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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione XIII
3.
Giovedì 29 gennaio 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Russo Paolo, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SUL SISTEMA DI FINANZIAMENTO DELLE IMPRESE AGRICOLE

Audizione di rappresentanti della Coldiretti:

Russo Paolo, Presidente ... 3 6 9 12
Fogliato Sebastiano (LNP) ... 8
Grassa Roberto, Responsabile del servizio credito e confidi della Coldiretti ... 3 10
Grossi Paola, Capo dell'ufficio legislativo della Coldiretti ... 5 9 12
Nola Carlo (PdL) ... 8
Pepe Mario (PD) ... 7
Zucchi Angelo (PD) ... 7

Audizione di rappresentanti della Confagricoltura:

Russo Paolo, Presidente ... 12 21 23 24
Zucchi Angelo, Presidente ... 17
Bellotti Luca (PdL) ... 18
Fogliato Sebastiano (LNP) ... 20
Nola Carlo (PdL) ... 20 23
Tracagni Fabio, Responsabile dell'assistenza creditizia e assicurativa della Confagricoltura ... 18
Vergati Andrea, Componente della giunta esecutiva della Confagricoltura ... 12 21 23

ALLEGATI:
Allegato 1
: Documentazione consegnata dai rappresentanti della Coldiretti ... 25
Allegato 2: Relazione consegnata dai rappresentanti della Confagricoltura ... 41
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.

[Avanti]
COMMISSIONE XIII
AGRICOLTURA

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di giovedì 29 gennaio 2009


Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PAOLO RUSSO

La seduta comincia alle 10,50.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti della Coldiretti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul sistema di finanziamento delle imprese agricole, l'audizione di rappresentanti della Coldiretti.
Do subito la parola al dottor Roberto Grassa Servizio credito e confidi.

ROBERTO GRASSA, Responsabile del Servizio credito e confidi della Coldiretti. Ringrazio il presidente e i membri della Commissione. Desidero esprimere alcune considerazioni sul panorama del credito in agricoltura, partendo dal monte impieghi registrato alla fine dell'anno 2008, che ammonta a 36 miliardi e 650 milioni di euro, finanziamenti che il sistema bancario ha posto in essere nei confronti delle imprese agricole, della silvicoltura e della pesca.
Di questi 36 miliardi di euro, circa 10 miliardi e 600 milioni sono finanziamenti di breve termine; è questo un dato allarmante, in quanto un terzo del totale degli impieghi è destinato ad attività di carattere gestionale delle imprese e quindi non a finanziamenti di medio-lungo termine destinati ad investimenti sul capitale agrario o fondiario. Si rileva quindi un sovraindebitamento a breve termine delle imprese agricole.
I restanti due terzi dei finanziamenti destinati teoricamente a forme di investimento strutturale-aziendale, nell'ultimo periodo, rappresentano un costante ricorso al riposizionamento debitorio e quindi al consolidamento di passività. Questo ulteriore aspetto critico evidenzia che le imprese agricole non stanno investendo perché si trovano in una posizione di incapacità economico-finanziaria ad attivare processi di finanziamento e di investimento non avendo spazi in termini di cash-flow, di liquidità da destinare ad ammortamenti per nuovi finanziamenti.
Una prima criticità è dunque dovuta alla sovraesposizione a breve termine, una seconda al fatto che in passato l'utilizzo di forme di impiego non idonee ad accompagnare forme di investimento di medio-lungo termine ha generato una situazione di stallo. Questo significa che per cattiva prassi, nell'arco soprattutto degli anni Novanta, l'utilizzo forzoso e smodato della cambiale agraria ha rappresentato quasi l'unica forma tecnica di impiego per finanziare in realtà processi di investimento che richiedevano un ammortamento di più lunga durata da un punto di vista sia fiscale sia finanziario.
A questi dati aggiungiamo un altro elemento di criticità, ovvero l'incidenza delle sofferenze sul monte impieghi, laddove


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circa il 7,2 per cento di questi 36 miliardi di euro rappresenta elemento di sofferenza. Ciò significa che 2,5 miliardi di euro - dato dell'ultimo semestre del 2008 - sono rappresentati da finanziamenti in sofferenza. L'incidenza media delle sofferenze degli impieghi bancari in altri settori della produzione si attesta tra il 3 e il 4 per cento. Questo 7 per cento di media nazionale può essere ancor più drammatico per quanto riguarda il sud d'Italia dove cinque regioni e cioè Campania, Calabria, Sicilia e Puglia rappresentano il 70 per cento circa delle sofferenze, con incidenze medie che vanno dal 20 al 30 per cento. Alcune realtà regionali come la Sardegna sono invece impegnate da un'incidenza delle sofferenze medie del 27 per cento per un'annosa questione della legge n. 44 del 1988 a voi ben nota.
A questi aspetti, che configurano il panorama attuale, si aggiunge un elemento oggettivo. Oggi le banche hanno carenza di liquidità e difficoltà a fare provviste. Laddove riescano a fare provvista, la fanno con uno spread che oscilla dall'1,40 all'1,50. Reimpiegano queste risorse con un ricarico in termini di spread, che oscilla da un minimo di 2,20 fino a un massimo di 4,50 sui finanziamenti a breve termine. Per quanto riguarda il costo del denaro, al di là del fatto che l'Euribor nell'ultimo periodo sia sceso al 2,5 per cento, resta l'incidenza dello spread, la componente di guadagno per la banca, che riporta comunque i tassi a livelli di insostenibilità.
La carenza di liquidità delle banche e la loro possibilità di fare provvista solo a costi eccessivamente elevati rappresenta per le banche stesse un innesto in termini di prociclicità, perché i reimpieghi vengono distillati e le imprese faticano ad approvvigionarsi sia nel breve che nel medio e lungo termine. Sul breve termine, ultimamente le banche hanno posto in essere un'attività di rientro immediato, che servirà loro a drenare risorse per poi reimpiegarle sul medio e lungo termine. La situazione appare quindi abbastanza difficoltosa.
Nell'arco degli ultimi tre anni, ma soprattutto nell'ultimo anno, abbiamo potenziato l'apparato dei nostri confidi, che rappresentano l'unico ente che, interponendosi tra banche e impresa, mitiga il rischio di asimmetrie informative assolutamente indispensabili per le banche per attivare un processo istruttorio idoneo a quantificare e qualificare i metodi di credito delle imprese. Negli ultimi due anni, l'apparato confidi è stato interessato da processi di carattere aggregativo, ma soprattutto da processi di allineamento normativo e regolamentare, affinché tutti i confidi afferenti alla nostra organizzazione potessero avere i requisiti di forma e sostanza previsti dalla legge quadro, dall'articolo 13 della legge n. 326 del 2003.
Abbiamo cercato soprattutto di individuare protocolli di accordo e di partenariato con le banche, che permettessero di codificare i processi di valutazione, di strutturare forme tecniche di impiego destinate alle imprese agricole, di evitare l'annoso problema delle disparità tra nord, centro e sud in termini di costo del denaro. Ci siamo riusciti in parte attivando questi processi di codifiche e stabilendo le regole del gioco, perché le banche chiedono garanzie sempre maggiori alle imprese, che per l'85 per cento operano nella forma giuridica della ditta individuale, quindi con una commistione tra asset patrimoniale personale e asset patrimoniale aziendale, per cui le garanzie reali si basano su beni personali, quindi normalmente su ipoteca su beni immobili.
Le banche richiedono dunque garanzie, che, al di là dell'aspetto patrimoniale e quindi delle consistenze fondiarie o agrarie dell'impresa, possano assicurare la capacità di rientro. Oggi, pertanto, sono molto più attente a valutare il conto economico dell'impresa, oltre che a pesare l'attivo patrimoniale. Di fronte a questo atteggiamento delle banche, che è corretto anche in virtù dell'applicazione dei dettati del nuovo accordo di Basilea 2, sarebbe opportuno rafforzare ulteriormente i fondi di garanzia dei confidi, fondi di garanzia che devono essere accompagnati anche da fondi destinati a rilasciare servizi di assistenza e di consulenza tecnico-finanziaria alle imprese.


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Uno degli elementi che ha caratterizzato il panorama descritto è infatti la mancanza o la carenza di una cultura d'impresa, soprattutto di una cultura finanziaria d'impresa. L'impresa agricola non è abituata a pianificare, a progettare da un punto di vista economico-finanziario i processi di investimento. Gli investimenti e i finanziamenti sono stati accompagnati fino a qualche anno fa - mi riferisco alla chiusura della programmazione 2000-2006 - da «voli» molto spontanei che vedevano come primo elemento di interesse l'eventuale contribuzione pubblica in conto capitale piuttosto che le effettive bontà e sostenibilità del processo di investimento. Oggi, ritengo che, prima di effettuare una valutazione di convenienza circa la partecipazione di un contributo in conto capitale, sia necessario fare una valutazione sulla bontà e sulla sostenibilità del progetto di investimento e sulla capacità del processo di investimento di fare fronte poi agli impegni finanziari di copertura, necessaria per attivare gli stessi.
Ritornando alla questione delle esigenze, si rileva dunque l'esigenza di normare a livello nazionale l'attività dei confidi, sulla falsariga di quanto realizzato a carattere regionale dalla regione Emilia-Romagna, la regione Sardegna, la regione Sicilia e, da ultimo, anche la regione Basilicata. La norma dovrebbe prevedere il sostegno alle imprese attraverso l'utilizzo dello strumento confidi, quindi una dotazione legata al rilascio di garanzie, sempre in via sussidiaria e non a prima richiesta, visto che SGFA-Ismea svolge questo tipo di mestiere, un fondo destinato alle attività di assistenza e di consulenza, utile all'impresa per pianificare, misurare e progettare i processi di investimento e di finanziamento, e accompagnarli con un piano aziendale, con un business plan, e un fondo utile per l'abbattimento dei tassi di interesse.
Questi sono i tre aspetti cardine, che peraltro, come ricordavo, sono contemplati in alcune norme regionali che accompagnano l'attività dei confidi agricoli. L'aiuto di Stato 265 del 2002 della regione Sardegna, ovvero la legge regionale n. 4 del 2002, che contempla due dei tre aspetti richiamati, la legge della regione Emilia-Romagna, che contempla anche la possibilità di un intervento pubblico per l'abbattimento del costo del denaro, l'aiuto di Stato alla regione Basilicata o alla regione Sicilia sono strumenti importanti che tuttavia demandano alla disponibilità dei bilanci regionali la loro attivazione e alla buona volontà degli enti locali e delle strutture territoriali la possibilità di dare adeguata copertura finanziaria e di rendere fruibili questi servizi. Ritengo che «normare» a livello nazionale questo tipo di attività possa essere proficuo.

PAOLA GROSSI, Capo ufficio legislativo della Coldiretti. Nel ringraziare la Commissione per questa audizione molto opportuna per il momento che stiamo vivendo e soprattutto per l'ampiezza del quadro di indagine che la Commissione si è data, vorrei sottolineare l'altro versante dell'indagine su cui la Commissione ritiene di doversi applicare: quello della gestione dei rischi. Questo ha una rilevanza anche dal punto di vista del merito creditizio, perché per imprese come quelle agricole, che sono soggette al rischio atmosferico in misura estremamente pesante nonché al rischio biologico in generale per le malattie degli animali delle piante, l'esibizione di un contratto assicurativo che garantisca il reddito dell'impresa rappresenta un atout in più che le imprese possono spendere anche sotto il profilo dell'ottenimento del credito.
Vorrei anche sottolineare un'esigenza nota alla Commissione, poiché anche nell'esame degli ultimi provvedimenti sono stati presentati emendamenti da tutti i gruppi in tal senso e questa esigenza è stata evidenziata anche attraverso la presentazione di risoluzioni e di ordini del giorno. Questo intervento, che per il 2009 non è finanziato e per il 2008 è carente, nonostante lo sforzo effettuato dal Parlamento per reperire i 66 milioni nel decreto-legge n. 271, ha infatti evidenziato efficienza sotto il profilo della spesa pubblica.


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I dati in nostro possesso derivanti dal Ministero indicano che negli anni dal 1999 al 2004 i danni per calamità ordinarie accertati dalle regioni ammontano a 12.500 milioni di euro, quindi 12,5 miliardi di euro di danni, a fronte di un intervento compensativo erogato dallo Stato di soli 806 milioni di euro, con un'efficienza della spesa pubblica pari a 6,5 per cento del danno, e di un intervento ormai totalmente virato nel campo assicurativo. Questo ha significato grande risparmio per lo Stato, che ha sensibilmente diminuito i finanziamenti rispetto a quando dava solo i compensativi, è un intervento non a pioggia perché compartecipato dalle imprese che pagano una quota del premio e ha avuto l'effetto grandemente positivo per le imprese di portare il costo dell'assicurazione dal 3,08 per cento medio del 2004 all'1,81 medio del 2008, se fossero assicurati i finanziamenti originariamente previsti. Il 2,5 per cento del 2007 rappresenta l'ultimo dato reale in nostro possesso, perché il finanziamento è stato erogato.
L'impresa ha quindi grande interesse per questo intervento, che si dimostra efficace anche sotto il profilo dell'apertura del mercato. Negli ultimi tre anni, infatti, abbiamo avuto la possibilità di assicurare non più solo sulla grandine; l'esistenza di questa unica polizza provocava una spirale perversa con un aumento dei tassi dovuto al fatto che si assicuravano soltanto le imprese su cui grandinava.
Grazie alla forma associativa dei consorzi di difesa, analoghi ai confidi in campo creditizio, è stato possibile sviluppare nuove formule assicurative come le polizze pluririschio e multirischio, che hanno consentito di allargare grandemente la base associativa, attraverso la copertura della siccità, che ha interessato non solo il sud, ma negli anni scorsi anche regioni come Friuli, Veneto, Lombardia purtroppo colpite dalla siccità, nonché di altre avversità come grandine, brina, gelo e vento forte, che hanno consentito di allargare la possibilità per le imprese di «coprirsi» dagli eventi atmosferici.
Si sono dunque garantite l'apertura del mercato assicurativo, la diminuzione dei tassi attraverso la contrattazione organizzata che questi enti consentono, la riduzione delle asimmetrie informative, perché gli agricoltori, attraverso questi strumenti, possono essere informati su tutto il panorama delle offerte assicurative, non rivolgendosi soltanto alla singola compagnia assicuratrice, che naturalmente propone offerte e tassi propri. Nonostante l'assoluta libertà degli agricoltori di assicurarsi con chiunque e di ottenere comunque il contributo pubblico, questi consorzi consentono di avere un panorama complessivo delle tariffe per la copertura di eventi, diverse a seconda del comune e della compagnia assicuratrice.
Attraverso l'erogazione del contributo pubblico che avviene attraverso di essi, questi enti assicurano alle imprese anche la possibilità di ricorrere al credito in forma organizzata, perché purtroppo lo Stato paga sempre in ritardo la quota di contributo sul premio, mentre i premi devono essere pagati ogni anno a dicembre, altrimenti le compagnie non versano i risarcimenti. Questo consente agli agricoltori di anticipare il contributo pubblico non singolarmente, ma in forma organizzata e quindi di poter «mutualizzare» in qualche modo il costo del credito.
L'altro elemento indispensabile che ha sicuramente favorito l'allargamento del mercato assicurativo è l'intervento riassicurativo di Ismea, che ha certamente supportato le compagnie di assicurazione molto restie ad avviarsi su polizze nuove, sulle quali non esistevano dati statistici e che potevano pertanto rivelarsi più pericolose. Questo intervento, che ci vede all'avanguardia in Europa per la organizzazione complessiva del sistema, dovrebbe essere sostenuto e rifinanziato, come richiesto anche dalla Commissione. Ci auguriamo dunque che questi sforzi abbiano migliore esito di quello ottenuto sinora.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.


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ANGELO ZUCCHI. Ringrazio i rappresentanti della Coldiretti oggi intervenuti per averci fornito informazioni assolutamente utili per il nostro lavoro. Se per le imprese agricole il credito viene utilizzato non per investimenti tendenti ad ammodernare le imprese, a raccogliere la sfida dell'innovazione che il nostro settore dovrebbe essere in grado di effettuare, ma per assorbire l'attività gestionale delle imprese stesse e per consolidare passività preesistenti, significa che senza assumere provvedimenti precisi, puntuali e soprattutto decisi per facilitare l'accesso al credito delle imprese agricole, ragioneremo non tanto di difficoltà future, ma addirittura della sopravvivenza di molte di queste imprese.
Per questo siamo ancora molto critici verso il decreto-legge cosiddetto anticrisi, che, rispetto a una situazione fortemente emergenziale, che ha ricadute sulla crisi economica del nostro Paese che si stanno misurando pesantemente in queste settimane e che avrà ricadute drammaticamente importanti anche sul settore agricolo, non prevede provvedimenti sufficienti per garantire l'elemento più debole, che rappresenta e concretizza la crisi nel nostro Paese, ovvero la possibilità per il settore delle piccole e medie imprese, fra le quali anche quelle agricole, di avere accesso al credito con facilità e con tassi sostenibili. Su questo ci saremmo aspettati di più.
Cogliamo con grande attenzione le considerazioni ora espresse, perché ritroviamo nelle indicazioni dei rappresentanti di Coldiretti la posizione che ci dovrebbe indurre a fare di più e con maggior velocità. I rappresentati della Coldiretti sostengono infatti l'opportunità di potenziare il credito in alcune regioni, mentre altre già lo hanno fatto. Noi affermiamo che il potenziamento del credito potrebbe essere garantito con maggiore efficienza, se partisse da un'azione forte del Governo, non effettuata a macchia di leopardo dalle varie regioni in relazione alle loro capacità, bensì più decisa in quanto assolutamente necessaria. Da questo punto di vista, il panorama illustrato ci induce ancor più ad avere all'interno della Commissione un ruolo di opposizione, per essere ancora più decisi nell'invocare questo tipo di provvedimenti.
Appare interessante anche la relazione emersa fra questa difficoltà di accesso al credito e il Fondo di solidarietà nazionale, che è stato terribilmente decurtato, con risorse insufficienti per il 2008 e inesistenti per il 2009. Viene infatti riconfermato che, se un'impresa può avere una polizza assicurativa a garanzia della propria attività e dei propri raccolti, può ottenere dalle banche un altro tipo di atteggiamento.
La battaglia che stiamo conducendo - purtroppo finora non con grandissimi risultati - sul Fondo di solidarietà nazionale ha non solo effetto sull'impresa e sui danni che può subire, ma un effetto complessivo sulla vita dell'impresa e sul suo rapporto con le banche e con l'accesso al credito.
Poiché viviamo in una situazione di crisi, siamo consapevoli della limitatezza delle risorse e di come probabilmente il Ministro intenda rimpinguare i fondi del Fondo di solidarietà nazionale attraverso l'articolo 68 della PAC. Poiché è presente la responsabile del settore legislativo della Coldiretti, vorremmo conoscere la vostra opinione su tale strada che riteniamo molto problematica, giacché l'articolo 68 della PAC prefigurerebbe uno stanziamento di risorse direttamente all'agricoltore, senza passare attraverso i consorzi. Questo può essere un elemento che non ci aiuta a risolvere problemi.
Vorrei sapere da voi se questa strada sia percorribile e in che modo, oppure se oggettivamente sarebbe bene reperire altrove le risorse perché quelle dell'articolo 68 sono richiamate sulla base di intenzioni buone, ma difficilmente concretizzabili.

MARIO PEPE (PD). Ringrazio i due ottimi dirigenti della Coldiretti per le relazioni ampie e dettagliate di macro e microeconomia rurale, dalle quali mi sono reso conto di un elemento noto anche ai dirigenti


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che hanno un osservatorio dinamico sullo stato dell'agricoltura nel quadro della politica nazionale europea.
Soprattutto nel Mezzogiorno d'Italia si assiste a due elementi di evidente patologia: una più diffusa «mortalità aziendale» delle imprese, per le sofferenze cui faceva riferimento il dottor Grassa, e una difficoltà a determinare investimenti fondiari sul piano delle acquisizioni, della proprietà fondiaria per la polverizzazione delle imprese del Mezzogiorno d'Italia, e miglioramenti sui fondi agricoli per garantire una maggiore redditività.
Alla luce di questa situazione, vorrei sapere se riteniate che il Governo e il sistema delle regioni abbiano contezza profonda delle difficoltà delle imprese, della loro sopravvivenza, del loro mantenimento e della loro capacità di investimento, abbiano contezza delle politiche che dovrebbero essere intraprese, e se riteniate opportuno, a fronte di questa situazione e di un decreto-legge anticrisi oggi convertito nella legge n. 2 del 2009 in cui sono fortemente carenti le misure a favore dell'agricoltura, che il Governo appronti un intervento in un concerto anche regionalistico, dal momento che alcune regioni hanno effettuato oculate scelte ad hoc per agevolare il credito delle imprese.
In questa fase di difficoltà e di cambiamento epocale, sarebbe infatti opportuno che il Governo adottasse un provvedimento organico intersettoriale per l'agricoltura, per superare difficoltà e deficienze. Personalmente, mi aspetterei questo dal Governo. Vorrei sapere quindi se consideriate questa un'ipotesi percorribile.

SEBASTIANO FOGLIATO. Ringrazio i rappresentanti della Coldiretti che ci hanno reso edotti di queste problematiche colte dal loro osservatorio privilegiato. Ci confrontiamo volentieri. L'opposizione fa il suo lavoro evidenziando ciò che manca, ma ritengo che l'agricoltura con il Ministro Zaia goda di un'attenzione senza precedenti. Certo, le problematiche sono molte e i fattori congiunturali della recessione in atto vanno acuendosi. I prodotti dell'agricoltura sono oggetto anche di speculazione da parte della grande distribuzione, con conseguenze sfavorevoli per gli agricoltori.
È dunque necessario analizzare tutti i fattori che incidono sulla redditività dell'azienda agricola. Si verificano situazioni nuove, prima sconosciute. È quindi necessario lavorare insieme sulle problematiche dell'agricoltura, come avviene in questa Commissione, ove si rileva una divisione di ruoli puramente formale, ma una comune volontà di collaborare, verificata anche sull'ultimo provvedimento, il decreto-legge n. 171. L'agricoltura ha già troppi problemi e troppi affanni e non può quindi divenire strumento di divisione politica a spese degli agricoltori.
Ho colto tutti gli spunti proposti. Per quanto riguarda il Fondo di solidarietà nazionale, per il 2009 è necessario trovare una copertura finanziaria. So che il Ministro si è già attivato in tal senso, per dare seguito a tale forma di assicurazione importante per l'agricoltore.

CARLO NOLA. Desidero innanzitutto scusarmi per il ritardo che non mi ha permesso di ascoltare in maniera compiuta gli interventi dei rappresentanti della Coldiretti. Cercherò di ricostruire, rivolgendomi direttamente ai dirigenti della Coldiretti, le loro osservazioni. Desidero anche ribadire ai rappresentanti del mondo sindacale la consapevolezza della situazione difficile e preoccupante del mondo agricolo. L'onorevole Fogliato sottolineava come l'opposizione chieda maggiori risorse, ma tutti siamo consapevoli della loro limitatezza. Avendo lavorato tutti insieme, siamo convinti nella maggioranza come nell'opposizione che questo lavoro può portare a ottimizzare le risorse esistenti, a fare fronte comune e ad aumentare il peso specifico del settore agricolo - con l'onorevole Fogliato ci impegniamo a livello personale - nell'equilibrio generale della nostra economia.
Sono sicuro che con il vostro apporto riusciremo a dare voce alle richieste del mondo agricolo e probabilmente a individuare nuovi e importanti meccanismi per finanziare le nostre imprese agricole.


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PRESIDENTE. Ringrazio il collega Nola perché il suo intervento consente di sottoporvi un ulteriore elemento di valutazione. Questa indagine conoscitiva nasce esattamente dalla necessità di misurare esattamente lo stato dell'arte, unanimemente consapevoli di come maggiori risorse renderebbero tutto più agevole e la fotografia della situazione più rosea. Il confronto, anche attraverso le valutazioni formulate dal vostro osservatorio privilegiato, ci può consentire di avere quegli elementi utili a comprendere anche dove poter meglio intervenire e con quali strumenti.
Comprendiamo che le risorse sono un elemento essenziale, ma ci appare fondamentale anche la loro utilizzazione, ovvero capire in quali direzioni sia opportuno orientare la nostra azione per migliorare la performance.
Do la parola a Paola Grossi, capo dell'ufficio legislativo della Coldiretti, per la replica.

PAOLA GROSSI, Capo dell'ufficio legislativo della Coldiretti. Grazie, presidente. Abbiamo apprezzato molto la scelta di effettuare questa indagine in un momento molto critico per tutto il sistema Paese. Come esponenti del settore dell'agricoltura, infatti, ci rendiamo conto di non essere in una monade felice che può avere finanziamenti di qualunque tipo. Risulta quindi particolarmente necessario indirizzare finanziamenti verso interventi efficaci ed efficienti per massimizzare le ridotte risorse pubbliche .
In questa situazione, apprezziamo il clima di collaborazione tra le forze politiche che si vive in questa Commissione, perché riteniamo che, al di là delle evidenti differenze, i problemi debbano essere affrontati per individuare soluzioni utili per le imprese.
Nell'ottica della scarsità di risorse, per quanto riguarda la domanda dell'onorevole Zucchi, l'articolo 68 non mi preoccuperebbe tanto per la previsione che i finanziamenti vadano direttamente agli agricoltori, perché i consorzi di difesa sono organismi di agricoltori. Quella previsione nasce dalla preoccupazione dell'Unione europea di evitare che i finanziamenti vadano alle compagnie. Alcuni Paesi comunitari si stanno affacciando a questo tipo di interventi. Come Italia, infatti, siamo all'avanguardia soprattutto sotto il profilo dell'organizzazione degli agricoltori. Paesi come la Francia hanno iniziato da circa 18 mesi a dare contributi per il settore assicurativo, perché c'è la tentazione di dare i soldi alle compagnie, cosicché abbassino i tassi. Si tratta però di un percorso più tortuoso e non altrettanto sicuro dal punto di vista dell'efficienza. La Commissione e l'Unione europea hanno presente questo problema, per cui hanno specificato che i finanziamenti devono essere dati agli agricoltori.
In questa ottica, non mi preoccuperei tanto della previsione, che può essere chiarita - mi risulta che il Ministero si stia già attivando in questo senso -, laddove agricoltori e associazioni di agricoltori coincidono.
In un momento di scarsità delle risorse, riteniamo invece necessario individuare percorsi paralleli che consentano di finanziare questo intervento utilizzando tutte le risorse disponibili. L'articolo 68 in parte può servire a questo scopo, ma nel 2009 non è utilizzabile perché si potrebbe impiegare la riserva nazionale che è di soli 4 milioni di euro, dal 2010 ci sono 400 milioni spendibili (questo è il 10 per cento della modulazione in Italia); inoltre gli interventi per cui sarebbero utilizzabili sarebbero diversi ed è da escludere che tutto possa essere concentrato in questo settore.
L'articolo 68 stabilisce comunque la possibilità di agevolare fino al 65 per cento del premio, mentre gli aiuti di Stato, che noi applichiamo, stabiliscono l'80 per cento. Assicuriamo la zootecnia anche per quanto riguarda lo smaltimento carcasse, mentre l'articolo 68 parla solo di epizoozie. Assicuriamo anche strutture, serre o reti antigrandine che non sono comprese nell'articolo 68.
L'articolo 68 è quindi sicuramente utile per coprire una parte degli interventi che oggi effettuiamo con il decreto legislativo


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n. 102 del 2004. Una parte di finanziamento del Fondo di solidarietà per gli interventi ex decreto n. 102 dovrebbe comunque essere assicurata anche dal 2010, ma si potrebbero utilizzare a questo scopo anche risorse provenienti dall'OCM vino e dall'OCM ortofrutta.
Proporremo al Ministero, all'ISMEA, al Parlamento per le rispettive competenze, di individuare percorsi che consentano di assorbire finanziamenti da tutti i canali possibili perché questo ci sgrava anche sotto il profilo del bilancio dello Stato, mantenendo però, perché per noi è essenziale, la possibilità per le imprese agricole di fare contrattazione organizzata, quindi di porsi nei confronti delle compagnie assicuratrici come soggetto coeso.
Farei al riguardo una breve digressione. La liberalizzazione del mercato assicurativo non ha riguardato solamente il settore agricolo. Anche il settore auto e il settore vita hanno avuto la stessa liberalizzazione, ma non abbiamo avuto lo stesso effetto di diminuzione dei tassi; per la polizza auto o altre polizze non abbiamo le stesse performance, come risulta dai dati che invierò in Commissione. Come giustamente rilevato dall'onorevole Fogliato, in settori come la commercializzazione dei prodotti, la concentrazione dell'offerta non ha dato risultati di efficienza, perché anche una recente indagine dell'Unione consumatori francese ha evidenziato come diminuiscano i prezzi dei prodotti agricoli, ma aumentino i prezzi per i consumatori. La concentrazione dell'offerta in Italia non ha dunque dato i risultati sperati, come verificato anche dall'Antitrust nell'indagine compiuta sulla commercializzazione e distribuzione dei prodotti agroalimentari.
Riteniamo invece che in un settore in cui la concentrazione ha dato effetti positivi non debba essere assolutamente disperso questo patrimonio attraverso una differenziazione della domanda di assicurazione. Ritengo però che si possa studiare in questa ottica, accorpando le risorse e individuando soluzioni per unificare i canali di finanziamento.

ROBERTO GRASSA, Responsabile del servizio crediti e confidi della Coldiretti. Colgo una puntuale e sensibile attenzione alle problematiche esposte in materia di credito, di cui vi ringrazio. Sulla base di quanto osservato anche dall'onorevole Pepe, mi preme esprimere alcune considerazioni, che allo stesso tempo vogliono essere proposte di carattere più pragmatico e operativo sulla possibilità di «normare» a livello nazionale le forme di sostegno e di incentivazione a favore delle imprese agricole attraverso i confidi. Questi rappresentano l'unico strumento mutualistico costituito tra e da imprenditori agricoli e l'unico strumento attualmente utilizzato in modo «performante» dalle imprese agricole, per abbattere questa refrattarietà e la difficoltà delle banche a concedere credito al cosiddetto canale diretto.
Sulla bontà del sostegno ai confidi, mi preme anche evidenziare un dato: mentre l'incidenza delle sofferenze a canale diretto è pari al 7 per cento, l'incidenza delle sofferenze degli impieghi garantiti a canale cosiddetto «filtrato», ovvero dai confidi, è pari allo 0,12 per cento. È necessario tenere in considerazione questo importante dato ai fini del sostegno a questi enti mutualistici, ma non per una maggiore capacità dei confidi ad attivare processi di valutazione. Anche questo è vero, perché all'interno del settore confidi ci sono soggetti che, in modo specialistico e dedicato, si occupano di credito e di finanza d'impresa in agricoltura; sono quindi attenti analisti di credito in grado di pesare, qualificare e quantificare un metodo di credito, forse più idonei dei «settoristi» di banca, abituati a trattare nei più ampi settori della produzione.
Un aspetto non irrilevante è la conoscenza diretta dell'imprenditore agricolo anche attraverso le dotazioni informative legate al fascicolo aziendale, oltre che al fascicolo credito, oltre agli aspetti di indagine che partono dai sistemi di informazione creditizia, alle interrogazioni dei credit bureau o altri strumenti, come AgriRating, che sono in grado di misurare un PD, la probabilità di default dell'impresa


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nell'arco dei dodici o diciotto mesi post il processo di investimento o di finanziamento. Esistono quindi gli strumenti di conoscenza diretta personale ma anche strumenti di indagine più performanti e più scientifici, quali il sistema di rating di cui dispongono i confidi, con la possibilità peraltro di utilizzare anche il modello di rating recentemente strutturato da Ismea con Moody's.
Esistono gli strumenti del Sistema di informazioni creditizie (SIC) e le interrogazioni ai credit bureau, che sono le centrali dei rischi finanziari private (Experian, CRIF o altre), ma esiste soprattutto la volontà del confidi, che è un ente mutualistico, a fare in modo che l'impresa possa reperire le migliori fonti finanziarie a sostegno degli investimenti alle migliori condizioni di mercato e anche garantirle.
Ritengo che normare a livello nazionale sulla base di quanto realizzato da alcune regioni sia il primo processo urgente da attivare, quantomeno sul piano della progettazione.
Un ulteriore elemento, che il Governo potrebbe porre in campo a sostegno delle imprese agricole e quindi del loro accesso al credito, consiste nel favorire il processo aggregativo tra «confidi 106», ovvero tra quei confidi scritti all'albo di cui all'articolo 106 del Testo unico bancario, affinché la loro aggregazione possa portare a una forma più strutturata, quindi alla costituzione di un unico «confidi nazionale 107» abilitandolo anche al rilascio delle garanzie dirette.
L'altro aspetto, di carattere più contenutistico, è la costituzione e l'adeguata dotazione finanziaria di un fondo rischi, cui potrebbero accedere i confidi agricoli sia ex articolo 106 che ex articolo 107, un fondo destinato alle attività di assistenza, di consulenza e di progettazione economico finanziaria, business plan e quant'altro possa servire alle imprese per accedere a forme di intervento di finanza strutturale.
Ci troviamo in piena programmazione delle misure di intervento di PSR e, laddove non c'è una misurazione oggettiva e scientifica della sostenibilità economico-finanziaria dei processi di investimento e quindi di finanziamento, le regioni, autorità di gestione PSR, non erogano contribuzioni né in conto capitale né in conto interesse. Mi pare tra l'altro corretto evitare l'impegno di risorse pubbliche, laddove l'impresa non abbia poi capacità di dare copertura finanziaria alla parte non coperta dal contributo pubblico; è necessario quindi con un'attenta valutazione di questo tipo.
Auspichiamo infine la costituzione di un fondo che possa intervenire nell'abbattimento del costo del denaro.
Tutto questo deve essere collocato in una cornice che, su protocollo di partenariato, coinvolga ABI e le banche. All'interno di questo protocollo, si devono stabilire le regole del gioco, ovvero determinare in modo chiaro e oggettivo quali sistemi e processi di valutazione dovranno essere condivisi tra banche e confidi, per evitare che, a discrezione della banca e quindi del settorista, una valutazione fatta lunedì sia totalmente diversa dalla valutazione fatta il giovedì dal collega che lo sostituisce. Occorre stabilire tassi certi almeno nella costruzione e una tempistica.
Oggi, molti istituti carenti di liquidità stanno utilizzando la tattica di dilazionare nel tempo, attraverso richieste documentali spesso improbabili, il processo di istruttoria. Questo significa rimandare costantemente una delibera di assunzione del rischio in parte o totale, e per l'impresa perdere opportunità di accesso a bandi di intervento pubblico che hanno perentorie scadenze di 30- 60 giorni. Se infatti un'istruttoria bancaria di copertura parziale dura quattro mesi, si «perde il treno».
Per quanto riguarda la nazionalizzazione di alcuni fondi pubblici, desidero citare un argomento molto attuale. Recentemente, il Ministero dell'interno e il Ministero dell'economia hanno ulteriormente alimentato di 11 milioni di euro i fondi di cui all'articolo 15 della legge n.108 del 1996 sull'antiusura, che sono ripartiti tra i confidi e vengono utilizzati per rilasciare garanzie a quei soggetti che normalmente non avrebbero accesso al credito in quanto


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hanno subito dei protesti di assegni ovvero di cambiali o si trovano in una condizione di difficoltà oggettiva, per cui le banche non concederebbero mai credito secondo accesso ordinario.
Questo fondo nazionale di cui alla citata legge n.108, che prevede peraltro una componente di cogaranzia dei confidi, nonostante la limitata dotazione finanziaria, consente di risollevare la propria situazione a molte imprese a rischio usura, in quanto, in seguito al rifiuto del sistema bancario, spesso, per fare fronte alle esigenze aziendali, ci si rivolge ai canali, cosiddetti «paralleli». Questo fondo altamente performante viene utilizzato dai nostri confidi. Ultimamente, si è svolto un incontro al Ministero dell'economia per rivisitare queste dotazioni, che probabilmente nel corso del 2009 potrebbero passare da 11 milioni a 77 milioni di euro. È un esempio intelligente e performante di nazionalizzazione e razionalizzazione di fondi che i confidi possono utilizzare.
Un altro aspetto legato alle garanzie che considero importante «normare» a livello di legge-quadro riguarda la possibilità di costituire un fondo che i confidi possano utilizzare per il rilascio di garanzie. Attualmente, in agricoltura esiste un ente di emanazione ministeriale, la SGFA - società unipersonale di Ismea -, che gestisce fondi di garanzia diretta, quella più performante per la banca in quanto consente alla banca stessa di non accantonare il famoso 8 per cento. La garanzia SGFA Ismea ha infatti la ponderazione massima, ponderazione zero, perché ha la cosiddetta «controgaranzia di Stato», per cui è molto appetibile per la banca.
Il problema è che operando SGFA in regime di economia di mercato, rilascia questa garanzia dietro un corrispettivo di premio fideiussorio, che ha un costo di mercato. L'impresa non è in grado di pagare una fideiussione di 3 o 4 mila euro su un finanziamento medio di 120-150 mila euro, equivalente al taglio medio di una richiesta di finanziamento di medio-lungo termine di un'impresa agricola, anche perché quella componente di costo dell'indicatore sintetico, quindi il TAEG dell'operazione, incide sostanzialmente.
Apprezziamo quindi l'esistenza dello strumento SGFA. Un intervento governativo potrebbe servire per aiutare l'impresa, anche limitatamente ad una componente de minimis, per il pagamento dei costi della fideiussione. Poiché abbiamo uno strumento performante, che però operando in regime non di aiuto ma di economia di mercato ha un costo non sostenibile da un'impresa agricola, ben venga un aiuto da parte governativa, per sostenere i costi delle fideiussione rilasciate dal Ismea SGFA.

PRESIDENTE. Ringrazio l'avvocato Grossi e il dottor Grassa della Coldiretti per la cortesia di aver accettato il nostro invito e per l'approfondita e utile relazione. La documentazione consegnata sarà pubblicata al resoconto della seduta.

PAOLA GROSSI, Capo dell'ufficio legislativo della Coldiretti. Noi ringraziamo doppiamente la Commissione per il tempo che ci ha concesso, perché non è facile riuscire a parlare con tanta calma.

PRESIDENTE. Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti di Confagricoltura.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul sistema di finanziamento alle imprese agricole, l'audizione di rappresentanti della Confagricoltura.
Do la parola ad Andrea Vergati, componente della giunta esecutiva della Confagricoltura.

ANDREA VERGATI, Componente della giunta esecutiva della Confagricoltura. Ringrazio innanzitutto il presidente per l'opportunità che ci viene concessa di parlare di un problema estremamente importante e di estrema attualità.


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Il settore agricolo non fa eccezione rispetto agli altri settori economici e quindi sta attraversando un momento di pesante crisi, una crisi di crescita - e questo è insito nell'ambito dell'attività agricola che qui rappresento, almeno in parte come Confagricoltura - e una crisi strutturale. A queste due crisi storiche se ne somma una di tipo congiunturale, che auspichiamo breve, che ci appare molto allarmante e riguarda anche gli aspetti dell'attività economica agricola legata al credito.
Vorrei innanzitutto ricordare come oggi gli investimenti nel settore agricolo, che pesano nel comparto del finanziamento e del credito, si attestino intorno ai 35-36 miliardi di euro annui. Rispetto agli ultimi anni, c'è stato un aumento degli investimenti di circa un 15 per cento l'anno, tanto che siamo passati da 22-23 miliardi nel 2002-2003 a circa 36 miliardi con un trend di crescita del 15 per cento.
Sfatando un luogo comune, per cui gran parte dei non addetti al settore li considera investimenti agevolati, sottolineo come soltanto il 2,6 per cento di questi investimenti possa essere considerato agevolato. Nell'ambito di questo ammontare complessivo, infatti, gran parte degli investimenti deriva dall'autofinanziamento diretto da parte delle imprese. In un momento in cui le linee di credito si stanno riducendo e i costi degli interessi stanno aumentando, il settore agricolo è esposto a questo aumento di costi, laddove l'agricoltore e l'impresa possono essere visti positivamente dalle banche oppure subire una drastica riduzione delle linee di affidamento. Questo ci preoccupa profondamente.
Il livello di impieghi e sofferenze in agricoltura negli ultimi anni era andato riducendosi, anche perché il costo degli interessi era sceso. Questa tendenza alla riduzione si è interrotta e sta subendo un indirizzo contrario negli ultimi mesi, in diretta connessione con la riduzione delle linee di affidamento e con l'aumento del costo del denaro. Le recenti diminuzioni a livello di Euribor lascerebbero sperare che questa fase di assestamento possa riportare il settore agricolo ad un livello di sofferenze e impieghi almeno identico a quello di alcuni mesi fa.
Se raffrontato agli altri settori, il settore agricolo è ancora fortunato, perché il livello di sofferenze rispetto agli impieghi è sempre molto al di sotto di quello degli altri settori, anche perché il livello di patrimonializzazione delle aziende agricole, ad eccezione di qualche caso particolare, è medio-alto. È ancora molto importante il patrimonio delle aziende agricole rispetto al capitale di esercizio quotidianamente movimentato. Questo dovrebbe essere un fatto positivo, anche se da un punto di vista bancario talvolta, con l'adeguamento dei nuovi parametri di Basilea 2, tale aspetto passa in secondo ordine.
Nonostante la fase di preparazione vissuta dal mondo delle imprese per adeguarsi ai nuovi criteri di rating di Basilea 2, tendenzialmente il nostro settore è ancora impreparato rispetto agli altri. Mentre le altre attività economiche potevano avere adottato già da molti anni un bilancio valido ai fini civilistici e fiscali, il settore agricolo ha ancora un bilancio con una connotazione di versamenti d'Iva, mentre ai fini fiscali è in realtà un bilancio che non si deve compilare perché l'imposizione fiscale in agricoltura è ancora in gran parte basata sul reddito agrario e dominicale. Anche questa fase di avvicinamento e di adeguamento agli aspetti e ai criteri fondamentali di Basilea 2, ha trovato il nostro settore più indietro per una situazione storica consolidata. Questo determina qualche difficoltà di adeguamento ai parametri di Basilea.
Le regole che sovrintendono alla concessione di erogazioni e di finanziamenti al settore agricolo si basavano anche su fondi particolari. Noi avevamo un fondo interbancario di garanzia (FIG) e una sezione speciale che riguardavano il settore agricolo. Questi due fondi diversi sono stati di fatto assorbiti dal Fondo di garanzia Ismea. Ricollegandoci alla questione del rating di Basilea, dobbiamo sottolineare che il Fondo di garanzia ISMEA, essendo un fondo sussidiario per


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quanto concerne l'erogazione nel settore agricolo, è indifferente dal punto di vista della valutazione dell'affidabilità delle aziende, perché, trattandosi di una garanzia di secondo livello, entra in vigore soltanto dopo che il creditore ha provveduto alla prevista serie di operazioni di escussione del proprio credito. Questo comporta che, non essendo un fondo «a prima chiamata», non possa influenzare - in questo caso positivamente - il rating, cioè il giudizio sintetico dell'ente creditore.
Anche su questo aspetto, riteniamo opportuno che questo Fondo di garanzia ISMEA, questo livello di sussidiarietà e questa caratteristica di garanzia «non a prima chiamata» siano destinati a subire modifiche per garantire un diretto beneficio al rating delle aziende agricole, in caso contrario tale importante fondo non potrà incidere positivamente sul giudizio sintetico formulato dalla banca sull'azienda affidata.
Parallelamente al fondo di garanzia, ci sono i confidi, strumento importante per le imprese, anche se in ambito agricolo i confidi sono cresciuti in maniera molto inferiore rispetto a quelli di altri settori. Questo è connaturato alla caratteristica dell'attività agricola, dove il capitale di esercizio viene usualmente «movimentato» una o due volte all'anno, perché in base ai cicli stagionali si effettuano gli investimenti, ma il ritorno si ha alla fine dell'annata agraria, contrariamente agli altri settori commerciali e industriali, dove la capacità di movimentazione di capitale è molto superiore rispetto a quella agricola.
Il proliferare di questi confidi ha quindi avuto in agricoltura un trend molto più contenuto rispetto agli altri settori. Abbiamo confidi a livello provinciale, regionale e nazionale. I confidi che operano nel mondo agricolo italiano sono circa 30. Questi strumenti incontrano difficoltà legate alla loro operatività e al fatto che, soprattutto negli anni passati, un utile aiuto al mondo delle imprese agricole veniva dato dalla cambiale agraria, quindi dai prestiti di conduzione, che spesso acquisivano caratteristiche proprie di un fondo di rotazione automaticamente rinnovato, dimostrandosi utile alle aziende e facendo in modo che la richiesta nell'ambito dei confidi avvenisse in maniera modesta.
Questi confidi hanno stentato a decollare soprattutto perché il meccanismo iniziale era abbastanza complicato per il mondo agricolo. Spesso, sebbene fossero partiti e a livello regionale e provinciale fossero intervenute convenzioni con istituti di credito, questi dirottavano sui confidi pratiche abbastanza complicate, dimezzando così il loro livello di rischio. Il confidi infatti è uno strumento che interviene, attraverso un proprio fondo di garanzia, a garantire il credito stesso. Quindi, le posizioni che venivano avvicinate dalle banche ai fondi di garanzia erano operazioni sulle quali le stesse talvolta chiedevano il coinvolgimento confidi per dimezzare il loro livello di rischio.
I confidi potevano anche operare attraverso le contribuzioni elargite dalle amministrazioni provinciali o più spesso dalle camere di commercio, aiuti che all'inizio consistevano in una riduzione del costo degli interessi, successivamente in un finanziamento per la costituzione del fondo di garanzia. Aumentava quindi il plafond di spesa dei confidi, ma non il costo degli interessi delle operazioni, che erano legate normalmente ai livelli di Euribor più uno spread in relazione agli accordi siglati da ogni confidi con l'istituto di credito.
Riteniamo che in questa situazione, per il decollo dei confidi e della loro attività, lo Stato dovrebbe intervenire proprio per l'incentivazione di questo strumento operativo con un parziale aiuto nella riduzione degli interessi. Se infatti non interverrà un aiuto in conto interessi, difficilmente si realizzerà un consistente aumento dell'operatività di questi consorzi. Tutto questo passa anche attraverso l'utilizzazione del Fondo di garanzia Ismea soprattutto per le operazioni di medio e lungo termine, nelle quali è necessario intervenire con un fondo che garantisca il confidi su operazioni che superano i cinque o i dieci anni.


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Per quanto riguarda ciò che si muove intorno al credito e ai livelli di autofinanziamento delle aziende agricole, dobbiamo parlare dei PSR (Programmi di sviluppo rurale) che oggi rappresentano lo strumento più importante per finanziare le aziende agricole e dare alle imprese un finanziamento agevolato. I PSR saranno oggetto di ulteriore approfondimento entro l'estate dell'anno corrente con un check-up di quanto è avvenuto dal 2007 ad oggi, nella prospettiva di una modifica di quello che non ha funzionato, per evitare di commettere gli stessi errori del passato. La percentuale del finanziamento PSR che va direttamente alle aziende agricole e può essere considerato finanziamento diretto all'ammodernamento delle aziende agricole, quindi «Asse uno», è del 39 per cento a livello nazionale, con modeste differenze a livello regionale. Poco più di un terzo di queste risorse è dunque destinato all'ammodernamento dell'azienda agricola, mentre le restanti Asse due, Asse tre e Asse quattro vengono destinate a politiche ambientali, prevalentemente misure agro-ambientali e adeguamenti, adesioni all'agricoltura di tipo biologico, o a Leader o a interventi di verticalizzazione delle aziende, interventi auspicabili e assai importanti.
Nel precedente PSR e anche nei primi anni di questo secondo PSR si è assistito al dirottamento ad altri settori di alcune risorse che dovrebbero andare al settore agricolo. Tale dirottamento ad altri settori appare decisamente positivo laddove partecipi anche l'azienda agricola in una fase di verticalizzazione, quindi di avvicinamento all'attività commerciale. Talvolta, questo non avviene, con il risultato di destinare questi fondi per l'attività agricola ad altri settori collegati per vie traverse a tale linea di attività, in cui i beneficiari dei finanziamenti sono però figure estranee al mondo agricolo. In tal modo, non rendiamo un servizio alla modernizzazione delle imprese agricole e dirottiamo risorse destinate l'agricoltura ad altri settori.
È difficile dire di chi sia la colpa. Non vogliamo attribuire responsabilità agli altri e ci collochiamo in prima fila per evidenziare di essere stati forse poco attenti alle legislazioni regionali, che si sono evolute. La colpa però è non soltanto nostra, ma anche di altri settori e in primis della farraginosità con la quale le politiche regionali sono intervenute nel regolamentare e fissare le percentuali dei vari assi.
Desidero evidenziare come su questo finanziamento regionale del PSR, che ammonta a circa 23 miliardi, il carico per le aziende private sia di circa 7 miliardi. Al di là di percentuali che variano a seconda dell'Asse, il settore con una maggiore percentuale di investimento privato rispetto agli altri settori è proprio quello dell'ammodernamento delle aziende agricole. L'agricoltore che vuole ammodernare la propria azienda agricola con un intervento diretto ha infatti un elevato livello di autofinanziamento, che oscilla da un 60 ad un 65 per cento, raggiungendo talora anche il 70 per cento.
Passando dall'intervento sulle aziende agricole agli interventi di Asse due, tre, quattro, quindi con finalità diverse da quelle delle aziende agricole, il livello di autofinanziamento tende a diminuire. Paradossalmente, le aziende agricole per ammodernarsi spendono molto di più di quello che un interlocutore non-agricolo che partecipa a un intervento del Leader o Asse tre spende per approvvigionamento. Abbiamo quindi un doppio danno: si dirottano finanziamenti verso aziende non agricole e coloro che utilizzano questi finanziamenti spendono meno come autofinanziamento rispetto alle imprese.
Un altro aspetto da non sottovalutare riguarda gli investimenti, sempre in relazione ai PSR, sulle fonti rinnovabili. I finanziamenti agevolati sulle fonti rinnovabili si possono sommare, sia a livello regionale che a livello di contribuzioni con leggi specifiche. Dovremmo però cercare di modificare l'impostazione data da Bruxelles, che ritiene che il livello di finanziamento per le fonti rinnovabili debba essere innalzato, orientamento generale presente anche nel programma elettorale del neopresidente americano Obama. Vi è al riguardo la volontà di diminuire la dipendenza


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petrolifera, obiettivo che induce a puntare su un aumento delle fonti alternative.
Noi dobbiamo sentire una più forte necessità di puntare su forme di energia alternativa, senza illuderci che esse possano essere risolutive e superare il gap esistente, realizzando comunque un intervento importante. L'orientamento di Bruxelles è quello di considerare che le aziende agricole possono produrre energia ma nei limiti di quello che l'azienda medesima consuma, in contrasto anche con quanto stabilito in Italia, laddove noi affermiamo che è attività agricola quella che provvede all'utilizzazione e a una valorizzazione delle produzioni agricole anche per finalità diverse da quelle alimentari. Se quindi un'azienda agricola produce sottoprodotti o alimenti o derrate destinabili alla produzione di energia, tale attività - purché non sia prevalente rispetto a quella più fisiologica in ambito alimentare - viene considerata come attività agricola.
Se questa posizione comunitaria dovesse, nel tempo, prendere consistenza, il discorso della produzione di energia nell'ambito agricolo rimarrebbe un puro desiderio, perché, per quanto l'azienda agricola possa essere in grado di assorbire energia elettrica, tale assorbimento è sempre trascurabile rispetto alle capacità produttive che un'azienda di media dimensione può avere a seguito, ad esempio, di una valorizzazione del biogas.
Per entrare nel tema biogas, i moduli di produzione di energia per essere convenienti devono prevedere almeno 1.000 chilowattora di produzione. Conosco aziende agricole che sono in grado di produrre 1.000 chilowattora con intervento di biogas, ma non aziende che siano parallelamente in grado di assorbire 1.000 chilowattora.
Per dare una possibilità alle aziende con produzione di energia alternativa (il fotovoltaico, l'eolica, il biogas o il biodiesel), dobbiamo considerare questa idea brillante e capace di garantire un livello di approvvigionamento abbastanza importante, oltre che poi aderire alle varie direttive Kyoto o tutte quelle che seguiranno, oppure rinunciarci, perché, se questo è lo spirito che anima Bruxelles, non credo che la produzione di energia in ambito agricolo possa dare risultati concreti. Questo aspetto deve essere evidenziato nell'ambito del panorama generale, anche perché un impianto di produzione di biogas di 1.000 kilowattora costa 2-2,5 milioni di euro di investimento.
Questo potrebbe, tra l'altro, risolvere i problemi della «direttiva nitrati», che sono importanti soprattutto per l'Italia del centro e del centro-nord. Sottoprodotti come le deiezioni degli animali dovrebbero essere utilizzate e smaltite con livelli di smaltimento anche abbastanza alti sui terreni della Pianura padana o altrove.
Non sono certo un venditore di impianti di biogas, ma vorrei evidenziare la rilevanza di questa preoccupazione perché, se vogliamo far decollare il settore degli investimenti nell'ambito dell'energia alternativa, non possiamo limitare tali investimenti solo all'autoconsumo aziendale, perché avremmo una miriade infinita di piccoli impianti con rendimenti scarsissimi e costi enormemente elevati
Passando alla questione del credito di imposta per le aziende agricole, riteniamo che anche in futuro debba essere garantita la possibilità offerta alle aziende agricole non assistite da finanziamenti pubblici, che con la legge finanziaria 2007 potevano utilizzare il credito di imposta. Non sono ancora stati adottati i decreti attuativi previsti dalla legge finanziaria, ma l'ammontare definito nella finanziaria è pari a 10 milioni di euro, livello di finanziamento assai basso che, anche se fosse reso disponibile in forza dei decreti attuativi, avrebbe un'importanza modesta in ambito agricolo. Ribadisco che di quei 36 miliardi di euro il livello di approvvigionamento è pari al 97 per cento, essendo solo il 2,5 per cento il livello di finanziamento pubblico. Auspichiamo che anche sotto questo aspetto il Governo intervenga per ripristinare il credito di imposta emanando subito i citati decreti attuativi.
Un altro aspetto importante concernente il livello di credito in ambito agricolo


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è quello legato alle zone svantaggiate. Recentemente, con l'operazione di cartolarizzazione con le banche abbiamo risolto un'annosa questione, che ci trascinavamo da molti anni. Ritengo che sia stata risolta in maniera assai brillante e abbia posto una pietra tombale sul passato. Ovviamente, hanno aderito non tutte le aziende, ma nel complesso circa 140 mila, che rappresentano la parte più consistente di quelle coinvolte in questa situazione nata e cresciuta negli ultimi decenni.
L'intento di non mantenere le agevolazioni previdenziali e contributive prima esistenti nel mondo agricolo potrebbe rappresentare un elemento negativo e indurre ad una forte riduzione nell'assunzione di manodopera al sud o a fenomeni di mancato pagamento degli oneri previdenziali e quindi di abbandono di territori.
Dal nostro punto di vista, vigileremo per una campagna di moralizzazione del tessuto produttivo e degli imprenditori, ma dobbiamo evidenziare che soprattutto in territori montani e svantaggiati, che non si trovano soltanto nel Mezzogiorno, ma sono anzi forse più presenti al nord, una mancata defiscalizzazione degli oneri previdenziali potrebbe portare, oltre a un maggiore indebitamento delle aziende, al ripristino di un malcostume che potrebbe crescere. Ci preme sottolineare l'importanza di questa delicata questione per evitare una nuova utilizzazione delle linee di credito, quindi un'esposizione delle aziende nei confronti dell'Inps con tutti i problemi connessi al rilascio dei modelli e delle dichiarazioni Inps come prova di aver assolto ai pagamenti e, quindi, con l'eventuale possibilità di blocco dei contributi comunitari.
L'ultimo aspetto, che riguarda non direttamente il credito, ma un aspetto ad esso collegato, è quello delle compensazioni al reddito Agea. La somma che annualmente Agea eroga per la politica agricola comunitaria ammonta a 4-4,2 miliardi di euro, somma importante, che non deve essere considerata un contributo al mondo agricolo, ma deve essere intesa come volta a compensare il minor volume di fatturato dell'azienda agricola. Si tratta infatti di una compensazione per la riduzione dei prezzi internazionali che si sono adeguati, per motivi di politica economica internazionale, ai bassi livelli degli altri partner europei.
Questa somma dovrebbe essere erogata da Agea con inizio dei pagamenti nell'ottobre di ogni anno. Ignoro i motivi dei cronici ritardi dei pagamenti Agea, se questo sia da attribuirsi ai CAA, agli imprenditori agricoli, alle strutture e all'amministrazione dell'Agea, allo Stato che non interviene nell'anticipazione della prima tranche di pagamento che innesca una serie di processi virtuosi, attraverso i quali dopo la prima erogazione, Agea interviene per il primo pagamento al mondo agricolo e poi la comunità interviene nei successivi finanziamenti. È comunque inaccettabile che questi 4 miliardi di Agea, che ogni anno debbono arrivare al mondo agricolo, arrivino con due, tre, cinque mesi di ritardo. I primi pagamenti di Agea sono pervenuti alle imprese a fine dicembre 2008, mentre altri importanti Paesi come la Francia come anche altri di minore importanza agricola hanno provveduto al 95 per cento circa dei pagamenti Agea entro la prima decade del mese di dicembre.
Il ritardo nel pagamento di queste somme incide in una misura che va dai 25 ai 30 milioni di euro al mese, per cui un ritardo di quattro mesi rappresenta un onere di 100 milioni per le imprese agricole. Ritengo che su questo aspetto dovremmo fare molta attenzione e, nei limiti delle nostre possibilità ed in qualità di CAA, di Agea o di Commissione parlamentare, operare un chiarimento. Non credo che i nostri imprenditori, sebbene possano avere dei comportamenti estemporanei siano poco affidabili, come alcuni sostengono. Dissento da questa opinione secondo cui i due terzi degli imprenditori agricoli sarebbero tali, mentre negli altri Paesi sarebbero rispettosi delle norme.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANGELO ZUCCHI

PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Vergati. Do la parola al dottor Tracagni,


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responsabile dell'assistenza creditizia e assicurativa della Confagricoltura.

FABIO TRACAGNI, Responsabile dell'assistenza creditizia e assicurativa della Confagricoltura. Accenno solo a un ultimo argomento, che è anche riportato nel documento che vi abbiamo consegnato e che in questo momento è di assoluta importanza, ovvero il finanziamento del Fondo di solidarietà nazionale.
Con il decreto legislativo n.102 del 2004 è stata fatta la scelta, condivisa anche da Confagricoltura, di spostare l'intervento di sostegno in caso di eventi calamitosi alle imprese agricole a favore di un sistema assicurativo. In questi anni, esso si è sviluppato, si è diffuso e soprattutto si è allargato dal solo evento grandine ad altri eventi calamitosi. In alcune province del nord Italia la quasi totalità dei prodotti viene assicurata. Il 98 per cento del riso viene assicurato. Si tratta di tutta la cultura del riso di Vercelli, di Novara, di Pavia, così come di punte alte dell'ortofrutta nell'Emilia-Romagna che raggiungono il 70 per cento.
Purtroppo, per il 2009, la legge finanziaria non prevede stanziamenti, per cui a fine gennaio, con una campagna per prodotti di ortofrutta che deve cominciare fra circa 15 giorni e con altri prodotti a ciclo continuo come le serre o la zootecnia, non esistono stanziamenti o possibilità per lo Stato di intervenire a contributo sui premi pagati.
Si aggiunge inoltre una situazione di forte crisi per cui gli stanziamenti di 66 miliardi, che sono stati aggiunti con il decreto-legge n. 171 del 2008 sulla competitività adesso convertito, non sono sufficienti a pagare il contributo che lo Stato paga per la campagna 2008. Ci troviamo quindi in una situazione in cui per la campagna assicurativa 2009 non esistono attualmente agevolazioni, mentre sarebbe necessario avere una contribuzione che si aggiri sui 220-230 milioni di euro.
Per quanto riguarda il 2008, mancherebbero 100 milioni di euro. Sottolineo il problema per l'anno 2008: i consorzi di difesa, attorno ai quali ruota tutto il sistema dell'assicurazione agevolata, hanno anticipato i premi alle compagnie assicurazioni, incassando la quota di premio dai propri associati.
La mancanza di versamenti per 100 milioni, che rappresentano la metà del contributo che l'agricoltore si aspettava dallo Stato, induce a richiederlo agli associati, operazione che diventa assai improbabile. Lo strumento assicurativo è basato su un rapporto di fiducia. Il fatto che a inizio campagna, senza nessuna certezza di contributo per il 2009, il consorzio di difesa debba richiedere agli agricoltori somme di ritorno, oltre ad apparire un'operazione molto complessa e difficile, perché ogni consorzio di difesa ha mediamente dai 2 mila ai 10 mila operatori con operazioni abbastanza piccole, crea una situazione di forte sfiducia, per cui nel 2009 pochissime aziende sarebbero disponibili ad assicurarsi. Si rischia quindi di lasciare tutto il sistema dell'agricoltura italiana senza strumenti di sostegno pubblico contro le avversità atmosferiche, considerato che con il decreto legislativo n. 102 interventi compensativi non vengono più operati.
Desidero perciò ribadire alla Commissione agricoltura, perfettamente conscia del problema, l'assoluta urgenza di trovare una soluzione, che sarà rappresentata dai nuovi fondi per poter continuare e ripartire.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

LUCA BELLOTTI. Ringrazio i rappresentanti della Confagricoltura e anche gli esponenti di Coldiretti, alla cui audizione non sono potuto intervenire. Questa è l'occasione per fare delle riflessioni, la prima delle quali sull'importante tema del rapporto tra l'agricoltura e il credito. L'agricoltura non fa investimenti creativi, il credito fa investimenti creativi. Nell'ultimo periodo, stiamo vivendo questo stato di crisi anche per queste «creatività» a


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livello internazionale. Il paradosso è che oggi anche il mondo dell'agricoltura soffre per il sistema creditizio, che si scarica su uno dei fattori produttivi più importanti, ovvero l'agricoltura a livello internazionale, ma nella fattispecie l'agricoltura italiana.
Oggi, in queste audizioni dobbiamo confermare il ruolo fondamentale dell'agricoltura nel panorama economico italiano, anche perché non molto tempo fa l'agricoltura era sul banco degli imputati perché ritenuta responsabile dell'aumento dei prezzi, sebbene questo non fosse vero, fatto che è sempre opportuno ribadire anche perché purtroppo si assiste a un arretramento dei prezzi dei prodotti agricoli, ma anche al mantenimento del livello dei prezzi al consumo di quelle merci che si nutrono della produzione agricola come elemento fondamentale.
Ritengo che la prima grande avversità dell'agricoltura sia il mercato, rispetto alle condizioni climatiche e alle varie influenze cui abbiamo dovuto assistere. Poiché qualche anno fa, come assessore regionale al bilancio, ho dovuto gestire i conti pubblici di una regione importante, il Veneto, in cui l'agricoltura è un punto di riferimento, ho potuto constatare come si spendesse molto di più nel venire incontro alle calamità rispetto agli interventi di investimento in agricoltura, che rappresentavano una piccola parte se confrontati con l'impegno di «pronto soccorso agricolo» richiesto per intervenire sui vari problemi. L'influenza aviaria, la Bse e alcune patologie vegetali ci hanno costretto a effettuare interventi poderosi. Mi chiedo dunque se non sia opportuno fare una riflessione in questa direzione, valutando se sia più utile rafforzare gli strumenti per un sostegno alle avversità climatiche, alle crisi, oppure rafforzare le stesse risorse per lo sviluppo dell'agricoltura italiana.
Avete elencato le necessarie correzioni da apportare all'interno delle varie filiere di sostegno italiane, avete citato l'Ismea, tutti i consorzi e i confidi, questa legge finanziaria che purtroppo per mancanza di fondi non sostiene in maniera adeguata rispetto alle necessità e alle richieste del mondo dell'agricoltura. Si potrebbe però considerare l'eventualità di investire questi soldi in una direzione diversa, aiutando chi crede veramente nell'agricoltura o chi nell'agricoltura vede sviluppo. L'agricoltore rispetto ad altri industriali e ad altre forme di investimento mette più mezzi propri rispetto ad altri.
Sostenendo questo settore, forse riusciremo a ottenere un risultato complessivo superiore rispetto a quello su cui stiamo discutendo e sul quale un'indagine conoscitiva ed esplorativa può senza dubbio aiutare il legislatore a correggere o migliorare questi fondi di garanzia.
La domanda quindi è: assistenza o sviluppo?
Anche la questione dei ritardi dei pagamenti in agricoltura deve essere affrontata, elencando le regioni agili negli stanziamenti dei finanziamenti e le regioni che ritardano talvolta per inadempienza, talvolta forse per strategia. Dovrebbe essere realizzata una mappatura seria.
Un'altra questione che deve essere riaffrontata in maniera forte è la semplificazione nel mondo dell'agricoltura. Semplificazione significa «sburocratizzare», eliminare costi aggiuntivi che non vanno all'agricoltura e ne rallentano i normali sviluppi. Chiedo quindi una riflessione alla Commissione agricoltura su quanto spendono il nostro Paese e la Comunità europea per i controlli nel mondo dell'agricoltura rispetto ai soldi che potremmo dare per lo sviluppo del settore. Forse, sarebbe opportuno eliminare questi controlli e affidarli direttamente all'agricoltore, aumentando eventualmente le autocertificazioni e le multe per chi non è in regola. Ritengo che questo potrebbe giovare molto.
Per quanto riguarda l'importante tema delle bioenergie, come centro-destra siamo stati protagonisti nella legislatura in cui il Ministro Alemanno aveva messo in piedi la prima legge sull'avvio della filiera di queste bioenergie; riteniamo infatti che possa essere un affiancamento all'attività agricola. L'energia strategica prodotta dal mondo dell'agricoltura può giovare non solo all'agricoltura, ma anche all'intero sistema produttivo del nostro Paese.


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Anche in questo settore, però, chi sta investendo diventa un eroe, perché il credito sta rallentando, mancano le certezze degli interventi legislativi a sostegno e - richiamo che rivolgiamo a tutto il mondo interessato al problema - le bioenergie risentono di un ritardo di garanzie di finanziamento.
Il problema del rapporto tra l'agricoltura e le banche, tra l'agricoltura e il credito consiste anche nell'individuare dove vogliamo portare la nostra agricoltura italiana, perché nell'ambito di una programmazione certa, chiara, precisa, con dei pilastri forti di intervento, l'agricoltore e le banche possono avere maggior fiducia nell'investire in un mondo più stabile. L'agricoltore ha sempre restituito il debito, come è evidente nella storia del nostro Paese.
Come Commissione agricoltura, avendo audito i due principali protagonisti dell'agricoltura italiana, possiamo rivolgere un richiamo all'intero mondo bancario, affermando che l'agricoltura italiana esiste, gli agricoltori italiani sono pieni di energia e anche la politica italiana ha voglia di ricoprire un ruolo da protagonista vincente in questo settore, che può garantire benefici, occupazione e sviluppo. Il made in Italy passa sicuramente attraverso un rafforzamento dell'agricoltura italiana. Emerge dunque la necessità di arrivare a delineare al più presto un quadro definitivo anche del ruolo dei consorzi agrari, che diventano strategici ma che da decenni non riescono ad uscir fuori da questi penosi commissariamenti.
Per avere un'agricoltura forte, abbiamo bisogno di una logistica altrettanto forte, perché altrimenti corriamo il rischio di fare solo piccole correzioni. Oggi abbiamo bisogno di un quadro sempre più solido e più certo, perché per troppi anni l'agricoltore è stato in balia degli avvenimenti. Ritengo che anche questi momenti di crisi possano essere momenti di rilancio, perché abbiamo l'occasione di ripensare all'agricoltura, alle avversità, ai modi per amministrare le nostre pur scarse risorse. Oltre che svolgere un'indagine conoscitiva sul sistema dei finanziamenti alle imprese agricole, potremmo anche valutare di investire questi soldi nello sviluppo, per avere in un triennio di politica agricola maggiori benefici.

CARLO NOLA. Intervengo semplicemente per ringraziare gli auditi per le osservazioni espresse. Buona parte dei temi trattati sono oggetto del nostro interesse dall'insediamento della Commissione. Lo sforzo comune, che posso assicurare anche a nome dei colleghi, sarà quello di impegnarsi al massimo per recuperare risorse che sono fondamentali per concludere processi aperti e virtuosi, come quello della conversione del nostro sistema di assistenza all'agricoltura per le calamità verso l'assicurazione, in luogo del sistema di indennizzo a pioggia.
Come già evidenziato nella precedente audizione dal presidente Russo, abbiamo attivato questa indagine conoscitiva per verificare come razionalizzare le risorse e come trovare forme nuove di contributo all'impresa, anche perché, come l'impegno di questi mesi sta dimostrando, siamo coscienti dell'importanza del settore primario nell'equilibrio generale della nostra economia.

SEBASTIANO FOGLIATO. Ringrazio e saluto i rappresentanti di Confagricoltura che sono qui oggi in Commissione per l'indagine conoscitiva sul sistema di finanziamento alle imprese agricole e ci hanno reso edotti, anche da una posizione privilegiata di osservatorio, sulle dinamiche della situazione in agricoltura, svolgendo un'ampia relazione in merito a problematiche che sono sul tappeto da tempo.
Mi soffermerei anche sul discorso del Fondo di solidarietà nazionale. Nel decreto-legge n. 171 è stata stanziata questa cifra di 66 milioni di euro, cifra importante, ma non sufficiente. Dobbiamo ricordare che questi fondi sono stati reperiti annullando del tutto o quasi il Fondo per lo sviluppo della meccanizzazione. Le modalità di reperimento di questi fondi è stato fatto all'interno dell'agricoltura. In questo momento, in cui per le aziende che fanno uso di manodopera dipendente


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avere macchinari efficienti e a norma è un fatto essenziale, abbiamo dovuto rinunciare ad un intervento in questo ambito.
Mi dichiaro dunque favorevole al Fondo di solidarietà nazionale, ma mi piacerebbe capire quante siano le aziende assicurate nel nostro Paese. Con l'ultima riforma che regola il Fondo di solidarietà nazionale, dobbiamo anche stabilire cosa fare se le aziende che non hanno aderito all'assicurazione riportano danni. Possono verificarsi situazioni imprevedibili; ad esempio in Piemonte, dove si tende ad assicurarsi contro la grandine, si sono verificati eventi calamitosi eccezionali - le piogge sono durate anche un mese, situazione che non si verificava da anni - fenomeni imprevedibili che hanno portato a difficoltà assicurative. Si rileva quindi una difficoltà di previsione da parte dell'agricoltore nell'assicurarsi per questi eventi calamitosi.
Il Fondo di solidarietà nazionale funziona, ma in via transitoria. Chi non è assicurato non ha più diritto a nulla. È necessario evidenziare queste situazioni, perché il 2008 è stato un anno di estrema difficoltà per le aziende, i costi dei carburanti sono aumentati tantissimo, il costo dei concimi è aumentato del 12-14 per cento al mese, situazioni che si ripercuotevano negativamente sulle aziende.
La tariffa assicurativa è agevolata, ma produrre mais a 10 euro al quintale o meno, se si aggiungono i costi che aumentano e il fattore assicurazione, significa partire con il bilancio negativo fin dall'inizio. È necessario dunque incrementare le risorse, ma non dobbiamo dimenticarci delle numerose aziende - secondo me sono ancora molte, non ho dati statistici in proposito - che non ricorrono a questo meccanismo di assicurazione.
Siamo tutti consapevoli del fatto che il credito di imposta ha funzionato. Si tratta di un meccanismo che consente di strutturare le aziende che intendono migliorare la propria efficienza. Nella relazione, però, si legge che il credito di imposta funziona solamente per il sud con i fondi FAS. Dobbiamo quindi far sì tutti insieme, le associazioni in primis, che il credito di imposta, se considerato mezzo efficiente di sviluppo, di strutturazione e di ampliamento dell'azienda come un fattore positivo, sia esteso a tutto il Paese. Nel 2003-2004 è stato aperto per l'agricoltura al nord, ma il sud continua ad averlo, in molti casi forse senza utilizzarlo. Si tratta quindi di uno strumento valido, che deve essere incentivato, soprattutto per evitare che questo strumento riguardi soltanto una parte del Paese e non tutto.

PRESIDENTE. Do la parola al dottor Vergati per la replica.

ANDREA VERGATI, Componente della giunta esecutiva della Confagricoltura. Credo che dovremmo fare tesoro di questa crisi e cominciare a ridisegnare il ruolo dell'agricoltura nel futuro.
Desidero riportare un'affermazione che il presidente Vecchioni talvolta ribadisce affermando che se questa crisi servisse per far comprendere ai consumatori italiani che la pasta si fa con il grano, saremmo disposti anche a dire che questa crisi è positiva. Dobbiamo cercare di far comprendere al consumatore, al cittadino, il ruolo che ha e che avrà l'agricoltura. Si tratta di un ruolo di cui forse c'eravamo in parte dimenticati. L'aumento dei prezzi dell'anno passato nel giro di sei-sette mesi ci ha riportato nella situazione di partenza, circostanza utile per fare un check-up del ruolo dell'agricoltura.
L'onorevole Bellotti parlava della scelta tra assistenza o sviluppo. Come imprenditori, siamo contrari a qualsiasi forma di assistenza e preferiamo le iniziative orientate allo sviluppo delle aziende agricole, che nel tempo dovranno selezionarsi, anche perché inevitabilmente assisteremo a una riduzione del numero di aziende agricole part-time o che hanno poca incidenza nella produzione di derrate. Le aziende agricole si dovranno dunque differenziare da quelle «marginali» ai fini produttivi, che comunque possono essere importanti per la conservazione del territorio, perché rappresentano un retaggio culturale, storico, familiare tipico del tessuto italiano, nell'ambito di alcune centinaia di migliaia


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di aziende agricole, che dovranno concentrarsi ed essere più attente ai movimenti del mercato.
Siamo favorevolissimi a destinare allo sviluppo le poche risorse a nostra disposizione. Per evitare che gli eventi calamitosi che inevitabilmente si susseguono portino ad un innalzamento dei costi per intervenire nel ripianamento dei danni delle calamità atmosferiche, dobbiamo quindi diffondere lo strumento delle assicurazioni. Normalmente, quando si fa un bilancio dell'azienda agricola, il costo delle assicurazioni si pone come inderogabile.
Si è sempre affermato che l'agricoltore che si assume il rischio possa fare a meno del costo dell'assicurazione perché si autoassicura. Se questo aveva una valenza, un'importanza e una possibilità negli anni passati, quando l'intervento sul mercato delle produzioni e della vendita era più localistico, per cui in caso di calamità atmosferica tutto il territorio sul quale interveniva la vendita di quel prodotto era legato a questo evento calamitoso ed era un utilizzatore più tollerante di questa anomalia produttiva, oggi è diverso. Se infatti si verifica un evento calamitoso a Cesena e la produzione di pesche viene alterata, il consumatore tedesco, belga od olandese non è disposto a tollerare che il prodotto ricevuto non sia integro e questo viene posto fuori mercato. Con una positiva presenza dell'agricoltore sul mercato e una richiesta all'agricoltore di prodotti di qualità e di caratteristiche ormai standardizzate, l'intervento dell'assicurazione e in questo caso del Fondo è estremamente importante.
È dunque necessario che questa sorta di assicurazione quasi obbligatoria venga promossa e che il suo costo venga doverosamente sostenuto almeno per i prossimi anni, finché questa non diverrà un'abitudine quasi inderogabile da parte dell'agricoltore più esposto con produzioni di punta. L'avvicinamento dell'imprenditore agricolo alla necessità di assicurare le proprie produzioni rappresenta una crescita culturale che l'imprenditore deve perseguire, soprattutto se sollecitata da un adeguato apporto contributivo da parte dello Stato e delle regioni, che possono intervenire per abbassare i premi e le polizze assicurative.
Questo ci renderebbe immuni dagli eventi calamitosi inevitabili in ogni territorio, in ogni regione, giacché la troppa pioggia, la siccità, la grandine o qualsiasi fatto episodico si ripercuote negativamente con costi notevolmente superiori all'eventuale incidenza del rifinanziamento da parte di questo Fondo, e rappresenterebbe un'evoluzione del mondo imprenditoriale, che non richiederebbe più l'assistenza alla provincia e alla regione, di conseguenza allo Stato.
Si tratta quindi di assistenza allo sviluppo e di promuovere la diffusione di condifesa. Sono contrario alle imposizioni, ma, se la promozione di questo strumento assicurativo potesse dare un grado di copertura totale agli imprenditori, forse sarebbero maggiormente disponibili a pagare di più per essere affrancati da un rischio che almeno ogni cinque o sette anni si ripete inevitabilmente nelle aziende agricole.
Siamo favorevoli ad un discorso di riduzione della burocrazia e ad un aumento dell'autoresponsabilità del singolo. Abbiamo strumenti come le dichiarazioni sostitutive, l'autocertificazione, di cui però l'amministrazione pubblica statale o regionale non fa un uso adeguato. Spesso, nelle più disparate attività siamo costretti a produrre innumerevoli documenti quando invece sarebbe sufficiente un'autocertificazione. Ovviamente, nei controlli nelle nostre aziende agricole è poi necessario dimostrare di aver conservato quei documenti, dei quali diamo garanzia. Questa è una crescita culturale, che richiede uno sforzo dell'amministrazione regionale e pubblica nei confronti delle imprese non solo agricole.
Siamo anche favorevoli a questo nuovo approccio alle bioenergie, alle quali crediamo molto. Come organizzazione di imprenditori, siamo stati tra i primi a muoverci, perché riteniamo di poter fornire un apporto non del 30 o del 50 per cento del fabbisogno, ma un apporto comunque importante per mantenere le aziende agricole


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nei territori più svantaggiati, che potrebbero essere più orientati a produzioni di energia, e per mantenere un livello di efficienza delle imprese agricole, che potrebbero ottimizzare le produzioni a basso costo o i sottoprodotti riutilizzandoli per la produzione di energia.
Ritengo che il criterio ispiratore della politica italiana dovrebbe essere quello di considerare l'attività agricola degna della massima attenzione, come altre attività. Spesso, quando si deve intervenire nell'ambito agricolo, emerge il timore che quanto facciamo per il mondo agricolo possa essere stigmatizzato o sottolineato a Bruxelles e poi «rimandato al mittente» perché considerato contrario alla normativa comunitaria.
Ritengo che dovremmo affrontare questa particolare congiuntura economica, che mi auguro possa essere breve, ma che non durerà pochi mesi, con uno spirito diverso, ossia con una strumentazione adeguata a risolvere questi problemi. Analogamente agli interventi decisi per il settore meccanico-automobilistico, al fine di incrementare i livelli di finanziamento oltre il consentito, dovremmo dimostrare la stessa lungimiranza e adottare lo stesso comportamento anche per il settore agricolo, cercando di forzare, laddove sia possibile, alcuni vincoli di spesa imposti da Bruxelles in un momento diverso e in un mercato stazionario ed equilibrato come quello di qualche anno fa. Oggi, ci troviamo in una situazione anomala, per cui questi strumenti innovativi dovrebbero essere portati avanti e accettati in ambito comunitario, realizzando una nuova politica d'urgenza.

PRESIDENTE. Ha chiesto la parola l'onorevole Nola.

CARLO NOLA. L'ultimo intervento mi ha suggerito una domanda flash, perché nella mia regione, la Lombardia, sono stati segnalati alcuni problemi per quanto riguarda i nuovi impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili e lei ha giustamente evidenziato come gli imprenditori di Confagricoltura abbiano aderito per primi a queste richieste di intervento. In Lombardia, sono stati i primi a partire, correndo un rischio imprenditoriale, quando era stata inserita la norma quadro nella finanziaria che spingeva gli imprenditori a dirottare gli investimenti verso tale settore, ma non erano ancora chiari i contenuti delle norme che sarebbero state previste nel decreto ministeriale pubblicato il successivo 8 gennaio.
Grazie agli incentivi della regione Lombardia, che induceva a far partire questi impianti soprattutto con il biogas anche in funzione di depurazione dei reflui dai nitrati, molti imprenditori sono partiti con un certificato che deteneva un certo valore sul mercato. Oggi, si è scoperto che la tariffa onnicomprensiva è dedicata solamente agli impianti partiti dopo il 31 dicembre 2007. Poiché negli ultimi sei mesi del 2007 sono partiti in Lombardia almeno 20-30 impianti, vorrei sapere da Confagricoltura se questo problema riguardi solo i lombardi, che sono partiti subito, o anche altre regioni, perché, ad oggi, queste aziende non sono in grado di coprire i costi della produzione.

ANDREA VERGATI, Componente della giunta esecutiva della Confagricoltura Nelle note di sollecito per i decreti attuativi recentemente approvati, avevamo chiesto che questa «agevolazione», questo mercato fosse esteso anche a quei pionieri, che meriterebbero maggiormente di essere equiparati a coloro che sono partiti più tardi. Riteniamo infatti del tutto ingiustificato penalizzare chi è partito prima, anziché consentire loro di beneficiare di un adeguamento dei valori dei certificati verdi e del prezzo di remunerazione del kilowatt.
Abbiamo chiesto quindi che questo parametro di riferimento sia esteso non solo a quelli partiti dopo, ma soprattutto a quelli partiti prima, perché consideriamo illogico penalizzare quelli che hanno fatto da capofila in un sistema particolarmente


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complicato e oneroso. Ci siamo già battuti con note scritte e continuiamo a farlo, sollecitando maggiore attenzione verso un problema, che riguarda non solo la Lombardia, ma tutto il territorio nazionale. Auspichiamo che questo sia opportunamente recepito anche in questa Commissione.

PRESIDENTE. Ringraziamo i rappresentanti di Confagricoltura per il panorama che ci hanno rappresentato e per la ricca relazione che hanno depositato, di cui autorizzo la pubblicazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 13,05.

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