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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione XIII
7.
Mercoledì 29 aprile 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Russo Paolo, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SUL FENOMENO DEI DANNI CAUSATI DALLA FAUNA SELVATICA ALLE PRODUZIONI AGRICOLE E ZOOTECNICHE

Audizione dei rappresentanti della provincia di Siena e degli ambiti territoriali di caccia ATC 17 e ATC 19 di Siena:

Russo Paolo, Presidente ... 3 4 8 10
Cenni Susanna (PD) ... 9
Galletti Claudio, Assessore all'agricoltura, caccia e pesca della provincia di Siena ... 3 4 8 9
Nola Carlo (PdL) ... 8
Sanchini Alfio, Presidente dell'ambito territoriale di caccia ATC 19 ... 6
Verdiani Emilio, Presidente dell'ambito territoriale di caccia ATC 17 ... 5

ALLEGATI:
Allegato 1):
Protocollo d'intesa tra la provincia di Siena e l'istituto nazionale per la fauna selvatica ... 13
Allegato 2): Documentazione dell'ambito territoriale di caccia ATC 17 di Siena ... 35
Allegato 3): Documentazione dell'ambito territoriale di caccia ATC 19 di Siena. ... 40
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE.

[Avanti]
COMMISSIONE XIII
AGRICOLTURA

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 29 aprile 2009


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PAOLO RUSSO

La seduta comincia alle 14,15.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione dei rappresentanti della provincia di Siena e degli ambiti territoriali di caccia ATC 17 e ATC 19 di Siena.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul fenomeno dei danni causati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole e zootecniche, deliberata dalla Commissione nella seduta del 20 gennaio 2009, l'audizione dei rappresentanti della provincia di Siena e degli ambiti territoriali di caccia ATC 17 e ATC 19 di Siena.
Sono presenti il dottor Claudio Galletti, assessore all'agricoltura, caccia e pesca della provincia di Siena; il dottor Emilio Verdiani, presidente dell'ambito territoriale di caccia ATC 17 di Siena; e il dottor Alfio Sanchini, presidente dell'ambito territoriale di caccia ATC 19 di Siena.
Do la parola agli auditi per lo svolgimento della relazione.

CLAUDIO GALLETTI, Assessore all'agricoltura, caccia e pesca della provincia di Siena. Ringrazio il presidente e rivolgo un saluto a tutta la Commissione. Sono Claudio Galletti, assessore all'agricoltura, caccia e pesca della provincia di Siena.
Io non so quanto tempo ho a disposizione per il mio intervento.

PRESIDENTE. Lei faccia conto di averne un po' meno.

CLAUDIO GALLETTI, Assessore all'agricoltura, caccia e pesca della provincia di Siena. Bene: un po' meno di quanto io possa pensare.

PRESIDENTE. Ancora meno.

CLAUDIO GALLETTI, Assessore all'agricoltura, caccia e pesca della provincia di Siena. Ancora meno: ho capito.
Secondo le indicazioni che ci avete fornito nell'invito a questa audizione, per il quale vi ringrazio, ho portato alla Commissione della documentazione che ritengo possa essere utile: si tratta, in particolare, del protocollo d'intesa che noi abbiamo sottoscritto con l'Istituto nazionale per la fauna selvatica (INFS) oggi Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA). Attraverso questo protocollo, da molti anni, abbiamo concordato e regolamentato le modalità di intervento per contenere il numero degli esemplari delle varie specie di fauna selvatica impattanti per l'agricoltura e che, quindi, causano danni alle colture agricole. Mi riferisco, in particolare, al cinghiale, al capriolo, al coniglio selvatico, alla nutria, ai corvidi, alla cornacchia grigia, alla gazza, allo storno e alla tortora dal collare.


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Il suddetto protocollo di intesa ci consente di intervenire più o meno in tutto l'arco dell'anno, a seconda delle necessità e, appunto, dell'impatto che le citate specie - una volta verificate e misurate le densità delle medesime - hanno sulle colture agricole. Il protocollo di intesa regolamenta anche le modalità stesse di intervento.
Tutti gli interventi, ovviamente, si svolgono sotto il controllo della polizia provinciale o degli agenti di vigilanza volontaria e devono essere debitamente tele-prenotati attraverso un apposito numero, sempre attivo, dell'ufficio risorse faunistiche e polizia provinciale dell'amministrazione provinciale, affinché si possa sapere dove avviene ciascun intervento e a quale specie è rivolto. Come dicevo, ogni intervento deve essere debitamente autorizzato.
Vi fornisco un dato. Nel corso del 2008, in provincia di Siena, per contenere i danni da fauna selvatica, abbiamo fatto, con i metodi che vi dicevo, circa 5.000 interventi - in particolar modo, sui cinghiali - diminuendo le densità delle specie impattanti sull'agricoltura.
Da alcuni anni a questa parte, conseguentemente a una normativa regionale, noi abbiamo suddiviso il territorio tra area vocata e area non vocata. In questo senso mi sembra che la proposta di legge, non mi pare che ve ne siano altre, di cui la prima firmataria è l'onorevole Susanna Cenni, vada nella direzione giusta, laddove prevede che, per gestire bene la specie «cinghiale», bisogna suddividere il territorio, appunto, in area vocata e area non vocata.
Nell'area vocata il cinghiale - entro certe dimensioni ed entro certe densità - si può lasciar stare perché essa è un'area prevalentemente boscata e caratterizzata da una scarsa presenza di colture agricole: lì l'impatto di questo animale, da un punto di vista dei danni alle colture stesse, è molto modesto. Vi ho portato anche i dati che mostrano l'ampiezza dell'area vocata presente nel nostro territorio provinciale, pari a circa il 25 per cento della superficie agricola utile (SAU) complessiva.
Nei territori ricompresi invece nell'area non vocata, ossia quella dove il cinghiale non deve stare, si punta costantemente alla sua drastica riduzione ed eradicazione.
Attraverso il protocollo d'intesa abbiamo la possibilità di intervenire con vari metodi: con l'aspetto, anche in orario notturno (con eventuale ausilio di sorgente luminosa); con la cerca; con la braccata e con la girata con l'ausilio del cane limiere. Inoltre, per ridurre ed eradicare, nelle aree non vocate questa specie così impattante sulle colture, abbiamo la possibilità di intervenire nel corso di tutto l'anno.
Oltre al protocollo d'intesa, ho portato anche delle slide - ne ho fatto fare delle fotocopie - dove sono evidenziati i metodi che utilizziamo, così come ci avevate richiesto.
Credo che tale proposta di legge vada nella direzione giusta, sia perché prevede di suddividere le zone e i territori, tra area vocata e non vocata, sia perché esclude l'allevamento della specie cinghiale e, anzi, ne prevede, sotto il controllo di normative regionali, la drastica riduzione del numero, rimandando alle regioni la potestà di legiferare in materia.
Mi pare di poter dire, quindi, che questa sia, complessivamente, la giusta via, che - lo ripeto - in provincia di Siena abbiamo praticato ormai da diversi anni, assegnando i compiti di gestione effettiva, sotto il controllo della vigilanza, agli ambiti territoriali di caccia qui rappresentati dai presidenti dell'ATC 17, Emilio Verdiani, e dell'ATC 19, Alfio Sanchini.
Mi aveva chiesto di essere breve: posso anche fermarmi qui.

PRESIDENTE. Vorrei fare solo una domanda. Lei ci ha parlato dei cinghiali; cosa ci dice, invece, per quanto riguarda le altre specie?

CLAUDIO GALLETTI, Assessore all'agricoltura, caccia e pesca della provincia di Siena.


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Attraverso il protocollo d'intesa, noi interveniamo anche nei confronti delle altre specie.
Prevediamo la possibilità di intervenire, in certi periodi dell'anno, con delle trappole Larsen per quanto riguarda la cornacchia grigia e la gazza, e lo stiamo facendo, anche in questo caso sotto il controllo di personale debitamente autorizzato. Sappiamo, infatti, che anche queste specie sono molto impattanti, non solo per le colture, ma anche e soprattutto per la piccola avifauna, in quanto, essendo animali anche carnivori, ne rovinano le nidiate.
Nel protocollo d'intesa si prevede anche l'eradicazione della nutria. Anche in questo caso interveniamo con metodi di cattura e, in certi periodi dell'anno, anche con il fucile a canna liscia, ovviamente a munizione spezzata, e anche attraverso l'utilizzo del fucile stesso.
Per quanto riguarda la specie capriolo, la cosa è un po' più complessa perché, evidentemente, si tratta di una caccia di selezione. Anche in questo caso, però, come stiamo facendo in questi giorni, tutte le volte in cui vi sia un riscontro effettivo di danni alle colture e laddove i piani di abbattimento già predisposti siano risultati insufficienti, chiediamo all'ISPRA l'autorizzazione a intervenire.
Quindi, interveniamo in determinati periodi dell'anno, sempre previa autorizzazione del suddetto istituto. Ovviamente, tutti gli interventi devono essere fatti tramite tele-prenotazione e debitamente controllati dalla vigilanza, ossia dagli agenti di polizia provinciale.

EMILIO VERDIANI, Presidente dell'ambito territoriale di caccia ATC 17 di Siena. Buonasera a tutti, sono Emilio Verdiani, presidente dell'ambito territoriale di caccia ATC 17 di Siena.
Anch'io, in risposta al vostro invito, ho portato alcune schede con le risultanze degli interventi eseguiti, soprattutto sul cinghiale. Infatti attualmente, per quanto ci riguarda, il cinghiale è la specie selvatica che, in agricoltura, provoca i maggiori danni.
Il nostro ambito territoriale di caccia, come indicato nelle schede, ha una superficie di 120 mila ettari, di cui 63 mila vocati al cinghiale. Per vocata si intende quell'area sufficientemente boscata in modo che il cinghiale possa essere presente senza arrecare particolari danni. La superficie cacciabile per il cinghiale è, complessivamente, di 47 mila ettari.
La particolarità del nostro ambito territoriale di caccia è costituita dal fatto che la superficie boscata è intervallata da aree coltivabili dove si praticano colture di particolare pregio; mi riferisco, in particolare, alla vite e a colture specializzate di mais e girasole. Quindi, il cinghiale che sosta nelle aree boscate - quelle dove può stare - arreca danni alle colture circostanti.
La nostra principale attività e il nostro impegno maggiore, pertanto, sono rivolti al contenimento dei danni recati dalla specie cinghiale, attraverso interventi di prevenzione con recinzioni elettrificate e altri tipi di dissuasori e, soprattutto - avvalendoci delle normative provinciali, regionali e nazionali - mediante gli abbattimenti.
Tanto per dare qualche cifra, nel nostro ambito territoriale, in termini di caccia e di abbattimento, nell'anno 2008-2009 sono stati prelevati, in forma ufficiale, 7.500 cinghiali. Questo fa presupporre che, se si considerano i capi non segnalati, e quelli prelevati dal bracconaggio, potremmo arrivare tranquillamente a 10 mila cinghiali abbattuti.
Ciò significa che, stante un prelievo di 10 mila cinghiali, ne sono rimasti sicuramente altri 10 mila, il che, per un territorio come il nostro, comporta l'esposizione a un danno rilevante delle colture agricole.
Sul nostro territorio, tra l'altro, insistono diverse zone non cacciabili: mi riferisco ai demani statali e regionali, alle zone di protezione e ad altre zone come i fondi chiusi e via dicendo, dove il cinghiale non può essere cacciato in maniera sistematica, ma solo mediante l'abbattimento.


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Purtroppo, nonostante gli sforzi che, come ATC, chiediamo ai cacciatori stessi, e nonostante il supporto degli agricoltori e quello non indifferente dell'amministrazione provinciale tramite i suoi agenti di vigilanza, i risultati sono tuttavia limitati.
Vi fornisco un'altra cifra. Nell'annata venatoria 2004-2005 sono stati prelevati 4.200 cinghiali, mentre nel 2008-2009, come dicevo prima, 7.500; questo la dice lunga sulla possibilità di espansione e sulle possibilità di adattamento di questa specie selvatica.
I danni, grazie anche agli interventi di contenimento e di controllo che sono stati fatti dagli agenti, ammontano, su un bilancio complessivo di circa un milione di euro, per l'anno 2008 a 195 mila euro, contro i 290 mila dell'anno precedente.
Un'altra specie che si sta segnalando negli ultimi anni e, soprattutto, negli ultimi tempi, come specie a forte impatto per l'agricoltura è il capriolo; esso ha trovato un habitat particolarmente favorevole nel nostro territorio e si sta espandendo anche in quelle aree in cui, un tempo, sembrava che la sua presenza fosse impossibile. Oggi il capriolo sta coprendo l'intero territorio dell'ATC e quasi tutto il territorio della provincia.
Anche questo problema sta emergendo e stiamo cercando di risolverlo con interventi mirati di controllo e di abbattimento. Purtroppo, come ricordava prima l'assessore, l'efficacia degli interventi su questa specie selvatica è limitata dal tipo di attività venatoria che viene praticata. Infatti praticare la caccia di selezione vuol dire selezionare i capi da abbattere, cosa che non è sufficiente per il contenimento della specie.
Consegno alla Commissione le schede che abbiamo predisposto, tra le quali, ve ne è una in cui sono evidenziati i danni alle produzioni agricole che si sono riscontrati nell'anno 2006. Purtroppo non ho dati più recenti, ma la situazione, dal 2006 ad oggi, non è assolutamente cambiata, quanto a collocazione e distribuzione dei danni.

ALFIO SANCHINI, Presidente dell'ambito territoriale di caccia ATC 19 di Siena. Buonasera a tutti, sono Alfio Sanchini, presidente dell'ATC 19.
Per quello che riguarda l'analisi dei danni da fauna selvatica in provincia di Siena e, in modo particolare, nell'ATC 19, con riferimento alla richiesta che ci è stata sottoposta in merito alla tipologia delle culture, occorre dire che un po' tutte le colture vengono danneggiate.
Negli ultimi dieci anni si è realizzata una profonda trasformazione delle nostre campagne che, mentre in passato erano prevalentemente vocate all'agricoltura e ai pascoli, oggi stanno dando sempre più spazio alle colture di pregio, soprattutto vigneti - nella nostra realtà, in particolare, il vino nobile -, ma anche uliveti e colture estensive di mais e girasole, i cui prodotti sono appunto quelli prevalentemente danneggiati. I danni accertati, anche se di entità non eccessiva, comportano comunque costi abbastanza significativi ed importanti per gli ATC, proprio in quanto riguardanti prodotti di pregio.
La localizzazione geografica dei danni, all'interno del nostro ATC, è per il 25 per cento nelle aree limitrofe alle strutture di divieto. Tali strutture non sono gestite dagli ATC che hanno, infatti, la gestione solo del 75 per cento circa del loro territorio; il rimanente territorio, costituito da strutture private, parchi e quant'altro, non è quindi di nostra competenza.
Queste aree, nel nostro ATC, si stanno rilevando come serbatoi di fauna selvatica, soprattutto per quanto riguarda la presenza di ungulati, i quali successivamente si spostano nel territorio a caccia programmata di nostra competenza, dove avvengono prevalentemente i danni alle colture agricole.
Per quanto riguarda la quantificazione economica dei danni denunciati, accertati e indennizzati, anch'io, come il collega dell'ATC 17, vi posso lasciare la documentazione su tutto quanto sto dicendo. Si tratta di cifre complessivamente importanti, considerate le dimensioni del bilancio di un ATC - sono, infatti, pari


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a circa un quinto del nostro bilancio - che comunque rientrano in buona parte nell'ambito di compatibilità tra la presenza della fauna selvatica e le colture agricole grazie, soprattutto, all'attività svolta da parte dell'ATC per il controllo della fauna selvatica.
C'è da dire che, per quanto riguarda l'accertamento e l'indennizzo dei danni, vige in provincia di Siena - e credo che sia l'unico caso in Italia - un regolamento provinciale, concertato con tutte le componenti del mondo agricolo e ambientalista, che definisce non solo le modalità di accertamento e di indennizzo dei danni alle colture agricole, ma anche quelle di prevenzione.
L'obiettivo di questo regolamento è dare dignità all'agricoltore, cercando di permettergli di raccogliere il suo prodotto, piuttosto che di indennizzarlo; infatti l'attività svolta e gli strumenti che vengono utilizzati nell'ambito del nostro ATC, per quello che riguarda la prevenzione, si basano soprattutto su una prevenzione cosiddetta «ordinaria», per la quale vengono impiegate risorse pari a 25-30 mila euro all'anno che, soprattutto, sono utilizzate per le recinzioni elettrificate.
Queste ultime vengono messe in opera grazie al volontariato dei cacciatori, appartenenti soprattutto alla caccia organizzata (penso ai cacciatori delle squadre del cinghiale e ai cacciatori di selezione), che predispongono la messa in opera di queste recinzioni, soltanto per il periodo in cui il prodotto può essere danneggiato dalla presenza di fauna selvatica.
Abbiamo anche delle prevenzioni cosiddette «di carattere straordinario». Per esempio, al confine con il Lazio, poiché nel Lazio non c'è molta gestione, mentre da parte nostra la gestione viene fatta a tutto campo, abbiamo una barriera elettrificata di oltre 18 chilometri.
Inoltre, ci avvaliamo di un controllo numerico delle popolazioni, soprattutto di ungulati, per 365 giorni all'anno, utilizzando l'articolo 37. Esso ci consente di intervenire in tutte le realtà in cui ciò si renda necessario o dove ci siano delle presenze incompatibili con le colture agricole.
Quanto agli strumenti che utilizziamo per il controllo, soprattutto degli ungulati, fino al 2005 gli ATC godevano di piena autonomia ed potevano intervenire con le modalità che ritenevano più opportune, a seconda della localizzazione geografica della presenza di questa specie; dal 2006, invece, così come ricordava anche l'assessore, in base al protocollo di intesa con l'allora Istituto nazionale per la fauna selvatica, gli interventi sono stati regolamentati.
Ciò, nonostante sia consentito intervenire in tutti i momenti dell'anno, ha parzialmente sacrificato la gestione, perché ha inficiato l'elemento determinante della tempestività: infatti, siccome ora occorre chiedere i permessi all'ISPRA, passa del tempo prima di poter intervenire e, quindi, difficilmente riusciamo ad avere interventi veramente radicali.
Per quanto riguarda la funzionalità dell'articolo 19 della legge n. 157 del 1992, inerente gli interventi nelle aree protette con la guardia provinciale e con gli agricoltori, devo dire che nel nostro ATC ciò viene fatto, anche se riteniamo non in modo sufficiente. Nell'articolo 19 per le province autonome si prevedono anche, per esempio, forme di partecipazione diverse da quella delle guardie provinciali e degli agricoltori. Ecco, noi riteniamo che, forse, forme aggiuntive e diverse potrebbero essere opportune anche nelle nostre realtà.
Ci sono poi altre specie che vengono controllate in deroga, soprattutto quella dello storno, che da noi è una vera catastrofe. Le nostre campagne sono state colonizzate da migliaia di storni che sono diventati stanziali e rappresentano un flagello, in modo particolare, per gli uliveti e i vigneti e neanche le normative in deroga sono sufficienti per poter tenere sotto controllo questa specie altamente dannosa. Infatti, del totale dei danni all'agricoltura derivati da fauna selvatica, quasi un 20 per cento deve attribuirsi, appunto, ai danni causati dallo storno.


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PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

CARLO NOLA. Intervengo anche per soddisfare una curiosità. Stiamo svolgendo queste audizioni al fine di capire quali possano essere i metodi condivisi in grado, da una parte, di tutelare gli interessi dei nostri produttori agricoli e, d'altra parte, di consentire una gestione delle specie.
Riguardo al protocollo con l'INFS, mi ha colpito una cosa che per noi o, almeno, per me, risulta nuova: mi riferisco alla possibilità di indennizzare parzialmente gli agricoltori, corrispondendo loro il 50 per cento dei capi abbattuti per la specie dello storno.
Siccome per me è una novità, vorrei sapere se funziona e, se sì, con quali modalità operative, visto che le risorse sono sempre di meno e che tanti agricoltori sono interessati. È una cosa che non avevo mai sentito prima e, quindi, vorrei capire se può costituire uno dei tanti metodi nuovi da utilizzare, seppur parzialmente.

CLAUDIO GALLETTI, Assessore all'agricoltura, caccia e pesca della provincia di Siena. Sì, questa è una novità che è stata inserita, recentemente, nel protocollo, rinnovato poco più di un mese fa. Non l'abbiamo ancora verificata, perché, come vede, gli abbattimenti possono andare dal 15 maggio al 15 luglio e possono poi aversi nei periodi in cui le colture danneggiate da questa specie - frutteti e oliveti - sono in atto.
Per quanto riguarda la specie cinghiale, tale metodo funziona e ha funzionato, con una ragionevole soddisfazione degli agricoltori che, almeno sotto questa forma, ricevono, in certa misura, l'indennizzo del danno, che viene compensato anche con il conferimento di una parte dei cinghiali abbattuti. Gli agricoltori, tuttavia, non vogliono l'indennizzo del danno: vogliono il proprio prodotto e, quindi, noi lavoriamo molto sulla prevenzione e sui capi abbattuti.
Noi, onorevoli commissari, crediamo che l'attività venatoria abbia bisogno della gestione sul territorio, della presenza costante e di un accordo continuo tra mondo agricolo, mondo venatorio e mondo ambientalista.
È necessario, inoltre, che funzionino gli ambiti territoriali e che si operi una gestione complessiva, tenendo sotto controllo tutte le specie. Ciò va visto in un'ottica priva di approcci pregiudiziali, intervenendo con vari metodi. Per esempio, nelle aree protette e dentro le riserve naturali, noi in più parti interveniamo coi recinti di cattura. Abbiamo constatato, però, che essi in molti casi non sono sufficienti perché è vero che servono alla cattura ma, spesso, i numeri sono tali per cui ci vorrebbero anche altri tipi di intervento. Sappiamo, tuttavia, che si tratta di aree a protezione integrale e, quindi, bisogna essere molto attenti a non disturbare gli altri tipi di fauna.
Dunque, sulla specie cinghiale il metodo ha funzionato anche se, evidentemente - lo ripeto - gli agricoltori non vogliono l'indennizzo del danno. Come diceva il presidente dell'ATC, noi abbiamo questo regolamento provinciale, il quale - per quanto riguarda, per esempio, i danni alle colture cerealicole - ci impone di fare riferimento alla Camera di commercio di Bologna, che è la più vantaggiosa per l'agricoltore. Per quanto riguarda gli altri prodotti - uva, mais e via dicendo - ci riferiamo, invece, ai prezzi stabiliti dalla Camera di commercio a livello provinciale.
Mettiamo inoltre in campo anche molte forme di prevenzione, attraverso elettrificazioni, e di difesa delle colture. Ci siamo accorti che tutto questo non basta, anche perché evidentemente non c'è solo il problema del cinghiale.
Possiamo notare che, negli ultimi anni, c'è stata una stabilizzazione dei danni complessivi - debitamente riscontrati e documentati mediante sopralluoghi da parte dei tecnici incaricati - alle colture agricole che, in provincia di Siena, si aggirano intorno ai 500-600 mila euro all'anno.


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Sempre più, però, i danni sono riconducibili anche ad altre specie. Il capriolo sta diventando una specie molto impattante; lo stesso vale anche per altre specie come il fagiano, lo storno, la nutria, l'istrice, il daino e la piccola avifauna.
Il problema, quindi, è di gestione complessiva, e va visto in un'ottica e con un approccio di diversificazione degli interventi, a seconda delle varie località. Soprattutto, sono da contenere le specie che, sulla base di censimenti che noi facciamo costantemente, si dimostrano in eccesso. Occorre intervenire con i metodi più consoni; più o meno durante tutto l'anno e con personale debitamente autorizzato. Nel nostro ATC tutte le persone che fanno questi interventi hanno fatto un corso di formazione sotto il controllo della polizia provinciale o della vigilanza volontaria.

SUSANNA CENNI. Desidero intervenire, molto velocemente, anzitutto per ringraziare l'assessore Galletti e i presidenti degli ATC. Ovviamente conosco in maniera adeguata la loro realtà e i buoni risultati che la vostra gestione ha portato nei territori. Vorrei fare una sola domanda, che si collega a una delle ragioni per le quali stiamo svolgendo questo ciclo di audizioni.
Nell'ambito della vostra esperienza - che, come è stato sottolineato anche dai presidenti degli ATC, è molto concentrata sulla gestione e sulla programmazione riuscendo ad ottenere alcuni importanti risultati - quali sono, a vostro parere, in questo momento, i nodi che noi potremmo affrontare attraverso un'iniziativa legislativa e quali sono le difficoltà che state riscontrando nei confronti del sistema ad oggi esistente in materia?

CLAUDIO GALLETTI, Assessore all'agricoltura, caccia e pesca della provincia di Siena. Senza piaggeria, ho già detto nel mio intervento introduttivo che le finalità della proposta di legge dell'onorevole Cenni mi sembrano condivisibili e che, in larga misura, si incontrano con quanto noi abbiamo già fatto, andando oltre.
Per esempio, secondo il mio punto di vista, è sicuramente opportuno vietare l'allevamento della specie cinghiale. È inoltre opportuno che le regioni adottino una normativa adeguata in materia. Negli anni passati, sono andato a documentarmi al proposito ed ho appurato che in molte regioni italiane così non è stato.
Per quanto riguarda tutta una serie di norme finalizzate al contenimento dei danni e alla gestione della specie - soprattutto del cinghiale, ma anche delle altre - bisogna, quindi, che ci sia una normativa più efficace oltre che più efficiente, nonché un confronto e una concertazione maggiore per la gestione con le province e con gli ambiti territoriali di caccia.
Credo, onorevoli deputati, che ci debba essere un rapporto più stretto anche con gli enti-parco e che - posto che, soprattutto dentro le aree protette e dentro le riserve naturali e gli enti-parco, in prima battuta si debba intervenire con i metodi ecologici - una volta verificato che in alcune realtà questi non si dimostrano sufficientemente efficaci, occorra poter intervenire anche in altra maniera, cosa oggi non consentita. Infatti, salvo in casi particolari e attraverso gli agenti di polizia provinciale, non si può intervenire neanche col protocollo che vi ho illustrato.
Complessivamente, devo dire che nei confronti di tutta un'altra serie di specie - e non sul cinghiale, salvo questa difficoltà a ricorrere in molte realtà del territorio al metodo della braccata, il che molto spesso ci consegna un limite nel poter intervenire in maniera efficace - ci sono limiti derivanti dal divieto di caccia, perché si può cacciare solo in deroga.
Come ricordava prima il presidente dell'ATC 19, lo storno, che era una specie migratoria e che fino a venti o trenta anni fa giungeva dalle nostre parti solo per svernare e quindi se ne riandava, è ora diventata una specie stanziale nei nostri territori. Da un censimento sommario che abbiamo svolto, risulta che nel nostro territorio provinciale il loro numero sia di centinaia di migliaia: stanno


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diventando devastanti per la colture! C'è la necessità, quindi, di avere una normativa più efficace e più rispondente alle caratteristiche delle varie specie impattanti sull'agricoltura.

PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi per la loro efficacia e per la documentazione consegnata, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico dell'audizione odierna (vedi allegati).
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 14,50.

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