Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

Cerca nel sito

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Per visualizzare il contenuto multimediale è necessario installare il Flash Player Adobe e abilitare il javascript

Strumento di esplorazione della sezione Lavori Digitando almeno un carattere nel campo si ottengono uno o più risultati con relativo collegamento, il tempo di risposta dipende dal numero dei risultati trovati e dal processore e navigatore in uso.

salta l'esplora

Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

Torna all'elenco delle indagini Torna all'elenco delle sedute
Commissione XII
9.
Mercoledì 9 maggio 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Palumbo Giuseppe, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SUGLI ASPETTI SOCIALI E SANITARI DELLA DIPENDENZA DAL GIOCO D'AZZARDO

Audizione di rappresentanti della Conferenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano:

Palumbo Giuseppe, Presidente ... 3 5 9 10 11
Binetti Paola (UdCpTP) ... 8
Lusenti Carlo, Assessore alle politiche per la salute della regione Emilia-Romagna ... 3 9 10
Miotto Anna Margherita (PD) ... 7 10
Mosella Donato Renato (Misto-ApI) ... 8
Patarino Carmine Santo (FLpTP) ... 6
Rambaudi Lorena, Assessore alle politiche sociali della regione Liguria e coordinatrice della commissione affari sociali della Conferenza delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano ... 5
Sarubbi Andrea (PD) ... 6
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA.

COMMISSIONE XII
AFFARI SOCIALI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 9 maggio 2012


Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIUSEPPE PALUMBO

La seduta comincia alle 12,20.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti della Conferenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nel contesto dell'indagine conoscitiva sugli aspetti sociali e sanitari della dipendenza dal gioco d'azzardo, l'audizione di rappresentanti delle Conferenza delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano.
Nel dare il benvenuto di tutta la Commissione ai nostri ospiti, ricordo che sono presenti: la dottoressa Lorena Rambaudi, assessore alle politiche sociali della regione Liguria e coordinatrice della commissione affari sociali della Conferenza delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano, il dottor Carlo Lusenti, assessore alle politiche per la salute della regione Emilia-Romagna, la dottoressa Anna Banchero, coordinatrice tecnica della commissione affari sociali della Conferenza delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano, la dottoressa Mila Ferri, responsabile del servizio salute mentale, dipendenze patologiche, salute nelle carceri della regione Emilia-Romagna, il dottor Paolo Alessandrini, dirigente responsabile dei rapporti con il Parlamento della segreteria della Conferenza delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano e la dottoressa Emanuela Cafferata della regione Lombardia.
Do, quindi, la parola ai nostri ospiti per la relazione.

CARLO LUSENTI, Assessore alle politiche per la salute della regione Emilia-Romagna. Buongiorno e grazie per averci invitato.
Lasceremo agli atti il documento, approvato all'unanimità dalla Conferenza dei presidenti, dove sono sintetizzate la posizione istituzionale e le proposte che la Conferenza ritiene di formulare riguardo al tema oggetto dell'audizione odierna. Essendo a conoscenza del percorso di audizioni svolte e delle informazioni già molto complete e articolate che la Commissione affari sociali della Camera possiede, mi limiterò ad alcune osservazioni sintetiche e richiamerò le conclusioni e le proposte del documento della Conferenza.
Come noto, il fenomeno del gioco ha dimensioni talmente rilevanti che, se valutato dal punto di vista del fatturato - 80 miliardi di euro nel 2011 -, risulta essere la terza industria del Paese. Se il trend di crescita del fatturato sarà lo stesso degli ultimi anni - 47 per cento di crescita dal 2009 al 2011 -, nei prossimi due anni supererà il valore del Fondo sanitario nazionale, che attualmente è di 106 miliardi. Nella graduatoria internazionale l'Italia si colloca nelle posizioni di testa con una spesa pro capite che nel 2011 è


Pag. 4

stata, per i cittadini maggiorenni, di circa 1.700 euro, circa il triplo di quella dei Paesi europei con i quali siamo abituati a confrontarci.
È quindi un fenomeno economicamente rilevantissimo, dal quale però lo Stato deriva entrate molto modeste - solo 9 miliardi di euro su 80 nel 2011 - e che lo Stato promuove affidando ambigue campagne pubblicitarie all'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS). Con il fine di trasmettere il messaggio del gioco responsabile, in realtà si promuove il gioco in quanto tale soprattutto tra le giovani generazioni. Tutto questo produce conseguenze sociali e di ordine pubblico e conseguenze rilevantissime di ordine sanitario. Su queste vorrei sinteticamente concentrare il mio intervento.
La dipendenza patologica da gioco d'azzardo è una diagnosi riconosciuta dall'Organizzazione mondiale della sanità fin dagli anni Ottanta. È classificata all'interno del manuale di riferimento, il DSM IV, come una diagnosi dai connotati chiarissimi. Non stiamo parlando di un astratto giudizio soggettivo o di una valutazione di tipo morale. Stiamo parlando di una patologia.
I dati di uno studio del CNR rilevano, in rapporto al numero complessivo di giocatori, classificati per vari livelli di intensità di gioco, una platea potenziale di cittadini affetti da tale patologia pari a 800.000 unità. Facendo un paragone per avere la dimensione del fenomeno, i cittadini seguiti dai servizi per dipendenze da sostanze sono attualmente 390.000. Il dato è destinato a crescere nei prossimi anni perché i sintomi della dipendenza patologica da gioco d'azzardo si manifestano dopo alcuni anni di gioco progressivamente più compulsivo. Dal punto di vista sanitario ci sono, quindi, tutte le condizioni prodromiche per considerare il problema e le modalità con cui si manifesterà nei prossimi anni con grandissima preoccupazione e attenzione.
Questo aspetto di ordine sanitario produce un effetto ulteriormente paradossale e grave. Da un lato è lo Stato a promuovere il gioco, al punto tale da avere ottenuto risultati che nessun Paese al mondo raggiunge. Promuovendo il gioco, lo Stato promuove di fatto un'epidemia sociale di dipendenza patologica. Da questa scelta e da questa prassi non deriva un vantaggio consistente o paragonabile al fatturato complessivo, bensì un notevole carico sociale.
Cito solo un dato. Nella mia regione, che ha 4,5 milioni di abitanti, mille persone sono seguite dai servizi a titolo gratuito. L'onere di curare questa patologia indotta dallo Stato attraverso le sue scelte ricade, infatti, completamente sulle regioni. Il cortocircuito si completa con il fatto che l'assistenza ai cittadini colpiti da questo chiaro quadro patologico, a seguito dell'induzione al gioco così estesa e massiccia da parte dello Stato, non è finanziata in alcun modo.
Il fenomeno richiede un'attenzione puntuale, approfondita e continua, quale quella che la vostra Commissione gli sta dedicando da tempo. Noi proponiamo di focalizzarsi su alcuni aspetti, come indicato nel documento approvato dalla Conferenza delle regioni. Innanzitutto, occorre sostenere azioni preventive ed educative, non certamente come quelle promosse dalla campagna dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. In secondo luogo, chiediamo di sostenere le regioni, che già oggi erogano assistenza e danno risposta a questi bisogni.
Sarebbe poi necessario limitare la pubblicità del gioco d'azzardo, replicando la scelta assai oculata che a suo tempo riguardò il fumo di tabacco, e considerare l'introduzione della prevenzione, dell'assistenza e della riabilitazione dei pazienti affetti da questa patologia nell'ambito della revisione più complessiva dei livelli essenziali di assistenza (LEA), prevedendo anche il finanziamento di questo nuovo livello assistenziale.
Tutti questi obiettivi puntuali, ma ancora di livello generale, potrebbero essere agganciati a un'attività di livello istituzionale, riattivando i lavori sullo schema di decreto interdirigenziale del Ministero della salute e dell'AAMS, da elaborare d'intesa con la Conferenza unificata, concernente


Pag. 5

le linee d'azione per la prevenzione, il contrasto e il recupero dei fenomeni di ludopatia conseguente a gioco compulsivo. L'elaborazione di tale documento è stata definita dalla legge di stabilità per il 2011, ma i lavori sono attualmente sospesi sulla base di una scelta compiuta dal Governo.
Quella potrebbe essere la sede per affrontare il fenomeno, se non sistematicamente, almeno in tempi brevi e dare alcune risposte utili ai cittadini.

LORENA RAMBAUDI, Assessore alle politiche sociali della regione Liguria e coordinatrice della commissione affari sociali della Conferenza delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano. Buongiorno a tutti. Abbiamo condiviso con i colleghi della Commissione affari sociali il documento che è stato proposto alla Conferenza dei presidenti e quindi non ripeterò quanto il collega ha già rappresentato in modo esauriente.
In qualità di assessori alle politiche sociali, riteniamo che questo come altri fenomeni richieda l'integrazione degli interventi della parte sociale e della parte sanitaria sia nella fase importantissima della prevenzione sia in quella della rieducazione e del reinserimento. Per parte sociale intendo le politiche dei servizi sociali, la scuola e i settori che hanno a che fare con i giovani e con le politiche giovanili, ma non solo.
Noi poniamo giustamente l'attenzione sulle fasce giovanili, ma sappiamo che il fenomeno è diffuso trasversalmente a tutte le età. Stanno anzi aumentando le persone anziane che, in virtù della situazione di crisi così difficile, tentano di recuperare attraverso il gioco qualche risorsa per il loro sostentamento, depauperando così i pochi redditi da pensione. Il fenomeno non riguarda quindi solo i giovani, ma la nostra attenzione verso di loro è particolare.
Colgo l'occasione offerta dalla vostra Commissione per ribadire la grande difficoltà in cui i servizi e le politiche sociali si trovano a operare in questo momento. Ieri abbiamo appreso da una comunicazione per ora solo verbale che il fondo sociale, quest'anno già ridotto ai minimi termini, con una dotazione di 70 milioni di euro per le competenze del Ministero della salute e delle regioni di tutta Italia, verrà ulteriormente decurtato dal Ministero dell'economia e delle finanze di 25 milioni per la parte riguardante le regioni. Ne deriva che la dotazione del fondo sociale sarà di poco più di 10 milioni di euro.
Pensare che in questo Paese le politiche sociali di supporto alle persone e alle famiglie fragili, in un momento di crisi e di difficoltà economica, si possano sostenere con 10 milioni di euro con riferimento a tutta l'Italia credo sia impossibile. Come assessori regionali siamo molto preoccupati. Essendo a contatto con i comuni, che sono gli enti che svolgono un'attività «di sportello» e tutti i giorni ricevono richieste da parte dei cittadini per bisogni sempre crescenti, sappiamo che non riescono più a garantire un minimo sistema di servizi - non dico a implementarlo - per tutta una serie di problematiche nuove, come quella del gioco d'azzardo.
Questa è una problematica più recente, che ha avuto un andamento esplosivo anche in termini numerici. Non riuscendo nemmeno a mantenere i servizi storici tradizionali, è difficile investire sui progetti nuove risorse professionali e finanziarie, benché sia assolutamente indispensabile.
Anche noi vogliamo sottolineare l'aspetto della comunicazione perché sappiamo bene che il lavoro prezioso che gli operatori svolgono a contatto con i giovani e nelle scuole viene facilmente distrutto da campagne mediatiche capaci di attirare l'attenzione. Il lavoro che con fatica i servizi fanno insieme a operatori e insegnanti di buona volontà viene vanificato dalle campagne mediatiche.
Per questo mi associo a quanto ha già detto il collega.

PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi e do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.


Pag. 6

CARMINE SANTO PATARINO. Ringrazio i gentilissimi ospiti per la completezza del quadro che ci hanno offerto, un quadro che ancora una volta, come già nelle scorse settimane, ci viene mostrato essere drammatico e interessare gran parte della nostra popolazione.
Il fenomeno è ancora più grave perché ormai è acclarato che l'Italia è ai primi posti per quanto riguarda questo dramma. È stato detto dal dottor Lusenti che il giro d'affari è di 80 miliardi di euro e che si tratta della terza impresa nazionale. Di questi 80 miliardi soltanto 9 finirebbero nelle casse dello Stato, e nemmeno definitivamente perché, se non ho capito male, vengono reinvestiti nella pubblicità, una pubblicità ad effetto contrario. Mentre, infatti, in un Paese civile si dovrebbe fare pubblicità per limitare o addirittura evitare certi sistemi, noi invece incoraggiamo a giocare persone di qualsiasi età. Nessuno controlla i luoghi in cui si gioca. Non sono soltanto gli adulti a giocare, ma anche i ragazzi al di sotto dei diciotto anni. Mancano i controlli che sarebbero necessari.
Pongo una domanda ai nostri ospiti, che sono persone qualificate e hanno affrontato e stanno approfondendo il problema con passione. Se il giro d'affari di 80 miliardi riguarda lo Stato solo in una misura inferiore al 10 per cento, dove vanno a finire questi soldi? Chi lavora nel settore ne ricava un reddito. Dobbiamo pensare anche a loro. Se venisse a mancare questa attività economica, le persone che lavorano presso questa «azienda» andrebbero incontro a difficoltà sociali ed economiche. Però mi chiedo quanti siano gli operatori che vivono legalmente grazie a questa grande azienda. Io temo che siano molto pochi coloro i quali guadagnano tanto e tantissimi coloro i quali guadagnano poco. Questo è il mio dubbio.
Ci sono delle risorse che arrivano allo Stato e con cui lo Stato finanzia la pubblicità. Ma lo Stato dovrebbe trovare le risorse che servono a sostenere le famiglie, a far fronte alle spese per le strutture e per le terapie a cui sono indotti i cittadini che si trovano in queste situazioni di grande difficoltà. Poi ci sono i tanti drammi che sfuggono a un'analisi precisa fatta di numeri: famiglie che vedono definitivamente conclusa la propria esistenza, suicidi e tanti fallimenti che si aggiungono ai già gravi problemi di carattere economico.
Vorrei porre una domanda provocatoria: se eliminassimo il gioco d'azzardo, che cosa accadrebbe? Concludo con questa provocazione. Quanti danni farebbe lo Stato se impedisse a chiunque di giocare, atteso che il gioco non è una necessità per nessuno? Il gioco è interessante e bello quando si limita a essere un gioco e ha una certa finalità. Se diventa un problema, un dramma e spesso anche una tragedia, qualsiasi Stato civile dovrebbe cominciare a porsi la domanda se non sia il caso di eliminarlo.
Quando si parla del cosiddetto calcioscommesse, si viene a conoscenza di fatti gravissimi. Ingenuamente mi sono chiesto se si potrebbero evitare questi problemi nel contesto di uno sport che affascina e appassiona milioni e milioni di persone, sottraendolo alle scommesse illegali.

ANDREA SARUBBI. Avrei solo una domanda per gli auditi.
Vorrei sapere se, in base alla vostra esperienza, questa patologia deriva soltanto da giochi di fortuna, come il Superenalotto o le slot machine, o anche da giochi di abilità, quali possono essere le scommesse sportive. Indovinare, ad esempio, quale squadra di calcio vincerà la partita credo richieda un certo ragionamento. Vista la vostra esperienza, vorrei chiedervi se esistono delle dipendenze patologiche collegate ai giochi di abilità o se sono associate essenzialmente al gioco più meccanico legato alla fortuna. Anche questo per noi è importante perché in un'eventuale legge dovremo certamente distinguere tra giochi di abilità e giochi di fortuna.
Capire se in certi casi la dipendenza è completamente assente oppure no può essere importante.


Pag. 7

ANNA MARGHERITA MIOTTO. Anch'io ringrazio i rappresentanti delle regioni e gli assessori che sono intervenuti.
La descrizione fatta dal dottor Lusenti è coincidente, come ha detto il presidente Palumbo, con la visione del fenomeno che anche noi ci siamo formata dopo queste numerose audizioni. A dire il vero, accanto a queste dichiarazioni, non possiamo non registrare il fatto che la metà del Governo si è pronunciata con toni molto allarmati sulla diffusione del fenomeno.
È un fatto interessante perché attorno a questo tema c'è un'ampia sensibilità, che si è espressa con la presentazione di un numero davvero cospicuo di proposte di legge. Non c'è tema che abbia visto un'iniziativa legislativa così folta. Va molto oltre il numero dei gruppi presenti in Parlamento, quindi sono i singoli parlamentari ad aver presentato tali proposte. Ci sono poi decine di atti ispettivi, ordini del giorno e mozioni, alcune già approvate.
La nostra indagine conoscitiva ha l'ambizione di raccogliere questo lavoro e concluderlo con indicazioni più specifiche che dovrebbero impegnare il Governo a un'azione che il documento delle Regioni giustamente già intraprende. È un'azione positiva che anch'io mi sento di condividere. A questa constatazione voglio però aggiungere un'informazione e una preoccupazione.
Perché, dopo tutto questo gran parlare, non si è fatto nulla? Anzi, in queste settimane è stata autorizzata l'immissione sul mercato di nuovi giochi. Ne istituiscono uno quasi ogni giorno e si diffondono i giochi on line, dove le scommesse sono più difficili da individuare. Dovremo occuparci anche di questo aspetto del «gioco patologico», che è ciò di cui ci stiamo occupando in questa sede. Non ci stiamo occupando del gioco in sé e tanto meno vogliamo regolamentarlo. È il «gioco patologico» che ci preoccupa.
Perché non si è fatto nulla? In verità ce ne dovremmo occupare noi, ma c'è una equiordinazione dei livelli istituzionali, e anche le regioni secondo me non possono sfuggire a questo tema. Noi dobbiamo comporre due principi: la libera iniziativa e la libertà di scelta delle persone da un lato e la regolazione di un fenomeno che comporta danni alla salute dall'altro. In mezzo ci sono anche le misure della riduzione del danno. Comporre questi due principi, questi due orientamenti non è facile perché incontriamo e incontreremo una forte resistenza.
Vedo con preoccupazione che i lavori relativi allo schema di decreto concernente le linee d'azione per la prevenzione, il contrasto e il recupero dei fenomeni di ludopatia conseguente a gioco compulsivo sono sospesi. Poteva essere un primo utile avvio di regolamentazione del settore. Qui nasce la mia semplice domanda. Avete partecipato sicuramente, come regioni, alla stesura del provvedimento e quindi avete avuto modo di comprendere quali sono le resistenze, da dove provengono, se provengono dal dipartimento delle finanze, o da altri dipartimenti del Ministero dell'economia e delle finanze, perché servono soldi che non ci sono oppure se c'è la preoccupazione di perdere una parte delle entrate per colpa di misure potenzialmente dissuasive nei confronti della diffusione del gioco. Questa informazione, alla quale non potremo mai avere accesso per altra via, con il vostro aiuto potrebbe esserci utile.
La seconda questione è di natura ricognitiva. Abbiamo sentito dire che questa dipendenza va spesso di pari passo con altre dipendenze ed è vero, come è scritto nel vostro documento, che i servizi per le dipendenze (SERD) in alcune regioni italiane già si occupano, con iniziative che abbiamo molto apprezzato in sede di audizione, di contrastare fenomeni di dipendenza da gioco in persone già affette da dipendenza da alcol e altre condizioni di natura patologica.
Capisco che questo fenomeno non si possa descrivere sommariamente, ma, poiché alcune regioni hanno sviluppato esperienze assai significative, come vedete la loro distribuzione sul territorio nazionale? In Italia si gioca ovunque e i dipendenti da gioco sono ovunque. Il fenomeno è più o meno uniforme anche se le condizioni


Pag. 8

economiche sono assai diverse, ma le due questioni non sono sempre correlate, soprattutto se diversifichiamo i giocatori per età. Le iniziative di contrasto alle dipendenze, però, non sempre sono omogenee.
Le faccio questa domanda perché non sono del tutto certa che i SERD abbiano accumulato esperienze diverse sul territorio nazionale.

DONATO RENATO MOSELLA. Sarò rapidissimo.
Mi sembra ci sia sintonia perché, dalle parole che abbiamo sentito, siamo arrivati anche noi alle stesse conclusioni. Questo ci conforta e, come ha detto la collega che mi ha preceduto, si potrebbe stabilire un contatto molto più franco e diretto per capire se reciprocamente possiamo supportarci e scambiare informazioni utili al percorso che stiamo svolgendo.
Da ciò che abbiamo sentito in questi mesi, mi sembra di capire che le regioni siano arrivate prima. Chi più chi meno, le regioni hanno suonato per prime l'allarme sul «gioco patologico», avvertendo e correndo ai ripari nelle dovute proporzioni. Nel materiale che acquisiremo sarebbe utile trovare elementi relativi a buone pratiche o a decisioni assunte, anche in termini direttamente operativi, dalle regioni. Potrebbe tornarci utile conoscerle perché ci sono cose che noi intuiamo, ma che probabilmente sono già collaudate.
Questo ci farebbe guadagnare tempo nel lavoro che ci apprestiamo a svolgere.

PAOLA BINETTI. Ho due domande da porvi.
La prima è se siete in grado di dirci in quale proporzione la dipendenza dal gioco d'azzardo si rapporti alle dipendenze da assunzione di droghe, che sono quelle più caratteristiche dell'attenzione che si offre alle persone nei SERD. In questo ambito, anche per caso, avete potuto notare forme di contaminazione? Nel frequentare un unico contesto di polidipendenza potrebbe esserci anche un contagio emotivo. Mi riferisco a coloro che sono già stati diagnosticati come giocatori d'azzardo e sono stati inviati a un SERD per iniziare un processo di terapia.
Si è parlato di riduzione del danno, ma in questo caso specifico potremmo anche auspicare una vera e propria guarigione. Mentre il danno biologico da assunzione di droghe può lasciare una traccia, un graffio permanente, il danno da dipendenze senza assunzione di sostanze rappresenta anche una sfida intellettuale. Vorrei sapere se avete un'idea, anche semplicemente orientativa, della percentuale che rappresentano, rispetto all'universo dei pazienti che frequentano i SERD, le dipendenze da gioco d'azzardo. C'è infatti il sospetto che si tratti di un fenomeno sottostimato rispetto al SERD e cioè che questi pazienti in realtà non arrivino al SERD, ma ad altre forme di assistenza. È un primo problema.
Il secondo problema che non vorrei che sottovalutassimo, e che, usando un'espressione da corridoio, ci scandalizza, è proprio il ruolo che lo Stato esercita nella misura in cui diventa proponente. Prima che entraste, il presidente ha elencato i ministri interessati al tema e ne ha citati molti. Alcuni forse io non li avrei menzionati semplicemente perché non mi sarebbero venuti in mente, ma ne ha tralasciato uno che per me è essenziale, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Sono ancora molto colpita dal materiale che l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, cioè lo Stato, ha inviato alle scuole perché, come diceva prima l'assessore Rambaudi, rappresenta una vera captatio benevolentiae rispetto al gioco.
Credo che questa sia la vera prevenzione. Da un lato c'è quella che noi chiamiamo «medicina precoce», che non è ancora prevenzione. Significa semmai prevenire i danni successivi. Dall'altro c'è invece la prevenzione vera e propria, che è quella offerta dalla «formazione» e, a mio avviso, dalle culture giovanili. Mi riferisco alla prevenzione offerta dagli spazi, dalle opportunità e da iniziative di vario genere in cui i giovani si possono trovare. Potremmo anche dire che la frequentazione dei locali del bingo e cose di questo genere è strettamente proporzionale


Pag. 9

alla riduzione degli spazi di gioco libero, di cui i giovani potevano godere fino a un po' di tempo fa.
Quali sono, da questo punto di vista, le iniziative che i vostri assessorati all'istruzione e alla cultura intraprendono per bloccare con energia e determinazione iniziative volte invece a implementare queste forme di dipendenza?

PRESIDENTE. Vorrei aggiungere una mia domanda. La mia sensazione è che in molte regioni del Meridione, nonostante le licenze siano rilasciate dall'organo competente, le sale gioco e le strutture dove si attuano le scommesse siano gestite da persone non proprio limpide. In genere non è un professionista illuminato che gestisce una sala gioco o una sala di scommesse. Vorrei sapere se i rappresentanti delle regioni hanno la stessa sensazione e se questo influisce sul fenomeno patologico.
So bene che non parliamo di un illecito perché coloro che svolgono tale attività sono autorizzati a fare quello che fanno, ma la mia sensazione personale è che nella maggioranza dei casi chi gestisce punti di scommesse e sale gioco non è mai persona limpidissima. Non vorrei che sul fenomeno ci fosse anche un'influenza poco chiara, per non dire malavitosa.
Do ora la parola ai nostri ospiti per la replica.

CARLO LUSENTI, Assessore alle politiche per la salute della regione Emilia-Romagna. Provo a dare qualche risposta pur nella consapevolezza che non sarò completamente esaustivo, non solo per ragioni di tempo, ma anche perché è evidente a tutti che il fenomeno è misconosciuto. Nella migliore delle ipotesi vediamo la punta dell'iceberg. È un fenomeno di cui captiamo alcuni sintomi di superficie e di cui ci interessiamo in modo non organico sul territorio nazionale. Anche il quadro di lettura e di analisi epidemiologica è molto frammentario e poco affidabile.
Parto dall'ultima osservazione. Se consideriamo che tuttora il fatturato del gioco d'azzardo illegale in questo Paese è stimato intorno ai 40 miliardi e se consideriamo che, quando qualche comune ha tentato di regolamentare i requisiti dei gestori, ha perso davanti al TAR in nome della libertà di impresa, è del tutto evidente che esiste un terreno grigio in cui si scambiano le competenze. C'è una filiera che passa da una parte all'altra. Una mappatura, un'anagrafe, un albo dei gestori è di là da venire.
I miliardi che non vanno in tasse diventano utili delle società che gestiscono il gioco e in minima parte vincite. È un'industria molto redditizia e gli utili vengono reinvestiti. Paradossalmente è un fenomeno molto simile all'offerta che produce domanda. Anche volendo valorizzare l'aspetto occupazionale, non esistono dati affidabili o un censimento degli occupati. La filiera è molto grigia. Come si calcolano gli occupati dei bar che hanno videopoker o slot machine, delle società che gestiscono i giochi on line o delle società che gestiscono vari tipi di proposte nell'ambito del gioco d'azzardo? È un'occupazione poco quantificabile, ma soprattutto poco qualificata, sulla quale non investirei il futuro occupazionale del Paese.
L'onorevole Patarino chiedeva cosa succederebbe se si proibisse il gioco d'azzardo. Nelle nostre osservazioni non c'era alcuna volontà proibizionista. Va ricordato però che il gioco d'azzardo è disegnato dall'impianto della legislazione nazionale e dei codici civile e penale come un gioco su cui vale un divieto con riserva di permesso, una riserva di permesso che in questi anni è stata molto ampliata.
Riguardo al ruolo della fortuna e dell'abilità nella produzione di dipendenze posso fare due osservazioni. La prima è che, nel combinato disposto degli articoli del codice penale, del codice civile e del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, il gioco d'azzardo è identificato come il gioco in cui il risultato dipende totalmente o in modo prevalente dalla fortuna rispetto all'abilità e dove sul risultato si scommette denaro per vincere


Pag. 10

denaro. Il gioco d'azzardo è per definizione un gioco in cui l'azzardo prevale di gran lunga sull'abilità.
In base ai dati, di cui ribadisco il carattere frammentario e parziale, di cui possiamo disporre, i giochi che determinano più dipendenza e comportamento compulsivo sono i videopoker e le slot machine, quelli che all'interno dell'offerta complessiva dei giochi possiedono la componente di abilità minore e in cui tutto è lasciato all'alea e al caso.
La domanda che riguarda il difficile equilibro tra libera iniziativa, regolazione e riduzione del danno non ha una risposta precisa. Precisa è invece la ragione per cui si è bloccato il confronto tra la Conferenza e il Governo sulla definizione dello schema di decreto concernente le linee d'azione per la prevenzione, il contrasto e il recupero dei fenomeni di ludopatia conseguente a gioco compulsivo. La proposta delle regioni prevedeva di introdurre, come vige in Svizzera - nessun esempio astratto o proposta teorica, quindi - la destinazione dello 0,5 per cento del fatturato delle società che gestiscono i giochi a fini di prevenzione, cura e riabilitazione. Questo prelievo dello 0,5 per cento del fatturato complessivo è evidentemente percepito come un rischio di riduzione sia del fatturato sia della percentuale sulla quale insiste la tassazione.
Tale è la ragione per cui il confronto col Governo si è arenato.

ANNA MARGHERITA MIOTTO. Temevo che fosse questa la ragione. L'idea di curare i malati con una parte dei profitti innesta un processo pericoloso. Per curare i malati che il sistema produce si rischia, infatti, di incentivare la diffusione di nuovi giochi che permettano di trovare i soldi per finanziare i servizi.
Per essere chiari, potrei immaginare una proposta di questa natura se bisognasse farsi carico di curare un'epidemia che avrà una fine. Se invece trovo una modalità per finanziare i servizi, ho l'impressione che non risolviamo il problema. Capirei questa proposta solo se mi si dicesse che da domani il rischio di patologie si ridurrà drasticamente perché sono state messe in atto altre misure.
Ho l'impressione che quel testo, invece, si preoccupasse di raccattare quattro soldi, che chiaramente sono necessari.

PRESIDENTE. Secondo lei si stimolerebbe la crescita del gioco, ma degli 80 miliardi di fatturato solo 9 vanno allo Stato. I gestori dicono che il 75 per cento del rimanente va nelle vincite. È agli atti. In ogni caso rimane un 25 per cento, pari a circa 10 o 20 miliardi, che viene diviso fra coloro i quali gestiscono la filiera, a cominciare da chi vende le macchine. È quanto ci è stato detto qui.
In percentuale chi ci guadagna di meno è lo Stato. Come ha detto l'onorevole Patarino, anche se le giocate aumentano, il guadagno dello Stato non sale nella stessa percentuale della diffusione del gioco.

CARLO LUSENTI, Assessore alle politiche per la salute della regione Emilia-Romagna. In merito all'osservazione dell'onorevole Miotto vorrei dire che naturalmente la proposta era molto più articolata. Citavo questo elemento perché a noi è parso ostativo per il proseguimento del confronto. Un nodo c'è, anche se si può risolvere in vari modi. Il gioco d'azzardo produce una patologia e la patologia ha bisogno di un sistema di assistenza, riabilitazione e prevenzione che deve essere finanziato. Non può, come allo stato attuale, essere del tutto scaricato sui servizi.
Molto sinteticamente, dati epidemiologici sul fenomeno non ce ne sono, a parte lo studio del CNR che ho citato e che prevede per i prossimi anni una crescente diffusione della dipendenza patologica dal gioco d'azzardo, quantificata oggi in circa 800.000 unità, più del doppio dei pazienti seguiti per dipendenze da sostanze.
Censire il fenomeno non significa però avere il polso dei cittadini che afferiscono ai servizi. È vero che c'è timore, ritrosia a rivolgersi ai servizi, ma è vero anche


Pag. 11

che i servizi non sono per nulla accoglienti perché, non trattandosi di un LEA, non si stanno attrezzando ad accogliere e intercettare il bisogno. L'indicatore pazienti/servizi non è corrispondente alla diffusione del fenomeno.
Sicuramente consegneremo alla Commissione una raccolta di tutte le migliori pratiche assistenziali messe in campo dai servizi e dal privato sociale. Sono numerose, anche se distribuite a macchia di leopardo e poco organiche. All'interno dell'ulteriore relazione che vi forniremo possiamo anche richiamare le iniziative di formazione che sono state attivate in modo volontaristico e non programmato su base nazionale dagli operatori scolastici e dai servizi per andare incontro a un bisogno che tende, come è evidente, a crescere.

PRESIDENTE. Ringrazio tutti coloro che sono intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 13,10.

Consulta resoconti delle indagini conoscitive
Consulta gli elenchi delle indagini conoscitive