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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione XIII
25.
Martedì 11 ottobre 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Russo Paolo, Presidente ... 2

SULLA SITUAZIONE DEL SISTEMA AGROALIMENTARE, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO AI FENOMENI DI ILLEGALITÀ CHE INCIDONO SUL SUO FUNZIONAMENTO E SUL SUO SVILUPPO

Audizione del dottor Antonio Corbo, giornalista professionista:

Russo Paolo, Presidente ... 2 4 6 8
Corbo Antonio, Giornalista professionista ... 2 3 4 5 6 7 8
Dima Giovanni (PdL) ... 5 6 7
Pepe Mario (PD) ... 3 4 8
Servodio Giuseppina (PD) ... 4 5
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Italia dei Valori: IdV; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A.

COMMISSIONE XIII
AGRICOLTURA

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 11 ottobre 2011


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PAOLO RUSSO

La seduta comincia alle 14,45.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del dottor Antonio Corbo, giornalista professionista.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla situazione del sistema agroalimentare, con particolare riferimento ai fenomeni di illegalità che incidono sul suo funzionamento e sul suo sviluppo, l'audizione del dottor Antonio Corbo, giornalista professionista.
Do la parola al dottor Corbo per lo svolgimento della relazione.

ANTONIO CORBO, Giornalista professionista. Grazie a tutti.
Ho portato soltanto due cartelle. Ho svolto una serie di inchieste, traendo spunto anche dal lavoro della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, che in questo momento è la procura più informata e più attiva in Italia, come è stato rilevato anche in sede di Direzione nazionale antimafia. Indagando sui Casalesi, i pubblici ministeri di Napoli sono riusciti a rintracciare contatti, accordi e alleanze tra mafia e camorra per la spartizione di questa grande torta rappresentata dall'ortofrutta. Parliamo, quindi, di «agrimafia».
La mia prima inchiesta, apparsa in copertina sul Venerdì di la Repubblica, era intitolata «La mafia a tavola». I Casalesi hanno il monopolio dei trasporti e quindi della logistica, la mafia sfrutta i mercati e incide su tutta la filiera. Ciò che mi ha colpito è che questo fenomeno è stato molto sottovalutato. La mia inchiesta è nata proprio qui a Montecitorio perché ero incuriosito dall'attività della Commissione agricoltura e sono venuto a documentarmi e a informarmi presso il presidente Russo. Tra l'altro si erano già tenute alcune sedute, poi rese pubbliche, dopo i fatti di Rosarno.
Partendo da quello spunto, sono andato avanti con una logica investigativa e mi sono informato presso le procure, in particolar modo quella di Napoli. Ho potuto constatare quanto sia ampio e quanto sia sottovalutato questo fenomeno, che può essere quantificato in 50 miliardi di euro l'anno. È una parte di quei 164 miliardi di euro del circuito illegale stimati da il Sole 24 Ore e resi noti l'anno scorso.
Navigando su Internet mi ha molto colpito la situazione limite dei mercati siciliani, dove spesso il commissionario, che dovrebbe essere l'intermediario tra il produttore e i grossisti, coincide con il grossista. Un contadino intervistato da un giornale siciliano - ho portato la copia di quell'intervista - racconta di non sapere che fine faccia la sua merce. Quando porta i suoi prodotti dai campi al mercato li affida al commissionario, che ogni volta li vende al grossista quando lui è assente. Basta che si allontani un minuto per


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prendere un caffè o per altri motivi che al suo ritorno è già tutto venduto. Il commissionario dovrebbe avere interesse a spuntare il miglior prezzo possibile, invece il prezzo è sempre più basso e viene imposto perché c'è questa doppia figura, molto ambigua, di commissionario e grossista. Il contadino intervistato lamenta di non riuscire mai a trattare il prezzo, che alla fine gli viene imposto. Da queste poche righe che ho trovato, molto illuminanti per comprendere la distorsione del circuito, emerge che gli agricoltori sono vessati, umiliati e tiranneggiati dall'imposizione del prezzo, mentre chi impone il prezzo ne ha un forte lucro. Alla fine risultano ingannati i consumatori, che sono l'ultimo anello della filiera, perché addirittura si riesce a moltiplicare per sei, sette volte il prezzo di partenza. È una situazione che fa riflettere, ma che può avere una soluzione positiva.
Da un punto di vista giornalistico, questa materia mi appassiona molto. Seguo molto la tipicità dei prodotti e le battaglie di Carlo Petrini di Slow Food. Sono inoltre professionalmente legato alla politica giudiziaria in Campania dato che lavoro a la Repubblica. In questo mio lungo giro ho capito che per arginare questo fenomeno non ci vuole molto, anche se sembra paradossale. L'esempio viene dal mercato ittico di Pozzuoli, dove, a seguito di un'inchiesta della procura antimafia di Napoli, condotta dal pubblico ministero Antonello Ardituro e da Raffaele Marino, arrivarono addirittura i Cacciatori di Calabria, un reparto specializzato dei carabinieri, per due maxi retate nel 2003 e nel 2004.
Spesso in Italia, dopo le retate, l'attività criminale si ricicla. La potenza di un clan è direttamente proporzionale alla velocità con la quale si riproduce. Quando leggiamo o scriviamo che un clan è stato decapitato, non è vero, perché se il clan è potente si riproduce subito. Pozzuoli, invece, rappresenta un esempio virtuoso di come si possa correggere questa tendenza e liberare il mercato dagli artigli della camorra e delle organizzazioni criminali. Quella parte del porto è stata completamente circondata, isolata e affidata al comune e alla polizia urbana, anch'essa interessata al suo interno da una serie di arresti per collusioni con camorristi legati al clan Beneduce-Longobardi, con grossisti, speculatori e altro.
Così facendo, la zona del mercato è assolutamente protetta. Può entrare soltanto chi possiede un tesserino che si ottiene presentando particolari requisiti. Chi ha subìto un fallimento nella sua attività commerciale, senza contare chi ha precedenti penali, non può entrare. Possono accedervi solo le persone che presentano questo tesserino, ottenuto con particolari requisiti.

MARIO PEPE (PD). E l'autorità del porto?

ANTONIO CORBO, Giornalista professionista. Lì ho trovato i vigili urbani, mentre il direttore del mercato ittico è un veterinario dipendente del comune di Pozzuoli con la qualifica di dirigente.
Il commercio si è notevolmente ridotto, e ho scritto una pagina proprio su questo fenomeno. La vendita dei commercianti all'ingrosso di pesce si è ridotta addirittura del 30-40 per cento, però non hanno più problemi, come per esempio essere costretti a incassare assegni postdatati e scoperti, e così via. La vigilia di Natale di tre anni fa un commerciante mi dichiarò che per lui era veramente un giorno di festa e di improvviso benessere perché nelle festività natalizie precedenti non aveva mai dato meno di tredici quintali di spigole gratis alla camorra. Questo significa che il settore è stato reso completamente asettico e immunizzato.
Passando ai mercati che ho avuto modo di visitare per queste mie inchieste, sarebbe importante regolamentare la logistica, isolare le aree facendo entrare solo persone autorizzate, identificate e identificabili e monitorare i camion e i conducenti. C'è tutta una letteratura in proposito per chi guarda le carte giudiziarie. Tra i Casalesi e gli altri clan si arriva a coltellate, agguati, minacce con pistole, ferimenti per il monopolio dei trasporti. Secondo me, per proteggere il produttore e soprattutto ridurre il prezzo al consumo


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accorciando la filiera, bisognerebbe intervenire sui mercati, circoscrivendoli, controllandoli e soprattutto evitando che entrino persone non autorizzate.
Il fenomeno mi è sembrato di particolare gravità. Rileggendo in treno le carte che avevo abbandonato da cinque sei mesi, spuntano Gaetano Riina, il fratello del più noto boss, e la figlia, indagata e sottoposta a un procedimento giudiziario. A Marsala - se è di vostro interesse, ho ancora i documenti che acquisii - operavano i fratelli Antonio e Massimo Sfraga, arrestati dopo l'indagine della procura di Napoli. Tale procura, in collaborazione con la DIA di Roma, ha svolto un'inchiesta a tutto campo dai mercati di Gela, Vittoria, Marsala, e altri in Sicilia, fino a Fondi, il terminale di tutta questa attività. Ebbene, gli Sfraga non sono altro che personaggi riconducibili al clan di Matteo Messina Denaro.
Tutti i grandi clan, come i Provenzano o i Santapaola a Catania, nella Sicilia orientale, in qualche modo intervengono in questa spartizione proteggendo clan minori a loro riconducibili.
Il fenomeno è di grande gravità, ma sottovalutato e forse facile da arginare.

PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Corbo e do la parola ai colleghi che intendano porre domande o formulare osservazioni.

MARIO PEPE (PD). A parte la richiesta di avere, se possibile, gli articoli che lei ha scritto, se non erro, per la Repubblica, le sue indagini e le sue conclusioni mi pare che si estendano soltanto ai supermercati, in un particolare settore della filiera che è quello dell'ortofrutta. Ha detto anche di aver raccolto e interconnesso notizie, sia pure formalizzate e accreditate, che danno un orientamento di conoscenza ben evidente anche alle sue produzioni giornalistiche.
Ma de visu, cioè empiricamente, ha acquisito elementi conoscitivi da offrire agli organi giudiziari ed eventualmente a questa Commissione per una valutazione più attenta e più storicizzata?

ANTONIO CORBO, Giornalista professionista. Devo chiarire bene. Io non collaboro con l'attività giudiziaria, ma traggo spunto da quanto l'attività giudiziaria produce.
De visu, per esempio, sono stato più volte al mercato di Fondi e in uno dei pezzi che posso qui esibire è riportato il mio colloquio con un imprenditore, molto apprezzato e molto quotato. Mi informai con la polizia per sapere se era persona degna perché, da quanto emerge, a Fondi è in corso un grande scontro, ormai vinto, tra i D'Alterio, che sono campani, e Venanzio Tripodi, l'ultimo erede di un clan calabrese collegato alla mafia. A Fondi, quindi, dominano i Casalesi e c'è ancora un epigono della mafia calabrese.
Come mi è stato riferito e come ho riportato nel mio servizio sul Venerdì di la Repubblica, la crisi ha prodotto un fenomeno nuovo. Siccome i guadagni sono diminuiti e molti di coloro che comprano a 90 giorni non onorano i pagamenti, non solo le organizzazioni criminali impongono la loro presenza, ma sono diventate anche banca clandestina e su questi mercati si è innestata l'usura.
Lo stesso imprenditore - ho i virgolettati - mi diceva, come risulta anche dalle inchieste, che c'è un altro pericolo, che però non interessa l'agricoltura. I camion potrebbero essere costretti a trasportare anche armi e droga, ma questa è tutta un'altra vicenda.

GIUSEPPINA SERVODIO. Voglio ringraziare il giornalista nostro ospite e manifestare un apprezzamento per questa sua attività di indagine che si svolge in ambienti anche piuttosto difficili.
Volevo porle due domande. Il produttore va al mercato generale, si distrae e il cosiddetto grossista, che in realtà è il commissionario, vende la merce a un prezzo ovviamente non contrattato. Ma al mercato generale si recano anche altri per la singola vendita.

ANTONIO CORBO, Giornalista professionista. No, io parlo di mercati all'ingrosso, aperti ai produttori e gestiti dai


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grossisti, che arrivano con i camion e poi si spostano nei mercati minori. C'è un secondo passaggio.

GIUSEPPINA SERVODIO. C'è un secondo passaggio ai mercati minori, ai quali evidentemente non viene data tracciabilità di quello che si è comprato. Il reato o il fenomeno di illegalità continua perché i prodotti saranno collocati nei mercati dei singoli paesi o della zona e poi al singolo fruttivendolo, al singolo ristoratore, al singolo albergo.
Da questo punto di vista, c'è un primo impatto, ma si presuppone che ci siano altri atti di illegalità, in quanto l'albergatore che acquista dieci quintali di mele deve avere una ricevuta. Il fenomeno è, quindi, molto più allargato.
Mi fa piacere il suo ottimismo quando dice che il problema è facile da arginare e la ringrazio personalmente per aver tentato non solo di osservare il fenomeno, ma anche di capire come arginarlo. Lei diceva giustamente che si deve operare sulla logistica e sulle modalità di trasporto. Tuttavia, se il fenomeno non finisce lì, ma continua, dobbiamo trovare modalità per arginarlo anche nelle fasi successive. Secondo me, è importante la tracciabilità del prodotto e del passaggio di mano da un soggetto all'altro che se non documentato è illegale.

GIOVANNI DIMA. Ho ascoltato il giornalista che cortesemente quest'oggi è con noi e mi sono posto una serie di domande, soprattutto in funzione del concetto di isolamento fisico e logistico del luogo dove avviene la compravendita dei prodotti ortofrutticoli o, come nel caso specifico che portava ad esempio, del mercato ittico di Pozzuoli.
Mi vengono subito in mente due osservazioni. C'è una sostanziale differenza fra un mercato ittico e un mercato ortofrutticolo, quanto meno per una ragione molto semplice. Il mercato ittico, per l'esperienza che ho acquisito, ha luogo solitamente in una determinata fascia della giornata, quando viene conferito il pescato e si effettua la compravendita, nella logica naturale dei processi, tra grossista, venditore al dettaglio, eccetera. Il mercato ittico è più facilmente controllabile rispetto a un grande mercato ortofrutticolo.
In Italia ormai i mercati ortofrutticoli sono pochissimi. Al centro c'è Fondi, non solo per le sue dimensioni, ma anche perché spesso da Fondi è arrivata una serie di segnali negativi. Immaginare un controllo così radicale di un mercato ortofrutticolo come quello di Fondi, che ventiquattr'ore su ventiquattro è interessato da una certa movimentazione di prodotti provenienti spesso da tutto il mondo, non è cosa facile. Addirittura, per immaginare la tracciabilità del percorso del denaro dovremmo imporre il pagamento con assegno, bonifico bancario o carte di credito e non in contanti. La vicenda diventerebbe ancora più complessa.
Piuttosto, sarei curioso di conoscere, visto che ha avuto modo di verificare anche altrove, la sua opinione sul sistema molto sperimentato del conferimento, soprattutto dei prodotti ortofrutticoli freschi che vanno consumati immediatamente, tra l'intermediario che sta sul territorio di produzione e la grande distribuzione. Il mercato ortofrutticolo, per questo tipo di tipologie di conferimento, è scomparso.
In questa filiera, la grande distribuzione, come la Carrefour o le cooperative, e altre grandi concentrazioni di vendita al dettaglio, trovano immediatezza di conferimento di prodotto perché vanno direttamente sul luogo di produzione. La partita è molto complessa e molto articolata, ma su questo versante lei ha avuto modo di verificare, per esempio, se anche in quest'ultimo caso c'è la mano dalla malavita e della criminalità organizzata?

ANTONIO CORBO, Giornalista professionista. Rispondendo all'onorevole Servodio, la filiera è molto lunga. C'è una zona coperta che è il primo tratto, dove si incontrano il contadino siciliano e il commissionario. Questi sono mercati dove si vende «a camionate», con i bancali, non al chilo o a quintali. È il punto critico della filiera perché, probabilmente in nero, avviene il passaggio tra il contadino arrivato


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lì con il suo camion e il commissionario, da cui la merce viene scaricata (anche sui facchini c'è tutta una letteratura), e addirittura la vendita avviene all'insaputa del produttore.
Dal commissionario e dal grossista comincia un tratto invece scoperto, che può sembrare alla luce del sole, dove si inizia ad avere una certa tracciabilità.

GIOVANNI DIMA. Quando lei parla di grossista può trattarsi anche di una terza persona?

ANTONIO CORBO, Giornalista professionista. Può essere una terza persona o un alleato del commissionario. Se il contadino è costretto a vendere a tre, il commissionario e il suo complice o il suo pseudo-socio grossista già sono a dieci. Un'anguria venduta alla pianta a 0,10 euro, arriva nei supermercati a 1,20 euro. Ma posso anche dirvi di più.
Secondo la mia esperienza, non c'è grande differenza tra il mercato ittico e quello agricolo. C'è un'inchiesta, condotta dal dottor Cesare Sirignano, che riguarda la Paganese Srl, cioè la società egemone per i trasporti tra Sicilia, Abruzzo e Lazio, in grado di arrivare a Fondi e sistemare tutti i camion, in qualche modo riconducibile al clan Schiavone e al cugino Francesco, detto Cicciariello.
Ho pubblicato alcune intercettazioni sul Venerdì di la Repubblica della settimana di Pasqua in cui i fratelli Sfraga da Roma parlano, per esempio, con Ortosole, con un signore che si chiama Marco Tiozzo e con altri, facendo nomi e dicendo di avere appuntamento con la Sisa, con la Despar, con un certo Dibiletti (ricordo ancora il cognome) della Despar di Milano.
Questi personaggi sono stati arrestati dall'antimafia ed è stato loro rubricato anche l'articolo 7 per i contatti con organizzazioni criminali, perciò si trovano in una posizione molto grave. Li prendo ad esempio per dare un'idea del fenomeno. Parlano direttamente anche con i supermercati: c'è un'intercettazione che riguarda sempre i fratelli Sfraga - forse sono stati i più ingenui e si sono fatti scoprire - in cui dicono che a Marsala controllano l'80 per cento della produzione dei meloni gialletti che vanno nei supermercati, e in particolare di quelli dalla dimensione un po' ridotta che piace ai supermercati.
È molto significativa un'intercettazione con un grossista di Palermo. Gli Sfraga sono produttori ma hanno un giro di tali dimensioni che li porta ad avere contatti con le più grandi sigle di supermercati, come per esempio la Carrefour, la Sisa, la Despar e altri. In quell'intercettazione dimostrano di essere preminenti su quelli di Palermo, probabilmente perché il loro clan è riconducibile al clan maggiore di Matteo Messina Denaro, e dicono - in un italiano molto stentato, con il verbo essere che diventa verbo avere, e pieno di «vossia» - che, avendo l'80 per cento della produzione, non sarebbero più andati a Palermo, ma solo dove volevano loro, avrebbero fissato i prezzi e li avrebbero ridotti alla fame.
C'è uno scenario di illegalità così diffusa e così pregnante da condizionare i prezzi del supermercato. Questo è l'effetto peggiore. Quando portiamo a tavola dei prodotti, non sappiamo di aver in qualche modo alimentato la mafia, ma di quello che arriva a tavola una forte quota va all'organizzazione criminale.
Il mercato ittico all'ingrosso non è un esempio casuale. Ho passato le notti a Pozzuoli per capire cosa succedeva. Non crediate che arrivino le barche sulla spiaggiola. Al mercato di Pozzuoli arrivano camion da Orbetello, da Marsiglia, dalla Spagna. Come i camion confluiscono dalle campagne siciliane ai mercati di Gela, Vittoria, Marsala e Trapani, così confluiscono al mercato ittico. Se però questi mercati vengono non solo recintati, ma anche controllati e monitorati, certamente si impedisce l'ingresso a chi non è in regola e soprattutto si può arrivare ai terminali occulti, alle centrali che dirigono il traffico e lucrano sul traffico stesso.

PRESIDENTE. C'era una questione relativa al vino?


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ANTONIO CORBO, Giornalista professionista. In questi appunti, giusto per lasciare una traccia del lavoro che ho cominciato a fare, ho scritto di un settore che va di moda, quello del vino di pregio. È un'indagine che non ho ancora scritto.
Le mie informazioni sono relative alla sola regione Campania. È evidente che le grandi cantine fanno cartello e impongono un prezzo. Quest'anno tra i contadini ci sono stati forti malumori e tensioni perché si sono trovati di fronte a una domanda a prezzo bloccato. Più si va avanti, più il prezzo diminuisce. I grandi signori del vino, i produttori dei grandi marchi bloccano il prezzo e i contadini devono sottostare all'imposizione.
Questa annata è stata particolarmente difficile. La qualità è buona, ma a causa del caldo di questa estate la raccolta è stata del 35-40 per cento inferiore. Abbiamo avuto un'uva di buona qualità che darà grande vino, ma con una resa inferiore del 35-40 per cento. Questo ha portato a un riequilibrio del prezzo, che è salito appena del 10 per cento.
Dall'anno prossimo, quando entrerà sul mercato il vino della vendemmia 2011, probabilmente alcuni vini saranno stati prodotti con l'uso di uve che costano 25-30 euro al quintale, e non 50 quanto la Falanghina, mescolate alle uve DOC e DOCG. Per l'assenza e la latitanza dei controlli è facile andare a comprare, per esempio, in Puglia. Anche lì hanno bloccato il prezzo perché la regione è stata saccheggiata. Andavano tutti ad acquistare in Puglia per poi rivendere quei prodotti come vini di pregio.
Le barriere di protezione della denominazione DOC e DOCG vengono scavalcate. Si imbottiglia un vino che risulta in parte prodotto da vitigno autoctono, così da ottenere il nome e l'origine DOC o DOCG, ma che in realtà è fatto con vini comprati alla meno peggio in Puglia a 25-30 euro al quintale. Questa è certamente una frode perché si vende un vino che dovrebbe essere protetto da un marchio e non lo è più. Il vino è di qualità evidentemente scadente e inoltre si determina un'alterazione del mercato perché il produttore onesto è penalizzato rispetto all'imprenditore più disinvolto.

GIOVANNI DIMA. Qui la criminalità non c'entra.

ANTONIO CORBO, Giornalista professionista. No, non c'entra. Ma se posso, vorrei dire una cosa che non è documentabile, ma a cui si arriva per induzione. Ho anche scritto alcuni articoli e sono stato invitato a convegni su questo argomento.
C'è una considerazione molto suggestiva. Il buon vino in Campania emerge e si afferma nei territori non controllati dalla mafia. È così in tutte le storie delle piccole cantine che stanno proliferando. Vi faccio un esempio di cui ho scritto su la Repubblica, il caso di Molettieri. Questa cantina ha ottenuto un punteggio di 19,5 per il suo «Taurasi riserva vigna cinque querce», esattamente come Mastroberardino, che è un'azienda storica e famosissima, il pioniere del grande vino meridionale nel mondo.
Molettieri mi racconta di essere stato conferitore di Mastroberardino. Ogni anno Mastroberardino tirava sul prezzo e voleva dargli sempre meno. Un giorno, disperato, Molettieri parla con la moglie e decide di non dare più vino a Mastroberardino, ma di produrlo in casa propria. Elimina la stalla, dove c'era il latte spunta il vino e dove c'erano le mucche arrivano le botti. Il primo dei figli studia per diventare enotecnico all'Istituto agrario di Avellino, che è molto importante, e nel giro di pochi anni Molettieri raggiunge il suo ex acquirente Mastroberardino al vertice della qualità.
Questo è possibile laddove il mercato è libero. Nel Nolano di quaranta anni fa - il presidente non me ne vorrà - non sarebbe accaduto perché ci sarebbe stato una mediatore-boss pronto a intervenire e a imporre di continuare a vendere alla grande cantina a quel prezzo. Dove il mercato è libero per i piccoli produttori di uva, vessati dai grandi produttori di vino, è stato possibile mettersi in proprio. A Benevento, ma soprattutto in Irpinia pian


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piano è sorta una miriade di cantine che producono vino di grandissima qualità, apprezzato all'estero.
Se si disegna la mappa della Campania, tutti i posti dove si produce grande vino sono territori non controllati dalla camorra.

MARIO PEPE (PD). Se lei va a Torrecuso troverà tante cantine che si sono messe in proprio.

ANTONIO CORBO, Giornalista professionista. A Torrecuso ci sono sessanta cantine. Le conosco una per una.

PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Corbo non soltanto per la qualità delle sollecitazioni che ha saputo offrire a questa Commissione, ma anche per la passione che abbiamo potuto registrare in questo incontro, e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,20.

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