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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione XIII
4.
Martedì 1° marzo 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Zucchi Angelo, Presidente ... 2

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SITUAZIONE DEI MERCATI DELLE SEMENTI E DEGLI AGROFARMACI

Audizione dei rappresentanti del Consiglio dell'Ordine nazionale dei dottori agronomi e dottori forestali:

Zucchi Angelo, Presidente ... 2 5 7 8
Antignati Enrico, Consigliere dell'Ordine nazionale dei dottori agronomi e dottori forestali ... 3
Coretti Cosimo Damiano, Consigliere dell'Ordine nazionale dei dottori agronomi e dottori forestali ... 8
Delfino Teresio (UdC) ... 5
Dima Giovanni (PdL) ... 6
Fogliato Sebastiano (LNP) ... 5
Sisti Andrea, Presidente dell'Ordine nazionale dei dottori agronomi e dottori forestali ... 2 7
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Futuro e Libertà per l’Italia: FLI; Italia dei Valori: IdV; Iniziativa Responsabile (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): IR; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.

COMMISSIONE XIII
AGRICOLTURA

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 1° marzo 2011



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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANGELO ZUCCHI

La seduta comincia alle 15,10.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione dei rappresentanti del Consiglio dell'Ordine nazionale dei dottori agronomi e dottori forestali.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla situazione dei mercati delle sementi e degli agrofarmaci, l'audizione dei rappresentanti del Consiglio dell'Ordine nazionale dei dottori agronomi e dottori forestali.
Sono presenti i dottori agronomi Andrea Sisti, Cosimo Damiano Coretti e Enrico Antignati.
Do la parola agli auditi, ai cui interventi faranno seguito eventuali domande degli onorevoli colleghi.

ANDREA SISTI, Presidente dell'Ordine nazionale dei dottori agronomi e dottori forestali. Vorrei innanzitutto ringraziare la Commissione agricoltura e la presidenza per l'opportunità che ci è stata data di rappresentare le nostre esperienze e le nostre valutazioni riguardo al mercato sia delle sementi sia degli agrofarmaci. Procederò a una breve introduzione del nostro intervento, quindi passerò la parola ai miei colleghi, che sono consiglieri dell'Ordine, ma anche responsabili - nel nostro consiglio nazionale - dei dipartimenti di sicurezza agroalimentare e dell'agricoltura e sviluppo sostenibile.
Il nostro è un ordine professionale che ha 22.000 iscritti che operano in tutta Italia, con 92 ordini provinciali e 18 federazioni regionali. Il Consiglio nazionale è composto da 15 rappresentanti.
In riferimento al tema degli agrofarmaci, argomento della presente audizione, presentiamo una serie di valutazioni che sono state ampiamente sviluppate nel corso del XIII congresso nazionale: noi evidenziamo, in particolare, oltre alla concentrazione delle ditte che producono e distribuiscono agrofarmaci, il fatto che esiste anche un problema di asimmetria informativa. Le imprese agricole, infatti, oltre a essere frammentate, sono anche messe molto spesso nelle condizioni di acquistare agrofarmaci senza una preventiva valutazione della esigenza dell'impiego. Inoltre, la rete di distribuzione degli agrofarmaci nella sua costituzione a filiera ne aumenta sicuramente i costi in quanto sono previsti diversi passaggi che, naturalmente, non consentono un utilizzo «diretto» degli agrofarmaci stessi.
Per quanto riguarda le sementi, il ragionamento è analogo. Si aggiunge, però, il problema dell'utilizzo o meno delle sementi certificate, ma soprattutto la rarefazione dell'utilizzo delle sementi, che parte dal genere ma arriva anche all'utilizzo specifico. Su questo incide, oltre alla regolamentazione comunitaria, che prevede


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tre livelli di certificazione, il costo notevole sia per la produzione delle sementi sia per l'impiego delle stesse.
La liberalizzazione delle sementi consentirebbe sicuramente una migliore utilizzabilità e abbasserebbe i costi, ma bisogna tenere anche conto dei rapporti che devono essere verificati rispetto alla qualità della semente impiegata per i livelli produttivi che vogliamo raggiungere.
Passerei ora la parola al mio collega, consigliere Antignati.

ENRICO ANTIGNATI, Consigliere dell'Ordine nazionale dei dottori agronomi e dottori forestali. Buongiorno a tutti, e grazie per l'opportunità.
L'utilizzo degli agrofarmaci in agricoltura ha, evidentemente, un aspetto dettato dall'esigenza di salvaguardare le produzioni in termini sia quantitativi sia qualitativi. È chiaro che, però, gli agrofarmaci hanno una ripercussione diretta e indiretta negativa sia sulla salute umana sia sull'ambiente, per cui la legislazione inerente è diventata sempre più severa per quanto riguarda sia le autorizzazioni alle nuove molecole sia l'utilizzo degli agrofarmaci stessi.
Il Parlamento europeo e il Consiglio europeo hanno avviato nel 2002 un processo che ha portato nel 2009 all'adozione di alcuni provvedimenti che nel prossimo futuro modificheranno profondamente tutta la filiera dell'agrofarmaco. Mi riferisco, essenzialmente, a due direttive, la 2009/127/CE e la 2009/128/CE, e a due regolamenti, il (CE) n. 1107/2009 e il (CE) n. 1185/2009.
Faccio una breve premessa per illustrare di che cosa si parla. L'uso di agrofarmaci in Italia si attesta su livelli decisamente superiori rispetto ai nostri partner europei. Da fonti Eurostat risulta, infatti, che nel 2008 (ultimi dati disponibili, divulgati nel corso dell'ultimo congresso nazionale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), a Roma, nel maggio 2010), a fronte di una superficie agricola utilizzata (SAU) pari a circa la metà della Francia - in Italia abbiamo circa 12 milioni di ettari di SAU contro i 27 milioni della Francia - l'Italia ha distribuito una quantità pressoché simile di princìpi attivi, dunque circa 80.000 tonnellate di principio attivo. Se ci confrontiamo con la Germania, il divario è ancora più evidente, perché questa nazione ha circa 16 milioni di ettari di superficie agricola utilizzabile, e ha distribuito circa 35.000 tonnellate di princìpi attivi.
In Italia tutto il sistema di rilevamento dei dati di vendita dei prodotti fitosanitari è normato dal decreto del Presidente della Repubblica 23 aprile 2001, n. 290 e dalla sua circolare applicativa. Da più parti, anche da fonti istituzionali, ministeriali, si evidenziano grandi problematiche nell'attuazione della norma relativa all'acquisizione dei dati statistici, tanto da fare ritenere che i dati ufficiali relativi alla vendita di fitofarmaci siano sottostimati.
Quanto al controllo degli alimenti - parliamo quindi dei residui dei fitofarmaci e degli agrofarmaci negli alimenti di origine vegetale - che è coordinato dal Ministero della salute, il cui ultimo rapporto del 2009 è stato recentemente divulgato, vengono evidenziate alcune inefficienze legate, anche in questo caso, al reperimento di dati che siano certi e oggettivi: in questo modo l'indagine risulta in qualche modo parziale.
Da ultimo, per quanto riguarda il versante ambientale, gli ultimi dati contenuti nel «Rapporto sul monitoraggio nazionale dei pesticidi nelle acque» dell'ISPRA, pubblicato nel maggio 2010, riportano che circa il 50 per cento dei punti di monitoraggio controllati hanno rilevato presenze di pesticidi, nel 31 per cento dei casi con concentrazioni superiori ai limiti di legge.
Questa illustrazione serve a far capire che è necessario attuare, a nostro parere, una seria riflessione su tutta la filiera dell'agrofarmaco, dalla sua immissione sul mercato fino all'utilizzo.
L'Unione europea, come è stato accennato, ha emanato la direttiva 2009/128/CE, che si propone di regolamentare la fase di impiego del prodotto fitosanitario sia nella fase della vendita all'utilizzatore finale sia


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nella fase dell'utilizzo in campagna. Gli obiettivi sono essenzialmente due: la tutela della salute umana e la tutela dell'ambiente. L'Italia e gli altri partner europei, nei prossimi due anni, dovranno riportare tutte le misure necessarie all'attuazione di quella direttiva nei loro piani d'azione nazionali (PAN), dove si dovranno esplicitare in dettaglio: la promozione dell'uso di tutte le tecniche di difesa integrata che si intendono attuare, la formazione certificata dei consulenti e altri aspetti che dovranno essere presi in considerazione, tutte questioni normate dalla direttiva stessa.
Tra tutti gli strumenti, grande rilevanza viene attribuita alla cosiddetta «difesa integrata», al punto che la sua adozione è stata resa obbligatoria dal 1o gennaio del 2014, tra pochi anni. Si tratta di una strategia complessa che integra diversi strumenti di controllo dei parassiti e dei patogeni, prendendo in considerazione sia mezzi di tipo agronomico sia mezzi di tipo chimico, tra cui, appunto, l'utilizzo degli agrofarmaci. È chiaro che, essendo una strategia estremamente complessa, è necessario che venga implementato un sistema che preveda la presenza di consulenti in possesso di specifica competenza in campo fitoiatrico. Il ricorso a questi consulenti qualificati è, comunque, auspicato e ribadito dalla direttiva stessa ed è necessario - anche a nostro avviso - che venga garantita una assistenza tecnica professionale, rivolta al produttore agricolo, che deve seguire alcune logiche fondamentali, tra le quali quella di essere finalizzata all'applicazione corretta dei protocolli di produzione integrata, imparziale e, soprattutto, terza, consentendo la tracciabilità delle responsabilità. A tal proposito il CONAF (il nostro consiglio nazionale), nell'ambito del XIII congresso che si è svolto a settembre, ha elaborato una nuova proposta di articolazione della filiera dell'uso degli agrofarmaci che si impernia sull'asse consulenza tecnica in agricoltura, prescrizione dell'agrofarmaco e agrofarmacie. Il concetto di fondo è che il ricorso all'uso dell'agrofarmaco deve essere in qualche modo autorizzato o prescritto in forma scritta dal dottore agronomo o forestale, da un soggetto in possesso di una specifica competenza in campo fitoiatrico, al termine di un complesso processo di consulenza. L'acquisto degli agrofarmaci può essere effettuato solo da utilizzatori professionali in possesso di autorizzazione specifica all'acquisto ed esclusivamente presso le agrofarmacie (questa proposta è anche riportata nella nostra nota che è in vostro possesso).
In questo modo, a nostro avviso, si garantirebbe una precisa suddivisione dei ruoli all'interno della filiera dell'uso dell'agrofarmaco con l'informatore scientifico dell'agrofarmaco, il consulente fitoiatra e l'agrofarmacista, in modo da evitare conflitti di interesse che oggi - ahimè - sussistono. Questo sistema, ovviamente, sarebbe, come avviene in altri ambiti, vigilato dagli ordini professionali, che curerebbero, appunto, la vigilanza deontologica sull'operato degli iscritti, l'aggiornamento professionale e la formazione.
A nostro avviso, dunque, il sistema che proponiamo, imperniato sull'asse consulenza-prescrizione-agrofarmacie, garantisce il raggiungimento degli obiettivi della direttiva: tutela della salute umana, tutela dell'ambiente, certificazione della formazione dei consulenti fitoiatri, monitoraggio dell'uso degli agrofarmaci e implementazione di un sistema efficace di raccolta di dati statistici, grazie all'utilizzo di sistemi informatici evoluti che garantirebbero un flusso di dati certi, dalla campagna a chi deve occuparsi della raccolta dei dati stessi. Questo sistema fungerebbe, inoltre, da regolatore del mercato degli agrofarmaci, in quanto verrebbe introdotta una figura terza che non ha diretti interessi nella vendita dell'agrofarmaco all'utilizzatore finale, all'agricoltore in questo caso, ma la funzione di tutelare la salute umana e l'ambiente in generale.
D'altra parte, si tratta di un sistema del tutto analogo a quello vigente nel nostro Paese in riferimento ai farmaci per la cura della salute umana e a quelli per uso veterinario. Al pari del medico, in riferimento alla salute umana e al veterinario per quella animale, è necessario, appunto,


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introdurre, a nostro avviso, una figura terza che si interponga tra la produzione dell'agrofarmaco e il suo utilizzo.

PRESIDENTE. Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o per svolgere osservazioni.

TERESIO DELFINO. Da quando ci occupiamo, in questa Commissione, della vicenda del mercato delle sementi e degli agrofarmaci, l'aspetto che più mi ha colpito è stato quello di questi ultimi. Sappiamo benissimo, infatti, che sulle sementi la questione è molto complessa e articolata, ma mi lascia molto perplesso che in un Paese come il nostro, che fa della qualità e della sicurezza alimentare delle proprie produzioni un elemento qualitativo essenziale e caratterizzante, sia ribadito, anche da voi, come da altri auditi, che si faccia un uso di agrofarmaci spaventosamente maggiore di altri Paesi europei, come la Germania, la Francia e così via.
Da figlio di coltivatore diretto ricordo che nelle buone pratiche di mio padre e di mio nonno vi era quella di adoperare minime quantità di certe sostanze, perché hanno sempre delle controindicazioni. Forse il consumismo si è trasfuso anche nella dinamica della produzione agricola, ma certamente siamo lontani da quella cultura.
Ora, al di là della proposta, che esamineremo molto bene, quando sento parlare di un complesso processo di consulenza con le aziende agricole, che si sentono sempre più sovraccariche di controlli, penso a come facciano, ad esempio, la Francia o la Germania a non incorrere in questi che io credo possiamo qualificare come abusi. Per questi Paesi c'è, infatti, riferimento solo al dato statistico del minor utilizzo.
Noi rischiamo di studiare bellissime procedure che in qualche misura recano un ulteriore aggravio ai produttori agricoli. È necessario inventare un sistema semplificato, se mi permettete, in un confronto che non ha niente di pregiudiziale, tale che i controlli che già avvengono siano sufficienti a individuare gli abusi.
Vorrei, inoltre, che ci illustraste, data la vostra conoscenza degli altri Paesi europei in proposito, come avviene in Europa il controllo degli agrofarmaci.
Infine, in questi anni molto si è discusso delle misure incentivanti, di premialità, e io ritengo che per superare un certo tipo di costume sbagliato si potrebbe trovare qualche incentivo per i produttori per far sì che abbandonino l'abuso di agrofarmaci.

SEBASTIANO FOGLIATO. Anch'io ringrazio e saluto da parte del gruppo della Lega Nord Padania il consiglio dell'Ordine nazionale dei dottori agronomi e dottori forestali per averci fornito questo supporto alla nostra indagine conoscitiva sulla situazione dei mercati delle sementi e degli agrofarmaci.
Noi abbiamo avviato questa indagine su una base specifica, ossia quella dell'aumento dei costi e su come i mezzi tecnici di produzione incidono negativamente sui costi di produzione delle aziende. Ormai questo mercato è controllato da oligopoli. È benvenuto questo spaccato che ci avete fornito su come, dal vostro punto di vista, debba avvenire l'uso degli agrofarmaci.
Con un valido supporto si potrebbero usare meno agrofarmaci. Se, infatti, a consigliare è il tecnico, ma è il tecnico a venderli, forse ne consiglia un po' di più. Risiede, forse, anche qui uno dei motivi per cui c'è un consumo alto in Italia di tali prodotti.
Quanto alla qualità e, soprattutto, ai risvolti dell'utilizzo di questi prodotti sull'impatto ambientale - ricordo solo l'atrazina e l'inquinamento delle falde - credo che si possa fare un buon lavoro, ma senza un aggravio della burocrazia a carico delle aziende agricole, che sono già - ahimè - oberate da carichi burocratici.
Credo, dunque, che avere una struttura come quella delle agrofarmacie non sia una cosa negativa. È giusto che, come per la farmacia, chi vende questo genere di prodotti sia riconoscibile, ad esempio con una insegna. L'utilizzo deve passare certamente per un più stretto rapporto e coinvolgimento dei tecnici del settore, che voi rappresentate. In questo modo si potrà arrivare a un uso più consapevole, quindi


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anche a venire incontro ai costi per le aziende e, non ultimi, al tema ambientale e a quello della qualità e della salubrità dei prodotti finali.
È vero, dunque, che la Commissione ha avviato questa indagine con riferimento al tema dei costi, ma rilevo con piacere che durante queste audizioni vengono sviscerate problematiche come quella che avete posto oggi anche in modo molto propositivo, per riuscire a conferire un ruolo, che deve essere ovviamente normato, ai tecnici. Se è necessaria, infatti, la prescrizione per l'acquisto dei farmaci per un cane, non vedo perché il consumo degli agrofarmaci, che impatta direttamente sulla salute umana attraverso la filiera agroalimentare, non debba essere normato.
Mi spaventa, tuttavia, l'aspetto dell'aggravio dato dalla prescrizione di ogni prodotto che dobbiamo comprare. Ormai si fanno degli accordi di filiera con il consumatore, da parte della grande distribuzione, ma è auspicabile che al loro interno entri la componente del vostro supporto. In questo modo, già a inizio anno, è possibile fare delle previsioni sul consumo, con le dovute correzioni nel corso dell'anno dovute a tutte le variabili, a partire dalle condizioni climatiche. Inoltre, bisogna sensibilizzare il consumatore anche verso nuove tecniche di utilizzo, in modo che si riduca anche il consumo di certe sostanze.
Penso che ciò si possa fare. Personalmente, faccio l'agricoltore e garantisco che gli effetti non cambiano con un maggiore uso di agrofarmaci. Benché non impatti direttamente sulla parte agricola, si tratta comunque di dinamiche che vanno regolamentate. Sapete, infatti, che questa branca è di pertinenza del Ministero della salute, col quale quindi occorrerà trovare una sinergia, in quanto esso è responsabile delle autorizzazioni per questi prodotti e per la relativa vigilanza. Al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali compete un'altra parte di controlli, ma - a mio avviso - esistono tutti gli spazi necessari per produrre le norme adatte.
Questa indagine conoscitiva si arricchisce, così, di contenuti e ritengo quindi positivo anche un ulteriore confronto più specifico e serrato sui vostri intendimenti, che vengono accolti positivamente dal nostro gruppo.

GIOVANNI DIMA. Ringrazio gli auditi. Mi permetto soltanto di dire - e a mio parere ciò è fondamentale rispetto al nostro ragionamento - che la nostra è un'agricoltura di nicchia. Sostanzialmente, infatti, l'Italia è un'agricoltura di tante specificità territoriali, che qualcuno definisce anche «identitarie», a parte alcune aree, la quale non lavora su grandi numeri e su sistemi produttivi fortemente intensivi. Se escludiamo la pianura padana, dove ci sono delle colture forti, il resto d'Italia è un mosaico, un appezzamento ambientale, paesaggistico, e quindi anche agricolo, di pregio, e questo diventa spesso un valore, un elemento aggiuntivo nella presunzione, tutta nostra italiana, di essere - sul piano agroalimentare - al top della classifica mondiale. In parte questo è vero, in parte, forse, è un'esagerazione.
Sappiamo benissimo che l'agricoltura del mondo, ma anche quella nostra, ha subìto una trasformazione di carattere produttivo. Siamo passati per un'epoca in cui, specialmente negli anni Settanta e Ottanta, gli agrofarmaci erano distribuiti con una generosità estrema. Io provengo dalla Calabria, dove c'è una discreta produzione di clementine - un po' la nostra vetrina - e ricordo che negli anni Settanta e Ottanta queste si presentavano più «robuste», con un colore più acceso, molto più appetibili da un punto di vista visivo. Come qualcuno dice, «la frutta si mangia forse prima con gli occhi e poi si assapora davvero», ma abbiamo scoperto, a distanza di qualche decennio, che bisognava ritornare con gradualità a sistemi produttivi più consoni non solo al prodotto in quanto tale, ma anche alla prospettiva di mercato.
Mi riaggancio a quanto diceva il collega Fogliato a proposito della ricerca di uno strumento per l'utilizzo di agrofarmaci in funzione delle specificità, dei territori e della qualità di produzione: qual è il mezzo? Lui riportava l'esempio delle farmacie


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veterinarie: possiamo immaginare un sistema che contempli anche una responsabilità degli agronomi, un fattore non estraneo al nostro ragionamento. È vero che il gestore spesso forniva a dismisura quantitativi a fini produttivi, ma è pur vero che oggi abbiamo una ragnatela di agrotecnici, di agronomi in grado di consigliare in modo giusto, tenendo sempre presente la premessa che ho precedentemente svolto: se vogliamo quel tipo di agricoltura, dobbiamo adeguarci culturalmente a un certo modello di comportamento.

PRESIDENTE. Il tema è, dunque, come ridurre la quantità degli agrofarmaci senza comportare un aumento dei costi per le imprese. Do la parola agli auditi per la replica.

ANDREA SISTI, Presidente dell'Ordine nazionale dei dottori agronomi e dottori forestali. Ci sarebbero, comunque, un risparmio, una mitigazione dell'impatto ambientale e un effetto positivo sulla salubrità degli alimenti.
Parto da alcuni dati. Dal 1992 - con la riforma Mac Sharry - sono stati introdotti il sistema di pagamento diretto agli agricoltori e misure agroambientali (in base al regolamento (CEE) n. 2078/92) e, nel 1999, il programma di sviluppo rurale, che hanno previsto una serie di incentivi per utilizzare tecniche a basso impatto ambientale, come la lotta integrata nonché la conversione di alcune delle aziende verso il settore biologico. Tutto questo è stato realizzato attraverso incentivi diretti, senza considerare l'aspetto qualitativo dell'approccio al sistema, quindi della consulenza e del miglioramento della sensibilità della massa degli agricoltori rispetto a queste problematiche. Non ultimo, nel 2005, è stato introdotto il sistema di consulenza aziendale, per il quale l'incentivo viene dato per stabilire se l'agricoltore rispetta o meno la condizionalità ambientale.
Credo che tutti questi strumenti finanziari debbano incidere realmente se si vuole procedere con una politica nazionale della qualità sul concreto: utilizziamo, allora, questi strumenti per non incidere sui costi aziendali, ma aumentiamo anche la sensibilità, quindi le buone pratiche, per utilizzare al meglio l'agrofarmaco o le tecniche che consentono di non utilizzarlo.
C'è poi la cartina al tornasole, ossia quella dell'analisi residuale sui prodotti che andiamo a consumare. Vogliamo un sistema di qualità agroalimentare italiano e abbiamo da poco approvato il provvedimento sul made in Italy, nel quale, oltre alla descrizione della provenienza, credo che sia necessario individuare l'analisi dei residui, ovvero quanti residui ingeriamo consumando, ad esempio, un'insalata, un pomodoro o una pera, per vedere qual è il tipo di rapporto e di valenza che sussiste: tutto questo per far funzionare meglio il sistema.
Va anche detto che questo tipo di processo oggi sta avvenendo nella grande distribuzione, che acquista il prodotto fresco eseguendo le analisi residuali o multiresiduali. Se, infatti, con quell'alimento avveleno o comunque arreco danno, c'è un trasferimento delle responsabilità, rispetto al quale c'è un sistema privato che comincia a ragionare in questi termini e un sistema delle regole che ancora non li ha recepiti.
Il concetto della consulenza aziendale complessa che noi introduciamo è nell'anamnesi, che serve per valutare. È evidente che abbiamo un piano all'inizio della stagione, in modo che per quelle colture si deve impiegare quel tipo di agrofarmaci; dopodiché interviene l'analisi specifica, che deve essere supportata nella fase di avvio da questi strumenti finanziari, che anche nella prossima programmazione comunitaria sono messi a disposizione.
Non si tratta, quindi, di un'azione di lobby, ma di mettere a disposizione una conoscenza e una competenza che servono a migliorare il sistema. Ci sono Paesi che già adottano tali sistemi, come la Francia. La legislazione francese - attraverso il loro codice rurale - prevede, infatti, proprio una sezione ben specifica di carattere sia pubblico sia privato che sta all'interno dell'associazione dei produttori, con tecnici specifici che consentono di valutare al meglio l'utilizzo degli agrofarmaci, anche


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per la loro distribuzione. Non è un caso che quel codice rurale sia analogo al programma di sviluppo rurale che l'Unione europea ha approvato.
A mio avviso, dobbiamo cominciare a farvi riferimento, per migliorare il nostro made in Italy, perché la sola provenienza non basta.

COSIMO DAMIANO CORETTI, Consigliere dell'Ordine nazionale dei dottori agronomi e dottori forestali. Ringrazio, innanzitutto, per l'ospitalità. Collegandomi a ciò che diceva il collega Sisti, la nostra proposta nasce effettivamente da un'esigenza della campagna. C'è, infatti, una serie di adempimenti futuri, a partire dalla condizionalità, e dal 2014 dalla produzione integrata, a cui le nostre aziende dovranno per forza di cose aderire. Vi sono compresi i criteri di gestione obbligatoria, con l'utilizzo del quaderno di campagna, le buone condizioni economiche e ambientali (BCEA), a cui le nostre aziende devono adempiere.
Il problema è che, nel complesso futuro che aspetta le nostre aziende, ci rendiamo conto che manca la figura di una competenza tecnica che possa orientarle, formarle. Oggi pensiamo alla salute del consumatore, alla salvaguardia dell'ambiente, ai requisiti di qualità auspicati dal consumatore e ribaditi nel Libro verde sui prodotti agroalimentari, pubblicato nell'ottobre 2008, però c'è anche un altro problema: i produttori non hanno certezze proprio su questo sistema, il quale non ha regole di utilizzo degli agrofarmaci per immettere sul mercato un prodotto che sia in perfetta regola da un punto di vista igienico-sanitario. Molti prodotti che arrivano al mercato, infatti, hanno problemi legati alla presenza di residui di cui non è autorizzato l'impiego, a norma del decreto del Ministro della salute del 27 agosto 2004, o la cui quantità è superiore ai limiti di legge. È in questo che vorremmo essere utili.
Dal momento che anche la produzione integrata sarà obbligatoria dal 2014 - la settimana scorsa è stato presentato il sistema nazionale di qualità della produzione integrata, che andrà in quella direzione (che per i prossimi due anni è volontaria, ma dal 2014 sarà obbligatoria) - vorremmo aiutare gli agricoltori nella scelta della difesa da adottare nell'impiego dell'agrofarmaco. Si tratta di un aiuto che serve a migliorare il loro reddito, a fare economia aziendale, e, quindi, a dare loro certezze accompagnandoli nella loro attività e fornendo loro un'idea precisa di cosa sia un'agricoltura sostenibile. L'agricoltore, infatti, non è in grado da solo di interagire con la complessità del sistema che va configurandosi con esigenze sempre più complesse e che hanno all'interno valori innovativi molto alti.
Oltretutto, parlavamo della grande distribuzione organizzata (GDO) con i propri prodotti di filiera, e posso garantirvi che la produzione integrata prevede al suo interno anche l'autonomia e le competenze del consulente, per non parlare di standard di produzione universalmente riconosciuti che molte delle nostre aziende oggi adottano, pur di poter entrare in mercati un po' più esigenti, quale, ad esempio, quello tedesco.

PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti per contributo offerto.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,50.

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