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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione XIII
24.
Martedì 26 luglio 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Zucchi Angelo, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SITUAZIONE DEL SISTEMA AGROALIMENTARE, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO AI FENOMENI DI ILLEGALITÀ CHE INCIDONO SUL SUO FUNZIONAMENTO E SUL SUO SVILUPPO

Audizione della dottoressa Maria Pirro, giornalista professionista:

Zucchi Angelo, Presidente ... 3 7
Russo Paolo, Presidente ... 12 14 16
Brandolini Sandro (PD) ... 12
Callegari Corrado (LNP) ... 13
De Camillis Sabrina (PdL) ... 12
Delfino Teresio (UdCpTP) ... 7
Di Giuseppe Anita (IdV) ... 9
Dima Giovanni (PdL) ... 11
D'Ippolito Vitale Ida (PdL) ... 13
Fiorio Massimo (PD) ... 9
Gottardo Isidoro (PdL) ... 9
Oliverio Nicodemo Nazzareno (PD) ... 14
Pepe Mario (PD) ... 8
Pirro Maria, giornalista professionista ... 3 14
Servodio Giuseppina (PD) ... 12
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Italia dei Valori: IdV; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A.

COMMISSIONE XIII
AGRICOLTURA

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 26 luglio 2011


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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
ANGELO ZUCCHI

La seduta comincia alle 15,10.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'impianto audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione della dottoressa Maria Pirro, giornalista professionista.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla situazione del sistema agroalimentare, con particolare riferimento ai fenomeni di illegalità che incidono sul suo funzionamento e sul suo sviluppo, l'audizione della dottoressa Maria Pirro, giornalista professionista.
Nel ringraziare la dottoressa Pirro per aver accolto il nostro invito, vorrei ricordare che le abbiamo chiesto di essere con noi oggi per offrirci un suo punto di vista, dal momento che la dottoressa ha svolto alcune inchieste giornalistiche che intrecciano molti dei diversi temi che abbiamo trattato nel corso delle indagini. In particolare, ricordo le inchieste pubblicate da Panorama sul lavoro nero a Rosarno, sulla mozzarella di bufala e sulle truffe alla previdenza con riferimento alla situazione di Foggia.
Cedo, quindi, subito la parola alla nostra ospite. Al suo intervento naturalmente faranno seguito eventuali domande da parte dei deputati, cui seguirà, eventualmente, la sua replica.

MARIA PIRRO, Giornalista professionista. Buongiorno. Nel ringraziare per l'attenzione mostrata al lavoro d'inchiesta che ho svolto, ricordo che sono tre in particolare le inchieste che ho realizzato per Panorama nell'ultimo anno su argomenti all'attenzione della Commissione. Ne ho portato una copia da lasciare agli atti della Commissione e posso sinteticamente esporne i contenuti.
La prima inchiesta è stata svolta a Rosarno, in Calabria, un anno dopo gli scontri. L'obiettivo è stato quello di capire che cosa fosse cambiato. Il titolo del reportage è Rosarno un anno dopo: punto e a capo (Panorama, 6 gennaio 2011, pagg. 47-51). Quanto scritto è documentato anche attraverso un video legato all'articolo, visibile sul sito www.panorama.it, ed è stato il concentrato di un lavoro di ricerca realizzato in due tempi, contattando associazioni, scuole, movimenti e parrocchie impegnati sul campo tra il 2009 e il 2010, nonché investigatori e inquirenti della provincia di Reggio Calabria, per poi andare sul posto per vedere la situazione e, quindi, poterla raccontare.
Ho raccolto sul posto innanzitutto le testimonianze degli immigrati nelle lingue che loro conoscono. È stata una scelta istintiva quella di comunicare con loro in inglese e in francese, utile però a instaurare legami di fiducia per ottenere informazioni non mediate da altri, nonché per sfuggire al controllo dei caporali, che parlano un italiano quasi perfetto, come ho potuto subito notare.


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Il mio viaggio a Rosarno è avvenuto, quindi, un anno dopo gli scontri, all'alba, in via Nazionale, sotto lo sguardo obliquo dei caporali. Ho potuto constatare direttamente come il mercato delle braccia, come ho anche scritto, riparta puntuale.
Chiaramente, si tratta di lavoro quasi sempre al nero. Gli immigrati mi hanno spiegato che sono spesso contattati la sera precedente e che solo una parte dei lavoratori confluisce nel centro del paese, dove mi sono recata con il fotografo per seguire la loro attività.
In centinaia vengono caricati a bordo di auto e furgoni. Alla guida spesso ci sono i proprietari terrieri oppure connazionali che si fanno pagare per il trasporto. In strada, col passare delle ore, in genere anche fino alle nove del mattino, restano i braccianti più disperati, ragazzi africani, molto magri. I più fortunati hanno stivali di gomma e altri una busta di plastica con alcuni indumenti per sconfiggere il freddo. Tutti sono diretti per la raccolta stagionale di clementine e arance che prosegue fino a sera.
Un anno dopo la caccia al nero, avvenuta tra l'8 e il 9 gennaio 2010, sono cambiati innanzitutto i numeri dell'immigrazione nella piana di Gioia Tauro. Come ho scritto, gli africani non sono più di 650 contro circa 2.500 dell'anno precedente.
Si tratta di dati ottenuti dall'Osservatorio locale dei migranti. Mi è stato spiegato come, per diverse ragioni, sia in calo il numero dei braccianti africani: tra di essi ci sono il timore di nuovi scontri e la crisi nel settore, segnalata anche dagli agricoltori, che lamentano, in particolare, i tagli ai fondi europei, che fino ad alcuni anni fa compensavano i costi.
Un altro fenomeno, sempre legato al lavoro stagionale, è l'arrivo in massa di bulgari e rumeni, tra cui donne, almeno cinquecento quest'anno, con viaggi organizzati dall'Est, secondo quanto mi è stato riferito dagli attivisti dell'Osservatorio dei migranti.
Questo ricambio di schiavi mi è stato confermato anche dal questore di Reggio Calabria, che sottolineava nel mio reportage anche i vantaggi, poiché i nuovi braccianti, provenendo da Stati membri dell'Unione europea, anche se lavorano in nero, al momento dei controlli non devono esibire il permesso di soggiorno, dunque con un problema in meno per i lavoratori.
Tra gli immigrati a Rosarno ho conosciuto anche i ragazzi feriti nell'anno precedente, a gennaio del 2010, che sono tornati perché privi di alternative. Alcuni sono stati disponibili a denunciare con nomi e cognomi la nuova rete di sfruttamento. Le paghe sono da fame, 25-30 euro a giornata, oppure un euro per ogni cassetta ricolma di frutta, a cui vanno tolte 2,50 euro per il trasporto nelle campagne.
In base alla mia esperienza posso affermare che comunque Rosarno resta una polveriera. La situazione innanzitutto è acuita dalle condizioni di alloggio assolutamente precarie in cui vivono centinaia di uomini. I silos, le fabbriche dove prima dormivano sono abbandonati, anche se alcuni vecchi insediamenti sono stati rioccupati (gli scheletri di cemento e le incompiute che attraversano il Paese sono un altro indicatore della crisi economica del Sud).
Rispetto a questa situazione, mi sono recata direttamente nei casolari diroccati dove gli immigrati dormono per terra distesi su cartoni e materassi, tra travi inclinate e lamiere. Mangiano con le mani, c'è puzza di urina, i tetti sono sfondati e riparati alla meglio con teloni di plastica per fermare la pioggia e il crollo di calcinacci.
Non sono animali, ma uomini e, come tutti gli uomini, si vergognano di vivere in queste condizioni, oltre il limite della decenza, come mi hanno riferito, definendo le loro case crazy home, ma sono costretti dalla necessità a vivere senza elettricità, acqua o gabinetti, a volte con fornelli da campeggio oppure solo con una candela che illumina l'ambiente.
Alcuni generatori, che servono innanzitutto per caricare i telefonini cellulari, sono distribuiti dai Comitati della solidarietà, ma sono quasi un lusso. C'è anche una bomba igienico-sanitaria che aggrava questa situazione di sfruttamento e rende micidiali


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anche banali malattie, come la polmonite, che ha stroncato un uomo di 36 anni proprio quest'anno.
Sempre a proposito di Rosarno, è chiaro che la solidarietà non può bastare, anche se credo che gli esempi positivi, che sono citati nel reportage che ho realizzato, possano contribuire per il futuro a individuare un'alternativa ai preoccupanti fenomeni di illegalità, di cui, peraltro, si sta occupando la Commissione.
Tra tali esempi positivi cito la mensa della solidarietà di «Mama Africa», Norina Ventre, Peppe Pugliese dell'Osservatorio migranti Africalabria con i ragazzi del Kollettivo Onda Rossa e l'associazione San Ferdinando in movimento. A Polistena quattro immigrati, feriti l'anno precedente, sono rimasti a lavorare con don Pino De Masi nelle terre confiscate ai boss e affidate all'associazione Libera.
C'è poi la Caritas di Drosi, con don Nino La Rocca, il responsabile dell'associazione cattolica Ciccio Ventrice, che ha iniziato a fare da garante per gli affitti delle case messe a disposizione dai parrocchiani con una spesa di 50 euro al mese, il che, a mio avviso, rappresenta il progetto più efficace.
Quanto, invece, alla 'ndrangheta, nel paese non se ne parla mai ad alta voce, anche se la percentuale di affiliati nella zona è elevata. Il problema non è soltanto nel numero, ma anche nella qualità e nell'incidenza del fenomeno. Questo è il dato che ho raccolto dal procuratore generale di Reggio Calabria, Salvatore Di Landro, vittima peraltro di diversi tentativi di attentato. Essa è quasi impalpabile direttamente.
Se per la Commissione va bene, potrei parlare ora di un'altra inchiesta che ho realizzato, sempre per Panorama, e che potrebbe essere al centro di questa mia relazione e all'attenzione della Commissione, relativa alla mozzarella di bufala (Panorama, 5 maggio 2011, pagg. 84-88).
L'obiettivo è stato quello di individuare le truffe più insidiose nella produzione di eccellenza, in particolare nel commercio della mozzarella di bufala, un settore tra i più controllati oggi in Italia, ma con difficoltà di intervento accentuate dalle caratteristiche del prodotto, che è altamente deperibile. Può succedere che sfugga anche ai controlli a più lungo termine.
È un settore con un fatturato di 300 milioni di euro, aumentato del 12,5 per cento nell'ultimo anno, un business in crescita. Secondo la stima del Consorzio di tutela della mozzarella di bufala campana DOP, però, almeno 7 milioni di chili di DOP contraffatta sono immessi sul mercato nazionale all'estero, con un valore del mercato fuorilegge di oltre 100 milioni di euro.
C'è poi una quantità incalcolabile di imitazioni del prodotto più o meno lecite, con imprenditori, soprattutto all'estero, che spesso giocano sull'equivoco, utilizzano nomi italiani, il tricolore e altre immagini suggestive per pubblicizzare confezioni che nulla hanno di made in Italy.
Per individuare i casi più singolari, ma anche comuni, ho svolto una ricognizione a tappeto delle principali inchieste seguite negli ultimi anni e di quelle ancora in corso, operazioni che ho ricostruito attraverso fonti dirette, non citando articoli già apparsi sulla stampa, ma contattando direttamente i titolari delle inchieste.
Questa analisi è stata poi integrata contattando istituzioni, università e associazioni impegnate a monitorare il fenomeno, nonché la stessa Commissione agricoltura della Camera dei deputati, ottenendo accesso ai documenti depositati su questo tema.
In breve, posso citare i casi più clamorosi che sono venuti a galla: gli imbrogli per non incappare nei controlli, le etichette clonate e il marchio DOP usato per incartare latticini di dubbia qualità ai danni dei consumatori e degli imprenditori.
Si è verificato un caso piuttosto clamoroso con il blitz in un caseificio di San Cipriano d'Aversa, in provincia di Caserta, da parte dei NAS. È in corso un'inchiesta della procura di Santa Maria Capua Vetere in merito.


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Poi c'è il fenomeno delle società fantasma, con nomi immaginifici stampati sulle confezioni per smerciare mozzarella adulterata, documentato dalle segnalazioni del Consorzio al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali.
I NAS hanno anche scoperto una ditta che utilizzava latte congelato, operava senza permessi in un fabbricato abusivo e scaricava fanghi delle lavorazioni nel fiume Sele. Sono 60 mila i quintali di latte di bufala trovato nelle celle frigorifere, mentre per il trasporto privato erano segnati sui documenti falsi numeri di riconoscimento comunitario europeo.
Questo blitz mi permette di introdurre anche il tema del latte congelato e finto fresco utilizzato per produrre mozzarella, un fenomeno che la stessa Commissione parlamentare già nel febbraio 2009 aveva definito allarmante e capace di deprimere la reputazione della DOP.
Resta un problema importante quello della provenienza del latte. Dal censimento delle bufale, 188.458 nell'area DOP, si evince che, proprio quando la domanda di formaggio si impenna, la quantità di latte è minore e, quindi, la risposta fuorilegge è l'aggiunta in nero di materie prime contraffatte o di latte vaccino. Ciò non è pericoloso per la salute, ma è vietato dalle norme disciplinari a tutela della DOP.
Il latte della mucca, come è noto alla Commissione, costa molto meno, 35 centesimi al litro, rispetto a quello di bufala, che costa 1,40 euro.
Oltre a essersene occupata la Commissione, anche gli inquirenti hanno individuato alcune piazzole adibite allo smistamento delle forniture clandestine. Sono indagini che proseguono dal 2009, quando i carabinieri avevano bloccato alcune autocisterne senza documenti sull'origine del prodotto dirette verso caseifici campani di Castel Volturno e Cancello e Arnone.
Tra il 2009 e il 2010 gli ispettori del Ministero avevano rilevato anche 50 irregolarità su 900 campioni di mozzarella DOP esaminati, quasi tutte per l'impiego di latte vaccino. Come è noto, per aumentare la trasparenza nel settore, dal febbraio 2011 è prevista la legge per la rilevazione giornaliera della produzione di ciascun animale. Inoltre, il Consorzio di tutela della mozzarella di bufala campana DOP è in campo per il monitoraggio informatico dei dati nei caseifici. L'Università di Bari, infine, ha messo a punto un marcatore molecolare che rileva la cagliata refrigerata o congelata negli altri formaggi a pasta filata e l'esito dei primi test è particolarmente significativo.
Per la Coldiretti, su 421 mila quintali di mozzarella venduta come pugliese oltre il 35 per cento è preparato con prodotti importati dall'estero.
Oltre al latte, nell'ambito della mia inchiesta giornalistica, sono emerse le questioni delle bufale del Nord e del commercio clandestino, individuato dagli uomini del Corpo forestale dello Stato.
Indice del fenomeno, tra le operazioni citate nel servizio che ho realizzato per Panorama vi è quella che ha condotto al sequestro, nei negozi di Benevento e Campobasso, di oltre un quintale di mozzarella e 300 confezioni di mozzarella DOP falsificate, preparate con latte di bufala proveniente dagli allevamenti delle province di Milano e di Novara. Su questa vicenda hanno aperto indagini ben tre procure.
In un documento dell'Associazione nazionale allevatori specie bufalina, già agli atti di questa Commissione, è segnalato anche come l'apertura delle frontiere alla Romania e alla Bulgaria abbia consentito di introdurre legalmente capi di razza diversa da quella della bufala mediterranea italiana, con il rischio di arrecare un danno molto serio alla purezza della razza e, in futuro, alla tipicità del prodotto DOP. È quanto ha sottolineato nell'ambito della mia inchiesta Luigi Zicarelli, docente di zootecnica della Facoltà di medicina veterinaria dell'Università Federico II.
Ho dedicato poi un'attenzione particolare ai controlli a monte della produzione, che riguardano lo stato di salute delle bufale. Tra i tentativi di imbroglio evidenziati nella mia inchiesta ce n'è uno in particolare che riguarda un allevatore di San Cipriano d'Aversa, il quale ha tentato di sostituire le provette al momento della consegna dei campioni di latte da sottoporre


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alle analisi periodiche disposte per individuare pericolose tracce di diossina e di altre sostanze chimiche. Nel marzo del 2010 il bestiame di questo allevamento era risultato infetto da brucellosi e in precedenza era stato contaminato da diossina.
È importante precisare comunque che solo un campione di latte sui 62 analizzati nell'ambito dell'ultimo controllo in Campania è risultato positivo. Non esiste un allarme di questo tipo al momento.
Tornando, invece, ai rilievi e ai dati del Consorzio di tutela della mozzarella di bufala campana DOP illustrati nel mio pezzo dal direttore Antonio Lucisano, si può delineare un'invasione di prodotti adulterati, poiché tra gli scaffali - questa è la sua dichiarazione - sono disseminati 1,8 milioni di chili di formaggio contraffatto con marchi falsificati, per un giro d'affari stimato tra i 25 e i 30 milioni di euro, mentre oscillano tra i 75 e i 100 milioni di euro i ricavi ottenuti in Italia e all'estero dalla vendita dei latticini che utilizzano in modo improprio la dicitura di «mozzarella di bufala». Questa è la dichiarazione di Lucisano.
Infine, l'ultima inchiesta che potrebbe interessare alla Commissione riguarda le truffe all'INPS nella provincia di Foggia in particolare (Panorama, 31 marzo 2011, pagg.115-120). Essa può essere un ulteriore spunto di riflessione, perché in controluce fa emergere il caso dei braccianti agricoli.
Si tratta di un caso particolare, perché al tribunale di Foggia si concentra il 60 per cento del contenzioso per prestazioni agricole dell'INPS a livello nazionale ed è anche in corso un'inchiesta della procura della Repubblica che coinvolge, almeno al momento della stesura dell'articolo, 14 avvocati accusati di aver truffato l'INPS presentando istanze irregolari.
Secondo i dati che ho acquisito direttamente dall'INPS, tra il 2006 e il 2010 solo a Foggia sono stati depositati circa 100 mila ricorsi in più rispetto al flusso fisiologico. A partire dal 2005, si è avuto un incremento del 62 per cento delle istanze, 5.376 in più rispetto all'anno precedente, e nel corso degli anni la crescita è continuata in modo costante.
Le spese legali per la sede di Foggia sono state pari a 16,8 milioni di euro nel 2010, cifra più o meno invariata rispetto all'anno precedente. In tutta la regione, sempre nel 2010, sono stati spesi 47,2 milioni per le spese legali, 10,5 in meno rispetto al 2009.
Il meccanismo dei ricorsi ha cominciato, però, a vacillare dal 19 luglio 2010, quando circa 10 mila fascicoli processuali sono stati sequestrati dalla procura. Il procuratore capo Vincenzo Russo ha dichiarato, si legge nel mio articolo, che tra il 1o gennaio e la data del sequestro erano state presentate 10 mila nuove istanze per questioni salariali, ma che subito dopo, il 19 luglio 2010, si è avuta una diminuzione del 90 per cento. Mi ha anche spiegato che alcuni avvocati hanno rinunciato agli atti del giudizio per 14 mila posizioni.
Quest'indagine è affidata a Giacomo Ricchitelli, comandante del nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Foggia, il quale mi ha spiegato, come ho anche scritto nel servizio, che tra i 10 mila fascicoli sequestrati ci sono oltre 500 istanze irregolari per diversi motivi: pratiche rivelatesi doppioni, registri di presenza sul lavoro senza firma, documenti fotocopiati di cui non si trova traccia dell'originale.
A prescindere dai risvolti penali e giudiziari dell'inchiesta, questi elementi sembrano essere comunque la spia di una situazione al limite nell'ambito del lavoro agricolo e del sistema agroalimentare, situazione che potrebbe essere certamente approfondita.
Sono a disposizione per eventuali domande e chiarimenti.

PRESIDENTE. Ringraziamo la dottoressa Pirro. Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

TERESIO DELFINO. Ringrazio naturalmente la dottoressa per l'esauriente e drammatica rappresentazione dell'illegalità


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che esiste sui temi che lei ha proposto alla nostra attenzione.
Ho preso alcuni appunti. Lei ha affermato che la situazione di Rosarno è analoga, anzi per alcuni versi, con riferimento alla demolizione delle strutture di cosiddetta accoglienza esistenti prima dei famosi eventi dello scorso anno, è ancora letteralmente peggiorata. Non sarebbero migliorati i servizi, infatti, al di là di alcuni sporadici casi positivi di volontariato, che abbiamo avuto modo di ascoltare in audizione in Commissione, nessun passo in avanti sostanziale è stato compiuto per l'integrazione e per l'accoglienza. Questi poveracci ritornano perché non sanno che cos'altro fare e comunque anche il salario miserevole e indegno che viene loro corrisposto è certamente meglio di nulla. Temo che tale situazione non troverà mai una soluzione.
Su questo tema, al di là della sua puntuale denuncia - altri ci hanno già rappresentato alcune idee e proposte da avanzare - vorrei capire da parte sua, al di là della denuncia e della documentazione molto puntuale, come si potrebbe intervenire sulla realtà di fatto ripetitiva e tragica che si è ripresentata anche quest'anno.
Credo che noi dovremmo dispiegare - questa è la mia personalissima opinione - un ragionamento e un intervento con tolleranza zero, altrimenti non riusciremo mai a sgomberare il campo in un'area in cui la morsa della criminalità organizzata è assolutamente crescente. Poiché, però, la mia opinione richiederebbe misure sicuramente molto drastiche, voglio porre a lei la questione per sapere quale elemento ci può suggerire in termini costruttivi per uscire da questa situazione.
Sorvolo sull'ultimo tema, ma, poiché la questione della mozzarella di bufala tocca un tema che credo rappresenti il cuore del valore aggiunto della nostra agricoltura, il valore della qualità, e quindi tutti i problemi di agropirateria, di contraffazioni e tutto quanto succede a proposito della mozzarella, che lei ha riferito accadere in tanti altri campi, anche in questo caso penso che, se non si muove una responsabilità più complessiva a partire da tutti gli operatori del settore, con una volontà di creare una rete di segnalazione, di cooperazione e di leale collaborazione con le forze dell'ordine e con gli organi preposti, non usciremo dal problema e saremo qui l'anno prossimo e per tanti anni ancora a raccontarci le vicende di situazioni che rendono sicuramente questo Paese assolutamente incivile per i problemi che deve subire, da un lato, parlando di quest'ultimo tema della mozzarella, verso i consumatori e, dall'altro, verso coloro che cercano un lavoro e che si trovano a essere trattati quasi come bestie. Grazie.

MARIO PEPE (PD). Dottoressa, lei ha svolto ottime indagini ed è chiaro che vi prevale l'elemento conoscitivo rispetto all'elemento propositivo, che pure dovrebbe accompagnare un articolato saggio che si elabora sulle patologie che interessano le attività e le aree produttive del nostro Paese. Sono scelte che si compiono nell'azione indagatoria, a prescindere dalle utilizzazioni.
Prescindo dalla prima indagine e dalla terza, perché riguardano azioni essenzialmente lavoristiche e normative afferenti al lavoro e alle discipline del lavoro, nonché agli ordini di tutela. Lei lo ha trattato in alcune realtà ed è un fenomeno molto diffuso, perché talvolta il lavoro parassitario e le prestazioni salariali o remunerative prevalgono sulle attività creative del lavoro stesso.
Per quanto afferisce all'indagine nell'area napoletana e casertana, lei ha verificato nell'indagine, nella disamina che ha svolto sul territorio, una sensibilità delle autorità istituzionali e territoriali antifrode e antisofisticazioni simmetricamente legate alla quantità e alla qualità della frode e della sofisticazione? Sappiamo che tutto ciò pesa sulla produzione e sulla quantità economica della produzione.
Dall'esperienza che lei ha avuto e dalle valutazioni che ha svolto, afferendo sempre alle suddette autorità, che cosa proporrebbe lei alla Commissione agricoltura,


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che è destinata a garantire il made in Italy, la produzione e la qualità, a fronte di questi problemi?

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PAOLO RUSSO

ANITA DI GIUSEPPE. Dottoressa Pirro, ho letto alcune sue dichiarazioni che riguardavano sia i rifiuti di Napoli, sia i problemi sanitari dei rifiuti, sia i problemi dell'urbanistica, su cui ormai non si denuncia più nulla. Oggi la ritrovo qui e mi fa piacere, però la sua più che altro è un'inchiesta giornalistica e lei ci ha documentato i fatti.
Volevo porle una domanda. Lei ha riportato anche le dichiarazioni di alcuni personaggi, anche autorevoli, ma, come giornalista, ha intervistato gli immigrati? Per esempio, il questore Casabona sostiene che «la vera scommessa è favorire l'integrazione», ossia dare una casa a questi immigrati. Lei sicuramente li avrà intervistati, ma forse è opportuno dare voce a loro, ascoltarli, sentire ciò che in realtà vogliono, quali sono i loro bisogni, affinché l'integrazione si possa realizzare.
Vorrei sapere da lei cosa chiedono questi immigrati - mi riferisco soprattutto alla questione Calabria e a Rosarno -, e che cosa vogliono. È chiaro che esiste la questione dello sfruttamento, ma nessuno ne parla, nessuno dà voce agli immigrati. Si parla tanto di caporalato e di sfruttamento. Ci farebbe piacere che almeno lei, che ha potuto parlare con loro, ci riferisse ciò che gli immigrati ci chiedono. Grazie.

MASSIMO FIORIO. La ringrazio dell'intervento, anche perché ha ripreso una questione di un po' di tempo fa, che rischia di essere dimenticata e rimossa, come tante storie di sofferenza di questo Paese.
Rispetto alla questione di Rosarno, ho visto che ha citato l'intervento del sindaco eletto nel mese di dicembre, che si è trovato ad avere a che fare con una situazione ancora grave ed è stato audito anche da questa Commissione.
Una delle questioni che ella aveva sollevato e che ha destato anche alcuni allarmi da parte di questa Commissione è il fatto che, dopo una disamina rispetto a quell'area territoriale particolarmente disagiata dal punto di vista produttivo rispetto ad altre placche produttive del territorio, nonostante tutto erano intervenute alcune risorse pubbliche, c'erano stati alcuni interventi. Il sindaco palesava, o almeno adombrava, la possibilità che queste risorse pubbliche - sappiamo benissimo che l'agricoltura da parte della regione è fortemente sovvenzionata e aiutata - fossero state distolte per altri usi e che in tale frangente fossero intervenute organizzazioni criminali. La malavita e la criminalità si erano già messe in movimento su quel fronte.
Volevo chiederle se, in base all'impressione che ha avuto e all'inchiesta che ha condotto, il lavoro di filiera istituzionale per intervenire a sollevare dalla sofferenza i lavoratori o comunque per far fronte alle difficoltà di quell'area produttiva abbia funzionato.
Lo domando non per polemica, ma anche perché in questa Commissione alcuni esponenti di talune forze politiche avevano sollevato il problema che ci fossero interventi pubblici per dare ristoro ai lavoratori. Secondo alcuni miei colleghi, sarebbe stata un'attività che non doveva essere svolta, perché si trattava di lavoratori e tale operazione sarebbe dovuta spettare soltanto a chi dava loro lavoro. La parte pubblica non sarebbe dovuta intervenire. Voglio sapere qual è la sensazione del lavoro delle istituzioni in questo settore.

ISIDORO GOTTARDO. Innanzitutto, desidero sinceramente complimentarmi con la dottoressa Pirro per il modo con cui scrive e descrive gli ambienti, riuscendo a narrare e a dare un'impressione straordinaria dell'ambiente in cui colloca le sue inchieste.
Il tema è, come mi pare che abbiano già affermato altri colleghi, non farsi cogliere dall'angoscia e dalla rassegnazione rispetto a problemi tanto evidenti, perché


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alla fine ciò che era da denunciare è già stato denunciato, quando è stato pubblicato su riviste e quando la gente le ha lette. Il compito che noi abbiamo è quello di riuscire a trovare una sintesi su come agire.
Vorrei partire innanzitutto da una considerazione, forse la più banale, ma la più realistica. L'agricoltore che produce le clementine, volendo per un attimo dimenticare intermediazioni, malavita organizzata e forme di sfruttamento, oggi è in grado di stare sul mercato, cioè di raccogliere questo prodotto e di collocarlo sul mercato rispettando le regole? Se i costi che le regole gli impongono sono superiori a quelli che il prodotto consente, evidentemente non ha che un'alternativa, quella di lasciare il prodotto sulla pianta e non coltivarlo. È un tema che spesso, come Commissione agricoltura, abbiamo dovuto affrontare.
Ho vissuto la trasformazione anche nella mia regione, il Friuli-Venezia Giulia. Quando esisteva la ex Jugoslavia, da noi esisteva un lavoro transfrontaliero. Tutta la zona del Collio, ricca di vigneti e di valore aggiunto, poteva usufruire di manodopera a basso costo che alla mattina passava il confine e alla sera se ne andava. Veniva pagata in nero, non era in regola, però gli agricoltori riuscivano a sopperire, soprattutto per quanto riguardava le potature, al fatto che da noi non si trovava più la manodopera per tale attività.
Il problema è scoppiato con l'accertamento dell'Ispettorato del lavoro, che anche con l'elicottero arrivava sui vigneti, circondava le zone e riusciva a compiere retate, e un po' alla volta la gente si è messa a posto. Oggi nei vigneti c'è ancora il lavoro transfrontaliero, ma è stato codificato. È tutto in regola e i problemi sono stati sostanzialmente risolti.
Resta il fatto che, essendo un prodotto che ha un forte valore aggiunto soprattutto per la trasformazione successiva - l'uva in sé non avrebbe un grande valore, se non ci fosse una capacità di trasformare quel prodotto e di renderlo un prodotto con un valore aggiunto - il produttore può sostenere i costi.
È questo il problema che abbiamo di fronte e che non possiamo ignorare. Solo fino a un dato punto mi sento di esprimere una condanna morale verso gli agricoltori che hanno il problema di raccogliere il prodotto e che lo possono fare solo a maggior costo. Non mi sento di unirmi a coloro che fanno la morale, perché, se l'alternativa è quella di non raccogliere il prodotto, noi non abbiamo risolto, come Commissione agricoltura, alcun tipo di problema: i campi rimangono incolti e perdiamo una tradizione e una cultura mediterranea. Questo è il programma che dobbiamo affrontare, ossia in che modo possiamo fare sì che il prodotto abbia valore aggiunto e i costi possano essere più bassi. Se non affrontiamo questa questione, secondo me, non ne veniamo a capo.
Poi c'è la questione culturale, una questione di altro tipo. Sono stato relatore in XIV Commissione di un parere preventivo in fase ascendente di una proposta di direttiva della Commissione europea che intende uniformare le regole sul lavoro stagionale.
Voi sapete che nel 2009 in Italia abbiamo usufruito di 80 mila permessi di lavoro stagionale regolare. Il dato in sé non direbbe nulla, se non lo confrontassimo con quelli degli altri Paesi: la Germania ne ha utilizzati 4.400, la Francia 2.200 e la Spagna 24 mila. Degli 80 mila permessi italiani il 60 per cento è per l'agricoltura, il che significa che l'agricoltura nel 2009 ha richiesto e usufruito di 48 mila unità lavoro che sono venute in Italia regolarmente e sono state sistemate regolarmente.
La direttiva dispone che per questi lavoratori stagionali, che possono muoversi dentro l'area Schengen, debbano essere rispettati tutti i requisiti che vengono normalmente garantiti ai lavoratori locali nazionali: l'alloggio in regola dal punto di vista igienico-sanitario, i diritti degli assegni familiari e via elencando.
Credo che, di fronte a queste situazioni che hanno un'evoluzione, non possiamo semplicemente limitarci a lanciare appelli culturali e moralistici. Ci sono aspetti


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economici rilevanti, perché, se già oggi questi produttori nel Meridione non sono in grado di far fronte ai costi, figuriamoci se la direttiva europea imponesse loro anche di dare un alloggio in regola dal punto di vista igienico-sanitario e gli assegni familiari. Se uno arriva dall'Africa con otto figli, quanti assegni familiari gli si danno? Sono questioni che, secondo me, alla luce proprio di questi dati, vanno esaminate seriamente.
Non entro nel merito della questione, ma trovo molto più grave la vicenda della seconda inchiesta, quella sulla mozzarella di bufala, per la quale non possiamo parlare di un prodotto che non ha un valore aggiunto. È in atto una truffa vera e propria ai danni dei produttori. È un'altra questione e sono gli stessi produttori che la denunciano. Sono situazioni profondamente diverse.
Non chiedo ovviamente alla dottoressa Pirro di indicarci in che modo possiamo risolvere la questione, ma mi pare evidente dalle sue inchieste che dobbiamo saper anche leggere che esistono realtà profondamente diverse.

GIOVANNI DIMA. Provo ad aggiungere una considerazione in più rispetto a ciò che abbiamo asserito finora, perché io e i colleghi Oliverio e D'Ippolito Vitale siamo, paradossalmente, di aree diverse della Calabria segnate dal settore agrumicolo.
Partirei innanzitutto da questa considerazione di base anche per mettere in ordine alcuni aspetti o, quanto meno, presidente, per allargare il ragionamento, facendo venire meno alcuni luoghi comuni. Su questo terreno ho sempre sostenuto che, se vogliamo capire fino in fondo questa vicenda o questo rapporto con l'illegalità e il lavoro nero in agricoltura, non possiamo minimamente infilarci nella comodità dei luoghi comuni. Bisogna essere franchi: i luoghi comuni non servono a nessuno, sono un pregiudizio.
Come primo dato è tutto vero ciò che afferma il collega Gottardo. Anche nelle aree di maggiore pregio agrumicolo della Calabria c'è un problema di rapporto costi-ricavi. Le piane di Sibari e di Lamezia, che sono un po' le avanguardie da questo punto di vista, sono in sofferenza rispetto alla necessità di collocare il prodotto, le clementine in questo caso, sul mercato, perché sono un prodotto fresco, che matura a novembre e che va subito veicolato sui mercati, altrimenti non trova opportunità e prezzo.
Nell'area di Rosarno, negli anni, anche grazie alla distrazione dei finanziamenti pubblici di natura comunitaria, non si è avuta la forza di compiere una riconversione in sistemi produttivi più appetibili al mercato. Su Rosarno c'è l'aggravante che le produzioni non sono di pregio. Figuriamoci se le produzioni non di pregio possono avere più mercato! Quel rapporto tra costi e ricavi a Rosarno si appesantisce e diventa ancora più forte e più drammatico per i produttori.
La speculazione sulle braccia e sul lavoro nero è ancora più pesante soprattutto in quelle aree che non hanno clementine - la signora ci conferma quanto ho affermato - ma addirittura arance, come comunemente definite per l'industria, il famoso biondo calabrese, che non vale nulla sul mercato, ragion per cui o lo si raccoglie «in quel modo», oppure resta sulla pianta.
È chiaro che la questione che ha prodotto gli eventi di Rosarno è legata a questo contesto e io aggiungerei anche un paio di contesti. La realtà urbana sociale non è delle più facili a Rosarno, le dinamiche dei flussi culturali e sociali in quella realtà stentano a farsi avanti, ragion per cui la contestualizzazione di questi aspetti ha prodotto la bomba Rosarno.
Possiamo per un solo istante sostenere che la stessa condizione esisteva vent'anni prima a Villa Literno oppure nelle aree del foggiano a proposito del pomodoro. È una storia che si ripete in alcune aree del Paese, quando scocca la scintilla fra il contesto sociale e questa presenza, che - attenzione - a Rosarno non è poi numerosissima. Mi sono aggiornato sui residenti extracomunitari a Rosarno. Ci sono, proprio a Rosarno, sbalzi incredibili fra i residenti extracomunitari tra un anno e l'altro, quasi come se il rapporto con la


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comunità del posto fosse legato agli eventi che accadono in tale realtà: si passa da 1.500 a 300-400 residenti. È un fenomeno piuttosto contorto, che andrebbe spiegato meglio.
L'evento Rosarno è stato una vicenda dolorosissima, ma va inquadrata dentro un contesto di integrazione con questi signori che arrivano e che cercano ristoro lavorativo dalle nostre parti.
Il collega Gottardo, con piglio del Nord, l'ha espresso in termini diversi, ma l'avremmo potuto benissimo riferire anche noi calabresi. C'è stato tra il blocco ex sovietico, l'Est europeo, e le zone confinanti dell'Italia quel tipo di utilizzo di manodopera a basso costo soprattutto per produzioni di eccellenza, e i vini friulani sono vini di eccellenza, con una ricaduta e un valore aggiunto molto più forte del misero clementino di bassa qualità rosarnese. È chiaro che ciò fa la differenza. La differenza è di carattere economico e, di conseguenza, è la scintilla che molto spesso fa esplodere la bomba.
Il presidente mi sgriderà fra pochi istanti e mi toglierà la parola. Ho apprezzato molto il lavoro della dottoressa Pirro.
Sull'altra inchiesta, quella sulla mozzarella di bufala, ovviamente convengo col fatto che probabilmente il contesto è ancora più articolato e curioso da scoprire, perché evidentemente dietro quel tipo di frode scopriremo tante altre situazioni.

PRESIDENTE. Sarà stata la vivacità, la profondità e la puntualità della relazione della dottoressa Pirro a indurre il commento, ma non è abitudine nostra svolgere il commento in questa fase. Avremo modo di effettuare analisi e commenti, ma auspicherei che i colleghi si attenessero a questioni specifiche e a domande, tenendo anche presente che non abbiamo tanti minuti e che dobbiamo anche incardinare un provvedimento successivo.

SABRINA DE CAMILLIS. Presidente, sarò velocissima nel ringraziare la dottoressa Pirro per la precisione e lo stile con cui è riuscita a portare avanti inchieste molto importanti per il settore di cui ci occupiamo.
Molto probabilmente sarà necessario rivederci, perché le sollecitazioni venute sono tante e non so se la dottoressa riuscirà a rispondere a tutte le questioni.
Dottoressa, su Rosarno lei riporta alcune dichiarazioni del questore, ma non sarebbe il caso di svolgere un'inchiesta per capire come sia possibile che nell'arco di un anno tutto sia ritornato esattamente com'era, individuando le responsabilità, se qualcuno fa finta di non vedere? Non possiamo immaginare che, poiché il prodotto che deve arrivare sul mercato deve mantenere un prezzo adeguato, ciò possa consentire non l'utilizzo, ma lo sfruttamento del lavoro.
Le responsabilità ai diversi livelli istituzionali, secondo lei, se si va ad approfondire il tema attraverso le indagini giornalistiche, così come lei ha fatto per gli altri argomenti, possono portare a un contributo per consentirci di evitare altre Rosarno?

SANDRO BRANDOLINI. Quando ho chiesto di intervenire, presidente, non era ancora intervenuto lei. Mi limiterò a un minuto.
Volevo tranquillizzare, oltre che ringraziare, la dottoressa Maria Pirro, che ha svolto un ottimo lavoro e ha compiuto il suo mestiere, quello di giornalista di indagine. In alcune situazioni è anche riuscita, per le relazioni che ha avuto, ad avanzare alcune proposte, però non carichiamola di troppe responsabilità. Il suo ruolo è quello di svolgere indagini, le ha svolte bene e di ciò la ringraziamo. Se dalla sua esperienza ha indicazioni da darci, la ringraziamo anche per questo.

GIUSEPPINA SERVODIO. Sarò brevissima. È evidente che non sta certamente a noi entrare in una valutazione delle inchieste, se non per gli aspetti che sono già alla nostra attenzione. Non a caso, quest'audizione avviene all'interno di una grande sensibilità di questa Commissione, che ha avviato da tempo un'indagine conoscitiva su questi temi e problemi, i quali indubbiamente interessano non solo alcune regioni, ma, per alcuni aspetti, purtroppo


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anche altre regioni del resto del Paese. Non vorrei che la rappresentazione negativa fosse collocata soltanto in relazione ad alcune regioni di questo Paese, anche se preciso «purtroppo».
Noi ci stiamo interessando di questi fenomeni, che in queste tre inchieste sono diversi per natura. Mi sarei aspettata, dottoressa, una maggiore attenzione nella ricerca anche delle cause e delle relazioni che insistono su fenomeni così complessi. La registrazione è un dato importante, registrare le osservazioni degli attori è importante, ma io mi aspetterei, con molta sincerità, che nel lavoro dell'inchiesta - non è un'intervista - ci fosse la ricerca del filo conduttore delle cause che portano a questi fenomeni, che non sono mai individuali, ma che si registrano all'interno di un contesto più complessivo.
Pur ringraziandola e apprezzando alcune delle sue interviste, che avevo già letto, vorrei capire di più, perché ciò aiuterebbe anche le istituzioni a svolgere il proprio mestiere, come ricordava il collega Brandolini.
Inoltre, in genere le inchieste iniziano in un anno, ma non si chiudono quell'anno. Ha intenzione, con il suo giornale, di continuare le inchieste? È vero che a Foggia esiste un'illegalità che porta a un contenzioso con l'istituto previdenziale. Lei ha intenzione su Rosarno, sulla questione della mozzarella di bufala e su Foggia di continuare affinché l'inchiesta sia veramente completa e accompagni non solo un processo di sensibilizzazione, ma anche una ricerca di modalità per affrontare tali fenomeni? Le chiedo se nell'economia del vostro giornale abbiate intenzione di continuare queste inchieste, perché da un anno all'altro si possono verificare evoluzioni e involuzioni.

IDA D'IPPOLITO VITALE. Sarò breve, presidente, nel salutare la giornalista Pirro, e farò riferimento a tre spaccati che lei ci presenta, almeno in base alla nostra rassegna stampa: lo sfruttamento illegale del lavoro, la truffa alimentare e naturalmente l'altrettanto grave truffa INPS a opera di furbetti non disabili che si fingono tali. È un panorama, uno spaccato largo per affrontare questo tema dell'illegalità nelle sue diverse sfaccettature.
Certamente, la prima domanda che porrei alla giornalista è che cosa si aspettava da noi. Noi da lei abbiamo avuto un'utile occasione di confronto, di approfondimento e di provocazione su temi che sono alla nostra attenzione, in quanto parlamentari attenti all'approfondimento del fenomeno. Il faccia a faccia con il giornalista, che è l'operatore diretto sul territorio, quasi la spina nel fianco di tutte le istituzioni che possono essere spronate a una maggiore attenzione, certamente rappresenta un'occasione ghiotta per un approfondimento di merito più vivace e attento.
Svolta questa premessa, mi chiedo se, all'interno di questa linea, che è certamente interessante, con questa inchiesta, che porta il settore prevalentemente nelle regioni del Sud, nelle sue intenzioni o per l'esperienza che ha già vissuto e per i dati che ha già raccolto, ritiene di poter svolgere un allargamento dello sguardo altrove. Rosarno è solo un fenomeno del Sud? Questo sfruttamento del lavoro nero, limitatamente alle clementine o relativamente a questo segmento di attività, è solo di Rosarno?
Ci sono altre regioni del Paese in cui lo sfruttamento del lavoro agricolo è una realtà? Lei ha parlato dell'INPS di Foggia, ma è solo quello il caso più eclatante oppure riguarda anche altre regioni? Il suo interesse specifico potrà essere allargato per avere una visione d'insieme del Paese? Ci sono già da parte sua iniziative in questo senso?
Lo stesso vale per la bufala, per la quale ci sono già risultati importanti perché vediamo che, a parte la concorrenza di Romania e Bulgaria, la truffa avviene, e la questione è assai grave, con latte proveniente dalle province del Nord e con la connivenza, naturalmente, degli operatori economici.

CORRADO CALLEGARI. Grazie, presidente. Sarò brevissimo. Mi unisco al coro di ringraziamento per la presenza della


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giornalista Maria Pirro. Ho apprezzato molto, il titolo del suo articolo, perché è molto forte. Rosarno un anno dopo: punto e a capo è un titolo che, dal momento che si discute se i fatti riguardino solo Rosarno, si sarebbe potuto utilizzare anche per un argomento caldo che abbiamo discusso la scorsa settimana in Assemblea, dal momento che, a distanza di due o tre anni, nulla era cambiato per quella città e per un altro settore.
Ho avuto modo di passare casualmente alcuni anni fa per Rosarno e di rendermi conto proprio di come fosse la realtà di quella città. Senza dire nulla sugli abitanti di Rosarno, penso che sia sicuramente la località più brutta e assurda che io abbia visto in cinquant'anni di vita. Questa è la mia considerazione.
Volevo solo porre una domanda, ma non è detto che lei mi debba dare una risposta, perché ovviamente non è di sua competenza. Si è formata un'idea del motivo per cui sia stata scelta Rosarno per fare ciò che è stato documentato?

NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Mi atterrò al tema. Vorrei chiedere a lei, signor presidente, se la dottoressa Pirro potrebbe in una prossima occasione di indagine o di inchiesta approfondire il tema del mercato fondiario parallelo. Noi ne abbiamo parlato spesso in Commissione, però non abbiamo mai trovato elementi sufficienti per poter quantificare e verificare che tipo di fenomeno sia. Vorrei chiedere se nei prossimi lavori si potrà inserire anche questo. Grazie.

PRESIDENTE. In genere una Commissione parlamentare, per quanto abbia messo in campo un'indagine, non orienta le linee di indirizzo editoriale.
Nel ringraziare la dottoressa Pirro, cui cedo subito la parola, mi pare superfluo significare come nelle prossime occasioni avremo l'opportunità di incontrare alcuni colleghi della dottoressa Pirro, Gatti dell'Espresso e Corbo di la Repubblica, per approfondire ancor più e meglio questi aspetti.
Chiederei alla dottoressa Pirro di aiutarci a capire meglio l'oggetto della nostra indagine, anche alla luce delle sollecitazioni che sono venute, come ha visto, numerose e vivaci da più parti.
Do la parola alla nostra ospite per la replica.

MARIA PIRRO, Giornalista professionista. Ringrazio per l'attenzione e per le domande e provo a rispondere più o meno nell'ordine, cercando di essere rapida, ma esaustiva.
Per quanto riguarda la prima domanda dell'onorevole Delfino in relazione a che cosa fare per Rosarno, mi sono dilungata su un tema che sembrava un po' fuori dai lavori specifici della Commissione agricoltura, quello degli alloggi e dell'accoglienza, che rappresenta il vero nodo da sciogliere per cercare di uscire anche dalla rete del lavoro nero.
Nel paese di Rosarno il primo impatto è proprio quello della mancanza di qualsiasi tipo di accoglienza e di alloggi, con immigrati che vivono in condizioni veramente disumane. Diventa difficile creare un percorso della legalità nel momento in cui essi sono due volte mortificati, prima come uomini e poi come lavoratori. Credo che questa sia la premessa necessaria per cercare di affrontare la questione del lavoro.
Peraltro, il paese è puntellato da scheletri di cemento ed è veramente, da un punto di vista paesaggistico, sventrato. Sembra per alcuni aspetti abbandonato. Chi lo attraversa si rende subito conto della crisi che lo pervade. Magari questo tipo di edilizia potrebbe essere utilizzato per accogliere, non in accampamenti, ma in grandi abitazioni, i migranti stagionali e per sfruttare la rete di volontari che già esiste, anche integrandola, per promuovere un orientamento che sia di accoglienza e anche teso al lavoro. Molte modalità contrattuali - non entro nello specifico - sono previste, ma non vengono utilizzate anche per questioni di ignoranza e di difficoltà linguistiche.
Per quanto riguarda la mozzarella, ho avuto modo di studiare le carte della Commissione, che aveva già delineato un percorso che, a mio avviso, può essere un


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ottimo inizio. Il problema vero è forse di accelerare quel tipo di azione per la tracciabilità. Se non c'è una rete adeguata, che consenta di verificare tutti i passaggi, la questione non si risolve. Ci può essere la buona volontà degli operatori del Consorzio di tutela della mozzarella di bufala campana DOP, che sta cercando al suo interno comunque di avviare un'azione di rinnovamento nell'approccio, ma sicuramente non può bastare senza regole ben definite e soprattutto applicate.
Provo a rispondere alla seconda domanda dell'onorevole Pepe, in relazione alla questione degli inquirenti e delle indagini sulla mozzarella di bufala. Credo che ci sia una grande attenzione e che siano in corso indagini particolarmente delicate proprio presso la procura di Santa Maria Capua Vetere, con il procuratore Lembo, però questo non può distogliere dalla necessità di garantire un percorso di legalità che vada al di là della repressione.
Passando alla domanda dell'onorevole Di Giuseppe, è allegato al mio reportage anche un video che lei può vedere su Panorama e che rappresenta la narrazione di uno di questi immigrati. Parte delle loro storie sono inserite nell'introduzione. Ho comunicato con loro solo in inglese e in francese proprio per evitare, anziché di intervistare veri immigrati, di intervistare magari caporali che sono mischiati molto spesso ai lavoratori. Con molti di loro sono ancora in contatto.
L'inchiesta «Migrantes», che ha portato ad alcuni arresti nei mesi precedenti alla mia indagine giornalistica, nasce proprio dalle loro denunce. Se protetti e accolti, sono i primi disponibili a collaborare. Peraltro, uno di questi immigrati mi ha accompagnato all'interno dei silos dove abitavano. Mi farebbe piacere se lei vedesse le immagini, perché sono di grande impatto da un punto di vista non solo giornalistico, ma innanzitutto umano.
Per quanto riguarda la domanda dell'onorevole Fiorio sul sindaco Tripodi, so che stava per attivare alcune azioni, ma non l'ho sentita volutamente, poiché, essendo stata eletta poco dopo lo scioglimento per infiltrazioni, mi sembrava doveroso darle il tempo di avviare alcune azioni, anche se da sole sicuramente non possono bastare.
Lei mi domandava anche se ci siano stati interventi istituzionali pubblici efficaci. Ho svolto un reportage, e innanzitutto ho pubblicato un articolo che intendeva raccontare in presa diretta che cosa fosse cambiato. Evidentemente, però, seppure qualcosa c'è stato, in base alla mia esperienza diretta sul campo non è stata sicuramente un'azione particolarmente incisiva.
Come precisavo all'inizio, ho cercato di evitare di affidarmi a una sorta di tour dell'immigrazione, ma di contattare anche attraverso una rete alternativa le comunità, i volontari e i singoli che avevano seguito da vicino la problematica, proprio per evitare di ripetere notizie già scritte o comunque un'analisi male orientata e meno autentica.
Per quanto riguarda la domanda dell'onorevole Gottardo in relazione alla questione degli agricoltori, nello stesso video sono intervistati anche gli agricoltori, che segnalano le loro difficoltà sui costi. Il problema è legato anche alla chiusura dei rubinetti da parte dell'Europa. C'è un costo fisso che credo sia particolarmente alto, quello delle cassette indubbiamente. Il problema di lasciare le arance a marcire sugli alberi è un problema vero e molto sentito da parte degli agricoltori, però non può essere risolto, a mio avviso, scaricando tutto sui lavoratori, perché comunque non si favorisce uno sviluppo del territorio.
Lei mi domandava qual è il mio parere: creare un sistema di premialità per gli imprenditori che tengono i lavoratori in regola, andando a verificare questa filiera, potrebbe essere un modo per aiutare chi vuole mettersi in regola e fare qualcosa in più.
Per quanto riguarda la domanda dell'onorevole Dima in relazione alla regolazione del mercato, devo dire che la questione foggiana l'ho citata non tanto per le truffe all'INPS, quanto perché c'è sicuramente qualcuno che anche a Foggia svolgerà questo lavoro. Se gli immigrati iscritti risultano fantasma, probabilmente si dovrebbe


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verificare come mai ci sia una discrepanza. In questo senso ho portato anche l'esempio dell'inchiesta foggiana.
Per quanto riguarda la domanda dell'onorevole De Camillis in relazione alle responsabilità, come ho affermato prima, il mio era un reportage, e sentire il questore era una tappa per cercare di raccontare che cosa fosse cambiato e che cosa lo fosse di meno, fornendo alcuni elementi in più che potessero essere approfonditi direttamente dalla Commissione, oltre che dal lavoro giornalistico.
Alla domanda dell'onorevole Brandolini credo di aver risposto con le altre.
In relazione alle cause, di cui mi veniva domandato dall'onorevole Servodio, e al fatto se le mie inchieste continueranno, io sono sempre curiosa di sapere come vanno a finire, a prescindere da ciò che scrivo. Sto continuando a seguire le diverse questioni.
Peraltro, la questione dell'INPS rientra anche, per esempio, nel discorso della finanziaria. Quella di Rosarno rimane una ferita aperta e quella della mozzarella è già all'attenzione della Commissione. Sono tutti temi caldi su cui c'è il mio impegno personale, a prescindere dalla testata o comunque dal giornale.
Per quanto riguarda la domanda dell'onorevole D'Ippolito su che cosa mi aspetto, innanzitutto vi ringrazio per avermi dato la possibilità di dare un contributo. Il giornalismo di denuncia parte innanzitutto da una grande passione e il tentativo è quello di essere utili. Ovviamente, non ho la pretesa di avere tutte le risposte.
Per quanto riguarda la domanda dell'onorevole Callegari in relazione al perché si è verificato tutto ciò proprio a Rosarno, in realtà credo che questo mix di diversi fattori sia stata la causa: la concentrazione di grandi fabbriche, le tensioni con gli abitanti, dovute proprio alle precarie condizioni igieniche. Non si può nascondere che gli immigrati, senza avere a disposizione alcun tipo di accoglienza, rappresentano ovviamente anche un disagio e un disturbo per la comunità che non partecipa al business della raccolta delle arance. Vi si aggiunge un elemento casuale e imprevedibile. Le risposte richiederebbero forse più tempo per essere completate.
Per quanto riguarda l'ultima domanda, quella dell'onorevole Oliverio, se lei ha materiale sull'argomento e me lo può fornire, sicuramente lo valuterò con attenzione.

PRESIDENTE. Ringrazio la dottoressa per la puntualità con cui ha riversato in questa Commissione alcune sollecitazioni che ovviamente saranno per noi oggetto di ulteriore valutazione ai fini dell'indagine che stiamo portando avanti.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16,25.

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