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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione XIII
8.
Mercoledì 18 maggio 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Angelo Zucchi, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SITUAZIONE DEI MERCATI DELLE SEMENTI E DEGLI AGROFARMACI

Audizione dei rappresentanti del Collegio nazionale degli agrotecnici e degli agrotecnici laureati:

Russo Paolo, Presidente ... 15
Zucchi Angelo, Presidente ... 3 4 8
Brandolini Sandro (PD) ... 8 15
Delfino Teresio (UdCpTP) ... 12
Fogliato Sebastiano (LNP) ... 11
Gallo Lorenzo, Vicepresidentedel Collegio nazionale degli agrotecnici e degli agrotecnici laureati ... 4 9 14 15
Orlandi Roberto, Presidente del Collegio nazionale degli agrotecnici e degli agrotecnici laureati ... 3 6 10 13
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Italia dei Valori: IdV; Iniziativa Responsabile (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): IR; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.

COMMISSIONE XIII
AGRICOLTURA

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 18 maggio 2011


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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANGELO ZUCCHI

La seduta comincia alle 14,35.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Ricordo che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione dei rappresentanti del Collegio nazionale degli agrotecnici e degli agrotecnici laureati.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla situazione dei mercati delle sementi e degli agrofarmaci, l'audizione dei rappresentanti del Collegio nazionale degli agrotecnici e degli agrotecnici laureati.
Sono presenti il presidente, dottor Roberto Orlandi, il vicepresidente, dottor Lorenzo Gallo, la dottoressa Tina Baldino, responsabile dell'Ufficio rappresentanza.
Do la parola al presidente del Collegio nazionale degli agrotecnici e degli agrotecnici laureati, dottor Roberto Orlandi.

ROBERTO ORLANDI, Presidente del Collegio nazionale degli agrotecnici e degli agrotecnici laureati. Grazie, presidente. Ringraziamo la Commissione per aver accolto la nostra richiesta di audizione nell'ambito di questa indagine che noi riteniamo importante perché lo dicono alcuni dati futuribili ma della cui certezza non si può dubitare.
L'ONU ci dice che alla fine di quest'anno la popolazione mondiale raggiungerà i 7 miliardi di abitanti e supererà nel giro di trenta anni i 9 miliardi. Dopo il 2040 dovremmo assistere a un decremento della popolazione del mondo.
Non ci sono sicuramente dubbi sul fatto che da qui al 2040 le terre arabili mondiali saranno sottoposte a una pressione produttiva senza precedenti, che deriva anche dall'impiego del no food. Ampie porzioni del territorio vengono utilizzate per usi non alimentari. Ad esempio, il Brasile, che è comunque un esportatore di prodotti agricoli, basa tutto il suo sistema di carburanti su combustibili vegetali che vengono dalla canna da zucchero. Lì normalmente si fa il pieno con estratti di alcol miscelati con piccole dosi di benzina.
Nel mondo, quindi, sulle medesime terre coltivabili avremo il food per una popolazione crescente fino a 9 miliardi e tutto l'uso non alimentare. Saremo dunque di fronte all'imperativo di aumentare fortemente la produttività, il che richiederà di utilizzare maggiori quantità di agrofarmaci, di concimi, di sementi sicuramente anche maggiormente selezionate o transgeniche.
Già oggi il mercato di questi prodotti (concimi esclusi) è in mano a un oligopolio molto ristretto di imprese, le quali talvolta operano sia nell'uno che nell'altro settore. Alcune volte, quindi, assistiamo ad aziende che producono una semente e un erbicida che è complementare a quel tipo di semente perché magari ha alcune resistenze. Già oggi le 6 principali industrie produttrici al mondo detengono il 75 per cento del mercato globale, e di queste le prime


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4 imprese detengono il 60 per cento del mercato globale degli agrofarmaci, quindi hanno un potere di mercato rilevante.
Le teorie economiche ci dicono che quando c'è questo potere oligopolistico il mercato si distorce, perché diventa meno efficiente, i prezzi si alzano, l'innovazione viene ridotta: la concentrazione produttiva industriale oltre una certa soglia non è mai una buona cosa. Il fatto peraltro che gli agricoltori utilizzino più intensamente capitali per produrre li rende sempre più dipendenti dall'industria che li produce.
Se devo utilizzare sementi ibride che non posso riprodurre in azienda perché sono sterili, devo dipendere sempre da quell'industria che mi chiede di usare sementi a costi maggiori, concimazione a costi maggiori, agrofarmaci a costi maggiori.
Mi fermo qui per lasciare la parola al vicepresidente Gallo, che nel dettaglio più tecnico riassumerà la relazione, di cui abbiamo già inviato copia. Se gli onorevoli parlamentari vorranno approfondire, avranno modo di farlo, mentre qui ci limitiamo a riassumerla per sintesi, per poi dare più tempo alle proposte di eventuale dibattito. Grazie.

PRESIDENTE. Prego, dottor Gallo.

LORENZO GALLO, Vicepresidente del Collegio nazionale degli agrotecnici e degli agrotecnici laureati. Buongiorno a tutti e grazie per l'opportunità di intervenire in questa sede. Le condizioni economiche generali di cui parlava il presidente Orlandi hanno un chiaro impatto anche sul mercato nazionale.
Per quanto attiene al mercato delle sementi, in Italia non è ancora sviluppato il discorso degli organismi geneticamente modificati, che è normato dalla legge n. 5 del 2005. Pur non essendo ancora forte la concentrazione dell'offerta, alcune aziende (la gran parte delle quali si occupa anche degli agrofarmaci), hanno comunque una presenza importante nel settore delle sementi convenzionali, tanto che 4 di loro rappresentano il 40 per cento del mercato esistente. Si tratta di 4 delle 200 che con diverse dimensioni stanno operando sul mercato italiano. In questi anni, per quanto riguarda le sementi, i prezzi sono aumentati in maniera importante, molto di più degli agrofarmaci.
Solo nel 2006 questo trend di aumento così forte si è allineato al di sotto dell'aumento dei mezzi tecnici per l'agricoltura, ma questo chiaramente è legato al fatto che, siccome nell'ambito delle sementi molto del costo è legato, soprattutto per quanto riguarda gli OGM, alla sperimentazione, alle prove e a quanto legato ai brevetti, degli aumenti delle materie prime avvenuti in questi ultimi tempi risentono invece di più i mezzi tecnici, che sono meno legati a questi aspetti.
L'aumento delle materie prime si è quindi sentito in maniera più importante su prodotti più banali, più sulle commodity che percentualmente sui prodotti quali le sementi, dove il costo della materia prima era inferiore agli altri.
Un aspetto importante è quello del disaccoppiamento. Ci sono stati vantaggi e svantaggi in quanto da una parte si è abbandonato l'uso delle sementi certificate e questo ha portato un risparmio per gli agricoltori, dall'altra si sono aperte anche delle criticità, perché per le sementi certificate, pur costando di più per come è improntato il sistema di certificazione, che richiede tre livelli (quindi oneri importanti), si rischia di non avere materiale sano, in grado di garantire produzioni qualitative e quantitative sufficienti. Questo è un aspetto da valutare con attenzione, perché questo risparmio potrebbe essere apparente rispetto ai rischi che corriamo.
L'abbandono delle sementi certificate italiane ha fatto sì che abbiano fatto ingresso nel nostro Paese anche sementi non di produzione italiana, e questo influisce negativamente laddove si vuole mantenere una filiera del made in Italy.
Gli altri mezzi tecnici oggetto dell'audizione sono gli agrofarmaci. In Italia non si sta ancora registrando una forte concentrazione dell'offerta: la si sta intuendo. Attualmente, 35 aziende forniscono i primi 100 agrofarmaci presenti sul mercato,


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però alcune di queste, chiaramente le multinazionali straniere, come numero di referenze controllano praticamente già il 65 per cento dei prodotti offerti.
Per quanto riguarda gli agrofarmaci, in questi ultimi anni hanno ovviamente influito notevolmente sui prezzi i costi della ricerca, buona parte dei quali però legati alle lunghe prove e sperimentazioni che la normativa giustamente impone alle ditte produttrici di fitofarmaci per valutare gli impatti di questi prodotti sia sulla salute degli operatori e dei consumatori sia sull'ambiente.
Questo processo virtuoso, che era già iniziato con l'applicazione della direttiva CEE 91/144, poi applicata a livello italiano dalla legge n. 175 del 1994, ha visto una riduzione importante di principi attivi utilizzati. In questi anni, circa il 30 per cento delle materie attive che erano utilizzate prima dell'ingresso di questa nuova direttiva è stato eliminato a vantaggio di prodotti meno impattanti.
Questi costi possono essere sostenuti solo da aziende che hanno determinate strutture e anche nel caso di fitofarmaci la forte difesa della proprietà intellettuale dei dossier fa sì che alcune aziende che hanno forza possano assumere presumibilmente nel breve periodo una connotazione di oligopolio.
Un altro aspetto importante riguarda il consumo di fitofarmaci che vengono sul mercato italiano, che stando ai dati è tra i più alti in Europa. Si parla di circa 80.000 tonnellate di materie attive utilizzate sul territorio nazionale. Tra l'altro, i dati non sono molto attendibili perché, come sapete, non esistono fonti attendibili, anche se già nel 2002, in applicazione della legge n. 230, era fatto obbligo, attraverso una circolare ministeriale, ai produttori e ai rivenditori di fitofarmaci, di segnalare annualmente alle regioni e da queste ultime al sistema informatico agricolo nazionale, i quantitativi di principi attivi utilizzati.
Purtroppo, l'obbligo non prevede alcun tipo di sanzione e la nostra opinione, condivisa anche da altri enti e osservatori, è che questi dati siano comunque sottostimati. A questi valori va poi aggiunto purtroppo quanto viene illegalmente commercializzato, perché buona parte di prodotti sono rubati (fino all'8 per cento di prodotti provenienti da furto), e per tutto un sistema di illegalità diffusa in alcune zone d'Italia vi sono anche importazioni di prodotti dall'estero, da mercati dove si possono acquisire principi attivi a prezzi molto più convenienti (generalmente Cina e India), che vengono importati illegalmente nel nostro Paese con gravi criticità.
Queste aziende infatti, a differenza delle aziende che operano ufficialmente, non sottopongono questi principi attivi a verifiche per quanto riguarda l'impatto sulla salute e sull'ambiente.
In questi anni i prezzi dei fitofarmaci sono aumentati, anche se in misura minore rispetto alle sementi. Negli ultimi cinque anni il mercato è aumentato in termini di valore di un 3 per cento annuo, a fronte di una diminuzione di quantitativi. Questo chiaramente vuol dire che i prezzi sono cresciuti.
Questa diminuzione dei quantitativi è utile ed è legata all'applicazione della direttiva ma anche a un uso più consapevole del prodotto da parte degli agricoltori in questi anni, anche grazie al supporto dei tecnici. Dovrà trovare ulteriore attuazione con le applicazioni di recenti normative del settore, in particolare il regolamento (CE) 1107/2009 e la direttiva 2009/128/CE che abrogano tutte le vecchie normative per quanto riguarda i requisiti per l'autorizzazione e l'immissione in commercio di fitofarmaci, rendendo molto più stringenti i controlli e le verifiche per i riscontri e l'impatto sulla salute e l'ambiente.
Queste nuove normative non si limitano solo a questo aspetto tossicologico, ma entrano anche direttamente sull'impiego dei prodotti, quindi danno precise indicazioni. Ogni nazione dovrà stilare un piano di azione nazionale per dare compiuta risposta a questa richiesta europea, dove dovranno essere esplicitati tutti gli interventi volti a un uso più consapevole e a una riduzione nell'impiego di fitofarmaci.


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Come avrete avuto modo di apprendere anche in altre audizioni, l'utilizzo della difesa integrata, che adesso viene fatta a livello volontario, dal 2014 dovrà essere fatta in via obbligatoria. La difesa integrata delle colture prevede tutta una serie di approcci volti a utilizzare i fitofarmaci laddove non sia possibile risolvere il problema con altri mezzi biologici o attraverso pratiche colturali.
Questa è una sfida molto importante per il nostro Paese, perché richiede una forte presenza tecnica e preparazione professionale degli agricoltori. Non sono più sufficienti i fitoiatri perché, per applicare completamente questo sistema di lotta, bisognerà avere un approccio multidisciplinare alle colture.
Un altro aspetto importante e impattante sul discorso dei prezzi è la frammentazione della distribuzione di prodotti per l'agricoltura in Italia. Questa frammentazione dei punti distributivi affligge il comparto delle sementi e quello dei fitofarmaci. In Italia vi sono 4.000 punti vendita, di cui il 60 per cento rappresentato da rivenditori privati, il 25 per cento circa dai consorzi agrari, il 14 per cento da cooperative.
Ci sono molti passaggi di mano per questi mezzi tecnici, e da ciò deriva chiaramente un incremento dei prezzi. È auspicabile che con la nuova legge, come vedremo anche nella proposta che avanzeremo oggi, con la qualificazione dei punti vendita secondo quanto previsto dai dettami delle direttive, si possa razionalizzare la catena distributiva, riducendo il numero dei punti vendita.
Un ultimo aspetto che impatta sempre sui costi e quindi sui prezzi è la dimensione fondiaria dell'azienda italiana, che è la più bassa in Europa nei 27 Paesi. Parliamo di 7,6 ettari rispetto alla Francia con superfici di 48 ettari. Chiaramente le aziende piccole hanno scarso potere contrattuale, scarsa capacità di innovazione e quindi dipendenza dai fornitori. Anche questo quindi si ripercuote sulla distribuzione e sui costi.
Fondamentale sarà quindi la sfida dell'applicazione di questa nuova direttiva, nella quale si inserisce la proposta che oggi volevamo portare alla vostra attenzione. Grazie.

ROBERTO ORLANDI, Presidente del Collegio nazionale degli agrotecnici e degli agrotecnici laureati. Desidero completare velocemente l'intervento per arrivare alle proposte che vogliamo presentare e intanto precisare che queste proposte derivano dall'esperienza acquisita come categoria professionale.
Il nostro albo ha circa 15.000 iscritti, e credo che nessuno possa dubitare della trasparenza dei nostri dati in quanto siamo l'unico ordine professionale che aderisce al sistema statistico regionale (Sistar) promosso dall'Istat, dall'Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori (Isfol) e dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali. La nostra rete copre tutta l'Italia con 61 collegi provinciali, 18 federazioni regionali, una cassa di previdenza autonoma, una rete di centri per l'alta formazione degli iscritti, una fondazione, insieme ad altre categorie tecniche.
Dal 2005 abbiamo un seggio al CNEL come unica categoria agraria rappresentativa e al nostro albo si iscrivono, fra le altre classi di laurea, biotecnologi, laureati in scienze agrarie e forestali, laureati in tecnologie agroalimentari e laureati in scienze e tecnologie per l'ambiente e la natura. Non sono solo queste le classi di laurea, in quanto ho citato solo quelle prevalenti.
Dal rapporto che abbiamo con il territorio e dal quadro fatto dal collega Gallo emerge questo: in Italia si impiega una quantità elevatissima di fitofarmaci, la stessa quantità usata dalla Francia, che ha una superficie agricola pari al doppio della nostra, quindi noi utilizziamo il doppio dei fitofarmaci degli altri Paesi. Le informazioni in nostro possesso sono sottostimate perché la rete che deve renderle non le rende: vi è uno smercio illegale molto forte, che addirittura ha indotto recentemente il Nucleo antifrodi dell'Arma dei carabinieri a creare un numero verde al quale chiunque può anonimamente segnalare illegalità, tanto è diffuso il fenomeno.


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Nel fare proposte incontriamo dei limiti, perché esistono le proposte ideali e le proposte praticabili. Magari quelle ideali costano troppo e non possiamo permettercele, e quindi ragioniamo su quelle possibili. Le nostre proposte sono volte a migliorare la qualità delle nostre produzioni agroalimentari, a razionalizzare l'utilizzo dei fitofarmaci, evitando che la rete che distribuisce coincida con quella che li produce, eliminando, dove è possibile o comunque riducendo al minimo, lo smercio illegale e al tempo stesso migliorando i redditi degli imprenditori agricoli.
Sono proposte che si basano su dati di fatto, subito realizzabili e che non costano nulla. Come altre proposte avanzate a questa Commissione, anche la nostra proposta si basa sulla consulenza tecnica e sulla prescrizione degli agrofarmaci. Intendiamo dire che proponiamo che vi siano categorie di tecnici che devono prescrivere gli agrofarmaci e rivendite (che devono assumere il nome di specializzate, come avviene oggi per la medicina veterinaria) e che soltanto soggetti adeguatamente preparati lo possano fare.
Sappiamo che esistono limiti imposti dall'Antitrust, quindi a nostro giudizio tutte le figure tecniche iscritte in albi, quindi il nostro, quello degli agronomi forestali e dei periti agrari, che hanno nelle competenze professionali questa competenza specifica, ossia l'assistenza tecnica per i programmi fitosanitari, dovrebbero essere messe in condizioni, previa adeguata formazione, di potere prescrivere e vendere sotto diretta responsabilità personale e sotto controllo deontologico. C'è un bacino teorico di 50.000 tecnici che è più che sufficiente per fare questo.
Rimane il problema dei costi, perché è evidente che, se introduciamo questo sistema e abbiamo una migliore qualità, uno dei fattori di costo è questo: se l'azienda agricola utilizza in maniera più oculata e migliore gli agrofarmaci, spenderà meno e quindi produrrà con un maggior valore aggiunto.
Si può obiettare che questa sia teoria, che intanto l'agricoltura ha il costo e poi si vedrà se avrà anche il beneficio. Sappiamo dunque che questo non è sufficiente e vorremmo finalizzare un'attuale misura che è nei piani di sviluppo rurale (PSR). In questo momento sono in corso i PSR di tutte le regioni per il periodo 2007-2013 e all'interno di questo PSR c'è la misura n. 114, Consulenza aziendale, che dovrebbe essere la misura principe per lo sviluppo, ma in realtà è una misura che le regioni non riescono a far funzionare per una serie di limiti oggettivi, il principale dei quali è che si tratta di una misura interamente regionalizzata: non esiste un regolamento nazionale, per cui ogni regione la applica alla sua maniera e questo complica parecchio il sistema.
Questa misura assegna 1.500 euro per l'azienda agricola che si serva di consulenza specializzata, di tecnici specializzati. Attualmente non funziona, e voglio fare soltanto un esempio per evidenziare quanto non funziona in una regione come la Lombardia che vede la superficie agricola utilizzata (SAU) media delle aziende agricole più alta in assoluto e quindi la presenza di aziende più grandi che possono in modo più profittevole impiegare consulenza tecnica.
In tutte le regioni vi sono 70.000 aziende con una SAU media doppia di quella nazionale, ma nel 2009 abbiamo avuto soltanto 11 domande per applicare la consulenza aziendale (misura n. 114) e la regione che prevedeva di spendere 6 milioni di euro ha speso in tutto 12.000 euro. L'anno seguente, il 2010, le cose sono andate peggio perché le domande si sono ridotte a 9 nella zona migliore d'Italia che potrebbe spendere.
Questi non sono soldi italiani: sono soldi europei, ed è evidente che per un meccanismo di rendicontazione triennale questi danari se non vengono spesi torneranno indietro, all'Unione europea che andrà a ridistribuirli a Paesi più virtuosi.
Noi proponiamo di utilizzare questi fondi che già esistono e non sono italiani, ma europei, per finalizzarli a una consulenza fitoiatrica per testare questo sistema.


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Avremmo dei vantaggi: non spendiamo nulla, diamo denaro all'azienda perché è denaro comunitario e non nazionale, non diamo denaro indietro.
Devo infatti ricordare che quando l'Italia dà indietro dei fondi nella successiva programmazione viene penalizzata perché la programmazione europea prevede che chi ha speso di più abbia i fondi nella nuova programmazione perché dimostra di saperli impiegare, chi ha speso meno abbia meno, quindi il sistema è virtuoso per l'intero Paese.
Utilizziamo denaro europeo, portiamo assistenza tecnica gratuita perché pagata dall'Unione europea alle aziende agricole e testiamo questo sistema che, se funzionerà - e noi crediamo che funzionerà molto bene -, potrebbe in seguito essere corroborato da un sistema di credito d'imposta, come si usa in molti altri settori in cui si paga la consulenza e la si scarica dal bilancio aziendale come costo.
Anche qui abbiamo dei benefici: di fronte a un apparente minore incasso per lo Stato perché le aziende possono scaricare questo costo, i vantaggi sono molti di più nel senso che tutto va a bilancio, non abbiamo fatturazione in nero perché si crea un conflitto di interessi fra il fruitore del servizio e l'erogatore, nel senso che l'erogatore vorrà sempre la fattura perché la scaricherà.
Il vantaggio del carico fiscale per lo Stato nei casi di credito di imposta è sempre superiore a quello che si risparmia. In una prima fase, quindi, la nostra proposta consiste nel creare questo sistema e testarlo, utilizzando le risorse per fare in modo che non tornino indietro all'Europa, non costino nulla alle imprese agricole e allo Stato. Se l'esperimento darà esito positivo, si potrà continuare con lo strumento del credito d'imposta totale o parziale perché crediamo che le aziende agricole, vedendo che hanno un beneficio, minori costi aziendali e quindi un migliore reddito prodotto, proseguiranno ad utilizzare questo sistema. Ciò accrescerà i benefici generali per il Paese.
Naturalmente, il sistema dovrà essere applicato gradualmente, ma nella nostra proposta abbiamo indicato un tempo di cinque anni affinché il sistema venga condiviso anche dall'Agrofarma e dalle aziende che producono, perché nessun tipo di riforma e nessuna innovazione si può imporre se gli attori del sistema non la vogliono. Occorre quindi che il sistema sia introdotto gradualmente e sia condiviso e virtuoso.
Riducendo il mercato illegale e la quantità di agrofarmaci avremo un beneficio e una maggiore valorizzazione delle produzioni made in Italy (produzioni più salubri) e un beneficio sulla salute generale. Già Esculapio diceva «fai che il cibo sia la tua medicina e le tue medicine siano i tuoi cibi», cioè noi siamo sostanzialmente quello che mangiamo e, se mangiamo in modo più sano, la popolazione avrà bisogno di meno cure e di meno ospedalizzazione. A quanto ammonti questo bilancio, credo che nessuno lo abbia mai calcolato, ma indubbiamente esistono vantaggi pubblici, quindi vantaggi per il settore e un indubbio vantaggio pubblico.
Tempo fa, abbiamo creato una fondazione per la consulenza aziendale, l'abbiamo fatto insieme ai dottori agronomi e ai veterinari. Questa fondazione è riconosciuta dalla maggior parte delle regioni italiane, quindi esiste già un primo gruppo di tecnici per poter operare.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

SANDRO BRANDOLINI. Ringrazio il Collegio nazionale degli agrotecnici che ha chiesto questa audizione. Con la relazione che ci hanno consegnato dimostrano che avevamo fatto male a non prevedere la loro audizione perché ci sono delle proposte.
Cercherò di fare due domande per capire meglio alcuni aspetti. Nel documento c'è un errore di SAU, perché guardando il grafico sembra che noi abbiamo più SAU, mentre invece non è così.
Siccome avete inquadrato bene il problema ma anche l'esigenza che, mentre per quanto riguarda le sementi c'è un


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ragionamento più complessivo anche di tutela e di valorizzazione che poi discende direttamente sulla qualità del prodotto e comunque l'elemento costo è un fatto importante, vorrei sapere se il fatto che non ci sono più certificazioni italiane derivi dal fatto che in Italia è molto difficile certificare un prodotto.
Provengo da Cesena, una realtà dove ci sono molte aziende sementiere, sia una grande cooperativa locale che altri, che lavorano quasi tutti per l'Olanda, per cui vorrei capire se la mancata certificazione italiana derivi da questo elemento, cioè dalla mancanza di un laboratorio in Italia e dall'esigenza di ricorrere all'estero, che determina tempi e costi che poi inducono le nostre aziende magari a lavorare conto terzi. Spesso i brevetti sono olandesi anche se la sperimentazione è fatta in Italia, almeno così mi risulta nel nostro territorio.
Per quanto riguarda l'altra questione, che riguarda l'utilizzo degli agrofarmaci, voi fate una proposta estremamente interessante, che merita un approfondimento tentando anche di dare un contributo più preciso in questa direzione.
Pur essendo d'accordo sul problema dell'utilizzo dei fondi del piano di sviluppo rurale, tuttavia in una fase in cui comunque le risorse calano su quelle risorse si concentrano molte esigenze. Di conseguenza, per destinare queste risorse in una direzione pur giusta, prima di tutto nel piano nazionale, dal quale discendono poi i Piani di sviluppo rurale, bisognerebbe che ci fosse un'azione specifica in questa direzione. Questo è un elemento che emerge come necessario.
Il problema è come riuscire a mettere insieme un'offerta conveniente in termini di costi, di qualità e di salubrità dei nostri prodotti - uso volutamente questo termine - laddove un percorso ben organizzato e controllato consente di ridurre i costi di produzione, che oggi sono molto alti, e nello stesso tempo va a beneficio anche della genuinità delle nostre produzioni.
Da questo punto di vista, vorrei capire se abbiate maturato delle esperienze e con quali risultati, perché questo è uno strumento molto importante. È necessario che il coltivatore, che deve fare aggiornamenti continui che non sono mai sufficienti perché i prodotti cambiano continuamente, piuttosto che affrontare da dilettante questi problemi, si rivolga al professionista per avere tutte le garanzie su un uso corretto, ma anche su un contenimento dell'utilizzo di agrofarmaci, che poi hanno un costo notevole e incidono prima di tutto sul prezzo e, se non ben utilizzati, anche sulla qualità del prodotto.
Vorrei sapere se abbiate maturato qualche esperienza o abbiate una sorta di progetto da mettere in campo. Grazie.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PAOLO RUSSO

LORENZO GALLO, Vicepresidente del Collegio nazionale degli agrotecnici e degli agrotecnici laureati. Per quanto riguarda le sementi quanto ha detto l'onorevole è in parte vero: purtroppo soprattutto per le essenze orticole dipendiamo dalla competenza olandese. Purtroppo è una competenza che abbiamo perso da anni e credo che sia un gap quasi incolmabile.
Quello che considero necessario tutelare è invece la nostra competenza nel settore cerealicolo, del quale per anni siamo sempre stati leader, soprattutto per quanto riguarda il frumento duro, che è tipicamente italiano, il frumento tenero e il riso. Infatti attualmente siamo ancora leader a livello europeo per questo tipo di sementi.
Concordo quindi con lei, onorevole Brandolini: il problema esiste per questa certificazione e il fatto che le sementi orticole devono andare in Olanda per avere questo tipo di verifiche rappresenta un costo e un onere. L'appello è quello di non perdere anche quella parte di competenza che vantiamo in materia di colture cerealicole preservando quanto rimane di tipicamente italiano, soprattutto riguardo al frumento duro, fondamentale per la filiera della pasta e di molti produzioni.
Bisogna operare in questo senso e non perdere questa peculiarità che attualmente


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esiste. Per le sementi, in un mondo globalizzato, ormai siamo nelle mani degli olandesi e in futuro non solamente nelle loro, quindi diventeremo riproduttori di brevetti terzi più che altro per questioni di acclimatamento, cioè per adattare alle condizioni mediterranee tecnologie di altri. Teniamo duro sul riso e su altre peculiarità italiane.

ROBERTO ORLANDI, Presidente del Collegio nazionale degli agrotecnici e degli agrotecnici laureati. Tra l'altro, il fatto che, per esempio, per i premi della politica agricola comune (PAC) non sia più necessario utilizzare sementi certificate fa sì che perdiamo anche nei settori in cui ancora siamo leader, riso e grano duro, perché è calato del 40 per cento circa l'uso del seme certificato di grano duro. Non essendo più richiesto, gli agricoltori tendono a risparmiare e ad usare un seme non certificato, e questo ovviamente fa perdere margini di competitività alle aziende che producono il grano duro. L'applicazione di queste norme porta a tale risultato.
La misura n. 114 è obbligatoria a differenza di altre, quindi è presente in tutti i PSR ed è presente con finanziamenti minimi. La Lombardia aveva previsto per questi due anni 6 milioni di euro, ma ha speso 12.000 euro. Dentro la misura n. 114 non ci sono somme enormi, ma comunque devono esserci delle somme e la misura deve essere obbligatoriamente attivata. Recentemente, la regione Abruzzo non l'aveva attivata, ma è stata obbligata ad attivarla dalla Commissione europea perché è una misura obbligatoria in tutto il territorio dell'Unione. Serve quindi passare da venti regimi regionali, peraltro divergenti (e con i problemi che chiunque può ben capire), a un unico regime nazionale. Un'azienda al confine tra Piacenza e Cremona o Piacenza e Lodi ha due diversi organismi di consulenza aziendale per la redazione della consulenza con la medesima azienda e due diverse procedure di accreditamento.
La nostra proposta passa quindi attraverso un'intesa tra lo Stato e le regioni perché si crei un regolamento unico sulla consulenza aziendale. Abbiamo indicato un tempo quinquennale per l'applicazione della prescrizione fitoiatrica. Nella prima fase, questa prescrizione fitoiatrica dovrebbe essere non obbligatoria, ma volontaria, e ovviamente questa volontarietà andrebbe incentivata con l'utilizzo dei denari non spesi sulla misura n. 114, quindi con un regime volontario transitorio che gli agricoltori possono adottare o non adottare, e dunque misurare gli eventuali vantaggi. Essi non avrebbero spese, perché il contributo è quello già previsto attualmente, che non viene speso.
Ci chiediamo cosa si possa ridurre. Non c'è dubbio che il risparmio nell'uso degli agrofarmaci si aggiri almeno tra il 20 e il 30 per cento. Lo dico all'onorevole Brandolini che è emiliano-romagnolo come me, perché questi sono i risultati che abbiamo visto ormai standardizzati dall'impiego, per esempio, come quello che fece la Regione Emilia Romagna, della lotta integrata. Fu tra le prime Regioni, insieme al Piemonte, a farla, e lì abbiamo una base scientifica indiscutibile.
Il risparmio è non solo nell'utilizzo della quantità di principi attivi, ma anche nella scelta di diversi principi attivi. Il tecnico, che non deve vendere un prodotto - guadagna non su questo, ma sulla consulenza tecnica -, può utilizzare molecole differenti e meno costose, ma non per questo meno valide.
Siccome noi leghiamo la prescrizione all'assistenza tecnica - perché altrimenti si tratterebbe solo di un balzello e non di un servizio, mentre qui parliamo in termini di servizi all'impresa agricola - l'assistenza tecnica comporta l'utilizzo di misure agrocolturali che talvolta sono complementari a quelle fitoiatriche. Una pianta tenuta in buona salute come ogni essere umano è una pianta che si ammala di meno e quindi, se uso delle buone pratiche (noi possiamo farne anche un elenco), utilizzo già meno agrofarmaci.
Questa è la nostra stima, che è perfettamente ragionevole perché abbiamo una base scientifica su larga scala di intere regioni che lo dimostra.


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SEBASTIANO FOGLIATO. Ringrazio, anche a nome del gruppo della Lega, il Collegio nazionale degli agrotecnici e degli agrotecnici laureati per aver chiesto questa audizione nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla situazione dei mercati delle sementi e degli agrofarmaci. Abbiamo proposto questa indagine conoscitiva, strumento che abbiamo come Commissione, perché ritenevamo che in questa filiera qualcuno abusasse di una posizione dominante.
Questa posizione dominante sui mercati delle sementi e degli agrofarmaci è evidente e adesso confermata anche da voi che siete un organo tecnico e siete tutti i giorni a contatto con le aziende. Abbiamo ascoltato in audizione più istituzioni e anche l'Antitrust ha ammesso che su sementi e agrofarmaci c'è oligopolio, c'è una posizione dominante.
Abbiamo avviato l'indagine conoscitiva in Commissione per vedere come questi mezzi tecnici di produzione, che sono essenziali per le aziende, impattino negativamente sui costi. Vari enti lo hanno evidenziato con grafici sull'aumento dei prezzi, dai quali emerge come questo aumento sia stato un aumento lineare, in linea con l'inflazione e con tutta una serie di parametri.
Su questi aumenti vi chiederei una considerazione circa la possibilità di utilizzare un determinato prodotto. Queste aziende mantengono magari a catalogo varietà che soprattutto sulle sementi non sono più in uso, ma chi voglia comprare l'ultima varietà scoperta troverà un aumento non del 2 ma del 20 per cento all'anno. Se quindi le aziende vogliono mantenersi aggiornate, comprare l'ultima varietà di seme, quella più performante e più bella, l'aumento non è in linea con l'inflazione, ma è ben più alto.
Bisogna valutare gli aumenti anche per le situazioni che riguardano i prodotti innovativi. Quando un'azienda scopre un prodotto innovativo, che ha un basso impatto e una buona efficacia, l'aumento non è nell'ordine del 2 per cento all'anno, ma è ben più alto. Le aziende che vogliono rimanere al passo con i tempi, innovare ed essere sempre aggiornate, si accaparrano questi mezzi tecnici di produzione, l'innovazione ultima. La proiezione sull'aumento dei prezzi dei mezzi tecnici di produzione, però, non tiene conto di queste variabili importanti.
Vorrei chiedervi quindi se nell'ambito di questa filiera abbiate notato come l'analisi dell'aumento dei prezzi di agrofarmaci e sementi, nonostante porti a concludere che l'aumento sia in linea con l'inflazione, in realtà, analizzando i singoli prodotti, mostra che le ultime innovazioni nei mezzi tecnici di produzione hanno un prezzo molto superiore rispetto all'anno precedente. Per le aziende agricole, quindi, il costo è ben diverso.
Per determinate categorie di patologie si è quasi obbligati a usare quel tipo di prodotto, come nel caso dell'ortofrutta e dei prodotti con tempi di decadimento brevi, che le aziende si fanno pagare ben di più. Non si deve quindi conteggiare l'insieme del mercato degli agrofarmaci e delle sementi, ma si deve conteggiare l'attività, quindi anche il costo di questi prodotti più performanti.
È quindi necessario trovare dei correttivi per quanto riguarda l'impatto economico negativo che questi mezzi tecnici hanno sulle aziende agricole, ma siamo ben lieti di registrare da parte vostra un suggerimento ulteriore sull'utilizzo di questi principi attivi e anche la vostra proposta di collaborazione per seguire il settore, con la vostra assistenza tecnica e la vostra disponibilità a creare strumenti legislativi che riconoscano anche la vostra figura e quindi l'apporto che potete dare alle nostre filiere agroalimentari, che nel nostro Paese sono filiere di qualità e devono rimanere tali. L'impiego degli agrofarmaci deve essere razionale, mirato, utile, con il minore impatto possibile.
Vi ringrazio anche per aver evidenziato la criticità del mercato illegale degli agrofarmaci, mercato parallelo che impatta anche sui costi di produzione. Noi non vogliamo che le aziende abbattano i costi di produzione procurandosi agrofarmaci illegali, ma vogliamo che rimangano nel solco della legalità e che tutti abbiano pari


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opportunità di lavorare, quindi che abbiano tutti gli stessi costi di produzione e che nessuno compia abusi creando queste situazioni di illegalità che impattano negativamente sulle nostre filiere di qualità.
Vi ringrazio dell'audizione e a nome mio personale e del Gruppo della Lega ci dichiariamo disponibili a recepire ulteriori sollecitazioni con cui vogliate contribuire, anche sotto forma di documenti, ai lavori di questa indagine conoscitiva.

TERESIO DELFINO. Anch'io mi unisco al ringraziamento per la collaborazione del Collegio degli agrotecnici e degli agrotecnici laureati. Devo dire che repetita iuvant perché avevamo ascoltato in audizione l'Ordine dei dottori agronomi e forestali e questa relazione ci era largamente nota ed era stata anche già discussa, poi non so se ce ne sarà una terza con i periti agrari.
Cogliamo comunque l'occasione di questo ulteriore momento di confronto per fare una riflessione su due temi. Rimango sempre negativamente colpito dalla mancanza di capacità di spesa dei mondi che sono destinatari di misure di sostegno comunitario. Oggi, parliamo per la famosa misura n. 114 del mondo agricolo, del mondo delle regioni, di tutti coloro che rivendicano sempre maggiore coinvolgimento, ma poi, quando in una realtà a corto di risorse c'è una disponibilità di fondi per far crescere, promuovere, pubblicizzare, sensibilizzare, non si usano questi soldi, si lasciano disperdere in rivoli e si fanno tornare indietro pur essendo noi un contributore netto.
Questo è il primo dato che merita attenzione. Voi avete proposto di nazionalizzare questa misura. Non so se in fase di federalismo sia una direzione giusta, ma, poiché il ministro solo stamane ha detto che vuole scindere le responsabilità nazionali del Ministero dalle responsabilità regionali, credo, signor presidente, che su questo tema noi dobbiamo fare qualcosa. Non ci si può infatti lamentare continuamente che non ci siano risorse e poi non utilizzare quelle anche minimali che abbiamo a disposizione a livello europeo. Rivolgo quindi un invito alla responsabilità.
Ritengo poi, a parte ovviamente la questione relativa allo sviluppo delle professioni degli agronomi, degli agrotecnici e dei periti agrari che avevo già sollevato (e quindi non posso smentirmi a un mese o due dalla consultazione precedente), che la vostra proposta potrebbe concretizzarsi nella misura in cui non comporti maggiori oneri per le aziende agricole, altrimenti si tratterebbe di ulteriori elementi che in sé possono anche essere utili, ma che alla fine si tradurrebbero in un aggravio soprattutto per le aziende medie e piccole, di cui è molto ricca la nostra realtà. Ciò potrebbe dunque contribuire alla moria di titolari di aziende, cui assistiamo per l'età e per altri fenomeni come i costi.
Come seconda riflessione volevo soffermarmi sul discorso degli agrofarmaci, ma ancor di più delle sementi.
Quello delle sementi è un tema delicatissimo perché mette in gioco il nostro patrimonio agricolo ed agroalimentare, mette in gioco quella qualità che noi tendiamo ad affermare in Europa e nel mondo, per le quali ingaggiamo moltissime battaglie, come quelle contro l'agropirateria e la contraffazione. Se però non manteniamo una capacità di autonomia sulla produzione delle sementi, con questo sistema sempre più oligopolistico, rischiamo di omologare definitivamente quelle produzioni che invece vogliamo essere caratterizzanti, tipiche, qualitativamente diverse nel mondo.
Poiché è in gioco questo, mi chiedo come possiamo intervenire nel rispetto della normativa europea per tutelare un'autonomia delle nostre sementi, se possiamo inserire nella revisione della PAC qualcosa che dia sostegno all'innovazione, alla ricerca in questo mondo. Se, infatti, non facciamo qualcosa di concreto, l'oligopolio andrà avanti e non sarà possibile non dico invertire la rotta ma salvaguardare quel minimo di presenza rispetto all'obiettivo più grande. Vorrei capire quindi se abbiate svolto un'analisi approfondita su questo aspetto.


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Per quanto riguarda gli agrofarmaci, è indubbio che siamo davanti a una realtà che si può battere soltanto con un sistema di controllo più efficace, più capillare e più costante. Abbiamo sentito diversi rappresentanti di istituzioni e di organi dello Stato che hanno questa funzione, ma, se non facciamo un'azione dissuasiva rispetto a determinati fenomeni, questi non verranno superati. Cito l'esempio di quanto ci ha riferito il prefetto di Reggio Calabria sul caso Rosarno: siamo venuti a sapere che da quando è scoppiata la famosa rivolta improvvisamente sono fioriti - da venti anni non succedeva - più di 800 contratti per i lavoratori immigrati, perché evidentemente prima, sebbene ci fossero, gli organi competenti non facevano nessun tipo di controllo del territorio.
Qui siamo in una filiera che può essere anche molto più sofisticata, ma non possiamo affidarci soltanto alle considerazioni e ai richiami sulla qualità: contano gli interessi veri e, siccome i fenomeni illegali vanno assolutamente contrastati, io credo che dobbiamo rafforzare (volevo conoscere la vostra opinione) la filiera dei controlli con sanzioni adeguate per chi smercia in modo illegale e per chi utilizza manodopera illegalmente, perché, come diceva l'onorevole Fogliato, non è con l'acquisizione in nero e sottocosto di determinati prodotti che valorizziamo la nostra agricoltura.
Noi siamo da sempre come forza politica per l'affermazione della legalità, di sostegni e in questo caso anche di controlli adeguati perché prevalga una regolare attività in questo settore, naturalmente con quella crescita culturale che ci vuole per ridurre sempre di più i fenomeni di illegalità.

ROBERTO ORLANDI, Presidente del Collegio nazionale degli agrotecnici e degli agrotecnici laureati. Intanto, desidero fare una prima considerazione legandomi all'ultimo intervento dell'onorevole Delfino. Quando noi proponiamo di creare un regolamento unico per la misura n. 114 non intendiamo avviare un processo, che sicuramente sarebbe antistorico, per ristatalizzare una norma, ma andare avanti sul principio che il federalismo non significa che ognuno fa quello che gli pare: vuol dire leale collaborazione tra lo Stato e le regioni nell'interesse nazionale. Credo che su questo siamo tutti d'accordo.
Attualmente la misura n. 114 non viene spesa perché le burocrazie regionali (il giudizio politico non dobbiamo darlo noi) non funzionano su questo punto. Si tratta di mettere in atto una norma che funzioni, che consenta di spendere risorse europee.
Desidero fare un'altra brevissima considerazione. L'Italia è un contribuente netto dell'Europa, ovvero dà all'Europa più soldi di quelli che riceve, e inoltre non spende quelli che l'Europa le dà, che sono meno di quelli che l'Italia dà all'Unione. Questo è un serio problema: c'è un problema di responsabilità di governo del nostro sistema perché non è possibile che noi paghiamo le economie agricole più forti della nostra, perché a questo punto ci converrebbe non versare denaro all'Europa e tenercelo per l'agricoltura. Credo, quindi, che l'imperativo sia spendere fino all'ultimo euro che l'Europa ci dà, premesso che comunque è meno di quello che noi diamo all'Unione.
Siamo pienamente d'accordo nell'affermare che di questi tempi nessun costo ulteriore possa essere imposto alle aziende agricole. Siamo in presenza di una forte crisi del settore, per cui aumentano i costi e diminuisce la redditività delle produzioni non ovunque, ma per quanto riguarda la maggior parte di esse.
Ci sono ovviamente dei limiti: nello studio troverete l'elenco delle SAU e, quando una SAU è cinque volte meno di quella francese e 8 volte meno di quella inglese, è chiaro che i fattori della produzione pesano diversamente. Quelli sono fattori ineludibili.
Qui però c'è il problema di non imporre costi ulteriori, infatti la nostra proposta non comporta costi ulteriori e non comporta obbligatorietà: è volontaria, porta denaro alle aziende e insieme al denaro porta consulenza tecnica gratuita ed evita di dare soldi indietro. C'è un risparmio di almeno un 20-30 per cento.


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Dal momento che si stima che gli agrofarmaci incidano per il 15 per cento sui costi di produzione, potremmo portare questo valore al 10-11 per cento: si tratterebbe di 4-5 punti in più per le aziende agricole, che di questi tempi non mi pare affatto poco.
L'oligopolio immanente ovviamente esiste e sono processi internazionali che l'Italia non può contrastare, ma certamente un modo per contrastare l'oligopolio è quello di creare una coscienza diffusa creando una rete indipendente di tecnici che consigli un prodotto diverso da quello che l'oligopolista vuole per forza vendere.
Usiamo 80.000 tonnellate di agrofarmaci: tanto quanto la Francia, che ha il doppio della SAU. Di queste 80.000 tonnellate, però, la metà è di prodotti con minor impatto (rame, zolfo) e ciò dipende dal tipo di agricoltura che abbiamo rispetto agli altri Paesi. L'Italia è caratterizzata infatti da colture di tipo intensivo (orticole e frutticole), mentre gli altri Paesi d'Europa, come Francia e Germania, hanno produzioni di tipo estensivo, che richiedono ovviamente un minor impiego di mezzi tecnici. Il fatto che ne consumiamo di più dipende quindi anche da questo. Parimenti è oggettivo che i nostri costi di produzione sono più alti perché abbiamo aziende più piccole; è il tipo di produzioni che provoca un maggior consumo di agrofarmaci, che comunque va ridotto.
La questione dell'illegalità è estremamente seria non solo perché importiamo roba che non sappiamo cosa sia, ma perché importiamo anche dei prodotti che vengono utilizzati dove non devono. Vorrei citare un esempio che è più efficace di cento discorsi.
Conoscete il grande problema del punteruolo rosso, che sta uccidendo le palme e sta cambiando il profilo del nostro paesaggio. Non è vero che contro il punteruolo rosso non esistano principi attivi efficienti: ce ne sono in quantità, ma sono talmente tossici che non possono essere utilizzati in aree urbane, per cui dobbiamo abbattere i palmizi. Se potessimo usare quei prodotti e le palme fossero non nei giardini delle città, ma in aperta campagna, il problema non ci sarebbe.
Il mercato illegale veicola non soltanto sostanze pericolose, ma sostanze proibite o che non potrebbero essere vendute per le finalità in cui vengono impiegate. Questo comporta rischi altissimi per la salute umana e, dal momento che non è possibile pensare di mettere un carabiniere per ogni azienda agricola perché tanto non basterebbe neanche questo, è evidente che soltanto con l'intervento di una rete complessa di tecnici si può arginare il problema.
Sulle altre questioni lascerei la parola al collega Gallo.

LORENZO GALLO, Vicepresidente del Collegio nazionale degli agrotecnici e degli agrotecnici laureati. Per rispondere all'onorevole Fogliato, in effetti prodotti innovativi comportano maggiori costi di ricerca. La nuova direttiva però dovrebbe evitare che i produttori valutino questo aspetto come un peso importante sui costi, in quanto venivano lamentati lunghi tempi necessari per le prove e le registrazioni mentre le nuove indicazioni sono per una facilitazione di questi tempi e di questi sistemi, perché viene inserito un mutuo riconoscimento tra le nazioni.
Si farà quindi una registrazione secondo ambiti zonali e non più Paese per Paese, che in alcuni ambiti era anche molto lunga (in Italia occorrevano quasi dieci anni prima di poter impostare un principio attivo). Questo sicuramente sarà un beneficio per i costi di produzione di questi agrofarmaci, che comunque bisogna far pesare sulle aziende produttrici.
Non sono ottimista perché questo porterà un beneficio però, chiaramente, laddove c'è un know-how ci sono degli investimenti e anche le materie prime tenderanno sempre ad aumentare. Sono invece ottimista del fatto che un utilizzo sapiente della lotta integrata ovvero, laddove possibile, l'uso anche di prodotti generici, che ormai non costano moltissimo, possano giocare a nostro favore, in quanto i generici costano molto meno dell'ultimo prodotto


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immesso sul mercato. Chiaramente è necessaria una forte capacità tecnica.
Se vogliamo ottenere dei risultati importanti sui costi, considero più decisivo un utilizzo inferiore di fitofarmaci, che continueranno ad aumentare, utilizzo limitato solo ad effettive situazioni di necessità. Ciò significa scelte di varietà giuste. Se non abbiamo varietà acclimatate, ci esponiamo a rischi di malattie.
Per quanto riguarda la corretta nutrizione delle piante, va detto che molti problemi fitosanitari sono legati a squilibri dovuti a eccessi di concimazione.

SANDRO BRANDOLINI. Anche nel kiwi succede questo!

LORENZO GALLO, Vicepresidente del Collegio nazionale degli agrotecnici e degli agrotecnici laureati. Nel kiwi abbiamo fatto un errore di prevenzione, perché i nuovi principi attivi non coprono nuove infestazioni che sopraggiungono perché nella filiera è saltato qualcosa. Probabilmente, sulla batteriosi dilagante del kiwi ha influito moltissimo una distribuzione di piante non controllate e non certificate, per cui un problema occasionale è diventato un problema pestilenziale.
La ricetta è l'ultimo aspetto di una visione più profonda del problema perché, se devo fare una lotta integrata, devo utilizzare tutte queste strategie di prevenzione e nutrizione e il fitofarmaco come ultima chance. Anche se costa caro ne uso poco e solo quando è necessario.
Queste nuove direttive dovrebbero anche far sì che le ditte produttrici abbiano meno alibi come la lunghezza delle burocrazie e dei riconoscimenti, e bisognerà far pesare anche questi ulteriori vantaggi.
Per quanto riguarda l'esigenza di mantenere il nostro patrimonio sementiero genetico, considero questo aspetto più complicato. Tornare a un regime in cui incentivare l'uso di sementi certificate come in passato sicuramente per alcuni aspetti ci può aiutare, anche perché parliamo di masse critiche di sementi. Difendere delle peculiarità dove le quantità sono più limitate diventa difficile, e si tratta di un problema di coscienza globale e di marketing.
Dobbiamo quindi far sì che mantenere questa diversità diventi economico. Occorre compiere questo sforzo, più di mercato che tecnico, anche se è difficile - perché OGM e nuove varietà si riproducono molto più facilmente e hanno performance maggiori - per educare anche il consumatore a spendere di più per qualcosa di diverso. Sui cereali e sul riso qualcosa si potrebbe fare.

PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,45.

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