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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione XIII
3.
Mercoledì 2 febbraio 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Russo Paolo, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SITUAZIONE DEI MERCATI DELLE SEMENTI E DEGLI AGROFARMACI

Audizione dei rappresentanti dell'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA):

Russo Paolo, Presidente ... 3 5 9
Delfino Teresio (UdC) ... 8
Di Giuseppe Anita (IdV) ... 5 6
Fogliato Sebastiano (LNP) ... 6
Semerari Arturo, Presidente dell'ISMEA ... 3 6 7 8 9
Zucchi Angelo (PD) ... 7

Audizione dei rappresentanti dell'Istituto nazionale di economia agraria (INEA):

Russo Paolo, Presidente ... 9 13 15 17
Delfino Teresio (UdC) ... 14
Di Giuseppe Anita (IdV) ... 14
Fogliato Sebastiano (LNP) ... 13
Manelli Alberto, Direttore generale dell'INEA ... 9 15
Oliverio Nicodemo Nazzareno (PD) ... 13
Zucchi Angelo (PD) ... 14

ALLEGATI:
Allegato 1: Documentazione consegnata dai rappresentanti dell'ISMEA ... 19
Allegato 2: Relazione consegnata dai rappresentanti dell'INEA ... 39
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Futuro e Libertà per l’Italia: FLI; Italia dei Valori: IdV; Iniziativa Responsabile (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): IR; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.

[Avanti]
COMMISSIONE XIII
AGRICOLTURA

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 2 febbraio 2011


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
PAOLO RUSSO

La seduta comincia alle 14,05.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione dei rappresentanti dell'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla situazione dei mercati delle sementi e degli agrofarmaci, l'audizione dei rappresentanti dell'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA).
Sono presenti il presidente, dottor Arturo Semerari, e il direttore generale, dottor Egidio Sardo.
Nel ringraziare i nostri ospiti per aver accolto sollecitamente il nostro invito, darei subito la parola al presidente Semerari, al cui intervento potranno far seguito eventuali domande da parte dei colleghi e, quindi, una replica.

ARTURO SEMERARI, Presidente dell'ISMEA. Ringrazio il presidente e gli onorevoli deputati. Preliminarmente, prima di cominciare a illustrare un documento che è stato consegnato stamattina e che credo sia già in possesso dei deputati per rendere più celere e chiara la nostra esposizione, volevo presentare il dottor Sardo, il nuovo direttore generale dell'ISMEA, che per la prima volta viene in Commissione in qualità di direttore generale, dopo averlo fatto una volta come dirigente amministrativo.
Presento brevemente il dottor Sardo, se il presidente me lo permette. Il dottor Sardo, laureato in agraria, è un agronomo. Dopo aver prestato servizio per otto anni presso la Polizia di Stato, ha vinto un concorso al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ed è diventato funzionario del Ministero. Nel 2001 è diventato dirigente nell'ISMEA, assumendo la qualifica di direttore dell'amministrazione, quindi, di dirigente amministrativo.
Lo scorso anno è diventato vice direttore vicario e, con le dimissioni del dottor Castiglione, il precedente direttore generale, ha assunto nel settembre dello scorso anno la carica di direttore generale.
La sua presenza garantisce una continuità operativa da parte dell'ente, avendo seguito sin dall'inizio la formazione della nuova ISMEA dopo la fusione con la Cassa per la formazione della proprietà contadina e con il Fondo interbancario di garanzia.
Dopo questa breve premessa, passo a illustrare il documento.
Vi sono due documenti, in realtà, il primo sulla dinamica dei prezzi delle sementi e dei fitofarmaci derivante dal nostro sistema di rilevazione, che si occupa sia dei prodotti agricoli, sia dei mezzi tecnici, e il secondo, che non è nostro, ma che ho voluto allegare, sulla distribuzione


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e, quindi, sulle quantità di fitosanitari e di sementi, su cui poi svolgeremo una breve valutazione.
Come potete vedere dai grafici, in particolare, a pagina 5, al grafico 1 riportiamo l'indice dei prezzi rispetto a una data di riferimento, che è il 2000. Fatto 100 nel 2000, si vede, attraverso le curve illustrate, come in questi anni sia aumentato il prezzo sia delle sementi, sia dei fitofarmaci, ma in particolare delle prime rispetto ai secondi, secondo una linea leggermente superiore a quella inflazionistica.
Se si effettua un confronto, però, con la linea dell'incremento dei prezzi in generale dei mezzi tecnici, si vede che, a partire dal 2006-2007, quando il prezzo di questi prodotti era in linea con l'aumento generale dei mezzi tecnici della produzione, questi ultimi sono aumentati più di quanto siano aumentati sementi e fitofarmaci.
Ciò è dovuto in parte all'incidenza dei mangimi e dei prodotti zootecnici come mezzi tecnici, in quanto correlati, come si vede dal grafico, all'incremento dei prezzi dei cereali che si è avuto durante il 2008.
Nel secondo grafico, a pagina 6, abbiamo voluto, invece, correlare l'indice dei prezzi sia delle sementi, sia dei fitofarmaci rispetto ai salari. All'interno dei mezzi tecnici di produzione si vede come la componente del costo del lavoro sia aumentata molto di più rispetto agli altri prezzi.
Nel grafico 3 è riportato anche un confronto, spesso evocato, dell'incremento del prezzo, soprattutto dei fitofarmaci, rispetto a quello dei prodotti energetici. In effetti, si nota come, mentre per i carburanti l'incremento dei prezzi è stato più basso rispetto a quello dei fitofarmaci e delle sementi, esso è sicuramente inferiore a quello dell'energia elettrica, che, pur con alcuni sbalzi, è aumentato ben di più di quello dei mezzi tecnici.
L'altro elemento che ritengo utile per un'analisi è raffrontare l'incremento dei prezzi di sementi e fitofarmaci con i prezzi delle coltivazioni. Da ciò si evince come l'incremento della variazione dei prezzi delle coltivazioni sia dovuto ad andamenti non regolari, quindi non legati, come in questo caso, a un'inflazione e a meccanismi che poco seguono le regole della domanda e dell'offerta, mentre i prezzi dei prodotti agricoli, in questo caso delle coltivazioni, è fortemente variabile in funzione sia del rapporto domanda-offerta, sia, come abbiamo avuto occasione di vedere in un'altra audizione, di fenomeni speculativi come i picchi del 2008, che non sempre hanno a che fare con tali variazioni.
Se confrontato, a pagina 8, grafico 5, con il totale dei prodotti agricoli, si osserva che, essendovi compresa anche la componente zootecnica e pur mantenendo un andamento non costante, la linea dei prodotti è un po' più bassa e, quindi, che l'incidenza dell'aumento di sementi e fitofarmaci nei confronti dell'agricoltura in generale è più evidente e marcata.
Abbiamo voluto condurre, poi, un'analisi degli stessi indici nei confronti di alcune filiere importanti. A pagina 9, il grafico 6 mette in confronto l'aumento dei costi di sementi e fitofarmaci con l'andamento dei prezzi dei cereali. È tracciata anche una linea di tendenza, che, come vedete, al di là dei picchi, tenderebbe in questo momento ad aumentare, fortunatamente, il divario rispetto all'aumento di sementi e fitofarmaci, il che invece non avviene nel caso del grafico 7 di pagina 10, dove si raffronta sempre l'indice dei prezzi di sementi e fitofarmaci rispetto a quello dei prezzi di frutta e ortaggi.
In questo caso, compare una curva schizofrenica del mercato di frutta e ortaggi, in particolare di quello degli ortaggi. Anche in questo mercato molto sensibile, in funzione non solo della domanda e dell'offerta, ma anche degli andamenti climatici, si mantiene la tendenza di sementi e fitofarmaci ad aumentare, prescindendo dai fenomeni economici.
Lo stesso fenomeno si può osservare per quanto riguarda altre due importanti filiere, quella del vino e quella dell'olio, nel grafico 8, a pagina 11. Mentre per l'olio c'è una sofferenza rilevante negli ultimi anni, per il vino, da alcuni anni, eccetto che per


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una lieve ripresa nel 2008, l'incremento dell'indice dei prezzi dei fitofarmaci e delle sementi supera di gran lunga la variazione che, in questo caso, è addirittura negativa per quanto riguarda i prezzi del settore vitivinicolo.
A pagina 12, grafico 9, abbiamo, invece, spacchettato il valore di questi indici di prezzi dei fitofarmaci, perché in effetti essi si dividono in anticrittogamici, diserbanti e insetticidi. In questo grafico si vede come gli incrementi maggiori si hanno per gli anticrittogamici, mentre essi sono inferiori alla media sia per i diserbanti, sia per gli insetticidi. Fino al 2004 circa l'incremento del prezzo dei diversi prodotti era piuttosto in linea.
In generale si può affermare - è riportato in maniera molto semplice a pagina 14 - che la dinamica dei prezzi delle produzioni agricole correlata alla dinamica dei prezzi dei mezzi tecnici fa sì che l'indice delle ragioni di scambio, cioè il valore aggiunto che va a finire in mano agli agricoltori, si va riducendo, anche se con una curva non stabile nel tempo. Fatto 100 il 2000, si sono persi in dieci anni circa 12-13 punti percentuali nella capacità di competizione delle nostre imprese. Queste sono le nostre elaborazioni sul livello dei prezzi.
L'altro documento mostra due grafici semplici. Le fonti in questo caso sono l'ISTAT e l'ENSE. A pagina 3 si vede come in questi anni le quantità di antiparassitari, in questo caso divisi in fungicidi, insetticidi, acaricidi ed erbicidi, si sia sostanzialmente ridotta. Ciò significa che l'aumento sarebbe in controtendenza alle logiche di mercato, in quanto l'aumento costante dei prezzi di questi mezzi tecnici è corrisposto anche a una riduzione del consumo degli stessi. Non sono aumentati i prezzi, dunque, perché vi è stata maggiore domanda, ma semplicemente perché devono aumentare, senza una correlazione economica, tanto che la domanda di tali prodotti si è persino ridotta.
In parte ciò è dovuto a una maggiore attenzione rispetto al passato su questi prodotti e a una crescente tendenza da parte degli agricoltori a ottimizzarne l'uso a favore di colture biologiche da parte degli operatori. È anche vero, però, che ciò sta a significare che la capacità produttiva delle nostre imprese si è ridotta.
Si vede anche, seppure con una curva piuttosto irregolare, un po' di schizofrenia da parte degli agricoltori nel momento in cui devono decidere quando seminare. In alcuni anni, in funzione di quanto è successo nell'annata precedente e delle previsioni, le semine possono aumentare o diminuire, ma anche in questo caso la tendenza è a una riduzione nell'utilizzo di sementi certificate.
Anche in questo caso, come nel precedente, l'aumento dei prezzi delle sementi non è correlato con un aumento della domanda delle stesse, perché si verifica una tendenziale riduzione della domanda.
Possiamo dunque affermare che, mentre le produzioni agricole, siano esse coltivazioni o produzioni zootecniche, hanno andamenti dei prezzi determinati largamente dal rapporto tra la domanda e l'offerta di questi prodotti, lo stesso non vale per i mezzi tecnici, in particolare per quelli che vengono affrontati oggi nell'indagine della vostra Commissione, i cui prezzi aumentano secondo logiche più inflazionistiche o di mantenimento di margini da parte dei produttori e, quindi, dell'industria che li produce che non in base a elementi di equilibrio tra domanda e offerta.

PRESIDENTE. Gli spunti sono tutti interessanti e calibrati sull'indagine conoscitiva.
Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

ANITA DI GIUSEPPE. Devo porvi alcune domande per quanto riguarda gli agrofarmaci, un argomento che interessa non solo ai produttori, ma soprattutto ai consumatori, perché sapere che cosa arriva sulle nostre tavole, o perlomeno che cosa contiene l'alimento che arriva sulle nostre tavole, è importante.
La prima domanda è relativa al decreto che prevede l'obbligo di trasmissione alla


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regione dei dati di produzione e di vendita da parte dei titolari. Leggo nel vostro documento che comunque non c'è un obbligo di trasmissione dei dati, oppure, se c'è, non sono previste sanzioni. Perché le sanzioni non sono previste?
Passo alla seconda domanda. Secondo l'ISTAT, gli agricoltori usano sempre meno prodotti chimici perché sono indirizzati alla sicurezza alimentare. Legambiente, però, afferma il contrario: come stanno le cose?

ARTURO SEMERARI, Presidente dell'ISMEA. Per quanto riguarda la prima domanda, non abbiamo competenza specifica sulla normativa regionale e sulle sanzioni. Noi effettuiamo le rilevazioni al di là degli obblighi degli agricoltori nei confronti della regione. Le effettuiamo con la nostra rete di rilevazione, che utilizziamo per la parte prezzi e, quindi, non ci occupiamo delle quantità. Elaboriamo in merito dati che vengono forniti da altri istituti come l'ISTAT.
Per quanto riguarda il dato dell'ISTAT, che ho inserito di proposito nella seconda cartellina, in effetti c'è una riduzione dei prodotti chimici. Almeno secondo le rilevazioni statistiche ufficiali, tale riduzione esiste. Non ho letto quali dati utilizza la Legambiente per svolgere le sue valutazioni.

ANITA DI GIUSEPPE. Non conosco i dati, ma so che esiste una contestazione da parte della Legambiente, mentre pare che i dati dell'ISTAT dimostrino il contrario.

ARTURO SEMERARI, Presidente dell'ISMEA. Infatti, i dati dell'ISTAT dimostrano che esiste una riduzione del consumo dei fitofarmaci e, per quanto riguarda le nostre valutazioni sull'incidenza delle quantità commercializzate rispetto alla formazione dei prezzi, riscontriamo questa anomalia, che però non riguarda solo i fitofarmaci, ma, nel caso specifico, anche le sementi e altri prodotti, laddove non c'è una normale correlazione tra domanda e offerta.
Normalmente, quando aumenta la domanda di un dato prodotto, ne aumenta anche il prezzo. In questo caso, invece, siamo in una situazione diversa, che è diversa da un po' di tempo, in cui a una riduzione della domanda corrisponde sempre un aumento del prezzo, come se chi fa il mercato e, quindi, chi determina il prezzo sia piuttosto indifferente alla domanda.
Ciò significa che quasi sicuramente ci sono situazioni oligopolistiche di vendita, a sfavore del settore agricolo.

SEBASTIANO FOGLIATO. Anch'io, a nome del Gruppo della Lega Nord, ringrazio il presidente Semerari e il direttore, dottor Sardo, per l'utile aggiornamento che hanno dato nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'aumento del prezzo dei fitofarmaci e delle sementi, che abbiamo intrapreso in questa Commissione. I dati che avete fornito sono sicuramente utili e autorevoli.
Sto osservando le tabelle che sono state esaminate e ho sentito parlare prima di riduzione dei consumi. Sui consumi possiamo affermare che si attua un consumo più consapevole da parte delle aziende agricole, le quali hanno imparato che, utilizzando meno prodotto, si sortisce un medesimo effetto. Siamo andati avanti negli anni su una spinta per cui chi vendeva questi prodotti usava 100, ma poi si scopriva che, usando 75, andava bene lo stesso e, poiché il costo impattava sul bilancio aziendale, le aziende poco per volta si sono attrezzate in questo senso e il consumo diminuisce di conseguenza.
Noi abbiamo intrapreso questa indagine conoscitiva anche alla luce del fatto che comunque siamo di fronte a oligopoli, i quali operano in questo senso nei confronti dell'agricoltura. Ci sono continue concentrazioni da parte delle aziende che producono i mezzi tecnici di produzione, le quali negli anni hanno compiuto la ricerca e hanno attuato molte iniziative, ma che fanno pagare il frutto di questo lavoro alle aziende agricole.
Leggo che la vostra analisi è stata svolta dal 2001 in avanti. Forse sarebbe stato


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opportuno tornare alcuni anni più indietro, perché partivamo già da un livello sostenuto di questi prezzi. È vero che non sono aumentati di molto, ma forse essi erano già a un livello sostenuto prima. Forse il mercato si è assestato, ma il livello era già alto anche prima del 2001.
Sui concimi, anche se la situazione è migliorata nel corso del 2010, c'è stato negli ultimi anni un fermento sul prezzo. Noi non abbiamo incluso il prezzo dei concimi nella nostra indagine conoscitiva, ma penso che la Commissione dovrebbe occuparsi anche di questo.
Ringrazio comunque il presidente Semerari e il direttore dell'ISMEA per averci fornito questi dati, che sono sicuramente un utile strumento di lavoro per l'indagine conoscitiva che abbiamo avviato in Commissione. Riteniamo che in merito al settore dell'agricoltura dobbiamo analizzare i costi di produzione, che impattano negativamente sul bilancio delle aziende, e che per farlo dobbiamo partire proprio dagli elementi che impattano sul bilancio delle aziende.
Quando abbiamo proposto in Commissione questa indagine conoscitiva sui mezzi tecnici di produzione, non vi abbiamo incluso i concimi. Forse è stata una dimenticanza, ma forse non volevamo mettere troppa carne al fuoco, altrimenti diventava difficile esaminare tutto.
Vi ringrazio dell'audizione. La vostra documentazione, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato), sarà un utile strumento di lavoro per la nostra Commissione.

ARTURO SEMERARI, Presidente dell'ISMEA. Avremmo potuto risalire anche a molti anni prima del 2000, perché la rete di rilevazione ha più di cinquant'anni. L'ISMEA rileva i dati dal 1965, quindi disponiamo dei dati. Volevamo dare, però, uno spaccato degli ultimi dieci anni, ponendo come base di partenza il 2000. Purtroppo, tutte le analisi che effettuiamo, qualsiasi anno di riferimento si prenda e su qualsiasi mezzo tecnico, mostrano che l'indice dei prezzi dei mezzi tecnici aumenta più o meno significativamente, ma aumenta sempre.
Lo stesso non succede, invece, per l'indice dei prezzi delle produzioni agricole, il che sta a significare, come osservava l'onorevole, che la forbice tra l'incremento dei prezzi dei mezzi tecnici e quello (che molte volte non c'è, ma è rappresentato da una riduzione) dei prezzi dei prodotti agricoli è tale per cui gli spazi di competitività delle nostre imprese tendono a ridursi. È un fatto non di questi ultimi anni, ma che si va consolidando purtroppo da parecchio tempo.
Anche il valore aggiunto, cioè quanto rimane effettivamente nelle tasche degli operatori della filiera, dimostra come la parte agricola sia sempre quella più debole, a vantaggio non tanto della fase di trasformazione, che pure non gioisce, se non in alcune situazioni particolari e per alcuni comparti, ma della fase della commercializzazione, che è ormai quella che detiene il maggior potere lungo la filiera e che, quindi, ricava anche i maggiori margini di valore aggiunto.

ANGELO ZUCCHI. Ringrazio naturalmente il presidente e il direttore dell'ISMEA. Mi sembra che dai dati che ci avete consegnato siano fortemente confermate le ragioni della nostra indagine conoscitiva, insieme alla tendenza secondo la quale, pur di fronte a una riduzione delle quantità e, quindi, del consumo dei mezzi tecnici, si registra, in modo anche inverso rispetto alla legge della domanda e dell'offerta, un aumento dei prezzi.
La vostra relazione ci induce a capirne meglio le ragioni. Voi le avete consegnate a logiche inflazionistiche, ma nella sua replica lei ha evidenziato come l'ipotesi di una situazione di oligopolio possa, in realtà, determinare tale differenza rispetto a un processo e a una logica che dovrebbero probabilmente essere diversi.
Voglio solo chiedere, rispetto ai dati che avete elaborato e che ci presentate in forma riassuntiva, se la tendenza di aumento dei prezzi rispetto a una diminuzione di quantità, forse attribuita a situazioni di oligopolio, possa essere supportata


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da ulteriori elementi di analisi che voi avete raccolto, oppure se sono semplicemente tendenze di pensiero.
Ci potete aiutare con alcuni elementi analitici in più? In realtà, il nostro obiettivo è cercare di capire quali sono le ragioni e dotarci di strumenti che vadano oltre la sensazione, ma che dovrebbero poter essere documentati. Viceversa, questi elementi, che pur ci darebbero in termini generali un'indicazione, potrebbero non supportarci poi in termini particolari.

ARTURO SEMERARI, Presidente dell'ISMEA. Sicuramente la constatazione non è una valutazione analitica, qual è, invece, l'analisi dell'indice dei prezzi che esamina questa evoluzione. Normalmente, quando i prezzi vengono determinati dal rapporto tra domanda e offerta, presentano alcune oscillazioni. Lo si vede benissimo quando trattiamo l'indice dei prezzi dei prodotti agricoli, dove qualsiasi curva prendiamo in considerazione, sia essa relativa ai cereali, all'olio o al vino, presenta oscillazioni dovute a un equilibrio tra domanda e offerta. Per alcune commodity è successo e ogni tanto succede che ci siano speculazioni a livello internazionale.
Anche per alcune altre produzioni, come quella dell'energia, pur aumentando quest'ultima, si rileva un'oscillazione dovuta a un equilibrio, a una concorrenza nella domanda e nell'offerta. In alcune analisi avevamo compiuto anche un raffronto con i costi delle telecomunicazioni, che poco hanno a che fare con il settore agricolo: in quel caso si sono ridotti gli indici dei prezzi, anche con oscillazioni.
Quando si vedono curve piatte prolungate nel tempo, che tendono ad aumentare con un andamento tendenzialmente inflazionistico, è evidente che esiste una posizione dominante da parte di chi vende e che chi compra subisce tale situazione. È una normale valutazione che qualunque analista di queste dinamiche può svolgere. Del resto, ciò è facilmente comprensibile, perché esiste una moltitudine di agricoltori che comprano, mentre sono pochi i soggetti che vendono e ancora di meno quelli che producono.
È chiaro che per alcune produzioni sicuramente c'è meno concorrenza, in particolare per chi produce fitofarmaci, ma anche concimi, e che per altre ce n'è di più, come per chi produce energia elettrica, mentre fino a pochi anni fa non era così.

TERESIO DELFINO. Sono arrivato in ritardo, ma ho letto velocemente la documentazione. Ritengo, però, stante anche la generale difficoltà che incontrano i produttori agricoli a migliorare il loro reddito complessivo e vedendo anche la vostra tabella 10, dove l'indice della ragione di scambio per le coltivazioni e per il settore agricoltura nel suo complesso vede un sostanziale peggioramento, che i costi dei fattori della produzione sono indubbiamente un elemento su cui si può giocare.
La mia è una riflessione, ma anche una richiesta di ulteriori eventuali argomenti da parte del presidente e del direttore, che saluto con molta simpatia e stima. Che cosa si potrebbe fare, vista l'analisi che avete elaborato, per ridurre l'impatto dei costi di produzione, soprattutto per i fitofarmaci e per le sementi, e per migliorare, stando anche alle ultime parole, le ragioni e la correlazioni tra produttori e fornitori?
Esiste una mancanza di equità per cui evidentemente anche le iniziative che vengono avanti nel settore associativo e cooperativo non riescono a recuperare la sproporzione in termini di capacità contrattuale che, invece, bisognerebbe avere, non per diminuire o per far scendere sotto il livello di redditività minimo le imprese che producono tali prodotti, ma per trovare una maggiore equità nella filiera.
L'altro ragionamento che volevo sviluppare attiene alla questione dei prodotti energetici. Sicuramente noi siamo in presenza, come voi documentate, di una crescita rilevante dei prezzi. Con un sostegno a politiche adeguate di autoapprovvigionamento, come quello che abbiamo discusso sulle agroenergie, con un parere molto articolato sulla questione dell'energia fotovoltaica,


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credo che quanto meno esista una possibilità di dare spazio e speranza ai produttori agricoli.
Pur prendendo atto con favore dell'agricoltura verde, perché è un'agricoltura che migliora nella direzione della qualità e, quindi, vedendo che, sia per ragioni di costi, sia per un diverso e mutato atteggiamento culturale, i produttori e gli agricoltori veri non vogliono far perdere valore ai loro terreni e alle loro aziende, credo che dovremmo tutti insieme, passando proprio dall'analisi dei dati che voi documentate in maniera eccellente, suscitare una prospettiva di uscita da un rapporto fortemente squilibrato tra i costi di produzione, i fattori della produzione e i prezzi dei prodotti agricoli.

ARTURO SEMERARI, Presidente dell'ISMEA. In relazione alla prima, giusta osservazione, bisogna ribadire le considerazioni già svolte, che riguardano non solo i fitofarmaci e le sementi, ma anche, in generale, tutti i mezzi tecnici. Sicuramente, bisogna migliorare la capacità di assistere gli agricoltori negli acquisti e aumentare la concorrenza di chi vende agli agricoltori.
Visto che gli agricoltori sono tanti, frammentati tra di loro, e hanno scarso potere d'acquisto, bisognerebbe favorire forme di sviluppo di una maggiore concorrenza dal lato della commercializzazione dei mezzi tecnici, perché una maggiore concorrenza sul territorio dovrebbe favorire, come ha fatto nel passato, una riduzione tendenziale dei prezzi, o almeno la possibilità da parte degli agricoltori di scegliere il prodotto e il commerciante che offrono le condizioni migliori.
Per quanto riguarda il discorso dell'energia, il tema della green economy è molto importante, sia con riferimento al fotovoltaico, sia con riferimento a tutte le forme di produzioni energetiche che possono diventare importanti integrazioni al reddito. È sicuramente un aspetto importante, ma che non incide direttamente sulla riduzione del costo. Sappiamo che tale produzione energetica va benissimo fino a che serve agli scopi aziendali e ancora meglio quando è venduta in rete, perché l'agricoltore è in grado di essere molto ben retribuito. Si tratta, però, di un sistema che aumenta il costo medio dell'energia, essendo più costoso di altre fonti energetiche, il che induce alla ricerca di un equilibrio.
Il ruolo che gli agricoltori possono svolgere nello sviluppo di energie alternative, sempre compatibili con l'attività agricola e, quindi, non prevalenti, ma correlate all'attività agricola, è sicuramente un ruolo importante, anche perché in questi ultimi anni si è visto che l'attività agricola vera e propria, al di là di altri sbocchi produttivi, tende, soprattutto in alcune aree, a ridursi e che, pertanto, ci sono minori superfici coltivate.
A prescindere da questi fenomeni, esiste una contrazione della produzione, soprattutto in aree più marginali e meno produttive.

PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi.
Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione dei rappresentanti dell'Istituto nazionale di economia agraria (INEA).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla situazione dei mercati delle sementi e degli agrofarmaci, l'audizione dei rappresentanti dell'Istituto nazionale di economia agraria (INEA).
Sono presenti il professor Alberto Manelli, direttore generale, e la dottoressa Antonella Pontrandolfi, del servizio ambiente e risorse naturali in agricoltura.
Do subito la parola ai nostri ospiti. Ai vostri interventi faranno seguito domande dei colleghi della Commissione, cui potrete eventualmente replicare.

ALBERTO MANELLI, Direttore generale dell'INEA. Buonasera a tutti. Cerchiamo di evidenziare alcuni fattori importanti dei due mercati delle sementi e degli agrofarmaci, che, a nostro avviso e per quanto riguarda i dati a nostra disposizione, si muovono in maniera molto omogenea.


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Possiamo, anzi, affermare - credo che non sia una novità - che di fatto le aziende dell'uno e dell'altro settore sono le medesime e che si muovono con le stesse modalità.
Un concetto di fondo che si può evidenziare è che esiste certamente una condizione di concentrazione della produzione, risultante piuttosto palesemente dai dati, anche se non con il tasso di concentrazione che si è evidenziato in altri Paesi, specialmente negli Stati Uniti.
Un secondo concetto di fondo che, come istituto, possiamo sottolineare è che, in realtà, il fenomeno dell'oligopolio non è una scelta strategica a monte, ma la conseguenza di un fenomeno molto evidente, costituito dalle barriere all'entrata di questo settore. Il livello di investimenti necessari per poter entrare in questo settore e poter collocare un prodotto dopo le opportune certificazioni e gli opportuni controlli è, infatti, talmente elevato da richiedere necessariamente una massa economica imprenditoriale molto ingente.
Questo fatto ha spinto le grandi aziende produttrici a unirsi attraverso processi di fusione o di incorporazione per garantire il livello di investimenti necessario a poter sopportare costi piuttosto consistenti. I dati parlano di centinaia di milioni di euro per ogni prodotto che viene collocato sul mercato, che, per alcuni, aspetti è molto simile al mercato farmaceutico. Si tratta, quindi, di un dato piuttosto diffuso in questi mercati.
Il problema di fondo, che ovviamente la legislazione in quanto tale, come strumento di controllo dei mercati, fa fatica a controllare, è quello di evitare gli oligopoli attraverso la normativa, nel momento in cui vi siano condizioni economiche generali che spingono le imprese a consolidarsi attraverso processi di fusione o di incorporazione.
Va poi considerato che, in una fase di mercato in cui i costi e gli investimenti relativi a queste produzioni aumentano sempre, vi è la spinta anche da parte delle stesse imprese ad acquisire i propri competitori (competitor), ottenendo in questo modo una soddisfazione doppia e reciproca: dal punto di vista dell'acquirente, dell'azienda competitrice, si riduce il livello di competizione e, dal punto di vista dell'azienda acquisita, gli azionisti di queste aziende vengono remunerati per le azioni a una cifra sicuramente superiore al valore corrente di mercato, perché vengono premiati per un valore futuro che ancora non è stato espresso dall'azienda stessa.
Nel momento in cui un'azienda produttrice si trova in una situazione di difficoltà o ha necessità di ulteriori investimenti, spesso ricorre a questo processo di vendita per poter rimanere sul mercato in condizioni vantaggiose ed economiche.
Un'altra considerazione va svolta sul modello oligopolistico. Per poter definire un mercato oligopolistico non è sufficiente affermare che le imprese che vi operano sono poche. È notorio, infatti, che in alcuni mercati, nonostante la presenza di poche imprese, il livello di concorrenza sia piuttosto elevato. Pensate al mercato telefonico: si tratta di un mercato in cui gli operatori non sono numerosi. Non è un mercato di concorrenza perfetta sotto il profilo del modello economico tradizionale, eppure è un mercato in cui la concorrenza non è bassa, ma sicuramente elevata.
Occorre, quindi, che vi siano altre condizioni per poter verificare tale monopolio, le quali sono possibili soltanto evidenziando o accordi aziendali e societari fra soggetti operanti, operazione che nel nostro Paese è possibile attraverso le verifiche per le aziende quotate e solo per quelle, mentre non è possibile per aziende che hanno sede operativa e istituzionale in altri Paesi, specialmente extra europei. Occorrono una conoscenza più accurata e alcune informazioni che a oggi non sono disponibili perché riservate in questo senso.
La regolamentazione attualmente esistente in Italia prevede l'obbligo per i produttori e per i distributori di informare sulle tipologie di prodotti venduti e sul loro grado di concentrazione. In realtà, poiché il decreto del Presidente della Repubblica n. 290 del 2001 non prevede


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sanzioni in caso di mancata trasmissione, i distributori che informano sui prodotti fitosanitari venduti non sono molti, e comunque non sono tutti. Ancorché il campione sia piuttosto significativo, i dati non sono, pertanto, completi.
Per quanto riguarda i trend degli agrofarmaci e dei fitofarmaci, sulle quantità vendute vi è una tendenza alla contrazione negli ultimi anni pari all'1 per cento nell'ultimo quinquennio, mentre i valori mostrano una crescita in termini di valori complessivi di mercato di quantità economicamente significative e soprattutto di prezzi.
Tale riduzione delle quantità assolute vendute è stata particolarmente accentuata negli ultimi due anni, ma non ha riguardato tutti i prodotti. In particolare, gli insetticidi e gli acaricidi mostrano una tendenza alla crescita molto significativa.
La tendenza dei prezzi alla crescita è piuttosto significativa perché riporta un 8,4 per cento negli ultimi due anni. Anche in questo caso fanno eccezione gli insetticidi, a conferma dell'andamento del sistema tradizionale di mercato. Essendo molto aumentata l'offerta di questi prodotti, è diminuito sensibilmente il loro prezzo di una percentuale pari al 17 per cento.
Le stime più recenti - l'INEA può fregiarsi di essere il soggetto che detiene questi dati, perché con il sistema di rilevazione contabile RICA ha un campione contabile statistico delle imprese agricole - mostrano che all'interno dei costi di produzione dell'azienda agricola questo tipo di prodotti, fitofarmaci e sementi, occupa circa il 15 per cento, percentuale che, di per sé, non sembrerebbe avere un impatto enorme, ma che negli ultimi anni è aumentata piuttosto significativamente del 5 per cento. Ciò significa che, come trend, si rileva un'incidenza sempre più pesante di questi costi.
Come ricordavo, l'investimento sembrerebbe essere più la causa che non l'effetto della concentrazione del mercato. Considerate che per sviluppare un prodotto da collocare sul mercato occorrono circa dieci anni e investimenti per circa 125 milioni di euro.
La differenza fondamentale che si è creata nei mercati è quella tra mercato europeo e mercato nordamericano e prevede differenti livelli di rigore. Essendo il sistema europeo molto più selettivo, rigoroso e pressante, la quantità di fitofarmaci che vengono autorizzati è molto più bassa rispetto a quella consentita sul mercato americano. Esiste, pertanto, una maggiore facilità nei mercati nordeuropei.
Ciò determina un altro problema rispetto al fenomeno dell'oligopolio, non limitato soltanto a una mancata concorrenza e, quindi, a un prezzo basso. L'altro problema fondamentale è che, poiché il mercato tende a concentrarsi in poche imprese, queste sono in grado di condizionare i prodotti che intendono collocare sul mercato.
Il produttore agricolo non ha più la facoltà di scegliere fra una quantità di sementi o di fitofarmaci illimitata o comunque molto ampia, ma trova una selezione molto ridotta di fitofarmaci e di sementi, con due conseguenze fondamentali: la prima è che tutti i fitofarmaci utilizzati hanno un dato tipo di caratteristica, il che può rappresentare un condizionamento delle produzioni in termini di effetti sulla salute, ancorché tali prodotti siano molto controllati e selezionati, e la seconda è un po' più tangibile ed epidermicamente considerabile, consistendo nel fatto che si riduce la tipologia di sementi presenti sul mercato con effetti piuttosto negativi sulla biodiversità.
Ci sono due elementi che incidono sulla biodiversità: in primo luogo, si trovano sul mercato sempre meno sementi disponibili, perché le grandi aziende che producono sementi tendono a inserire sul mercato solo quelle che ritengono più vantaggiose e, in secondo luogo, le piccole produzioni locali di sementi non sempre superano i controlli di sicurezza alimentare, in quanto, per la ragione che si citava prima, tali controlli comportano investimenti significativi e non sempre le piccole aziende


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produttrici di sementi sono in grado di superarli. È un doppio effetto che va a incidere sulla biodiversità.
Per quanto riguarda, nello specifico, le sementi, nel luglio del 2009 il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha approvato il piano di settore cerealicolo, che in questi giorni ha visto la sua concretizzazione.
Proprio oggi si è tenuta una riunione con i rappresentanti di filiera per l'attivazione di questo piano di settore, che prevede proprio la valorizzazione della biodiversità e la diffusione delle culture minori sotto il profilo quantitativo.
Va, però, segnalato un rischio che si sta correndo, ossia la fine degli aiuti dell'accoppiamento previsti dal 1o gennaio 2010 dalla PAC, che disincentiva l'acquisto di semi certificati e comporta la diffusione di semi di minore qualità, oltre che non controllati. È evidente che la mancata contribuzione rispetto al vincolo dell'accoppiamento, quindi al contributo rispetto a un dato tipo di produzione, sfavorisce la produzione di qualità, soprattutto nel settore cerealicolo.
Per fornire alcuni dati interessanti, che confermano questo andamento, si registra nell'ultimo biennio una riduzione del 47 per cento dei semi prodotti in agricoltura biologica, una riduzione del 4 per cento del frumento duro, che da solo rappresenta il 48 per cento del settore - una riduzione del frumento duro è piuttosto impattante sul sistema generale - nonché una riduzione del mais. Sono, invece, aumentati sensibilmente il frumento tenero, del 5 per cento, e il riso, del 7 per cento.
Già nei documenti in premessa di questa audizione veniva evidenziato il grado di concentrazione del mercato. Veniamo ora alle proposte che tecnicamente possono essere segnalate. Intanto occorre tenere in considerazione che gli interventi normativi rischiano di non essere risolutivi sotto questo profilo, cioè di non eliminare la tendenza all'oligopolio, in primo luogo perché gli investimenti sono la causa dell'oligopolio stesso e, in secondo luogo, perché molte di queste concentrazioni avvengono fuori dal mercato europeo.
Probabilmente, potrebbero essere più apprezzabili interventi sull'innovazione e sulla ricerca dei centri italiani in termini di prodotti fitosanitari e di sementi, che favorirebbero anche le piccole imprese, le quali, trovando facilitato il processo di produzione e di innovazione delle sementi, non avrebbero più bisogno di ricorrere a investimenti estremamente onerosi.
Inoltre, sarebbero auspicabili azioni (in linea con quelle già peraltro presenti, ancorché in maniera piuttosto marginale, in questa prima fase della PAC) più significative nella prossima programmazione per favorire la biodiversità e le produzioni tipiche, soprattutto in relazione alle scelte che i consumatori compiono e a quelle che gli imprenditori agricoli ritengono di compiere. Non si tratta di erogare contribuzioni che fanno capo alla Politica agricola comune e non alla politica nazionale, ma di stabilire alcune priorità rispetto ai sistemi di remunerazione dei pagamenti diretti.
Svolgo ora un breve cenno ai documenti che l'INEA, insieme al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, ha predisposto rispetto alla PAC, in cui si propone di commisurare i contributi diretti agli agricoltori non soltanto in base all'estensione territoriale, secondo la proposta PAC - una proposta che ci vedrebbe molto penalizzati - ma anche alla produzione lorda vendibile. Ciò significherebbe che la qualità della produzione aumenterebbe l'erogazione ottenuta e favorirebbe la biodiversità e l'uso di sementi nonché di fitofarmaci migliori in termini di qualità, più sicuri per la salute e automaticamente dovrebbe indurre il mercato ad avere un minor grado di concentrazione.
Non si può immaginare un intervento nel settore oggetto dell'audizione senza che si richiami a ciò anche la Politica agricola comune, che in questi giorni e in questi mesi sta subendo le sue modifiche e le sue trasformazioni. A tal fine ricordo, a chi fosse interessato, che il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali


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ha predisposto un documento, presentato di recente anche a Bruxelles, sulle proposte italiane per modificare il criterio dell'estensione territoriale come criterio unico di erogazione dei pagamenti diretti.
Spero di non essermi dilungato troppo. Volevo essere sintetico per lasciare spazio a eventuali domande.

PRESIDENTE. La materia è complessa e articolata e anche le sollecitazioni sono importanti.
Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

SEBASTIANO FOGLIATO. Ringrazio il direttore dell'Istituto nazionale di economia agraria per lo spaccato che ci ha portato dal punto di vista del suo istituto, che condivido, con l'analisi sul settore delle sementi che agisce condizionando i prodotti. Le aziende operano in regime di monopolio ormai evidente e il grafico che ci era stato fornito nella precedente audizione lo rendeva noto: rimane stabile nel grafico l'andamento dei prezzi dei mezzi tecnici e dei fattori di produzione, mentre i prezzi dei prodotti agricoli sono fluttuanti e non sono stabili.
Questo fattore, che lei ha giustamente appuntato, mostra che le aziende condizionano anche i prodotti e le sementi da introdurre sul mercato. È un principio importante, che forse avevamo sottovalutato. D'altronde, queste audizioni vengono tenute certamente per avere maggiore conoscenza da parte di tutti gli enti che si occupano del tema e, in particolare, delle analisi che elabora l'INEA.
Ho molto apprezzato quest'audizione e questo documento, che allegheremo. Prendiamo buona nota degli spunti che ci ha fornito il direttore, che sono sicuramente utili nell'indagine conoscitiva che abbiamo intrapreso in Commissione per analizzare i fattori di produzione.
Oggi il settore dell'agricoltura in tutti i comparti avanza una lamentela comune, perché i prezzi dei prodotti diminuiscono e i prezzi dei mezzi tecnici di produzione, seppur in modo non eccessivo, aumentano. Nel giro di dieci anni si è creata una situazione in cui i costi di produzione aumentano, mentre il valore della produzione agricola diminuisce. Se si continua ancora così per dieci anni, non so quante aziende sopravvivranno al mercato.
La Commissione agricoltura ha deciso unanimemente di intraprendere quest'indagine conoscitiva per analizzare i fattori e i mezzi tecnici di produzione delle aziende agricole, che sono un fattore di costo sicuramente importante e che impattano, a nostro avviso negativamente, sui bilanci di queste aziende.
Un altro fattore importante, che mi è parzialmente sfuggito, è il fatto che questi dati non sono completi, perché le aziende non trasmettono i prezzi dei prodotti e, pur non facendolo, non subiscono alcuna sanzione. Vorrei approfondire questo argomento, che ritengo interessante, anche perché le indagini conoscitive si svolgono per poi porre rimedio ai problemi di settore. Infatti, stiamo analizzando i problemi e ce ne stiamo occupando dal vivo con gli attori principali dei diversi enti.

NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Sarò veramente breve. Ringrazio il professor Manelli per questa illustrazione e per la riflessione che ci induce a svolgere su questo delicato comparto dell'agricoltura.
Da quanto comprendo e da ciò che lei ha fatto capire, ci troviamo di fronte a un oligopolio forzoso e forzato, così come accade anche per il mercato farmaceutico. È una faccia della medaglia, ma all'estero come si comportano per evitare che ci sia questo oligopolio così forte e stringente? Ci sono esperienze estere che potrebbero aiutarci a superare tale difficoltà?
L'altra faccia della medaglia è il fatto che lei sostiene che la quantità venduta è sempre più in contrazione e che i valori sono in crescita. Bisognerebbe capire come intervenire su questo aspetto per tentare di dare più valore anche all'agricoltura, come affermava prima il collega Fogliato. Se i prezzi vengono stabiliti da loro, se l'oligopolio è tanto forte addirittura da creare acquisizione di aziende che producono


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lo stesso prodotto o prodotti similari tanto facilmente, è chiaro che esiste un problema.
L'altro aspetto riguarda la biodiversità. Parliamo sempre di dare valore ai territori e alle produzioni locali, ma, se andiamo di questo passo, si produrranno, almeno per quanto comprendo dalla sua relazione, sempre meno sementi, perché le sementi locali non riescono a superare le prove per andare in commercio. Che cosa possiamo fare anche noi, come attività legislativa, su questo aspetto?

ANITA DI GIUSEPPE. Ringrazio i rappresentanti dell'INEA. A proposito della domanda e dell'offerta, ho notato che proprio per quanto riguarda l'andamento del mercato delle sementi esiste un trend negativo soprattutto per i semi prodotti in agricoltura biologica. È una questione triste, perché in fondo l'agricoltura biologica e i fitofarmaci sono agli antipodi e credo che ciò sia preoccupante.
Sempre dalle condizioni di mercato si è notata l'eliminazione progressiva del vincolo di utilizzo delle sementi certificate, nel tentativo di tutelare la biodiversità. Di contro, tutto ciò ha prodotto la riduzione del numero delle aziende produttrici di sementi certificate. C'è un controsenso in questo fenomeno.
Volevo porle un'altra domanda. Per quanto riguarda l'agricoltura biologica, il vostro istituto ha attuato progetti per sostenerla?

ANGELO ZUCCHI. Dalla relazione che ci è stata illustrata sembrerebbe che questo oligopolio, in questo caso piuttosto vero, anche se poi non è il numero delle aziende che definisce, come ha giustamente ricordato lei, la situazione di oligopolio, sia difficilmente smontabile, soprattutto per via legislativa. Le ragioni dell'oligopolio attengono, infatti, alla necessità di ingenti investimenti, che generano una sorta di barriera all'ingresso e, quindi, l'oligopolio nasce perché il mercato induce le imprese a mettersi insieme per sopperire a investimenti e alla capacità di mettere sul mercato tali prodotti.
Il tema è allora quello di aumentare la ricerca e di cercare di promuovere al massimo la nostra biodiversità, perché può essere l'unico modo per tutelarci e per difenderci, immettendo anche nel campo delle sementi prodotti nostri tradizionali, che riescono a generare competizione rispetto alla vendita degli altri settori. In termini generali, indubbiamente può essere una strada; in termini di capacità di risultati immediati e tangibili per gli agricoltori, diventa una strada molto a medio-lungo periodo, probabilmente.
Ferme restando le sue considerazioni iniziali, perché il problema dell'oligopolio riguarda non solo il particolare settore economico dell'agricoltura, ma anche altri settori, cosa ritenete, invece, che sia possibile fare? Si è cercato, almeno in altre circostanze, di promuovere le liberalizzazioni o comunque di aggredire la questione da un altro punto di vista.
Chiudo con un'altra domanda. Anche a me interesserebbe capire, in merito all'unica legge che interviene, il decreto del Presidente della Repubblica cui facevate riferimento e che è privo di sanzione, quanto in realtà questa mancata trasmissione di dati possa essere incidente rispetto all'impossibilità di scoprire se l'oligopolio sia tale e magari di mettere in campo l'Antitrust o gli altri elementi che abbiamo a disposizione.

TERESIO DELFINO. Condivido pienamente la relazione che è stata rappresentata e voglio solo svolgere un'osservazione rispetto a quanto si afferma rispetto al piano di settore e allo smantellamento, dal 1o gennaio, dell'aiuto accoppiato della PAC, che, come da voi documentato, porta ulteriori elementi di preoccupazione e di indebolimento della capacità di risposta al fine di salvaguardare le sementi in modo adeguato.
L'altra preoccupazione che viene sottolineata rispetto al tema delle dinamiche oligopolistiche è un richiamo alle possibili azioni che voi indicate per incentivare e favorire lo sviluppo e l'innovazione e continuare a sostenere e a rafforzare gli obiettivi di biodiversità.


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In questo quadro, che, secondo me, coglie pienamente la situazione a oggi, se inseriamo ancora il tema degli OGM e della forza che hanno le grandi aziende, dalla Monsanto in avanti, rispetto a questo settore, indubbiamente noi dovremmo rivendicare, proprio perché è in corso la riscrittura della PAC 2014-2020, un'azione specifica e una strumentazione che preveda interventi adeguati per salvaguardare le agricolture che hanno nella qualità, nelle produzioni di pregio, e nella biodiversità un elemento fondamentale per la propria realtà agricola e agroalimentare.
La sollecitazione delle possibili azioni che vengono proposte mi trova assolutamente d'accordo. Vorrei capire dal vostro punto di vista se, ferma restando la richiesta che in sede di PAC si trovi un accordo da parte del nostro ministro e del nostro Governo - il Parlamento oggi ha dato un voto unanime su tutte le mozioni, segnalando la volontà di muoversi in modo forte a tutela della nostra agricoltura - nell'ambito delle azioni che si possono attuare e rivendicare in sede europea, la possibilità di un'iniziativa anche nazionale nella salvaguardia di queste sementi e del tipo di impostazione che voi avete delineato possa essere un elemento che contribuisce a un futuro maggiormente favorevole alla difesa e allo sviluppo della nostra agricoltura.

PRESIDENTE. Do la parola al professor Manelli per la replica.

ALBERTO MANELLI, Direttore generale dell'INEA. Vi ringraziamo delle domande, che ci permettono anche di mostrare che il lavoro che svolgiamo può essere importante. Cerco di rispondere a tutti, sperando di non aver dimenticato nulla.
Il decreto di cui si parlava era il decreto n. 290 del 2001, che riporta il Regolamento di semplificazione dei processi di autorizzazione alla produzione, all'immissione in commercio e alla vendita di prodotti fitosanitari.
L'articolo 42 prevede l'obbligo di trasmissione alle regioni dei dati di produzione e vendita da parte dei titolari degli stabilimenti di produzione e degli esercizi di vendita. Ciò significa che le regioni dovrebbero possedere questi dati, il che consentirebbe di sapere da chi produce e da chi vende tali prodotti quanto se ne produce e quanto se ne vende e, quindi, il grado di concentrazione. Si tratterebbe di un dato certo sul livello di concorrenza esistente sul mercato, perché rilevato a livello di vendita.
Non essendoci sanzioni, però, i distributori e i produttori non sentono il senso civico ed etico di dover comunque fornire tali informazioni. Le grandi organizzazioni lo fanno perché hanno sistemi molto rapidi, ma le piccole organizzazioni lo fanno meno.
Tale informazione potrebbe essere utile perché, quanto meno, potrebbe garantire la diversificazione dei prodotti. Ci riferiamo, in particolare, ai prodotti fitosanitari, ma il ragionamento può essere esteso tale e quale anche alle sementi. Uno dei problemi che incontriamo è quello della concentrazione della vendita su alcuni prodotti selezionati da aziende multinazionali. Sapendo che esiste una concentrazione su alcuni prodotti, si può tentare di richiedere in via legislativa anche una varietà di offerta che garantisca un minimo di diversificazione.
L'esempio del settore farmaceutico è piuttosto illuminante. Nel settore farmaceutico si è «obbligati» a presentare una diversificazione dei prodotti farmaceutici per il cittadino, che può scegliere all'interno di un minimo di selezione, che deve essere garantita.
Le esperienze estere in questo campo sostanzialmente non esistono. Ci sono due mercati fondamentali, quello europeo, regolamentato da un sistema molto rigoroso, quello centrale comunitario, e il mercato anglosassone, che è molto meno regolamentato e lascia all'iniziativa privata - sul tema agricolo penso che ciò sia piuttosto noto - la possibilità di sperimentare nuovi sistemi. È chiaro che la grandissima parte della discussione è rappresentata dagli OGM. Permettetemi di non toccare il tema, perché è materia estremamente delicata, soprattutto in questa fase.


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Sotto il nostro sotto profilo l'esperienza che potremmo mutuare è quella nordamericana, che, però, non favorisce alcuni interessi delle produzioni piccole di qualità, bensì le grandi produzioni estensive e, quindi, la selezione di poche tipologie di sementi e di prodotti fitosanitari finalizzati a quel tipo particolare di sementi.
Se si volesse compiere una sintesi delle proposte che potrebbero essere avanzate, ne esistono alcune già in altri settori rispetto a obblighi tesi a evitare accordi di tipo monopolistico - l'Authority per la concorrenza in questo senso è già attivata - il che consentirebbe di evitare accordi societari o intrasocietari e di pervenire all'eliminazione di alcune forme di oligopolio strutturate, ossia non frutto di scelte strategiche economiche, ma di opportunità di natura fiscale oppure societaria. Esistono, infatti, tali scelte di altra natura.
La seconda ipotesi è quella di favorire una ricerca che sia indipendente rispetto alle grandi aziende produttrici. I grandi centri di ricerca, infatti, sono oggi di proprietà delle grandi aziende produttrici. In sé ciò non ha una valenza negativa, è un semplice dato di fatto. Si potrebbe, però, favorire una ricerca che chiamerei, per semplicità e senza attribuirle una notazione ideologica, indipendente, cioè non legata alle grandi multinazionali e, allo stesso tempo, anche la possibilità di certificare sementi di piccole quantità e dimensioni con un procedimento di certificazione a parte, più leggero, perché queste sementi vengano utilizzate, per esempio, a livello locale.
È chiaro che, se una semente viene utilizzata su tutto il territorio nazionale o europeo, deve avere standard di certificazione che vadano bene per l'Italia, la Germania e la Francia. Se, invece, sotto il profilo legislativo, stabiliamo che le sementi che vengono utilizzate in un solo territorio o in un territorio più piccolo di quello nazionale sono sottoposte a una certificazione meno forte e selettiva, ciò favorirebbe l'uso di sementi diverse da quelle che vengono vendute dalle grandi multinazionali, consentendo anche ai piccoli produttori di condurre la propria attività.
Non si tratta di una proposta contraria ai princìpi della Commissione europea, perché, come si scriveva nel rapporto, vi è stato un tentativo di eliminazione progressiva del vincolo di utilizzo delle sementi certificate, che, paradossalmente, non ha prodotto alcun tipo di vantaggio, ma, anzi, forse è stato penalizzante, perché, mancando la fase della ricerca, che è propedeutica alla diffusione delle sementi, nessuno svolgeva ricerca su tali sementi, che di fatto non erano disponibili.
La questione non era, dunque, che non si potessero utilizzare quelle sementi. Si tratta di una contraddizione che una normativa potrebbe risolvere, consentendo ad alcune sementi particolari di essere oggetto di ricerca e, quindi, di garanzia sotto alcuni profili, in particolare quello sanitario, pur non essendo soggette al controllo molto più rigoroso che può sopportare soltanto una grande azienda multinazionale.
Si può porre come contropartita economica che tali sementi non possano essere diffuse su tutto il territorio, ma solo in alcune zone. È possibile controllare ciò attraverso la vendita cui accennavo prima, perché, se si controlla dove si vendono i prodotti, si può accertare che tali sementi siano vendute in Piemonte e non anche, per esempio, in Alsazia.
Per quanto riguarda i semi biologici, la considerazione è corretta e nasce dallo stesso tipo di problematica ora esposta: le sementi biologiche spesso non sono facilmente certificabili, perché i processi produttivi a loro volta non sono facilmente certificabili e, quindi, restano fuori dal mercato. Il problema non è che non esistano, ma che non sono acquistabili.
Mi è stata lanciata la palla per una schiacciata sull'attività dell'INEA. Abbiamo svolto moltissimi progetti. In particolare, quest'anno si è tenuta la Conferenza nazionale sull'agricoltura biologica e sono state prodotte almeno cinque pubblicazioni, che riguardavano tutte le procedure relative al biologico e a come poterlo


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sviluppare (se siete interessati, le farò avere al presidente della Commissione, in modo che possa diffonderle). Stiamo continuando su questo piano perché il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali proprio in questi giorni ci ha assegnato un progetto teso a sviluppare ulteriormente, specialmente nei rapporti con l'estero, la nostra agricoltura biologica. Gli italiani, come voi sapete, sono i leader assoluti in questo settore. Si tratta di un mercato che sta crescendo con tassi di sviluppo non altissimi rispetto ad altri, ma che risponde alle caratteristiche tipiche dell'agricoltura italiana, che non si limitano solo alla parcellizzazione dell'impresa agricola, come correttamente scritto nei documenti preparatori, ma anche alla logistica. Esiste, infatti, un problema di parcellizzazione anche della logistica allocativa dei prodotti agricoli.
Porto sempre un esempio banale, quando parlo di queste questioni. Se andate a Parigi, nei mercati trovate prodotti agricoli spagnoli e non italiani, non perché i nostri non siano apprezzati, ma perché la logistica della distribuzione spagnola è concentrata in pochissimi soggetti, mentre in Italia è estremamente frammentata, il che ci penalizza, perché non riusciamo a portare sui mercati internazionali masse di risorse adeguate.
Nell'agricoltura biologica, dove invece è apprezzata la dimensione piccola, noi riusciamo a essere leader e a superare anche i controlli in Germania, che sono rigorosissimi, perché i tedeschi hanno target molto alti di selezione e di controllo.
Noi proponiamo un intervento normativo che non sia direttamente legato all'oligopolio, ma piuttosto all'innovazione e alla ricerca delle sementi, attraverso risorse non eccezionali, ma mirate alla produzione di sementi che possano essere certificate con certificazioni ad hoc riservate a territori limitati e alla continuazione dell'azione che favorisce la biodiversità, che sarebbe la conseguenza di tale opzione sulle sementi.
Rispondendo all'ultima domanda, l'obiettivo è di medio termine, ma i benefici sarebbero facilmente applicabili, perché queste produzioni con caratteristiche peculiari e di limitate dimensioni, in realtà, hanno un mercato molto elevato. Se si producesse un grano particolare, esso troverebbe subito collocazione sul mercato e il beneficio per gli agricoltori sarebbe immediato, ovviamente nell'arco di due anni di produzione. Non parliamo di un periodo di dieci anni, ma di un periodo piuttosto limitato nel tempo.

PRESIDENTE. Vi ringrazio per le vostre utilissime indicazioni. Se ci faceste pervenire anche le pubblicazioni con i suggerimenti sul settore biologico, ve ne saremmo grati.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,25.


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