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Temi dell'attività Parlamentare

Iran
Il Parlamento segue i numerosi profili di criticità connessi al quadro politico dell'Iran, che continua ad essere al centro delle tensioni internazionali sia per il procedere del programma nucleare, sia per il ruolo destabilizzante nella regione mediorientale e del Golfo Persico. Non secondaria è l'attenzione riservata alle questioni interne, come la persistente repressione di ogni manifestazione di dissenso - anzitutto delle iniziative di protesta dell'opposizione iraniana, emerse attraverso grandi raduni popolari all'indomani della rielezione di Ahmadinejad nel 2009, e proseguite poi con andamento periodico per oltre sette mesi - e i continui casi di violazione dei diritti umani fondamentali, soprattutto nei confronti delle donne.
2009: la mobilitazione contro la rielezione di Ahmadinejad

All’inizio della XVI Legislatura la questione dello sviluppo delle tecnologie nucleari in Iran si è collocata alla più vasta problematica dei seguiti immediati della risoluzione 1803 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, che prevedeva un inasprimento dell’embargo commerciale fino a ricomprendere le tecnologie dual use (prodotti che hanno impiego sia civile sia militare), un più severo regime di ispezioni delle merci in entrata e in uscita dall’Iran, il congelamento dei conti appartenenti ad alcune banche e società iraniane ed il divieto di rilascio di visti d’entrata al personale impiegato nel programma nucleare. La risoluzione 1803 inoltre estendeva la lista di persone connesse al programma nucleare iraniano, sottoposte a congelamento dei beni e interdizione dai voli internazionali. Non cambiava tuttavia l’impressione che nell’atteggiamento dell’Iran vi fosse una continua alternanza di aperture e di dilazioni, ma nella direzione sostanziale di un rifiuto delle proposte della Comunità internazionale.

Alla metà del 2009, tuttavia, l’Iran tornava clamorosamente al centro dell’attenzione mondiale per le grandi manifestazioni che facevano seguito alle elezioni presidenziali del 12 giugno, nelle quali il presidente Ahmadinejad riportava una chiacciante vittoria sullo sfidante Mir-Hosein Mousavi, nell’esorbitante misura di circa il 30% in più di consensi. Immediatamente, si diffondeva nel paese la sensazione di brogli perpetrati a danno delle opposizioni, e grandi cortei attraversavano il centro diTeheran e delle principali città iraniane, dando vita a scontri con le forze di sicurezza che apparivano come i più gravi dal tempo della Rivoluzione islamica del 1979. Si innescava in tal modo una spirale di repressione, con numerose vittime, e di rilancio della contestazione favorita anche dalla commemorazione delle vittime dei giorni precedenti, mentre si alzavano dagli Stati Uniti le prime voci internazionali di condanna della repressione, con esplicite prese di posizione congressuali. I tumulti e la repressione proseguivano fino alla fine di luglio, mentre la Comunità internazionale moltiplicava le prese di posizione verso gli eventi iraniani – le autorità intanto si profondevano in minacce e condanne del movimento di protesta, e veniva proclamata ufficialmente la vittoria di Ahmadinejad.

Le proteste si riaccendevano alla metà di settembre, e poi all’inizio di novembre 2009, per poi spegnersi progressivamente nei primi mesi del 2010, soprattutto per la pesante repressione, che avrebbe causato nel complesso l’arresto di quasi 4.000 persone, l’uccisione di oltre 70 manifestanti, cinque condanne a morte e circa 80 condanne a pene detentive. La repressione del movimento dell’Onda Verde, riuscita nell’immediato, ha però avuto come contropartita il massiccio ingresso di appartenenti alle guardie ausiliarie dei basij e ai pasdaran (militari, Guardiani della rivoluzione) nella gestione dell’economia iraniana, aprendo una sorda ma sempre più forte contesa con il ceto clericale sciita, parzialmente espropriato delle proprie prebende. Le accuse clericali hanno poi sempre più investito l’intera politica economica di Ahmadinejad, che avrebbe favorito dopo il 2005 livelli esagerati di importazioni e uno squilibrio commerciale molto grave. Così, nel regime iraniano cominciava una dura lotta dei rappresentanti del clero conservatore contro Ahmadinejad e i pasdaran, senza che alla base del contrasto sia possibile rinvenire motivazioni ideologiche di fondo, a parte il ricorso del presidente, talvolta, a suggestioni più nazionalistico-persiane che islamiche. In questo contesto la Guida Suprema Khamenei è divenuta il baricentro di manovre contrapposte volte a guadagnarne l’appoggio, il che però potrebbe indebolirne il prestigio quale mediatore tra le varie fazioni del regime.

Conflitti all'interno dell'élite dirigente e prosecuzione del programma nucleare

Il quarto regime sanzionatorio adottato dall'ONU con la risoluzione 1929 del giugno 2010, non riusciva ancora ad estendersi ai settori petrolifero e creditizio, soprattutto per l’opposizione russa e cinese. La risoluzione, tuttavia, introduceva un nuovo meccanismo per le ispezioni dei cargo da e per l’Iran alla ricerca di materiali illeciti e inoltre, più dei precedenti regimi sanzionatori, mirava ad impedire l’approvvigionamento di componenti per il programma balistico.

Proseguivano tuttavia le iniziative sanzionatorie bilaterali da parte di paesi come gli USA, il Canada, l’Australia e la Corea del Sud e il Giappone, queste sì suscettibili di colpire i settori creditizio ed energetico. Anche l’Unione europea nel giugno 2010 varava un nuovo regime sanzionatorio nei confronti di Teheran.

Nella seconda metà del 2010 il programma nucleare iraniano iniziava ad essere colpito da gravi malfunzionamenti informatici, con il forte sospetto che si sia trattato di cyber-attacchi di provenienza americana o israeliana. Veniva anche ferito in un attentato nella capitale il principale scienziato impegnato nell’arricchimento dell’uranio, mentre un suo collega perdeva la vita. Ciononostante, in dicembre il responsabile politico del programma nucleare Ali Akbar Salehi subentrava addirittura nell'incarico di Ministro degli Esteri, con un’aperta sfida alla Comunità internazionale. D’altro canto, tuttavia, il regime doveva prendere atto delle difficoltà economiche e dichiarare alla fine del 2010 la cessazione dell'economia dei sussidi che aveva fino a quel momento previsto sovvenzioni di Stato per l'acquisto di carburante ed altri beni essenziali - si è calcolato che fossero arrivate ad una spesa annuale di circa 100 miliardi di dollari. L'abolizione dei sussidi, nonostante le misure compensative promesse dal governo, è suscettibile anch'essa, con l’aggravarsi degli altri fattori economici, di minare le basi del regime iraniano, da sempre sbilanciato verso politiche populistiche di accrescimento del consenso tramite forti concessioni pubbliche.

Nel marzo 2011 un nuovo rapporto dell'Agenzia internazionale per l'energia nucleare (AIEA) accresceva i sospetti sulla finalizzazione militare dell’arricchimento dell’uranio in Iran, il quale tuttavia tre mesi dopo annunciava misure per triplicare la produzione. In luglio veniva ucciso un altro fisico iraniano implicato nelle attività nucleari.

Intanto l’Iran doveva fare i conti con il versante positivo e con quello negativo dei rivolgimenti arabo-mediterranei: a favore della Repubblica islamica giocava la caduta di importanti leader da sempre forti avversari di Teheran, in primis Mubarak, mentre una troppo rapida propagazione nella regione delle rivolte antiautoritarie rischiava di riaccendere anche in Iran il fuoco della contestazione contro il regime islamico. Questo secondo profilo si delineava effettivamente già il 14 febbraio 2011, quando una prima protesta antigovernativa provocava la messa agli arresti domiciliari dei capi del movimento del 2009, Mousavi e Karroubi - poco dopo i due esponenti politici venivano trasferiti in carcere. D’altra parte, le difficoltà in cui cominciava a dibattersi anche l’alleato siriano mostravano una volta di più a Teheran il carattere bifronte degli effetti della Primavera Araba. In questo difficile equilibrio l’Iran manteneva comunque un atteggiamento di prudenza, sfruttando intanto gli spazi che si aprivano ad esempio nei confronti di Gaza, ove l'allentamento dei controlli egiziani sul Sinai consentiva di inviare forti quantità di armamenti.

Sul piano politico interno, intanto, si registrava un deciso rafforzamento degli ultraconservatori, che riuscivano finalmente (dal loro punto di vista) a colpire in modo decisivo Rafsanjani, che all'inizio di marzo si vedeva costretto a dimettersi dalla guida dell'Assemblea degli esperti dell'orientamento, un organo di derviazione confessionale che in teoria avrebbe il potere di nominare la Guida Suprema. La sconfitta di Rafsanjani può vedersi come un ulteriore momento della repressione contro il movimento riformista, che nell'importante esponente aveva in qualche modo trovato nel giugno 2009 una sua sponda. Il siluramento di Rafsanjani ha costituito inoltre un indubbio successo per la Guida Suprema Ali Khamenei, da sempre suo fiero avversario.

Le difficoltà del regime iraniano sono poi proseguite con una escalation dello scontro al più alto livello, quando a partire dal mese di aprile 2011 si accendeva un contrasto aperto tra il presidente Ahmadinejad e la Guida Suprema Khamenei, a partire dal siluramento del ministro dei servizi segreti Heydar Moslehi, che la Guida Suprema ha invece prontamente richiamato in servizio. L'accento si è spostato poi sullo stretto collaboratore di Ahmadinejad e suo consuocero Mashaei, mal visto oltretutto dal clero perché aperto propugnatore di un Islam senza clero e di valori apparentemente contrapposti a quelli islamici. Mashaei è sembrato inoltre incarnare il millenarismo islamico sciita basato sulla figura dell'imam nascosto, contagiando fortemente anche il presidente Ahmadinejad - il quale, pur non appartenendo al clero, è sempre stato tutt'altro che un laico. Il contrasto del presidente con la Guida Suprema è proseguito,i  mostrando chiaramente la preminenza della seconda sul primo, fino alle elezioni legislative del marzo 2012, in cui seguaci di Ahmadinejad hanno patito una ulteriore netta sconfitta.

Gli sviluppi più recenti

 

Le vicende dello sviluppo delle tecnologie nucleari in Iran sono tornate in primo piano l'8 novembre 2011, quando l'AIEA ha reso noto un rapporto dal quale per la prima volta emergeva con grande chiarezza il carattere di alcune attività nucleari della Repubblica islamica, che sembravano finalizzate alla costruzione di ordigni nucleari. Di fronte all’atteggiamento iraniano di totale chiusura, il Regno Unito e gli USA hanno adottato ulteriori pesanti provvedimenti sanzionatori: il Parlamento di Teheran, a seguito delle ulteriori sanzioni di Londra, decideva di declassare il rango delle relazioni con il Regno Unito, con conseguente espulsione dell’ambasciatore britannico, e il 29 novembre la stessa sede diplomatica era violata, con l’irruzione di alcuni manifestanti che riuscivano a sostituire la bandiera britannica con quella iraniana, a provocare un piccolo incendio e a sottrarre alcuni documenti, prima dell’intervento della polizia antisommossa iraniana. La reazione britannica e degli altri Paesi occidentali è stata durissima: il 1° dicembre anche l’Italia ha richiamato a Roma per consultazioni l’Ambasciatore a Teheran. L’Unione europea decideva lo stesso giorno un rafforzamento dell’apparato sanzionatorio contro Teheran, prevedendone altresì l’approfondimento in gennaio: sul punto dell’embargo al petrolio iraniano emergevano però punti di vista dissonanti, con la prudenza in merito di paesi come Grecia e Italia, maggiormente legati alle forniture di Teheran.

L’Iran dal canto suo proseguiva nella già sperimentata altalena tra possibili nuove iniziative diplomatiche e annunci di tutt’altro segno, come quello dell’avvio imminente di attività di arricchimento dell’uranio nell’impianto sotterraneo di Fordow (vicino alla città di Qom), della cui esistenza si era saputo solo nel 2009, e che era stato poi visitato da tecnici dell’AIEA.

L'11 gennaio 2012 vi è stata l'ennesima uccisione di uno scienziato iraniano legato alle attività nucleari, la quarta in due anni, per la quale Teheran ha lanciato nuovamente esplicite accuse ai servizi segreti israeliani. Il 23 gennaio i ministri degli esteri dell'Unione europea hanno imposto un livello di sanzioni senza precedenti alla Repubblica islamica, con l'embargo totale agli acquisti, importazioni e trasporto del greggio iraniano. Pertanto non si sarebbero più stipulati contratti nel settore petrolifero, mentre quelli in essere avrebbero dovuto essere rescissi entro il 1° luglio 2012. Le sanzioni sono state completate dalla decisione di congelare i beni in Europa della Banca centrale iraniana e di colpire altresì commercio di oro e diamanti, come anche la fornitura di valute e di monete. L'embargo è stato esteso anche al commercio di prodotti potenzialmente utilizzabili nel programma nucleare iraniano.

Il 2 marzo 2012 si sono svolte in Iran le elezioni legislative, alle quali non si è presentata gran parte delle opposizioni, e che quindi si sono giocate essenzialmente in seno al campo conservatore, da molti mesi lacerato da un duro contrasto tra il gruppo assai forte che si raccoglie attorno al presidente Ahmadinejad, e la parte maggioritaria, che fa capo alla Guida Suprema Ali Khamenei. La vigilia elettorale è stata percorsa dalla preoccupazione, sfruttata ad arte dalle autorità di governo, che un elevato astensionismo potesse favorire addirittura un immediato attacco di Israele alle installazioni nucleari del paese. Inoltre, la Guida suprema è intervenuta pesantemente, definendo la partecipazione al voto un obbligo religioso e un simbolo di devozione. L’affluenza al voto è stata in effetti di circa il 65% degli aventi diritto, più alta che nelle precedenti elezioni parlamentari, e ha segnato quindi un primo successo dello schieramento conservatore, nel quale è sembrata subito profilarsi una prevalenza dell'ala vicina alla Guida Suprema. Il nuovo Parlamento si è riunito alla fine di maggio, confermando alla Presidenza Larijani: su 290 seggi, solo 39 sono andati a deputati riformisti, mentre lo schieramento di Ahmadinejad ne ha ottenuti 75, pertanto meno della metà del composito fronte conservatore a lui avverso.

Si sono intanto riaccese le preoccupazioni intorno alle attività poste in essere dall'Iran nella base militare di Parchin, ubicata a una trentina di chilometri a sud di Teheran, che dal 2004 era terreno di scontro con l'AIEA: il 29 febbraio e nuovamente il 5 marzo l’AIEA, soprattutto sulla base di osservazioni satellitari, ha rilanciato l'allarme, a seguito del quale la Repubblica islamica ha risposto con un gesto distensivo, acconsentendo a una nuova visita al sito di Parchin dopo quella del 2005.

Sul fronte interno, va registrato che con decreto del 7 marzo la Guida Suprema Khamenei ha disposto la creazione di un Consiglio supremo per la rete Internet, a salvaguardia dei valori culturali e nazionali dell’Iran: la decisione ha ulteriormente allarmato i fautori di una maggiore apertura del paese, che da sempre devono misurarsi con censure e intrusioni delle autorità nell’utilizzazione della rete Internet. Irritazione ha poi destato tra i deputati iraniani l'audizione del presidente Ahmadinejad in Parlamento, le cui risposte sono state giudicate elusive e derisorie, sia nei confronti della situazione economica del paese che delle questioni politiche legate alle simpatie di Ahmadinejad per le idee del suo capo di gabinetto Esfandiar Mashaie, giudicate deviazioniste.

Il 28 e 29 marzo si è recato Teheran il premier turco Erdogan, il quale ha ribadito l'appoggio di Ankara al programma nucleare iraniano, registrando peraltro discordanza di opinioni in merito all’aggravarsi della crisi siriana. Il 30 marzo il presidente USA Obama ha di fatto dato il via a una nuova raffica di sanzioni nei confronti dell’Iran, appoggiando un provvedimento varato dal Congresso già da tempo per penalizzare istituzioni finanziarie e paesi che operano con Teheran, a meno che questi ultimi non dimostrino di aver drasticamente ridotto le importazioni di petrolio dall'Iran - salvaguardando in tal modo il Giappone e i propri alleati europei rispetto al nuovo regime sanzionatorio. Per tutta risposta alla metà di aprile l'Iran ha replicato bloccando le forniture di petrolio alla Grecia alla Spagna, quasi ad anticipare spavaldamente le conseguenze dell'embargo petrolifero europeo il cui inizio era fissato al 1° luglio 2012. Per quanto riguarda i negoziati sul nucleare tra l’Iran e il Gruppo 5+1, nonostante le speranze alimentate dalla loro ripresa in aprile a Istanbul, e anche al secondo round concluso il 24 maggio a Baghdad, l'approdo sostanziale, come si è visto nel terzo round di Mosca il 18 e 19 giugno, è stato poco più che nullo.

Nell'imminenza dell'entrata in vigore dell'embargo europeo sul petrolio iraniano, la produzione petrolifera di Teheran era tornata nel mese di giugno ai livelli di 25 anni prima, con l'estrazione di nemmeno 3 milioni di barili di petrolio al giorno. Dopo l'entrata in vigore dell’embargo europeo l'Iran ha oscillato tra una minimizzazione degli effetti di esso e il ritorno alla minaccia di chiudere la navigazione nello stretto di Hormuz, di fronte alla quale gli Stati Uniti hanno proceduto a un deciso rafforzamento della loro presenza militare nel Golfo Persico, sia con l'aumento del numero dei dragamine che con l'avvio della costruzione in Qatar di un terzo radar antimissile, il quale, unitamente a quelli già dislocati in Israele e in Turchia, dovrebbe consentire di intercettare eventuali lanci da parte dell'Iran. La Repubblica islamica, dal canto suo, il 3 e 4 luglio ha dato luogo ad una massiccia serie di test missilistici a breve, medio, e corto raggio in uno dei deserti del paese.

L’Iran, attraverso il movimento sciita libanese Hezbollah, che Teheran appoggia, è tornato al centro delle tensioni internazionali subito dopo l’attentato del 18 luglio che ha colpito un pullman di turisti israeliani Bulgaria, e che Tel Aviv ha senz'altro attribuito a Hezbollah. Mentre sembrava che il regime sanzionatorio nei confronti di Teheran avesse effetti non del tutto trascurabili, l’Iran appariva sempre più coinvolto dagli effetti della tragica crisi siriana: il 4 agosto una cinquantina di pellegrini sciiti iraniani venivano rapiti a Damasco da elementi sunniti della rivolta contro Assad. Mentre l'Iran tornava ad appoggiare il regime siriano, era dunque costretto a fare pressioni sulla Turchia per un intervento sui rapitori a favore dei pellegrini, quella stessa Turchia, tuttavia, alla quale l'Iran in ultima analisi rimprovera l'appoggio agli oppositori del regime siriano.

In settembre il presidente Obama – in piena campagna per la rielezione – e il premier israeliano sono giunti ad aspre polemiche sulla questione del nucleare iraniano, per poi, dopo i rispettivi interventi all’apertura della sessione annuale dell’Assemblea Generale dell’ONU, convergere su una posizione di completa inaccettabilità dell’ipotesi di un Iran in possesso dell’atomica. Frattanto l’economia iraniana sotto embargo dava segni di gravi difficoltà, con una svalutazione della moneta nazionale del 150 per cento sul dollaro negli ultimi nove mesi, nonché una forte discesa dell’occupazione e dell’export petrolifero. Il 3 ottobre vi sono stati a Teheran gravi scontri tra manifestanti e forze di sicurezza, nel corso di tumulti di protesta per la situazione economica.

Alla metà di ottobre le sanzioni UE verso l’Iran sono state comunque inasprite, con il blocco di ogni trasferimento tra banche europee e iraniane, il congelamento di attività finanziarie legate a qualsiasi titolo al regime di Teheran e il divieto di importazione nel territorio comunitario esteso anche al gas iraniano.

L'attività parlamentare

Per quanto riguarda l’attività normativa, va ricordato che l’articolo 26 della legge comunitaria per il 2007 (legge 25 febbraio 2008, n. 34) ha delegato il Governo a introdurre disposizioni di attuazione del Regolamento (CE) 19 aprile 2007, n. 423/2007, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (si tratta di uno dei numerosi provvedimenti adottati in conseguenza della prosecuzione da parte dell’Iran del proprio programma nucleare).

Dopo la presentazione alla Camera di uno schema di decreto legislativo al riguardo, le Commissioni riunite Giustizia ed Esteri – competenti per i diversi profili della materia - hanno dato parere favorevole sul provvedimento nella seduta del 17 marzo 2009.

Nelle sedute del 25 e del 31 marzo 2009 lo schema di Decreto legislativo è stato altresì discusso dalla Commissione politiche dell’Unione europea di Montecitorio – competente per il parere su tutti gli schemi di atti normativi del Governo per l’attuazione di norme comunitarie -, che ha concluso l’esame anch’essa con l’emissione di un parere favorevole.

Conseguentemente è stato emanato il decreto legislativo 14 maggio 2009, n. 64, che introduce nell'ordinamento italiano specifiche sanzioni per la violazione del regolamento comunitario n. 423/2007 che introduce misure restrittive nei confronti dell'Iran.

Sul piano dell'attività non legislativa, all'inizio della Legislatura il 15 ottobre 2008, è stata discussa e approvata senza modificazioni dalla Commissione Esteri una risoluzione sulla necessità di scongiurare la possibile elezione dell’Iran come membro non permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per il 2009-2010.

La Commissione Esteri, nelle sedute del 26 novembre e del 3 dicembre 2008, ha poi discusso una risoluzione concernente il mantenimento dell’ Organizzazione dei mujahidin del popolo iraniano (OMPI) nella lista dell'Unione europea delle persone e delle entità i cui fondi devono essere congelati nell'ambito della lotta al terrorismo. La discussione è sfociata nell’approvazione di una risoluzione conclusiva che rileva come - in base a sentenze del Tribunale di primo grado della Corte di giustizia delle Comunità europee, nonché a determinazioni adottate nel Regno Unito – l’OMPI non vada più considerata organizzazione terroristica. Pertanto il Governo è stato impegnato a partecipare attivamente alla revisione semestrale dell’elenco europeo da parte del Consiglio dei ministri dell’Unione, e a richiedere alle autorità irachene e statunitensi particolare accuratezza nei procedimenti riguardanti i membri dell’OMPI protetti in Iraq nel campo di Ashraf, garantendone i diritti di difesa ed evitandone il rimpatrio forzoso in Iran. Proprio alla tutela dei rifugiati iraniani nel campo di Ashraf la Commissione Esteri della Camera ha dedicato le sedute del 7, 13 e 14 luglio 2011, nelle quali ha discusso una risoluzione di iniziativa dell’on. Mecacci, approvando poi la risoluzione n. 8-00135. Le diverse questioni riguardanti l’OMPI sono state peraltro oggetto alla Camera di ulteriori iniziative parlamentari di sindacato ispettivo, nelle quali sono sempre stati posti al Governo italiano quesiti concernenti il livello di conoscenza della situazione e la condotta che si intendeva porre in essere.

In precedenza, in relazione alla difficile situazione dell’Iran dopo le contestate elezioni presidenziali del 12 giugno 2009, il 1° luglio 2009 si era svolta l’audizione del Ministro degli Affari esteri Frattini presso le Commissioni Esteri riunite della Camera e del Senato, dedicata ad un’analisi dei più recenti sviluppi della situazione in Iran. Il 9 febbraio 2010 le Commissioni Esteri riunite di Camera e Senato hanno poi svolto l’audizione del ministro degli affari esteri, Franco Frattini, che aggiornava quanto esposto nella seduta del 16 dicembre 2009 delle Commissioni congiunte Esteri e Politiche dell’Unione europea della Camera e del Senato, nell’ambito delle comunicazioni del Governo sugli esiti del Consiglio europeo del 10-11 dicembre 2009.

Una nuova occasione di dibattito parlamentare si è avuta nella seduta del 18 marzo 2010 della Commissione Affari esteri della Camera, quando, nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulle violazioni dei diritti umani nel mondo, si è svolta l’audizione di Caspian Makan, attivista per i diritti umani in Iran.

Le iniziative internazionali, e in particolare quelle del nostro Paese e del Parlamento, per impedire l’esecuzione in Iran della condanna a morte per lapidazione nei confronti di Sakineh Mohammadi Ashtiani, ma anche per porre l’accento sulla lotta a tale inaccettabile modalità di esecuzione della pena capitale, hanno costituito l’oggetto delle comunicazioni del Presidente del Comitato permanente diritti umani della Commissione Esteri della Camera, On. Furio Colombo, integrate dagli interventi di alcuni membri della Commissione (seduta dell’8 settembre 2010). Successivamente, nell’ambito della lotta alla pratica delle esecuzioni capitali la Camera ha approvato un atto di indirizzo, e precisamente la mozione Zamparutti ed altri n. 1-00450, in ordine ad iniziative in ambito internazionale contro la pena di morte, in particolare per scongiurare l'esecuzione di Sakineh Mohammadi Ashtiani, discussa nella seduta del 6 ottobre 2010.

Il Ministro degli Affari esteri Giulio Terzi di Sant’Agata riferiva alle Commissioni Esteri riunite della Camera e del Senato (seduta del 30 novembre 2011) in ordine alle linee programmatiche del suo Dicastero: in questo contesto il Ministro stigmatizzava duramente la recente violazione dell'immunità della sede diplomatica britannica a Teheran, ribadendo come, di fronte alla perdurante sordità iraniana verso gli appelli internazionali ad interrompere la via dell'arricchimento dell'uranio, l'Italia si schierava compatta per un aggravamento delle sanzioni contro la Repubblica islamica, giudicando peraltro che un'opzione di attacco all'Iran avrebbe conseguenze devastanti.

Infine la Commissione Esteri, nella seduta del 6 dicembre 2011, ha discusso una risoluzione dell’On. Nirenstein, concernente il programma nucleare iraniano, approvando la risoluzione conclusiva n. 8-00155, con la quale si impegna il Governo “a vigilare affinché sia assicurata la piena applicazione delle sanzioni già previste nei documenti ufficiali dell'Unione europea e dell'ONU”, favorendone altresì il possibile inasprimento; nonché a sostenere l’AIEA nelle sue attività di monitoraggio dei programmi nucleari di Teheran.