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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione XIII
3.
Giovedì 27 maggio 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Zucchi Angelo, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SITUAZIONE DEL SISTEMA AGROALIMENTARE, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO AI FENOMENI DI ILLEGALITÀ CHE INCIDONO SUL SUO FUNZIONAMENTO E SUL SUO SVILUPPO

Seguito dell'audizione dei rappresentanti delle organizzazioni sindacali FAI-CISL, FLAI-CGIL, UILA-UIL e UGL Agroalimentare:

Zucchi Angelo, Presidente ... 3 5 9 10
Agostini Luciano (PD) ... 3
Di Giuseppe Anita (IdV) ... 4
Faiotto Stefano, Segretario nazionale della FAI-CISL ... 10
Fiatti Davide, Funzionario del dipartimento agricoltura della FLAI-CGIL ... 8
Fiorio Massimo (PD) ... 5
Mattei Paolo, Segretario della Federazione nazionale dell'UGL Agroalimentare ... 9
Oliverio Nicodemo Nazzareno (PD) ... 4
Papiccio Pasquale, Coordinatore delle politiche agricole della UILA-UIL ... 5
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud/Lega Sud Ausonia: Misto-NS/LS Ausonia.

COMMISSIONE XIII
AGRICOLTURA

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di giovedì 27 maggio 2010


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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
ANGELO ZUCCHI

La seduta comincia alle 9,05.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Seguito dell'audizione dei rappresentanti delle organizzazioni sindacali FAI-CISL, FLAI-CGIL, UILA-UIL e UGL Agroalimentare.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla situazione del sistema agroalimentare, con particolare riferimento ai fenomeni di illegalità che incidono sul suo funzionamento e sul suo sviluppo, il seguito dell'audizione dei rappresentanti delle organizzazioni sindacali FAI-CISL, FLAI-CGIL, UILA-UIL e UGL Agroalimentare.
Sono presenti per la FLAI-CGIL Davide Fiatti, funzionario del dipartimento agricoltura, per la UILA-UIL Pasquale Papiccio, coordinatore delle politiche agricole, per l'UGL Agroalimentare Paolo Mattei, segretario della federazione nazionale UGL Agroalimentare.
Ricordo che nella seduta del 29 aprile non eravamo riusciti a concludere l'audizione per la ristrettezza dei tempi. Chiedo ai nostri ospiti se intendano eventualmente integrare i loro interventi prima di dare la parola ai colleghi deputati per eventuali domande.
Non essendoci richieste in tal senso, do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

LUCIANO AGOSTINI. Signor presidente, le faccio presente che mancano tutti i gruppi di maggioranza.

PRESIDENTE. Onorevole Agostini, è una constatazione alla quale anch'io ero arrivato, ma è una responsabilità della quale non posso farmi carico. Se mi permettete, comincerei io a porre una domanda ai rappresentanti sindacali.
Nella scorsa audizione si era accennato al tema dei voucher. Essi erano stati introdotti dal precedente Governo in forma più limitata, e sono poi stati estesi da quello attuale. Il principio che li ispirava era il tentativo di rendere più flessibile e meno complicata la possibilità di regolarizzare alcune modalità di lavoro, soprattutto in relazione ai momenti di raccolta riferiti essenzialmente alla vendemmia. Le organizzazioni sindacali avevano subito espresso perplessità, in senso generale, sui voucher.
Posto che non sono state trovate altre forme flessibili e meno burocratiche per regolarizzare un lavoro che spesso non è regolarizzato in agricoltura, vorrei chiedervi quali siano le vere critiche all'applicazione dei voucher; se l'estensione che un anno fa il Governo ha realizzato abbia di fatto peggiorato la situazione; se abbiate la sensazione che l'applicazione dei voucher corrisponda non alla regolarizzazione di un lavoro sommerso, che pure esiste, ma al contrario rischi di diventare un modo di


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incentivare il lavoro senza tutela e, in caso di risposta affermativa, se abbiate anche qualche proposta.
La nostra indagine, infatti, ha lo scopo non solo di fotografare una situazione e di restituirci uno scenario, ma anche di arrivare, attraverso tale fotografia, a individuare qualche elemento di politica attiva, che ci permetta di dare risposte ai problemi. Sarebbe, quindi, utile per noi sentire i vostri suggerimenti, posto che il tema della flessibilità, della sburocratizzazione e della maggior facilità per le imprese di regolarizzare il lavoro è un tema vero in agricoltura. Grazie.

NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Nella precedente occasione di incontro, che tra l'altro ritengo sia stata molto utile per capire il funzionamento del caporalato dal lato dei rappresentanti dei lavoratori, il rappresentante della UIL aveva dichiarato che esso non è un retaggio di un'agricoltura arretrata. Tuttavia, in effetti, il caporalato in agricoltura c'è sempre stato, specialmente in alcune zone dell'Italia e, in particolare, al centro-sud.
Oggi, però, il tasso di irregolarità è particolarmente elevato. Gli ultimi dati statistici disponibili, quelli del 2005, evidenziano un tasso di irregolarità del 22,3 per cento - peraltro in crescita, posto che nel 2001 esso era del 20,9 per cento - e nel sud è ancora maggiore, perché in Calabria è del 25,3 per cento, ma ci sono tassi elevati in alcune regioni del nord come il Friuli-Venezia Giulia e il Veneto. La metà dei lavoratori del sud - il 53,2 per cento, pari a 154.000 unità - vivono una irregolarità nei rapporti del lavoro.
Ci sono, però, altri problemi come il problema dei rapporti fittizi in agricoltura, che, secondo molti, dipenderebbe dall'elevato costo del lavoro. Ovviamente, il livello degli oneri lavorativi è particolarmente elevato, ma nel sud e nelle aree più svantaggiate esso è più basso, per cui non si può dire che abbassando tale livello emerga maggiormente il lavoro nero, perché altrimenti nel sud, dove è presente la possibilità delle agevolazioni previdenziali, si dovrebbe realizzare una maggiore emersione del lavoro nero.
C'è poi il problema degli immigrati, che percepiscono appena 20-25 euro. Durante la manifestazione del 1o maggio a Rosarno ho parlato con molti di loro, che pagano anche il pizzo.
C'è inoltre il problema della filiera agricola, di cui spesso si è parlato nella precedente audizione. Ovviamente, in quella zona non si coltiva un agrume di grandissima qualità, come il biondo calabrese, però non è nemmeno possibile pagarlo non 0,50 euro al chilogrammo come si diceva, ma 0,10, perché altrimenti si spenderebbero soltanto soldi per raccoglierlo.
Il problema della filiera agricola deve essere affrontato. Negli ultimi anni, però, nel sud e in tutta l'agricoltura sta emergendo anche un altro problema: la malavita approfitta dell'indebitamento delle aziende e della difficoltà di accesso al credito, specialmente nel sud, per acquistare i terreni e, quindi, anche le aziende. Rispetto a questo esistono numerose soluzioni. Voi avete accennato all'esigenza di una legge sul caporalato. Poiché questa indagine conoscitiva è importante anche per dare un input alla Commissione, vorremmo sapere cosa, secondo voi, debba prevedere questa legge e se l'agricoltura possa fare a meno di un lavoro stagionale.
Come nella precedente legislatura, avevamo pensato ai voucher, che non rispondono pienamente alle esigenze, ma costituivano uno dei tanti strumenti da mettere in campo. Dove c'è il lavoro stagionale è più facile che il caporalato possa attecchire. Vorrei sapere se suggerite altri strumenti oltre a questi.

ANITA DI GIUSEPPE. Innanzitutto, ben arrivati e grazie per essere tornati qui in Commissione. Nelle varie audizioni che abbiamo svolto è stato messo in evidenza il ruolo ricoperto dalle organizzazioni criminali all'interno del settore agroalimentare. Come i fatti di Rosarno insegnano, un momento di crisi come quello attuale rappresenta un ulteriore aggravio per il


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settore. Questo aggravio esiste soprattutto nel meridione.
Ormai la criminalità organizzata controlla tutto il processo: dalla produzione, al trasporto, al facchinaggio.
Come gruppo dell'Italia dei Valori, abbiamo sostenuto innanzitutto l'importanza di prevenire e, quindi, l'esigenza di dare più risorse alle forze dell'ordine proprio per svolgere l'attività di prevenzione.
Come giustamente sostenuto dal deputato Oliverio, oggi c'è anche un altro problema, costituito dal fatto che la criminalità organizzata controlla anche il mercato fondiario. Vorrei sapere quali indicazioni o proposte siete in grado di darci per risolvere questo problema. Grazie.

MASSIMO FIORIO. Ringrazio gli auditi per essere tornati ad approfondire questo tema.
Siamo partiti dai fatti di Rosarno, che sono emblematici di un sistema e costituiscono il segnale di una situazione grave. Rispetto a quella vicenda, ci sono molte questioni da approfondire. Innanzitutto, si è giunti all'arresto di coloro che avevano ridotto in schiavitù queste persone a seguito delle indicazioni degli immigrati stessi.
Durante la scorsa audizione, mi ha colpito il quadro di una situazione palesemente di non legittimità. Avete parlato di questi pulmini che girano incontrastati, pur sapendo che ci sono lavoratori immigrati non regolari, in situazione di clandestinità, ridotti in schiavitù. Noi siamo particolarmente preoccupati e credo che nel prosieguo di questa indagine conoscitiva sentiremo anche le forze dell'ordine e il governo sul territorio per sapere come mai la situazione sia tollerata. Credo, infatti, che per contrastare questo fenomeno tutti debbano fare la loro parte fino in fondo.
Oltre ai fatti di Rosarno da cui siamo partiti, in queste ultime settimane, al di là della questione della manodopera, abbiamo assistito ad iniziative da parte delle varie Procure volte a fronteggiare situazioni di illegalità nel resto del sistema della filiera agroalimentare, soprattutto per quanto riguarda la distribuzione verso i mercati del nord. Se ne desume dunque l'idea di una penetrazione e di una forte presenza delle organizzazioni criminali nella filiera agroalimentare, che non è limitata alle questioni della manodopera, ma incide lungo tutto il percorso, perché si tratta di elementi che alterano la composizione dei costi, recando danno ai produttori, ai lavoratori e ai consumatori stessi.
Vorrei chiedere quale sia la percezione che voi avete della presenza delle organizzazioni criminali nella filiera, dal momento che siamo partiti dalle questioni della manodopera, ma abbiamo trovato livelli di inquinamento lungo tutto il percorso.
Vorrei chiedervi, inoltre, di indicarci alcuni strumenti per contrastare il fenomeno non soltanto da un punto di vista repressivo - laddove solleciteremo anche le forze dell'ordine e cercheremo di individuare gli strumenti adottabili - ma anche lavorativo, tenendo presente che lo strumento del voucher introdotto dal precedente Governo riguardava fasce di manodopera costituite da non lavoratori.
L'idea di trasporre quello strumento ai lavoratori tout court è problematica anche per il nostro gruppo parlamentare. I voucher riguardavano alcune fasce, studenti e pensionati, che non erano lavoratori se non in via occasionale per situazioni come le raccolte veloci, in cui c'è bisogno di manodopera per brevissimo tempo. L'idea era di impedire l'estendersi di quello strumento e di renderlo non economico per raccolte più lunghe, in cui bisognava far riferimento ad altri strumenti. Grazie.

PRESIDENTE. Do la parola agli auditi per la replica.

PASQUALE PAPICCIO, Coordinatore delle politiche agricole della UILA-UIL. Comincio dal problema relativo ai voucher. Come ricordava il presidente, i voucher furono introdotti in modo sperimentale dal precedente Governo, in particolare dal ministro del lavoro Damiano, e, come


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ricordato poco fa, erano destinati agli studenti e ai pensionati. Quando il ministro Damiano volle conoscere la nostra opinione, prima di emanare il decreto ministeriale, noi mettemmo in guardia il Ministro da eventuali pericoli.
Le organizzazioni sindacali non sono pregiudizialmente contrarie all'introduzione dei voucher, tutt'altro, anzi è stato proprio nel movimento sindacale che per la prima volta, attorno agli anni Novanta, si è parlato di un ticket in vendita dal tabaccaio.
Secondo noi, il voucher può essere uno strumento utile di semplificazione e anche di emersione del lavoro se viene riservato a soggetti che non sono riconducibili alla figura dell'imprenditore agricolo. In Italia, esistono decine di migliaia di soggetti (impiegati, liberi professionisti, pensionati che non esercitano più la loro attività), che conducono direttamente piccoli appezzamenti di terreno per farsi l'olio e il vino e che, secondo la legislazione esistente, sarebbero costretti a rispettare tutte le procedure burocratiche che sottostanno all'utilizzazione di un operaio a tempo indeterminato. Ovviamente, si dovrebbero iscrivere all'anagrafe delle aziende agricole dell'INPS, a quei tempi avrebbero dovuto presentare la denuncia aziendale, richiedere il registro di impresa, adesso sostituito dal Libro unico del lavoro, dovrebbero comunicare l'assunzione, comunicare il licenziamento, fare la dichiarazione trimestrale di manodopera e poi pagare i contributi.
È evidente che chi non è un imprenditore agricolo e conduce un piccolo appezzamento di terreno non segue queste procedure e assume in nero, anche perché assume per poche giornate. Nel corso della discussione con il Ministro Damiano, un alto dirigente del Ministero del lavoro, parlando a favore dei voucher, dichiarò di possedere 50 piante di olivo in Sabina e di vivere una tragedia in occasione di ogni raccolta delle olive. Noi gli dicemmo che in questo caso il sindacato era favorevole all'utilizzo dei voucher come strumento di semplificazione che, al tempo stesso, consente l'emersione.
Il voucher può essere uno strumento di semplificazione e di emersione anche per le piccole aziende agricole che, in occasione di picchi lavorativi, hanno bisogno di aggiungere personale, per brevi periodi, alla manodopera familiare. Al contrario, un'utilizzazione del voucher per retribuire e assicurare il lavoro dipendente equivale non ad uno strumento di emersione, come noi vorremmo che fosse, ma a uno strumento di destrutturazione del rapporto di lavoro dipendente.
Abbiamo chiesto più volte all'INPS di poter avere i dati della prima sperimentazione relativa alla vendemmia in una provincia - che poi è quella dell'attuale Ministro del lavoro con cui amabilmente polemizziamo sui voucher, la provincia di Treviso - che più di tutte ha utilizzato i voucher nel 2008. Forse, la Commissione potrà riuscire ad ottenere questi dati che non siamo stati in grado di avere. Abbiamo chiesto all'INPS di avere per quella provincia i dati delle giornate di occupazione dichiarata dalle aziende agricole nel secondo semestre dell'anno precedente, per poterle raffrontare con le giornate di lavoro dipendente dichiarato nell'anno della sperimentazione dei voucher.
Infatti, alcune informazioni in nostro possesso, basate non su dati statistici ma su quello che i nostri operatori riscontrano sul campo, testimonierebbero che una parte del lavoro regolarmente dichiarato nell'anno precedente come lavoro dipendente si sia trasformato in lavoro attraverso i voucher. Se è così, si potrebbe serenamente discutere e quindi vedere come utilizzare il voucher per semplificare e fare emergere effettivamente il lavoro.
D'altra parte, la dimostrazione che non è uno strumento utile per l'emersione risiede anche nel fatto che lì dove vi è più lavoro sommerso, cioè nel Mezzogiorno, il voucher non è affatto utilizzato. Ribadisco, quindi, che il sindacato non ha nessuna pregiudiziale, ma desidera valutare i dati, rifletterci insieme e scegliere come utilizzare in modo diverso questo che può essere uno strumento utile.
In uno dei due documenti comuni che abbiamo trasmesso alla Commissione, è


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stato sollevato un altro problema riguardante la semplificazione e l'impresa agricola. Nell'impresa agricola abbiamo due tipologie di lavoratori. La prima è costituita da pochi lavoratori occupati a tempo indeterminato e da un numero abbastanza consistente di lavoratori a tempo determinato, che lavorano presso quella azienda in maniera ripetuta nel corso dell'anno, a seconda dell'andamento stagionale delle produzioni. In sindacalese definiamo questi lavoratori a termine «a tempo determinato strutturato». Per questi non vi sono problemi, perché vige il rispetto di tutte le procedure connesse all'instaurazione o cessazione del rapporto di lavoro.
La seconda tipologia è costituita da lavoratori tipicamente stagionali, che in occasione di picchi lavorativi si aggiungono ai primi che possiamo considerare organici aziendali. Oggi, per questa seconda tipologia di lavoratori le procedure, relativamente all'instaurazione e cessazione del rapporto di lavoro, sono come quelle per il tempo indeterminato.
Insieme ai datori di lavoro proponiamo, quindi, di operare una semplificazione attraverso atti persino banali: la possibilità di fare una comunicazione di assunzione cumulativa e non più individuale, la possibilità che la registrazione sul libro unico del lavoro sia anche essa cumulativa e sia sufficiente come documentazione nel caso di ispezione. Ciò consentirebbe all'impresa di evitare una serie di procedure e di poter procedere in modo più snello. Tale proposta è riportata in uno dei documenti comuni.
Con riferimento all'insieme dei problemi, il fatto che l'audizione si sia articolata in due distinte sedute, probabilmente non ci consente di tener presente quanto già detto nel primo incontro.
Ad ogni modo, proponiamo di prevedere che nella legislazione italiana il reato di caporalato sia definito come reato contro la persona, reato compiuto in associazione da due soggetti, caporale e datore di lavoro, e di prevedere, altresì, la confisca degli strumenti attraverso cui il reato viene compiuto, ossia i mezzi di trasporto e il terreno. Questo servirebbe come deterrente nei confronti di un fenomeno che è diverso da quello degli anni cinquanta, del mercato di piazza, dei carusi siciliani o dei piccoli cafuni pugliesi. Esso, infatti, è andato ampliandosi, non riguarda più solo il sud, ma riguarda purtroppo anche le regioni del centro-nord: la pianura Pontina e la Maremma ne sono piene, nel saluzzese ci sono i caporali macedoni, in Veneto i caporali sloveni e bulgari.
Questo può dunque servire come forte deterrente nei confronti di questo fenomeno indegno di un Paese civile. Per noi si tratta di una questione di civiltà del Paese, più che di una normale vertenza di lavoro. Tale questione di civiltà dovrebbe vedere tutte le istituzioni mobilitate per sradicarlo. Accanto a un deterrente di questo genere, abbiamo però bisogno di costruire un percorso di legalità, in cui le imprese che vogliano rispettare la legge possano entrare.
In uno dei documenti comuni che abbiamo illustrato in occasione della precedente audizione avevamo avanzato una proposta. Oggi, se un datore di lavoro cerca un operaio agricolo, non sa a chi rivolgersi. Presso i centri per l'impiego non risultano in generale iscritti operai agricoli, perché gli operai agricoli non sanno che è necessario iscriversi ai centri per l'impiego. Se un lavoratore agricolo cerca lavoro, non sa a chi rivolgersi, se non al datore di lavoro oppure al caporale.
In questa situazione, il caporale paradossalmente svolge una funzione utile, perché realizza l'incontro tra la domanda e l'offerta, anche se rivolge questa funzione verso interessi personali. Abbiamo quindi proposto più volte di costituire, presso i centri per l'impiego, commissioni trilaterali composte da datori di lavoro, rappresentanti dei lavoratori e rappresentanti delle istituzioni, per garantire una politica attiva del lavoro e per promuovere l'incontro tra la domanda e l'offerta. Alle aziende che si iscrivono alle commissioni trilaterali o che aderiscono al sistema di collocamento da esse realizzato bisognerebbe riconoscere una premialità in termini fiscali o contributivi, in modo da incentivarle a usare tali commissioni trilaterali.


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I lavoratori agricoli dovrebbero essere ovviamente obbligati a iscriversi, qualora volessero trovare lavoro.
Emerge, poi, il rilevante problema degli immigrati che non vanno ad iscriversi perché spesso sono clandestini. Ribadiamo quindi che, poiché si tratta di 100-150.000 unità che lavorano da anni in agricoltura nel nostro Paese, cominciando con il raccogliere gli agrumi durante l'inverno in Sicilia e in Calabria, spostandosi a raccogliere le fragole nel salernitano, poi ancora i pomodori, e risalendo la penisola sino a Saluzzo a raccogliere le mele e in Trentino e in Friuli a raccogliere le famose mele della Val di Non, è necessario dar loro l'opportunità di diventare lavoratori regolari. Concedere loro la possibilità di denunciare i rapporti di lavoro che hanno avuto, fondando su questa base la possibilità di avere il permesso di soggiorno potrebbe essere uno degli strumenti che dobbiamo necessariamente trovare se non vogliamo che tale problema continui a permanere per sempre. A Rosarno sono tornati: ci sono i rumeni, ma sono tornati anche gli africani che sono stati espulsi a suo tempo. Non dormono più nel tugurio, in quella situazione infame, ma dormono nei tuguri nelle campagne, quindi la situazione non è sensibilmente cambiata.
A queste persone bisogna dare l'opportunità di diventare lavoratori regolari. Nei documenti comuni avanziamo anche l'idea che le Commissioni trilaterali a cui abbiamo pensato possano essere lo strumento attraverso cui avviene la loro regolarizzazione, e possano agire in interfaccia con le prefetture e con le questure, per gestire questo fenomeno che diventa sempre più grande.
Il lavoro fittizio è organizzato dai caporali, che gestiscono il mercato delle giornate previdenziali. Sono loro che dicono all'azienda quante giornate deve dichiarare e a chi le deve dichiarare.
Attualmente, mi trovo a presiedere la commissione nazionale dei contributi agricoli unificati dell'INPS, che esamina i ricorsi delle aziende e dei lavoratori sulla questione della previdenza. Stiamo esaminando decine di ricorsi di lavoratori del salernitano, che probabilmente sono lavoratori veri, ma che sono stati denunciati all'INPS da aziende inesistenti. Sono i caporali che organizzano questo mercato e quindi, colpendo il caporalato, gran parte del lavoro fittizio viene eliminato.

DAVIDE FIATTI, Funzionario del dipartimento agricoltura della FLAI-CGIL. Ringrazio la Commissione per averci nuovamente invitato. Sarò molto rapido anche perché il collega che mi ha preceduto è stato puntuale su tutti gli argomenti. Vorrei soltanto precisare alcune cose.
Per quanto riguarda i voucher non abbiamo dati statistici, posto che non si riesce ad averli, ma anche la FLAI-CGIL conferma che i voucher finora, in base ai terminali sul territorio, quando sono stati utilizzati hanno abbassato i diritti e non hanno fatto emergere nulla. Questo è il primo dato concreto.
Per quanto riguarda la malavita organizzata all'interno della filiera agricola, essa è presente almeno quanto nelle altre filiere industriali, con una maggiore presenza perché proprio il tipo di lavoro, di produzione e di sistema produttivo permette di inserirsi nei vari gangli, nei vari momenti della filiera con operazioni illegali.
Come sindacato, abbiamo sempre riconosciuto che il lavoro agricolo è flessibile e stagionale, prestando la nostra opera proprio su di esso. L'altra mattina, abbiamo firmato il contratto nazionale degli operai agricoli, unitariamente insieme alla Confagricoltura, alla Coldiretti e alla CIA. Questo riguarda 800 mila lavoratori, l'80 per cento dei quali assunti a tempo determinato, ossia lavoratori stagionali.
Aggiungo che non si può sostenere che l'Italia non abbia una legislazione in grado di permettere la flessibilità e la stagionalità, altrimenti non ci sarebbe agricoltura. Il problema è che, come spesso accade nel nostro Paese, esistono buone leggi o leggi che possono funzionare e che, tuttavia, non sono applicate fino in fondo né controllate. Questo problema è accentuato ancor di più dalla parcellizzazione del territorio.


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Occorre dire che, a fronte delle semplificazioni di tipo burocratico e amministrativo per l'imprenditore e i lavoratori, il sistema esiste, ha funzionato, funzionerà e deve funzionare. A parte quei casi in cui vi è la presenza di un voucher, in Italia non c'è una regolamentazione del lavoro che non permetta la stagionalità e la flessibilità. Questo deve essere chiaro a tutti noi.
Passando al tema del caporalato, esso non consiste solo nell'evasione di un lavoro regolare, ma è un reato contro la dignità della persona, contro le persone, perché spesso vi è la riduzione in schiavitù, con la novità che comincia a emergere anche un caporalato etnico. Ad esempio, nella pianura pontina, a 50 chilometri da qui, in questa stagione ci saranno 30-40 mila immigrati illegali provenienti dal subcontinente indiano, gestiti da una filiera di indiani, pachistani o dello Sri Lanka. Questa è la realtà. C'è questa novità di un caporalato interetnico, emerso anche a Rosarno.
Il problema dell'agricoltura è che, ancor più che in altri settori, come quello edile, la presenza di lavoratori italiani e le leggi che ne regolamentano la presenza rispetto ai lavoratori clandestini, pongono una quantità di persone, di esseri umani, di lavoratori nell'impossibilità di denunciare e di far valere i propri diritti.
A Rosarno, l'intervento della magistratura e delle forze dell'ordine hanno dimostrato che, se si vuole, è possibile intervenire e che serve soltanto una legge che permetta di essere più incisivi. Come in tutti i reati in cui è coinvolta la malavita, è molto importante colpire i patrimoni. Prevedere per il reato di caporalato, oltre alle pene e alla detenzione, anche la confisca dei beni strumentali con cui si è commesso il reato, cioè i mezzi trasporto e il terreno, disincentiva concretamente.
Ribadisco che come sindacato non siamo pregiudizialmente chiusi a idee o a percorsi che permettano di governare al meglio questo mondo del lavoro che da sempre è particolare, in quanto particolare è quello che si produce. Il contratto firmato l'altra sera dimostra che noi, per quanto ci riguarda, siamo - per così dire - sul pezzo e concordiamo con la parte datoriale le regole per gestire questi problemi, ma è evidente che i contratti nazionali del lavoro, accordi pattizi tra parti, sono una cosa diversa dalle leggi e dal controllo degli organi ispettivi. Grazie.

PRESIDENTE. Saluto il dottor Stefano Faiotto, segretario nazionale della FAI-CISL, che ci ha raggiunti.

PAOLO MATTEI, Segretario della Federazione nazionale dell'UGL Agroalimentare. Sarò brevissimo come il collega della CGIL, in quanto il dottor Papiccio ha già fornito delle risposte.
Vorrei, invece, soffermarmi su alcuni aspetti. Abbiamo effettuato valutazioni relativamente ai fenomeni oggetto di questa indagine conoscitiva, rilevando come spesso alcune norme, invece di aiutare l'agricoltura, li abbiano incrementati. Mi riferisco principalmente anche alla nuova PAC, laddove il nuovo regime del disaccoppiamento ha tolto il controllo sui volumi e ha dato libertà all'impresa. Ci chiediamo, dunque, quanto questa nuova PAC rappresenti un contributo al lavoro nero. Ottenere un contributo per il meccanismo dei tre o quattro anni di prodotti, percependo l'aiuto senza controllo sulla quantità e sulla qualità di quello che produce, forse, ha fornito una sponda al fenomeno del lavoro nero.
Sui voucher non si può che ribadire le considerazioni già espresse dai colleghi. Non abbiamo dati circa l'uso. Sappiamo che il nord ne ha sicuramente utilizzati più del sud, che non se ne è servito quasi per nulla, ma non abbiamo dati per poter dare un contributo.
Riteniamo che il voucher abbia spesso minato un meccanismo strutturale del lavoro senza risolvere il problema del lavoro nero.
È necessario anche tarare il mercato dei flussi, perché spesso essi arrivano dopo.
Come UGL, siamo poi convinti della necessità di sanzionare il mercato del caporalato.


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Vorrei fare una digressione. Tempo fa, ho chiesto un lavoro a un artigiano che alcuni anni fa, quando c'era la norma del 36 per cento, aveva già fatto alcuni lavori per mio conto. Al momento del pagamento mi ha detto che non poteva farmi la fattura perché ormai non esisteva più per il fisco. Infatti, per tutto il tempo in cui cercava di pagare regolarmente le tasse veniva sempre tartassato, mentre da quando, invece, non esiste più per il fisco, nessuno lo controlla. Spesso, quindi, questo fisco si accanisce su chi paga e non controlla chi non paga.
Dobbiamo intensificare e migliorare i controlli e soprattutto garantire risorse finanziarie a tutti quegli organismi che dovrebbero esercitarli, e che quando esercitano, come riscontrato per i fatti di Rosarno, lo fanno in modo positivo. Sicuramente anche questa legge finanziaria non va incontro all'esigenza di migliorare i controlli.

STEFANO FAIOTTO, Segretario nazionale della FAI-CISL. Mi scuso innanzitutto per il ritardo. Anche per rispetto del lavoro fatto in mia assenza, porrò solo un accento sul tema a noi caro dei voucher. Questi rispondono a una logica di tentativo di emersione dal lavoro nero e dal lavoro sommerso attraverso il meccanismo della semplificazione. Condividiamo questi due elementi dell'emersione attraverso la semplificazione. Non c'è, quindi, una posizione ideologica di principio contraria a strumenti di semplificazione, compresi i voucher.
In base ai dati a nostra disposizione, sappiamo che sono stati utilizzati soprattutto al nord, essenzialmente in Veneto, in particolare nelle province di Treviso e Verona. Siamo favorevoli ad affrontare il tema dell'emersione attraverso accordi e avvisi comuni, lavorando con il Ministero.
Non esiste, quindi, un pregiudizio ideologico rispetto allo strumento, a condizione però che questo strumento mantenga la natura del rapporto di lavoro dentro un rapporto di lavoro strutturato e subordinato, cioè il lavoro dipendente. Se è un lavoro occasionale, deve avere le caratteristiche minime del lavoro veramente occasionale, in cui questa persona non si configuri come un lavoratore. Se, invece, lo strumento si dovesse allargare e dovesse dare risposte per diverse migliaia di euro, come è ora concesso, esso non costituisce più un'occasione fantasiosa, ma diventa un lavoro.
Lo strumento dunque può anche andare bene, perché non c'è un pregiudizio ideologico, ma ad una condizione: che sia uno strumento vero di semplificazione. In questo caso, aiuta l'emersione del lavoro nero, mantenendolo però dentro il rapporto di lavoro strutturato di tipo subordinato.
In questo modo diventa un vero strumento di semplificazione e non un ulteriore strumento di lavoro, che, se dovesse finire nelle mani di organizzazioni che sfruttano il lavoro nero e la riduzione in schiavitù, rappresenterebbe un ulteriore messa in discussione del giusto e normale rapporto di lavoro.
Ribadisco che dal punto di vista della volontà, siamo favorevoli ad affrontare tutti gli strumenti di semplificazione, anche quello del voucher, a condizione che sia però dentro una dinamica che riconosca il rapporto di lavoro subordinato, con regole che determinano il rapporto di lavoro subordinato, a cominciare dal rispetto del contratto di lavoro, che oggi con il voucher non esiste più.

PRESIDENTE. Nel rinnovare il ringraziamento ai nostri ospiti per essere tornati, dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 9,55.

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