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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione XIV
6.
Giovedì 29 gennaio 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Consiglio Nunziante, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA PARTECIPAZIONE DELL'ITALIA ALLA FORMAZIONE E ALL'ATTUAZIONE DELLA NORMATIVA E DELLE POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA: ATTUAZIONE DELLA LEGGE N. 11 DEL 2005 E PROSPETTIVE DI RIFORMA

Audizione di rappresentanti dell'Unione province d'Italia (UPI):

Consiglio Nunziante, Presidente ... 3 7 8 11
Battello Mario, Direttore della sede UPI di Bruxelles ... 8 9
Mazzoli Alessandro, Presidente della provincia di Viterbo ... 3 10 11
Touadi Jean Leonard (PD) ... 7 10
Zampa Sandra (PD) ... 7 9
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.

COMMISSIONE XIV
POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA
Comitato permanente per il monitoraggio sull’attuazione delle politiche dell’UE

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di giovedì 29 gennaio 2009


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE NUNZIANTE CONSIGLIO

La seduta comincia alle 10,15.

(Il Comitato approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.

Audizione di rappresentanti dell'Unione province d'Italia (UPI).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea: attuazione della legge n. 11 del 2005 e prospettive di riforma, l'audizione di rappresentanti dell'Unione province d'Italia (UPI).
L'audizione odierna presenta una particolare importanza in quanto ci consente - dopo quelle che l'hanno preceduta - di approfondire uno dei principali filoni di analisi: l'adeguatezza dell'attuale quadro normativo rispetto all'esigenza di garantire la partecipazione degli enti locali alla formazione delle decisioni e delle politiche dell'UE.
Il rafforzamento del ruolo degli enti locali, oltre che delle regioni, ha costituito - l'ho sottolineato più volte - uno degli elementi di novità più significativi della legge Stucchi, che ha introdotto un apposito complesso di strumenti e procedure.
Vi prego pertanto di fornirci valutazioni e proposte puntuali di cui terremo sicuramente conto in vista di un'eventuale revisione della legge Stucchi.
Do la parola a Alessandro Mazzoli, presidente della provincia di Viterbo, per lo svolgimento della relazione.

ALESSANDRO MAZZOLI, Presidente della provincia di Viterbo. L'Unione delle province d'Italia guarda con interesse e partecipazione la volontà del Parlamento di verificare e monitorare l'effettivo coinvolgimento interistituzionale al processo normativo dell'Unione europea e il reale funzionamento del principio della governance multilivello sulla formazione delle principali politiche comunitarie.
La normativa e le politiche europee hanno un considerevole impatto a livello nazionale, regionale e locale. Più specificatamente, il livello locale è quello che principalmente percepisce «l'impatto» della partecipazione all'Unione europea. Ciò perché, le principali politiche comunitarie quali la strategia di Lisbona, lo spazio di libertà e sicurezza, le politiche energetiche e ambientali, le politiche per l'immigrazione, la politica agricola comune, la tutela delle regole della concorrenza insistono direttamente sul livello regionale e locale, cioè quello più prossimo al cittadino.
Pertanto, è fondamentale assicurare partecipazione e coinvolgimento reali dei livelli di governo locali nel processo nazionale di attuazione e recepimento della normativa e delle politiche europee. Questo è il solo modo per smorzare lo scetticismo oggi diffuso a livello di società civile rispetto all'Europa e infondere fiducia nell'Europa, favorendo piuttosto un


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nuovo modo di pensare l'Europa e stimolando l'interesse dei cittadini rispetto al processo di integrazione europea.
Per entrare immediatamente nella tematica oggetto dell'audizione di oggi, risulta di estrema importanza «aprire» ulteriormente il nostro ordinamento ai cambiamenti che si prospettano seguendo il modello della multilevel governance dell'insieme di elementi che compongono oggi l'assetto costituzionale europeo. Nella fase ascendente emerge un modello di sussidiarietà sia verticale, sia orizzontale, non sempre diretto ovviamente ma filtrato in base al nostro ordinamento nazionale.
Come già evidenziato nel corso di altre audizioni presso la XIV Commissione della Camera, il coinvolgimento degli enti locali fin dalla fase ascendente è essenziale, compatibilmente con l'esigenza di preservare l'efficienza e l'efficacia del ruolo regionale, in quanto la successiva attuazione in via amministrativa di numerosi atti dell'Unione europea spesso ricade su province e comuni. Occorre pertanto un diretto e efficace coinvolgimento degli enti locali nell'ambito dell'iter legislativo che porta all'approvazione della legge comunitaria regionale. Si ricorda, a questo proposito, come l'attività amministrativa di province e comuni condivida la responsabilità della conformità dell'ordinamento interno (nazionale, regionale, locale) all'ordinamento comunitario, da tenere costantemente monitorato anche in applicazione della legge n. 11 del 2005.
Dal punto di vista degli enti locali il ruolo del CIACE, così come previsto dalla legge n. 11 del 2005, è di particolare importanza. L'Italia ha fortemente bisogno di un luogo aperto e di coordinamento delle politiche comunitarie in seno al sistema di governance della Repubblica, in cui sia possibile delineare la visione d'insieme dell'uso dei fondi comunitari e quindi i risultati tangibili delle politiche di sviluppo intraprese. Il CIACE potrebbe svolgere questo ruolo. Tuttavia, siamo convinti che l'esperienza fin qui condotta dal CIACE imponga una riflessione ai diversi soggetti istituzionali coinvolti circa la sua funzionalità ed efficacia. Riteniamo infatti necessario che il CIACE preveda una presenza strutturata del sistema delle autonomie locali e delle province quali attori intermedi e determinanti per lo sviluppo e la coesione sociale delle comunità, attraverso un più forte e diretto coinvolgimento dell'UPI nella fase di preparazione dei vari dossier che riguardino materie di competenza degli enti locali.
A tal proposito - e questa è la nostra proposta -, si potrebbe prevedere la costituzione, all'interno del CIACE, di un'assemblea delle rappresentanze delle regioni e delle autonomie locali che si esprima sulle materie di loro competenza ed interesse, attraverso la formulazione di pareri obbligatori, seppur non vincolanti, sul modello del Comitato delle regioni.
Altro aspetto importante per l'UPI è quello di avere una rappresentanza stabile all'interno del comitato tecnico permanente che istruisce i dossier. Riteniamo infatti che la questione della partecipazione dei soggetti sia fondamentale. Il CIACE non può non prevedere una diretta e codificata partecipazione del sistema delle autonomie locali alle sue attività. Potremmo fare molti esempi a supporto di questa necessità: il primo tra tutti è emerso già nelle audizioni precedenti laddove veniva giustamente sottolineata la necessità dell'identificazione del CIACE quale soggetto di raccordo e monitoraggio generale per l'utilizzo dei fondi comunitari in Italia, superando ed integrando i diversi e specifici livelli tecnici di governo dei singoli programmi comunitari. Ci chiediamo come sia possibile fare questa azione senza il sistema delle autonomie locali, senza le province che sono attori di primo piano per la realizzazione di questi programmi di sviluppo e coesione sociale.
Questi aspetti relativi al funzionamento del CIACE e allo sviluppo della normativa italiana sul processo di partecipazione alla formazione del diritto comunitario invitano anche a riflettere su un altro punto fondamentale di snodo particolarmente importante soprattutto per l'Italia: il programma della Commissione per «Legiferare meglio nell'Unione europea».


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La Commissione definisce nello specifico una «responsabilità condivisa» tra le istituzioni comunitarie, gli Stati membri e il sistema delle autonomie locali la produzione di una legislazione più efficace e rispondente ai bisogni della società europea.
A tal proposito è necessario sottolineare come il coinvolgimento dei livelli amministrativi più bassi nel processo di formazione e attuazione della normativa comunitaria sia fondamentale anche per assicurare una corretta valutazione dell'impatto territoriale delle politiche stesse.
Gli effetti delle più disparate misure settoriali si concentrano a livello regionale e locale. Questo è il livello amministrativo in cui queste misure dispiegano i loro effetti positivi o negativi.
Le conseguenze di un atto legislativo possono essere giudicate in maniera corretta solo da parte di coloro che hanno l'incarico di mettere in atto concretamente la legge in questione. Soprattutto il livello locale, dove il livello amministrativo si avvicina ai cittadini, può giudicare e dire in quale misura il diritto europeo in fieri contribuisce al benessere dei cittadini dell'Unione europea. Questo sarebbe molto più facile se si potesse comunicare a proposito delle politiche UE non come soggetti estranei ma ricoprendo il ruolo di partner.
L'impatto territoriale può essere ragionevolmente valutato solo integrando i rispettivi territori e le loro autorità locali. Pertanto non abbiamo bisogno di nuovi strumenti di valutazione d'impatto delle istituzioni UE, ma dell'apertura del processo legislativo comunitario al livello regionale e locale, nella misura in cui i loro interessi potrebbero essere chiamati in causa.
Inoltre, l'integrazione dei livelli amministrativi più bassi potrebbe contribuire all'individuazione delle inconsistenze delle misure previste dalle politiche nei diversi settori. A questo livello, gli atti legislativi di tutti i settori delle politiche dell'Unione europea sono messi in atto e i cittadini considerano i loro politici locali responsabili degli stessi. A questo proposito, gli approcci normativi contraddittori sono percepiti più chiaramente a livello locale in base alla competenza e giurisdizione amministrativa generale di tale livello.
Parallelamente al miglioramento complessivo della legislazione dobbiamo «educare» ed avviare una più incisiva e costante partecipazione italiana al processo di consultazione dell'Unione europea. Tale processo è ormai avviato e consolidato su tutta la legislazione comunitaria e i soggetti interessati a livello italiano sono spesso assenti o non curanti dell'importanza di far sentire la propria voce competente ed a tempo debito in questa fase delicata di ascolto ed interazione dell'Unione europea con la società. In questo specifico caso le autonomie locali ed in particolare le province quali soggetti intermedi e con competenze di coordinamento sul territorio possono e debbono assumere delle precise responsabilità per l'avvio di una partecipazione consapevole, autorevole e competente dei diversi soggetti sociali ed economici interessati da una determinata normativa o problematica a livello europeo.
Questo è un elemento sul quale le province, attraverso le proprie associazioni di rappresentanza a livello nazionale ed europeo, si stanno fortemente impegnando, nella consapevolezza che l'Europa più vicina ai cittadini è l'Europa che più diventa «prossima», fattore di sviluppo nella vita dei cittadini medesimi.
Le province in Europa, cioè le collettività territoriali del livello intermedio, sono infatti attori fondamentali in ogni Stato membro, costituiscono un'entità radicata nel territorio, possiedono una superficie abbastanza ampia per stimolare progetti, e restano il livello territoriale che definisce e attua al meglio strategie e politiche di sviluppo del territorio. Presenti su tutto il territorio dell'Unione, esse hanno delle caratteristiche comuni che si sono dimostrate nel tempo particolarmente adatte alla realizzazione degli obiettivi di coesione sociale, economica e territoriale.
L'Europa a 27, per vincere le sfide di coesione e sviluppo, si sta caratterizzando


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sempre di più come l'Europa dei territori, in cui i poteri locali rappresentano il trait d'union tra le strategie complessive di sviluppo dell'Unione europea e i bisogni dei suoi cittadini.
La stessa programmazione comunitaria 2007-2013 sottolinea ripetutamente il ruolo forte e strategico delle regioni e degli enti locali, quali attori del processo di crescita, in grado di assicurare la coerenza tra le indicazioni politiche generali e la loro applicazione ai differenti scenari di riferimento.
Per avvalorare tale posizione, l'UPI quest'anno ha dedicato una intera sessione della assemblea generale all'Europa - abbiamo presentato documenti e studi approfonditi -, presentando un'analisi del ruolo della provincia nei sistemi territoriali europei. Da tale studio si evince chiaramente che la tendenza è quella di una maggiore acquisizione di competenze e funzioni da parte degli enti locali.
A questo proposito, le nostre province in questi ultimi anni si sono strutturate al loro interno con la costituzione di un servizio Ufficio Europa e politiche comunitarie e l'individuazione di un amministratore con delega in materia proprio al fine di assicurare all'interno dell'ente risorse dedicate sulle tematiche europee e assicurare così, rispetto ai settori di competenza, la necessaria interdisciplinarietà con le politiche dell'Unione europea.
Dalla comparazione con gli altri Paesi europei poi, emerge con forza come il livello di governo intermedio sia presente in tutti gli Stati dell'Unione, sia in Paesi come Francia, Germania e Inghilterra, dove vanta antiche tradizioni, sia in Stati dove, dopo essere stato contestato, è uscito integro e più forte di prima.
Penso alla Spagna, Paese caratterizzato da un forte regionalismo, dove alcune comunità autonome (regioni) in nome della semplificazione e del riordino istituzionale, avevano portato avanti una campagna per la soppressione della provincia, ma poi hanno fatto marcia indietro su tutta la linea, o alla Polonia, che era arrivata addirittura alla soppressione delle province, per poi inevitabilmente ripristinarle 50 anni più tardi.
Penso a molti Stati dell'Europa dell'est, caratterizzati da un forte centralismo, che, in vista dell'ingresso nell'Unione europea, hanno dovuto procedere a modifiche costituzionali per costituire enti locali di livello intermedio tra il comune e la regione.
In Europa quindi il livello intermedio di governo è presente ovunque e, seppure con diversi sistemi elettorali, presenta caratteristiche di uniformità rispetto alle funzioni esercitate che attengono principalmente ai settori welfare, istruzione, sviluppo economico, ambiente, viabilità, urbanistica e cultura.
Tali competenze solo in alcuni casi sono direttamente attribuite alle province, che fondamentalmente svolgono un ruolo di coordinamento e sostegno dei comuni, soprattutto i più piccoli. È evidente che tale compito diviene ancor più strategico laddove è fallita l'esperienza delle unioni di comuni.
Per mettere in rete tutte queste esperienze e rendere quindi la provincia un attore di primo piano nel contesto europeo, l'UPI ha intessuto fitte e costanti relazioni con omologhe associazioni di collettività territoriali europee.
Questo sforzo si è concretizzato nel forte impulso che ha dato l'UPI assieme all'ADF (Associazione dei Dipartimenti Francesi) alla costituzione della Confederazione europea dei poteri locali intermedi (CEPLI), che raggruppa le associazioni nazionali di rappresentanza di poteri locali di 11 Paesi europei. La Confederazione, creata ufficialmente nel luglio 2008 ad Avignone, rappresenta una svolta nella collocazione a livello europeo delle province italiane, un riconoscimento istituzionale forte del ruolo che i poteri locali intermedi dovranno rivestire nel futuro dell'Unione. La stessa Confederazione europea dei poteri locali intermedi è al lavoro per fornire un unico parere, quindi di tutti gli enti intermedi europei, sul


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Libro verde sulla coesione territoriale dal titolo: «Fare della diversità un punto di forza».
Aggiungo che circa quaranta province italiane partecipano a un'altra associazione europea, Arco Latino, che associa province italiane, dipartimenti francesi e deputazioni spagnole che si affacciano sul Mediterraneo e che fanno delle tematiche del Mediterraneo - siano esse culturali, economiche, sociali, di integrazione - dei punti di iniziativa e di progettazione comune. Infine, l'UPI esprime tre membri effettivi presso il Comitato delle regioni e ha un proprio ufficio a Bruxelles. Grazie.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

SANDRA ZAMPA. Innanzitutto vi ringrazio della vostra relazione interessante ed esaustiva.
Vorrei, soprattutto, capire come le province italiane concorrono, o pensano di concorrere, alla conoscenza, per esempio, del Trattato di Lisbona e a una maggiore diffusione di una cultura europea proprio presso coloro che lei, presidente Mazzoli, ha definito più vicini alle istituzioni locali, ossia in un rapporto più stretto con i cittadini.
Vorrei sapere se, ad esempio, l'Unione delle province intende avviare piani di conoscenza presso le scuole o, nell'ambito della formazione, concorrere a diffondere non solo una maggiore vicinanza all'Europa dei cittadini italiani - soprattutto dei giovani che, a tutti gli effetti, hanno ormai due cittadinanze, essendo cittadini del proprio Paese e cittadini d'Europa - ma anche l'idea dell'importanza del significato del Trattato di Lisbona. Mi interessa sapere se ci sono iniziative in corso che voi conosciate di particolare interesse o se c'è un vero e proprio piano.

JEAN LEONARD TOUADI. Penso che questa audizione sia di grandissima importanza, proprio in un momento in cui il progetto europeo sembra dover attraversare dei nodi importanti, sia dal punto di vista istituzionale - penso all'approvazione del Trattato da parte di alcuni Paesi - sia dal punto di vista dell'atteggiamento dell'opinione pubblica. Si sono registrate in Francia, poi in Olanda e in Irlanda, delle battute di arresto del processo politico europeo. Esiste, quindi, questo famoso deficit di informazione, deficit di sentimento collettivo di un'Europa sempre più vicina ai popoli.
L'audizione di questa mattina è importante proprio perché gli enti locali in generale, i comuni e le province, essendo enti di prossimità, forse possono diventare uno dei luoghi in cui si realizza concretamente questa costruzione europea, anche perché buona parte della vita dei cittadini, e quindi della vita delle istituzioni, è sempre più regolata da norme di derivazione europea.
Come Commissione, a partire da quest'anno abbiamo dato un impulso nuovo alla fase ascendente, nell'ambito della quale anche il Parlamento italiano contribuisce alla formazione delle direttive europee. Sarebbe interessante capire, intanto, come diceva la collega Zampa, in che modo gli enti locali, le province, si fanno portatori delle istanze europee presso i cittadini ma, soprattutto, come si può migliorare, in un'ottica di sussidiarietà, l'interlocuzione interistituzionale. Ciò al fine di far sì che il nostro contributo alla formazione delle norme presso le istanze europee si faccia carico del vissuto collettivo delle province e degli enti locali e delle esigenze di queste istituzioni di prossimità.
Intendo dire - non so se sono stato chiaro - che dobbiamo capire in che modo possiamo migliorare i punti di interlocuzione. L'audizione di oggi è uno di questi punti, ma la vita istituzionale è fatta anche di quotidianità.
Credo che anche questo nostro lavoro parlamentare debba essere un'occasione di ascolto di ciò che le istituzioni vivono e vogliono esprimere come nodi burocratici, amministrativi, normativi e via dicendo. Su questo, secondo me, bisogna riflettere ancora molto per trovare il modo migliore di rendere noi stessi portavoce non solo di


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ciò che avviene in Commissione, ma anche di quello che i territori esprimono su questi temi.

PRESIDENTE. Avrei anch'io qualche domanda da porre. Nella vostra relazione avete fatto riferimento al CIACE e alla necessità di una presenza più strutturata del sistema delle autonomie locali in questo organismo. Sarebbe utile se voi poteste spiegare come siete stati coinvolti e su quali temi.
Qualche mese fa la Commissione europea ha presentato il Libro verde sulla coesione territoriale, che avrà una consultazione aperta, forse per qualche mese. Vorremmo sapere se avete inoltrato delle osservazioni.
Do la parola ai rappresentanti dell'UPI per la replica.

MARIO BATTELLO, Direttore della sede UPI di Bruxelles. Per quanto riguarda la necessità di comunicare di più l'Europa ai cittadini, quindi di contrastare l'euroscetticismo presente nei nostri territori, in Italia come all'estero - come è già stato dimostrato - come UPI ci siamo posti fin dall'inizio questo problema e abbiamo anche provato a trovare una risposta. A nostro avviso, lo strumento più significativo per poter comunicare ai cittadini cosa fa l'Europa e come essa interviene sui territori e quindi sulla quotidianità di ciascuno di noi, è la nuova programmazione dei fondi strutturali.
Esiste, infatti, un forte impegno da parte dell'Unione europea innanzitutto in termini di risorse significative: parliamo di 23 miliardi di euro di fondi europei per l'Italia nell'ambito degli obiettivi «convergenza» e «competitività». Spesso, però, questa disponibilità finanziaria e le modalità di spesa dettate dall'Europa non vengono comunicate, cioè passano sostanzialmente attraverso gli apparati burocratici. I beneficiari, poi, spesso non hanno interesse a diffondere la notizia o, comunque, non possono essere i diffusori delle opportunità concesse loro dall'Europa.
Quindi, nell'ambito della nuova programmazione, l'Unione delle province italiane ha avanzato una proposta concreta al Ministero dello sviluppo economico, chiedendo che le province diventino lo strumento di diffusione delle opportunità che la nuova programmazione dei fondi strutturali 2007/2013 svilupperà sui territori.
Questo anche perché, come è stato detto nella relazione, più del 90 per cento delle province italiane - in totale sono 107 - hanno ormai un ufficio Europa all'interno della propria struttura amministrativa. Oltre al referente politico presente in tutte le province italiane, l'assessore con delega specifica alle politiche comunitarie, c'è anche un ufficio competente proprio in termini di comunicazione delle opportunità che Bruxelles mette a disposizione direttamente, ossia con programmi cosiddetti «ad azione diretta». Molti di questi uffici, peraltro, appartengono alla rete europea Europe Direct, che ha, per così dire, il bollino dell'Europa in termini di comunicazione. Quindi, molti uffici Europa delle province hanno anche un riconoscimento europeo.
Per il momento è ferma al Ministero la proposta di cui parlavo prima, con la quale chiediamo che le province abbiano un ruolo nella diffusione della conoscenza della nuova programmazione dei fondi strutturali, sia in termini di governance, quindi di modello politico di applicazione degli strumenti (non solo delle risorse finanziarie a disposizione, seppure molto significative), sia in termini culturali.
Proprio sull'aspetto culturale bisognerebbe lavorare, dal momento che il confronto tra gli Stati membri e l'Europa ha prodotto delle modifiche di approccio culturale nello sviluppo socio-economico del nostro Paese. Anche questo, dunque, potrebbe essere oggetto di lavoro ed è oggetto della nostra proposta che, come ho detto, è ferma al Ministero dello sviluppo economico.
Sempre rispetto al tema del come comunicare l'Europa, abbiamo tenuto una serie di incontri e altri ne terremo. La prossima settimana, ad esempio, sono previsti incontri con i rappresentanti della


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Commissione europea e del Parlamento europeo a Roma, anche in prospettiva del prossimo appuntamento elettorale.
Stiamo pensando a una giornata in cui tutti i consigli provinciali italiani saranno aperti alle scuole. Come sapete, i ragazzi che alle prossime elezioni voteranno per la prima volta sono studenti di istituti tecnici, di licei che sono di competenza provinciale; addirittura, mi sembra che gli edifici siano patrimonio delle province italiane. Dunque, abbiamo pensato di dar vita ad un'attività di promozione diretta a questi ragazzi che voteranno la prima volta. Vogliamo aprire le porte dei consigli provinciali. Abbiamo chiesto ai rappresentanti del Parlamento europeo e della Commissione europea di fornirci degli strumenti di diffusione e comunicazione sull'Europa, materiali che sicuramente sono in corso di preparazione. Ospiteremo, ovviamente, presso i consigli provinciali i rappresentanti delle istituzioni; sarebbe interessante, in questa giornata, poter contare anche sulla presenza di rappresentanti del Parlamento italiano, oltre che di quello europeo. Stiamo fissando la data, che cadrà comunque nella prossima primavera. Utilizzeremo materiale audiovisivo, video-testimonianze, oltre a materiale informativo su supporto cartaceo. Abbiamo chiesto alla Commissione europea se la direzione generale audiovisivi sta preparando del materiale, che verrà tradotto e messo a disposizione del sistema dei consigli provinciali.
Ci sono diverse iniziative già in atto in diverse province italiane. Ne cito una, che vede coinvolte le province di Milano, Roma, Pisa, Genova e Catania: «L'Europa va a scuola». Si tratta di un'iniziativa organizzata in partenariato con l'ISPI (Istituto per gli studi di politica internazionale) di Milano, che ha visto la realizzazione di un quiz televisivo sull'Europa. È un'iniziativa di pregio, autofinanziata dalle province, ma stiamo cercando di capire se ci sono risorse disponibili, proprio in virtù dell'appuntamento elettorale, per poter organizzare esperienze di questo tipo, al momento riferite ad alcune province, su un territorio più vasto.
Ho risposto in termini sintetici alle domande relative alle attività delle province nel campo della comunicazione. Tengo, però, a sottolineare che sono tantissime le esperienze che le province portano avanti sul loro territorio al fine di comunicare l'Europa e i suoi strumenti.

SANDRA ZAMPA. La ringrazio molto, dottor Battello. Vorrei, però, un chiarimento ulteriore. La proposta che voi avete fatto si trova presso il Ministero dell'economia, dico bene?

MARIO BATTELLO, Direttore della sede UPI di Bruxelles. Presso il Ministero dello sviluppo economico.

SANDRA ZAMPA. Si propone di indicare la provenienza delle risorse ogni volta che ci sono iniziative finanziate dall'Unione europea? È così?

MARIO BATTELLO, Direttore della sede della UPI di Bruxelles. Cerco di essere più preciso. Nella nuova programmazione esiste un Piano operativo nazionale per le aree del Mezzogiorno, il PON GAT (governance e assistenza tecnica). All'interno del tavolo di confronto interistituzionale tra il Ministero e gli enti locali noi abbiamo presentato una proposta per le aree del Mezzogiorno, perché i fondi di questo Piano operativo sono a disposizione del Mezzogiorno.
Abbiamo chiesto, sostanzialmente, di avere la possibilità, attraverso questi fondi, di comunicare la nuova programmazione in toto: a partire dall'impianto del QSN (Quadro Strategico Nazionale) per passare a tutti gli strumenti che i fondi strutturali mettono a disposizione.
Come sapete, ormai la politica europea è sempre più unitaria rispetto alla politica nazionale, quindi oltre ai fondi strutturali ci sono i fondi dello Stato, i fondi FAS (Fondi per le aree sottoutilizzate). Spesso queste conoscenze restano nei cassetti dei tecnici.
Noi vorremmo portare tutto questo - sia il cambiamento culturale, sia gli strumenti finanziari - alla conoscenza dei cittadini.


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ALESSANDRO MAZZOLI, Presidente della provincia di Viterbo. Nella richiesta che abbiamo avanzato e che ribadiamo questa mattina si sottolinea la necessità di rafforzare quella fase ascendente di definizione delle priorità italiane all'interno della programmazione comunitaria. Gli enti locali esprimono la necessità di dire la loro proprio in questa fase di costruzione. È chiaro che la fase attuativa è importante, ma essa non deve prevalere perché, sebbene rappresenti un momento di coinvolgimento, non risponde ad una esigenza di condivisione, di partecipazione e, in un secondo momento, di realizzazione.
L'onorevole Touadi faceva riferimento alle battute di arresto del processo di unificazione. Credo che questa debba essere la preoccupazione principale. A maggior ragione, si rende necessaria la possibilità per i territori di intervenire nella fase di costruzione delle priorità e delle scelte, perché ciò può aiutare a dimostrare l'utilità dell'Europa e ad impedire che venga percepita solo come un problema o come qualcosa di troppo distante.
In molte parti è stato fatto un lavoro importante sulla nuova programmazione comunitaria 2007/2013, che avrà uno slittamento, ma sono sempre sei anni. Si tratta di un nuovo banco di prova per rendere sempre più percepibile che questo straordinario potenziale di risorse e la capacità di utilizzarle al meglio descrivono l'importanza dell'Europa, con tutto quello che ciò rappresenta in termini di sviluppo.
Per rispondere alla domanda del presidente, la Confederazione europea dei poteri locali intermedi presenterà in maniera unitaria, quindi a livello europeo, le osservazioni, le richieste e le posizioni degli enti intermedi. Non sarà espressa soltanto la posizione dell'UPI, ma una posizione concordata all'interno di tale Confederazione.
Per quanto riguarda il CIACE, noi ne riconosciamo l'importanza e anche il fatto che la legge, da questo punto di vista, ha introdotto un elemento importante di novità che, però, non è sufficiente. L'UPI è stata ascoltata, di recente, soltanto un paio di volte. Non c'è possibilità di interlocuzione frequente, né di seguire lo sviluppo di vicende che riguardano, comunque, l'impatto sul territorio delle scelte comunitarie.
Per questo motivo, sarebbe importante per noi definire, all'interno dei lavori del comitato interministeriale, delle sedi permanenti in cui gli enti locali siano rappresentati, con la possibilità di essere aggiornati e informati sullo sviluppo del lavoro.
Nella nostra relazione indichiamo la definizione di un'assemblea delle regioni e delle autonomie locali che funzioni con lo stesso principio del Comitato delle regioni, quindi con l'obbligo di esprimere pareri, anche se non vincolanti, ma chiediamo anche una presenza all'interno del comitato tecnico permanente che istruisce i lavori del comitato interministeriale.

JEAN LEONARD TOUADI. Sarò molto breve. Si parlava dell'importanza di utilizzare al meglio le potenzialità europee. A me ha sempre colpito la capacità che hanno sviluppato gli spagnoli, ultimi arrivati nell'Unione europea, di utilizzare a fondo queste potenzialità e, soprattutto, i fondi. Lo sviluppo dell'Andalusia - e non solo - è dovuto in parte alla grande capacità che ha avuto la Spagna di utilizzare a pieno tutte le risorse europee. Lo hanno fatto in modo abbastanza semplice e banale, cioè mandando nelle istanze europee, ciclicamente, dei giovani che avevano già una cultura europea o che l'hanno rafforzata stando lì, affinché essi penetrassero e assimilassero i meccanismi europei.
Sappiamo tutti che la progettazione europea è complicata, quasi una scienza ingegneristica, e la rendicontazione lo è ancora di più.
Avere negli enti intermedi, come diceva lei, dei giovani che hanno padronanza del linguaggio, dei meccanismi, delle procedure e che poi diventano, nei territori, le antenne che riescono ad intercettare le diverse possibilità (anche fattivamente, ad esempio nel momento in cui escono i bandi) ha rappresentato un elemento vincente per la Spagna. Mi chiedevo, dunque,


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se non sarebbe il caso, da parte nostra, anche utilizzando un periodo favorevole come questo, che vede migliaia dei nostri giovani passare un anno in un altro Stato europeo - attraverso i programmi di studio Erasmus, Socrates e così via - di utilizzare questi giovani, che già hanno un interesse europeo vissuto attraverso questi soggiorni, per far sì che siano loro, dentro gli uffici, ad innovare la nostra prassi quotidiana nella progettazione europea. Questo potrebbe essere un elemento di aiuto perché spesso, negli uffici, manca proprio questa qualifica specifica.

PRESIDENTE. Nella vostra relazione avete richiamato la costituzione, presso le province, di uffici specializzati in affari comunitari. Mi chiedevo se questo valga per tutte le province, ossia quale mappatura esista in Italia a questo proposito. Inoltre, vorrei sapere come si riesce a fare fronte alle necessità, soprattutto dei piccoli comuni, di accedere alle informazioni e in che modo essi possono rapportarsi alle problematiche europee, ai fondi e quant'altro.

ALESSANDRO MAZZOLI, Presidente della provincia di Viterbo. Rispondo partendo dalla constatazione che il ritardo del nostro Paese rispetto ad altre esperienze è un dato di fatto. Da diverso tempo, però, sono state promosse, in particolare dall'UPI, alcune iniziative che riguardano l'organizzazione di stage formativi per il personale delle province e degli enti locali. Alcune realtà - ma il punto è che si tratta di interventi a macchia di leopardo, che non hanno una diffusione organica - organizzano master veri e propri per la formazione dei dipendenti della pubblica amministrazione, al fine di attrezzarli alla progettazione.
Ora - e giungo all'ultima domanda che mi è stata posta - il 90 per cento delle province italiane è dotato di un ufficio Europa, il che non vuol dire che il 90 per cento sia in grado di fare progettazione europea. Per le province, dotarsi di un ufficio Europa significa la possibilità di disporre di tutte le informazioni necessarie relative alle opportunità europee, da veicolare poi sul territorio nazionale.
Naturalmente, serve il passaggio ulteriore, cioè avere a disposizione non soltanto uno sportello informativo e di raccordo fra l'Europa e il territorio, ma la possibilità di promuovere progettazione in base alle esigenze che vengono direttamente espresse dal territorio. Questa è l'esigenza più stringente ed è anche il motivo di un impegno, che deve essere straordinario, per recuperare quel ritardo cui lei faceva riferimento.

PRESIDENTE. Nel ringraziare i nostri autorevoli auditi, esprimo l'auspicio di tutti che ci possa essere un loro contributo nel cercare di capire in che termini modificare la legge n. 11, al fine di attualizzarla.
Saluto a nome della Commissione i nostri ospiti, con cui probabilmente avremo modo di sentirci ancora.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 11.

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