Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

Cerca nel sito

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Per visualizzare il contenuto multimediale è necessario installare il Flash Player Adobe e abilitare il javascript

Strumento di esplorazione della sezione Documenti Digitando almeno un carattere nel campo si ottengono uno o più risultati con relativo collegamento, il tempo di risposta dipende dal numero dei risultati trovati e dal processore e navigatore in uso.

salta l'esplora

Temi dell'attività Parlamentare

L'indebitamento degli enti territoriali
Gli enti territoriali sono tenuti a concorrere al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica anche attraverso il contenimento del proprio debito.

Misure di contenimento del debito degli enti territoriali sono state introdotte nel corso della legislatura, volte, da un lato, a tenere sotto controllo la dinamica crescente della consistenza del debito già in essere e, dall’altro, a ridurre drasticamente la possibilità di contrarre nuovo debito da parte degli enti territoriali, secondo una tendenza già evidente nella legislatura precedente.

Con la riforma del Titolo V, l’articolo 119 della Costituzione ha elevato a livello costituzionale il principio della c.d. golden rule, secondo la quale gli enti locali possono indebitarsi esclusivamente per finanziare spese di investimento. La regola, già esistente nell’ordinamento degli enti locali, stabilisce un vincolo di destinazione alla contrazione dei debiti, che non possono finanziare spesa corrente.

La recente riforma costituzionale, operata dalla legge n. 1 del 2012, che ha introdotto il principio del pareggio di bilancio per il complesso delle pubbliche amministrazioni, ha imposto ulteriori vincoli agli enti territoriali in tema di indebitamento che si sovrappongono a quelli fissati dall’articolo 119 della Costituzione.

L’introduzione del principio costituzionale del pareggio di bilancio esteso alle amministrazioni territoriali avrà incidenza sul livello di indebitamento ammesso, i cui spazi andranno a restringersi ulteriormente, essendo ora consentito il ricorso al debito nel rispetto dell’equilibrio complessivo dell’aggregato regionale.

Misure di riduzione del debito pubblico degli enti territoriali

All’inizio della legislatura, al fine di ricondurre la dinamica di crescita del debito pubblico in coerenza con gli obiettivi di finanza pubblica, l’articolo 77-bis   del D.L. 25 giugno 2008, n. 112 (recante la disciplina del patto di stabilità interno per gli enti locali per gli anni 2009-2011) ha introdotto norme volte a contenere la dinamica di crescita dello stock di debito del comparto degli enti locali soggetti al patto di stabilità interno, in linea con gli obiettivi di contenimento della crescita del debito delle amministrazioni pubbliche, indicati nel Documento di programmazione economico-finanziaria. Le norme di contenimento del debito, previste a regime a decorrere dal 2010, erano rivolte anche ai comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, allora esclusi dal Patto.

In particolare, la norma ha stabilito un limite massimo  all’aumento della consistenza del debito degli enti locali, stabilendo che, a partire dall’anno 2010, le province ed i comuni possano aumentare la consistenza del proprio debito come risultante al 31 dicembre dell’anno precedente in misura non superiore ad una determinata percentuale, determinata annualmente, ma con proiezione triennale, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sulla base degli obiettivi programmatici indicati nei Documenti di programmazione economico-finanziaria.

 La legge di stabilità per il 2012 (articolo 8, legge n. 183/2011), nel sancire che le disposizioni dirette a favorire il raggiungimento dell’obiettivo di riduzione del debito degli enti territoriali costituiscono principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica ai sensi degli articoli 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione, ha reso le misure di contenimento del debito per le regioni, le province e i comuni ancora più stringenti

In particolare, la norma dispone che a decorrere dall'anno 2013 gli enti territoriali riducono l'entità del debito pubblico, prevedendo, a tal fine, che con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata, siano stabilite:

a) distintamente per Regioni, province e comuni, la differenza percentuale, rispetto al debito medio pro capite, oltre la quale i singoli enti territoriali hanno l'obbligo di procedere alla riduzione del debito;

b) la percentuale annua di riduzione del debito;

c) le modalità con le quali può essere raggiunto l'obiettivo di riduzione del debito.

Agli enti che non adempiono a quanto sopra previsto si applicano le disposizioni sanzionatorie in tema di mancato rispetto del patto di stabilità interno, relative ai limiti agli impegni di spese correnti e al divieto di assunzioni di personale.

Il decreto attuativo della descritta misura di contenimento del debito non risulta ancora emanato.

Limiti alla facoltà di indebitamento degli enti territoriali

Contestualmente alle misure di riduzione della consistenza del proprio debito, sono stati introdotti limiti progressivamente più stringenti alla possibilità di contrarre nuovo indebitamento da parte degli enti territoriali.

 Con riferimento agli enti locali sono state apportate modifiche al Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, volte a modificare il limite massimo di indebitamento, rappresentato dall’incidenza del costo degli interessi sulle entrate correnti degli enti locali.

Le norme dell’articolo 204 del D.Lgs. n. 267/2000 (TUEL) prevedono che l'ente locale può assumere nuovi mutui e accedere ad altre forme di finanziamento reperibili sul mercato solo se l'importo annuale dei correlati interessi, sommati agli oneri già in essere (mutui precedentemente contratti, prestiti obbligazionari precedentemente emessi, aperture di credito stipulate e garanzie prestate, al netto dei contributi statali e regionali in conto interessi) non sia superiore ad una determinata percentuale delle entrate correnti (relative ai primi tre titoli delle entrate del rendiconto del penultimo anno precedente quello in cui viene prevista l'assunzione dei mutui).

All’inizio della legislatura, tale percentuale di incidenza del costo degli interessi sulle entrate correnti era fissata nella misura del 15 per cento.

Tale percentuale di riferimento è stata gradualmente ridotta, e da ultimo, la legge finanziaria per il 2012 (articolo 8, legge n. 183/2011), nel recare nuove disposizioni per favorire il raggiungimento dell’obiettivo di riduzione del debito degli enti territoriali a decorrere dal 2012, ha ridotto la percentuale medesima all’8 per cento nel 2012, al 6 per cento nel 2013 e al 4 per cento a partire dal 2014.

Come chiarito dalla norma interpretativa contenuta nell’articolo 16, comma 11, del D.L. 3 marzo 2012, n. 16, i suddetti   limiti devono essere rispettati nell’anno di assunzione del nuovo indebitamento.

 L’articolo 8 della legge n. 183/2011 - attraverso una novella all’articolo 10, comma 2, della legge 16 maggio 1970, n. 281 - ha introdotto analoghe disposizioni anche per le Regioni.

Per tali enti, a decorrere dal 2012, la percentuale tra l'importo complessivo delle annualità per capitale ed interessi e l'ammontare complessivo delle entrate tributarie non vincolate, che rappresenta la misura di riferimento per la contrazione di nuovo indebitamento da parte delle regioni, è stata ridotta dal 25 al 20 per cento.

Le Regioni, pertanto, possono contrarre mutui ed emettere obbligazioni soltanto qualora l’importo complessivo delle annualità di ammortamento per capitale e interesse dei mutui e delle altre forme di indebitamento in estinzione nell'esercizio considerato non sia superiore al 20 per cento dell'ammontare complessivo delle entrate tributarie non vincolate della regione ed a condizione che gli oneri futuri di ammortamento trovino copertura nell'ambito del bilancio pluriennale della regione stessa.

Tuttavia, con l’articolo 27, comma 2, del D.L. 29 dicembre 2011, n. 216, l’efficacia della riduzione è stata ridimensionata, prevedendo che resta fermo il (più ampio) limite del 25 per cento per l'indebitamento autorizzato dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, fino al 31 dicembre 2011, limitatamente agli impegni assunti alla data del 14 novembre 2011 per spese di investimento finanziate dallo stesso, derivanti da obbligazioni giuridicamente perfezionate e risultanti da apposito prospetto da allegare alla legge di assestamento del bilancio 2012.

 Da ultimo, si ricorda che, nell’ambito della vigente disciplina del patto di stabilità interno, è fatto divieto agli enti locali e alle regioni ricorrere all’indebitamento in caso di mancato rispetto del patto di stabilita' interno, ponendo a carico dell’istituto finanziatore l’onere di verificare la presenza dell’attestazione del conseguimento degli obiettivi del patto di stabilità interno per l'anno precedente, prima di erogare mutui o prestiti obbligazionari.

I nuovi limiti costituzionali all'indebitamento degli enti territoriali

L’esigenza di assicurare il rispetto delle nuove regole europee sul controllo della spesa e sulla sostenibilità del debito pubblico – come richiesto dalla riforma del Patto di stabilita' e crescita dell’Unione Europea e dal trattato sul Fiscal compact – da parte di tutte le amministrazioni pubbliche, ivi incluse pertanto anche le autonomie territoriali – trova espressione nelle modifiche apportate nell’ultimo anno di legislatura alle norme costituzionali che regolano l’autonomia finanziaria e l’indebitamento delle regioni e degli enti locali.

Per tale finalità, la legge costituzionale 20 aprile 2012, n.1, nell’introdurre il principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale è intervenuta anche sull’articolo 119 Cost. nel quale, per la parte che qui interessa, nel ribadire che l’indebitamento delle autonomie territoriali è consentito solo per finanziare spese di investimento, introduce due ulteriori condizioni all'indebitamento medesimo, richiedendo che ad esso si possa procedere solo con “la contestuale definizione di piani di ammortamento” ed a condizione che l'equilibrio di bilancio sia rispettato “per il complesso degli enti di ciascuna Regione”.

La stessa norma ha inoltre rinviato ad una apposita legge, da approvarsi a maggioranza assoluta dei membri di ciascuna Camera (vale a dire una dire una legge che nel sistema delle fonti del diritto ha natura di “legge rinforzata”) le necessarie norma attuative del nuovo dettato costituzionale, affidando ad essa, tra l’altro, il compito di disciplinare “la facoltà dei Comuni, delle Province, delle Città metropolitane, delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano di ricorrere all'indebitamento

Tale compito è stato adempiuto con la legge 24 dicembre 2012, n. 243, di attuazione del principio di pareggio del bilancio, il cui articolo 10 afferma, ribadendo il disposto della norma costituzionale, che l’accesso all’indebitamento è consentito solo per il finanziamento delle spese di investimento, secondo le modalità e nei limiti fissati dallo stesso articolo nonché dalla legge dello Stato, vale a dire con le norme sugli enti locali e sulle regioni che si sono in precedenza richiamate.

L’accesso è tuttavia condizionato a specifici ed ulteriori vincoli rispetto a quelli già vigenti, come in precedenza illustrati, disponendosi che le operazioni di indebitamento possano effettuarsi solo contestualmente all’adozione di piani di ammortamento per il rimborso del debito, con evidenziazione delle obbligazioni che incidono sui singoli esercizi e delle corrispondenti modalità di copertura. I piani in questione, inoltre, devono avere durata non superiore alla vita utile dell’investimento: ciò, presumibilmente, al fine di limitare la possibilità, cui spesso finora si è fatto ricorso, di rinegoziazione di debiti già in essere, con lo scopo di allungarne la scadenza.

Si prevede altresì che le operazioni di indebitamento vadano effettuate sulla base di una procedura di intesa a livello regionale, per garantire, nell’anno di riferimento, che l’accesso al debito dei singoli enti territoriali avvenga nel rispetto dell’equilibrio complessivo a livello di comparto regionale (comprensivo cioè di tutti degli enti della regione interessata, compresa la medesima regione), misurato in termini di “gestione di cassa finale” del saldo complessivo. Ai fini dell’intesa è previsto che ciascun ente comunichi, ogni anno, alla Regione, ovvero alla provincia autonoma, di appartenenza, il saldo di cassa tra entrate finali e spese finali che prevede di conseguire e gli investimenti che intende realizzare, mediante il ricorso all’indebitamento ovvero mediante l’utilizzo dei risultati di amministrazione degli esercizi precedenti.

Alla Regione non sembra pertanto venir attribuita la funzione di organo decisore, atteso che si prevede il raggiungimento di una apposita intesa, in assenza della quale ciascun ente potrà indebitarsi nei limiti del rimborso dei propri prestiti. La possibilità di utilizzare, a fini di investimento, i saldi di bilancio, rappresenta comunque una misura di flessibilità per poter procedere all’indebitamento, che tiene conto del contributo fornito dagli enti locali alla crescita economica.

Viene, inoltre, disciplinato, con una disposizione che appare rivestire anche carattere sanzionatorio, il caso di mancato rispetto degli equilibri a livello regionale in sede di rendiconto, prevedendo che il saldo negativo concorre alla determinazione dell’equilibrio della gestione di cassa finale dell’anno successivo del complesso degli enti della regione interessata, compresa la medesima regione, ed è ripartito tra gli enti che non hanno rispettato il saldo previsto.

Strumenti finanziari derivati degli enti territoriali

Ulteriori disposizioni in tema di indebitamento degli enti territoriali interessano la disciplina relativa all’emissione di titoli obbligazionari e operazioni in strumenti finanziari derivati da parte degli enti territoriali, intervenuta in considerazione dei crescenti rischi che l’evoluzione dei mercati della finanza poteva comportare nei contratti aventi ad oggetto strumenti finanziari derivati.

In proposito le leggi finanziarie 2007 (legge 29 dicembre 2006, n. 296) e 2008 (legge 24 dicembre 2007, n. 244) hanno, rispettivamente, limitato l’utilizzo di strumenti finanziari derivati da parte di regioni ed enti locali e improntato la sottoscrizione dei contratti a criteri di massima trasparenza. Successivamente, la materia è stata oggetto di modifica con la legge finanziaria per il 2009 (legge 22 dicembre 2009, n. 203, articolo 3), che, con lo scopo di contenere l’indebitamento delle regioni, delle province autonome di Trento e Bolzano e degli enti locali, ha disposto il divieto, per le Regioni, le Province autonome e gli enti locali, di stipulare contratti relativi a strumenti finanziari derivati fino alla data di entrata in vigore di un apposito regolamento del Ministro dell’economia e delle finanze, cui è demandata l’individuazione della tipologia dei contratti su derivati che possono essere stipulati dagli enti territoriali. Regolamento in corso di predisposizione ma, al momento, non ancora adottato.