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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione XII
4.
Mercoledì 10 novembre 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Palumbo Giuseppe, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DELLE ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE C. 918 MARINELLO, C. 1353 LIVIA TURCO, C. 1513 PALUMBO, C. 1266 CONSIGLIO REGIONALE DEL PIEMONTE E C. 3303 LUCÀ, RECANTI «NORME PER LA TUTELA DEI DIRITTI DELLA PARTORIENTE, LA PROMOZIONE DEL PARTO FISIOLOGICO E LA SALVAGUARDIA DELLA SALUTE DEL NEONATO»

Audizione di rappresentanti della Società italiana di medicina perinatale (SIMP), di Cittadinanzattiva e dell'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie (Anfaa):

Palumbo Giuseppe, Presidente ... 3 10 11 13 14
Donzelli Giampaolo, Presidente della SIMP ... 4 13
Miotto Anna Margherita (PD) ... 11
Moccia Francesca, Coordinatrice nazionale del Tribunale per i diritti del malato ... 5
Tonizzo Alfrida, Consigliere nazionale dell'Anfaa ... 8
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Futuro e Libertà per l’Italia: FLI; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l’Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud Libertà e Autonomia, I Popolari di Italia Domani: Misto-Noi Sud-PID; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Repubblicani, Azionisti. Alleanza di Centro: Misto-RAAdC.

COMMISSIONE XII
AFFARI SOCIALI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 10 novembre 2010


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIUSEPPE PALUMBO

La seduta comincia alle 11,10.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti della Società italiana di medicina perinatale (SIMP), di Cittadinanzattiva e dell'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie (Anfaa).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nel contesto dell'indagine conoscitiva nell'ambito dell'esame delle abbinate proposte di legge proposte di legge C. 918 Marinello, C. 1353 Livia Turco, C. 1513 Palumbo, C. 1266 Consiglio regionale del Piemonte e C. 3303 Lucà, recanti «Norme per la tutela dei diritti della partoriente, la promozione del parto fisiologico e la salvaguardia della salute del neonato», l'audizione di rappresentanti della Società italiana di medicina perinatale (SIMP), di Cittadinanzattiva e dell'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie (Anfaa).
Nel dare il benvenuto mio e di tutta la Commissione ai nostri ospiti, ricordo che sono presenti: il professor Giampaolo Donzelli, presidente della società italiana di medicina perinatale (SIMP); per Cittadinanzattiva, la dottoressa Francesca MOCCIA, coordinatrice nazionale del Tribunale per i diritti del malato e il dottor Vittorino Ferla, responsabile ufficio relazioni istituzionali; per l'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie (Anfaa), la dottoressa Alfrida Tonizzo, consigliere nazionale, e la dottoressa Iliana Totaro, consigliere nazionale.
Siamo giunti alla conclusione delle audizioni di questa indagine, nel corso delle quali abbiamo ascoltato i rappresentanti delle società scientifiche e delle associazioni interessate. Voi conoscete gli argomenti di cui vogliamo trattare perché riguardano i progetti di legge su cui aspettiamo i vostri suggerimenti, che saranno utili per la definizione di un testo che possa essere approvato dalle Camere.
Questo argomento viene trattato dalla Commissione da parecchi anni e nel 2001-2006 già si era giunti a una conclusiva soluzione alla Camera, ripresa nel 2006-2008 dal Ministro Turco ma senza giungere alla definitiva approvazione. Speriamo di potervi giungere in questa legislatura.
In ogni caso, l'argomento era stato messo in programma da tempo, ben prima che si verificassero gli incresciosi episodi di cui si è venuti a conoscenza attraverso i mass media, che hanno ancora una volta


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messo in evidenza l'importanza di riordinare e ottimizzare l'assistenza alla madre e al neonato.
In Italia non c'è infatti una cattiva assistenza, perché abbiamo un indice di mortalità tra i migliori al mondo, ma è opportuno intervenire su alcune incongruenze, alcune modalità di assistenza come l'alta incidenza dei cesarei, la scarsa incidenza di analgesia in travaglio e di assistenza alle donne in puerperio dopo la dimissione dall'ospedale, al fine di migliorare l'assistenza alla madre e al neonato.
Stiamo quindi cercando di realizzare una legge che possa apportare quelle modifiche, per ottimizzare uno degli aspetti più importanti dell'assistenza, giacché il futuro della nostra società è legato a un auspicabile futuro di nascite, che alcuni ritengono incrementabili anche attraverso una migliore assistenza.
Oggi, infatti, l'indice di natalità del nostro Paese è uno dei più bassi al mondo. Migliorando l'assistenza e il modo di porsi in questo importante momento per la promozione della famiglia potremo giovare al futuro della nostra nazione.
Nel dare la parola ai nostri ospiti, ricordo che è possibile presentare una memoria scritta di cui anche i parlamentari assenti potranno avvalersi successivamente.

GIAMPAOLO DONZELLI, Presidente della SIMP. Desidero innanzitutto porgere i ringraziamenti delle società scientifiche. La Società di medicina perinatale ha una caratteristica particolare perché riunisce in sé tutti gli attori professionisti, quindi ginecologi, neonatologi e ostetriche.
La loro attività scientifica, formativa e congressuale avviene quindi insieme e questo ci permette un significativo e particolare confronto.
Esprimiamo apprezzamento su questo disegno di legge per quanto riguarda taluni princìpi generali. Tenuto conto che verosimilmente si giungerà prima o poi alla revisione del Titolo V e al federalismo per cui le competenze saranno di ordine regionale, sancire in maniera precisa alcuni princìpi di fondo ci sembra comunque utile.
Lascio una memoria che poi integrerò a seconda anche della ricchezza dei dati o delle riflessioni che verranno poste in queste sede. In questa memoria ho sottolineato un richiamo al fatto che in termini di tutela della salute c'è anche un discorso di stile di vita e di attenzione a temi che non sono principi della medicina, ma sono propri della cultura e consapevolezza del Paese.
Tra le teenager stanno infatti aumentando in maniera preoccupante i casi di etilismo, che vanno verso una forma di cronicità e maturano nell'età adulta una soglia più elevata di tolleranza all'alcol, che porta al parto pretermine e a ritardi di crescita intrauterina, come avviene anche con il fumo. Ci sembrerebbe quindi opportuno anche un richiamo da questo punto di vista così come all'esigenza di sancire l'equità di accesso alle cure.
Non ho timore a evidenziare come nel Paese i consultori non esistano. Mentre per la pediatria il consultorio è fortemente utilizzato indipendentemente dalle condizioni socioeconomiche della madre, la valutazione del rapporto domanda/offerta dei consultori nel Paese evidenzia l'esigenza di una seria riflessione rispetto a questa enfatizzazione di strutture che di fatto non vengono usate.
Dobbiamo essere leali e riconoscere che le donne italiane quando sono in gravidanza non vanno nei consultori. Questa non è la sede per indagarne le motivazioni, ma è un dato di fatto.
In Toscana, ci stiamo orientando verso la scelta di creare macroaree di assistenza alla nascita, ovvero di riunire bacini di circa 10-12.000 parti funzionalmente operativi da un punto di vista di budget, di analisi, di suddivisione dei livelli di intensità di cura, per creare condizioni di maggiore snellezza per quanto attiene l'occupazione di posti letto.
Sebbene aumentino infatti continuamente i posti letto di terapia intensiva e delle gravidanze a rischio, questi sono sempre pieni e i medici ne chiedono


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ancora di più. Credo che non sia questa la strada, perché le risorse devono essere meglio distribuite creando macroaree di gestione semplificata, stabilendo i livelli di intensità di cura ed evitando tutte le problematiche connesse ai trasferimenti.
Sto valutando con il mio Direttore generale la possibilità di creare tipologie di assistenza domiciliare per due caratteristiche, che creano la saturazione dei posti letto. La prima è la limitata minaccia di parto pretermine. Nel caso in cui una cittadina in gravidanza abiti a rilevante distanza dall'ospedale e il ginecologo abbia riscontrato segnali di minaccia di parto pretermine, tale medico non sceglierà infatti di rimandarla a casa, a settanta od ottanta chilometri di distanza, preferendo ricoverarla in ospedale, dove resterà per un periodo lungo.
Possiamo invece attivare una sorveglianza ostetrica, riducendo i costi, o creare strutture vicine a bassa intensità di cura per «desaturare» i reparti di ginecologia, spesso impossibilitati ad accogliere l'arrivo della vera gravidanza a rischio con conseguenti migrazioni da un ospedale all'altro. Questi sono i due modelli organizzativi che potrebbero essere contemplati da un disegno legge, prendendo in considerazione l'idea di organizzarsi in aree più amplificate.
Sono pienamente d'accordo sul richiamo secondo cui le scuole di specializzazione hanno separato la ginecologia dall'ostetricia. Si conosce il numero dei parti cesarei effettuati nel Paese, ma si ignora il percorso che porta alla decisione. Proponiamo dunque di effettuare un'indagine a campione per verificare il decision making, ovvero cosa abbia indotto quel ginecologo a operare il taglio cesareo e per individuare aspetti cui la legge richiama anche in alcune situazioni di carattere etico.
Questo si ricollega alla riflessione sulla linea guida massificante, che sta cominciando a scricchiolare da tutte le parti, per cui ho inserito nella memoria un piccolo richiamo alla cosiddetta tailored medicine, la medicina sartoriale, in grado di fare maggiore attenzione ai singoli bisogni.
Ci chiediamo infine perché non sperimentare una figura ostetrico-infermieristica capace di assistere la donna in gravidanza, in travaglio, nel parto, che si muova tranquillamente anche in un'assistenza neonatale intensiva. Non rilevo grandi difficoltà nell'immaginare che un'ostetrica continui ad assistere il bambino che ha fatto nascere e continui a stare accanto a quella madre, qualora fosse ricoverata in un reparto di patologia neonatale. Ciò servirebbe anche al superamento di questa dicotomia e delle difficoltà esistenti tra le due categorie professionali.

FRANCESCA MOCCIA, Coordinatrice nazionale del Tribunale per i diritti del malato. Intervenendo in rappresentanza di Cittadinanzattiva, vi ringrazio per l'invito che abbiamo accettato molto volentieri perché questo tema è cruciale e ha impattato anche sul nostro lavoro in questi anni.
Noi abbiamo un osservatorio sui sospetti errori nella pratica medica assistenziale, quindi abbiamo la possibilità di avere il polso della situazione in tutte le aree, laddove storicamente l'ortopedia è la più segnalata, così come anche la chirurgia generale e la ginecologia e ostetricia, che è da sempre al terzo posto, sebbene qualche anno si sia alternata con la chirurgia generale restando comunque un'area particolarmente delicata.
Li definiamo «sospetti errori» perché deve essere verificato se si tratti di un errore vero o piuttosto di un problema di relazione, di comportamenti scorretti, di mancanza di consenso informato, ovvero di tutto quello che attiene al tema della relazione e dell'umanizzazione delle cure, che è carente.
Come opportunamente evidenziato anche in queste proposte di legge, il tema dell'umanizzazione è molto importante. Anche dal nostro punto di vista siamo in ritardo: questi testi sono del 2008 e fortunatamente oggi siamo qui a parlarne, quindi è auspicabile un'approvazione in


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tempi rapidi, perché da fine agosto a tutto settembre si sono susseguiti episodi particolarmente tragici.
Non possiamo evitare quindi di considerarla una questione di allarme nazionale, in quanto le dimensioni di questo fenomeno sono di carattere nazionale, quindi ben venga il lavoro condotto sia in questa Commissione sia in questo momento dal Ministro Fazio, che ha presentato interessanti linee di indirizzo su questo. Perseguendo tutti un unico obiettivo, forse riusciremo a riorganizzare la rete dei punti nascita.
Abbiamo un dato aggregato rispetto ai presunti errori in ambito ginecologico e ostetrico rispetto al periodo 1996-2009, che abbiamo fotografato e che il 18 novembre presenteremo nel nostro appuntamento con il trentennale e con il rapporto annuale, che però vi anticipo. Sul totale delle segnalazioni di errori medici il dato rispetto alla ginecologia-ostetricia è pari al 9,2 per cento ed è leggermente calato nel 2009.
Abbiamo distinto gli errori di terapia da quelli di diagnosi, di cui vi cito ad esempio durante il parto il prolungato e sofferente travaglio con impossibilità di parto naturale per incongrua posizione del bambino, eccessive lacerazioni, infezioni uterine con necessità di raschiamento per residui di placenta in utero, infezioni della ferita chirurgica, ritardata diagnosi di emorragia in atto con gravi conseguenze per la donna, problemi connessi alla procreazione assistita, necessità di reinterventi per lisi aderenziali, prolasso uterino, problemi connessi a interventi di isterectomia, infezioni dovute a garze non rimosse, danni durante il raschiamento uterino, coma post partum.
Per quanto riguarda il bambino si rilevano invece problemi al nascituro, problemi al feto dopo l'amniocentesi, aborto spontaneo, errata valutazione di sofferenza fetale, danni al neonato durante le manovre di parto, morte del neonato in sofferenza per mancato espletamento tempestivo di parto cesareo, danni sul neonato da parto con ventosa, emorragia cerebrale del bambino nato dopo prolungata sofferenza fetale. Questi sono una serie di esempi purtroppo emersi nella cronaca.
Desidero inoltre comunicarvi un'informazione che abbiamo reperito effettuando l'audit in aziende sanitarie e ospedaliere italiane nel 2009, valutando in particolare il parto indolore. Su 138 ospedali osservati, in 61 casi è risultata presente la possibilità del parto indolore, in 31 assente, mentre negli altri casi il dato non si poteva rilevare.
Rispetto alla presenza del modulo di consenso informato per l'intervento di taglio cesareo, in 7 aziende non c'è alcuna informazione in merito, in 25 aziende il livello informativo è modesto, mentre solo in 18 aziende il livello informativo era buono. Anche sul consenso informato c'è dunque ancora molto da fare, altro tema emerso recentemente con forza nell'attualità.
Anche la raccomandazione del Ministero della salute sulla prevenzione del decesso materno durante il parto è abbastanza ma non totalmente diffusa nelle aziende sanitarie osservate. Abbiamo un dato positivo del 73 per cento ma il restante 27 per cento resta però scoperto, per cui, sebbene il Ministero abbia dettato raccomandazioni in materia di prevenzione del decesso materno durante il parto, molte strutture non le applicano come invece sarebbe auspicabile.
Vorrei esprimere alcune osservazioni sui testi dei progetti di legge e avanzare qualche proposta sul tema gravidanza e parto.
Rispetto al quadro generale di malpractice dobbiamo affrontare la materia come si sta facendo anche attraverso un disegno di legge in discussione, quello sul rischio clinico. È auspicabile che il tema del rischio si ispiri alla Carta europea dei diritti del malato, che prevede esplicitamente il diritto alla sicurezza cioè il diritto a non subire danni in più rispetto alla propria situazione. La nostra proposta è che questo diritto alla sicurezza sia recepito anche nel testo in discussione.
È necessario inoltre lavorare per realizzare un effettivo osservatorio generale sul tema degli errori in medicina, che eviti


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le troppe fonti che in questo momento forniscono dati e sia un unico organismo attendibile, in grado di diffondere informazioni utili a tutti. Attualmente, le regioni, il Ministero, alcune commissioni hanno portato all'attenzione di tutti alcuni dati, noi abbiamo il nostro osservatorio, ma ne manca uno che rappresenti un punto di riferimento comune.
Consideriamo importante anche istituire un fondo nazionale per indennizzare i cittadini che hanno subìto un danno non riconducibile ad alcuna responsabilità. Questo tema si ricollega all'esigenza di realizzare campagne di informazione e di prevenzione nelle aziende sanitarie, che siano promosse anche dalle regioni, perché la sicurezza e il rischio costituiscono un problema culturale.
Ribadiamo sempre che il regime di governo dei rischi è un sistema di norme, valori, risorse, ma anche di informazioni, procedure, comportamenti codificati, che impegnano tutti i soggetti coinvolti nel prevenire e limitare gli effetti dannosi dei pericoli comunque presenti. Questo è importante perché sappiamo che con una norma non si risolve il problema, quindi devono essere adottate anche altre misure.
È necessario rivedere la rete dei punti nascita con i nuovi criteri di qualità e sicurezza. Ben venga quindi quanto inserito in modo molto chiaro nel progetto di legge C.1353, ovvero la previsione all'interno dei LEA, quindi in un quadro più generale, il tema dell'assistenza materno-infantile. Questo è importante perché attribuisce una diversa dignità a tutto questo tema.
Si tratta di livelli essenziali di assistenza per le madri e per i neonati ed è importante che ci sia questa differenziazione in tre livelli soprattutto per l'assistenza ai neonati, così come siamo d'accordo sulla presenza di un DRG unico per parto cesareo e parto fisiologico. È però interessante quanto si legge nel testo C.1353, ovvero che il DRG per il parto deve tener conto dei costi effettivi e differenziati per l'assistenza a travaglio e parto o con taglio cesareo relativi sia all'impegno di personale medico e ostetrico, sia alle tecnologie necessarie.
Questo è importante perché il tema dei costi è cruciale. Se diciamo che questo è un LEA che il DRG deve essere unico, risolviamo in parte il problema dei troppi cesarei rispetto ai parti fisiologici, ma non lo risolviamo del tutto perché c'è un problema di formazione e una serie di aspetti collegati.
Il tema dei costi è cruciale perché non si può affermare di voler dare assistenza di qualità alle mamme e nello stesso tempo bloccare il turnover non garantendo personale medico e infermieristico sufficiente in questi punti nascita, anche se secondo il Ministro Fazio dobbiamo chiuderne 158. Appare quindi importante che ci siano le risorse per fare l'operazione ben illustrata in queste proposte di legge.
Condividiamo anche altri punti tra cui l'umanizzazione e l'integrazione dei percorsi, il fatto che si utilizzino le indicazioni dell'OMS piuttosto che dell'Unicef rispetto all'ospedale amico dei bambini, la donazione del sangue da cordone, altra possibilità di cui le donne in Italia sanno poco e di cui è necessario informarle attraverso gli operatori.
Un altro tema molto importante è quello dei trasporti perché attualmente stiamo per chiudere i punti nascita con meno di 500 parti all'anno. Ne resteranno 190, per cui è necessario innanzitutto scegliere attentamente quali chiudere, considerando come alcuni territori abbiano bisogno di quei presidi, evitando di effettuare un'operazione di taglio netto e realizzando un intervento ragionato come si fa sempre in caso di chiusura di piccoli ospedali, scelta su cui in linea generale siamo d'accordo, purché poi si valuti in particolare cosa si va a togliere senza dare alternative.
Se quindi chiudiamo un punto nascita perché non è sicuro, non è di qualità, manca l'integrazione, aspetti che oggi devono diventare un LEA, dobbiamo garantire alle pazienti la possibilità di un trasporto


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in emergenza in un centro specializzato, che permetta di salvare la vita alla mamma e al bambino.
Condividiamo l'esigenza di campagne di informazione sui diritti, perché informare significa rendere effettiva e consapevole la scelta delle donne di dove andare a partorire e come organizzarsi con un eventuale corso di preparazione al parto. La scelta presuppone una consapevolezza che nasce solo dall'informazione, per cui ben vengano le campagne di informazione indicate come uno dei punti di questi testi. Troverete ulteriori elementi di dettaglio nella nostra nota.

ALFRIDA TONIZZO, Consigliere nazionale dell'Anfaa. A nome non solo dell'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie, ma anche da parte di tutti i gruppi e le associazioni aderenti al coordinamento sanità e assistenza tra i movimenti di base di Torino ringrazio per l'invito che abbiamo accolto molto volentieri.
Abbiamo seguito con particolare interesse il dibattito in corso su queste proposte di legge e oggi il nostro intervento farà riferimento in particolare alla proposta di legge C.1266 presentata dal Consiglio regionale del Piemonte, alla C.3303 presentata dall'onorevole Lucà e altri e all'articolo n.18 della proposta di legge C.1353 presentata dall'onorevole Livia Turco.
Riteniamo che queste proposte di legge debbano essere approvate al più presto per rispondere alle esigenze e ai diritti delle gestanti e delle madri in gravi difficoltà e ai loro nati, garantendo anche il diritto alla segretezza del parto.
Alcune gestanti vivono infatti situazioni di grave emarginazione ed essendo sovente molto giovani necessitano di supporti non solo sanitari, ma anche socio-assistenziali prima, durante e dopo il parto. Queste donne possono infatti trovarsi in gravi situazioni di emergenza a causa della perdita o della mancanza di lavoro, della casa, di sostentamento economico, non sono in grado di affrontare da sole queste emergenze e necessitano di una presa in carico da parte dei servizi socio-assistenziali. Diverse di loro hanno bisogno di essere accolte in comunità, in famiglie o in appartamenti protetti, di ricevere supporti economici.
L'assistenza a queste persone fa ancora riferimento al regio decreto n. 798 del 1927 convertito in legge con la legge n. 2838 del 1928 concernente l'ordinamento del servizio di assistenza dei fanciulli illegittimi, abbandonati o esposti all'abbandono.
Tale legge dispone che le amministrazioni provinciali assistano questi minori figli di ignoti nati fuori dal matrimonio, non riconosciuti dalla madre e in condizioni di disagio socioeconomico. La legge n. 328 del 2000, la legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, all'articolo 8, comma 5, ha poi attribuito alle regioni il compito di disciplinare il trasferimento ai Comuni o ad altri enti locali di queste funzioni del regio decreto.
In base alla stessa legge n. 328 del 2000, alle regioni spetta definire il passaggio ai comuni o agli altri enti locali delle risorse umane, finanziarie e patrimoniali occorrenti per l'esercizio di queste funzioni. Questo passaggio di competenza dalle province ai comuni è ancora estremamente problematico, perché alcune regioni non hanno ancora legiferato in materia mentre altre come la Lombardia e l'Emilia Romagna lo hanno fatto attribuendo però a tutti i comuni le competenze relative all'assistenza alle gestanti e madri in gravi difficoltà e ai loro nati e non tenendo quindi conto delle partorienti che necessitano di interventi specifici legati alla loro condizione.
Alcune gestanti hanno deciso di riconoscere il proprio nato nonostante la loro situazione e quindi di prendersi cura del bambino anche avvalendosi del supporto dei servizi e degli interventi socio-assistenziali. Abbiamo quindi una tipologia di gestanti in gravi difficoltà che desiderano diventare le mamme dei loro bambini e ci auguriamo che questo numero sia sempre più alto, ma anche gestanti che, pur trovandosi alla fine della gravidanza, non


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hanno ancora scelto se riconoscerlo o altre che hanno già deciso di non riconoscerlo avvalendosi del diritto alla segretezza del parto.
Richiamiamo la positività della legislazione vigente, che consente a una donna anche coniugata di non riconoscere il proprio nato, che in questo caso viene subito registrato come figlio di donna che non intende essere nominata e dichiarato adottabile (abbiamo 15-20 domande per ogni bambino adottabile), ma consente anche alla partoriente incerta di chiedere un'ulteriore proroga fino a due mesi al Tribunale per i minorenni se non sa ancora se riconoscere il proprio nato.
Questa normativa è estremamente positiva e ha consentito di prevenire infanticidi e abbandoni.
Oggi vorrei portare dati significativi, segnalando che nel 2007 (ultimo dato disponibile) su 1.344 minori adottabili 641 sono stati quelli non riconosciuti alla nascita, nel 2006 erano 501 su 1.254, nel 2005 erano 429 su 1.168, nel 2004 erano 410 su 1.064.
Questi dati sono riportati nel Secondo rapporto supplementare alle Nazioni Unite sul monitoraggio della Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza in Italia elaborato da un gruppo di lavoro coordinato da Save the children e di cui anche l'Anfaa fa parte.
In base alle nostre esperienze su cui forniremo documentazione, in particolare gli atti e la sintesi del convegno «I diritti di tutti i bambini fin dalla nascita alla famiglia e la prevenzione dell'abbandono» tenutosi a Torino nell'ottobre 2005, deve essere sottolineata l'importanza di offrire alla gestante la possibilità anticipata di riflettere, di verificarsi e di decidere con serenità e autonomia, ma con le informazioni necessarie sugli aiuti cui ha diritto, se non riconoscere o riconoscere il proprio nato.
Questo punto ci sembra estremamente importante, per cui consideriamo necessario sottolineare la necessità della riservatezza, elemento fondamentale da tutelare per garantire la vita stessa del nascituro e rassicurare le donne che hanno già deciso per il non riconoscimento o che sono ancora incerte.
Tale riservatezza rischia di venire a mancare qualora la gestante ancora incerta o che ha già deciso per il non riconoscimento sia costretta a rivolgersi a servizi del proprio comune. Sono dunque necessari servizi più lontani - questa era la funzione svolta un tempo dalle province - che consentano di garantire la riservatezza in vista di un eventuale non riconoscimento.
Per queste ragioni le proposte di legge prima richiamate devono essere rapidamente approvate, in quanto prevedono giustamente che le regioni individuino alcuni comuni singoli o associati cui attribuire le competenze relative agli interventi socio-assistenziali nei confronti di queste gestanti, che versano in gravi difficoltà e sovente sono giovani anche di tredici o quattordici anni.
Tali interventi socio-assistenziali devono essere forniti su semplice richiesta dell'interessata, indipendentemente dalla sua residenza anagrafica anche nel caso che si tratti di donne extracomunitarie senza permesso di soggiorno. Richiamo espressamente questo aspetto, perché le donne extracomunitarie senza permesso di soggiorno sono invisibili: non hanno accesso ai servizi socio-assistenziali e quindi solo una legge può consentire questo accesso ai servizi.
L'individuazione di un numero limitato di comuni consente inoltre di sveltire i tempi per gli adempimenti anche nei confronti degli ospedali. A questo proposito, mi permetto di aprire una parentesi su quanto c'è ancora da fare nell'organizzazione ospedaliera per garantire la necessaria riservatezza e il rispetto alle donne che prendono la dolorosa decisione di partorire e di non riconoscere il loro nato. Tale esigenza di riservatezza non sempre viene rispettata.
Come indicato anche nella relazione del disegno di legge presentato dal Consiglio regionale del Piemonte, queste proposte recepiscono una positiva legge già in vigore dal 2006 in Piemonte, la legge n. 16,


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che è stata poi ulteriormente dettagliata in una delibera dello stesso anno. Tale delibera, oltre ad avere individuato i quattro enti gestori degli interventi assistenziali cui sono state affidate le competenze (il Comune di Torino, uno dell'alto novarese, uno alessandrino e uno cuneese) ha anche definito i criteri, le procedure e le modalità di esercizio di queste funzioni. Vi fornirò il testo di questa delibera che riteniamo particolarmente importante e che purtroppo è ancora unica nel nostro Paese.
Coglierei questa occasione per richiamare ancora brevemente due punti cui teniamo molto, visto anche il dibattito attualmente in corso nel nostro Paese. In questi ultimi mesi continuano a susseguirsi iniziative volte a realizzare culle termiche in cui dovrebbero essere depositati i neonati che le partorienti non intendono riconoscere e allevare.
Si tratta della riproposizione tecnologicamente migliorata della ruota di medievale memoria. La consideriamo un'iniziativa negativa, che non tiene assolutamente conto delle necessità delle gestanti di essere seguite durante la gravidanza e il parto in ospedale, misura necessaria per la salute delle partorienti e dei loro piccoli.
Ci preoccupa il messaggio che passa attraverso la proposizione di queste culle e sembra suggerire alle donne di non rivolgersi a nessuno, di partorire da sole purché poi mettano il neonato nella culla. In tutte le culle finora aperte non sono stati depositati neonati, se non in un unico caso a Roma, in cui un bambino di quattro mesi è stato lasciato al Casilino, ma evidentemente per una situazione di disperazione della madre che non era più in grado di provvedere a questo piccolo.
Approfitto della vostra disponibilità per segnalare un dato abbastanza preoccupante. Sono stati segnalati dal Tribunale per i minorenni casi di donne che hanno partorito in casa da sole, in condizioni proibitive, e a seguito delle emorragie sopravvenute sono state ricoverate in ospedale, dove hanno lasciato il neonato appena partorito.
Desideriamo quindi sottolineare la necessità di tutelare l'assistenza alle gestanti e madri congiuntamente a quella dei nati. Crediamo che sia questa la tutela della vita nascente e che non si possa escludere la partoriente per dedicare attenzione solo al nato.
Vorrei infine riprendere due raccomandazioni espresse come associazione nel corso di un'audizione alla Commissione giustizia della Camera in merito a proposte di legge che mettono in discussione il diritto alla segretezza del parto, consentendo la possibilità di accedere all'identità non solo dei genitori biologici che abbiano riconosciuto il loro nato, ma anche della donna che non lo abbia riconosciuto.
Riteniamo che queste proposte mettano in pericolo la vita di tante partorienti e anche di tanti neonati. Il diritto alla segretezza del parto dura cento anni, e durante questa audizione abbiamo evidenziato l'esigenza di prevedere - questo potrebbe anche essere meglio precisato a livello normativo - la raccolta di informazioni cliniche sullo stato di salute della partoriente al momento del parto o la raccolta di materiale genetico come la conservazione di cellule staminali attraverso la creazione di una banca di cordoni ombelicali, per agevolare la diagnosi e la cura di eventuali, futuri stati patologici del figlio non riconosciuto alla nascita.
Si tratta di un'esigenza molto sentita. La legislazione già prevede che ai genitori adottivi siano segnalati i fatti salienti riguardanti la vita del bambino, ma non necessariamente si pone un'adeguata cura ai dati sanitari, che fin dalla nascita possono essere adeguatamente raccolti e inseriti nella scheda relativa al parto e alla nascita.
Pur nel rispetto della riservatezza, ci sembra che questo possa essere un elemento utile a molti figli adottivi adulti, al fine di valutare meglio le loro eventuali situazioni patologiche.

PRESIDENTE. Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.


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ANNA MARGHERITA MIOTTO. Ringrazio il presidente per questa interessante audizione. Nella relazione del professor Donzelli si parla di un aumento delle nascite pretermine e vengono messi a confronto i dati rilevati in Italia con quelli di altri Paesi europei, sostenendo che ci collochiamo a livello intermedio.
Poiché nella sua relazione si fa riferimento al cambiamento degli stili di vita soprattutto dei giovani in età adolescenziale, crescenti consumatori di alcol e di sostanze varie, vorrei chiederle se sia in possesso di dati che ci consentano di capire l'andamento.
La mia seconda richiesta riguarda un modello organizzativo che ormai appartiene alle Regioni perché il Titolo V è già legge, ma appare interessante la proposta formulata in relazione a una razionalizzazione dei punti nascita e quindi a una diversificazione a seconda dell'intensità di cura.
Per pensare a una rete di assistenza domiciliare protetta, vorrei chiedere al, professor Donzelli se può indicarci la percentuale delle gestanti che dovrebbero essere monitorate. Capisco che questo oggi è difficilmente quantificabile perché riguarda la distanza della residenza dai luoghi di intensità elevata, ma immaginando una percentuale sul totale si possono fare delle stime.
La terza richiesta riguarda un'altra innovazione proposta, ovvero una figura professionale unitaria, che prefigura una presa in carico globale. Mi sembra un'ipotesi interessante. Vorrei sapere se il professor Donzelli intenda proporla a livello di specializzazione o dell'ordinario corso di laurea in medicina.
Non ho colto cenni all'analgesia nel travaglio. Il professor Donzelli afferma che bisognerebbe preoccuparsi di più delle cure palliative per il neonato critico più che dell'analgesia nel travaglio di parto, mentre sappiamo che su questo punto in Italia siamo molto lontani rispetto le attese. Poiché questa affermazione probabilmente nasconde una valutazione più complessa, sarei interessata a conoscerla.

PRESIDENTE. Prima di darvi nuovamente la parola, desidero evidenziare l'opportunità di verificare la correlazione tra alcolismo giovanile e successive gravidanze magari dieci anni dopo. L'aumento dei parti prematuri è legato infatti non solo all'alcolismo, ma anche a tanti altri fattori.
È vero che i consultori sono poco utili, ma non erano nati solo per seguire il parto - sono stato uno dei promotori nella mia regione -, ma dovevano avere anche altre funzioni, tra cui anche quella di seguire la donna in gravidanza e assistere tante madri.
L'80 per cento delle gestanti viene seguito in gravidanza dal proprio ginecologo. Il problema eventualmente si pone per la continuità assistenziale nel momento in cui, dovendo andare a partorire in una struttura pubblica, nella maggior parte dei casi non trovano il loro ginecologo.
È quindi necessario considerare il problema dei consultori, della loro rinascita o cancellazione, perché ho spesso denunciato, anche in questa Commissione, come oggi purtroppo siano diventati ambulatori di ginecologia e abbiano perso molte delle prerogative per cui erano stati concepiti.
Le funzioni per cui erano nati riguardavano anche la gravidanza come altre problematiche, che spaziavano dall'adolescenza alla menopausa, ovvero il percorso della cosiddetta «salute donna».
L'idea di realizzare macroaree di assistenza alla nascita può essere sfruttata, ma non possiamo chiudere i punti nascita solo in base al numero dei parti (500 parti all'anno). È necessario considerare anche altri fattori quali la localizzazione, che incide sui collegamenti perché un punto nascita in una zona di montagna o in un'isola minore è un'altra cosa, aspetto che deve essere considerato.
Qualcuno propone di eliminare il secondo dei tre livelli di assistenza, realizzando strutture di più alto livello e strutture di un livello sufficiente che garantiscano livelli essenziali minimi di assistenza. Nelle altre di livello superiore devono essere presenti le rianimazioni


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neonatali, la terapia intensiva neonatale, strutture che non possiamo pretendere di trovare in tutti i punti nascita.
La rimodulazione dei punti nascita è un aspetto importante, ma a mio avviso non può essere realizzata solo attraverso la riduzione del numero, che tuttavia è importante dal punto di vista economico e dell'esperienza, perché un ginecologo che presta assistenza a 2.000 parti l'anno è sicuramente più bravo di colui che presta assistenza a 20.
Per quanto riguarda l'umanizzazione siamo tutti d'accordo. In questa Commissione non vogliamo occuparci degli errori sanitari, perché c'è un'altra Commissione che si occupa di questo aspetto. Lei ha evidenziato le percentuali, il diritto alla sicurezza, che però dipende anche dalla struttura, laddove un medico dovrebbe operare in una struttura che gli garantisce determinati strumenti per operare in sicurezza. Del resto, in medicina non ci può rivendicare il diritto alla sicurezza assoluta, perché gli imprevisti sono sempre in agguato.
Per quanto riguarda l'ipotesi di un fondo nazionale, in questi progetti di legge non ci occupiamo di questi problemi, che invece sono presi in considerazione da altri disegni di legge, di cui uno al Senato. Questo apre il discorso legato al risarcimento dei danni e alla denuncia di eventuali errori medici che possono sempre verificarsi e spesso non vengono riconosciuti e discussi per paura di un'eventuale richiesta di danni.
Probabilmente una migliore copertura assicurativa in questo campo favorirebbe un miglioramento in queste situazioni perché oggi la medicina difensiva entra in campo sia dopo aver fatto il danno, sia prima.
La scelta deve essere consapevole, ma anche i corsi di assistenza al parto erano finalizzati a far compiere alla coppia scelte consapevoli anche durante il decorso della gravidanza, del travaglio e del parto. È necessario discutere del consenso informato con il medico, che deve illustrare i rischi del taglio cesareo e i rischi del parto in quelle situazioni.
La gravidanza dura nove mesi: alla fine si risolve tutto nell'urgenza, ma prima vi sono nove mesi in cui questi colloqui, queste prospettive, i rischi eventuali possono essere sicuramente discussi e affrontati con il medico o l'ostetrica. Se il medico è molto sbrigativo, non fornisce adeguate informazioni, possono crearsi incomprensioni.
Poiché si tratta di un discorso che si prolunga nel tempo e oggi fortunatamente molte donne vengono seguite da un ginecologo, ginecologi e ostetriche attenti sono in grado di valutare l'evoluzione di una gravidanza al di là degli eventuali imprevisti che possono sempre verificarsi.
Non avevamo inserito il problema delle culle, ma su questo mi rifaccio alla prima osservazione del professor Donzelli, secondo cui spesso ci confrontiamo con la riforma del Titolo V, perché tutto quello che facciamo deve essere poi confrontato, discusso e destinato alle regioni.
Noi diamo le linee guida, ma poi ogni regione si organizza secondo le sue scelte e su questo non possiamo intervenire. Alcune regioni hanno già attuato per esempio l'equiparazione tra DRG per parto spontaneo o taglio cesareo.
Nel DRG deve essere calcolato tutto, perché prima di arrivare a un parto spontaneo ci sono sei, sette o otto ore di travaglio di parto, con un notevole impegno di personale, mentre un cesareo programmato dopo un'ora è terminato. Da un punto di vista assistenziale, l'impegno è dunque maggiore per l'assistenza a un parto naturale.
La rivalutazione del ruolo delle ostetriche è un discorso importante, già contenuto in molti disegni di legge e fondamentale sia durante che dopo il parto. Numerosi problemi legati alle cosiddette «psicosi puerperali» intervengono perché molte donne vengono lasciate subito sole con il proprio figlio per le dimissioni precoci, in seguito alle quali la donna che ancora fisicamente non è al massimo si trova ad accudire e allattare il bambino, talora senza avere una famiglia che la aiuti.


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Una volta, sia le ostetriche che assistevano al parto in casa sia quelle che accompagnavano all'ospedale si recavano poi a controllare le pazienti a casa ogni giorno per i primi quindici o venti giorni, per cui c'era quell'accompagnamento alla prima fase di assistenza post partum psicologicamente, clinicamente e umanamente fondamentale, che oggi purtroppo è scomparso probabilmente per colpa di noi ginecologi che abbiamo eccessivamente medicalizzato questo evento.
I vantaggi esistono e molti aspetti sono migliorati, per cui la nostra nazione ha un indice di mortalità tra i più bassi del mondo, ma nell'ambito dell'umanizzazione alcuni aspetti possono essere sicuramente migliorati anche legislativamente.
Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

GIAMPAOLO DONZELLI, Presidente della SIMP. Come società scientifica teniamo a sottolineare senza alcuna enfasi retorica e di maniera l'esigenza di richiamare in maniera forte che la nascita di un cittadino nel nostro Paese è un momento di fondamentale importanza.
Per quanto riguarda il problema dell'alcol, nel suo sito l'Istituto superiore di sanità segnala che il 10 per cento di adolescenti fa uso di alcool una o due volte la settimana. Si sta rilevando in Europa non tanto l'aumento delle sindromi alcoliche fetali, per cui il bambino nasce con patologia malformativa che peraltro viene inclusa nelle malattie rare, quanto il fetal alcohol exposure, che a distanza provoca situazioni per cui il bambino va male a scuola, è irrequieto, soffre di sindrome da disadattamento o di danno cerebrale minimo. Nello stesso tempo la correlazione tra nascita pretermine e alcol è indiscutibile.
Come evidenziato dall'onorevole Miotto, è opportuno richiamare che i problemi della gravidanza attengono non solo alla medicina e all'organizzazione sanitaria di un Paese, ma anche ad altri aspetti.
Abbiamo avviato uno studio con l'Istituto superiore di sanità, che permette di valutare nel meconio il quantitativo di alcol assunto non solo alcuni giorni prima, così come hanno fatto altri Paesi, e quindi di correlare il dato prematurità con questo.

PRESIDENTE. Capisco che bisogna combattere l'alcolismo giovanile, ma mi domando quale correlazione ci sia rispetto a future nascite con malformazioni o parti prematuri. Non vorrei creare allarmismi eccessivi.

GIAMPAOLO DONZELLI, Presidente della SIMP. I rischi sono connessi al fatto che l'adolescente raggiunge una soglia di tolleranza più alta e quindi vive un'abitudine all'alcol superiore che si può protrarre fino all'età riproduttiva.
In merito ai consultori volevo solo far notare come di fatto ci sia una reale bassissima frequenza.
Per quanto riguarda il discorso delle macroaree, giustamente non è solo un problema di numeri: all'ospedale dell'isola d'Elba si effettuano 180 parti ma nessuno propone di chiuderlo. Perseguire un discorso non di quantità, ma di qualità, stabilendo in un'area grande quale sia la prevalenza attesa di gravidanze a rischio, la prevalenza attesa di occupazione di posti letto di terapia intensiva neonatale, aggregando i vari posti letto e le varie realtà in macroaree potrebbe permettere un uso più appropriato delle risorse economiche e professionali, con un più snello e facile scambio di personale.
L'assistenza domiciliare protetta ci riporta al ruolo delle ostetriche. Se una quota parte di ostetriche venisse incaricata di sorvegliare le gravidanze a basso rischio a casa, si diminuirebbe l'occupazione di posti letto che in alcuni casi viene protratta.
Sperimenteremo dunque questa idea attraverso processi formativi che possono anche appartenere allo Stato, sebbene una simile figura non sia prevista a livello europeo; sarebbe una dimensione innovativa.
Immaginare un'ostetrica che continui il percorso con quella mamma e quel bambino che ha fatto nascere potrebbe colmare


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quella lacuna di competenza assistenziale.
Non sono affatto contrario all'analgesia, purché non diventi una prescrizione e sia una scelta. La legge non tocca invece l'enorme problema dei 70-80.000 neonati in terapia intensiva, del cui sacrosanto diritto di ricevere cure per la medicina del dolore non viene fatta menzione. Pochi mesi fa, è stata approvata la legge n. 38 sulle cure palliative, ma solo in una percentuale estremamente bassa di casi si pratica l'analgesia al neonato che in cure intensive subisca procedure chirurgiche e incannulamento dei vasi.
Poiché il neonato non può scegliere, è estremamente importante che una legge decida per lui e funga da tutore. Do per scontata l'analgesia del parto, mentre mi interessava che comparisse quella che riguarda il neonato.
Condivido il giudizio sulle culle, che considero un'abnormità istituzionale come prevedere le case di tolleranza, è un'enorme regressione sul piano storico-politico.

PRESIDENTE. Nel ringraziare gli intervenuti anche per la documentazione scritta, dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 12,30.

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