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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione XII
8.
Martedì 24 aprile 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Palumbo Giuseppe, Presidente ... 2

INDAGINE CONOSCITIVA SUGLI ASPETTI SOCIALI E SANITARI DELLA DIPENDENZA DELLA DIPENDENZA DAL GIOCO D'AZZARDO

Audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI):

Palumbo Giuseppe, Presidente ... 2 4 8
Ciccioli Carlo, Presidente ... 6
Barani Lucio (PdL) ... 5 7
Guerini Lorenzo, Sindaco di Lodi, delegato ANCI al welfare ... 2 6
Miotto Anna Margherita (PD) ... 4
Pedoto Luciana (PD) ... 6
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA.

COMMISSIONE XII
AFFARI SOCIALI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 24 aprile 2012


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIUSEPPE PALUMBO

La seduta comincia alle 14,25.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sugli aspetti sociali e sanitari della dipendenza dal gioco d'azzardo, l'audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI).
Nel dare il benvenuto di tutta la Commissione ai nostri ospiti, ricordo che sono presenti: il dottor Lorenzo Guerini, sindaco di Lodi e delegato ANCI welfare, il dottor Luca Pacini, responsabile area welfare e immigrazione dell'ANCI, e il dottor Lamberto Baccini, responsabile del dipartimento servizi sociali dell'ANCI.
Do la parola al sindaco Guerini per la sua relazione.

LORENZO GUERINI, Sindaco di Lodi, delegato ANCI al welfare. Grazie, presidente. Non credo ci sia bisogno di introdurre il tema, dal momento che se la Commissione sta svolgendo questa indagine è perché riconosce la rilevanza del fenomeno oggetto dall'odierna audizione. Credo, invece, che sia mio dovere innanzitutto ringraziare per la possibilità che ci viene offerta. Tra i soggetti istituzionali coinvolti nelle ricadute di questi fenomeni, i comuni sono certamente in prima fila.
Le conseguenze del fenomeno di cui alla presente indagine si misurano soprattutto in termini di ricadute sociali e di richieste di accesso ai nostri servizi da parte dei soggetti affetti da ludopatia. Non ho timore di dire che, per quanto è di nostra conoscenza e in base alla nostra esperienza come amministratori locali direttamente coinvolti - io sono sindaco di una città di 45.000 abitanti -, le ricadute sociali sono particolarmente pericolose e in certi casi, a mio parere, devastanti.
I provvedimenti assunti in questi anni per accrescere il volume delle entrate derivanti dai giochi hanno prodotto una più capillare diffusione su tutto il territorio nazionale e quindi una maggiore accessibilità del gioco. Ritengo interessante ribadire dati che voi già conoscete, ma che dimostrano come il consumo per il gioco interessi prevalentemente le fasce sociali più deboli. Secondo l'Eurispes, investe nel gioco chi ha un reddito basso: gioca, infatti, il 47 per cento degli indigenti. Il 56 per cento dei giocatori appartiene al ceto medio-basso e il 66 per cento è in condizione di disoccupazione. La pericolosità di tale fenomeno deve quindi essere associata anche alla tipologia dei soggetti che giocano.
Un dato interessante può essere attinto da una ricerca nazionale sulle abitudini di gioco degli italiani, condotta nel novembre 2011 dal Coordinamento nazionale dei gruppi per i giocatori d'azzardo. Questa


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ricerca stima che in Italia ci siano oltre 1.700.000 giocatori a rischio e oltre 700.000 giocatori adulti patologici, per i quali la frase «gioca il giusto, non esagerare», pronunciata alla fine degli spot, non ha prodotto effetti positivi. Questi giocatori dichiarano di giocare più di tre volte alla settimana, per più di tre ore la settimana e di spendere ogni mese da 600 euro in su. Due terzi di essi spendono addirittura più di 1.200 euro al mese.
Un'ulteriore preoccupazione si evince dal fatto che la percentuale dei giocatori giovani è molto elevata. Dal 2000 al 2009, secondo i dati forniti da altre ricerche, gli studenti italiani che riferiscono di investire in giochi in cui si vincono o perdono soldi passano dal 39 per cento a oltre il 50 per cento.
Come dicevo, i costi sociali di queste attività, anche a seguito della campagna di avvicinamento al gioco effettuata mediante la pubblicità e l'informazione su dove e come è possibile giocare, sono enormi. Le ricadute sui percorsi di vita dei soggetti che diventano dipendenti in modo patologico sono anch'esse molto pesanti. Ulteriori ricerche dimostrano, infatti, che i dipendenti da gioco sono molto più a rischio di depressione e suicidio della media e hanno maggiore esperienza in fatto di arresti e di bancarotta nonché maggiore esposizione - molti amministratori mi hanno chiesto di rappresentare alla vostra attenzione questo problema in particolare - al rischio dell'usura rispetto ad altre fasce della popolazione, soprattutto quelle che non hanno mai giocato.
Gli osservatori che stanno sorgendo a livello territoriale attraverso i servizi per le dipendenze (SERD) ci forniscono un'indicazione in termini di disgregazione delle famiglie. Si stima che oggi in Italia l'abitudine al gioco e la sua dimensione patologica siano causa di separazione, in virtù dei debiti contratti da uno dei coniugi, nell'8 per cento circa dei casi.
I risvolti di carattere sociale ricadono sui servizi comunali. Molti soggetti con problemi legati al gioco presentano richiesta di accesso a prestazioni economiche erogate dai nostri servizi sociali. Un tema molto rilevante, riconosciuto anche dal Ministro Balduzzi in alcune dichiarazioni dello scorso mese di marzo, è quello della possibilità di considerare il gioco d'azzardo patologico come una malattia e inserirlo tra i livelli essenziali di assistenza (LEA). Questo tipo di dipendenza in altre realtà europee, quali la Francia, la Spagna, la Svizzera e la Germania, rientra già tra le casistiche che prevedono l'assistenza sanitaria.
Sulla base delle nostre valutazioni e delle esperienze che abbiamo maturato non all'interno di un inquadramento nazionale, bensì sulla scorta di iniziative e progetti avviati a livello locale dai comuni o dai servizi socio-sanitari, spesso in collaborazione tra loro, crediamo che innanzitutto vi sia l'esigenza di procedere alla definizione di una legge quadro sul gioco d'azzardo che potenzi le funzioni e le competenze dei comuni, travalicando l'aspetto della sicurezza e dell'ordine pubblico, al fine di tutelare in maniera più efficace i soggetti vulnerabili.
Pensiamo che la legge possa prevedere attività di prevenzione delle forme di gioco cosiddetto compulsivo, così da evitare effetti pregiudiziali per il contesto urbano, la mobilità e la quiete pubblica, come indicato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 300 del 10 novembre 2011. Crediamo inoltre che potrebbero essere potenziati i poteri sanzionatori in capo ai comuni, attribuendo ad essi parte dei proventi delle sanzioni amministrative affinché siano indirizzati prioritariamente o in via esclusiva agli interventi e ai progetti tesi alla prevenzione e al recupero dei soggetti affetti da ludopatia.
Crediamo soprattutto che la legge quadro sia necessaria per evitare che i comuni, facendosi carico di una situazione che crea forte disagio sociale nelle rispettive comunità, procedano attraverso iniziative lodevoli sotto il profilo dell'obiettivo che si pongono, ma passibili di eccezioni di legittimità, come è stato nel caso di Verbania. Oltre ad aver assunto rilevanza nazionale, quell'episodio è stato oggetto di una lettera che il presidente dell'Associazione dei comuni ha inviato ai


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Ministri Cancellieri e Passera, i quali hanno garantito l'impegno ad affrontare il problema.
Rilevante da questo punto di vista è la possibilità di attribuire ai sindaci un potere di regolamentazione degli orari di apertura degli esercizi oppure del funzionamento degli apparecchi da gioco. Siamo consapevoli che la direzione presa è orientata nel senso della liberalizzazione. Possiamo esprimere le nostre valutazioni e i nostri giudizi, ma è legge dello Stato e a essa facciamo riferimento. Crediamo, però, che la previsione di un intervento da parte dei comuni in termini di regolamentazione degli orari o di ubicazione delle strutture, con particolare attenzione all'ordine pubblico e alla vicinanza a luoghi sensibili, come scuole o centri di aggregazione giovanile, meriti una specifica considerazione da parte del legislatore. Ribadisco che tale sottolineatura è stata formulata anche dalla Corte costituzionale nella sentenza che ho richiamato poco fa.
Le altre nostre proposte sono condivise anche da alcuni dei soggetti che avete già audito o che saranno auditi nelle prossime settimane. La prima riguarda la pubblicità. Se, come credo, non è possibile vietare la pubblicità sul gioco d'azzardo legale, si dovrebbe intervenire per limitarla, controllarla e regolamentarla in modo più rigoroso, facendo in modo che essa non sia ingannevole e che sia accompagnata, così come si fa in altri casi, dall'indicazione dei rischi legati al gioco. La seconda proposta è quella di coinvolgere gli esercenti in iniziative di formazione per promuovere azioni mirate alla prevenzione degli eccessi nel gioco d'azzardo.
Dal nostro punto di vista, questi sono gli aspetti che meritano maggiore attenzione da parte dalla Commissione e del Parlamento, oltre all'esigenza di sostenere l'azione che viene condotta a livello territoriale. Ancora oggi il fenomeno non è perfettamente conosciuto. Noi non siamo in grado di stimare la dimensione delle ricadute del gioco patologico sui servizi sociali comunali, ma siamo in grado di rappresentare il disagio reale che il gioco può produrre in termini di tenuta sociale, di coesione delle famiglie e di rischi a cui le fasce deboli della popolazione sono esposte.

PRESIDENTE. Ringrazio il sindaco Guerini e do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

ANNA MARGHERITA MIOTTO. Ringrazio molto per le osservazioni che l'ANCI, attraverso il sindaco Guerini, ci ha fatto pervenire.
In Aula a breve potrà esserci la discussione su una mozione, ma credo che in questo spicchio di legislatura ci sia ancora la possibilità di introdurre nuove norme per regolare questo importante ambito di attività private, che comportano però conseguenze molto rilevanti sul versante sociale e che hanno collegamenti, talvolta opachi, con settori economici non del tutto trasparenti.
Anche se non si può fare di tutta l'erba un fascio, credo che tale ambito abbia bisogno di una regolamentazione. In questo senso siamo tranquilli perché non si tratterebbe di lesa maestà nei confronti dei princìpi di liberalizzazione tanto cari a questa fase politica. Le liberalizzazioni sono funzionali a un maggiore dinamismo del mercato e a una diminuzione dei costi per i consumatori. In questo caso penso che dovremmo tendere all'obiettivo esattamente opposto perché le conseguenze, quando si incrocia la patologia, sono drammatiche. Nessuno pensa di ridurre il gioco; l'intenzione è piuttosto quella di ridurre la patologia o di evitare che si arrivi a quel limite.
Mi pare che le proposte avanzate dall'ANCI puntino a richiedere nuove competenze per i comuni. Condivido questa esigenza perché l'esperienza di Verbania insegna. Penso che sia assolutamente necessario attribuire competenze ai comuni in questo campo: lo si è fatto in passato per barbieri e parrucchieri, lo si deve fare a maggior ragione in questo caso.
Le vostre proposte riguardano anche le sanzioni. Io sono d'accordo anche su questo.


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Oggi le autorizzazioni sono rilasciate dall'Amministrazione dei monopoli di Stato, ma questa autorizzazione a priori dovrebbe essere sottoposta a un'autorizzazione comunale.
Le chiedo, quindi, di sapere quali competenze ha il comune. Sono totalmente nulle sia sul versante delle sanzioni amministrative sia sul versante, ad esempio, della regolamentazione degli orari? Vorrei capire qual è il limite perché è evidente che, a partire da questo, si possono individuare ulteriori compiti da affidare ai comuni. Come lei ha detto, sindaco, questo è compito di una legge quadro.
Per quanto riguarda la prevenzione, entriamo nell'ambito dell'integrazione socio-sanitaria. Nel campo delle dipendenze, la prevenzione è una competenza tutta sanitaria che appartiene ai SERD. La prevenzione finora godeva di finanziamenti ad hoc nell'ambito delle dipendenze. È evidente che la vostra sollecitazione è utile su entrambi i versanti. La prevenzione delle dipendenze va svolta a carico del Sistema sanitario nazionale con un livello essenziale di assistenza. Occorre però anche una prevenzione secondaria con il coinvolgimento di tutte le agenzie educative perché, prima ancora che una patologia, è un problema di costumi e di comportamenti che si stanno diffondendo e per i quali la pubblicità gioca un ruolo importante. Ma credo che abbiamo le idee abbastanza chiare sui danni che essa ha provocato.

LUCIO BARANI. In linea teorica, non si può non condividere quanto detto dal rappresentante dell'ANCI, ma in pratica non è così. Ho avuto la sfortuna o la fortuna di fare il sindaco per vent'anni e i sindaci italiani non la pensano così. I sindaci in Italia vogliono aprire. Tabaccai ed esercenti chiedono al sindaco di intervenire sui Monopoli di Stato per aumentare le possibilità di giocare e i sindaci si attivano in tale direzione. Lo facevo io, come tutti. Perché comprare le sigarette o giocare nel paese vicino, quando per un bar, ad esempio, questa è una fonte di guadagno e di reddito? Io starei attento, in un'eventuale legge quadro, a demandare la competenza solo ai sindaci perché significherebbe non poter più intervenire e non sempre le programmazioni relative al numero di esercizi in cui poter giocare sono coscienti e consapevoli.
I comuni possono già intervenire sugli orari di apertura degli esercizi pubblici perché questa è materia esclusiva. Il sindaco può fare aprire la domenica, può far saltare il turno di riposo settimanale nelle zone turistiche e può fare aprire addirittura di notte. Non è nemmeno vero che i sindaci non possano incidere da un punto di vista sanitario perché comunque detengono l'autorità in materia sanitaria.
Comprendo la critica ma il sindaco non può continuare a cumulare competenze che poi non riesce a gestire. C'è al riguardo infatti la proposta di passare la competenza dai Monopoli ai sindaci, ma stiamo già affidando loro i piani urbanistici, i piani regolatori, i piani del commercio, i piani della viabilità. Non ce la fanno più! Sono umani, non Superman.
Ho molto apprezzato l'intervento del sindaco Guerini. Come si fa a non condividere quanto ci ha detto? La realtà, tuttavia, è completamente diversa perché i sindaci vengono tirati per la giacchetta affinché seguano una direzione o l'altra a seconda dell'interesse economico della zona.
Quello che stiamo valutando è la conseguenza dell'apertura selvaggia dei punti di gioco. Non si tratta solo delle macchinette, perché si gioca anche in altro modo. Al lotto e al Superenalotto, ad esempio, si gioca senza macchinette. La mia zona è stata particolarmente sfortunata perché la vincita colossale avvenuta a Bagnone, il comune confinante con quello di cui ero il sindaco, è stata deleteria. Le giocate sono decuplicate immediatamente e addirittura arrivavano da tutta Italia a giocare, nonostante le spese di viaggio, perché si diceva che fosse un posto estremamente fortunato.
La mia considerazione è che la realtà è molto più complessa. Noi abbiamo audito, tra le altre, la società che gestisce il 12,5 per cento dell'incasso. Si tratta di una


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percentuale del tetto e più il tetto si alza più quella società ci guadagna. In audizione i concessionari mi facevano pena perché dicevano quello che avremmo voluto sentire, ma sapevamo che il loro obiettivo è ben diverso.
Un collega avrebbe voluto interloquire con il responsabile del marketing, che ovviamente non era presente. Quel professionista ha raggiunto tutti gli obiettivi e sarebbe da premiare in termini salariali. Ha realizzato una pubblicità, dal nostro punto di vista negativa, ma dal punto di vista di chi si spartisce il 12,5 per cento degli incassi ampiamente azzeccata, visto che con quella pubblicità le entrate sono quasi raddoppiate.
Le società che gestiscono il lotto ci hanno detto che applicano le leggi. Cosa possiamo rispondere a questo? Non credo che possiamo dare ai comuni anche questa responsabilità. Bisogna cercare un punto di equilibrio perché altrimenti creeremmo anche il turismo del gioco d'azzardo, dai comuni che lo vietano verso quelli che lo permettono. Ai costi del gioco si sommerebbero i costi della trasferta e una zona si impoverirebbe e vantaggio di un'altra.
Io non ho una soluzione né una domanda per l'ANCI. Ci auguriamo che il documento che sarà predisposto al termine di quest'indagine conoscitiva induca il Governo a predisporre delle regole, anche se non so che in che modo o dove possano essere inserite, al fine di trovare il giusto equilibrio. Le amministrazioni potranno aiutare a interpretarle, ma non possiamo certo responsabilizzarle in toto.
Non possiamo demandare ai livelli periferici questa prerogativa, di cui fino ad ora lo Stato ha detenuto il monopolio. Rischieremmo che per ognuno degli 8.101 comuni d'Italia si venga a creare una situazione diversa. Abbiamo visto che nella sanità, con appena ventuno regioni, non c'è né uguaglianza né uniformità. Con 8.101 soggetti sarebbe ancora peggio.
Condivido nella sostanza le posizioni dell'ANCI, ma so che nel merito i sindaci, hanno idee molto diverse tra loro.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO CICCIOLI

LUCIANA PEDOTO. Ringrazio l'ANCI per la sua relazione. Se ho ben capito, i comuni allo stato non possono fare niente e hanno invece individuato nella legge quadro uno strumento valido per poter intervenire. Evidentemente l'avranno valutato con attenzione e quindi ho idea che potrebbe essere davvero uno strumento efficace.
Voi chiedete una legge quadro sul gioco d'azzardo che, potenziando l'azione dei comuni in termini di prevenzione, di sanzione e di presa in carico, vi consenta di procedere nella stessa direzione in cui stanno cercando di andare i membri di questa Commissione. A questo proposito le chiedo quante possibilità ci sono che questa legge quadro vada esclusivamente nella direzione che noi auspichiamo, cioè restrittiva.
Non vorremmo che un sindaco, o per via delle liberalizzazioni o per ciò che diceva prima il collega Barani o perché cede alle lusinghe delle sirene di qualche concessionario o attività commerciale, possa prendere iniziative per il suo comune contrarie ai nostri desiderata.

PRESIDENTE. Do la parola al sindaco Guerini per la replica.

LORENZO GUERINI, Sindaco di Lodi, delegato ANCI al welfare. Vi ringrazio per le domande che avete posto perché aiutano a comprendere meglio alcuni aspetti legati alla competenza dei comuni e al loro ruolo.
Noi siamo molto interessati al tema perché dobbiamo confrontarci con le sue ricadute sociali. Le politiche di attenzione alle conseguenze negative del gioco sono poste in carico ai comuni. Le famiglie in difficoltà, le persone che varcano la soglia della povertà perché soggette a comportamenti compulsivi rispetto al gioco si rivolgono ai servizi comunali, che in questo momento mettono in campo soprattutto politiche di intervento di carattere economico.


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I servizi per le dipendenze possono svolgere un ruolo importante, ma la nostra esperienza ci dice che la realtà è molto diversificata perché, come dicevo, la patologia non è riconosciuta e le azioni prodotte sono condizionate dall'attenzione che il singolo servizio territoriale dedica alle situazioni specifiche. Non c'è una lettura univoca sul territorio nazionale.
Per quanto riguarda gli orari, vorrei essere molto chiaro. I sindaci possono intervenire sugli orari dei pubblici esercizi, ma in maniera generale. Non possiamo procedere diversificando gli orari, se non in situazioni particolari e attraverso ordinanze che devono avere caratteristiche di contingibilità e urgenza e resistere agli eventuali rilievi di legittimità. Noi chiediamo al legislatore di prestare attenzione al problema perché riteniamo che tale fenomeno meriti una disciplina specifica, che ci consenta di intervenire sia sugli orari al di fuori dalla regolamentazione generale sia sull'ubicazione. In termini di ubicazione non abbiamo a oggi alcuna potestà. Se ad esempio, un'attività di questo tipo si insedia a pochi metri da una scuola, non possiamo intervenire. La casistica richiamata dal comune di Verbania a questo proposito è lampante.
Vorremmo sapere dal legislatore se ritiene che l'interesse primario da tutelare sia lo svolgimento di un'attività economica, nel rispetto del principio di libertà e concorrenza assoluta, o se invece l'interesse primario sia quello di ridurre la vulnerabilità delle fasce più deboli, in particolar modo i giovani studenti.
Per rispondere alla domanda dell'onorevole Pedoto, questa legge potrebbe anche peggiorare la situazione. Dipenderà dall'obiettivo che si prefiggerà il legislatore. Io rappresento la posizione dell'ANCI. Nel momento in cui assumiamo una posizione facciamo in modo che sia la più condivisa possibile. Ogni sindaco è libero di fare ciò che ritiene più opportuno, ma oggi la valutazione preminente dei comuni italiani rispetto a questo fenomeno è di preoccupazione.
Di norma il gioco è accessibile all'interno dei pubblici esercizi, i quali pagano le imposte che sono dovute. Che tale attività si svolga o meno, i comuni non sono beneficiari o destinatari di un euro in più. Siamo invece destinatari degli effetti negativi, soprattutto dal lato delle risorse che mettiamo in campo. Rispondendo alla sollecitazione dell'onorevole Miotto, devo dire che le risorse impiegate per le campagne di sensibilizzazione con le agenzie educative sono risorse comunali. Nel comune di Lodi abbiamo condotto una campagna di sensibilizzazione in collaborazione con il servizio per le dipendenze dell'ASL, utilizzando risorse comunali e coinvolgendo gli studenti per segnalare loro rischi e problematiche.
Come ripeto, siamo coinvolti solo per le ricadute negative del fenomeno. Il legislatore, come è giusto che sia, ha la facoltà e la responsabilità di valutare se una legge possa rispondere all'obiettivo primario, qualora sia condiviso, di tutelare le fasce deboli della popolazione e prevenire quei fenomeni di disgregazione sociale che il gioco, ancorché attività legittima, può produrre.
Non si tratta di vietare il gioco, ma di regolamentarlo garantendo ai più deboli gli strumenti di difesa e di conoscenza di cui oggi non dispongono.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIUSEPPE PALUMBO

LUCIO BARANI. C'è un tema che può essere assimilato a quello del gioco: mi riferisco all'eccesso di velocità. Un tempo era prerogativa solo della Polizia di Stato, poi l'autovelox è stato affidato ai sindaci. Io sono stato il primo a sostenere una campagna di sensibilizzazione in tal senso. Per farla breve, il 30 per cento delle mie entrate a bilancio proveniva dalle multe per eccesso di velocità. Tutti i miei colleghi hanno fatto altrettanto, compresa l'ANCI che ci rappresentava.
L'autovelox è una forma di «vessazione»; serve a fare cassa. Equitalia agisce pignorando l'automobile o gli appartamenti. Siamo un po' fuori tema, ma in tanti campi arriviamo a generare nuove


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povertà per fare cassa. La pubblica amministrazione poi reinveste queste risorse. È un circolo vizioso e, come si dice, non si sa se sia nato prima l'uovo o la gallina.
I sindaci chiedono una legge quadro, ma se stabilissimo che i comuni incamerano un euro per giocatore sarebbe la fine.

PRESIDENTE. Ringrazio tutti gli intervenuti.
Mi meraviglio sempre di una cosa. Anche l'ANCI ha presentato la tabella che mostra come il numero dei giocatori aumenti, mentre gli incassi sono sempre stazionari. È un cane che si morde la coda. Il sindaco Guerini ci ha detto giustamente che le persone devono essere assistite. Se prima i giocatori erano 500.000 e i patologici erano 100.000, ora che i giocatori sono 1.700.000 quelli patologici sono 800.000. I comuni devono garantire l'assistenza per questa patologia e aiutare economicamente le famiglie di questi poveri disgraziati.
Non riesco ancora a capire come sia possibile che la platea dei giocatori aumenti e gli incassi siano sempre gli stessi. È strano. Ci viene detto che i comuni non ci guadagnano niente. Io non lo so perché non ho fatto mai il sindaco, ma a quanto pare va tutto ai rivenditori e ai concessionari. Sarebbe improponibile, ma lo Stato, visto l'aumento delle giocate, potrebbe accordare di non far pagare le tasse in tutti i comuni, come accadde in quelli in cui aprirono i primi casinò. Dal punto di vista etico lo potremmo giudicare non positivamente, ma tuttavia non è così.
Bisogna darsi delle regole precise. Io ho una mia idea personale. Questo aumento diffuso del gioco è gravissimo e crea sempre più dipendenza. Forse erano meglio i vecchi casinò perché perlomeno consentivano di controllare chi entrava e chi usciva. Si può essere d'accordo o meno, ma la mia idea personale è che si trattasse di luoghi più controllati. La diffusione del gioco - non parliamo della dimensione on line - ha invece determinato un'assenza di controllo e il problema ci sta sfuggendo di mano, con tutti i danni di cui abbiamo sentito parlare nelle audizioni. Speriamo di poter fare qualcosa di utile.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,10.

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