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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione II
5.
Mercoledì 19 novembre 2008
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Bongiorno Giulia, Presidente ... 3

Seguito dell'audizione del Ministro della giustizia sulla situazione degli istituti penitenziari (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Bongiorno Giulia, Presidente ... 3 8 13 16
Alfano Angelino, Ministro della giustizia ... 8
Brigandì Matteo (LNP) ... 8
Contento Manlio (PdL) ... 3
Costa Enrico (PdL) ... 7
Di Pietro Antonio (IdV) ... 5
Palomba Federico (IdV) ... 13
Rao Roberto (UdC) ... 14
Tenaglia Lanfranco (PD) ... 5
Vitali Luigi (PdL) ... 15
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.

COMMISSIONE II
GIUSTIZIA

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 19 novembre 2008


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIULIA BONGIORNO

La seduta comincia alle 14,55.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Seguito dell'audizione del Ministro della giustizia sulla situazione degli istituti penitenziari.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, il seguito dell'audizione del Ministro della giustizia sulla situazione degli istituti penitenziari.
Ringrazio il Ministro Alfano per essere tornato nella nostra Commissione dopo aver partecipato all'audizione del 14 ottobre scorso, il cui seguito, come ricorderete, venne rinviato ad altra seduta. La relazione del Ministro, illustrata nella precedente occasione, sarà posta in distribuzione fra qualche istante.
Seguiremo oggi per lo svolgimento degli interventi l'ordine delle iscrizioni già pervenute presso l'ufficio. Comunque, chi intendesse intervenire, qualora non vi abbia provveduto, dovrebbe cortesemente iscriversi adesso.
La preghiera, perché credo che sia questo il termine da usare, è quella di utilizzare questo tempo per porre quesiti più che per svolgere nostri personali interventi, così da approfittare della presenza del Ministro Alfano. Potremo poi tenere separatamente la discussione.
Do la parola ai colleghi che intendono porre quesiti o formulare osservazioni.

MANLIO CONTENTO. Signor presidente, io seguirò il suo consiglio.
La prima domanda è la seguente: come mai impieghiamo così tanto rispetto ad altri Paesi dalla fase di progettazione alla fase di completamento di un'opera pubblica come un istituto carcerario?
Se mi permette, signor Ministro, a tale riguardo suggerirei che lei chiedesse ai suoi uffici non soltanto il materiale che le hanno predisposto per la relazione, ma schede, opera per opera, che riassumano l'intero iter procedurale, dalla fase del finanziamento alla fase di avvio o di completamento dell'opera, fino alla possibilità di utilizzarla.
Dai dati che lei correttamente ci ha fornito, infatti, si scoprono alcuni aspetti abbastanza singolari. Mi riferisco a quello che lei ha citato come il caso della nuova casa circondariale di Trento. È vero quanto lei ricorda nella sua relazione, ovvero che c'è stato uno scambio di beni. Ma risulta abbastanza singolare il fatto che quell'opera sia ormai in fase di ultimazione - i tempi di realizzo si sono dimostrati ragionevolmente ristretti -, mentre in altre parti d'Italia (non le cito perché lei le conosce ormai a memoria) questi tempi si dilatano in maniera spaventosa.
Chiedo, dunque, un intervento «scheda per scheda», dal momento che c'è qualcosa che non funziona e ciò viene evidenziato anche nella sua relazione. A mio giudizio, dobbiamo scoprire di che cosa si tratta.


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Un'altra questione che vorrei sottoporre alla sua attenzione è la seguente: gli interventi di nuova realizzazione debbono rimanere legislativamente di competenza del Ministero delle infrastrutture o, dal momento che abbiamo di fronte casi in cui attraverso il processo di delegazione ci sono province autonome che addirittura svolgono queste funzioni per conto dello Stato, è possibile cambiare queste regole per trovarne di migliori e più efficienti?
La terza questione che vorrei sottoporre alla sua attenzione è la seguente: dove possiamo attingere dei fondi per rilanciare il programma straordinario di edilizia penitenziaria? Lei sa che c'è un decreto-legge che stiamo esaminando in questo periodo relativo agli investimenti per quanto riguarda i centri di identificazione destinati ai cittadini stranieri irregolari. Si tratta di un programma abbastanza sostanzioso, che prevede l'allocazione di decine di milioni di euro in questa direzione. Ebbene, possiamo sperare che dal Fondo unico si possano reperire risorse? Oppure c'è la possibilità, signor Ministro, di immaginare con regole nuove un intervento legislativo ad hoc che possa riprendere magari la questione riferita al progetto di finanza, per quanto riguarda la realizzazione, anche rivolgendosi a privati?
In tal caso, non crede che sia il caso di smantellare un sistema vecchio come quello del Ministero della giustizia in cui, una volta bandita la gara, il progetto esecutivo deve essere «contrattato» con le direzioni tecniche del Ministero per ragioni di segretezza che, francamente, signor Ministro, io credo non esistano più in molti altri Paesi? Un carcere è un carcere; se è dotato di alcune strutture sarà sicuro, a meno che non venga abbattuto con i missili. Questi tempi, invece, stanno allungando, molto spesso, le fasi progettuali.
Vengo alle ultime due questioni.
La sua relazione parla dei nuovi modelli di sorveglianza. Io credo che sia fondamentale aprire all'innovazione, anche sotto questo profilo. Mi riferisco a nuovi modelli di sorveglianza, sia per quanto riguarda l'utilizzo degli uomini, sia per quanto concerne gli strumenti tecnologici.
È evidente che l'istituto carcerario di concezione vecchia ha bisogno di più uomini per svolgere le funzioni di controllo. Un sistema che, invece, consente di sorvegliare per mezzo di circuiti telematici ha bisogno di meno persone. Noi abbiamo già problemi rilevanti - e lei li ha identificati - sotto il profilo del personale. La questione che le rivolgo è se siamo sicuri che il nostro sistema di progettazione sia all'avanguardia. Perché, altrimenti, tanto vale copiare dall'estero. Questo è un aspetto che, purtroppo, si ripresenta molto spesso nelle progettazioni e nell'esecuzione dei lavori per quanto riguarda il nostro Ministero.
Un'ultima questione è quella dell'espulsione. Lei, correttamente, ha ricordato che il sistema carcerario non è in grado di reggere questo afflusso di persone e ha, tra l'altro, posto il dito sulla piaga quando ha detto, se ricordo bene, che sarebbero oltre 4 mila gli stranieri che potrebbero essere espulsi in base alle nostre leggi vigenti, perché condannati, allo stato, a pene inferiori ai due anni.
Il dato è correttissimo. Ha analizzato anche il fatto che ne sono stati espulsi, se ricordo bene, poche centinaia. Questo è un problema. Pertanto, quando un Ministero dell'interno chiede le risorse per fare questo, io non comprendo perché, all'interno di quelle risorse, non possano rientrare le espulsioni del sistema carcerario, altrimenti continuiamo a farci la guerra per cui, se non danno i soldi al Ministero della giustizia, quelli che stanno nelle carceri vi rimangono. Il problema è delle casse pubbliche; non riguarda solo il Ministero della giustizia, ma anche il Ministero dell'economia e delle finanze.
Questo è l'ultimo aspetto, sul quale, secondo me, forse sarebbe il caso di rafforzare quella cooperazione con il Ministero dell'interno e fare in modo - se mi permette, concludo sensibilizzando i magistrati - che le espulsioni, laddove è possibile, vengano adempiute in tempi rapidissimi.


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LANFRANCO TENAGLIA. Signor Ministro, lei ci ha detto, nella sua relazione, che conta di avere, nel prossimo futuro, 2.100 nuovi posti nelle nostre carceri. Questi sono interventi relativi a nuove costruzioni e all'ampliamento di costruzioni già esistenti realizzati nelle precedenti legislature da precedenti Governi.
La legge finanziaria ha previsto un taglio di risorse anche in questo settore, pertanto vorrei sapere da lei come pensa di ovviare agli effetti di questi tagli e come pensa di reperire risorse per ulteriori interventi che sono assolutamente necessari poiché, dalla sua audizione del 14 ottobre ad oggi, la popolazione carceraria dovrebbe già essere aumentata di ulteriori 1.000 unità.
In secondo luogo, lei ha indicato due possibili soluzioni - quella del braccialetto elettronico e quella del rafforzamento degli accordi bilaterali per l'espulsione di stranieri sottoposti a condanna definitiva - come soluzioni dirimenti del problema. Ora, in realtà, queste possono essere, al più, considerate come accessorie e, comunque, di difficilissima attuazione immediata. Le chiedo, dunque, cosa nel frattempo il suo Ministero abbia fatto per l'attuazione sul piano organizzativo, normativo ed amministrativo di queste due misure e, soprattutto, quali rapporti, quali iniziative e quali sinergie con la magistratura di sorveglianza siano state realizzate.
Inoltre, vorrei sapere se è in corso un'opera di monitoraggio delle strutture penitenziarie per verificare se e in quali strutture l'esperienza di Milano Bollate possa essere ripetuta e diffusa; in questa sua relazione, infatti, che posso definire una cronaca dell'esistente, a mio avviso non c'è nessuna visione per il futuro.
In altre parole, non è chiaro se il nostro sistema carcerario debba rimanere legato all'esperienza del cosiddetto carcere «fortino», oppure se debba essere finalmente intrapresa con decisione una politica del doppio binario, che preveda il carcere fortino per esponenti della criminalità organizzata e autori di efferati crimini, e strutture diverse con molti più spazi comuni, per l'altro tipo di detenzione. Soprattutto, con questa finalità, le chiedo se la programmazione della costruzione di nuove carceri tenga conto di questo percorso differenziato, oppure se si vuole continuare con la strada classica della ripetizione delle strutture esistenti.
Mi spiego. Il modello del doppio binario, che in Spagna è stato decisamente adottato e che prevede istituti dove la permanenza in cella durante la giornata è molto minore rispetto alla permanenza in spazi comuni e di lavoro, ha dato effetti molto positivi. Riteniamo che anche in Italia una seria politica penitenziaria non possa prescindere da questo tipo di programmazione.
Vorrei, poi, chiedere se questa politica dei tagli che il settore penitenziario ha subìto non significhi l'abbandono di una programmazione accurata e seria degli interventi di edilizia carceraria; in secondo luogo, quali sono gli interventi che ritiene di adottare con riferimento alle cause strutturali di aumento della popolazione detenuta; infine, e soprattutto, quali sono gli interventi che intende adottare con riferimento a quella grande massa di detenuti che entrano nelle carceri per poco tempo e vi permangono in attesa di giudizio.
Con questo credo di essermi attenuto alle indicazioni della presidenza. Ritengo che in un secondo momento debba essere dato uno spazio opportuno e sufficiente alla discussione, all'esito delle risposte del Ministro.

ANTONIO DI PIETRO. Signor presidente, mi scuso per aver prodotto con il mio ritardo una variazione nell'ordine degli interventi.
Signor Ministro, mi atterrò anch'io all'indicazione del presidente, così come ha fatto il collega, ossia all'invito a parlare di carceri e non di massimi sistemi; pertanto, non parlerò della divisione delle carriere.
Pongo la prima domanda alla quale sono interessato per il lavoro che ho svolto da Ministro. Nell'ultimo periodo del travagliato Governo Prodi, ci fu una questione che affrontammo in sede di Consiglio dei ministri, ovvero il fatto che nella


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finanziaria dell'anno precedente mancavano risorse sufficienti per le infrastrutture carcerarie. Chiesi al collega Mastella se nell'ambito delle risorse di sua competenza avesse previsto o fosse stato previsto uno stanziamento del genere. Egli mi riferì che, pur avendo aumentato rispetto all'anno precedente il Fondo unico per la giustizia nel suo complesso, non vi erano risorse sufficienti per ipotizzare ulteriori interventi.
Chiesi, dunque, al Consiglio dei ministri - e lo ottenni, tant'è che fu deliberato ed approvato - un provvedimento che prevedeva l'assegnazione alle infrastrutture carcerarie di una parte dei fondi della legge obiettivo, pari a 80 milioni di euro. Tutto questo uscì dal Consiglio dei ministri, anche se in parte tale cifra fu ridimensionata, a seguito della conversione in legge. Cito questo episodio perché ci fu una bella discussione, tant'è che si disse che i finanziamenti previsti nella legge obiettivo erano fissati per realizzare un'autostrada, piuttosto che l'alta velocità; ebbene, io feci notare che, siccome si trattava di un fondo importante per le infrastrutture in genere, doveva comprendere anche le strutture carcerarie. Lasciai, quindi, tale somma così destinata.
Vorrei adesso capire se quella somma - non è una polemica, mi creda, la mia, è soltanto una domanda, nel senso che proprio non sono riuscito a rintracciarla, può darsi che non ci sia più - è rimasta o se si è persa fra le pieghe di qualche procedura. Certamente fu approvata per legge. In un secondo momento, ho provato anche a chiederlo al mio collega Matteoli, ma lui si interessa molto della Firenze-Mare e poco di questa vicenda; non posso farci niente.
La seconda questione riguarda il fatto che nel suo intervento lei ha stilato un elenco specifico delle attività di sistemazione di nuovi posti letto, per usare un'espressione volgare. In realtà, tutto ciò che lei ha indicato sono opere già programmate in precedenza. Addirittura, per onestà intellettuale, non tutte erano state programmate da noi, ma addirittura da vostro precedente Governo. Con questo voglio dire, dunque, di fare attenzione, perché quei posti letto ulteriori sono stati trovati con risorse e con interventi già stabiliti dai precedenti Governi.
Ebbene, a me interessa sapere, posto che la popolazione carceraria sta aumentando ogni anno di più, quanti nuovi posti letto stiamo trovando. Delle due l'una: o troviamo nuovi posti letto, oppure vi chiedo se è vero o meno che una delle formule alternative cui state pensando è quella, di una certa rilevanza per gli istituti penitenziari, secondo cui viene stabilito che per tutti i reati fino a quattro anni i colpevoli non vengano detenuti in carcere, ma siano mandati a tagliare l'erba dei prati.
Non è questa la sede per trattare tale tematica, ma avremmo sicuramente molto da discutere anche sulla tipologia dei reati e sullo stato di incensuratezza, che non sempre equivale a innocenza, bensì a furbizia.
Per quanto riguarda i posti nuovi di zecca, mi interessa capire se siano stati programmati e se ci siano i soldi per realizzare nuovi posti letto e nuove carceri, o solo nuovi posti letto perché magari esistono già strutture che possono funzionare.
Infine, per quanto riguarda il personale carcerario, lei sa meglio di me, anche perché di recente ne ha parlato espressamente, che con riferimento alle unità carcerarie, rispetto alle circa 45 mila unità previste, ne mancano circa 4.200 o 4.500. Ebbene, nell'ambito di quanto ci ha riferito, ha parlato anche di impiegare le Fiamme azzurre, ma quelle rappresenterebbero la coreografia, utile per fare ginnastica. Ha parlato, invece, bene di 30 o 40 unità, che però rispetto alle 4.500 rappresenterebbero ben poca cosa. Inoltre, se ricordo bene, ha menzionato la conclusione dei concorsi per 395 unità, più altre 50, con riferimento agli educatori. Le chiedo, dunque, se ci sono i fondi per assumerli adesso, oppure se li dovremo vedere - come sta accadendo in questi giorni - fuori da Montecitorio perché hanno vinto il concorso e non possono essere assunti.


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Inoltre, per ottenere quelle 4 mila unità - se vogliamo considerare il personale necessario a gestire una popolazione carceraria uguale a qualche anno fa, che però adesso è aumentata - quali sono le risorse e quali sono gli strumenti per poter assumere questo personale, in che tempistica e secondo quale cronoprogramma?
Credo di essere stato nei tempi. Ad ogni modo, vorrei che un giorno si tenesse un dibattito più in generale sulla giustizia, anche perché ho inviato personalmente al Ministro Alfano ventuno disegni di legge, chiedendogli anche un'audizione. Dunque, vorrei che un giorno se ne potesse discutere, perché credo che nell'ambito della giustizia vi siano molte questioni sulle quali non c'è contrapposizione.
Si stanno affrontando molti temi, anche in materie civili, anche in materia di norme. Possiamo discutere sul fatto che una norma non vada bene, però ci sono molte questioni che io leggo nelle sue intenzioni, nelle mie e in quelle del Parlamento, che possono coincidere. Sarebbe opportuno, dunque, riuscire a trovare una via preferenziale per discutere di ciò che vogliamo realizzare. Se possiamo farlo, facciamolo!

ENRICO COSTA. Il mio intervento sarà brevissimo e legato ad un aspetto particolare, non l'edilizia penitenziaria, ma l'attività di lavoro nell'ambito delle carceri da parte dei detenuti. Le statistiche che sono state rese note anche dal Ministero negli ultimi anni, infatti, hanno evidenziato un quadro piuttosto desolante sotto questo profilo, perché abbiamo moltissimi detenuti che sono in carcere senza svolgere assolutamente alcuna attività lavorativa.
Statisticamente, rispetto al numero di detenuti presenti nelle carceri, il 24 per cento di essi svolge un lavoro. Tuttavia, è necessario porre una netta divisione tra coloro che lavorano alle dipendenze dell'amministrazione penitenziaria, che sono il 21 per cento, e coloro che, invece, lavorano alle dipendenze di ditte esterne. Questa è una distinzione molto importante perché, a detta di tutti coloro che si sono occupati della materia, l'indice di recidivanza e, quindi, di propensione alla ripetizione delle attività criminose, è molto basso in coloro che lavorano alle dipendenze di ditte esterne, per la ragione che costoro imparano a svolgere un'attività lavorativa e, quindi, sono messi in condizione di reinserirsi nel circuito sociale e nel mondo del lavoro.
Purtroppo, invece, coloro che svolgono la loro attività lavorativa all'interno del carcere ma alle dipendenze dell'amministrazione penitenziaria - lo spazzino, il postino e via dicendo - non apprendono alcuna cognizione in materia di lavoro. La normativa in materia, proprio per quanto riguarda la dipendenza da soggetti esterni, si è evoluta molto nel corso degli anni ed è sfociata, poi, nella legge Smuraglia che ha attribuito notevoli benefici, soprattutto dal punto di vista fiscale, alle aziende che ritengano di investire nell'ambito delle strutture carcerarie. Tuttavia, dopo questa legge, è stato veramente minimo l'aumento di soggetti che hanno cominciato a lavorare alle dipendenze di ditte esterne, poiché vi sono ancora alcune barriere oggettive.
A questo proposito, mi ricollego all'aspetto dell'edilizia penitenziaria. Una delle più evidenti barriere è quella relativa alla struttura degli edifici carcerari. Abbiamo degli edifici carcerari vetusti, come ha evidenziato il Ministro nella sua relazione; ne abbiamo alcuni addirittura sottoposti a vincoli per cui è impossibile intervenire. Tali edifici non sono sicuramente passibili di interventi strutturali che consentano, appunto, di allestire dei laboratori o delle strutture lavorative.
Inoltre, chiaramente, il soggetto privato che intende impiantare la propria azienda all'interno del carcere, non è incentivato dal fatto che ci sono dei controlli necessari, delle attività che, chiaramente, rappresentano un elemento di difficoltà, forse anche di paralisi. Accade, dunque, che cercare di investire nell'ambito carcerario diventa in un certo senso antieconomico, nonostante i benefici della legge Smuraglia.
C'è, poi, anche un altro limite, che è quello dei due terzi: la retribuzione dei


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carcerati che svolgono attività a favore di soggetti esterni non può scendere al di sotto dei due terzi rispetto agli stipendi che vengono stabiliti in sede di contrattazione collettiva. Questo è un altro aspetto che, sicuramente, non facilita e non stimola un avviamento verso questa attività.
Io chiederei al Ministro se sono allo studio, a livello ministeriale, delle valutazioni ma anche degli adeguamenti della normativa per incentivare il lavoro dei carcerati alle dipendenze di ditte esterne, tenendo conto che un ostacolo molto forte a questo è la promiscuità dei detenuti all'interno delle carceri.
Tale aspetto è stato evidenziato molto bene nella relazione del Ministro, perché è chiaro che se vi è un turnover molto forte, una situazione soprattutto legata a condizioni di custodia cautelare che sono molto superiori rispetto ai casi di condanne definitive, è molto difficile anche che i soggetti si abituino e si convincano a lavorare per ditte esterne.
La serie di criticità che ho evidenziato rappresentano degli ostacoli in questa direzione, ma ritengo che in un Paese civile, proprio anche per cercare di rispettare quello che è il dettato costituzionale dell'educazione del detenuto, sia utile andare verso interventi normativi di adeguamento della legislazione, che consentano veramente di aumentare questa percentuale e di permettere un minor tasso di recidivanza.

PRESIDENTE. Per quanto concerne l'organizzazione dei nostri lavori, faccio presente che agli interventi di due colleghi iscritti seguiranno le risposte del Ministro, che in tal modo potremo già avere in questa sede. Successivamente potranno prendere la parola altri commissari che intendono formulare ulteriori domande.

MATTEO BRIGANDÌ. Interesse mio e del movimento a cui ho l'onore di appartenere che è garantista, non pentito, è quello di avere una delucidazione su questi dati.
Di questi detenuti, alcuni verosimilmente sono chiamati a scontare meritatamente degli anni di carcere, come risulterà dalla sentenza definitiva; altri, invece, stanno magari scontando una pena detentiva che, in via successiva, sarà ritenuta ingiusta e alla quale si cercherà di porre rimedio attraverso la legge Pinto.
È, dunque, mio interesse sapere quanti alla fin fine stanno in carcere giustamente e quanti patiscono una carcerazione non dovuta. Questo evidentemente è un dato estremamente importante, perché se si celebrassero i processi in tempi ragionevoli si arriverebbe a uno svuotamento delle carceri in modo da avere evidentemente dei risultati positivi in tutto il sistema.
Ricordo che nella legislatura scorsa si è votato l'indulto preferendo far uscire dal carcere persone già condannate piuttosto che altri soggetti che forse avrebbero potuto essere coinvolti con un provvedimento di amnistia. Personalmente, credo che vadano fatti uscire dalle carceri i soggetti innocenti.
Concludo, dunque, chiedendole quante persone che subiscono la carcerazione preventiva alla fine risultano assolte e quanto sia l'ammontare del risarcimento del danno che lo Stato deve a queste persone, proprio perché sono state mal carcerate e mal processate.

PRESIDENTE. Poiché l'onorevole Cassinelli chiede di intervenire, faccio presente che l'organizzazione dei lavori prevede esattamente quello che ho in precedenza annunciato; così è già stato stabilito. Parleranno tutti coloro che si sono iscritti, ma non possiamo permettere l'accavallarsi di un numero eccessivo di domande, altrimenti le risposte non verranno date in maniera esaustiva. Pertanto, regolerei la discussione e chiederei un po' di silenzio.
Se l'onorevole Cassinelli, per esigenze personali, vuole porre le sue domande, lo invito a farlo. Se invece può aspettare, consentiamo al Ministro Alfano di dare le prime risposte.
Do la parola al Ministro per la prima replica.

ANGELINO ALFANO, Ministro della giustizia. Ringrazio tutti per la concretezza


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delle domande. Faccio una brevissima premessa di metodo che vale per questo e per il successivo turno delle mie risposte.
Mi ritengo discretamente preparato in materia. Pur tuttavia, essendovi alcune domande che necessitano di alta precisione tecnica e ritenendo che non sia questa la sede nella quale posso fornire numeri che non sarebbero precisi, mi riservo di far avere la risposta, anche in forma scritta, all'interrogante o alla presidenza della Commissione oppure a entrambi, secondo la decisione della Commissione stessa. Anche perché credo che per questa seduta sia previsto il resoconto stenografico, ragion per cui, qualora i miei appunti dovessero essere deficitari rispetto alla domanda, mi «approvvigionerò» presso la presidenza. Del resto, è solitamente ammesso che il Ministro risponda al turno successivo; tuttavia preferisco non farlo per rispetto di tutte le domande alle quali mi sento di rispondere, a cominciare da quelle poste dall'onorevole Contento.
Uno dei primi fattori di cui ho preso consapevolezza è la lentezza. Di taluni rimedi alternativi all'edificazione di nuove carceri avverto la necessità, perché la loro costruzione mi proietta nel medio periodo, mentre noi abbiamo problemi di immediata urgenza. Su questo invito anche i commissari a fare una riflessione su quali possano essere le strade da percorrere sul piano procedurale. Mi sono giunte proposte anche di estendere la legge obiettivo alla vicenda carceraria nel suo insieme - non quindi in termini di stanziamento quantitativo, ma di ampliamento qualitativo all'emergenza carceraria, rispetto all'urgenza dei progetti - talché nella corsia preferenziale prevista dalla legge obiettivo vengano inserite anche le carceri.
Ho ricevuto varie proposte; sto verificando quali di esse siano compatibili con il nostro assetto ordinamentale, ma anche con il calendario parlamentare.
Per quanto riguarda le schede per le singole opere, per ragioni di sintesi ho fatto un resumé delle informazioni in mio possesso. Comunque, abbiamo le schede sullo stato di avanzamento e sulle ragioni che hanno determinato, laddove vi è stato, il blocco dei lavori; posso provvedere a farvi avere questo materiale più analitico.
Mi è stato chiesto dove possiamo attingere fondi per rilanciare un programma di edilizia carceraria. Credo che a nessuno sia consentito fare il marziano. Abbiamo esponenti della maggioranza precedente, abbiamo ex ministri del settore delle infrastrutture, ragion per cui siamo tutti consapevoli e viviamo tutti sotto lo stesso cielo. Ciò che occorre, a mio avviso, valutare, più che sperare in improbabili incrementi rapidissimi di risorse derivanti da uno stiracchiamento da un lato o dall'altro del bilancio dello Stato, è un serio, trasparente ed efficace utilizzo del rapporto con i privati per valutare in che termini questi ultimi possano intervenire in una logica assolutamente moderna, a condizione che la modernità si sposi, in assoluta trasparenza, con la dinamica della edificazione delle nuove carceri.
A questo proposito, non solo sono pronto ad accogliere suggerimenti filosofici sul project financing o quant'altro, ma se esistono delle ipotesi operative, anche giacenti nei cassetti dei Ministeri o previsti da altri - non ho la vanità di voler dire che tutto ciò che fa questo Governo non era mai stato pensato in precedenza, perché penso che la cultura sia il sedimento del tempo e penso che anche le idee attraverso di esso si raffinino, anche in funzione dell'emergere dei problemi; non ho questa vanità, dunque, e neppure questa gelosia - sono pronto a cogliere eventuali suggerimenti.
Mi spiego. Dalla mia prima audizione sul tema delle carceri, che ho sempre ritenuto scarsamente ideologico e di quelli che non necessariamente devono evidenziare le distinzioni tra gli schieramenti, il mio atteggiamento nei confronti di codesta Commissione è stato innanzitutto di invito a convocarmi per parlare del problema. Inoltre, ho prodotto una ricostruzione della situazione in essere; infine, ed è ciò che sto per dire, mi immagino che da questo incontro possano arrivare non solo domande ma anche parte di risposte.
Vi invito, dunque, a mettere in competizione le risposte ai problemi e non solo


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a porre domande al Ministro. Naturalmente il Ministro risponde, ma siccome i problemi sono noti a tutti e, al momento di parlare davanti alle telecamere o in pubblico, tutti siamo in grado di argomentare, è opportuno che la polemica ad un certo punto si fermi rispetto all'impatto con i fatti che sono già noti. Mi riferisco a strutture carcerarie delle quali talune risalgono alla metà del millennio scorso e anche prima; strutture carcerarie in via di edificazione bloccate; strutture progettate per la costruzione delle quali mancano risorse; i nostri centri storici occupati da carceri vetuste e le nostre periferie, che avrebbero spazi per la realizzazione di nuove carceri, relativamente ai quali non ci sono le risorse.
A fronte di questo, poiché la diagnosi è difficilmente confutabile per la banale considerazione che è risalente nel tempo e non è cambiata dall'anno scorso a quest'anno, l'interrogativo che ci dobbiamo porre è se esistano delle idee condivise su come organizzare la risposta concreta relativamente alla edificazione delle nuove carceri. Se esiste una tesi condivisa, la si può far emergere anche con una mozione della Commissione. Il lavoro della Commissione deve portare anche a fornire degli indirizzi al Ministro che, su questo argomento, mi pare abbia avuto un approccio assolutamente lineare.
La risposta ad un'altra domanda posta dall'onorevole Contento sui nuovi modelli di sorveglianza mi consente una breve riflessione che investe anche domande poste da altri. Il nostro sistema di sorveglianza non è all'avanguardia - condivido il giudizio - e quello sui nuovi modelli di sorveglianza è, invece, uno di quegli investimenti «normativo-regolamentari» che intendiamo fare. Perché è chiaro che implica un minore dispendio di risorse umane, di energia umana e una maggiore razionalizzazione l'idea che i detenuti, nella loro differente ragione di permanenza in carcere, possano essere differentemente detenuti, sempre dentro la struttura carceraria.
Su questo, dunque, assumo l'impegno di tornare in Commissione a riferire sui nuovi modelli organizzativi relativi ai modelli di sorveglianza, sui quali siamo al lavoro e che mi sembrano assolutamente idonei ad affrontare un pezzo del problema.
Badate bene, il problema delle carceri non ha una soluzione. Il problema delle carceri ha una pluralità di soluzioni che, nel loro combinato disposto, possono offrire un rimedio, ma non c'è una questione che, da sola, risolva le problematiche nascenti dal sistema delle carceri. Occorre, dunque, intervenire in modo significativo sulla normativa nazionale - un'ipotesi potrebbe essere quella cui facevo riferimento poc'anzi - e sulle norme regolamentari interne, occorre intervenire in termini economici attraverso, se condiviso, l'intervento dei privati, ma non c'è una questione che risolva l'intero problema.
Allo stesso modo, condivido ciò che diceva l'onorevole Contento sul rapporto tra Ministero dell'interno e Ministero della giustizia. Non c'è da sgomitare; fra l'altro con Maroni ci sono rapporti di grande collaborazione e, se è il caso di dirlo, anche di amicizia. Su scala mondiale - chi ha esperienza di Governo lo sa bene - i G8, che per alcuni Ministeri avvengono in autonomia, nel caso dell'interno e della giustizia avvengono in congiunta. Chi ha esperienza internazionale sa bene che i Consigli europei sulla materia si chiamano GAI, cioè giustizia e affari interni. In altre parole, vi è un comparto che unisce giustizia e interni relativamente alla cui esistenza si può guardare a livello internazionale e mondiale.
Mi riferisco, adesso, all'onorevole Tenaglia e alle numerose domande che mi ha rivolto. Egli mi ha rivolto la critica di avere fatto una ricostruzione dell'esistente. Mi dispiace ma non so inventare, io sono assolutamente legato alla realtà. Sulla soluzione del problema non sono abituato a immaginare voli pindarici, ma resto con i piedi ben piantati per terra. D'altra parte, se il Ministro avesse svolto una relazione omissiva, si sarebbe detto, appunto, che era carente; avendo svolto una relazione dettagliata, si dice che è di pura ricostruzione. Mi rendo conto che qualcosa bisogna


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pur dirla, però io sono convinto che l'offrire da parte del Ministero alla Commissione una risposta assolutamente concreta non può essere una colpa.
Sui rimedi ho già detto. Faccio presente all'onorevole Tenaglia, nei confronti del quale ho sempre manifestato grande rispetto, che credo di essere stato chiaro - e c'è lo stenografico a provarlo - nel non porre al centro delle soluzioni né l'espulsione degli stranieri, né il braccialetto elettronico. Questi strumenti sono esattamente, secondo l'aggettivazione che lei ha usato, una aggiunta, un contorno, un corollario, ma non la soluzione che deriva, piuttosto, dalla statistica e dai numeri.
Se abbiamo cifre di carcerati vicine a 60 mila e - come diceva correttamente l'onorevole Contento poc'anzi - 4 mila sono quelli stranieri a cui sarebbe eventualmente, nel massimale dell'ipotesi immaginata, applicabile quella misura, e in Francia dove viene utilizzato il braccialetto elettronico questo viene applicato a 1.500-2.000 persone, solo uno che è carente di affezione al principio di realtà può immaginare che risolvendo il problema di tre, quattro, cinquemila detenuti, sia risolto l'intero problema. Quindi è chiaro, è in re ipsa che si tratta di una soluzione non centrale.
La questione centrale è l'edificazione di nuove carceri, per due motivi: innanzitutto perché servono nuovi posti e, in secondo luogo, perché le strutture esistenti sono state costruite tra il 1200 e il 1800 del millennio scorso.
Questo per riporre al centro la questione della priorità della scala degli interventi, relativamente ai quali occorre - lo ripeto - la consapevolezza di tutti che per costruire nuove carceri ci devono essere le risorse.
Il bilancio dello Stato - essendo la finanziaria del 2008, sebbene ritoccata da noi con il decreto-legge n. 112, nascente dalla votazione avvenuta in Parlamento stante il Governo Prodi, ovvero il Governo di chi oggi è all'opposizione - tra la data della caduta di quel Governo e la data odierna non è cambiato granché. È noto pure a voi che lo stesso Bersani aveva tagliato alla giustizia 50, 100, 200 milioni; stiamo parlando pur sempre di una linea di continuità nell'ambito dei medesimi anni finanziari. Chiedo, dunque, a ciascuno che, seppur nella diversità delle posizioni, si faccia un forte riferimento alla realtà concreta dei fatti.
Colgo lo spunto molto positivo, invece, dell'onorevole Tenaglia relativamente a una vicenda che - lo dico anche per i magistrati fuori ruolo presenti in aula - secondo me rappresenta un punto centrale di quei nodi della giustizia che sarebbe un bene per il Paese riuscire a sciogliere. Il problema delle carceri compete al Ministero della giustizia e al Governo. Coloro che devono decidere le espulsioni sono i magistrati, ma se il problema esplode, è il Governo che deve trovare la soluzione.
Pertanto, colgo molto positivamente l'idea di una sinergia con la magistratura di sorveglianza; ritengo che questo sia uno spunto assolutamente interessante, perché investe le due questioni di cui ho parlato poco fa. Una è quella delle espulsioni, l'altra è quella di una riorganizzazione dei circuiti penitenziari, la quale non può che partire dalla premessa che senza una sinergia con la magistratura di sorveglianza non si può immaginare che la previsione normativa poi abbia una effettiva realizzazione, perché il nesso è assolutamente ineludibile e imprescindibile.
Lavorerò, dunque, sulla vicenda che mi è stata sottoposta perché la ritengo di assoluto buonsenso e anche di concretezza.
Rispondendo all'onorevole Contento ho parlato dei circuiti penitenziari, mentre rispondendo da qui a poco anche alla domanda relativa alla politica penitenziaria in materia di lavoro, ritengo di assorbire anche la questione che mi è stata posta dall'onorevole Costa.
Abbiamo le statistiche di alcuni buoni esempi nelle carceri; queste mostrano che, laddove si lavora - il riferimento è alle situazioni soggettive studiate dopo l'uscita dal carcere, quindi dei detenuti che poi escono avendo avuto una esperienza lavorativa - la recidiva si abbatte in modo straordinario. Ma non si abbatte del 5, del


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10 o del 15 per cento, si abbatte di percentuali infinitamente più grandi di quelle relative alla mancanza di lavoro in carcere. Infatti, se a un detenuto viene creato un bivio nella vita, quando uscirà potrà scegliere tra andare a lavorare e tornare a delinquere. Se invece, uscito dal carcere, non avendo fatto alcuna esperienza lavorativa, si troverà di fronte all'unica strada che ha conosciuto che è quella del delitto, tornerà a commetterne.
Siamo in contatto con una serie di organizzazioni no profit che hanno straordinarie esperienze in materia per valutare la possibile efficacia di interventi di rafforzamento del lavoro nelle carceri.
Ci scontriamo, però - e anche in questo caso bisogna fare i conti con la realtà per non compiere voli pindarici sganciati dalla concretezza del problema -, con due diversi fenomeni: da una parte abbiamo il fenomeno della porta girevole, per cui ci sono migliaia e migliaia di detenuti che stanno in carcere tre giorni, dunque è impensabile farli lavorare; dall'altra, quello che riguarda migliaia di detenuti in attesa di giudizio, che sono prevalenti, ai quali non è facile immaginare di sottoporre un percorso di rieducazione. La detenzione preventiva, infatti, esclude in re ipsa la rieducazione, in quanto non vi è la certezza che il detenuto sia colpevole e abbia la necessità di essere rieducato, dal momento che egli non è solo presunto innocente, come accade anche ai condannati in primo e secondo grado, ma è specificamente ancora in attesa di essere giudicato per la prima volta.
All'incrocio tra queste due fenomenologie interne alla dinamica carceraria italiana, vale a dire il meccanismo delle porte girevoli e il meccanismo dei detenuti in attesa di giudizio, si potrebbe aggiungere, non come pura riflessione di scuola, bensì come elemento di riflessione concreta, la presenza degli extracomunitari, che è in misura percentuale crescente nelle nostre carceri; ebbene, questi tre elementi riducono fortemente l'area complessiva dei soggetti che potrebbero beneficiare di misure tendenti al lavoro. Di questo è bene che tutti teniamo conto.
L'onorevole Di Pietro mi chiedeva di risorse insufficienti per le strutture carcerarie. Sì, è vero, l'ho già detto. A tale riguardo, siamo pronti a lavorare, ripeto, su una logica di collaborazione anche con i privati; se esistono ipotesi che erano in via di sperimentazione quando è caduto il vostro Governo, vi chiedo di farcele avere.
Mi riferisco al fatto che vi sono, come lei, onorevole Di Pietro, sa meglio di me perché è stato Ministro delle infrastrutture, infinite attenzioni da parte degli imprenditori italiani a ipotesi di collaborazione con lo Stato; ciò, per esempio, al fine di commutare un antico carcere del centro che ha assolutamente scarso valore di pregio in quanto struttura carceraria, perché non è più consono alle esigenze del carcere moderno, ma che per converso, una volta ristrutturato, potrebbe avere uno straordinario valore immobiliare, se venisse valorizzato. In Italia potremmo citare almeno un caso per ogni capoluogo di regione. Il problema si pone, tant'è che arrivano decine e decine di lettere a me come credo che siano arrivate al Ministro delle infrastrutture del precedente Governo. Ebbene, se esistono questioni pendenti o possibilità pendenti da questo punto di vista, siamo pronti ad accoglierle.
Sulla vicenda delle assunzioni sia della polizia penitenziaria, sia degli educatori, è chiaro, onorevole Di Pietro, che intendiamo assumerli. Non vogliamo certo bandire un concorso virtuale, dal momento che l'assunzione non è un titolo onorifico.
Sul tema delle risorse stiamo lavorando per far sì che le risorse coincidano esattamente con i bisogni. Sarebbe la lesione di un diritto vincere un concorso e non essere assunti, perché qualsiasi regola che possiamo introdurre non potrà mai prevedere la possibilità che un bando pubblico di concorso venga negletto di fronte al fatto che vi sono dei vincitori in attesa di chiamata. Pertanto, prendiamo l'impegno comunque di assumerli e troveremo le risorse per farlo.
Sulla valutazione dell'impatto carcerario, con riferimento alle notizie giornalistiche odierne, vorrei precisare, onorevole Di Pietro, che la questione, letta, soprat


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tutto da un giornale, in termini assolutamente poco confacenti alla realtà, null'altro è che l'ipotesi della messa alla prova prevista nell'articolo 29, se non erro, di un disegno di legge presentato dal senatore Li Gotti - Italia dei valori - in data 5 novembre 2008 e fatta propria dal suo intero gruppo parlamentare al Senato. Effettivamente, c'è un anno di differenza: l'articolo 29 ne prevedeva tre. La nostra ipotesi non è oggi all'ordine del giorno del Consiglio dei ministri. Si tratta di una vicenda che approfondiremo nel merito, ma la cui necessità è largamente condivisa dalla dottrina; l'ANM l'ha chiesta, voi avete presentato il disegno di legge come Italia dei Valori al Senato, molti deputati di maggioranza negli anni avevano presentato proposte in merito, ragion per cui pensavo che ci potesse essere una condivisione. Se c'è, bene. Diversamente, faremo un approfondimento per vedere le ragioni e in che termini questa condivisione ci sia o meno.
La differenza tra il vostro articolo 29 e il nostro è il passaggio da tre a quattro anni; il problema si pone nei termini di efficacia deflattiva del provvedimento. Insomma, se si predispone una norma, occorre farla perché venga applicata; se poi questa fa sì che all'imputato convenga farsi il processo e rischiare, perché tanto si tratta di una condanna breve e tanto poi la condizionale è gratis, la norma non serve a niente.
Per questo noi abbiamo puntato sulla certezza della pena su un altro versante, ovvero basta alla condizionale gratis, basta ai benefici che si trasformano in titoli onorifici per cui se una persona è stata condannata a due anni con la condizionale, ergo non è stata condannata affatto. Noi siamo dell'idea che chi ha rotto un patto di associazione con la comunità, chi ha rotto un patto di lealtà con i consociati, chi ha violato la legge paghi dazio e lo paghi anche quando vuole ottenere il beneficio della condizionale.
Quindi basta con la condizionale gratis e con i benefìci, questa è la filosofia nella quale ci muoviamo. Se la persona condannata vuole un beneficio e non vuole andare in galera, dovrà mettersi a lavorare per riparare il danno alla società. In questa logica, immaginiamo un coinvolgimento degli enti locali e degli enti territoriali come soggetti che possano avere un ruolo nel sistema di esecuzione penale.
Mi si chiedeva, inoltre, di avviare una discussione generale sulla giustizia. L'ha chiesto anche il governo ombra nella persona di Tenaglia. Io non ho alcuna difficoltà a confrontarmi, nel merito, su tutti i provvedimenti. Ho anche letto i disegni di legge che lei, onorevole, mi ha inviato con richiesta di incontro e non sono abituato ad essere una persona scortese. Ho letto la gentile lettera da lei inviata; tuttavia, contemporaneamente, mi hanno portato alcune agenzie molto meno gentili, che mi investivano personalmente, pertanto mi sono attenuto al testo dei disegni di legge, ma sarò lietissimo di un incontro che possa produrre una consonanza relativamente al merito di questioni che, spesso, non hanno una connotazione ideologica tale da rappresentare conflitti parlamentari violenti.
Non ho dati sul numero dei soggetti che vengono detenuti e poi assolti; non ho questa statistica, né quella relativa all'entità del risarcimento del danno per ingiusta detenzione. Mi procurerò questi numeri, dopodiché li farò avere a lei, onorevole Brigandì, o alla presidenza della Commissione.

PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro. Faccio presente, essendo pervenute ulteriori richieste di intervento, che esiste un ordine ben preciso, redatto secondo quanto stabilito nel corso della scorsa seduta; pertanto questo ordine sarà rispettato. È chiaro che, essendoci ben quindici iscritti a parlare, non è escluso che oggi non si riesca a terminare l'audizione del Ministro e che lo pregheremo di venire un'altra volta. Considerate che alle 16 dovremo interrompere.
Do nuovamente la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

FEDERICO PALOMBA. Signor presidente, cercherò di essere molto sintetico,


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anche per non ripetere cose già dette da altri. Io ho, fondamentalmente, una domanda da rivolgere al Ministro, partendo dalla sua allarmata relazione per quanto riguarda il sovraffollamento penitenziario: si parla di più di 57 mila detenuti che ora, passato un mese, saranno già 58 mila. Considerato che la capienza ordinaria è quella di 43 mila con una possibilità di allargamento sino a 58-60 mila, possiamo dire che siamo già al limite estremo della capienza. Possiamo dire, inoltre, che questa capienza diventerà sempre più pesante da gestire e da contenere man mano che passerà il tempo e che si aggiungeranno dagli 800 ai 1.000 detenuti al mese.
La mia domanda è molto semplice: vorrei sapere come il Ministro intende far fronte a questo problema. Mi sembra chiaro che non possiamo far ricorso ad un altro indulto. Noi siamo stati contrari, la volta scorsa. Non siamo stati in molti, ma siamo stati molto contrari a quell'indulto in mancanza di una riforma complessiva dell'ordinamento giudiziario, dell'ordinamento penale e dell'ordinamento penitenziario che consentisse di risolvere il problema attraverso mezzi strutturali. Questo, purtroppo, non è accaduto e oggi ci troviamo in questa situazione.
Signor Ministro, la annoveriamo felicemente nella categoria dei cosiddetti «pentiti dell'indulto»: benvenuto fra noi! Ma il punto è questo: se non vogliamo ricorrere a provvedimenti indulgenziali ancora una volta, almeno dobbiamo organizzare una capienza penitenziaria che sia in condizione di accogliere - e in maniera ancora più umana, per l'umanizzazione della pena - il ruolo dei detenuti che non possiamo predeterminare, che non dipende da noi, ma che è quello che le circostanze impongono.
Col decreto-legge n. 112 di luglio il Ministro Tremonti ha tagliato un capitolo per le infrastrutture penitenziarie che era di 55 milioni di euro; nell'ultima finanziaria abbiamo presentato un emendamento che consentiva di recuperare i 55 milioni di euro sottraendoli al finanziamento di quella che abbiamo chiamato «legge mancia», che prevedeva sostanzialmente un intervento a pioggia.
Non si può essere allarmati per un affollamento penitenziario che cresce e contemporaneamente togliere le risorse che possono essere utili per affrontare il problema attraverso il riadattamento degli stabilimenti che già esistono, oppure la costruzione di nuovi.
Ho sentito con piacere che il ricorso ai privati non riguarda lo scambio tra costruzione e gestione. Mi pare che il Ministro possa escludere questo e me ne rallegro. Sembra, invece, che tale collaborazione riguardi soltanto l'ipotesi di permuta tra stabilimenti penitenziari vetusti e altre situazioni. Su questo si può ragionare con una valutazione da parte dei competenti organi statali.
La seconda domanda riguarda il problema della polizia penitenziaria. È chiaro che se verranno aperti nuovi stabilimenti, se ci saranno oltre 2 mila nuove disponibilità di posti, non possiamo far fronte al nuovo assetto con l'attuale organico di 45 mila agenti di polizia penitenziaria, con una vacanza di circa il 10 per cento.
Pertanto, signor Ministro, anche su questo vorremmo chiedere come intende agire, precisando che siamo a disposizione per sostenere un provvedimento governativo che preveda il ripristino dei fondi per l'edilizia e un aumento del personale non solo di polizia penitenziaria, ma anche del personale del trattamento.

ROBERTO RAO. Signor presidente, la ringrazio per avermi concesso la parola in rappresentanza del mio gruppo, benché prima fossi assente; è sempre molto cortese.
Intendo svolgere veramente soltanto una piccola premessa, a partire dalle ultime considerazioni fatte dal collega Palomba. Evidentemente anche noi siamo assolutamente disponibili, senza alcun pregiudizio, a dare il sostegno pieno a qualsiasi iniziativa della maggioranza o del Governo che vada nella direzione di trovare nuovi fondi, della cui carenza spesso si lamenta, signor Ministro, per l'edificazione


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di nuove carceri e la ristrutturazione di quelle esistenti, oltre che - e soprattutto - per il personale.
Le strutture, infatti, sono importanti, ma il personale è importante almeno quanto le strutture, sia sotto il profilo del numero, sia sotto il profilo della qualificazione, sia, soprattutto, sotto il profilo del benessere di chi lavora in un regime complesso come quello carcerario.
Innanzitutto, nella mia premessa non posso che darle atto della disponibilità e della grande attenzione che ha sempre dato alla nostra Commissione. Questa è una Commissione fortunata per l'attenzione che riceve dal Ministro di riferimento.
Condividiamo la sua buona volontà, l'impegno, la capacità di lavoro: sono tutti buoni propositi. Tuttavia, evidentemente, le carceri traboccano. È di ieri l'annuncio dell'OSAPP - ma non era necessario che lo desse l'OSAPP - del superamento della soglia dei 58 mila detenuti nelle carceri. Questo dato rappresenta una sconfitta per tutti; lo è per questo Governo, ma lo è anche per il Parlamento se non riesce a dare una immediata risposta.
Visto che i soldi mancano e siamo sempre costretti a gestire la situazione in fase emergenziale con interventi presumibilmente di emergenza e senza pianificazioni, vengo subito al punto.
Sul provvedimento annunciato oggi, che lei dice essere stato in parte distorto sugli organi di informazione, le chiediamo un approfondimento, se possibile anche in Commissione, per evitare che poi emergano messaggi fuorvianti che possano essere interpretati in maniera non univoca.
La richiamo, inoltre, ad alcuni degli annunci lanciati dal Governo in campagna elettorale, ovvero il programma a cui lei sempre si richiama, signor Ministro, con una coerenza stringente che rivendica e che come metodo apprezzo. Tuttavia, alcuni di quegli annunci sono rimasti tali. Parlo della sperimentazione dei braccialetti elettronici, strumenti, mi pare, ancora di dubbia affidabilità, sulla quale si è aperto anche un piccolo contenzioso con il Ministero dell'interno. Ebbene, vorrei capire a che punto siamo con questa sperimentazione, con i costi che ancora si devono sostenere per attivarla e quali prospettive questa abbia.
Per quanto riguarda la costosa ristrutturazione delle vecchie sedi carcerarie, in parte lei ha risposto, tuttavia forse sarebbe importante che venisse stanziata qualche cifra in più e che lo si facesse in tempi rapidi.
Un altro suo annuncio riguardava l'espulsione dei detenuti stranieri. Far scontare la pena nei Paesi di origine sarebbe sicuramente positivo. Ciononostante, spesso questo fallisce per la mancanza di accordi internazionali con i Paesi da cui i rei provengono. Sarebbe importante, dunque, capire a che punto sono questi accordi bilaterali e quali di essi sono stati messi in campo.
In ultimo, per quanto riguarda il personale, che dicevamo essere importante almeno quanto le strutture, lei ha risposto già precedentemente, quindi non mi dilungo oltre sui vincitori dei due concorsi rispettivamente per educatori penitenziari e per psicologi, e sulla situazione della polizia penitenziaria che è sotto organico. Vorremmo, però, da lei delle rassicurazioni in ordine alla data di tali assunzioni. Ho capito che vi è l'impegno, ma le chiedo se sia possibile essere più stringenti.

LUIGI VITALI. Signor presidente, sarò veramente telegrafico, dal momento che mi ritengo molto soddisfatto di alcune dichiarazioni rese quest'oggi dal Ministro, che rendono giustizia alla valutazione di un problema: le carceri sono fondamentali, perché costituiscono, insieme ai tempi del processo, il problema della giustizia.
Noi, come maggioranza e come Governo, vogliamo dare certezza alla pena. Vogliamo modificare la legge Gozzini, che oggi tiene in misura alternativa circa 70-80 mila detenuti. Bisogna, dunque, realizzare nuove carceri.
Consiglierei al Ministro di bypassare la possibilità di studiare il modo per creare una legge obiettivo, per avere una velocizzazione dei tempi, perché comunque rimarrebbero due problemi. Il primo di


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carattere economico, perché difficilmente potremmo avere un programma di risorse nel tempo tale da poter realizzare delle carceri. Il secondo si manifesterebbe perché avremmo coperto una parte del problema, ma rimarrebbe quello relativo al personale, che, aumentando i posti per i detenuti, dovrebbe proporzionalmente aumentare.
Credo che si debba puntare sull'intervento dei privati, come avviene in altri Paesi, tenendo conto del fatto che oggi un detenuto costa da 250 a 300 euro al giorno. Ritengo che vi sia la possibilità di affidare ai privati la costruzione delle carceri con la gestione dei servizi; non parlo del controllo dei detenuti e non mi riferisco alle permute; questa collaborazione andrebbe impostata raggiungendo delle intese con i comuni, che potrebbero trasformare in suoli edificatori aree periferiche o non edificatorie, per potervi installare degli istituti penitenziari, con l'impegno da parte dello Stato a pagare un canone di locazione per una durata congrua che permetta al privato di rientrare delle somme.
In tal senso, signor Ministro, sono convintissimo di questa iniziativa. Al riguardo, le anticipo la presentazione di una mozione sulla quale vorrei aprire una discussione per verificare le modalità di questo intervento.

PRESIDENTE. Nel ringraziare il Ministro Alfano per la disponibilità manifestata, rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta.

La seduta termina alle 16.

II Commissione (Giustizia)

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