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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione XIII
6.
Giovedì 26 marzo 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Russo Paolo, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SUL FENOMENO DEI DANNI CAUSATI DALLA FAUNA SELVATICA ALLE PRODUZIONI AGRICOLE E ZOOTECNICHE

Audizione del sindaco di Semproniano (Grosseto) e dei rappresentanti dei rappresentanti del Gruppo di interesse economico (GIE) pastorizia di Grosseto, della CIA di Grosseto e della Coldiretti di Grosseto:

Russo Paolo, Presidente ... 3 10
Bellini Gianni, Sindaco di Semproniano ... 3
Innocenti Giancarlo, Presidente della CIA di Grosseto ... 5
La Greca Alfonso Maria, Rappresentante del Gruppo di interesse economico (GIE) pastorizia di Grosseto ... 8
Marretti Lucio, Assessore del comune di Semproniano ... 7
Ottaviani Massimiliano, Presidente del Gruppo di interesse economico (GIE) pastorizia di Grosseto ... 7
Rabazzi Enrico, Vicepresidente della CIA di Grosseto ... 9
Romualdi Roberto, Rappresentante della Coldiretti di Grosseto ... 6
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.

COMMISSIONE XIII
AGRICOLTURA

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di giovedì 26 marzo 2009


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PAOLO RUSSO

La seduta comincia alle 14.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del sindaco di Semproniano (Grosseto) e dei rappresentanti del Gruppo di interesse economico (GIE) pastorizia di Grosseto, della CIA di Grosseto e della Coldiretti di Grosseto.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul fenomeno dei danni causati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole e zootecniche, che la Commissione ha deliberato nella seduta del 20 gennaio 2009, l'audizione del sindaco di Semproniano (Grosseto) e dei rappresentanti del Gruppo di interesse economico (GIE) pastorizia di Grosseto, della CIA e della Coldiretti di Grosseto.
Sono presenti, per il comune di Semproniano, il sindaco Gianni Bellini, gli assessori Monica Toninelli e Lucio Marretti, i consiglieri Rino Caesi e Danilo Zammarchi; per la CIA di Grosseto il presidente Giancarlo Innocenti e il vicepresidente Enrico Rabazzi; per la Coldiretti di Grosseto gli imprenditori agricoli Gabriele Garosi, Roberto Romualdi, Alvaro Marzocchi ed Elisa Bindi; per il Gruppo di interesse economico (GIE) pastorizia il presidente, Massimiliano Ottaviani, e un rappresentante del gruppo GIE, Alfonso Maria La Greca.
Do la parola agli auditi con riserva per me e per i colleghi di rivolgere loro, al termine degli interventi, alcune domande e formulare talune osservazioni.

GIANNI BELLINI, Sindaco del comune di Semproniano. Buonasera, innanzitutto grazie per averci ricevuto.
Oggi sono presenti a questa audizione persone più autorevoli di me per parlare del danno arrecato ai nostri coltivatori da questi attacchi, in un terreno di montagna che purtroppo la gente, sempre più scoraggiata, tende ad abbandonare. Al contrario, forse oggi ci sarebbe bisogno che le persone invece di rivolgersi agli uffici di collocamento restassero a guadagnarsi uno stipendio in campagna, come è successo finora.
Già da quattro anni lavoro a questa operazione in veste di sindaco, mentre prima lo facevo in quanto direttamente interessato al mondo agricolo. Studiando questo sistema mi sono accorto di situazioni che, purtroppo, sono diventate gravi, come ho indicato nella relazione che vi ho consegnato e che non leggo perché preferisco andare a braccio. Da sindaco mi sono reso conto - essendo anche membro di diritto della Conferenza dei sindaci della Comunità montana Amiata - di quello che viene fatto ma, soprattutto, di ciò che non viene fatto. Abbiamo condotto degli studi per conoscere l'entità dei danni provocati dai lupi ma soprattutto da tutti quegli animali ibridi che girano nei nostri territori, i quali sono canidi ugualmente


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pericolosi dal momento che producono gli stessi danni dei lupi.
Sono stati svolti degli studi in collaborazione con la regione che hanno portato ad individuare qual è il transito reale del lupo e soprattutto degli altri animali, con fenomeni di randagismo. Nel comune che rappresento, a fronte dei 300 capi abbattuti di cui si era appreso in piazza, solo un coltivatore ha sporto denuncia per una pecora abbattuta.
Non posso chiedere alle istituzioni più alte in grado di me di rimborsare questi coltivatori. La mia indagine era partita per capire come mai i coltivatori non denunciavano l'abbattimento di queste greggi. Ebbene, abbiamo compreso che essi non procedono alla denuncia perché una volta denunciato il danno, dopo la visita della Asl e l'accertamento del decesso dell'ovino, devono provvedere a smaltire, tramite un inceneritore, le carcasse con notevoli costi.
Quindi i coltivatori dopo aver speso, per qualche anno, dei soldi per l'incenerimento senza vedersi corrispondere un indennizzo per il danno subito preferiscono dichiarare che quei capi di bestiame sono andati perduti, mentre invece li fanno sparire in qualche modo. Io stesso, per il mio lavoro, a volte mi trovo a percorrere dei fossi o dei torrenti dove si vedono le carcasse di questi animali, pecore o altri animali.
Purtroppo, questo è l'elemento peggiore perché al danno per i coltivatori, che è notevole, si va ad aggiungere l'altrettanto notevole danno ambientale.
Ho esposto questa situazione anche al Ministero dell'ambiente, perché ritengo che sia giusto arrivare a una soluzione e fare chiarezza. In seguito, esporrò anche il mio progetto e lo studio per poter far fronte a questo problema. Per quanto riguarda i danni indotti e il danno reale, preferisco che siano le associazioni di categoria, ossia coloro che tutelano i cittadini, a parlarne.
Il comune di Semproniano si estende su un territorio di 8.900 ettari ed è prevalentemente montano con un 50 per cento seminativo e un 50 per cento boschivo alborato. Sono presenti anche allevamenti bovini, ma la pastorizia risulta essere prevalente.
In questo momento per i coltivatori, oltre al problema del randagismo e dei canidi che provocano danni, si pone anche il problema dei cinghiali. La questione dei cinghiali rappresenta anch'essa un problema a livello ambientale proprio a causa dello smaltimento delle carcasse abbattute.
Infatti, secondo un conteggio effettuato, quest'anno nel comune di Semproniano sono stati abbattuti quasi 700 cinghiali regolari, ossia denunciati regolarmente. Quindi, potete ben immaginare cosa accade in questo territorio.
Inoltre, ho effettuato un conteggio con le associazioni di cacciatori - che sono tre squadre e mezza, perché una si divide con un altro comune - e ho chiesto loro in che modo venivano smaltite le carcasse, ossia la pelle, la testa e i rifiuti di questi animali. Ebbene, nessuno mi ha saputo rispondere. Soltanto una grande azienda faunistico-venatoria possiede un cimitero aziendale dove deposita le carcasse, mentre tutto il resto va a finire in campagna.
Personalmente, ho lavorato quasi due anni su questo tema ed ho individuato una soluzione che sottoporrò sia al Ministero delle politiche agricole sia al Ministero dell'ambiente. La mia proposta è di realizzare un cimitero aziendale comunale - visto che ormai sono otto anni che abbiamo i cimiteri aziendali - dal momento che un singolo coltivatore che possiede 30 ovini non può di certo realizzare un cimitero aziendale previa valutazione geologica, anche perché in tal modo si finirebbe per riempire il territorio di questi mini cimiteri che andrebbero a inficiare le falde. Quindi, io vorrei arrivare a realizzare un cimitero comunale dove smaltire le carcasse, previa una relazione geologica, in un sito che non determini inquinamento delle falde acquifere e dove sia i cacciatori sia i coltivatori possano provvedere allo smaltimento pagando una piccola somma. Tale cifra deve aggirarsi intorno ai 20 euro e non di più perché altrimenti la gente, se spende più di 20 euro, preferisce gettare l'animale in un


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fosso, in un corso d'acqua o dove capita, ossia nel punto più invisibile possibile.
Ho iniziato uno studio insieme al WWF e il dottor Massimiliano Rocco mi ha dato una mano, perché a Semproniano abbiamo un grande centro di recupero animali gestito dal CRASE. Quindi, abbiamo provato a disegnare - anche se il disegno non è ancora effettivo - un cimitero comunale in un punto dove sorge già un cimitero aziendale. Inoltre, bisognerebbe acquistare un mezzo perché ci siamo resi conto che i coltivatori, una volta ottenuto il certificato dalla ASL, hanno bisogno di un mezzo adeguato per trasportare il capo abbattuto dall'azienda al cimitero, e nessuno può permettersi un mezzo che sia adeguatamente lavabile e così via.
Inoltre, secondo il mio progetto dopo aver realizzato questo cimitero, recintato e con un deposito di materiali - quella che oggi la legge ci consente di usare, la calce idrata, per evitare problemi - bisognerebbe dotarsi di un mezzo di trasporto e di un dipendente (che non sia stipendiato solo per quel lavoro) che passi nei comuni danneggiati e ritiri gli animali abbattuti, i quali sono stati sottoposti ad accertamento medico da parte dell'ASL, per cui si esclude la blue tongue ed eventualmente anche la BSE sui bovini. In seguito, le carcasse verrebbero depositate e, dopo averle coperte, si procederebbe alla registrazione e al rilascio presso il comune di un certificato di abbattimento. A mio avviso, in tal modo riusciremmo ad avere un censimento chiaro dei decessi e poi, successivamente, si potrebbe realizzare uno studio che accerti chi è stato l'aguzzino di queste vittime. In questo modo, potremmo iniziare a fare i conti e potremmo fare anche chiarezza su tali vicende.
Oggi si litiga, secondo me inopportunamente, per individuare chi ha causato il danno: se il cane o il lupo. Non voglio discutere di questo, ma solo mettere i coltivatori in condizione di capire chi ha causato il danno e aiutarli a cambiare questa situazione.
Dunque, questa è la mia richiesta. Per gli altri aspetti, vorrei che a parlare fossero le associazioni di categoria, che hanno a disposizione dati più completi. Vi ringrazio.

GIANCARLO INNOCENTI, Presidente della CIA di Grosseto. Onorevole presidente, onorevoli membri della Commissione, vi ringrazio dell'opportunità che ci è data di descrivere, in sede parlamentare, la difficile situazione che si è determinata nella provincia di Grosseto. Devo dire che questa situazione sussiste da tempo, dal momento che sono ormai più di 10 anni che stiamo affrontando questa problematica.
Una stima dei danni reali è molto superiore a quella rappresentata dalle cifre ufficiali. In ogni caso, siamo nell'ordine di oltre 5 milioni di euro tra danni provocati e parzialmente riconosciuti e una serie di danni indiretti che purtroppo non sono stati riconosciuti, ma che gli allevatori sono stati costretti a subire.
Superate le fasi iniziali in cui, ovviamente, c'è stata una discussione sulla natura dei predatori, la presenza del lupo è ormai accertata. Come organizzazione, devo dire che la presenza che si registra è sicuramente superiore a quella che il territorio può ragionevolmente sopportare. Oggi, l'attività economica viene messa fortemente in discussione. Dunque, come organizzazione abbiamo ritenuto, anche attraverso l'azione che abbiamo intrapreso, di dover passare dalle analisi alle proposte, ed è questo che vorrei fare.
Innanzitutto, dobbiamo superare l'inadeguatezza delle coperture assicurative perché ci sono le franchigie, dunque non sono riconosciuti i danni indiretti poiché l'assicurazione riconosce solo il danno certificato dal veterinario. Gli animali dispersi, le perdite di latte, gli aborti indotti dallo stato di panico delle greggi attaccate da predatori non vengono riconosciuti. Inoltre, occorre considerare il problema dello smaltimento delle carcasse, di cui parlava poc'anzi il sindaco di Semproniano.
Pertanto, l'adozione di misure di contenimento del predatore ci pare ormai una decisione non più rinviabile. Per il ruolo


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che ricopriamo come organizzazione osiamo proporre una provocazione che, però, vorrei fosse raccolta nel modo giusto. Noi stiamo predisponendo la «Carta della pecora», ovvero vogliamo mettere sotto tutela questo tipo di animale perché si sta registrando uno spopolamento di ovini e un abbandono dei territori, e ciò costituisce sicuramente una perdita importante per il territorio che rappresentiamo.
Faciliterò il vostro compito consegnandovi un dossier che abbiamo predisposto e che, magari, può essere messo a disposizione degli onorevoli parlamentari. Dunque, l'attenzione che chiediamo è, appunto, quella di avere delle norme che siano adeguate alla realtà che stiamo vivendo. In caso contrario, la distanza dei tempi tra la situazione reale e quanto le normative consentono continuerà a determinare una perdita economica che non possiamo permetterci e che, come organizzazione, non smetteremo di denunciare.
Vi ringrazio per l'attenzione.

ROBERTO ROMUALDI, Rappresentante della Coldiretti di Grosseto. Buonasera, presidente e onorevoli commissari. Nell'ultimo mese, noi abbiamo svolto una relazione proprio per renderci conto della situazione che si sta verificando e che, come ha precisato anche il dottor Innocenti, perdura da circa dodici anni. Per dodici anni sono state dette tante parole e si sono tenuti numerosi incontri, ma poi nulla è stato fatto.
Il nulla di fatto si può riscontrare anche in regione Toscana dove abbiamo una causa pilota già dal 2000, con 4,5 milioni di euro come richiesta di danni indotti che, però, non sono stati ancora indennizzati.
Noi come organizzazione e come comprensorio dei pastori dell'Amiata abbiamo predisposto una relazione sulle aggressioni dei canidi. In questa relazione non abbiamo inserito il discorso del lupo, altrimenti emergerebbe un grande contrasto con l'opinione pubblica e con una parte politica che tutti ben conosciamo. Secondo la nostra relazione, negli ultimi cinque anni sono state chiuse circa 180 aziende nel comprensorio amiatino, con 4.500 capi dismessi. Dunque, ci troviamo di fronte ad una situazione in cui una parte della popolazione ha smesso di lavorare, ovvero ha praticamente concluso l'attività pastorizia determinando anche uno spopolamento delle zone. Se non vogliamo che ciò accada, dobbiamo farci carico di tale questione e iniziare a pensare ad una rivalutazione di queste zone.
Altro elemento importante è stato lo studio condotto dalle comunità montane del comprensorio amiatino sull'incidenza dei lupi o canidi - che dir si voglia - dal 2000 al 2004. Poi lascerò agli atti la relazione che - credo - abbiamo presentato precedentemente. In questa relazione si può leggere che la presenza nella zona di questi animali è alta, e ciò ha comportato un aggravio per le aziende agricole che poi la situazione economica attuale ha contribuito a peggiorare.
Noi, come comprensorio amiatino e come Coldiretti, chiediamo che si inizi a fare un controllo più razionale di queste specie, in qualunque modo si voglia chiamarli; qualsiasi nome va bene, ma l'importante è iniziare a controllarli. Tuttavia, tale controllo non deve essere svolto come in passato, ovvero con i famosi studi finalizzati a capire la fattibilità di interventi oppure a verificare quanti animali ci sono. Infatti, se continuiamo a condurre studi per capire quanti siamo in questa stanza e lo studio dura due anni, certo l'indagine viene realizzata ma le pecore finiscono. Quindi, si può fare anche la «Carta della pecora» o quella del lupo e altre cento carte, e ancora cento incontri ma intanto le aziende chiudono; e quando sono chiuse, non è facile come riaprire una scatola di scarpe perché ci vogliono centinaia di migliaia di euro. Ebbene, oggi non è possibile farlo, in passato, forse, era molto più semplice ma oggi non è più possibile.
Dunque, noi chiediamo con forza un controllo maggiore su queste entità anche perché le aziende, specialmente nella nostra zona, hanno aderito per il 50-60 per cento ai progetti agriqualità o biologico. A


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questo proposito, le commissioni che vengono ad effettuare i sopralluoghi nelle aziende dicono che gli animali devono stare al pascolo.
Ebbene, come fanno gli animali a stare al pascolo se ci sono altri animali che non gli permettono di farlo? Infatti, se lascio le pecore fuori la notte, la mattina non le ritrovo. Quindi, possiamo fare tutte le considerazioni del caso, ma la situazione è questa: se non si rispetta il disciplinare, non viene rilasciata la certificazione e si va incontro ad un deprezzamento del prodotto che quindi non può essere venduto ad un prezzo adeguato.
Il risultato di tutto questo è una grave perdita economica per le aziende agricole.

LUCIO MARRETTI, Assessore del comune di Semproniano. Buonasera, presidente e onorevoli commissari. Conosco bene i temi di cui si è parlato finora perché mi occupo di agricoltura e devo dire che questa situazione mi lascia molto perplesso e mi preoccupa.
La mia preoccupazione è rivolta sia agli agricoltori sia agli allevatori perché in un territorio montano, dove la manodopera e i posti di lavoro sono limitatissimi, se si spopolano le campagne si perde anche su un altro terreno, ovvero quello del turismo in agricoltura. Per chi viene da Roma o Milano andare in un'azienda che è semplicemente un albergo o un affittacamere ha poco significato, quindi magari si preferisce andare sulla costa o da qualche altra parte. Al contrario, la possibilità di andare in un'azienda dove si può vedere il bestiame e acquistare i prodotti nella cosiddetta «filiera corta» sicuramente aggiunge a questa attività un valore, che non è da sottovalutare.
Per questo motivo, chiedo a voi tutti di occuparvi di questo problema. Come è stato detto da chi mi ha preceduto, noi abbiamo già condotto tutti gli studi possibili ma quello che conta, a questo punto, è avere dei risultati. Abbiamo sviscerato il problema ma i risultati non si sono visti, anzi, si è arrivati ad un peggioramento della situazione. Probabilmente, tutto quello che andremo a fare sul territorio qualche effetto lo produrrà, però sicuramente occorre un interessamento da parte degli organismi che sono più in alto del comune, della provincia e, forse, anche più in alto della regione.
Bisogna intervenire anche per riqualificare una zona che è bellissima, e non perché ci abitiamo noi. Si tratta di una zona molto particolare della Maremma dove ci sono terme, bellezze naturali, bellezze storiche e un'agricoltura che, fino a qualche anno fa, dava dei redditi importanti e che, soprattutto, occupava molte persone.
Dunque, chiedo a questa Commissione di interessarsi di questa situazione perché altrimenti ci troveremo davvero di fronte ad un vero disastro ambientale, oltre che economico. Oggi, questi terreni declivi vengono abbandonati e non si provvede più a curarli, si riempiono di sterpaglie con un conseguente aumento di ungulati che in questo habitat si riproducono in maniera esorbitante: è il loro habitat ed è difficile stanarli. Chiedo, pertanto, un interessamento e ringrazio tutti.

MASSIMILIANO OTTAVIANI, Presidente del Gruppo di interesse economico (GIE) pastorizia di Grosseto. La domanda che vorrei porre, e che mi è stata posta da altri allevatori, è se si vogliono tenere i lupi - parlo proprio di lupi, perché veniamo da un'esperienza che dura dal 1998 e dopo anni di fatiche si è accertato che sono i lupi a produrre quei danni insieme a qualche altro animale - oppure i pastori. Bisogna partire dal presupposto che lupi e pastori non possono convivere.
I dati che riportava il rappresentante della Coldiretti sono corretti: molta gente ha smesso di lavorare. Tuttavia, in questo momento, secondo me ci sono le condizioni politiche perché si possano prendere dei provvedimenti che sono già stati presi in altri Paesi vicini a noi. Infatti, io noto che in altri Paesi i contenimenti a tutela dei pastori vengono realizzati.
Oggi, non mi sembra che in questo Parlamento siano presenti le forze politiche che venivano pocanzi citate e, oltretutto, c'è una certa apertura da parte della


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regione che pubblicamente ha parlato di lupi, e ciò non si era mai verificato in precedenza.
Per avere dati certi, riferendoci al discorso che faceva il sindaco, secondo me occorre che le istituzioni si facciano carico dell'onere dello smaltimento delle carcasse. Io non cercherei né cimiteri né altro perché si sa che poi, a lungo andare, queste iniziative vanno a finire: si sa che le direttive in questa materia non vanno in questa direzione. Quindi, siccome il lupo - o il cane che sia - appartiene alla fauna selvatica che è patrimonio dello Stato, è lo Stato che deve indennizzare i danni provocati da questi animali. Faccio un esempio semplice: se le mie pecore vanno nell'orto di qualcun altro, io devo pagare il danno che hanno arrecato.
Dunque, siccome credo che non ci siano cittadini di serie B e di serie A, noi siamo degli imprenditori, facciamo il nostro lavoro e vogliamo vedere riconosciuti i nostri diritti. Del resto, anche fare un'assicurazione è impensabile perché a ben guardare le leggi chiedono dei requisiti che per la popolazione del monte Amiata sono impossibili da soddisfare. Ad esempio, per quanto riguarda le recinzioni il problema non è farle ma mantenerle perché occorrerebbero delle persone che le controllino continuamente. Quindi, sono davvero ingestibili.
Qui si tratta solo di prendere una decisione politica e dire se si vuole che in Maremma la pastorizia continui. Se c'è questa volontà, allora bisogna, purtroppo, adottare i sistemi utilizzati dagli altri Paesi, perché questa specie non è più in via di estinzione, dal momento che è stata ripopolata - sembra - con il progetto «San Francesco».
Ci sono dei comuni che prendono i soldi della «carta del lupo» e io, come pastore, cosa devo fare? Subisco dei danni e mi devo autofinanziare per smaltire le carcasse oppure per fare l'assicurazione per recuperare il danno ricevuto. A mio parere, questo è inaccettabile. Personalmente, insieme ai pastori che rappresento, l'unica soluzione che intravediamo è la seguente: le istituzioni dicano se vogliono che i pastori rimangano in quei territori, e se lo vogliono allora debbono adottare i contenimenti e risarcire quando gli animali procurano danni. In caso contrario, fra due anni questo problema si risolverà da solo dato che i pastori non esisteranno più. Come è stato detto prima 180 aziende hanno già chiuso, ne restano altre 180 e poi saranno finite.

ALFONSO MARIA LA GRECA, Rappresentante del Gruppo di interesse economico (GIE) pastorizia di Grosseto. Buonasera, presidente e onorevoli commissari. Io mi riallaccio a quanto ha detto Massimiliano Ottaviani. La provincia di Grosseto ha la metà del patrimonio zootecnico di tutta la regione. L'allevamento ovino è molto diffuso ed è costituito da piccoli e grandi allevatori, trai i quali alcuni possiedono anche mille pecore mentre gli altri (ex mezzadri, ex contadini e coltivatori diretti) dispongono di piccoli greggi, anche per integrare le modeste pensioni che percepiscono.
La mia posizione su questo argomento è radicale: il lupo non può coesistere con la pecora, come già è stato accennato. Dunque, vorrei richiamarmi alla Costituzione che all'articolo 1 recita: «L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro». Ancora, all'articolo 4 si legge: «La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto», mentre all'articolo 35 leggiamo: «La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni». Ebbene, l'allevatore esplica un lavoro molto importante anche per la produzione del latte - pensiamo ai caseifici - senza dimenticare la funzione ecologica delle pecore. Cosa sarebbe l'alta collina della Maremma se sparissero le pecore? Tutto diventerebbe un gran cespuglio.
Otto anni fa sono venuto qui insieme alle associazioni quando era presidente di questa Commissione della Camera l'onorevole De Ghislanzoni. È passato del tempo e la situazione è cambiata. Purtroppo, il problema è sempre lo stesso - se ne parla, ma è quasi diventato come


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una telenovela - solo che allora era previsto un risarcimento per i danni provocati dal lupo, mentre adesso non è più così e gli allevatori che subiscono i danni devono anche sobbarcarsi le spese per lo smaltimento delle carcasse. Per questo, come è stato accennato prima, le pecore vengono abbandonate.
Dunque, gli allevatori chiedono interventi di contenimento di questo predatore. Del resto, già il decreto del Presidente della Repubblica n. 357 dell'8 settembre del 1977 afferma il principio che si può attuare il contenimento del lupo quando questo reca dei danni in località ad alta densità zootecnica. Quindi, noi allevatori chiediamo il contenimento di questo predatore che ora è diffuso in tutta la provincia di Grosseto. Ciò deve essere realizzato nel rispetto del diritto fondamentale al lavoro sancito dalla Costituzione in tre articoli. In fondo, il lupo a che cosa serve? Semmai, ad ammazzare un po' di cinghiali, ma non ha nessuna funzione rispetto al lavoro e alla produzione.
Ci sarebbe tanto di cui parlare ma, a mio avviso, sono questi i problemi più importanti. Infine, cito una frase pronunciata durante un convengo da un sindacalista della CIA, che mi è rimasta impressa: «Il lupo offende la dignità dell'uomo».

ENRICO RABAZZI, Vicepresidente della CIA di Grosseto. Visto che non ci sono altri interventi, chiederei di dire solo poche battute.
Come diceva prima di me il marchese La Greca, nel 2001 si è tenuta un'audizione presso questa Commissione delle organizzazioni della provincia di Grosseto, che sollevavano questo problema solo per tale provincia.
Oggi, il problema non è più né della provincia di Grosseto né della Toscana, ma va ben oltre questi territori. Come rappresentante anche in alcuni gruppi di lavoro nazionali, so che questo problema viene sollevato dall'Appennino in genere, quindi dall'Appennino tosco-emiliano, ma in ogni caso si parte dalla Sila per arrivare sicuramente fino alla Francia. Oltre che in questi territori, il lupo si è spostato dagli Appennini verso il mare - forse perché le coste sono belle - ed è arrivato nei parchi, quelli della Maremma ma anche altri. Quindi, diciamo che la provincia che noi rappresentiamo è totalmente investita da questo fenomeno.
Nel 2001, quando siamo venuti qui con la documentazione, si parlava di trecento lupi come obiettivo da raggiungere, in termini di densità, per mantenere questa specie. Ebbene, si è andati molto al di là rispetto a questo obiettivo dal momento che trecento lupi si contano sicuramente per ciascuna provincia. Come associazione non siamo assolutamente intenzionati, come diceva il mio collega, a sollevare le ire di animalisti e ambientalisti - purché non siano fondamentalisti - però una cosa va detta, ovvero che siamo al di sopra della soglia del rischio di estinzione. Quindi, noi chiediamo il contenimento, la cattura di questi animali; non vogliamo che si pensi di risolvere il problema del lupo solo con il risarcimento dei danni.
In questo ambito esistono normative europee e nazionali, tra cui la Convenzione di Berna che dà al Paese la possibilità di rendere il lupo specie totalmente protetta oppure parzialmente protetta, questo perché si possa intervenire nei casi in cui produca danni eccessivi o si accerti una competizione non regolare. Io non voglio usare la parola abbattimento, uso la parola contenimento, però è il momento di intervenire.
Questo è ciò che mi aspetto da questa Commissione fin dal 2001. Come associazione, abbiamo impiegato sette-otto anni, con tutti i parlamentari dal centrodestra al centrosinistra, per far dire alle istituzioni nazionali, regionali, provinciali e comunali che si trattava di danni causati dal lupo. Infatti, non dimentichiamo che i produttori e le associazioni sono stati accusati di vaneggiamento. Basterebbe andare a vedere l'intervista del segretario di un partito che disse che parlare del lupo che attacca la pecora era solo un vaneggiamento del mondo agricolo.
Dunque, questa è storia; in seguito siamo riusciti ad ottenere il riconoscimento


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della presenza del lupo. In un opuscolo che ho qui si mostra uno studio della provincia di Arezzo (il Casentino) dove si dice che solo nella provincia di Arezzo ci sono 300-400 capi di lupo a fronte di 30 mila pecore. Ebbene, Grosseto ha 260 mila pecore più i bovini, quindi i numeri sono ben più consistenti. Io credo che gli strumenti ci siano.
Voglio far presente che ad esempio la Castiglia-León in Spagna nel novembre del 2007 ha chiesto all'Unione Europea una deroga per cacciare il lupo perché, in tutta la regione, erano stati abbattuti 2.600 capi. Ebbene, negli anni 1990 e 1991, abbiamo ottenuto la deroga nei comuni di Scansano, Rocca Albegna e qualche altro. Se non sbaglio, 2 mila capi sono stati abbattuti solo nel giro di un paio di anni, dal 1999 al 2001.
Il problema riguarda tutto l'arco appenninico. Fino al 2008-2009 con qualunque politico ne parlassimo ci veniva risposto che la sensibilità di una forza politica (i Verdi) teneva in ostaggio tutti i parlamentari. Oggi, i Verdi in Parlamento non ci sono più, quindi ora sta a ciascuna forza politica passare dalle parole ai fatti: tempi brevi per soluzioni brevi.
Mi sembra sia stata proposta una revisione della legge n.157 del 1992 dal senatore Orsi - ma non vorrei sbagliarmi - all'interno della quale c'è un piccolo accenno a questo problema che però non porta ad alcuna soluzione. Quindi, le possibilità ci sono e noi siamo dalla parte di chi tutela il lavoro e di chi, dalla sera alla mattina, si mobilita. Ci sono alcuni tra gli studiosi che sostengono che con le recinzioni si risolverebbe il problema, ma io non vorrei che finisse come la storia della marchiatura che probabilmente era stata studiata per quattro alci in Finlandia. I nostri allevamenti hanno una densità media che va da 500 capi in su. Con ciò voglio dire che mille pecore devono stare al pascolo giorno e notte e non vorrei in una provincia come quella di Grosseto, ma anche nel resto d'Italia, quelle recinzioni che hanno i famosi due metri, più il cemento e la gattaiola - come in questa foto - che a me ricordano qualcosa di sessant'anni fa che mi fa orrore.

PRESIDENTE. Ringrazierei i graditi auditi che non solo ci hanno offerto un panorama significativo, ma ci hanno fatto andare indietro nel tempo richiamando antichi adagi. Non mi sembra di scoprire straordinarie verità ricordando l'espressione che dice di «raccomandare la pecora al lupo». La Commissione si sta occupando non della parte che riguarda la revisione della legge n. 157 ma di quella che concerne i danni da fauna selvatica, quindi esattamente del profilo specifico sul quale voi oggi ci avete ulteriormente ragguagliati.
Auspico che alla fine delle audizioni, che sono ancora in corso - quella appena svolta rappresenta un tassello di questo percorso che abbiamo messo in campo - potremo formulare un'iniziativa, ovvero una proposta possibilmente condivisa, che ci consenta di dare anche delle risposte, per quanto possibile celeri, alle domande e alle esigenze che voi, così correttamente, avete rappresentato.
Ringrazio i nostri interlocutori e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 14,40.

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