci dedichiamo a queste problematiche.
Mi limiterò non a ripeterne tutto il contenuto, ma a sintetizzare due punti importanti, su cui vi chiediamo proprio di intervenire. Vorremmo che la Commissione dimostrasse, come può fare e come ha il diritto di fare, che ha un suo ruolo e che può intervenire.
«Caro papà, ti regalo un abbonamento al Superenalotto», recita una pubblicità recente. «Caro papà». Voi sapete che il gioco è vietato ai minori.
Quello del gioco è un problema gravissimo, che potrebbe portarci presto a una situazione ingovernabile nel nostro Paese. Capiamo che, come per la benzina, lo Stato incassa e che, quindi, non è facile fermarlo. Bisogna assolutamente, però, prevenire i danni sociali, perché, se incassiamo i soldi dal gioco, come Stato, ma poi li spendiamo per tutto quanto riguarda l'assistenza sociale e soprattutto la spesa sanitaria, che sta diventando veramente considerevole, forse alla fine il saldo è passivo e, quindi, non conviene nemmeno.
Si pone poi il problema soprattutto dei minorenni. Come voi sapete, il CNR di Pisa ha svolto un'indagine per la quale sembrerebbe che oltre mezzo milione di minorenni che vanno a scuola scommettano già illegalmente. Vi capiterà di vedere, se entrate in un'area di servizio o in un bar sull'autostrada, di trovare le slot machine. I ragazzini sono costretti a passare davanti a tali macchinari per andare dall'ingresso o all'uscita, situazione sbagliatissima, perché, se io fossi un ragazzino, chiederei a mio padre di poterci giocare.
Il fatto che l'Organizzazione mondiale della sanità abbia identificato il gioco d'azzardo come una malattia sociale è un punto da cui bisogna partire. Non vi voglio stare a tediare. Noi abbiamo svolto due ricerche, dal 2010 al 2011, che hanno generato una relazione poderosissima, che vi lasciamo e che non è possibile sintetizzare.
Su 30 milioni di giocatori e di utenti di giochi pubblici noi riteniamo che ci siano almeno 2 milioni di persone afflitte da ludopatia, cioè da dipendenza da gioco. Di questi 2 milioni una buona parte rischia poi di avere esiti anche molto gravi. Ultimamente avrete letto di persone che hanno compiuto anche fatti molto gravi da un punto di vista penale, fatti che hanno portato a reati anche molto seri.
La strada dell'incasso da parte dello Stato attraverso il gioco ha portato ad aumentare a dismisura la possibilità dei giochi. Anche nell'ultima manovra c'è stata un'apertura sempre più ampia alla possibilità di inserire e di inventare nuovi giochi. Tali nuovi giochi tendono a far illudere le persone che possono vivere giocando, affermando di erogare al vincitore 20.000 euro o 40.000 euro al mese, anche con una logica sottilissima e perversa: non si deve più lavorare, perché, se si vince, praticamente si ha una rendita per tutta la vita. È un logica che illude la gente che ha bisogno.
Passo alle azioni da compiere immediatamente, così non perdiamo tempo. Vorrei cedere per alcuni minuti la parola al professor Temporin per spiegare la grande innovazione su cui noi stiamo lavorando insieme allo Stato.
Occorre smuovere questo decreto, che è fermo. Mi riferisco al decreto interministeriale che deve essere varato dal Ministero dell'economia e delle finanze e da quello della salute, che è previsto dalla legge e che riguarda proprio la prevenzione delle ludopatie. Noi non abbiamo capito perché si sia fermato.
È un'iniziativa governativa, prevista però da una legge. Il decreto avrebbe dovuto essere emanato da oltre un anno, ma si è bloccato e adesso noi, come è nostro costume, abbiamo attivato una sorta di procedura di silenzio-rifiuto. Se non sarà varato, andremo al TAR e chiederemo


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la nomina di un Commissario ad acta. Noi vi chiediamo, come Parlamento, di intervenire su questo tema.
Il Ministero ci ha scritto che l'Ufficio di Gabinetto chiederà l'iscrizione dello schema di decreto all'ordine del giorno della prima seduta utile della Conferenza unificata, una volta acquisito l'assenso sul testo del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.
Sono parole che ci rassicurano, ma che, nello stesso tempo, possono essere fumose. Vi invitiamo, pertanto - abbiamo allegato i documenti - di chiedere al Governo di emanare questo decreto, perché non costa nulla. È un decreto che sarebbe utile per salvare vite umane.
L'altra questione riguarda la pubblicità. Dovete intervenire. Non è possibile che si usino slogan come «Caro papà, ti regalo un abbonamento al Superenalotto», «Guadagno facile e veloce», «Vincere a portata di mano», «Corri incontro alla fortuna», «Giocare è qualcosa di naturale» o «Gioca facile». Addirittura per i giochi online sono uscite sul Corriere della sera 27 pagine intere di pubblicità, un'operazione che non si può consentire. Se un Paese civile come il nostro vede i nostri giornali, pensa che in Italia si giochi solamente. Quando si tratta di gioco d'azzardo, è una questione seria.
Con i Monopoli di Stato ci troviamo su una posizione analoga, ossia che debba essere indicata sempre la probabilità di vincita. Si deve sapere che alla fine non si vince nulla, anche quando si afferma che vince anche il due e che ci sono due possibilità su tre di vincere. Si tratta di pubblicità per le quali presentiamo continuamente esposti all'Antitrust.
Non è possibile. Bisogna regolamentare. Non si dovrebbe proprio fare la pubblicità, oppure si dovrebbe precisare la probabilità di vincere. Chi vuole, gioca e soprattutto deve stare attento, perché il gioco può prendere la mano. È una cosa pericolosa, magari non come le sigarette o come la droga, ma potrebbe diventare una malattia. È una malattia sociale, come accennavo prima, che può diventare anche peggio.
Lascio la parola al professor Temporin, illustre matematico e professore universitario, per illustrare in pochissimi minuti un progetto che potrebbe risolvere il problema della ludopatia, nel senso di prevenirla. È teso a individuare, prima che si cada nella dipendenza da gioco, il giocatore che tende alla dipendenza da gioco e a bloccarlo. Gli si può indicare di fermarsi, perché sta sbagliando o comunque fornirgli indicazioni molto importanti.
Questo progetto è già molto avanzato, grazie anche agli attuali responsabili dei Monopoli di Stato, che sono, stando ai colloqui che abbiamo avuto con loro, molto determinati, come lo sono stati per le sigarette, per le quali si è capito che non si poteva continuare a vendere il tabacco senza avvertire. Anche loro non vogliono avere morti per strada per via del gioco. Non lo vuole nessuno.
È questa la strada su cui noi siamo incamminati, con grande impegno e con uno staff molto numeroso di tecnici, professionisti e avvocati.

PRESIDENTE. Ringrazio il presidente e vorrei svolgere una piccola premessa, al di là dei problemi che abbiamo sentito e che in parte conoscevamo.
Le audizioni sono finalizzate ad arricchirci. Il problema fondamentale che lei ha toccato è quello delle proposte che voi avanzate. Abbiamo avuto altre audizioni e molti hanno avanzato proposte concrete che in parte sono simili alle vostre. Voi avete un progetto, ragion per cui pregherei gli altri di uniformarsi a questo tipo di orientamento, al di là dei chiarimenti, al fine di ricevere proposte effettive e chiare che possono essere trasmesse al Governo, e che possono essere utili anche al fine di elaborare proposte di legge per cercare di compiere un intervento anche in questa Commissione. L'indagine è stata avviata per tentare non di risolvere, ma perlomeno di migliorare questo tipo di problema.

MATTEO TEMPORIN, Consulente del Codacons e docente presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Mi


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chiamo Matteo Temporin e insegno informatica, e precisamente Sistemi e metodi della conoscenza, all'Università Cattolica di Milano.
Noi siamo partiti circa tre anni fa nell'esaminare le risultanze scientifiche sull'argomento, cioè sul mondo dei giochi e, in particolare, sull'analisi del comportamento del giocatore.
Da queste risultanze scientifiche si evidenzia che i giocatori che sviluppano dipendenza rispetto al gioco d'azzardo tengono un comportamento particolare. Mi riferisco ad alcuni studi dell'Università di Harvard svolti su dati pubblici forniti da una nota azienda di giochi online. Queste risultanze ci hanno fatto pensare all'opportunità di poter esaminare tali marker comportamentali in modo da poter fornire un aiuto, un supporto al giocatore perché eviti di proseguire su comportamenti che di solito sono di inseguimento delle perdite o, per esempio, di non utilizzo delle vincite che vengono effettuate, fino a portare il giocatore patologico a una situazione di continuo inseguimento di un comportamento che ovviamente diventa sempre più malato.
Abbiamo esaminato questi studi e, attraverso un gruppo di ricercatori che conta persone che provengono dal mondo universitario, ma anche dall'attività clinica in questo settore - mi riferisco, in particolare, alla collaborazione del SIPAC - abbiamo cercato di definire alcuni protocolli che, opportunamente validati, consentano di poter affermare che effettivamente il tale comportamento è proprio di un giocatore patologico.
Il modello prevede una verifica di questo comportamento attraverso l'utilizzo di questionari somministrati direttamente al giocatore. Tutto ciò avviene in forma completamente anonima e nel completo rispetto della privacy del giocatore.
Tutti i risultati sono stati messi a disposizione dell'amministrazione dei Monopoli di Stato e stiamo proseguendo per poter definire alcuni protocolli che possano essere messi a disposizione dell'amministrazione dei Monopoli di Stato per un'analisi di tipo epidemiologico. Voi capite che, avendo l'amministrazione a disposizione, direttamente o indirettamente, tutti i dati di gioco dei settori dell'online e delle videolottery, praticamente conosce il comportamento di gioco di circa il 70 per cento della raccolta.
Questa attività è utilizzabile per indagini di tipo epidemiologico, per esempio per scoprire quanti sono effettivamente i giocatori che vengono riconosciuti attraverso questi marker comportamentali come patologici e, quindi, per fornire indicazioni sia agli organi regolamentativi, sia al Parlamento, per consentire loro di decidere sul fenomeno, avendo dati di fatto in mano.
La seconda fase prevede che questi protocolli validati dalla comunità scientifica vengano messi a disposizione dei concessionari, in modo che li applichino ai loro sistemi di gioco. È chiaro che il modello non è completo, perché diverse attività di gioco vengono svolte attraverso le tabaccherie e attraverso sistemi che rendono difficile in questo momento la tracciatura del comportamento.
A questo proposito l'amministrazione dei Monopoli di Stato si è fatta promotrice di un discorso che potrebbe risolvere questi problemi, quello della Carta unica del giocatore, un sistema utilizzato per permettere l'accesso ai giocatori a qualsiasi sistema di gioco. L'operazione è fattibile tecnicamente e in molti Paesi, come, per esempio, la Svezia, la disponibilità di una Carta unica del giocatore è una condizione per l'accesso al gioco. In Svezia non si può giocare senza avere a disposizione questa carta unica.
Il meccanismo consentirebbe al giocatore di definire alcune forme di autolimitazione. Per esempio, in Svezia non è possibile giocare su alcuna piattaforma all'interno del regno se il giocatore si è autolimitato, per sempre o per un periodo limitato, e supera una data cifra. Ciò vale sia per il gioco online, sia per i sistemi di gioco a terra.
Questo meccanismo di carta unica consentirebbe poi, dopo l'analisi comportamentale, di mandare segnalazioni, o attraverso il terminale di gioco o attraverso


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SMS o attraverso mail, in modo che il giocatore sia cosciente di ciò che sta facendo.
Da questo punto di vista lo staff di ricercatori sta analizzando la messaggistica che possa essere più opportuna per ottenere lo scopo. Se abbiamo un marker di analisi comportamentale di rischio di sviluppo di ludopatia, possiamo anche misurare l'efficacia del sistema di messaggistica, il che non è possibile nei sistemi come i tabacchi, per i quali non è verificata l'efficacia delle scritte. Nel nostro caso, invece, sarebbe possibile verificarla.

GRAZIANO BELLIO, Presidente di ALEA. Volevo ringraziare innanzitutto la Commissione per aver invitato ALEA, la prima e, per quanto ne so, l'unica società scientifica a livello nazionale specificamente dedicata al gioco d'azzardo e, in particolare, al gioco d'azzardo patologico.
«Gioco d'azzardo patologico» è la dizione scientifica corretta accettata dall'OMS. Il termine «ludopatia», in realtà, è stato introdotto soprattutto a cura dei concessionari e dei Monopoli di Stato.
Io ho il sospetto che - ma sono un po' malizioso su questo punto - lo scopo di introdurre un termine che in italiano non esiste derivi dal fatto di cercare di distaccare completamente il fenomeno patologico da quello normale, cioè da quello del gioco sociale.
Il problema è che esiste una diretta correlazione tra la comparsa di fenomeni patologici e la diffusione del gioco. L'accessibilità e la diffusione del gioco sono fattori molto pesanti nel determinare la diffusione dei fenomeni patologici.
Lo vediamo molto bene in periferia. Io sono un operatore, dirigo un servizio per le tossicodipendenze e un ambulatorio per il gioco d'azzardo e posso confermare che noi abbiamo visto questo fenomeno negli ultimi dieci anni in maniera molto netta.
Il fatto di riconoscere che, oltre a fattori individuali, esistono anche fattori ambientali, culturali demografici e anche legati alla struttura dei giochi aiuta a creare politiche di gioco responsabile più comprensive e più efficaci.
Attualmente le politiche di gioco responsabile sono unicamente nelle mani dei concessionari e dei Monopoli di Stato, con i risultati che abbiamo sentito prima, ma io credo che questa Commissione li abbia sentiti anche la settimana scorsa. I risultati di questi tentativi di politiche di gioco responsabile sono a dir poco fallimentari, quando addirittura non si ottiene l'effetto contrario, ossia quello della promozione del gioco. Ricordiamo anche lo spot pubblicitario su alcuni diciottenni, che è stato una sorta di boomerang e che gli stessi Monopoli di Stato hanno provveduto poi a ritirare.
Credo che sia importante, focalizzando su questioni pratiche, che questa Commissione aiuti lo Stato a riconoscere che c'è molto ancora da fare. Io credo che lo Stato stia facendo il 30 per cento di quello che dovrebbe, perché si sta limitando, oggi come oggi, a ritirare, dal punto vista dell'erario, i soldi che derivano dal gioco.
Un altro 30 per cento delle attività dello Stato dovrebbe essere rivolto, invece, ad aiutare i cittadini e, in particolare, i giocatori che hanno problemi, ma anche le loro famiglie. Non dobbiamo dimenticare che a fianco dei giocatori ci sono anche molte altre persone che soffrono con loro. In questo momento, invece, siamo in completa assenza di politiche di tipo socio-sanitario. I servizi che si occupano di questo problema sono relativamente pochi, sono basati soprattutto su iniziative personali e locali e non c'è un sistema che garantisca l'assistenza a queste persone.
La prima operazione che io propongo è che il gioco patologico entri all'interno dei livelli essenziali di assistenza e che i giocatori vengano equiparati ai tossico o alcol-dipendenti ai fini dell'accesso diretto ai servizi, ossia senza impegnativa medica, e dell'esenzione dal ticket sanitario.
Ovviamente per ottenere tale risultato c'è bisogno anche di risorse, perché i servizi sono ormai allo stremo. Ricordo che i servizi per le tossicodipendenze dal 1990 non sono più stati oggetto di una rivisitazione di natura organizzativa.
Parlare di soldi in questo periodo storico effettivamente è un po' problematico,


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me ne rendo conto, però ho visto ieri che il Governo chiede almeno altri 250 milioni dal settore gioco per l'anno prossimo, il che significa che 250 milioni per lo Stato sono anche 250 per i concessionari e che questo mezzo miliardo deriva sostanzialmente da 3-4 miliardi di giro d'affari. Lo Stato sta accelerando ancora sulla richiesta di denaro tramite il settore giochi.
Una parte di questo denaro dovrebbe essere impiegato per riparare i danni sociali e sanitari che vengono prodotti direttamente dalle attività di gioco. Noi abbiamo stimato che dovrebbe trattarsi di una quota non inferiore al 5 per mille dei 10 miliardi che lo Stato incamera, ma siamo convinti che questo denaro non dovrebbe essere tirato fuori soltanto dallo Stato, ma anche dai concessionari, come succede anche all'estero, per esempio in Svizzera; i concessionari sono tenuti comunque a devolvere una determinata quota ai fini di protezione sociale.
Degli aspetti legati alla pubblicità si e già parlato, ragion per cui non entrerò nello specifico. Credo, invece, che valga la pena di tener presente che i giochi non sono tutti uguali: ci sono alcuni giochi che sono più pericolosi e altri che sono meno pericolosi.
I giochi più pericolosi, secondo molte ricerche scientifiche, sono i cosiddetti giochi rapidi, cioè quelli che, come le slot machine o il gratta e vinci, hanno un periodo di latenza, tra il momento della scommessa e quello dell'esito, molto breve e ciò comporta il fatto che il gioco possa essere ripetuto più e più volte nell'arco di un tempo relativamente breve, con spese, però, di tipo rilevante.
Altri fattori patogeni possono derivare, per esempio, dal fatto di strutturare le cosiddette vincite in un dato modo anziché in un altro. È possibile verificare che le slot machine e anche i gratta e vinci erogano le vincite soprattutto in modo frequente e irrisorio; a volte si limitano a rifondere al giocatore ciò che ha appena speso.
Non si tratta di una vincita, ovviamente, però il giocatore si comporta come se lo fosse, il che ha un corrispettivo anche sul piano neurobiologico. È possibile vedere con indagini di risonanza magnetica in PET che la risposta del cervello a questi eventi è tale e quale a quella che noi avremmo di fronte a una vincita significativa, il che è rinforzante per il comportamento.
Un altro tipo di problema che emerge dalla struttura dei giochi e da come i giochi sono strutturati è l'induzione di pensieri erronei. I pensieri erronei, che poi si traducono in comportamenti, sono giudizi sbagliati sulle probabilità di vittoria o l'affidarsi a sensazioni irrazionali o compiere calcoli pseudo-statistici sulle frequenze, sui numeri ritardatari o altre operazioni di questo genere.
I concessionari e i produttori di giochi sanno perfettamente che esiste questo fenomeno e lo sfruttano nel favorire la ripetizione dei giochi. Nell'allegato alle mie memorie ho anche incluso, a titolo esemplificativo, alcune stampe da alcuni siti Internet di concessionari illustri che si basano proprio su questi errori di pensiero, al fine di favorire la ripetizione dei giochi.
Di fronte alla capillarità della diffusione del gioco d'azzardo appare indispensabile, a nostro giudizio, il fatto che progressivamente vi sia un ritiro dei giochi, soprattutto dei giochi rapidi come le slot machine o il gratta e vinci, all'interno di sale dedicate e che non siano, quindi, più reperibili all'interno dei bar o delle tabaccherie. Questo, a nostro giudizio, renderebbe molto più semplice anche da parte dello Stato effettuare i suoi controlli sia sul piano della legalità e dell'osservanza delle regole, sia ai fini di applicare efficacemente le politiche di gioco responsabile all'interno di luoghi relativamente individuabili.
In questo momento, per esempio, se si volesse attuare una formazione dedicata ai gestori dei giochi, noi sappiamo già che soltanto un numero estremamente piccolo di gestori aderirebbe a confronto con il grandissimo numero di luoghi in cui si può trovare l'opportunità di giocare.
Io credo, invece, che sia indispensabile che i concessionari e i gestori dei giochi


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vengano coinvolti in queste politiche di gioco responsabile, perché è molto importante avere la loro collaborazione. Ancora più importante, però, è che le iniziative non siano nelle loro mani, ma nelle mani di un terzo, che dovrebbe essere una parte dello Stato, il quale funga da mediatore tra le esigenze di bilancio e le esigenze di sicurezza sociale.
Non è un caso che già ai tempi degli antichi romani il gioco d'azzardo, almeno nominalmente, fosse vietato, perché è un problema di sicurezza pubblica.

DANIELA CAPITANUCCI, Presidente di AND. Buongiorno a tutti e grazie per questo invito. Io ho pensato di partire da una domanda: il gioco d'azzardo lecito è una risorsa o è un problema? Nessuno di noi si vuole approcciare a questo tema con un'ottica proibizionista, ma con un'ottica di equilibrio fra i costi e i benefici che questa attività, legalmente promossa, produce.
Io faccio parte di AND, Azzardo e nuove dipendenze, un'associazione di solidarietà familiare, che già la include in un particolare ambito di attenzione, quello della famiglia. Il gioco d'azzardo è, dunque, considerato come un problema di famiglia. Lavoriamo a titolo volontario all'interno dell'associazione, non siamo una cooperativa, tutti noi abbiamo altri lavori, anche se siamo tutti professionisti della salute e del sociale.
Abbiamo scelto di essere indipendenti da chi gestisce il gioco, ossia i concessionari, e dunque non accettiamo alcun tipo di rapporto economico con queste entità. Torno a ripetere che il nostro approccio è osservare che il gioco d'azzardo lecito crei ricchezza e non povertà. Questa è la nostra prospettiva. Siamo pochi, una trentina, ma molto ben motivati.
Vorrei puntualizzare all'inizio che c'è gioco e gioco, perché non tutti i giochi sono d'azzardo e i giochi d'azzardo non sono come tutti gli altri giochi. Mi ha molto colpito una pubblicità che è stata prodotta da SAPAR in collaborazione con AAMS, il cui messaggio è «Affinché il gioco rimanga un gioco» associato al gioco della palla.
In Italia abbiamo un grosso problema linguistico. Quando parliamo di gioco, se ci dimentichiamo il complemento «d'azzardo», rischiamo di confonderci. All'estero i due concetti sono ben differenziati, perché, per esempio, l'inglese consente di utilizzare play per il gioco ludico, il gioco dei bambini o anche degli adulti, ma che non comporta spesa di denaro, e gambling, invece, per il gioco inteso come scommessa.
Le caratteristiche del gioco d'azzardo, in realtà, sono tre: l'individuo mette in palio denaro od oggetti di valore, tale posta è irreversibile, una volta scommessa, e l'esito, il che è importantissimo, come indica la parola d'azzardo, dipende principalmente o totalmente dal caso.
I giochi d'azzardo sono molto diversi dai giochi di abilità, perché non consentono neanche l'allenamento per migliorare la propria performance e questo è un aspetto importante anche da un punto di vista cognitivo e psicologico.
Non sempre il gioco d'azzardo è illegale. Il gioco d' azzardo può essere trattato in tanti modi diversi, a seconda dei punti di vista, ragion per cui, per esempio, possiamo trattarlo come vizio da contenere, in un modello proibizionista che è stato molto tipico anche della politica sul gioco d'azzardo del nostro Paese sicuramente fino almeno agli anni Novanta, oppure come un mercato da incentivare, nella prospettiva del modello liberista. Il modello proibizionista compie in genere azioni che mirano a ridurre o a impedire l'accesso da parte della popolazione ai giochi d'azzardo per ridurre i rischi di dipendenza, mentre il modello liberista accosta in massa tutta la popolazione al gioco d'azzardo.
Alcuni princìpi di base del modello liberista, messi a fuoco da Valleur, che lavora al centro per le dipendenze più accreditato a Parigi, prevedono che gli industriali dell'azzardo partecipano alle politiche e a volte decidono su informazione, prevenzione e cura del gioco d'azzardo,


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attività che ovviamente sostengono il loro mercato, e creano neologismi ad hoc, come il termine «ludopatia», di cui anche il dottor Bellio ha parlato prima.
L'ipotesi del gioco responsabile in un'ottica neoliberista è quella di tendere alla diffusione di consumo di gioco d'azzardo in tutta la popolazione maggiorenne, purché i giocatori siano istruiti a non giocare irresponsabilmente, ossia a giocare il giusto, con l'idea che questo messaggio sia sufficiente a garantire che si avrà lo zero per cento di giocatori patologici e il 100 per cento di giocatori sociali.
In realtà, già la Caritas nel 2004 cominciava a osservare che, purtroppo, nel gioco investe maggiormente chi ha un reddito minore e che il 56 per cento di chi partecipa a giochi d'azzardo appartiene a strati sociali medio-bassi, il che non significa che non ci siano persone anche di ceti assolutamente abbienti. Purtroppo, però, è elevata la frequenza di coloro che impegnano anche il reddito di sussistenza.
Occorre precisare che noi non abbiamo un'ottica proibizionista e che non tutti i giocatori d'azzardo sono patologici, ma anche che i giocatori patologici esistono e che bisogna farsene carico. Vi mostro una sorta di distribuzione, una piramide del rischio di gioco d'azzardo. All'estremità di sinistra c'è una grassa fetta di persone che non corrono rischi o corrono rischi molto deboli, mentre sulla destra troviamo il giocatore a rischio elevato o eccessivo.
Recenti studi ci indicano, a seconda del metodo di misura - bisogna interpellare il CNR, che ha svolto recenti rilevazioni - una percentuale fra lo 0,8 e il 3,3 per cento nell'ultimo anno, ragion per cui le persone che hanno un problema di gioco adesso, non sessant'anni fa, nella popolazione fra i 15 e i 64 anni, su una stima della popolazione ISTAT a luglio, sono circa da un minimo prudenziale di 322.000 a 1.330.000.
Come si configura il giocatore patologico? È facile distinguerlo, perché è quello che gioca più denaro, più a lungo e più spesso di quanto ha previsto e soprattutto di quanto si può permettere. È la persona che perde la libertà di astenersi è questo è un aspetto importante. Non riesce più a non giocare, è forzato a giocare, ragion per cui inviargli un messaggio del tipo «stai giocando troppo» non serve assolutamente a nulla. Andrà avanti a giocare, perché non è più libero di non giocare.
Nessun giocatore patologico all'inizio voleva perdere il controllo, anche questo punto va precisato. Non si comincia a giocare pensando di voler diventare un giocatore patologico. Semplicemente è capitato. Si tratta di un altro elemento da tenere in considerazione dal punto di vista della salute, sebbene vi siano fattori di vulnerabilità individuale che è utile conoscere, per cui noi sappiamo, in base alle ricerche, che persone che hanno già una vulnerabilità in termini di altre forme di dipendenza o di disturbi psichiatrici hanno un'incidenza e una prevalenza maggiore di cadere nel gioco d'azzardo patologico, ma purtroppo la ricerca non è in grado oggi di stabilire che un dato giocatore certamente non svilupperà mai un problema di gioco.
Ciò significa che non siamo in grado di prevedere in anticipo che un dato soggetto non perderà il controllo a un determinato punto della sua carriera di gioco. L'unica certezza si ha se non gioca affatto, perché in quel caso non perderà il controllo, ma, se è un giocatore sociale, potrebbe perderlo.
Porto alcuni esempi. Soprattutto i giornalisti arrivano e ci chiedono chi è il giocatore patologico e vogliono un identikit. Io ho rilevato alcuni esempi dalla cronaca mediatica, di cui magari avete avuto notizia anche voi: «Poliziotto rapisce il figlio di un conoscente per pagare con il riscatto i debiti di gioco» (si trattava di 70.000 euro ed è successo nei pressi di Roma), «Don Azzardo alle porte di Varese: alle slot dalle 5.30 di ogni mattina gioca i soldi dei parrocchiani» (su Striscia la notizia), «infermiera si prostituisce per ottenere prestiti per giocare al bingo», «Giocatore di serie A - giocatore di calcio - falsifica risultati delle partite su cui scommetteva», «Adolescente si suicida dopo aver rubato gratta e vinci alla tabaccheria


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dei genitori». Quest'ultimo fatto è successo in Veneto un anno e mezzo fa circa.
Sono persone qualsiasi, non esiste il bollino blu del giocatore patologico. All'inizio la persona comincia a fissarsi sul gioco, ha una polarizzazione del pensiero. In uno stadio successivo comincia a sperimentare tolleranza, ossia non gli basta più quello che stava giocando, ma comincia a giocare per modulare i suoi stati d'animo, rincorre le perdite e inizia a mentire e a perdere il controllo. Poi conta sugli altri per pagare i debiti, si ritira da altre attività rilevanti per lui, come lavoro, famiglia e altri interessi, aliena le relazioni e, infine, arriva anche spesso a commettere azioni legali.
Noi abbiamo composto un gruppo di terapia di ventitreenni, ragazzi giovani, nel mese di aprile dell'anno scorso. Tutti questi ragazzi avevano depredato la famiglia degli ori di casa, rivendendoli ai compra-oro. Hanno ventitré anni, avevano giocato per un paio d'anni ed erano già arrivati a compiere tutto questo excursus.
Il giocatore patologico che perde il controllo sperimenterà giocoforza una serie di conseguenze negative, conseguenze della sua perdita di controllo al gioco.
Quali sono, in sintesi - nella memoria da noi presentata il tutto è descritto molto più in dettaglio - i danni per il giocatore patologico? Sono danni in salute, in benessere economico, nell'impatto sul mondo del lavoro, che non è trascurabile, sia se è un imprenditore, sia se, per esempio, gestisce una cassa. Abbiamo avuto una paziente che era amministratrice condominiale. Vi rendete conto, se il vostro amministratore è un giocatore d'azzardo patologico, che cosa può essere del vostro condominio?
Si aggiungono indebitamento, possibile sconfinamento nel giro dell'usura, reati, detenzione. Badate, non è l'alcolista che si vede, che ha il fiato rivelatore. Il giocatore d'azzardo è assolutamente invisibile.
Ancora, ci sono danni per la famiglia, e in merito spezzo una lancia, perché, quando noi pensiamo al giocatore, in genere pensiamo non solo a lui, ma anche ai coniugi, ai genitori, ai fratelli, ai figli. Pensate ai figli minorenni. Noi abbiamo seguito situazioni veramente critiche.
Infine, è stato già citato, ci sono i costi per i trattamenti sanitari, i costi a carico del servizio sociale e i costi a carico del sistema giudiziario e penale. In questo periodo i giudici tutelari stanno ricevendo numerose domande di amministrazione e di sostegno in favore di giocatori d'azzardo patologici. Noi terremo corsi di formazione rivolti agli amministratori di sostegno. Occorre chiedersi se questi siano danni collaterali sostenibili.
Per sintetizzare, da un lato, l'azzardo genera un ingente flusso di denaro e, dall'altro lato, sono le comunità locali che si stanno accorgendo di questo aspetto e stanno cominciando ad affrontare le esternalità negative che abbiamo visto. È curioso, perché arrivano quelli che io ho denominato i sindaci sceriffi. Non so se ne avete sentito parlare.
Oltre 200 amministrazioni comunali hanno emanato regolamenti od ordinanze restrittive sul gioco d'azzardo e sulla diffusione del gioco. In provincia di Varese è stato costituito un coordinamento contro overdose da gioco d'azzardo, costituito da 17 comuni, a cui stanno aderendo in questo periodo anche altre amministrazioni comunali e di cui facciamo parte anche noi. Nel novembre 2010 è nata, dunque, questa rete, con l'idea non di proibire, ma di condividere buone prassi per limitare i danni che i comuni si trovano ad affrontare quando le persone entrano in assistenza sociale.
Il dottor Carlevaro, uno svizzero del Canton Ticino - a Varese noi siamo molto vicini alla Svizzera e, quindi, abbiamo occasioni di avere scambi frequenti con l'estero, dove ci sono politiche completamente diverse, che sono molto interessanti da studiare - afferma che «non è politicamente sostenibile che la privatizzazione dei profitti sia parallela alla socializzazione delle perdite». Tornando all'esempio del condominio, se il mio amministratore è un giocatore d'azzardo patologico, anch'io subirò alcune perdite.


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In conclusione, il focus è su quale policy attuare in Italia sul gioco d'azzardo. «A ciascuno il suo mestiere, a ciascuno il suo obiettivo» ha sostenuto Marique, un giudice della Corte d'appello membro della Commissione dei giochi d'azzardo in Belgio.
Ovviamente l'industria del gioco d'azzardo è composta da imprenditori, che devono offrire il gioco e farlo al meglio, devono fare business. È normale. La FIAT deve produrre belle macchine, così come Benetton bei vestiti. È normale, è il loro compito. Ci mancherebbe altro. Al servizio socio-sanitario spetta predisporre percorsi di prevenzione e di cura di qualità con personale preparato e su buone prassi scientificamente documentate. Per ottenere ciò i servizi vanno sostenuti, anche in termini economici.
Mi spiace tornare sul tetto economico, ma è necessario, perché i servizi non ce la possono fare e allo Stato spetta di garantire la trasparenza sulle politiche relative al gioco e poi di tutelare i cittadini. L'obiettivo ultimo del nostro Stato è quello.
Per il gioco responsabile stiamo parlando di politiche di prassi finalizzate a ridurre i danni potenziali associati al gioco d'azzardo. Passo a illustrare i tre passi che noi individuiamo, ma che sono accreditati da fonti internazionali come Baginski, Ladouceur e Shaffer, per la strategia del gioco responsabile.
Esse deve essere assolutamente inquadrato nella cornice della salute pubblica, non alla parte economica del gioco. Tutta la lente di ingrandimento sotto cui noi guardiamo questo argomento deve essere la salute pubblica.
Bisogna poi, e ciò è fondamentale, coinvolgere gli attori chiave, tutti, nessuno escluso e identificare le azioni per ridurre e minimizzare i danni da gioco d'azzardo, perché la sfida è quella di proteggere le persone vulnerabili e a rischio minimizzando ogni interferenza non necessaria ai giocatori non problematici.
Lo possiamo fare sia con azioni di prevenzione educativa, quella classica che noi abbiamo in mente e che incide sugli individui - forniamo competenze e favoriamo lo sviluppo di stili di vita sana - sia con azioni di prevenzione strutturale, volta a incidere sul contesto attraverso norme, leggi e regolamenti. La stesura di una legge - noi siamo molto fiduciosi che la vostra Commissione possa orientarla in tal senso - è veramente rilevante.
Gli approcci educativi, infatti, sono molto diffusi e popolari, ma sono anche molto costosi, perché per essere efficaci debbono essere ripetuti nel tempo, essere costanti e prevedere grandi investimenti di denaro, ripetuti all'ennesima e infinita potenza. Capite che, se io svolgo un intervento in una scuola di un'ora e poi il ragazzino subisce 40.000 pubblicità al giorno del tipo «Ti piace vincere facile», il mio intervento nella scuola si può buttare nel cestino, perché è vanificato dalla potenza degli altri messaggi che gli arrivano.
Gli approcci strutturali e politici, invece, pur essendo poco popolari, sono poco costosi e molto efficaci. Ricordiamoci, per esempio, del divieto di fumo all'interno dei locali pubblici o dell'obbligo delle cinture di sicurezza o del casco nel motorino. Stiamo parlando di quel tipo di interventi, che è necessario pensare al riguardo del gioco d'azzardo.
Infine, qual è il modello per regolare il consumo degli oggetti di dipendenza, sempre tornando a Valleur? È ovvio che un modello proibizionista, come abbiamo visto sulle droghe, è una catastrofe, se viene applicato con rigore, ragion per cui non è a questo che stiamo pensando.
Il modello liberista genera un aumento esponenziale del consumo, con conseguenze imprevedibili, nel senso che l'aumento esponenziale del consumo a oggi non ci può far prevedere che cosa potrebbe succedere in termini di risvolti sulla collettività.
Forse bisogna puntare a un modello misto: dal modello proibizionista dobbiamo prendere la riduzione dell'offerta e il contenimento all'accesso, ma dobbiamo anche associarlo a un'adeguata informazione, che sia corretta dal punto di vista scientifico e che sia neutrale, ossia davvero


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basata sulla scienza e non su altri interessi economici. Devono essere a disposizione delle persone la prevenzione e anche la cura. Questa è ineludibile, urgente e necessaria.
Torno a ripetere, rinforzando il concetto con un brevissimo filmato di trenta secondi, che spesso le persone che soffrono di più a causa del gioco d'azzardo patologico non sono i giocatori. Anche i giocatori soffrono, non lo nego, però chi è intorno vive risvolti veramente drammatici. Nell'arco di cinque anni noi abbiamo incontrato oltre 2.000 persone, in un piccolo territorio come quello di Varese, di cui circa 1.000 seguite per assistenza giuridica e legale e altre 1.000 con consulenze o gruppi. Questo è l'aspetto importante da vedere (Segue la proiezione di un breve filmato).
Noi abbiamo conosciuto - ho in mente una situazione precisa, che non è assolutamente diversa dalle altre - genitori che hanno rubato tutti i risparmi dei figli e figli che hanno dovuto cambiare il piano di studi. Ho in mente una ragazza che desiderava svolgere la professione di ostetrica. Ha potuto iscriversi all'ASA, ma intanto lavora, perché non le era possibile fare altro.
Io spero davvero che la vostra opera, il vostro lavoro possa aiutare i giocatori, perché aiutare loro significa aiutare anche tutti coloro che vivono insieme a loro. Confidiamo in nome di queste persone, che incontriamo tutti i giorni nella clinica, che voi possiate essere d'aiuto. Per chiunque ci voglia contattare abbiamo un bel sito Internet e una mail diretta.
Vi ringrazio.

PRESIDENTE. La ringrazio per la relazione, anche perché lei finora è stata l'unica che ha cercato di definire, anche se non è facile farlo, che cosa sia il gioco d'azzardo e che cosa sia effettivamente la dipendenza da gioco d'azzardo.
Occorre una definizione della patologia proprio perché la Commissione sta trattando gli aspetti sociali e sanitari della dipendenza dal gioco d'azzardo. La Commissione, infatti, non intendeva parlare del gioco in generale, ma della patologia che ne nasce.
Per l'Associazione giocatori anonimi abbiamo con noi alcuni rappresentanti. Do la parola a Gabriele.

GABRIELE, Rappresentante dell'Associazione giocatori anonimi. Buongiorno, presidente. Buongiorno a tutti. Mi chiamo Gabriele, ho trentatré anni e sono un giocatore compulsivo in recupero grazie all'Associazione giocatori anonimi. Da quattro anni non gioco.
Ringrazio tutte le precedenti relazioni, in particolar modo l'ultimo video presentato dalla dottoressa Capitanucci, che mi ha fatto tornare indietro nel tempo. Ero io la persona che sosteneva: «Oggi è l'ultima volta», mentre il giorno dopo era sempre lo stesso giorno.
Presidente, lei prima ha giustamente affermato che siamo giocatori anonimi e che perciò forniamo solamente il nostro nome, però non siamo invisibili e la ringrazio per l'invito.
L'Associazione giocatori anonimi è nata negli Stati Uniti ed è un'altra realtà rispetto a quella che viviamo noi in Italia. È nata nel 1957, mentre in Italia esiste da dodici anni.
Siamo un'associazione di uomini e donne che mettono in comune la loro esperienza, forza e speranza per cercare di recuperarci. Siamo tutti dipendenti dal gioco e cerchiamo un giorno alla volta innanzitutto di non giocare e di sviluppare un migliore sistema di vita, che in passato io personalmente, ma anche tutti noi non abbiamo potuto svolgere. Il nostro scopo primario è quello di astenerci dal gioco e cercare di aiutare altri a recuperarsi.
Io mi sono permesso di scrivere una piccola nota. Noi non abbiamo un ufficio che elabora statistiche, ma ci basiamo molto sul locale, sui nostri gruppi. Avendo vissuto e vivendo ancora oggi il problema come persona dipendente, riferisco che le persone che sono affette da gioco d'azzardo compulsivo sono affette da una malattia emozionale, da una malattia dell'anima. Noi la chiamiamo così.


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Il bisogno di giocare, come è stato affermato prima, è ingovernabile. A volte si vuole andare a casa, ma ci si ritrova nella sala a scommettere senza neanche sapere il perché. Le giocate diventano il modo per poter rispondere a una situazione di disagio personale in cui il dipendente in quel momento si trova. Il comportamento compulsivo, quindi, è descritto come un impulso forte e irrazionale soprattutto a giocare.
A mano a mano che la compulsione avanza, il giocatore è spesso costretto a mentire per rimanere in gioco. Ovviamente il gioco richiede soldi e i fondi mediamente spariscono con molta velocità. Ottenere il denaro per andare a giocare è di vitale importanza, anche purtroppo con azioni improprie. Tali azioni sono razionalizzate dal sincero tentativo di riparare ai torti che si sono commessi precedentemente.
Come Associazione giocatori anonimi noi accettiamo qualsiasi membro che esprima il desiderio di smettere di giocare, perché è l'unico requisito indispensabile per cercare di cominciare un percorso di recupero. Decine di migliaia di giocatori compulsivi o problematici si sono recuperati in tutto il mondo grazie alla nostra associazione e questo ne fa uno dei metodi forse più efficaci che ci siano.
Le persone che si rivolgono all'associazione sono di tutti i ceti sociali, come è stato ricordato anche prima. Ultimamente, e ciò mi rende molto felice, ci sono nuovi venuti tra i venti e i trent'anni. Resta il fatto che comunque la malattia è «democratica» e colpisce indistintamente tutte le categorie, indipendentemente da sesso, colore, religione e posizione sociale.
L'individuo afflitto da questa patologia può distruggersi sia fisicamente, sia psicologicamente attraverso sette punti che ci siamo permessi di selezionare: lavori irregolari che portano a una perdita di autostima; dipendenze da droga e alcol; commissione di crimini, per avere soldi, che possono portare anche all'arresto; malnutrizione; matrimoni finiti e disintegrazione familiare; tentativi di suicidio; malattie derivate dallo stress.
A supporto ci siamo permessi di riportare una testimonianza del 2008 di un fratello - noi ci chiamiamo in questo modo - che raccontava la sua storia. La leggo brevemente: «Sto vagando con la mia auto a 60 chilometri da casa con l'idea di farla finita con questa vita schifosa. Mi fermo in un piazzale dell'autostrada sopra un cavalcavia. Penso e ripenso e per fortuna mi vengono in mente i miei figli e il male che gli farei a farli restare senza un padre piccoli così. Un mio amico mi chiama al cellulare e riesco a distrarmi un po'. Riprendo l'autostrada e torno a casa.
Sono attimi. La mia vita poteva finire quel giorno, invece qualcosa o qualcuno ha voluto che continuassi a vivere. Sono comunque distrutto. Il gioco mi ha rubato tutto, oltre ai soldi, tantissimi soldi, la mia famiglia, la mia dignità e la mia anima. Non dormivo la notte per i debiti, per i problemi dei familiari. Pensavo continuamente alle mie giocate e non sapevo come poter continuare senza farmi accorgere.
Neppure la crisi familiare mi fermò. Il gioco era troppo forte nella mia testa, tanto che un giorno decisi di fare un prestito decennale per pagare tutti i prestiti precedenti e avere una somma per continuare a giocare. La notte seguente mi venne un attacco nervoso nel sonno e il mio cervello, andando in tilt, mi ripeteva 1 X 2 e continuava a ripeterlo senza senso. Fui ricoverato in ospedale».
Noi abbiamo un sito che si chiama www.giocatorianonimi.org e negli ultimi due mesi abbiamo avuto 49.620 visite. Cerchiamo di recuperarci attraverso un programma che si chiama «Programma dei dodici passi», un programma di autoesame, di automiglioramento e di mutuo aiuto. Siamo appunto un'associazione di auto-aiuto.
Il recupero richiede tempo, perché bisogna essere sempre vigili contro l'impulso di andare a giocare. Se volessimo sviluppare una metafora, potremmo affermare che molti giocatori compulsivi paragonano il loro recupero a quello di una persona non vedente che piano piano riacquista la vista. Tale analogia è adatta proprio all'individuo che accetta il nuovo stile basato


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sui dodici passi del programma. Mentre il membro dell'Associazione giocatori anonimi comincia a compiere progressi, il desiderio di giocare gradualmente sparisce, perché, lavorando nel programma e cercando di migliorarsi giornalmente, si cercano di acquisire i valori che sono stati persi.
Tutti i membri che appartengono all'associazione cercano di crescere insieme e l'aspetto più importante, che penso che sia una delle più belle esperienze, è che l'amicizia, l'empatia e la comprensione crescono di pari passo e si legano all'amore per se stessi e per gli altri. Personalmente ho trovato una condivisione e una comprensione con una persona. Essere all'interno di questo gruppo dell'Associazione giocatori anonimi mi rende molto orgoglioso. Penso che fino a pochi anni fa ero io che cercavo di continuare a non voler smettere, perché proprio non credevo neanche che fosse un problema. Oggi sono in recupero e ciò che cerchiamo di fare è di aiutare innanzitutto noi stessi e gli altri che ci vengono a chiedere aiuto.
Per concludere, per noi l'unità dell'associazione è molto forte. Ci si sente a casa propria anche con persone che non si sono mai viste.
Presidente, lei prima parlava di proposte. Noi come associazione non abbiamo opinioni su questioni esterne, anche se questa tanto esterna non è. Le posso dire che non siamo invisibili. Esistiamo e siamo utili anche noi. Occorrerebbe una maggiore sensibilizzazione da parte dei professionisti, dei medici del settore, per condividere una sola cosa, che è la più importante, il recupero della persona.
La ringrazio ancora per questo invito a nome di tutti.

PRESIDENTE. Ringrazio molto il rappresentante dell'Associazione giocatori anonimi Gabriele per la testimonianza che ha voluto portarci e per i suggerimenti che anche lui ha fornito. Da questa testimonianza nascono poi tante deduzioni, tanti pensieri e tante azioni che sicuramente potranno essere intraprese.
Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

ANNA MARGHERITA MIOTTO. Ringrazio molto, presidente, tutte le associazioni che sono venute in quest'audizione per i contributi importanti che sono stati portati.
Nel momento in cui abbiamo proposto questa indagine conoscitiva eravamo fortemente preoccupati dell'entità del fenomeno, ma più ancora dei possibili approcci di natura terapeutica. È evidente, come è stato osservato, che, di fronte a una condizione di dipendenza, il sistema sanitario ha un ruolo importante.
Sapete benissimo che questa è la Commissione che si occupa di aspetti sociali e sanitari e, quindi, è questo l'approccio che noi dobbiamo avere in questa indagine, senza trascurare il fatto che ci sono implicazioni importanti con il Ministero dell'economia e delle finanze, ma di questo ci faremo carico nel momento in cui arriveremo alla conclusione dell'indagine.
Volevo formulare due richieste molto semplici. Ho sentito fare riferimento più volte in maniera critica, giustamente, alla presenza dei gestori nei processi di contenimento o comunque di regolazione del gioco. Vorrei capire, per un problema mio di conoscenza, a che livello questo si manifesta, perché c'è un evidente conflitto di interessi nel momento in cui essi partecipano a iniziative che dovrebbero mirare al contenimento.
In secondo luogo, è molto interessante ciò che ci hanno riferito ALEA e AND. Chiedo un'ulteriore precisazione: i percorsi terapeutici come si svolgono, come si manifestano? Quando si parla di indicare nei nuovi LEA anche il contrasto al gioco d'azzardo patologico, è evidente che occorre avere almeno un'idea di alcune piste e di alcuni percorsi. Possiamo fare riferimento semplicemente alle attuali misure contro le dipendenze da sostanze stupefacenti e da alcol o è opportuno individuare anche altre misure, accanto ovviamente alla preziosissima azione delle associazioni di mutuo aiuto, che, come


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abbiamo peraltro sentito, sono assolutamente importanti?
Nonostante i tempi ravvicinati da quando sono avviate queste iniziative, domando se esistano già esperienze di esiti nel recupero.

LUCIANA PEDOTO. Anch'io mi associo a quanto ha affermato la mia capogruppo Miotto.

PRESIDENTE. Chiedo scusa, ma io non preciso chi parla in rappresentanza di un dato gruppo, perché, secondo me, in questo tipo di audizioni e in relazione a questo problema le rappresentanze politiche non si annullano, ma si indirizzano verso gli stessi obiettivi. Qualcuno mi può chiedere perché non ho presentato chi parla e a che gruppo appartiene e la risposta è che, secondo me, in questo argomento non vi sono preponderanze politiche. Vi presento come onorevoli.
Scusatemi. Era un mio chiarimento.

LUCIANA PEDOTO. Sono d'accordo con lei, anche se l'onorevole Miotto, il mio Capogruppo, ha parlato prima di me e, quindi, ho iniziato riferendomi a lei, soprattutto in merito al fatto che ha molto opportunamente definito l'approccio di questa Commissione come un approccio sociosanitario, benché conosciamo le conseguenze. Anch'io sono ancora piuttosto scioccata, oltre che molto preoccupata, dalle dimensioni del fenomeno.
Sono tre le considerazioni che voglio sviluppare. Con la prima vorrei ribadire, e spero di trovare la conferma anche da parte degli auditi, che questo è un buon modo di procedere. La prima necessità che noi abbiamo è a livello di indagine epidemiologica di natura qualitativa. Se non ho capito male, ciò è anche confermato da parte degli auditi oggi.
Ci interessano non solo i fattori che sono in grado di indicarci quanti sono i giocatori patologici e quanti sono maschi o femmine, ma anche quelli che indicano chi sono, perché lo sono, se escono e come sono riusciti a uscire da tale condizione. Sono queste le indagini in grado di farci capire come poter intercettare e risolvere il problema.
Io ho anche insisto sull'importanza di limitare la pubblicità. Oggi ci è stato confermato che in questo caso limitare la pubblicità è efficace. Fuori da quest'aula spesso si afferma che gli approcci di riduzione della pubblicità o di contenimento della pubblicità non sono tanto efficaci. Spesso si cita il caso delle sigarette e del fumo, osservando che, se tale metodo funzionasse, oggi non fumerebbe più nessuno.
Io insisto nel sostenere che non è così: un conto è avere un dato tipo di approccio, un altro è porsi in una condizione in cui non si promuova un fenomeno come se fosse un fatto sociale, simpatico e naturale da considerare.
La terza questione è più che altro un quesito. Come ha osservato prima giustamente la collega Miotto, la patologia, che ha un percorso quasi sovrapponibile a quello delle patologie di tossicodipendenza, presenta, però, un elemento che, secondo me, può esserci di ausilio per la lotta, cioè il coinvolgimento di alcuni operatori.
Se, per esempio, noi considerassimo il coinvolgimento dei concessionari di luoghi in cui vengono collocate queste macchine in una modalità - permettetemi una banalizzazione per essere evocativa - che corrisponde a quella della mamma che va dal tabaccaio sotto casa e lo prega di non vendere le sigarette al figlio minorenne, quando si avvicina, questa potrebbe essere una modalità di coinvolgere, responsabilizzandoli e rendendoli corresponsabili, i concessionari.
In un'operazione di questo genere, nella definizione della patologia, si chiede davvero un coinvolgimento che sia, però, una corresponsabilità da parte dei concessionari.
Ci sono, tuttavia, alcune criticità, perché il mondo non è composto da mamme preoccupate che scendono sotto casa a parlare con il tabaccaio per un figlio minorenne, ma ci sono tantissime altre questioni. Chiedo se avete allo studio alcune ipotesi per coinvolgere a questo livello di responsabilità i concessionari.


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ILEANA ARGENTIN. Prima di tutto voglio ringraziarvi perché ci avete dato veramente l'opportunità per riflettere in modo diverso su questo tipo di tema. Volevo porre alcune domande e condividere con voi alcune potenziali riflessioni.
Con umiltà, io sono convinta che sarebbe importante non immaginare la persona che vive questo disagio come patologica. Credo che sarebbe necessario viverla come una persona che ha una difficoltà che può essere superata. Non cronicizzerei il giocatore d'azzardo in termini tali che venga sanitarizzato. Ho una grande paura di questo aspetto.
È una domanda che vi pongo. Da una parte ho paura a sanitarizzare questa persona, ma dall'altra mi rendo conto che ne ha la necessità. Occorrerebbe trovare un «compromesso» che ci permetta di rendere l'individuo comunque socialmente uguale agli altri, ma, nello stesso tempo, tutelato e curato.
Credo che sarebbe importantissima la formazione di moltissime realtà in cui ci possano essere gruppi di mutuo aiuto, che vedo come una grande soluzione. Socialmente parlando, rendendomi conto che magari si tratta di una mia visione e di un limite del mio approssimarmi al problema, credo che sarebbe importantissimo immaginare che l'individuo non venga sottoposto a una riabilitazione forzata. Esse deve essere condivisa con una fase precedente. È necessaria più una prevenzione che una riabilitazione forzata.
Se noi pensiamo alla tossicodipendenza, dal momento che i fenomeni sono stati equiparati a questa e al tabagismo o comunque a qualsiasi forma di dipendenza, io non sono per le liberalizzazioni a tutti i costi, ma neanche per una forma proibitiva che poi fa aumentare il desiderio del limite.
Vi chiedo, quindi, la possibilità di capire meglio, quando parlate di compromesso - anche la dottoressa Capitanucci ha parlato di mediazione - come questa mediazione può essere concretizzata.
Come ultima considerazione, mi chiedo come il giocatore, non essendo consapevole di essere tale, cioè di essere uno che non si tira indietro, possa essere aiutato in una fase preliminare, quando effettivamente nel percorso si entra inconsciamente.
La mia preoccupazione più grande è, lo ripeto, di stare attenti a non etichettare e a non sanitarizzare il problema. Lo vedrei come un problema sociale da limitare in modo sociale, o meglio socio-assistenziale, piuttosto che sanitario.
Come ripeto, mi sto ponendo la domanda e potrei non aver capito nulla, però essere etichettati da un camice bianco è ben altra questione che trovare una forma di collaborazione di tipo sociale.

ANDREA SARUBBI. Pongo una domanda molto breve, ma non so quanto potrebbero essere lunghe le risposte.
Il crinale sul quale ci muoviamo è sempre quello tra libertà individuale e danni sociali. Anche politicamente l'obiezione che viene mossa a interventi legislativi su questo fronte si rifà sempre al limite della libertà individuale.
L'esempio che mi è stato portato anche recentemente è che non si vieta la pubblicità del cioccolato perché ci sono persone bulimiche. Allo stesso modo, l'onorevole Farina Coscioni nelle ultime audizioni portava l'esempio dello shopping compulsivo. Non si vieta lo shopping online solo perché ci sono persone malate di shopping compulsivo.
Naturalmente questo è un problema che andrebbe risolto anche politicamente, però vorrei chiedere a voi, da addetti ai lavori, una considerazione su questo tema, cioè su questo confine tra libertà e danno sociale. Come possiamo affrontarlo e come possiamo risolverlo?

CARMELO PORCU. L'ultima riflessione di Andrea Sarubbi chiede un intervento alla politica. Mi sembra che sia un limite anche questa richiesta.
Che cos'è la politica? La politica siamo tutti noi. Ci sono fenomeni sociali che non possono essere arginati, cooptati e coartati dalla politica. La politica incide sulla cultura forse e a volte ne è dominata, purtroppo. Siamo tutti insufficienti a provvedere


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alle nostre esigenze personali, figuriamoci se possiamo permetterci di svolgere un discorso complessivo su tutte le patologie sociali o i danni sociali che esistono.
In quest'ultimo periodo si parla spessissimo di questo discorso del gioco d'azzardo come di un male sociale. Vorrei capire non perché viene considerato un male sociale, ma perché se ne parla così tanto solo oggi. Quali sono le cause che hanno fatto aumentare l'attenzione sociale sul tema? C'è un aumento dei giocatori: a che cosa è dovuto questo aumento di giocatori, perché è proliferato il numero dei giocatori? Quali sono le cause sociali, personali e di costume che hanno provocato il fenomeno?
Vorrei svolgere poi una semplice osservazione. Se c'è un disagio sociale o una patologia sociale che non può essere portata a esempio di una necessità di intervento economico da parte dello Stato è proprio questa. La soluzione sarebbe molto semplice: si destini una parte degli ingenti ricavi che lo Stato trae da questo tipo di gioco per favorire una regolamentazione del gioco stesso. Magari fosse, per esempio, la disabilità ad avere una fonte di guadagno. Non sarebbe male.
Questo è il nostro approccio. La politica può fare qualcosa in questo senso. Parte dei proventi che lo Stato biscazziere, come veniva definito nei dibattiti parlamentari di alcuni fa, trae da questo tipo di situazione può essere devoluto a problematiche di carattere sociale. A me sembra che sia un'operazione che potremmo determinare.
Non so se i ministri dell'economia di adesso e quelli che ci saranno nel prossimo futuro saranno un po' più capaci di ascoltare il Parlamento su questa via di quanto non siano stati altri ministri nel passato, però mi sembra che sia una strada da percorrere. Piuttosto che avventurarci nella strada tortuosa delle definizioni manichee o della ricerca di capire le ragioni del singolo cittadino di questo mondo nel terzo millennio globalizzato, in cui apro il mio computerino e posso scommettere su una partita di calcio che si svolge in India, in Cina o dovunque, piuttosto che cercare di svuotare il mare con un cucchiaino, cerchiamo almeno di fare sì che l'acqua che viene prodotta abbia un'efficacia sul tema sociale per risolvere altri problemi.
Non mi esprimo con cinismo, sono ben conscio che si tratta di un problema sociale grossissimo, però, ahimè, mi sembra di capire che nella graduazione degli interventi che si possono compiere questa sia un'opera destinata a salvare alcune persone e alcune situazioni, ma non di quelle opere che possiamo definire vincenti in partenza rispetto alla cultura che si sta diffondendo della globalizzazione, una cultura spietata sul piano sociale. Lo Stato può calmierare la situazione cercando di utilizzare al meglio questo tipo di situazione.
Io ho sognato da sempre, da sardo, che in Sardegna ci fosse un casinò. L'ho sognato perché penso che non sia giusto che i casinò ci siano soltanto in alcune regioni e che una regione come la Sardegna, che ha tantissime situazioni di carattere turistico importante, non abbia un casinò. In questo caso sono contraddittorio con me stesso. Riconosco la realtà sociale, ma, se mi si chiedesse di firmare una proposta di legge per l'istituzione di un casinò ad Alghero, lo farei subito, perché ritengo che quel territorio ne abbia bisogno. Mi sono lasciato convincere in passato nei dibattiti parlamentari sul fatto che non fosse opportuno e ho ritirato le proposte, però la tentazione c'è stata.
Rispetto a tali contraddizioni vorrei essere meno ipocrita e gestire con un po' di realismo questa situazione. Scusate se sono stato disordinato.

VITTORIA D'INCECCO. Ringrazio tutti gli intervenuti sia per la chiarezza, sia per tutto ciò che fanno ogni giorno per contrastare questo fenomeno, che ormai è diventato dilagante.
La questione che mi interessa è sapere se anche voi considerate, come succede a me, che vivo la mia attività tra la gente e, quindi, tutti i giorni verifico alcune situazioni che accadono nelle case e nelle


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famiglie, il gioco del lotto un gioco d'azzardo. La casalinga inizia a giocare e il fatto di correre dietro a un numero che non esce mai la spinge a puntare sempre di più su questo numero. Io ho visto famiglie veramente rovinate per questo motivo.
Oltre a questo c'è anche, per esempio, il collegamento dei ragazzi su Internet. Alcuni ragazzi, che vogliono assomigliare a quelli che prendono la paghetta in una famiglia benestante, iniziano così e poi cominciano i problemi.
Il problema è diventato ancora più grande quando il gioco del lotto, una volta di cadenza settimanale, è passato a una frequenza di tre volte alla settimana. La citata casalinga si trova a giocare un giorno sì e un giorno no e il problema è diventato importante.
Io penso che la cura sia essenziale e vi ringrazio ancora per tutte le forme di terapia che siete riusciti a mettere in atto e a continuare nei percorsi dei giovani e di tutti coloro che sono capitati in questa vicenda, però mi interessa molto anche la prevenzione. Indicateci su quali elementi dobbiamo intervenire, se dobbiamo e se possiamo intervenire, se sui concessionari o sui fornitori di queste prestazioni, oppure se bisogna, per esempio, attuare politiche più grandi di prevenzione sulla famiglia. Se è vero, come è vero, che i ragazzi seguono l'esempio, molta importanza ha il fatto che una famiglia sia sana e unita come una volta, che i genitori capiscano quanto sia importante già da piccoli insegnare ai figli a non cadere in un dramma del genere.
Chiedo se ci vogliono corsi di formazione, per esempio nelle scuole, o se nei territori le istituzioni possano adoperarsi per questo obiettivo.

MARIA ANTONIETTA FARINA COSCIONI. Ringrazio quanti sono intervenuti a questa seconda seduta di audizioni, soprattutto perché oggi c'è stato un primo approccio a una definizione di chi sono i giocatori d'azzardo. Sappiamo, quindi, chi sono i giocatori d'azzardo e anche chi sono i giocatori d'azzardo patologici, quelli che spendono molto denaro, più a lungo, più spesso del previsto e più di quanto si possono permettere.
Non è ancora emerso, però, il numero di questi giocatori d'azzardo patologici. Esiste una mappatura dei giocatori d'azzardo patologici?
Mi sorge un'altra domanda, che riguarda i ragazzi dipendenti dal gioco che non «investono» nel gioco per poi recuperare le perdite in una vincita ipotetica e casuale, come, per esempio, i ragazzi dipendenti dal gioco «domestico». Ci sono ragazzi che all'interno delle proprie abitazioni vivono ore e ore attaccati a Internet o ad altri strumenti del genere. Esiste una categoria di giocatori patologici non legati a un investimento o a una spesa di denaro? Dove viene catalogata questa figura di giocatore o di dipendente dal gioco?
Sono stati richiamati i casi mediatici ed è stato richiamato anche il giocatore di calcio di serie A. In quel caso, a parte le questioni penali, i soggetti sono configurabili come giocatori d'azzardo patologici? Perché questo aspetto non è emerso?
Nella testimonianza di Gabriele, che ringrazio anche personalmente per il contributo, è emerso che il giocatore d'azzardo compulsivo è, dunque, la persona che ha un'effettiva perdita di controllo al gioco. Si perde il controllo e si continua a giocare. È davvero questo l'aspetto a cui vogliamo rispondere anche nel proporci un'indagine conoscitiva?
Quanto al limitare la pubblicità - procedo per flash anche per evitare di argomentare e di spendere troppo tempo - è davvero lo strumento adeguato? Si può combattere, portando un altro esempio, l'obesità proibendo la pubblicità delle merendine o delle bevande gassate? Secondo me, dobbiamo riuscire a comprendere chi ci troviamo di fronte, quando parliamo di un giocatore patologico e se la nostra preoccupazione sia quella di andare a «curare» il giocatore patologico o il contesto sociale.
Si è parlato del fatto che, in realtà, come mi pare di capire, la vittima non sia il giocatore, ma il contesto familiare o la


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famiglia. Attenzione, però: la nostra preoccupazione dovrebbe essere la persona che, lasciata libera di poter accedere al gioco, decide di giocare, come giocare e se farlo responsabilmente.
Andare a prendere un progetto misto un po' da un modello proibizionista e un po' da un modello liberista non mi convince, sinceramente. Non possiamo andare a prendere dal modello proibizionista il fatto che proibiamo la conoscenza del gioco non solo attraverso la limitazione della pubblicità, ma anche attraverso l'accesso al gioco. Confonderci in un progetto misto per andare poi non a tutelare o a curare il giocatore, quindi la persona che di fatto dipende dal gioco, ma il contesto familiare mi sembra un modo di procedere confuso. Forse un po' di chiarezza va fatta, soprattutto per noi che dobbiamo intervenire.
Infine, che cosa offrono oggi i servizi per la dipendenza da gioco? A me piace chiamarla «dipendenza da gioco», perché vi rientra anche la categoria di soggetti che anche tra le mura domestiche dipendono da strumenti che sicuramente non sono legati a una spesa di denaro. Cerchiamo di capire quali sono i soggetti per i quali vogliamo incidere socialmente e culturalmente e poi quali sono gli strumenti, anche legislativi, che sceglieremo per poter «confinare» tali aspetti.

LUISA BOSSA. Grazie per la vostra presenza e anche per la competenza con la quale avete affrontato l'argomento. Io vengo da una città, Napoli, nella quale il gioco del lotto è stato una delle rappresentazioni di folklore più descritta dal punto di vista cinematografico, teatrale e letterario. Troisi intitolerà la sua compagnia La smorfia, come riferimento tipicamente napoletano, ed Eduardo scriverà una commedia, Non ti pago, intorno alla vincita di un terno secco, una commedia divertentissima con un happy end che ricordiamo tutti.
Ciò significa, a mio parere, che il gioco è stato fin da sempre un elemento di sogno, di speranza e di prospettiva, fino a diventare quotidiano, con estrazioni... ogni quanto?

CARLO RIENZI, Presidente del Codacons. Ogni cinque minuti.

LUISA BOSSA. È quasi una sollecitazione al gioco stesso, una vera «droga di Stato», come l'ha definita don Luigi Ciotti. È la terza impresa del Paese, ci ha riferito sempre Ciotti, nella quale le mafie hanno veramente i loro interessi. Sono 41 i clan che gestiscono i giochi.
Io vorrei chiedere, nelle vostre proposte per una legge quadro, qual è la rilevanza che attribuite a questo aspetto, a questo fenomeno. Vi sono vostre proposte in questo senso o vi siete «limitati» a lavorare soltanto sulla patologia tout court?

DANIELA SBROLLINI. Anch'io voglio associarmi ai ringraziamenti per l'importante audizione che stiamo ascoltando alle associazioni che sono con noi oggi. Ancora di più mi rendo conto della scelta giusta che abbiamo compiuto nel promuovere questa indagine conoscitiva, proprio perché siamo i primi a voler capire come muoverci dal punto di vista legislativo e lo dobbiamo fare grazie proprio alle vostre testimonianze e al vostro supporto.
Questa mattina, senza ripetere le considerazioni già svolte dai miei colleghi, mi trovo di fronte un quadro veramente drammatico per le immagini anche forti che abbiamo visto e per le parole che abbiamo ascoltato. Vorrei concentrarmi su due questioni in modo particolare.
Abbiamo affermato che questo è un fenomeno culturale, sociale e socio-sanitario. L'abbiamo chiamato in tutti i modi. Come asseriva la mia collega Luisa Bossa prima, è anche un problema di sicurezza, perché sappiamo che spesso, dietro l'apertura di questi luoghi di gioco, si nascondono la criminalità organizzata e il riciclaggio e che, quindi, c'è molto di più. C'è la patologia, ma c'è anche il fenomeno della criminalità organizzata, con soldi che chiamano altri soldi.


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È un problema che riguarda il singolo individuo e la famiglia nel suo insieme. La mia preoccupazione nasce dall'aspetto che veniva ricordato dalle persone che sono presenti questa mattina e che hanno certamente più competenza di noi per quanto riguarda la questione dei minori, che è un dramma enorme, come ci ricordava prima il nostro amico del Codacons. La pubblicità del bambino che addirittura invita il papà a giocare è veramente drammatica. Tutti noi guardiamo le pubblicità.
Io non penso che la politica debba censurare, però può sicuramente aiutare ad avere una pubblicità migliore di quella che abbiamo attualmente. In questo senso anche come membro della Commissione bicamerale per l'infanzia e l'adolescenza, ricordo che c'è un documento importante che abbiamo scritto insieme all'ordine dei giornalisti, che riguarda proprio il rapporto tra media e minori e che potrebbe inserirsi nelle argomentazioni giuste di questa mattina, promuovendo un utilizzo migliore della pubblicità, soprattutto in alcune fasce della giornata, quelle che dovrebbero essere considerate «protette». Anche questo è un aspetto che forse potremmo approfondire e che vorrei lasciare come punto di riflessione alle considerazioni giuste che ho sentito svolgere questa mattina.
Un'altra questione riguarda i comuni e gli enti locali. Anche loro sono lasciati spesso da soli, ed è un problema di cui si deve fare carico la politica, nel rispetto delle autonomie locali. Si trovano a dover fronteggiare ogni giorno l'apertura di nuove sale da gioco. Sono nati comitati di quartiere un po' dappertutto, anche nella mia città e nella mia provincia, anche per via dei rumori delle sale aperte fino a tarda sera.
C'è anche una sensibilità molto alta da parte dei cittadini, i quali si organizzano da soli in comitati di quartiere che vanno dal proprio sindaco a chiedere un aiuto, una diversa regolamentazione per le concessioni. Come vedete, il fenomeno è molto complesso ed evidentemente va affrontato da tutti i punti di vista, in base a tutti gli aspetti che abbiamo trattato finora.
Io credo che il ruolo della politica sia importante. Sulla prevenzione abbiamo sentito il bel progetto presentato dal professor Temporin prima, che mi sembra già una bella riflessione, un bel progetto da cui partire. Anche dalle persone che ogni giorno si confrontano con questi argomenti si avverte la necessità di trovare un modo per arrivare a una proposta di legge, una legge quadro che possa almeno regolamentare e di trovare alcuni confini su cui muoverci e avviare davvero un iter legislativo che mi auguro bipartisan, senza colore politico, da costruire insieme alle associazioni che sono presenti questa mattina e alle tante persone che giustamente vogliono affrontare l'argomento e hanno a cuore la soluzione di questo problema.
Grazie davvero agli auditi di questa mattina e alle riflessioni importanti che abbiamo ascoltato.

CARMINE SANTO PATARINO. Rifacendomi a quanto è stato affermato all'inizio dal rappresentante del Codacons sulla sensazione che prova e che lo spinge a nutrire un dubbio sull'opportunità o sulla necessità di questi incontri, devo rilevare che proprio grazie a questo argomento, come ho affermato anche la settimana scorsa, quando abbiamo tenuto altre audizioni, noi della Commissione abbiamo avuto la possibilità di arricchirci. Questo è, a mio avviso, il compito delle audizioni. Ciascuno di noi poi, nella sede giusta, che è quella politica, trarrà le conclusioni su ciò che è necessario faccia ogni rappresentante della politica.
Mi limiterò, quindi, a svolgere il mio compito, non di aggiungere elementi alle considerazioni svolte, ma di chiedere magari alcune informazioni ancora, ringraziandovi intanto per il quadro che ci avete presentato con approfondimento e serietà e, in modo particolare, senza alcuna spinta ideologica. Di ciò noi vi siamo grati.
L'argomento che è stato trattato da voi con la massima serietà e con la dimostrazione di avere approfondito offre a noi la possibilità di poter tranquillamente andare avanti, ciascuno per la posizione che ricopre.


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Mi è piaciuto anche l'approccio che si tenuto senza estremizzare, quando ci si è domandati se dobbiamo affrontare l'argomento dal punto di vista proibizionista o liberista. È stata scelta una strada che può mettere d'accordo l'una e l'altra posizione, strada che io credo sia quella più opportuna.
Voglio chiedervi, proprio per la vostra conoscenza e per lo studio, di cui ancora vi ringrazio, quando si parla di gioco d'azzardo - il gioco d'azzardo e lo Stato biscazziere sono sempre esistiti; hanno cominciato i re quando dovevano riempire le proprie casse - se lo Stato oggi è più biscazziere di ieri. L'industria dell'azzardo oggi è più aggressiva di ieri? A proposito della connivenza tra Stato e industria dell'azzardo, vi è una corruzione ancora più evidente, il fiume della corruzione è più o meno alimentato? Io credo che si debba partire da tale punto, se si deve intervenire e fare in modo che ci sia quanto meno un tentativo per ridurre il fenomeno.
Passando a un'altra domanda, per la vostra conoscenza che incidenza hanno avuto i videogiochi e la televisione? Noi abbiamo visto, a un dato momento, i nostri bambini abbandonati a sé medesimi. I genitori li hanno liquidati mettendo nelle loro mani videogiochi o sistemandoli davanti ai televisori, perché in questa maniera i bambini stavano buoni e loro, nella migliore delle ipotesi, potevano andare al loro lavoro o, nella peggiore, potevano fare i fatti loro. Chiedo quale incidenza abbiano avuto e abbia il fenomeno sul numero di coloro i quali si avvicinano al gioco d'azzardo. I due elementi sono strettamente legati a un'esperienza di questo tipo?
Per quanto riguarda la pubblicità, è vero che noi non possiamo fare molto, se poi la pubblicità ci aggredisce, ma ritenete voi che, grazie al vostro contributo, entrando nelle scuole, soprattutto a partire dalle scuole elementari e indicando quella pubblicità, mettendola in evidenza in negativo, si possa raggiungere un obiettivo positivo?
Queste erano le domande che volevo porvi. Vi ringrazio ancora una volta.

FRANCESCO STAGNO d'ALCONTRES. Io ringrazio le associazioni che sono presenti e che ci hanno messo al corrente di un problema piuttosto ampio che riguarda il Paese e la popolazione. Come medico osservo che più o meno ce ne rendiamo conto, perché siamo in contatto costante con le persone e, quindi, prendiamo atto del fenomeno specialmente in aree disagiate, laddove la gente si illude di poter risolvere i suoi problemi con una vincita anche minima.
Vorrei soltanto svolgere due considerazioni. In Italia il gioco d'azzardo è vietato. Il Codice penale vieta con gli articoli 718, 719 e 720 il gioco d'azzardo e lo Stato è il primo biscazziere che lo autorizza.
Tutto ciò viene superato, però: si proibiscono i casinò, ma poi se ne autorizzano quattro, perché sono stati aperti con decreti regi.
Si autorizzano quattro casinò in Italia, ma non si vuole regolamentare questo fatto gravissimo. Io me ne occupo dal 1996 e ho presentato più volte proposte di legge per regolamentare il problema dei casinò e del gioco d'azzardo. Siamo arrivati in questa situazione proprio perché allo Stato fa comodo incassare, senza peraltro essere in grado di controllare la fiscalità sulle macchinette automatiche. Non è in grado, infatti, di controllare la diffusione di queste macchinette.
Come politica, collega Patarino - condivido pienamente ciò che lei ha affermato, perché ha svolto considerazioni importantissime - siamo responsabili di tutto ciò, perché finora abbiamo messo la testa sotto terra come gli struzzi pensando che lo Stato incassa quattrini e risolve i suoi problemi economici.
Voi non potete immaginare quanto lo Stato incassa e quanto mette in concorso come vincite. È una sproporzione incredibile, allucinante. Nessuno di noi sa veramente quanto viene messo in concorso ogni settimana, ogni mese, in un anno su


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ciò che lo Stato incassa. Ci sono poche persone che decidono e lo fanno autonomamente.
Come politica noi, una volta tanto, come Commissione, dobbiamo prendere il toro per le corna e occuparci di questo problema. Dobbiamo regolamentare in senso proibizionista? No, dobbiamo trovare una via di mezzo, come sosteneva la dottoressa Capitanucci, né liberista, né proibizionista. Lo Stato deve compiere il suo dovere: deve controllare, vigilare e regolare determinati servizi che possono essere utili al turismo e non solo, ma tutto ciò che fanno queste associazioni si deve autofinanziare con il gioco. Una parte dei proventi del gioco d'azzardo che lo Stato ricava deve necessariamente essere dedicata al recupero di questi problemi sociali, che sono serissimi.
Osservo solo questo, presidente, e ringrazio anche per le interessanti relazioni che avete presentato.

DONATO RENATO MOSELLA. Sarò rapidissimo presidente. Mi associo ai ringraziamenti, perché ci avete ricondotto, anche se con eccessiva prudenza, in un fenomeno che francamente mi pare sia sotto gli occhi di tutti e che sia di carattere straordinario. L'esordio del presidente del Codacons, che sembrava un po' provocatorio, in effetti è stata l'unica vera frecciata, lanciata con molta chiarezza, al tema e alla sensibilizzazione della nostra Commissione.
Vorrei rilevare che il fatto di tentare una legge di iniziativa parlamentare di fronte a un fenomeno dilagante, che voi ci avete descritto in tutte le sue caratteristiche, anche con toni e accenti diversi, è, a mio avviso, già un punto importante, perché allarga all'arco parlamentare un tema che è diventato il tema del Paese.
Il collega che mi ha preceduto ha affermato in maniera molto chiara che noi ci troviamo all'interno di un fenomeno piuttosto particolare: lo Stato spinge sull'acceleratore, perché l'azione dei Monopoli di Stato si lega alle campagne di promozione, che sono campagne ingannevoli e le campagne ingannevoli vanno fermate. Altro che metodo repressivo: se c'è un inganno, va fermato. Su questo punto noi dovremmo raccogliere da voi veramente alcune parole ferme e decise, senza tentennamenti.
A me pare che si condivida largamente l'idea di un disegno di legge di iniziativa parlamentare e che le coperture finanziarie, come ci avete riferito, qualcuno un po' timidamente e qualcuno in maniera più esplicita, debbano arrivare in maniera massiccia dalle entrate dei giochi. Anche su questo punto vorremmo sentire una parola più ferma e più decisa.
Mi pare di capire, inoltre, che la distinzione socio-sanitaria sia francamente difficile da interpretare. Vorrei che in merito ci fosse un minimo di chiarezza. A noi è stato riferito che c'è un tema socialmente rilevante, che però comprende anche fenomeni che richiedono ormai, già oggi, di fatto un intervento di salute pubblica. La legge deve assolutamente contemperare i due aspetti, in base a quanto io ho percepito dalle dichiarazioni.
Vorrei porre una domanda. Il Paese è ormai a macchia di leopardo, però dal vostro osservatorio, che mi pare di capire sia un osservatorio privilegiato, c'è una differenza del fenomeno tra il Nord e il Sud del Paese?
Con un po' di timidezza e anche con la qualità dei vostri interventi voi ci avete fatto capire che esiste un patrimonio straordinario nel Paese, che è nato nel silenzio, nel non riconoscimento. Le associazioni di promozione umana che il Paese ha conosciuto nel secolo che si è chiuso erano più o meno tutte riconosciute dal Ministero dell'interno, perché avevano finalità assistenziali o sociali, o dal Ministero della salute. Voi avete - parlo delle associazioni che in prima linea stanno svolgendo un lavoro straordinario - un riconoscimento da qualcuno? Se non c'è questo riconoscimento, ambite ad averlo?
Questo lavoro, questo disegno di legge che dobbiamo elaborare deve tener conto di questo patrimonio straordinario basato sul volontariato e sull'esperienza diretta, con competenze che francamente si sono qualificate già nell'esposizione. In questo


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senso forse un po' più di coraggio ci aiuterebbe a capire anche in che direzione creare lo scheletro della legge.

PRESIDENTE. Si sono conclusi gli interventi. Do la parola ai nostri ospiti per la replica, precisando che sull'argomento noi cerchiamo suggerimenti e soluzioni, non pensando che esista una bacchetta magica per trovare una soluzione che possa cambiare questo fenomeno totalmente.
Abbiamo sentito altre audizioni la settimana scorsa in cui si comunicava che il numero dei giocatori è notevolmente aumentato, però gli incassi non sembra che siano aumentati con la stessa proporzione. È una discrepanza che ci ha colpito: i giocatori sono tantissimi, ma gli incassi sono aumentati in una percentuale molto minore rispetto all'aumento dei giocatori. Mi riferisco agli incassi per lo Stato, poi c'è tutta una parte di incassi illegali, che oggi non sono stati citati, ma che sono nascosti e che bisogna considerare e che fanno parte a loro volta del gioco.

CARLO RIENZI, Presidente del Codacons. Cercherò di essere rapidissimo per rispondere alle tantissime domande, tutte molto interessanti, ma che hanno alla base un problema di fondo: la politica è responsabile dello stato in cui ci troviamo, come hanno riconosciuto in tanti. Non potete pretendere dalle associazioni di risolvere i problemi che la politica ha generato.

PRESIDENTE. Chiediamo suggerimenti perché la politica possa compiere i passi giusti.

CARLO RIENZI, Presidente del Codacons. Non voglio fare polemica, però di gioco nel gioco d'azzardo non c'è più nulla. Il gioco d'azzardo dovrebbe essere tutto vietato, mentre è tutto consentito «grazie» allo Stato. Questo è il punto di partenza. Dobbiamo tornare a vietare il gioco d'azzardo veramente, il che significa non aprire nemmeno il casinò in Sardegna.
Come nasce il problema? Quando due anni fa il jackpot del Superenalotto è arrivato a 100 milioni di euro, noi abbiamo avuto un aumento del 46 per cento delle persone che si sono avvicinate al gioco. Per ogni dieci persone che si avvicinano al gioco due rischiano di diventare o diventano dipendenti dal gioco.
Il problema è legato al fatto che oggi per incassare lo Stato effettua le estrazioni del lotto ogni cinque minuti. L'ultima novità, di cui forse non vi siete accorti - noi invece sì e stiamo andando al TAR; noi compiamo faticosi percorsi: anche sul jackpot siamo andati al TAR e al Consiglio di Stato per cercare di bloccarlo, ma non ci siamo riusciti - è che per il lotto adesso sono state aumentate le possibilità di vincere, secondo le dichiarazioni, ma con una puntata minima di cinque euro.
Noi abbiamo eseguito i conti e i risultati sono che, in effetti, si tratta di un altro imbroglio, perché si giocano cinque euro con l'illusione di vincere di più, ma non è vero affatto: si gioca soltanto di più e si vince quanto prima.
Il problema che pongono i parlamentari è il tema fondamentale della scelta tra liberismo e repressione, un problema che noi ci siamo posti. La libertà individuale non si può comprimere, naturalmente, e questo è giusto, però è libertà quella che non è consapevolezza? Il problema è questo. Tutta la battaglia deve essere compiuta, poiché non credo che sia possibile eliminare più il gioco d'azzardo, su questo punto.
Scusate, lo affermo proprio io che vorrei farlo, ma credo che sia impossibile eliminare il 20 per cento delle entrate dello Stato. In Russia, per esempio, è tutto illegale. Da noi si osserverebbe che, se diventa illegale lo Stato non prende più un euro.
Il problema non è quello di eliminarlo, perché non credo sia più possibile farlo. Il problema è di coinvolgere i gestori, come hanno chiesto alcuni, perché i gestori sono già coinvolti e il decreto che non esce, peraltro, li coinvolge ancora di più, perché li obbliga a munirsi di sistemi di prevenzione. Il problema fondamentale, come


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ripeto - forse sarò attaccato dai medici e da quanti si occupano di curare - non è quello di curare il malato e il dipendente da gioco, che è sicuramente un problema grave, ma di non creare nuovi malati, cioè di prevenire, il che è fondamentale. Il decreto serve a questo e finché è bloccato la prevenzione non si attuerà.
I gestori devono essere coinvolti e devono pagare. Già adesso voi sapete che sono obbligati a destinare una quota dei loro introiti alla pubblicità sociale, pubblicità che svolgono imbrogliando, perché la svolgono su un giornale rilevando che il gioco è vietato ai minori, ma dove nessuno legge il messaggio. Oppure affermano che oggi con una data estrazione si può vincere anche col due, ma non scrivono sotto che le probabilità di vincere sono minime e che comunque, se si è un minore, non si deve giocare.
Stiamo cercando con i Monopoli di imporre che la pubblicità sociale che loro pagano sia una pubblicità contestuale con la pubblicità del gioco. Non possono continuare a pubblicizzare le estrazioni ogni cinque minuti con Win for life, il Superenalotto e i grandi jackpot senza affermare contestualmente che è un gioco pericoloso. Queste sono le iniziative che voi potete spingere ad attuare con un disegno di legge.
Per quanto riguarda la prevenzione, che è il problema principale, vogliamo arrivare a una macchina meravigliosa con cui, con miliardi di informazioni contemporanee e un sistema di gioco responsabile, noi possiamo - agganciando tutte le macchinette, tutte le slot machine, tutti i giocatori online, compresi quelli a casa, che diventano controllabili in anonimo - non solo sapere che un dato giocatore a una determinata macchinetta sta andando verso la ludopatia, ma anche mandare un messaggio. Non gli togliamo la libertà di giocare, ma gli diciamo che deve essere consapevole che sta diventando un ludopatico e che si può rovinare la vita, cioè gli diamo la consapevolezza.
Con questo meccanismo noi potremo avere, attraverso tutti questi dati, la mappatura, che chiedeva qualcuno, di chi gioca, dove gioca, quanto gioca, che età ha, se è al Sud o al Nord, città per città, e andare a incidere nelle situazioni di maggiore criticità, possibilità che oggi non esiste perché non esiste un'indagine epidemiologica.
Con questo meccanismo, che è un meccanismo di costo minimo e che deve essere adottato - ci auguriamo - presto, e i Monopoli sono d'accordo su questo, da tutti i gestori come obbligatorio, noi avremo anche la possibilità in individuare le macchine taroccate, quelle che imbrogliano, quelle che sono tenute nei sotterranei, che sono collegate ai Monopoli e che giocano automaticamente secondo un software di imbroglio, mentre sopra ci sono quelle non collegate su cui la gente gioca un sacco di soldi e si rovina.
Noi dobbiamo dare al giocatore la libertà, ma consapevole, perché, se non c'è consapevolezza di quello che si sta facendo, non c'è nemmeno libertà, come per chi è drogato o è ormai dipendente da fumo per la nicotina non riesce a vita a rendersi autonomo e libero e, quindi, è schiavo del fumo e della droga. Dobbiamo agire, quindi, anche attraverso il controllo della pubblicità, che è importantissimo. Qualcuno ha chiesto se serve. Certo che serve: se noi mettessimo sui pacchetti di sigarette le immagini che mettono in Canada, vedreste come diminuirebbe il fumo. Non abbiamo il coraggio nemmeno di fare questo, perché con le sigarette lo Stato incassa. In Canada ci sono immagini talmente raccapriccianti sui pacchetti che hanno avuto un effetto enorme rispetto al nostro su cui è scritto solo «Il fumo uccide», dato che ormai conoscono tutti.
La pubblicità va limitata. Se c'è tanta pubblicità del gioco, ciò vi deve far capire che la pubblicità rende e avvicina la gente al gioco e che, quindi, è pericolosa.
Questi sono i punti, che concludo riassumendo, su cui concretamente potete intervenire: la prevenzione, con il decreto sulla prevenzione che deve uscire e non esce; l'obbligo dei gestori di munirsi di sistemi di individuazione dei giocatori che non devono giocare perché sono esposti alla ludopatia e alla dipendenza; e soprattutto


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la pubblicità, che deve essere legata al problema dei giovani e al fatto che si deve sapere che giocando si perde sempre.
È questo il problema. Se imponeste con un disegno di legge che lo si scrivesse sotto i manifesti che troviamo per strada, funzionerebbe. In televisione c'è la pubblicità sul gioco, sui telefonini e sulle macchine. Sono questi i tre tipi di pubblicità ormai, non si pubblicizza più niente altro. Si dovrebbe scrivere sotto la pubblicità: «Attenzione: tieni presente che alla fine vince sempre il banco e tu perdi sempre». Sarebbe un risultato enorme.

GRAZIANO BELLIO, Presidente di ALEA. Mi limiterò soltanto a rimandare alla memoria scritta, che contiene alcune osservazioni e proposte puntuali. Volevo limitarmi a ricordare che, oggi come oggi, oltre alle associazioni di volontariato ci sono anche i servizi pubblici che lavorano sull'argomento, anche se a macchia di leopardo. Lo fanno a livello semivolontaristico e anche a loro pericolo. Porto un esempio: io vedo i pazienti senza far pagare loro il ticket, però ciò non è, a rigore, legale e, quindi, potrei essere sanzionato.
Ringrazio ancora la Commissione per l'invito.

DANIELA CAPITANUCCI, Presidente di AND. Anch'io spenderei due parole molto rapidamente. Anch'io ho preparato una memoria piuttosto ampia che in parte risponde ad alcune delle domande che sono state formulate. Tuttavia, posso prendermi volentieri l'impegno, con un poco di tempo, visto che ho annotato un po' di domande, di mandarvi uno scritto con elementi circostanziati.
Il riconoscimento alle associazioni e la valorizzazione del lavoro che è stato svolto fino a oggi è sicuramente importante, perché in Italia da almeno dieci anni ci sono tecnici qualificati della salute che stanno lavorando sul fenomeno e che hanno un buon polso della situazione.
In ultimo, rispetto al ruolo della politica, una legge può incidere e anche molto sull'evoluzione della diffusione di un problema. Vivo vicino alla Svizzera e ricordo che nel 1996-1997 tale Paese ha svolto una petizione popolare per decidere come si dovesse trattare il gioco d'azzardo. È stato deciso di delocalizzare tutte le macchinette che si trovavano anche lì in ogni bar. Il Canton Ticino le ha fatte sparire e si è deciso di concedere un numero spropositato di concessioni per l'apertura di sale da gioco, con obblighi di prevenzione ai gestori di gioco, obblighi sanzionabili con la chiusura delle case da gioco. C'è poi tutto un sistema complicato.

RODOLFO, Rappresentante dell'Associazione giocatori anonimi. Buongiorno a tutti. Sono Rodolfo e sono un giocatore compulsivo in recupero. Come privato cittadino posso essere ovviamente molto d'accordo o in disaccordo con tutto ciò che è stato affermato.
La nostra associazione per statuto non pretende aiuti economici esterni. Negli ultimi tempi, come ricordava la dottoressa Capitanucci, ci sono molti SERT che ci stanno dando una mano e che stanno facendo conoscere la nostra esistenza.
Il nostro desiderio è, come sosteneva Gabriele, solo quello: siamo qui per far sapere della nostra esistenza. Ci manteniamo con propri contributi, ci autofinanziamo e ovviamente tutto è gratuito.
Ringrazio tutti. Tutte le considerazioni che ho sentito sono state molto interessanti. Grazie di averci invitato.

PRESIDENTE. Grazie a voi tutti. Speriamo di poter lavorare bene.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 12,20.

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