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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione XII
3.
Martedì 20 marzo 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Grassi Gero, Presidente ... 2

INDAGINE CONOSCITIVA SUGLI ASPETTI SOCIALI E SANITARI DELLA DIPENDENZA DAL GIOCO D'AZZARDO

Audizione di rappresentanti della Federazione italiana operatori servizi dipendenze (Federserd), del SerT di Arezzo, della Società italiana per l'intervento sulle patologie compulsive (SIIPAC), dell'Associazione unitaria psicologi italiani (AUPI), dell'Associazione italiana per la psicologia clinica e la psicoterapia (AIPCP) e del Consiglio nazionale dell'ordine degli psicologi:

Grassi Gero, Presidente ... 2 10 12
Barcucci Paolo, Segretario del Consiglio nazionale dell'ordine degli psicologi ... 10
Dimauro Paolo Eduardo, Direttore del Dipartimento delle dipendenze - Azienda USL 8 di Arezzo ... 2
Guerreschi Cesare, Presidentedella Società italiana per l'intervento sulle patologie compulsive (SIIPAC) ... 5
Lucchini Alfio, Presidente della Federazione italiana operatori servizi dipendenze (Federserd) ... 3
Sellini Mauro, Segretario generale dell'Associazione unitaria psicologi italiani (AUPI) ... 8
Sportiello Timpano Marco, Socio dell'Associazione italiana per la psicologia clinica e la psicoterapia (AIPCP) ... 9
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA.

COMMISSIONE XII
AFFARI SOCIALI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 20 marzo 2012


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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GERO GRASSI

La seduta comincia alle 15,55.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti della Federazione italiana operatori servizi dipendenze (Federserd), del SerT di Arezzo, della Società italiana per l'intervento sulle patologie compulsive (SIIPAC), dell'Associazione unitaria psicologi italiani (AUPI), dell'Associazione italiana per la psicologia clinica e la psicoterapia (AIPCP) e del Consiglio nazionale dell'ordine degli psicologi.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sugli aspetti sociali e sanitari della dipendenza dal gioco d'azzardo, l'audizione di rappresentanti della Federazione italiana operatori servizi dipendenze (Federserd), del SerT di Arezzo, della Società italiana per l'intervento sulle patologie compulsive (SIIPAC), dell'Associazione unitaria psicologi italiani (AUPI), dell'Associazione italiana per la psicologia clinica e la psicoterapia (AIPCP) e del Consiglio nazionale dell'ordine degli psicologi.
Nel dare il benvenuto da parte mia e di tutta la Commissione ai nostri ospiti, ricordo che sono presenti: per la Federazione italiana operatori servizi dipendenze (Federserd), il presidente, dottor Alfio Lucchini e il dottor Maurizio Fea, membro del Consiglio direttivo nazionale Federserd; per il SerT di Arezzo, il dottor Paolo Eduardo Dimauro, direttore del Dipartimento delle dipendenze, Azienda USL 8 di Arezzo, e la dottoressa Valentina Cocci, psicologa, Azienda USL 8 di Arezzo; per la Società italiana per l'intervento sulle patologie compulsive (SIIPAC), il presidente, dottor Cesare Guerreschi; per l'Associazione unitaria psicologi italiani (AUPI), il segretario generale, dottor Mauro Sellini; per l'Associazione italiana per la psicologia clinica e la psicoterapia (AIPCP), il dottor Marco Timpano Sportiello, socio, e, infine, per il Consiglio nazionale dell'ordine degli psicologi, il segretario, dottor Paolo Barcucci.
Se non ho omesso, dimenticato o trasformato alcun cognome, proporrei di iniziare, aggiungendo che, normalmente, per le audizioni sono previsti tra i cinque e i dieci minuti per ciascun relatore. Se gli auditi ritengono di integrare quanto dicono nel corso dell'audizione inviando un'apposita relazione via e-mail o per posta, è graditissimo, perché le audizioni che stiamo svolgendo su questa tematica sono indirizzate a capire il fenomeno del quale stiamo parlando nella sua interezza.
Indipendentemente dall'ordine degli interventi previsto, si può chiedere di anticipare l'intervento. Invito i nostri ospiti a svolgere le loro relazioni, cui seguiranno le domande dei deputati presenti.

PAOLO EDUARDO DIMAURO, Direttore del Dipartimento delle dipendenze - Azienda USL 8 di Arezzo. Sono Paolo


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Dimauro, direttore del Dipartimento delle dipendenze di Arezzo, e mi accompagna la psicologa dottoressa Valentina Cocci, responsabile della nostra équipe per il gioco d'azzardo.
Sostanzialmente noi vorremmo presentare il nostro modello operativo, che nasce nel 2004. L'elemento che ci caratterizza è l'appartenenza al servizio pubblico, trattandosi di un modello di intervento all'interno del servizio per le tossicodipendenze, in considerazione di alcuni elementi che ci hanno fatto propendere per questa soluzione. Il primo elemento è la prevalenza del gioco d'azzardo all'interno di un comportamento polidipendente, il secondo è un pensiero «universalistico» che dovrebbe caratterizzare il nostro sistema sanitario.
Il nostro intervento si caratterizza per un approccio multidisciplinare a cui concorre la professionalità dello psicologo, che ne ha il coordinamento cui si aggiunge il personale medico; centrale è anche la figura dell'assistente sociale; vi sono poi una competenza educativa e anche altre professionalità, in modo accessorio.
L'altro elemento che caratterizza il nostro intervento è la costituzione di una rete istituzionale che, in questo modello terapeutico-assistenziale, vede coinvolti anche una serie di interlocutori istituzionali, come l'ente locale, la Guardia di finanza, le associazioni di categoria e altri interlocutori con funzioni lievemente meno centrali.
L'ultimo elemento è la logica dell'auto-aiuto: esiste un gruppo che fa riferimento al nostro servizio ed è costituito da giocatori e familiari.
Come dicevo, l'approccio è multidisciplinare. La nostra casistica indica che, nel 2011, si sono rivolti al nostro servizio 139 individui, che sono giocatori puri; si registra poi un'altra quota di soggetti con problemi di gioco d'azzardo all'interno, come dicevo prima, di un'altra dipendenza, soprattutto da alcol ma anche da cocaina e altre sostanze psicoattive illegali.
Questa, in sintesi, è la nostra operatività.

ALFIO LUCCHINI, Presidente Federazione italiana operatori servizi dipendenze (Federserd). Sono Alfio Lucchini, presidente della Federserd, e sono accompagnato dal professor Maurizio Fea, responsabile del settore gambling della nostra federazione. Ringrazio per l'attenzione.
L'esperienza della nostra società scientifica Federserd, che rappresenta gran parte degli operatori pubblici del settore delle dipendenze in Italia, si basa su alcuni punti rispetto al tema di questa audizione, che potrei così riassumere, precisando che abbiamo comunque lasciato una memoria: il primo punto consiste in un esame della realtà operativa clinica dei Servizi delle dipendenze in Italia, i SerD; il secondo è rappresentato dalla rete territoriale di studio dei fenomeni e di ricaduta, anche da un punto di vista sociale, che rientra nella competenza dei Dipartimenti delle dipendenze, che sono le modalità organizzative dei servizi in Italia. Il terzo aspetto riguarda infine un'esperienza peculiare che la nostra società scientifica sta sviluppando, il servizio «Gioca Responsabile», una helpline nazionale di servizio gestita con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei ministri e dell'Amministrazione dei Monopoli di Stato.
In Italia abbiamo 550 servizi per le dipendenze. Tra gli elementi di maggiore importanza va segnalato che questi servizi sono multidisciplinari e composti da varie professionalità: medici, psicologi, assistenti sociali, educatori, infermieri. Anche se sono nati essenzialmente intorno agli anni Novanta - con il decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, sull'onda dell'emergenza dell'eroina in Italia - in realtà questi servizi si occupano di tutte le dipendenze, e negli ultimi anni hanno avuto in gran parte la capacità di adattarsi ai nuovi fenomeni, dunque anche alle dipendenze «senza sostanza», tra le quali si annovera appunto il GAP (gioco d'azzardo patologico).
Per quanto riguarda i dati reali delle persone in trattamento in Italia in questo momento - ovviamente tralascio tutte le stime che voi ben conoscete rispetto al fenomeno, come il fatto che le persone che


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avrebbero bisogno di essere trattate da un punto di vista strettamente clinico si attestano tra 500.000 e 800.000 - abbiamo effettuato una rilevazione unendo i dati ottenuti da rilevazioni svolte formalmente da alcune regioni e da quelle svolte tramite le federazioni regionali della nostra società scientifica. Queste rilevazioni indicano che, nell'anno 2011, circa 6.000 persone sono in trattamento presso i servizi pubblici italiani. Per fornire un dato, soltanto nella regione Lombardia se ne contano 1.400.
Ciò dimostra, al di là delle difficoltà che descriverò in seguito, la ricchezza dei servizi e, a nostro avviso, dà anche una base di riflessione per un possibile ulteriore intervento.
È ovvio che, in mancanza di riferimenti normativi generali, l'offerta di trattamento è eterogenea: abbiamo punte significative ma anche servizi che non riescono a trattare questa patologia. Ci sono quindi modalità diverse e una distribuzione non uniforme dei servizi stessi sul territorio nazionale.
Un dato importante, a nostro giudizio, che deriva dall'esperienza degli operatori pubblici italiani, è che, per trattare il GAP in modo significativo, i servizi per le dipendenze devono sapersi strutturare possibilmente con uno spazio e un tempo di trattamento specifico, e disporre di risorse umane e strutturali dedicate. La configurazione, all'interno del dipartimento delle dipendenze delle ASL, sembra essere non solo quella che noi auspichiamo ma, obiettivamente, la più logica e la più reale rispetto all'esistente, da questo punto di vista.
Un secondo punto di riflessione riguarda l'insieme delle problematiche. Non mi soffermerò, pur essendo psichiatra, sulle problematiche cliniche, sulle comorbilità, insomma su questioni ormai scientificamente provate, bensì sulla necessità di una intensa attività di collaborazione, ad esempio con i comuni e con i nodi della rete territoriale che si confrontano con le conseguenze sociali, lavorative, familiari e relazionali che accompagnano questa complessa patologia.
Credo che, da un punto di vista strettamente organizzativo, anche per il GAP sia molto importante una programmazione territoriale solida - e di questo bisognerebbe tenere conto - di ancoraggio, aiuto e prevenzione nella materia. Credo che questo rappresenti uno dei compiti, non dico nuovi, ma da rafforzare, dei dipartimenti delle dipendenze, con un modello organizzativo che raggruppa i servizi pubblici ma anche le strutture del privato sociale attive in questo settore. Questo, almeno, è il modello in molte regioni italiane.
Il terzo spunto di riflessione riguarda l'esperienza che stiamo vivendo come società scientifica con il progetto «Gioca Responsabile». Non mi soffermo sull'entità del progetto, che si compone di una helpline attiva tredici ore al giorno, con un ampio pool di psicologi dedicati, di un sito, di una possibilità di chat, e-mail e altri strumenti di questa natura. Intendo invece soffermarmi su due cifre di cui disponiamo, dopo due anni e tre mesi di esperienza: ogni anno abbiamo avuto circa 10.000 contatti e 2.000 persone nelle condizioni di essere «avviate» a servizi di trattamento. Si tratta di numeri molto importanti. Circa 5.000 persone hanno avuto necessità di avvio a servizi di trattamento, perché questa helpline - a cui rispondono, come dicevo, professionisti qualificati, e che si avvale anche della consulenza di legali, psichiatri e psicoterapeuti - è collegata in un modo virtuoso, ben illustrato nella brochure che abbiamo lasciato, a circa 300 servizi italiani, 190 pubblici e 120 del privato sociale, che hanno accettato di prendere in carico le persone inviate dalla helpline stessa.
Ovviamente, un'esperienza di questo tipo ci ha rafforzati su alcune convinzioni di fondo, come ad esempio la necessità di una rete ampia per ben trattare questa patologia. Vorrei sottolineare che la Rete dei medici di medicina generale è molto importante per segnalare e avviare a servizi specialistici persone con problematiche di questo tipo. E i nostri dati lo dimostrano ampiamente.


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Vorrei concludere con cinque brevi proposte riassuntive. Innanzitutto proponiamo - sembra quasi banale - di inserire il GAP nei livelli essenziali di assistenza. Tutti conosciamo i problemi che questa facile affermazione comporta, tuttavia è evidente che questa patologia - non solo perché lo dice l'Organizzazione mondiale della sanità, non solo perché lo dicono le evidenze - ha l'assoluta necessità di essere riconosciuta nelle forme che i nostri legislatori riterranno possibile perseguire, specialmente da un punto di vista economico.
È fondamentale produrre linee di indirizzo nazionale di prevenzione, cura e riabilitazione in materia omogenee per tutti i cittadini, utilizzando al meglio la rete di risorse già attiva, sostenendone le capacità di sviluppo, ricercando sinergie proficue tra tutti gli attori sociali, economici e sanitari interessati al problema. Vorrei ribadire che teniamo molto a questo e, nonostante le difficoltà, nel nostro Paese si fa già parecchio da questo punto di vista.
Occorre prevedere che le équipe multidisciplinari dedicate comprendano sia le tradizionali figure professionali per le dipendenze, che ho citato prima, sia il collegamento con esperti; cito due figure, il counselor e l'esperto legale, assolutamente necessarie in questo ambito.
Infine, è necessario assegnare ai dipartimenti delle dipendenze la responsabilità della governance di questa materia. Grazie.

CESARE GUERRESCHI, Presidente della Società italiana per l'intervento sulle patologie compulsive (SIIPAC). Sono Cesare Guerreschi, vengo da Bolzano. Sono fondatore e presidente della SIIPAC, Società italiana di intervento sulle patologie compulsive, che è nata nel 1990 e, in quanto tale, è stata la prima istituzione ONLUS in assoluto nata in Italia. Dal 1990 al 1992 mi sono formato in America presso Custer, da cui ho mutuato il programma terapeutico che ho poi applicato alle mie comunità terapeutiche.
La Società italiana di intervento sulle patologie compulsive è stata, come ho detto, la prima in Italia a porsi l'obiettivo di studiare e approfondire il fenomeno del gioco d'azzardo patologico, per offrire un efficace programma di intervento non solo a chi ne era colpito, ma anche ai familiari. In seguito è stato anche realizzato il centro riabilitativo, quindi la prima comunità terapeutica per giocatori patologici in Italia, ma anche - come vedremo in seguito - per altre patologie comportamentali.
Tra le figure abbastanza innovative di cui il nostro programma - siamo in molti, sia per le terapie proposte che per la varietà dei professionisti coinvolti - si avvale, già nel 1990 parlavamo per la prima volta di avvocati, tutor, life coaching e via discorrendo, figure poi riprese da quasi tutte le istituzioni italiane.
In sintesi, il programma terapeutico è molto strutturato e naturalmente si rifà a un programma multidisciplinare e multimodale, laddove per «multimodale» intendiamo soprattutto una disposizione mentale dell'operatore verso la multimodalità. Le attività che svolgiamo all'interno delle nostre comunità sono numerose: gruppi di informazione, di discussione, terapeutici, di auto-aiuto, terapie individuali, terapie di coppia, terapia familiare, training autogeno, servizio di tutoraggio, consulenza psichiatrica, consulenza legale, laboratorio artistico e il progetto di self-empowerment.
Questo programma terapeutico nasce da anni di studi e di ricerche. Tutti i nostri operatori hanno seguito corsi, quasi sempre all'estero: giacché fino al 2000 circa in Italia c'era poco, per non dir niente, siamo stati «costretti» ad andare all'estero, in modo particolare in America, in Canada e in Australia.
Direi che l'analogia che ho visto tra alcoldipendenti e giocatori d'azzardo è stata ciò che mi ha mosso a strutturare il programma terapeutico. L'analogia si basa soprattutto sulle seguenti somiglianze: poca autostima portata a compensare sentimenti di inadeguatezza; necessità di scappare dal mondo reale; poco controllo degli impulsi in modo da alleviare il dolore legato alla propria autostima, ansia, tensione e depressione; poca tolleranza per


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ritardi e frustrazioni; bisogno di emozioni forti e necessità di gratificazione immediata.
Il giocatore usa il gioco - come l'alcolista fa con l'alcol - per scappare dalla realtà, specialmente se è sottoposto a grandi tensioni e responsabilità.
Faccio a questo proposito un'osservazione. Sono già venuto in questa sede, nell'ambito dell'iter della legge n. 125 del 30 marzo 2001 sull'alcolismo; finalmente, dopo quasi trent'anni, abbiamo avuto una legge sull'alcoldipendenza.
Tra i punti comuni che corrispondono in questo caso alle richieste prioritarie per arginare il problema del gioco d'azzardo rientra, innanzitutto, l'inserimento del gioco d'azzardo patologico nei LEA. Se n'è già parlato prima, ma anche io avverto questa necessità.
In secondo luogo, è necessario un effettivo sostegno istituzionale: a tale proposito, risulta auspicabile un'elargizione del 5 per mille delle entrate dell'erario provenienti dai giochi d'azzardo proprio a favore della ricerca, del trattamento e della prevenzione della patologia.
Inoltre, si richiede la promozione e l'introduzione di nuovi metodi di prevenzione, e qui solleciterei anche nuove prevenzioni, soprattutto quelle tecnologiche, che in Italia non sono state ancora sperimentate.
Occorre stimolare iniziative di aggiornamento destinate agli operatori. A questo proposito vorrei far presente - e questa mattina se n'è parlato ancora - il piccolo o forse grande passo compiuto dal comune di Bolzano con l'appoggio della SIIPAC e dai gestori delle sale da gioco del capoluogo altoatesino. Come si legge su questa pagina di giornale, si tratta di un patto etico tra comune e gestori, già al secondo anno di attività, con risultati a mio avviso soddisfacenti.
Non è facile, perché abbiamo anche il problema della triplice lingua. Abbiamo tuttavia ottenuto risultati molto importanti, che il «lato tedesco», Austria e Germania, in particolare ci ha copiato; questo patto al momento sta andando molto bene e ce ne chiedono con interesse i risultati.
Chiediamo, inoltre, che siano tutelate, attraverso incontri, corsi e campagne sociali, le fasce di popolazione più a rischio. È stata condotta un'indagine statistica nel comune di Bolzano su un campione di 550 studenti (siamo particolarmente preoccupati per gli adolescenti, in incredibile aumento) in tre anni diversi, 2007, 2009, 2011. Tra gli studenti di età compresa fra i tredici e i venti anni ai quali è stato somministrato il test di valutazione clinica per il gioco d'azzardo (il SOGS, South Oaks Gambling Screen) risulta: preoccupazione riguardo al gioco d'azzardo; bisogno di spendere sempre più denaro; menzogne riguardo al denaro speso; stress in famiglia, scuola e amici; alterazione dell'umore.
Come possiamo vedere molto chiaramente anche dalle proiezioni, sono andati gradualmente aumentando i dipendenti dal gioco. Sto parlando di adolescenti, dei quali ci occupiamo in modo particolare, come delle donne e degli anziani (soprattutto casalinghe e pensionate, in aumento spaventoso). Come potete vedere, passiamo dal 5 per cento del 2007 al 7,7 per cento di soggetti già dipendenti dal gioco d'azzardo. Pur essendo il gioco d'azzardo patologico in Italia «proibitissimo» dalla legge, spesso vediamo le sale piene di ragazzi sotto i diciotto anni.
Vorrei svolgere ancora alcune considerazioni prima di concludere. L'aumento del gioco d'azzardo fra le fasce giovanili della popolazione può essere ascritto principalmente a fattori come la crescente liberalizzazione (ad esempio il gioco online, che rappresenta un altro motivo di grandissima preoccupazione), la maggior tolleranza, se non addirittura l'incoraggiamento verso il gioco d'azzardo come attività innocua (e qui inserirei anche la pubblicità), oltre che una ritardata presa di coscienza del problema e la scarsa attenzione nei confronti dei programmi d'informazione per la creazione di una consapevolezza collettiva dei problemi legati al gioco.


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Tra i fattori di rischio, tra gli adolescenti è facile e rapido il passaggio da un gioco sociale a un gioco problematico; gli adolescenti giocatori problematici si avvicinano al gioco d'azzardo molto prima, addirittura intorno ai dieci anni. A Bolzano, ma anche in altre città - abbiamo altre sette istituzioni come questa sparse sul territorio - l'aver costatato che l'età si è molto abbassata, addirittura intorno ai dieci anni, ci ha indotti a entrare nelle scuole elementari (in classi di quarta e quinta) per fare soprattutto informazione, più che prevenzione.
Sicuramente anche questa iniziativa sta producendo dei risultati, con calma, ovviamente, perché non è facile lavorare con gli adolescenti; soprattutto in questa fascia precedente l'adolescenza - a dieci anni - lavoriamo con i maestri e le famiglie.
Gli adolescenti giocatori patologici amano particolarmente le condotte rischiose, come sappiamo; gli adolescenti tra i quattordici e i diciassette anni con seri problemi di gioco d'azzardo si caratterizzano per un maggior numero di pensieri e tentativi di suicidio. Purtroppo, anche questo non è stato e non viene evidenziato, sebbene sia una realtà che constatiamo forse non tutti i giorni ma spesso.
Gli adolescenti giocatori patologici si caratterizzano per una bassa percezione di supporto sociale e una personalità formata da tratti quali l'eccitabilità, l'estroversione, l'ansia, l'impulsività, la scarsa conformità alle regole e difficoltà dell'autodisciplina. Gli adolescenti con problemi di gioco d'azzardo sono fortemente a rischio di sviluppare una polidipendenza: in genere si associa l'alcolismo.
Sono necessarie disposizioni per la protezione e la prevenzione degli utenti a rischio, come vietare le aperture delle sale da gioco e di centri scommesse nelle adiacenze dei luoghi frequentati da ragazzi. Nella provincia di Bolzano e di Trento, per esempio, abbiamo già ottenuto che le aperture delle nuove sale (attraverso il comune, giacché non abbiamo una regione, e questa non legifera per niente) siano distanziate a Trento di 500 metri dai siti non protetti - per esempio la scuola, gli asili e via discorrendo - e a Bolzano di 300 metri. Speriamo di arrivare a 500 metri anche a Bolzano: siamo un po' più duri, un po' più tedeschi, ma ci riusciremo.
Direi che è stata una bella avventura. Noi continuiamo a fare formazione con i gestori: siamo al terzo anno di questa esperienza, ciò che significa riunire i tabaccai e tutti coloro che gestiscono i giochi per un periodo di circa sei mesi, una volta al mese per quattro ore, e fare formazione e role playing sul tema. Così facendo, abbiamo conquistato anche la fiducia dai gestori e siamo potuti entrare all'interno dei loro «simulacri» - chiamiamoli pure così, perché era impossibile entrare - e ottenere persino la somministrazione di test, soprattutto del SOGS, sia per gli adulti sia per gli adolescenti.
Vi mostro una piccola rappresentazione delle richieste che noi abbiamo avuto nei vari anni e delle presenze effettive all'interno della comunità. Sono 106 le presenze effettive che abbiamo avuto su 249 richieste; ciò significa che lo «spread», tanto per usare un termine che utilizzate anche voi, si è molto allargato, perché purtroppo manca un supporto economico.
Noi siamo una onlus, dobbiamo fare completamente da soli e nessuno ha convenzioni con noi. Nonostante ciò, ci «arrangiamo» e, come potete vedere, abbiamo una presenza di circa 106 pazienti (non sono pochi), con un programma terapeutico a lunga scadenza che non prevede colloqui, ma si basa sulla presenza costante e continua, per almeno due o tre mesi, nella comunità.
Successivamente, i pazienti vengono accompagnati all'esterno e noi operiamo all'interno delle famiglie, sul luogo di lavoro e nelle scuole; prima prepariamo il terreno e poi vi immettiamo le persone che hanno svolto questo percorso.
Prima di concludere, vorrei avanzare una richiesta. «Il gioco d'azzardo patologico è una psicopatologia riconosciuta in tutti i sistemi sanitari mondiali ormai dal 1980», come diceva a suo tempo il DSM-III (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders). La nuova versione del


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manuale di psicodiagnostica include il gioco d'azzardo patologico come unica dipendenza senza sostanza all'interno dei disturbi di dipendenza. Questa notizia, che io ho ricevuto stando in America, sarà forse giunta in Italia (non lo so, poi chiederemo ai colleghi).
In tutto il mondo esistono efficaci percorsi di trattamento specificatamente destinati alla cura del gioco d'azzardo patologico. Rispetto all'incremento di offerta di gioco negli ultimi dieci anni, i servizi di cura per i giocatori sono privi di congrue risorse, se non addirittura assenti.
Per quanto riguarda la mia ONLUS, e tutte quelle che vengo qui a rappresentare, vi chiedo di aiutarci ad aiutare. Grazie.

MAURO SELLINI, Segretario generale dell'Associazione unitaria psicologi italiani (AUPI). Sono Mauro Sellini, dell'Associazione unitaria psicologi italiani. Per quanto riguarda il gioco, credo che oramai ci siano pochi segreti: sono oltre 150 anni che si studia - o almeno che lo fa la psicologia - il gioco, e questo risulta essere una delle attività umane più indagate. Il fatto che oltre 150 anni di indagini sul gioco non siano bastati a farlo prendere sul serio sembra un paradosso, perché esso è considerato un'attività ludica.
Ci si sofferma con attenzione sul gioco quando emergono non più gli aspetti e le componenti positive, bensì quelle patologiche. Vorrei creare un parallelismo, perché se non comprendiamo gli aspetti e le componenti positive del gioco, difficilmente riusciremo a comprenderne quelle patologiche.
Innanzitutto, il gioco è un'attività umana fondamentale per la crescita degli individui. Se lo osserviamo nei bambini, vediamo che le fasi del gioco nella crescita sono sostanzialmente tre: la prima fase è rappresentata dal gioco solitario, durante la quale i bambini giocano da soli senza aver assolutamente bisogno di relazionarsi né di porsi in una relazione di reciprocità con gli altri (in seguito proporrò il parallelo con il gioco d'azzardo patologico); la fase successiva è quella del gioco parallelo, che osserviamo soprattutto all'asilo, laddove ci sono i bambini attorno ai tavoli, ognuno con i propri giochi, ognuno concentrato sul proprio gioco, con poche relazioni con quello che fanno gli altri; infine, la fase del gioco sociale.
Se osserviamo degli adulti che giocano, vedremo che in qualche modo ripropongono, soprattutto rispetto al gioco d'azzardo, le prime due fasi di gioco elencate. Il gioco solitario è tipico degli adolescenti e degli adulti che si chiudono nella propria camera davanti a un computer o in collegamento internet, e questa rappresenta la fase più regressiva del gioco d'azzardo patologico, che è quella alla quale ci stiamo avvicinando.
Quanto al gioco parallelo, vediamo che i giocatori nelle sale si dispongono come i bambini attorno al tavolo: uno a fianco all'altro, ognuno focalizzato sul proprio gioco, tanto che l'attenzione viene distolta solo quando succede qualcosa al giocatore a fianco. Solo quando c'è il tintinnio, il rumore dei gettoni che scendono giù, ci si distrae per un attimo, ma poi si ritorna immediatamente al proprio gioco.
Intendo dire che la mancata corretta evoluzione e sviluppo di questi tre stadi può determinare nell'adulto delle problematiche che possono essere strettamente correlate al gioco d'azzardo patologico.
Non dobbiamo però criminalizzare il gioco in assoluto, perché di per sé è un elemento costitutivo importante della crescita e dell'acquisizione anche delle regole sociali. Infatti, l'ultimo stadio di sviluppo, quello del gioco sociale, serve proprio a questo, all'introiezione delle regole sociali.
Anche il gioco d'azzardo, dunque, nella misura in cui non è patologico, può forse rendere la vita un po' più dinamica e vivibile, e anche in qualche modo creativa. Questo vale però fino a un certo punto, ossia fino al punto in cui non si trasforma in modo subdolo in una vera e propria patologia.
Allo stesso modo, non dobbiamo demonizzare la tecnologia, che ha invaso ed è entrata da tempo nel mondo del gioco: se da un lato essa ha introdotto funzioni anche stimolanti, dall'altro può diventare


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uno strumento di abuso o una fonte di modelli sociali negativi che possono sfociare, appunto, nel patologico.
Cosa si può e si deve fare per il gioco d'azzardo patologico? Sono state fornite anche delle indicazioni rispetto alle strutture, alla cura, all'intervento e alla riabilitazione dei giocatori d'azzardo già in fase di patologia, e su questo credo che siamo tutti d'accordo; sono tantissime le esperienze nel campo, alcune riproposte anche in questa sede.
Come avviene in tutti gli altri settori della salute nella sua accezione più ampia, tuttavia, gli interventi che si effettuano sulla cura e sulla riabilitazione - ancorché difficili, perché richiedono fatica e i risultati si raggiungono lentamente - non risolvono il problema della prevenzione. Pertanto, dobbiamo lavorare moltissimo sulla prevenzione, altrimenti non riusciremo mai a interrompere il flusso o la platea di soggetti che rischia di affacciarsi alla patologia. Il sempre maggiore coinvolgimento dei minori nel gioco ci offre un'indicazione in questo senso.
Tra le proposte che noi facciamo - benché non siano contenute nel documento che abbiamo lasciato, mi permetto di avanzarle qui, condividendo anche in parte quanto è stato detto prima da altri relatori - l'inserimento del GAP nei LEA è sicuramente uno strumento importante dal quale, a mio avviso, non si può oramai prescindere. Questo, tuttavia, lo ripeto, risolve il problema della cura e della riabilitazione. I soggetti da coinvolgere sono tanti altri, a partire dalla scuola e dalle aggregazioni sociali, quindi bisogna anche studiare strumenti che vadano oltre i livelli essenziali di assistenza.
Vorrei, inoltre, avanzare una proposta per quanto riguarda le modalità di finanziamento: sappiamo che nulla si può realizzare se non si trovano anche le risorse economiche. In questo caso, ci permettiamo di proporre un sistema simile a quello che vige per la sicurezza stradale, laddove sappiamo che una quota significativa (o comunque una quota) delle multe per le infrazioni al codice della strada deve essere destinata da diversi soggetti - comuni, province, regioni e Stato - alla prevenzione dell'incidentalità e della mortalità stradale. Dovremmo o potremmo adottare un sistema del genere, quindi destinare una parte dei tanti miliardi di euro che gli italiani spendono nei giochi alla prevenzione, alla cura e alla riabilitazione rispetto a questo tipo di patologia.
Vorrei terminare con una frase che, secondo me, rende molto bene i concetti espressi: quando il gioco - e noi non lo dobbiamo criminalizzare - è privato della sua parte relazionale ed esperienziale, pur fornendo esso soddisfazione e inducendo piacere nei giocatori, non produce apprendimento, e in questo caso porta all'alienazione, all'emarginazione, al disagio sociale, infine alla patologia. Grazie.

MARCO TIMPANO SPORTIELLO, Socio dell'Associazione italiana per la psicologia clinica e la psicoterapia (AIPCP). Parlo a nome di una società scientifica, quindi riprendo, condivido e mi associo all'appello espresso da coloro che mi hanno preceduto affinché chi ha responsabilità di natura legislativa si affretti a riconoscere il GAP come disturbo che merita l'inserimento nei LEA.
Condivido l'opportunità che anche gli organismi di natura legislativa si prodighino perché si vada presto verso una definizione a livello nazionale di linee guida di intervento che garantiscano un uniforme lavoro assistenziale e terapeutico nei confronti di questo genere di pazienti.
Infine, mi associo alla raccomandazione espressa dai primi due colleghi che sono intervenuti relativamente all'individuazione delle strutture che, all'interno dei servizi, dovranno avere questa competenza.
A una società scientifica non spetta altro che condividere e sostenere ciò che gli altri hanno con molta capacità argomentativa presentato. Noi vorremmo semplicemente sottolineare alcuni aspetti, che si coniugano anche con gli altri già richiamati.
In primo luogo, deve essere chiaro che stiamo parlando di veri e propri malati. Il GAP è una vera e propria malattia. Il


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giocatore d'azzardo patologico non assomiglia al giocatore - anche d'azzardo - a carattere sociale. Il collega Sellini ha fornito argomentazioni persuasive anche da questo punto di vista.
Non si tratta, quindi, di un tentativo di criminalizzare in maniera orizzontale tutti coloro che accedono al gioco, ma riferirsi a quella categoria specifica che del gioco fa l'elemento distruttivo della propria esistenza.
La società scientifica che in questo momento rappresento ha fornito un documento nel quale è sostanzialmente sottolineato il ruolo di una figura professionale che opera all'interno di questa costellazione di professionisti che sono chiamati a un lavoro sinergico sul GAP. Mi riferisco alla figura professionale degli psicologi, che hanno un ruolo quasi protagonistico, nel senso che assolvono a due compiti fondamentali: quello della diagnosi e quello della terapia.
Nel documento che presentiamo facciamo una disamina piuttosto articolata degli snodi delle due fasi che caratterizzano la presa in carico sanitaria del malato con disturbo da gioco compulsivo.
Vorrei dire al collega dell'Alto Adige che mi ha preceduto che siamo anche noi convinti che nella letteratura internazionale - e credo che questo verrà accolto anche nel DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders)-V che è in fase di definitiva redazione - il disturbo di cui ci stiamo occupando verrà inserito nei disturbi di dipendenza comportamentale (uscendo dalla gamma dei disturbi del controllo degli impulsi).
Dal punto di vista della ricerca scientifica, a sostegno dell'impegno che dobbiamo nei confronti di questa malattia, vorrei ricordare un aspetto che fino ad ora non è stato sufficientemente chiarito: il giocatore compulsivo presenta, oltre che difficoltà di carattere relazionale, quasi sempre una comorbilità di carattere psicopatologico, anche un profilo neurocognitivo particolare e specifico.
Le ricerche più recenti, con molta forza e capacità persuasiva, hanno indicato un disturbo in un'area specifica del nostro funzionamento cognitivo che si chiama decision making, cioè la capacità di prendere decisioni, e che è in concomitanza con una specifica anomalia di funzionamento della corteccia orbitale frontale. Quindi, si tratta di veri e propri soggetti patologici, veri e propri malati per i quali è necessario passare quanto prima a una definizione legislativa delle caratteristiche di intervento assistenziale.
Sono stato breve per rispetto degli altri e anche per poter prendere il treno.

PRESIDENTE. Giustamente ha rispettato anche se stesso, che è la cosa migliore.

BARCUCCI PAOLO, Segretario del Consiglio nazionale dell'ordine degli psicologi. Onorevole presidente, onorevoli commissari, grazie per aver permesso anche a noi, come ordine degli psicologi, di essere presenti in questa audizione. Abbiamo depositato una memoria cartacea, dunque non mi dilungo a leggerla, anche perché i colleghi che mi hanno preceduto ne hanno già citato alcuni elementi e, in parte, hanno già fatto il mio lavoro come rappresentante degli psicologi.
Vorrei approfittare per attirare l'attenzione dei commissari sul fenomeno. Noi stiamo parlando di un comportamento che, come il collega Sellini ha ampiamente descritto, si basa sul piacere, quindi ragionare su questo significa fare attenzione a qual è l'elemento che ci aggancia: è un comportamento che si basa sul piacere ma che ha conseguenze che possono essere problematiche.
Su questo aspetto dobbiamo porre la nostra attenzione, a tutti i livelli - le società scientifiche, noi operatori (io lavoro nel campo delle dipendenze patologiche da trent'anni), voi legislatori - per capire quali interventi trattamentali di prevenzione possiamo mettere in atto.
Il primo elemento importante è un atteggiamento ricercato, guarda caso ricercato nei momenti in cui minori sono i piaceri. La relazione del Dipartimento per le politiche antidroga del 2011 ha dimostrato chiaramente come ci sia stato un aumento esponenziale del gioco d'azzardo:


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dai 42 miliardi di euro spesi nel 2007 si è passati ai 76 miliardi di euro nel 2011. Tale aumento, guarda caso, si è registrato in concomitanza con la crisi economica. Questo significa che le persone affidano al caso la speranza di avere un cambiamento della propria vita. Ci si affida al caso, sebbene gli statistici abbiano dimostrato che la possibilità di vincere al Superenalotto è inferiore alla possibilità di essere colpiti da un meteorite camminando per strada. Certamente non è questo il ragionamento di chi va a giocare! Chi gioca lo fa perché qualcuno può vincere. Vincere non è impossibile, ma improbabile, il che è differente.
Detto questo, dobbiamo fare attenzione a distinguere che cosa produce, a un certo punto, il passaggio dal gioco d'azzardo al gioco d'azzardo patologico. Per agganciarmi a un altro fenomeno di dipendenza già richiamato anche dal collega di Bolzano, l'alcolismo, che spesso è associato a questo fenomeno, riferisco che già nel 1956 Jellinek aveva dimostrato come più è elevato un comportamento a rischio nella popolazione generale più possiamo aspettarci che ci siano soggetti che sviluppano una patologia.
Prendere atto che questo fenomeno sta aumentando esponenzialmente deve crearci un campanello d'allarme. Sicuramente la legge dovrà prevedere qualche forma di tutela, però vorrei che fosse chiaro che quello che sta avvenendo rischia di rendere ininfluente qualunque elemento di controllo legislativo. Mi riferisco all'enorme aumento di gioco d'azzardo on line, sul quale è difficilissimo effettuare un controllo e nel quale molti adolescenti si trovano in qualche modo «ingabbiati».
In primo luogo, la prevenzione deve diventare un elemento di promozione e di educazione del cittadino, al quale deve fornire gli strumenti per individuare elementi di autodiagnosi di quanto egli è agganciato al fenomeno della dipendenza. Inoltre, è necessario prevedere momenti di trattamento che consentano il più precocemente possibile al soggetto ma anche alla famiglia di avere una risposta quando comincia ad avere la percezione che si è sviluppato un problema.
Più che per altre dipendenze - non lo dico solo perché sono psicologo - è necessario un appoggio psicologico ai soggetti che hanno cominciato a sviluppare una consapevolezza, accanto ad altri tipi di sostegno. Sicuramente è necessario un sostegno di tipo fiscale, poiché molti di questi soggetti finiscono nel giro dell'usura. La relazione prodotta nel 2010 dall'ufficio antiracket del Ministero dell'interno dimostrava un aumento del 165 per cento delle richieste di accesso al fondo di solidarietà. Ciò significa che il fenomeno sta aumentando esponenzialmente.
Per essere molto sintetici, siamo di fronte a un problema che si basa sul piacere, quindi puntare sulla consapevolezza aiuta poco. Le pubblicità che invitano a giocare moderatamente forse ci aiutano a mettere a tacere uno scrupolo di coscienza, ma scientificamente sono inutili. Non si tratta di un problema di razionalità, ma di capacità di sganciarsi da un elemento di dipendenza.
È difficilissimo capire prima chi fra i giocatori d'azzardo svilupperà una problematica patologica. Anche recenti studi che stanno cominciando a dimostrare riferimenti genetici all'alcolismo e al gioco d'azzardo non escludono il fatto che, quand'anche uno avesse una predisposizione genetica, se non c'è l'esposizione non si sviluppa il problema. E sicuramente non possiamo chiedere a un soggetto che compra un «gratta e vinci» di presentarsi con la mappa genetica per decidere se possiamo venderglielo o meno.
Dobbiamo puntare maggiormente su un elemento che sviluppi la promozione della salute.
Chiuderei richiamando alcuni punti che, a parere dell'ordine degli psicologi, dovrebbero qualificare una legge che voglia regolamentare il settore. Sicuramente, il primo elemento fondamentale è che lo Stato riconosca che il gioco d'azzardo in generale - non quello patologico - è un comportamento a rischio che può esporre a dei problemi, che tuttavia non è scontato


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che arrivino. Non facciamo proibizionismo, ma diciamo che deve essere un atteggiamento usato con cautela.
Il secondo elemento, già richiamato da molti colleghi che mi hanno preceduto, è l'introduzione del trattamento delle problematiche legate al gioco d'azzardo nei livelli essenziali di assistenza.
Dobbiamo inoltre prevedere uno specifico codice etico per la pubblicità, che eviti inutili riferimenti alla moderazione e, soprattutto, eviti di incentivare l'attenzione al gioco.
Dobbiamo destinare una quota significativa - lo hanno detto in molti - dei ricavi dal gioco al trattamento della patologia, indirizzandola però ad enti che la distribuiscano a strutture pubbliche o private accreditate che siano in grado di dimostrare interventi di trattamento scientificamente provati. Dobbiamo anche sostenere la ricerca, perché è necessario saper fotografare il fenomeno.
I dati che girano sono dati stimati, ma c'è un'enorme quantità di sommerso che non conosciamo e che rappresenta il bacino nel quale in futuro si svilupperanno le persone con problematiche. Per questo dobbiamo anche investire nella ricerca, non solo per essere in grado di monitorare maggiormente il fenomeno, ma anche per studiare forme trattamentali più efficaci e più efficienti. Grazie, presidente.

PRESIDENTE. Non essendovi richieste di intervento da parte dei colleghi, ringrazio gli auditi e, augurando loro un buon ritorno in sede, rinnovo la richiesta, ove lo ritengano, di trasmettere documentazioni aggiuntive a quelle già prodotte.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16,50.

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