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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione XIII
3.
Mercoledì 9 dicembre 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Russo Paolo, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE OPERE IRRIGUE

Audizione dei rappresentanti dell'Associazione nazionale bonifiche, irrigazioni e miglioramenti fondiari (ANBI):

Russo Paolo, Presidente ... 3 4 6 8 9 11
Martuccelli Anna Maria, Direttore generale dell'ANBI ... 3 4 8 9 11
Ruvolo Giuseppe (UdC) ... 6
Zucchi Angelo (PD) ... 7
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP.

COMMISSIONE XIII
AGRICOLTURA

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 9 dicembre 2009


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PAOLO RUSSO

La seduta comincia alle 12,50.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione dei rappresentanti dell'Associazione nazionale bonifiche, irrigazioni e miglioramenti fondiari (ANBI).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle opere irrigue, l'audizione dei rappresentanti dell'Associazione nazionale bonifiche, irrigazioni e miglioramenti fondiari (ANBI).
Sono presenti l'avvocato Anna Maria Martuccelli, direttore generale, e il dottor Giulio Tufarelli, funzionario.
Do subito la parola agli auditi. In esito alla loro introduzione, i colleghi della Commissione si riservano di porre eventuali domande.

ANNA MARIA MARTUCCELLI, Direttore generale dell'ANBI. Ringrazio il presidente, per aver invitato l'ANBI a quest'audizione. L'Associazione ha già espresso una considerazione molto positiva sull'iniziativa della Commissione di svolgere un'indagine sulle opere irrigue. D'altra parte, l'odierna audizione consente anche una continuità nei rapporti, perché nella storia di questa Commissione Agricoltura, come anche di quella del Senato, l'Associazione nazionale bonifiche e irrigazioni è stata sempre invitata e ascoltata in occasione di dibattiti sulla gestione delle acque.
L'audizione di oggi ricade a pochi mesi dall'importante - noi riteniamo - risoluzione approvata da questa Commissione il 24 giugno del 2009 sui temi della rilevanza delle acque per il settore agricolo e sulla posizione dei consorzi di bonifica.
Con riferimento ai presupposti e alle considerazioni svolte in quella risoluzione, non mi soffermo sulle puntualizzazioni della Commissione relative alla rilevanza dell'irrigazione nel nostro Paese, che condividiamo. Voglio soltanto ricordare - un dato per noi molto importante - che circa l'87 per cento della produzione agricola italiana proviene da territori irrigati, come pure i due terzi delle esportazioni, il che pone in evidenza, ancora una volta, quanto l'irrigazione sia rilevante per il nostro Paese.
Nell'ambito europeo, l'Italia è sicuramente il Paese con la maggiore estensione di superficie agricola utilizzata (SAU) irrigata. Questo discende dalla condizione naturale del territorio italiano, che comprende solo il 6 per cento di pianura, mentre il resto consiste in colline e montagne. Quando dobbiamo operare in zone collinari, con le variabilità climatiche a tutti note, se non ci fosse l'apporto artificiale dell'acqua attraverso l'irrigazione, certamente non si potrebbe produrre.
In questi giorni, i dibattiti che si sono accesi prima dell'inizio dei lavori di Copenaghen tra «negazionisti» e «oltranzisti», pongono in dubbio se tali variabilità


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climatiche, o meglio, tali cambiamenti climatici, siano nelle realtà corrispondenti alle previsioni ipotizzate anche in qualificate sedi ONU.
È in corso un dibattito acceso, ma anche in sede scientifica un elemento non viene contestato, e cioè la variabilità climatica. Questo è un dato certo sia per gli oppositori, sia per coloro che sostengono la tesi dei cambiamenti climatici. Se ne parla a Copenaghen in queste ultimissime ore.
La variabilità climatica incide pesantemente sull'agricoltura, perché ne discende che non si dispone dell'acqua nel momento in cui le piante ne hanno bisogno. La mancata sincronia tra situazioni meteorologiche ed esigenze delle produzioni determina la necessità dell'irrigazione.
Oggi, i problemi del Paese in merito all'irrigazione riguardano l'avvio di un ammodernamento degli impianti esistenti e un adeguamento finalizzato al risparmio idrico. Si avverte il bisogno di una più razionale utilizzazione.

PRESIDENTE. Quindi non di una maggiore adduzione?

ANNA MARIA MARTUCCELLI, Direttore generale dell'ANBI. In parte anche di una maggiore adduzione. Distinguerei tra nord e sud Italia.
Nel nord vi sono diffusi problemi di ammodernamento e adeguamento, ma minori necessità di nuovi invasi e laghi, mentre nel Mezzogiorno c'è bisogno non solo di ammodernamento (vi sono molte zone dove permangono sistemi di canalette a cielo aperto, che vanno riconvertite; in passato, sono stati riconvertiti quasi 200 km), ma anche di nuove adduzioni, laddove sono stati costruiti invasi ma mancano gli adduttori a monte e a valle, oppure occorre costruire canalizzazioni. A seconda della realtà del Paese, il tipo di interventi cambia, ma c'è, comunque, bisogno di intervenire diffusamente nel settore delle infrastrutture irrigue.
La Commissione conosce la situazione attuale ancora meglio di me e quindi mi limito a una sintesi. Il settore irriguo, in base agli stanziamenti previsti dal provvedimento del CIPE del 2004-2005, avrebbe dovuto ricevere 7.000 milioni di euro. Il primo finanziamento per avviare tale processo avrebbe dovuto essere di 1.600 milioni di euro, ridotti successivamente a 1.000 milioni di euro. Di fronte a questa situazione, di progetti pronti ma non finanziati, con la legge finanziaria 2008 è stato disposto un finanziamento di 100 milioni di euro per ogni anno dal 2011 al 2025, uno stanziamento pluriennale che avrebbe potuto far avviare opere per 1.500 milioni di euro.
Di fronte alla crisi e all'esigenza di contenimento della spesa pubblica, il decreto-legge n. 112 del 2008 e quindi la finanziaria del 2009 hanno apportato tagli per 156 milioni di euro e il previsto finanziamento di cento milioni di euro all'anno si è ridotto a 56. Si era affermato, nel DPEF del 2011-2013, che, nell'ambito della finanziaria, si sarebbe provveduto a integrare le somme mancanti derivanti dalle riduzioni degli stanziamenti per il piano irriguo, ma a oggi la situazione, anche alla luce del maxiemendamento, non è cambiata, stando almeno a quanto abbiamo avuto modo di rilevare.
Rendiamo atto alla Commissione Agricoltura che sono stati presentati parecchi emendamenti, di cui uno importante e molto articolato a firma del presidente della Commissione e di altri componenti della maggioranza, però ancora oggi la situazione è bloccata, il che crea gravissimo disagio, non solo agli effetti del discorso dell'ammodernamento, che pure è necessario, ma anche per quegli interventi di manutenzione straordinaria sono indispensabili per poter disporre dell'acqua.
Questo è il dato che desta maggiore preoccupazione. Per il settore agricolo, con riferimento alle risorse idriche utilizzate, spesso si richiama il dato della Conferenza nazionale delle acque, che risale al 1971, e si ritiene che l'agricoltura consumi 26 miliardi di metri cubi d'acqua. Sulla base dei dati aggiornati ad oggi, riscontrati anche attraverso i consorzi, tale quantità scende a 21 miliardi di metri cubi, perché sono stati eseguiti numerosi ammodernamenti:


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ad esempio in Emilia, attraverso un sistema di gestione molto avanzato, si è registrata una notevole diminuzione nell'utilizzo di acqua.
L'Associazione nazionale bonifiche, che rappresento in questa sede, sta elaborando un progetto denominato «Irriframe», che prevede un sistema attraverso il quale si forniscono alle singole aziende consorziate consigli su quando e come irrigare, in relazione alla situazione del suolo, alle previsioni meteorologiche ed alle produzioni. Questo sistema, estremamente moderno e in parte già sperimentato in Emilia, consente un utilizzo più razionale dell'acqua. Si forniscono, attraverso sms, notizie all'agricoltore. In un primo momento, il sistema prevedeva soltanto la comunicazione via Internet attraverso il computer, mentre oggi stiamo lavorando per conseguire un ulteriore progresso e quindi comunicare attraverso cellulare.
L'ANBI collabora anche in altri progetti relativi a nuovi strumenti di ammodernamento della gestione.
Ovviamente, ciò può essere assicurato soltanto quando la gestione è affidata ai consorzi di bonifica e irrigazione, che sono il punto di riferimento dei consorziati, perché c'è autogoverno. Il consorziato che gestisce e amministra è interessato a fare in modo che la gestione sia economica e, nel contempo, idonea a soddisfare le esigenze produttive.
Il principio dell'autogoverno, su cui è impostato il sistema consortile, dà garanzia, con riferimento al momento della gestione, sia per l'amministrazione privatistica, sia perché i privati partecipano finanziariamente.
La gestione irrigua, con riferimento ai costi, è, infatti, interamente a carico dei consorziati. All'inizio dell'anno, il consorzio deve stabilire quanto spendere per gestire l'irrigazione - la spesa per il canone di concessione dell'acqua, quella del personale addetto, dei materiali, e di tutto ciò che occorre per garantire il servizio - e ripartire la somma complessiva tra coloro i cui territori rientrano nei comprensori irrigui sulla base di indici di beneficio individuati nei piani di classifica. Per legge nazionale e regionale, i consorzi devono elaborare infatti un piano di classifica, in cui sono individuati criteri tecnici ed economici per il riparto dei contributi. Questo è un dato di grande rilevanza. D'altra parte, riteniamo che proprio l'istituzione consortile oggi, anche alla luce della direttiva europea sulle acque, rappresenti lo strumento più moderno a disposizione, non solo sotto il profilo operativo, ma anche sotto quello istituzionale, in quanto forte espressione di sussidiarietà: si tratta di un'istituzione avente personalità giuridica pubblica, che svolge funzioni determinate e rappresenta quindi un ente funzionale, ma molto vicino sul territorio agli utenti, di cui interpreta le esigenze. In virtù del principio di sussidiarietà, che la direttiva riconferma per la gestione delle acque e che in Italia è diventato anche un principio costituzionale all'articolo 118 della Costituzione, l'istituto consortile per la gestione delle acque per usi prevalentemente irrigui ha, nell'ordinamento del nostro Paese, grande valenza.
Aggiungiamo, altresì, un dato che ha una rilevanza particolare in questo momento, ossia che i consorzi, soprattutto nel nord Italia, hanno realizzato gli usi plurimi delle acque irrigue. Se andiamo a vedere i grandi comprensori nella zona tra Lombardia e Piemonte - i due Sesia, per fare un riferimento - vediamo che l'acqua è utilizzata più volte, a scopi non solo irrigui, ma anche idroelettrici e spesso anche di vivificazione ai fini della pesca e di apporto agli altri settori. In alcune realtà, si è riusciti addirittura a fornire acqua per la pulizia degli impianti alle industrie, che hanno evitato di sollevare l'acqua sotterranea. Si è verificato, dunque, un risparmio anche sotto questo aspetto.
Gli usi plurimi delle acque irrigue - di cui abbiamo avuto, di recente, una diffusione notevole in molte realtà italiane - consentono dunque un'utilizzazione più razionale proprio attraverso l'istituto consortile. Nel contempo, sono state realizzate, anche nel Mezzogiorno, centraline idroelettriche. Inoltre, nella zona della Capitanata, in Puglia, si è creato il primo


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esempio di impianto di utilizzazione di acque reflue per irrigazione collettiva, che è quella che dà maggiori garanzie, sia per il risparmio idrico, sia agli effetti dei costi, anch'esso un aspetto molto rilevante.
Attualmente, siamo presenti nel dibattito sui piani di gestione idrografica, una novità per il nostro Paese, imposta dalla direttiva europea. Siamo lievemente in ritardo, però indubbiamente è stato compiuto un grosso lavoro, perché i piani di gestione dei distretti idrografici, che oggi sono stati realizzati - il termine scade il 22 dicembre, ma credo che sia stato prorogato fino a metà gennaio - offrono, distretto per distretto, non solo la conoscenza piena di tutta la situazione idrografica delle diverse realtà del Paese, ma anche dei diversi utilizzi e degli aspetti della tutela. Nel contempo, individuano programmi di misure e dovrebbero anche realizzare l'analisi economica.
Su quest'ultimo punto, come voi sapete, ci sono alcuni problemi, perché la recente modifica per gli acquedotti, l'articolo 15 del decreto-legge n. 135 del 2009, ha destato problemi a tutti noti. Per il servizio acquedottistico, credo che l'analisi economica oggi, finché tale articolo non troverà piena applicazione, sia difficilmente definibile in questi piani di gestione, anche se essi si limitano a fissare alcuni criteri.
Per quanto riguarda il settore agricolo, certamente il principio europeo del contributo al recupero del costo è ampiamente rispettato, perché i consorzi devono, per legge, individuare annualmente gli importi delle spese necessarie per irrigare e quindi dividere tali spese tra gli utenti.
In alcune realtà, le regioni intervengono - bisogna riconoscerlo - e cioè soprattutto laddove, per utilizzare le acque a scopo irriguo, bisogna sollevarle, perché i costi dell'elettricità sono enormi. In alcune realtà del Paese, il contributo regionale alle spese per l'energia consumata per i sollevamenti delle acque ha dunque costituito un modo per alleggerire l'agricoltore del costo dell'irrigazione, dal momento che non sempre si ha la possibilità, per esempio nel Po, di utilizzare l'acqua in pianura.
Nel contesto europeo, ci troviamo in una situazione territoriale diversa rispetto agli altri Paesi con territori pianeggianti e dal clima umido. La grande tradizione che l'irrigazione ha avuto in Italia ha costituito uno strumento importante per lo sviluppo dell'agricoltura, ma soprattutto dei prodotti di qualità. Oggi il problema dell'irrigazione non è finalizzato alle quantità, ma alla competitività dell'agricoltura e quindi alla qualità dei prodotti.
Ho elaborato un documento che lascerei alla Commissione. In allegato c'è anche il protocollo Stato-regioni del 18 settembre 2008 sulla posizione dell'ordinamento italiano dei consorzi di bonifica secondo le intese Stato-regioni.

PRESIDENTE. Sicuramente il suo documento è prezioso e costituirà oggetto di ulteriore riflessione.
Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

GIUSEPPE RUVOLO. Apprezzo l'intervento della direttrice, che ha tracciato uno spaccato molto chiaro e puntuale, dal mio punto di vista. Ne prendo spunto per alcune considerazioni.
Comincerei da una nota dolente, ossia il rapporto tra Settentrione e Mezzogiorno. Ho letto più volte la relazione della Corte dei conti, la quale, ancora di più rispetto al quadro che lei ha formulato, ricrea una condizione di disparità assoluta tra il nord e il sud del Paese.
In merito all'ammodernamento, certamente nell'area del nord l'investimento è stato interamente utilizzato, secondo la relazione della Corte dei conti, mentre nel Mezzogiorno siamo a malapena al 20 per cento dell'utilizzo delle risorse disponibili.
Mi pongo una domanda, quasi scontata e ovvia: non sarebbe opportuno pensare - le vostre valutazioni servono a immaginare il percorso che sto per illustrare - a uno strumento che metta il Mezzogiorno nelle condizioni di operare più dettagliatamente rispetto al quadro abnorme tra il nord e il sud? Abbiamo avuto, nella precedente legislatura, alcuni approcci in questo


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senso, poi sfumati per ragioni di non condivisione complessiva, sia da parte dell'ANBI, sia di altre forze politiche.
I gravissimi ritardi che accusa il sud del Paese - per citare la sua dizione precisa - devono essere nel tempo recuperati, o almeno lo auspico. Vorrei capire se esiste uno strumento diverso rispetto a quello che non ha funzionato fino adesso.
Inoltre, che cosa è capitato in questo scorcio di legislatura? Il Parlamento, all'unanimità, sia alla Camera, sia al Senato, ha approvato un emendamento - questa è la mia seconda domanda - relativo al Fondo di progettazione per le opere irrigue nel Mezzogiorno. Al di là del fatto che, incomprensibilmente - almeno per me, essendo stato promotore del suddetto emendamento - il ministro competente non ha ancora emanato il decreto con le norme di attuazione, dopo un anno, vorrei sapere se questo è uno strumento che serve, soprattutto per il Mezzogiorno.
Alle molte interrogazioni e sollecitazioni presentate al Governo, non solo ora, ma anche nel passato, veniva presentata la difficoltà di poter finanziare opere per mancanza di progetti. Le domando se ciò è vero.
Vorrei segnalare, invece, un altro aspetto, che a me sembra davvero scandaloso. Parlo per le esperienze dirette maturate su questo campo. Oggi, sono in questa sede e sembra che solo noi dell'opposizione vogliamo occuparci di questa materia. Dov'è la maggioranza? Questo è un dato politico che rassegno al presidente.
A prescindere da questo, la mia domanda è la seguente: l'ENEL, con un provvedimento del 1935, in molte aree del Paese è titolare della risorsa idrica, dell'acqua, e capita che - mi rivolgo a lei perché conosco la sua estrema sensibilità su alcuni argomenti - faccia pagare ai consorzi di bonifica per la mancata produzione di energia elettrica.
Porto un esempio molto pratico: ci sono alcune centrali, costruite nel 1937, che ovviamente non producono più, però l'ENEL dichiara di non poter produrre per dare l'acqua al consorzio di bonifica e fa applicare, sostanzialmente, il mancato guadagno della produzione di energia al consorzio di bonifica e agli agricoltori.
Posso anche citare, se vi è utile, alcuni consorzi, come quello di Agrigento 3. Ne potrei citare molti altri, ma mi fermo a questo. Oltre a porle la domanda, il riferimento mi era utile per mettere in evidenza tale situazione. Stiamo parlando di bollette - mi piace definirle così - da 300-400 mila euro l'anno, con un arretrato di circa 1 milione 800 mila euro, interamente a carico dei consorziati.
È mai possibile non porre l'accento su questa questione, riferita a un provvedimento legislativo del 1935? Vorrei sapere se avete notizie in merito.
Potrei formulare altre mille domande, ma non lo faccio, anche perché ci sono altri colleghi che devono intervenire. Gliene pongo solo un'altra, approfittando anche della bontà del presidente.
Mi risulta che molte opere in corso di realizzazione o di finanziamento siano state bloccate perché le somme vanno in perenzione in tempi assai brevi. Potete suggerirci la soluzione più equa e opportuna per evitare che ciò accada, dal momento che per iscriverle nuovamente occorrono almeno due anni?
Vorrei portare solo un esempio molto pratico, citando fatti concreti: l'opera in corso, anziché realizzarsi entro il 2009, per ragioni diverse - per la pioggia e per motivi legati allo strumento tecnologicamente avanzato che andava inserito - e documentate, viene differita al 2010. Nel frattempo, le risorse non possono essere più utilizzate; bisogna aspettare la reiscrizione in bilancio e se ne parlerà, bene che vada, fra due anni.
Potete suggerirci uno strumento che metta in condizioni almeno le strutture finanziate e in corso d'opera di essere terminate in tempi ragionevoli?

ANGELO ZUCCHI. Ringrazio anche io gli auditi e pongo, sostanzialmente, tre domande.
La prima è la seguente: avete parlato di progetti cantierabili, che poi non hanno trovato adeguate risorse, neanche in questa


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finanziaria, per la verità. Volevo sapere se, rispetto a un'ipotetica collocazione nord-sud, potete quantificarci grosso modo lo stato dell'arte sulla cantierabilità di tali progetti fra le aree del settentrionali e meridionali del Paese.
La seconda domanda è se avete un'idea generale della qualità di tali progetti. Vorrei sapere se la qualità complessiva di tali progetti, che ormai probabilmente sono datati - magari sbaglio visto il susseguirsi di investimenti e di finanziamenti, che poi, immancabilmente, non avvengono -, risponde agli obiettivi che nella sua relazione ha enunciato, ossia al risparmio idrico, una delle questioni fondamentali, e al tema dei mutamenti climatici, che, indubbiamente, ci propongono nuove risposte rispetto alle situazioni meteorologiche che cambiano.
La terza domanda è se avete un'idea generale di quale sia lo stato dell'arte della riforma dei consorzi nelle diverse regioni. Lo stato legislativo attuale su cui ci eravamo fermati prevedeva che ogni regione dovesse procedere agli accorpamenti, laddove riteneva necessario, e comunque a una razionalizzazione o a una riforma complessiva del settore.
Vorrei sapere se avete contezza dello stato dell'arte, perché naturalmente la questione non è irrilevante anche rispetto alle spinte, che spesso avvengono e che sono sempre più furenti, in alcune circostanze, di scioglimenti. Lei sa che questo è un Paese dove tutti sono commissari tecnici della nazionale, esperti di comunità montane e ora anche di consorzi di bonifica; bisogna dunque cercare di inquadrare bene la situazione dal punto di vista legislativo.

PRESIDENTE. Aggiungerei soltanto, dottoressa - peraltro, i colleghi che mi hanno preceduto hanno puntualizzato alcune questioni che credo siano di interesse per tutta la Commissione e il presidente serve anche a compensare le assenze - un'altra vicenda alla questione nord-sud.
Credo che l'intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome vada interpretata, rispetto al dibattito di questi mesi, in merito al ruolo stesso dei consorzi di bonifica. Le chiedo se, in questo senso, ci può aiutare a capire se anche i consorzi hanno, immagino in alcune realtà, criticità che magari rappresentano la punta emblematica di una caratterizzazione negativa o se, viceversa, secondo voi il sistema, inteso sia complessivamente, sia singolarmente, funziona e rappresenta sempre eccellenze.
Do la parola alla dottoressa Martuccelli per la replica.

ANNA MARIA MARTUCCELLI, Direttore generale dell'ANBI. Inizierei proprio dall'ultima domanda del presidente.
Il sistema nel complesso funziona e dà certamente risposte positive alle esigenze del territorio. Ci sono punti di eccellenza estrema, punti di funzionalità normale, e alcune realtà dove si registrano alcune deficienze. Credo, però, che ciò avvenga in tutte le istituzioni del nostro Paese, dai comuni alle province.
Certamente, le situazioni di minore efficienza si trovano laddove l'autogoverno è venuto meno e i consorzi sono stati commissariati. In Sicilia vi è una situazione molto pesante, di commissariamenti che durano da anni.
Siamo riusciti, viceversa, in alcune regioni del Mezzogiorno, come la Calabria, a realizzare un riordino completo, per cui sono state indette le elezioni in tutti i consorzi delle diverse province, fatta eccezione per Reggio Calabria. Tutte le province di Catanzaro, Cosenza, Vibo Valentia e Crotone, sono in amministrazione ordinaria e le elezioni si sono concluse da alcuni mesi.
Si tratta, dunque, di un panorama complessivamente positivo, all'interno del quale vi sono eccellenze, vi sono situazioni funzionanti normalmente e alcuni casi di criticità, connesse soprattutto ai regimi commissariali.
Per quanto riguarda il protocollo Stato-Regioni del 18 settembre 2008 - rispondo alla domanda dell'onorevole Zucchi - ancora oggi, perlomeno a nostro giudizio, esso si rivela uno strumento validissimo.


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Ne abbiamo avuto conferma nel parere che le regioni, l'ANCI e l'UPI hanno espresso sul progetto del disegno di legge sulle autonomie locali: nella riunione del 18 ottobre, che ha preceduto il Consiglio dei ministri del 19, il documento che regioni, ANCI e UPI, in sede di conferenza, hanno consegnato al Governo prevede espressamente che sia eliminata la norma relativa ai consorzi di bonifica contenuta all'articolo 20, che parlava di razionalizzazione dei consorzi, atteso che la materia trovava già la sua disciplina nel citato protocollo la cui validità è stata confermata.
In seguito al protocollo, sono state messe in atto iniziative molto interessanti, secondo me. Il Veneto ha approvato una nuova legge organica sulla bonifica e ha ridotto i consorzi da 20 a 10, a parità di territorio interessato e non diminuendo gli interventi; la regione Emilia-Romagna da 15 li ha portati a 8, oltre un Consorzio di secondo grado e sempre a parità di territorio interessato.
Abbiamo avuto una riduzione in Campania: una riduzione prevista, ma non ancora approvata; mi riferiscono, però, che la Commissione competente l'ha approvata e che potrebbe andare in Consiglio prima della chiusura della legislatura regionale...

PRESIDENTE. Mi consente di non fare commenti su questo punto?

ANNA MARIA MARTUCCELLI, Direttore generale dell'ANBI. Nemmeno io ne faccio e proprio per questo ho precisato che il dato mi è stato riferito e mi sono espressa con il condizionale.
La Lombardia ha emanato una leggina di adeguamento e alcune norme specifiche e ha rinviato il riordino territoriale, avendo però richiesto uno studio disponendo già di un'ipotesi di lavoro su cui vi sono state consultazioni con le organizzazioni professionali agricole. Lo studio prevede diverse fusioni dei consorzi. Tale regione presenta un problema particolare per quanto riguarda le zone di irrigazione, dove ancora ci sono piccoli consorzi che presentano difficoltà per le aggregazioni. Comunque, lo studio è pronto e sicuramente, se non si farà in tempo per marzo, la regione ha ormai avviato tutte le procedure e quindi il riordino si dovrebbe definire comunque nel 2010.
Per quanto riguarda il Piemonte, si era già realizzata un'importante operazione di riordino ed è attualmente in corso una riorganizzazione dei consorzi di pochissimi ettari, esistenti in alcune zone del Piemonte. La regione ha deliberato la delimitazione di comprensori ampi, in cui aggregare questi piccolissimi consorzi, che sono numerosi, e ha previsto una prima fase di riorganizzazione.
Per quanto riguarda la Calabria, è stato realizzato, come ricordavo, un importante riordino, con una diminuzione consistente dei consorzi. Nelle diverse province si sono già svolte le elezioni: inizialmente sono stati nominati commissari che scadevano, senza poter essere rieletti, dopo otto mesi. Sono state quindi indette e si sono svolte le elezioni, nominando in tutti i consorzi i presidenti e le giunte. Tutto è stato adeguato alla nuova realtà.
La Puglia ha in corso un provvedimento, che è stato approvato da oltre un anno dalla competente Commissione. Avendo, però, sospeso tre anni fa i ruoli della contribuenza, c'è stato un intervento temporaneo della regione, il quale ha fatto sì che, nell'ambito delle norme, fosse previsto un piano di risanamento. Ciò ha bloccato l'operazione, che però è ancora all'esame della Commissione consiliare e speriamo che possa essere sottoposta all'approvazione del Consiglio prima della fine della legislatura regionale in corso.
In Basilicata, l'operazione era già stata effettuata e ci sono solo tre consorzi.
Dal punto di vista del riordino, tutte le regioni hanno emanato disposizioni per adeguare il sistema e risolvere il problema, anzitutto con riferimento al compenso degli amministratori: è stato disposto ovunque, in conformità a quanto previsto nel protocollo, che gli amministratori aventi diritto al compenso sono non più di tre, mentre gli altri devono svolgere la propria opera gratuitamente, com'è sempre


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stato in molte realtà anche nel nord, ed è stato regolato anche il numero dei componenti i consigli. Il riordino è, quindi, in fase molto avanzata nel Paese, in quanto, laddove c'erano da compiere grosse operazioni, in realtà come Emilia-Romagna, Lombardia, Veneto e Piemonte, si è andati avanti moltissimo. Anche Bolzano ha approvato di recente una nuova legge sui consorzi.
Abbiamo attese, viceversa, per quanto riguarda la Sicilia e la Sardegna. Anche in Sicilia, infatti, la regione aveva affidato uno studio - credo all'Università di Catania - per una ridefinizione degli ambiti territoriali di competenza dei consorzi, ma fino a oggi ancora nessun provvedimento è stato assunto, anche perché occorre adeguare la legge regionale che è ormai obsoleta.
Nelle altre regioni si hanno, invece, leggi più recenti sui consorzi.
In Sardegna è in corso uno specifico dibattito, perché l'attuale Governo regionale vorrebbe modificare alcune norme che, in maniera un po' frettolosa e traumatica, erano state approvate nella scorsa legislatura. Si sta, quindi, cercando di esaminare la situazione per vedere come si possa adeguare la legislazione regionale vigente, anche alla luce del protocollo Stato-regioni.
Credo di aver dato risposta a questa parte. Riprendo, invece, le altre domande.
La prima verteva sul discorso nord-sud. Ritengo personalmente - sono meridionale e dal mio accento si capisce - che il quadro nel settore della bonifica rifletta la situazione italiana. Tra nord e sud, tutti i settori rivelano grandi differenze. Il problema del Mezzogiorno risale a tempi lontani, perché il processo di trasformazione che si è realizzato - chi ricorda come fossero in precedenza le campagne rispetto a ora lo sa - con l'azione della Cassa del Mezzogiorno a un certo momento si è bloccato. Il nord è andato molto più avanti e le innovazioni, nei diversi settori economici sono state più rapide e maggiori nel nord e più lente e minori nel sud. Ci sono, inoltre, problemi sociali, purtroppo a tutti noti e su cui non si possono esprimere giudizi.
Questo determina nel nostro, come in altri settori produttivi e di attività, un blocco e un rallentamento notevolissimo delle azioni, anche a livello burocratico, per il quale si verifica spesso il discorso gravissimo della perenzione, dal momento che ci sono ritardi nelle autorizzazioni, nelle approvazioni, nelle visite ispettive e via elencando. Si tratta, quindi, di una macchina che funziona meno bene che altrove - questa è la realtà - e incontra ostacoli obiettivi.
Che cosa si può fare, con riferimento alla perenzione? A mio giudizio, mi rendo conto che non è facile, è indispensabile, non solo nel nostro settore - credo che incide anche in altri, dove si realizzano infrastrutture - pervenire a una norma speciale di contabilità di Stato. Tutto dipende, infatti, dalle regole della contabilità pubblica, le quali impongono la perenzione. Inoltre, i tempi di molti provvedimenti si sono recentemente abbreviati.
Si dovranno individuare ipotesi certamente rigorose - altrimenti la maglia si allarga - di situazioni derivanti da elementi obiettivi, come possono essere le alluvioni o la siccità, circostanze che impediscono obiettivamente lo svolgersi del lavoro, e prevedere quindi un allungamento dei termini rispetto ai tre anni. Questa può essere una soluzione, ma occorre una norma di legge - non sono un'esperta di contabilità pubblica, però, essendoci posti il problema, abbiamo provato a vedere come si potesse risolvere - altrimenti le norme di contabilità pubblica impongono la perenzione.
Una norma legislativa sarebbe, dunque, sicuramente necessaria. Ciò non significa dover dilatare comunque i tempi, ma individuare alcune esatte situazioni, collegate a dati obiettivi, per le quali si possa prevedere che il termine si prolunghi. Questo è il nostro obiettivo.
Passando al discorso relativo al Fondo rotativo per la progettazione, certamente sarebbe un'istituzione molto utile, laddove ci sono carenze progettuali. Tuttavia, non


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ha ancora avuto un'applicazione diffusa nel nostro Paese. Ricordo che, circa dieci anni fa, ci fu una legge che consentiva alla Cassa depositi e prestiti, di fronte a finanziamenti che gli enti avevano attuato, di prevedere anticipazioni per favorire la progettazione. Tali somme sarebbero state poi restituite.
In effetti, tale strumento è stato utilizzato anche poco, non so se per via delle complesse norme - mi riferisco, ovviamente, al nostro settore - e quindi di un eccessivo appesantimento di burocrazia, che non produceva effetti positivi.
Certamente, un Fondo rotativo per la progettazione è un'istituzione che favorisce la situazione nelle realtà in cui le strutture consortili possono essere meno attrezzate. Il discorso è sempre di collegarlo con il territorio: non vi può essere una progettualità dall'alto, a mio giudizio.
C'è anche poi un altro dato molto importante, relativo al rapporto Stato-regioni. Il Piano irriguo nazionale non viene imposto dall'alto, ma attraverso tre momenti diversi: una proposta dei consorzi, un intervento delle regioni, che stabiliscono le priorità, e infine un incontro tra Ministero e regioni per individuare il piano anno per anno e il modo in cui suddividere i finanziamenti. Il rapporto è, dunque, sempre a tre: il consorzio ha soltanto una funzione propositiva, sulla base delle esigenze del territorio, mentre le regioni e lo Stato decidono.
Un altro elemento che mi è stato chiesto, mi pare dall'onorevole Zucchi, è se i progetti esistenti siano adeguati rispetto alle situazioni derivanti dalle variazioni climatiche o a carattere generale. Ritengo che alcuni progetti, che sono stati presentati già da alcuni anni, abbiano bisogno di essere ammodernati o integrati, ma in molte realtà i consorzi hanno già provveduto a ciò, perché consapevoli dei tempi che cambiano, nonché delle situazioni che evolvono. Nel caso dell'Emilia-Romagna, per esempio, si possono citare le aggregazioni e le fusioni importanti che si sono verificate come in Veneto. Le integrazioni dei progetti sono già state disposte.
D'altra parte so che il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha chiesto alle regioni una ulteriore verifica dei progetti che erano inseriti tra quelli da finanziare, per valutare se sono stati adeguati e se le regioni confermano le priorità che avevano già indicato e le cui opere non hanno potuto essere realizzate per mancanza di risorse disponibili e che si intendono realizzare con i nuovi finanziamenti.
Non so se ho dimenticato qualcosa e se ci sono altri problemi a cui non ho dato risposta.

PRESIDENTE. Viceversa, è raro avere un'audizione di tale puntualità nelle sollecitazioni reciproche, che ci consente di comprendere meglio una vicenda particolarmente complessa nei suoi diversi aspetti. Per questo motivo, mi permetto di ringraziare l'ANBI e gli intervenuti in nome della Commissione.

ANNA MARIA MARTUCCELLI, Direttore generale dell'ANBI. Restiamo comunque a disposizione nel corso dell'indagine per qualsiasi ulteriore chiarimento, se necessario.

PRESIDENTE. Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 13,40.

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