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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione II
8.
Martedì 7 luglio 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Bongiorno Giulia, Presidente ... 2

Audizione del direttore della Direzione centrale per i servizi demografici, prefetto Annapaola Porzio, nell'ambito dell'esame delle proposte di legge C. 36 e abb., recanti disposizioni in materia di cognome dei figli (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Bongiorno Giulia, Presidente ... 2 4 5 6 8 9 10 11 12 13 15 16
Bernardini Rita (PD) ... 3 13 14 15
Brigandì Matteo (LNP) ... 12
Costa Enrico (PdL) ... 9
Ferranti Donatella (PD) ... 8 9
Follegot Fulvio (LNP) ... 12
Mazza Rosalia, Viceprefetto dirigente Area III Stato civile servizi demografici ... 5
Melis Guido (PD) ... 6
Napoli Angela (PdL) ... 11
Paolini Luca Rodolfo (LNP) ... 10
Porzio Annapaola, Direttore della Direzione centrale per i servizi demografici ... 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 14 15 16
Rao Roberto (UdC) ... 6 16
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP.

COMMISSIONE II
GIUSTIZIA

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di martedì 7 luglio 2009


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIULIA BONGIORNO

La seduta comincia alle 12,15.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione del direttore della Direzione centrale per i servizi demografici, prefetto Annapaola Porzio, nell'ambito dell'esame delle proposte di legge C. 36 e abb., recanti disposizioni in materia di cognome dei figli.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del direttore della Direzione centrale per i servizi demografici, prefetto Annapaola Porzio, nell'ambito dell'esame in sede referente delle proposte di legge C. 36 e abbinate, recanti disposizioni in materia di cognome dei figli.
Considerato che la predetta direzione, nell'ambito del Dipartimento per gli affari interni e territoriali del Ministero dell'interno, svolge compiti di indirizzo e coordinamento, fornendo un costante supporto all'azione degli enti locali e delle prefetture UTG in materia di stato civile, l'audizione servirà a capire quali possano essere le ricadute organizzative per lo stato civile dell'introduzione, all'interno del suo ordinamento, del principio del doppio cognome, che rappresenta la novità più rilevante delle richiamate proposte di legge, nonché del testo unificato da me proposto e adottato dalla Commissione giustizia.
Il prefetto Annapaola Porzio è accompagnata dalla dottoressa Rosalia Mazza. Nel ringraziarle per questa audizione, faccio presente che esse non potranno depositare una relazione oggi, ma ne faranno pervenire una entro breve. Questa è, tuttavia, un'audizione formale e pertanto sarà redatto un resoconto stenografico.
Inoltre, comunico ai nostri ospiti che, anche se le persone presenti fisicamente durante le audizioni sono poche, in realtà ciascuna di esse rappresenta un intero gruppo. È ovvio, dunque, che le considerazioni che saranno fatte, oltre che essere riportate integralmente, saranno riferite dai presenti - che siano i capigruppo o persone che si occupano della materia - a tutti i componenti del loro gruppo.
Do la parola alla dottoressa Porzio, invitandola a esporre la sua opinione su queste proposte di legge. Eventualmente, poi, se qualcuno dei presenti lo riterrà opportuno, potrà porle delle domande.

ANNAPAOLA PORZIO, Direttore della Direzione centrale per i servizi demografici. La ringrazio moltissimo, presidente, e ringrazio tutti i convenuti.
Comprendo benissimo le ragioni per cui sono presenti poche persone, e anzi le ringrazio tutte, perché so che per assistere a questa audizione sottraggono tempo anche ad altri impegni.
La sensibilità per la materia dello stato civile è una cosa che ci onora. Siamo stati investiti, infatti, di una competenza molto delicata, che per giunta ci viene dal Ministero della giustizia e che abbiamo ricevuto con la consapevolezza dei numerosissimi problemi che comporta.


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Ringrazio moltissimo il presidente della Commissione per aver voluto pensare ad una normativa sull'aggiunta del cognome materno. Nella nostra esperienza ormai pluriennale, seguendo le esigenze dei cittadini, ci siamo resi conto che la richiesta di aggiungere il cognome materno è ormai assolutamente diffusa.
Il problema è semmai un altro. Penso di potervi esporre, se volete, la nostra piccola esperienza nel settore del cambiamento del cognome. Sono moltissimi i cittadini che non si accontentano, o non gradiscono il cognome che portano, e quindi chiedono all'amministrazione di provvedere al suo cambiamento. Una grandissima parte di questi cittadini - ripeto - chiede l'aggiunta del cognome materno. Su questo tema la normativa in questione interviene in maniera appropriata e tempestiva. Si rappresenta, peraltro, che vi sono moltissime persone straniere, che hanno ottenuto la cittadinanza, che recavano già nei loro Paesi dei cognomi diversi, rispetto a quelli assegnatigli con il decreto di cittadinanza italiana.
Se si guarda al panorama delle richieste che ci pervengono, si rimane colpiti da quanto possa sbizzarrirsi la fantasia dell'uomo: vi sono richieste - peraltro giustificatissime - relative all'anteposizione, all'assunzione del nome di una terza persona senza alcun grado di parentela, all'aggiunta di ogni possibile predicato nobiliare, al cambiamento radicale del cognome. Per la verità, presidente, abbiamo persino ricevuto una richiesta da parte di una persona che si voleva chiamare Berlusconi, il che dimostra che non c'è limite al genere delle richieste.

RITA BERNARDINI. Ha cambiato idea nel frattempo.

ANNAPAOLA PORZIO, Direttore della Direzione centrale per i servizi demografici. Non so risponderle, ma ho citato questo caso per mostrare come non ci sia un limite nelle richieste. Ritengo, quindi, che su questo punto sarebbe opportuno riflettere attentamente.
Per quanto riguarda l'aggiunta del cognome materno dal nostro punto di vista il problema non si pone. Semmai, il problema è rappresentato dallo stato civile nel suo complesso.
Lo stato civile, infatti, è depositario di una funzione quasi notarile, e in questa sua funzione deve avere le idee assolutamente chiare e rispettare norme - a mio avviso - il più possibile precise. Occorre tenere conto che lo stato civile si suddivide per ciascuno dei circa 8100 comuni italiani: il numero non è mai fisso perché ne nascono o se ne accorpano in continuazione. Dunque, se ne occupano circa 30.000 operatori, la cui professionalità è squisita, e la cui dedizione al servizio del cittadino e dello Stato è totale; spesso, tuttavia, necessitano di continui aggiornamenti professionali per la delicatezza della materia che svolgono e poche norme, chiare e precise.
Il messaggio che mi sento di dare al legislatore è quello di individuare con chiarezza le indicazioni da dare all'operatore dello stato civile, in modo che possa effettivamente eseguirle.
Per quanto riguarda il testo che abbiamo esaminato, siamo dunque concordi sull'aggiunta del cognome materno. La nostra richiesta è, semmai, che valutiate fino in fondo se questo possa essere lasciato alla scelta di chi effettua la dichiarazione. Non spetta a me esprimermi su quale sia la soluzione migliore. Fino ad oggi lo stato civile si è retto sul principio che il nuovo nato prenda il cognome del padre. Va valutato se sia veramente opportuno mutare in maniera così radicale questo tipo di scelta, o se non sia invece più conveniente accettare un passaggio intermedio - che per parte nostra chiediamo con forza - cioè l'aggiunta del cognome materno a quello paterno, perché è la materia in sé che si adatta con difficoltà a salti così repentini.
Può essere calzante il paragone con l'attività di un notaio, il quale è tenuto ad applicare regole estremamente rigide, che però salvaguardano l'esito finale. Personalmente non considero sbagliato in sé che si possa scegliere se dare il primo cognome, il secondo o altro al proprio figlio. Lo trovo giusto e piacerebbe anche a me


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poter scegliere. Tuttavia, da un punto di vista concreto non sono in grado di valutare quanto tutto questo possa garantire la perfetta riconoscibilità delle persone e allo stesso tempo rendere semplice il lavoro dei nostri operatori.
Aggiungerei anche una tristezza di storia patria: non siamo ancora riusciti, benché la legge ci obblighi, a informatizzare lo stato civile: non per cattiva volontà, ma per le difficoltà della materia.
La legge ci impone di conservare in doppio originale, praticamente per sempre, gli atti dello stato civile. La tecnologia si va comunque evolvendo e probabilmente, nel giro di qualche anno, riusciremo a trovare una soluzione, possibilmente accentrata, che ci consenta di trasportare i registri dal supporto cartaceo ad un altro più moderno e duraturo. Per il momento questa soluzione non c'è e i registri di stato civile sono ancora compilati e raccolti in libroni in duplice copia. Obiettivamente bisogna stare attenti: in presenza di casi particolari - per esempio se il primo cognome, quello del padre, dev'essere posposto al secondo, quello della madre - sarebbero ancora più frequenti gli errori, che peraltro già si verificano. Per contro, l'informatizzazione consentirebbe anche una gestione più semplice di ciascun caso differente.

PRESIDENTE. Lei faceva presente che la Direzione centrale per i servizi demografici sarebbe favorevole al doppio cognome, ma che la discrezionalità creerebbe un po' di confusione.
Vorrei sapere - anche per sommi capi - come si svolge attualmente la procedura in merito? Che cosa succede quando nasce un bambino?

ANNAPAOLA PORZIO, Direttore della Direzione centrale per i servizi demografici. La nascita viene denunciata direttamente dalla struttura ospedaliera o, più spesso, dal padre, all'ufficio di stato civile del comune; il quale attribuisce al nuovo nato il cognome paterno, se trattasi di figlio legittimo; se figlio naturale e il riconoscimento è effettuato da entrambi i genitori il neonato acquista il cognome paterno o altrimenti quello del primo genitore che riconosce il figlio.

PRESIDENTE. Ma se il padre dice è nato questo figlio.

ANNAPAOLA PORZIO, Direttore della Direzione centrale per i servizi demografici. Se il padre denuncia la nascita del bambino - immaginiamo che si chiami Francesco - è evidente che lo sta riconoscendo. Il bambino, dunque, si chiamerà Francesco Porzio, supponendo che Porzio sia il cognome del padre.

PRESIDENTE. Se lo denunciasse il padre dando, però, il cognome della madre, potrebbe farlo?

ANNAPAOLA PORZIO, Direttore della Direzione centrale per i servizi demografici. Non potrebbe. Per la legge attuale il bambino prende il cognome paterno, a meno che, nei casi di filiazione naturale, a denunciarlo non sia soltanto la madre e il padre non lo riconosca.

PRESIDENTE. Se si presenta, invece, una donna a denunciare la nascita del suo bambino, le chiedete l'identità del padre?

ANNAPAOLA PORZIO, Direttore della Direzione centrale per i servizi demografici. È sufficiente che non lo nomini. Se la donna non dovesse nominare il padre - supponiamo che non ci sia o che lei non voglia farne il nome -, il bambino prende il cognome della mamma, purché questa non sia sposata e quindi il padre non sia il marito.

PRESIDENTE. E nel caso in cui la madre si presentasse solo per motivi di comodità, ed esistesse un marito?

ANNAPAOLA PORZIO, Direttore della Direzione centrale per i servizi demografici. In tal caso il nuovo nato prende il cognome del marito, purché la donna dichiari che trattasi di figlio concepito con il marito.


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PRESIDENTE. Di solito viene il padre a fare la denuncia?

ROSALIA MAZZA, Viceprefetto dirigente area III Stato civile servizi demografici. No, in realtà la donna può farla direttamente in ospedale dopo aver partorito.

ANNAPAOLA PORZIO, Direttore della Direzione centrale per i servizi demografici. Non dimentichiamo il passaggio della struttura ospedaliera, che forse è sfuggito per mancanza di pratica.
L'ostetrica, o un altro membro del personale sanitario, recepisce direttamente in ospedale la nascita e compila un atto, destinato all'ufficio di stato civile, nel quale dichiara che in una certa data è nato un bambino di nome Giuseppe o Francesco, che prende il cognome del padre, per esempio Porzio, il quale era presente al momento della compilazione.

PRESIDENTE. Nell'ipotesi in cui non esista il padre...

ANNAPAOLA PORZIO, Direttore della Direzione centrale per i servizi demografici. Il bambino prende il cognome della madre.
La norma prevede, inoltre, la possibilità di esperire una procedura di cambiamento o di aggiunta del cognome da parte di coloro i quali desiderano, per le ragioni più diversificate, aggiungere o modificare in parte il cognome.

PRESIDENTE. Nell'ipotesi in cui una persona volesse oggi, senza avvalersi delle nuove norme che stiamo studiando, aggiungere il cognome della madre a quello del padre, come dovrebbe comportarsi e quanto tempo impiegherebbe per ottenerlo?

ANNAPAOLA PORZIO, Direttore della Direzione centrale per i servizi demografici. Attualmente è necessario inoltrare una domanda alla prefettura, la quale deve svolgere una istruttoria da inviare al Ministero dell'interno, nello specifico all'ufficio che io dirigo, la cui competenza in questione è assegnata alla dottoressa Mazza, che emetterà il relativo decreto di accoglimento o di rigetto dell'istanza dopo attenta valutazione.
Nel caso di aggiunta del cognome materno, la procedura è molto rapida e non vengono svolte particolari istruttorie, salvo la verifica dell'identità dei genitori, per la quale abbiamo bisogno di una serie di documenti che l'interessato deve inoltrarci. Il problema risiede nel sovraccarico di lavoro che grava sull'ufficio, cui pervengono circa 1500 richieste all'anno, un numero obiettivamente consistente.
Ad ogni modo, una volta adottata la procedura, si redige una relazione, si predispone un decreto che abilita la persona a compiere le affissioni. Il decreto, dopo essere stato firmato dal sottosegretario, torna alla prefettura competente. Il cittadino viene informato e affigge il decreto alla casa comunale per trenta giorni, per consentire a chi ne avesse diritto, eventualmente, di fare delle opposizioni. Dopo ulteriori trenta giorni - per dare alla persona che si volesse opporre tutto il tempo di farlo - il decreto torna in prefettura e poi a noi predisponiamo il decreto definitivo, che verrà registrato negli atti dello stato civile, così che il soggetto da quella data avrà acquisito quel nuovo cognome.

PRESIDENTE. Quindi anche in queste condizioni di affanno e seguendo questa lunga procedura - da quello che ho capito, per adesso siamo in questa situazione anche perché manca la digitalizzazione - quanto tempo passa, nella normalità?

ANNAPAOLA PORZIO, Direttore della Direzione centrale per i servizi demografici. Onestamente, nella normalità purtroppo passa circa un anno. È troppo, lo so, ma è la verità rispetto alla tempistica prevista per legge per i procedimenti amministrativi. Va detto, comunque, che oggi è stato ridotto alla metà il tempo di attesa.

PRESIDENTE. Inoltre, lei faceva un cenno al problema degli stranieri, di cui dobbiamo anche tenere conto. Cosa chiedono gli stranieri?


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ANNAPAOLA PORZIO, Direttore della Direzione centrale per i servizi demografici. Anche in questo campo ci sono varie opzioni. Ad esempio, abbiamo un problema con gli stranieri sotto il profilo della cittadinanza. Quando, infatti, acquisiscono la cittadinanza italiana, automaticamente gli viene assegnato il primo cognome, nell'idea tutta italiana che il primo cognome sia quello del padre. Abbiamo, invece, nuovi cittadini di origine araba che hanno strani nomi che si compongono del nome del padre, del nome del nonno, più il nome di non so cosa e infine hanno il loro nome proprio.
Spesso si trovano a non riconoscersi in questo nuovo nome, perché una persona che si chiama Abdul Hamed Moammar Youssef diventa solo Abdul Youssef, dove Abdul sarebbe il cognome presunto del padre e Youssef il nome. Sostanzialmente questi in Italia si chiama Abdul, mentre nel suo Paese si chiama Abdul Hamed Moammar Youssef.

ROBERTO RAO. Tante persone con lo stesso cognome.

ANNAPAOLA PORZIO, Direttore della Direzione centrale per i servizi demografici. Sì, assolutamente

PRESIDENTE. Mi scusi. Chi vuole intervenire, può farlo. Anzi, più domande ponete, meglio è, perché sfruttiamo al massimo questa audizione. Vi chiedo soltanto, per agevolare la stesura del resoconto integrale, di segnalarmelo. Comunque l'intervento precedente era dell'onorevole Rao.
Vorrei porre un'ultima domanda, così esaurisco il mio intervento. Da quello che abbiamo qui studiato, emerge tra l'altro che nei vari Paesi ci sono criteri diversi: in alcuni Paesi - alcuni dei commissari infatti lo proponevano - ai genitori è data la possibilità di scegliere liberamente; in altri Paesi ci sono dei criteri subordinati, che stavamo cercando di capire quali potrebbero essere. Io personalmente sono dell'idea di dare obbligatoriamente una regola certa iniziale - magari quella del doppio cognome - e di obbligarli a seguirla per evitare confusione, ma anche perché sono convinta che se ci fosse discrezionalità, non verrebbe fatto.
Ad ogni modo, a parte la mia idea - ognuno di loro ovviamente ha proposto delle idee anche diverse dalla mia - quello che mi chiedo è se, poiché in altri Paesi europei viene utilizzato il cognome della madre o vi è comunque maggiore discrezionalità, poi tutto questo non crei problemi quando uno di loro viene a vivere in Italia.

ANNAPAOLA PORZIO, Direttore della Direzione centrale per i servizi demografici. Naturalmente il problema c'è. Nell'Europa allargata ci sono le più diverse possibilità. Ad esempio, nei Paesi dell'Est, come la Russia, le donne assumono il cognome del marito e lo mantengono anche dopo che si sono separati legalmente; quando vengono in Italia e - supponiamo - prendono la cittadinanza italiana, succede l'ira di Dio, perché naturalmente, dal nostro punto di vista, non possiamo riconoscere al marito alcun ruolo rispetto alla signora, nel decreto di cittadinanza le imponiamo il cognome del padre, secondo la legge italiana.
A mio parere, dovrebbe esserci un'assoluta elasticità nei confronti di chi da noi viene e chiede la cittadinanza, perché è giusto che una persona mantenga la propria identità: perché deve necessariamente prendere il cognome del padre se, supponiamo, nel suo Paese vige una norma per cui si ha il cognome della madre? Su questo punto non possiamo costringere le persone.
Tuttavia, sommessamente, devo dire che una regola che sia certa, qualunque sia la regola, secondo me, per lo stato civile è quanto mai opportuna.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

GUIDO MELIS. Ringrazio molto la dottoressa.
Mi sembra che lei sia piuttosto tranquillizzante sull'ipotesi di aggiungere, se


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ho capito bene, il cognome della madre al cognome del padre. Mi è sembrata, però, un po' allarmata, forse più di quanto non ci ha voluto dire, su altre ipotesi che pure circolano. Per esempio, rispetto all'ipotesi del cognome scelto di volta in volta, con la possibilità, quindi, che nello stesso nucleo familiare insistano due cognomi diversi, vorrei che lei ci desse delle risposte relativamente allo stato dell' amministrazione in questo campo e alla capacità di risposta dell'amministrazione stessa.
Le confesso che, conoscendo l'amministrazione italiana per averla praticata e studiata negli anni scorsi, sono un po' preoccupato della situazione che abbiamo di fronte. Abbiamo uno stato civile che sostanzialmente non è informatizzato e che si basa, se capisco bene, sui registri su cui si scrive con bella calligrafia il cognome. Se io domani, come cittadino, andassi a chiedere semplicemente lo stato di famiglia, in una situazione in cui fosse intervenuta una norma che avesse consentito ciò che abbiamo detto prima, come mi trovereste?

ANNAPAOLA PORZIO, Direttore della Direzione centrale per i servizi demografici. Onorevole, mi corre l'obbligo di essere assolutamente onesta, altrimenti si vanificherebbe questo momento che è invece particolarmente importante, soprattutto per noi.
Attualmente nessuno ha più la bella grafia, quindi i formulari sono degli ampi documenti stampati inseriti in un computer. Oggi l'operatore digita - sperando che i digiti correttamente - e poi stampa. Dopodiché, il tutto viene rilegato in questi meravigliosi registri e conservato in doppia copia: una copia è custodita presso il comune, l'altra copia dovrebbe essere ora presso la prefettura. Che io sappia, sono pochissime le prefetture che hanno preso questi registri. Questo sarebbe semplicemente l'equivalente del back up che si fa normalmente, quando si dispone di un sistema informatizzato.
Tutto si può fare. La mia collega, che è molto più prudente di me, mi ha fatto notare più volte che non c'è niente che non si possa fare. Il problema è verificare quale è l'impatto che questo può avere sulle persone. La nostra società è poi veramente pronta ad accettare un discorso di questo tipo? Io non lo so.
Noi siamo funzionari dello Stato - forse tra gli ultimi rimasti, per quanto riguarda la professione - quindi se dobbiamo accettare questa soluzione, noi siamo in grado di poterlo fare. Naturalmente, occorre fare attenzione alle conseguenze non tanto nell'immediato, quanto sulla seconda generazione, in cui esisterà un ragazzo che magari porta il primo cognome della madre e il secondo cognome del padre.
Il limite che a mio parere dovremmo assolutamente mantenere, è il nucleo familiare; che due figli degli stessi genitori possano avere cognomi diversi mi pare francamente eccessivo. Peraltro nel documento che ho letto, e che mi è molto piaciuto, è indicato il proposito di mantenere almeno questo, in una famiglia.
Se chiedete anche una mia opinione personale, penso che l'aggiunta del cognome materno sia una possibilità giusta e anche molto desiderata; peraltro, da donna, non potrei certo essere di parere diverso. Mi piacerebbe molto che i miei due figli maschi avessero anche il mio cognome.
Per quanto riguarda, invece, l'ipotesi di lasciare la scelta dell'ordine dei cognomi, la trovo una soluzione molto rischiosa, perché in questo momento le famiglie si separano, successivamente ci si unisce con altre persone che hanno altri figli, i quali seguono strade e percorsi stranissimi; ci troveremmo, dunque, di fronte a problematiche amministrative davvero pesanti.
Anche a fini socio-culturali, abituiamoci gradatamente ad un nuovo modo di vedere la nostra identità. Consideri, onorevole, che cosa può accadere nel nostro Meridione; io sono di origini meridionali, quindi penso di poterlo dire. Purtroppo non ho chiamato mio figlio con il nome di mio suocero ed è successa la fine del mondo: si immagini se il cognome non fosse stato il suo, cosa sarebbe potuto accadere!


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PRESIDENTE. Grazie. Onorevole Ferranti

DONATELLA FERRANTI. La ringraziamo per queste riflessioni e anche per l'esperienza e la professionalità che porta in questa aula di Commissione che ci consentirà poi di trarre le valutazioni politiche più adeguate; la questione è se la legge possa essere in questo momento uno sprone in più per avviare un ricambio anche culturale e sociale, oppure un qualcosa che comunque tenga conto delle varie difficoltà che ci possono essere dal punto di vista culturale o, ancora, di recepimento.
La nostra richiesta di audizione, per quanto riguarda il suo ufficio, tendeva a individuare soprattutto gli aspetti tecnici, nel caso in cui - al di là della lunghezza o meno della procedura e l'affanno del vostro ufficio - si optasse per la scelta indicata in questo testo base, che comunque deve essere ancora emendato e votato, dunque è solo un'ipotesi di lavoro.
Secondo questa proposta, prendendo spunto anche da altri ordinamenti, in Italia i coniugi individuerebbero il primo dei due cognomi. Non c'è, infatti, la scelta di un cognome, come in altri ordinamenti dove per esempio si può scegliere anche quello della madre; nel nostro caso, il problema sarebbe sostanzialmente quale mettere per primo. Pertanto, se vi è l'accordo, questo cognome potrà essere anche della madre, in ipotesi, e da qui discenderà la scelta del cognome per i figli e, a catena, dei vari successivi nipoti. Al contrario, se non vi è l'accordo, viene individuato un meccanismo oggettivo, automatico.
Ebbene, a prescindere dalle scelte che imporranno ulteriori meditazioni, vorremmo sapere dal punto di vista tecnico quali ricadute possono esserci, non tanto sulla quantità di lavoro o sulla farraginosità burocratica, ma proprio rispetto ad alcuni casi o aspetti che lei, o un funzionario che segue particolarmente questo settore, ci potete segnalare, eventualmente per sconsigliare «in maniera tecnico-giuridica» la scelta di una soluzione, per esempio, non basata sull'accordo. Penso soprattutto ai discendenti e via dicendo.
Noi possiamo limitarci a immaginare, ma francamente, dopo il primo momento, ovvero la nascita del bambino e quindi l'imposizione dei due cognomi con un criterio oggettivo, si succedono numerose conseguenze, ad esempio la nascita dei fratelli, dei primi figli dei fratelli, e non è chiaro, ad esempio, chi dà il segnale di partenza della famiglia successiva nella sua progressione.
Vorremmo che ci esponeste uno studio basato anche sulla casistica che potreste avere avuto, o comunque sulla vostra esperienza, perché vorremmo evitare comunque, almeno per quanto mi riguarda, di creare delle complicazioni ulteriori proprio nel servizio dello stato civile, quindi anche nella certezza dei diritti.
In secondo luogo, la procedura per aggiungere un cognome è molto complicata. Ora, potrei comprendere che la si applicasse nei casi in cui si voglia aggiungere un altro cognome, ma se ho ben capito - ho cercato di verificarlo nel regolamento per la revisione e la semplificazione dell'ordinamento dello stato civile, decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000 - questa stessa procedura è prevista anche per la mera aggiunta del cognome della madre. Questo è un aspetto che non conoscevo. Un conto è aggiungere il cognome di un estraneo, ben diverso è aggiungere quello della madre. Si deve svolgere la stessa trafila oppure è prevista una semplificazione, trattandosi della madre?

ANNAPAOLA PORZIO, Direttore della Direzione centrale per i servizi demografici. Rispondo subito a questa ultima domanda, sicuramente la più semplice. La procedura è la stessa. Consideri che da un paio di anni, più o meno da quando dirigo questo settore, sull'aggiunta del cognome materno la decisione si determina de plan, anche in relazione ad una sentenza della Corte Costituzionale del 2005. La procedura viene seguita per intero ed è una procedura sicuramente molto farraginosa. Certo, sarebbe preferibile che l'aggiunta del cognome materno fosse un fatto automatico.
Detto questo, è necessario il consenso dei coniugi quando si tratta di figlioli


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minori, per esempio. È capitato di recente che per un figliolo minore i due genitori fossero entrambi d'accordo, ma al momento dell'emissione del decreto di affissione c'è stata l'opposizione del padre che, nel frattempo, si era separato dalla madre. Questo è solo un esempio, ma le casistiche sono le più disparate.

PRESIDENTE. In caso di separazione, se il figlio è minore?

ANNAPAOLA PORZIO, Direttore della Direzione centrale per i servizi demografici. In caso di separazione, se non vi è obiezione alcuna, non c'è problema e se la procedura è conclusa tale rimane. Se, però, questo accade nel corso della procedura e il padre si oppone, noi dobbiamo valutare se assecondare o meno la richiesta nell'esclusivo interesse del minore. Nei casi, per esempio, di casi di perdita della potestà genitoriale da parte del padre, disposta con sentenza, assecondiamo l'istanza della madre di assegnare solo il suo cognome al figlio.
La legge stabilisce che il figlio legittimo deve avere il cognome del padre. Questa è la norma.
Lo stato civile si caratterizza per una estrema complessità, perché ha una sua rigidità correlata alle norme di diritto civile e di diritto civile internazionale. Per altri versi, questa rigidità è necessaria, al fine di indicare agli operatori una strada univoca da seguire nel registrare la vita di una persona.
Rispetto alla sua prima domanda, invece, avrei piacere di riservarmi di rispondere nel dettaglio nella relazione che depositerò, per effettuare un'analisi più compiuta.

PRESIDENTE. Alla domanda risponderà in sede di relazione, in quanto si sta approfondendo il comparato.

ANNAPAOLA PORZIO, Direttore della Direzione centrale per i servizi demografici. Tecnicamente, in senso assoluto, non ci sono limiti obiettivi. Possono esserci, però, degli inconvenienti.

DONATELLA FERRANTI. Vorrei che nella relazione che lei presenterà ipotizzasse in astratto eventuali inconvenienti che la Commissione valuterà se preponderanti o meno rispetto ai risultati.

ENRICO COSTA. Innanzitutto esprimo un ringraziamento per i chiarimenti che ci sono giunti rispetto a una materia che effettivamente ha risvolti piuttosto complessi, che il legislatore normalmente non conosce a fondo.
Vorrei richiamare l'attenzione su un aspetto diverso dal meccanismo della legge, quello dell'impatto sulla macchina della pubblica amministrazione che potrebbe derivare da un'applicazione del testo proposto. In questo momento abbiamo un testo unificato che è stato approvato dalla Commissione. L'esame, dunque, può riguardare questo testo. Immagino, però, che le eventuali variabili potrebbero comunque mantenere lo stesso impianto.
Oltre all'impatto sul meccanismo dell'anagrafe e dello stato civile, sia in termini di maggiore burocrazia, sia in termini di spesa, sia in termini di personale, si dovrebbe considerare anche l'impatto in termini di ricostruzione di un determinato percorso familiare, di un albero geologico che potrebbe essere compromesso da passaggi meno lineari - sebbene probabilmente più aderenti alla realtà e all'attualità - di quelli attuali. Il discorso, naturalmente, si pone anche in termini di successori, sotto il profilo ereditario.
Mi rendo conto che non possiamo avere dei chiarimenti in termini certi dal punto di vista economico. È chiaro, però, che una legge deve avere anche una copertura finanziaria, non può essere semplicemente apprezzata sotto il profilo culturale. È giusto che la Commissione, nel momento in cui approfondisce un dibattito, debba avere una conoscenza chiara anche dell'impatto patrimoniale e burocratico.

ANNAPAOLA PORZIO, Direttore della Direzione centrale per i servizi demografici. Onorevole, sotto il profilo dell'anagrafe la risposta è semplice. L'anagrafe, che è l'ossatura


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della nostra nazione, è informatizzata e viaggia su canali ultramoderni, sul servizio pubblico di connettività, garantisce la circolarità anagrafica, è la base della comunicazione unica del cittadino, prevede campi molto ampi. Considerato, peraltro, che questa legge sarebbe applicabile dal momento della sua entrata in vigore (quindi per il bambino nato un secondo dopo), non dovrebbe creare nessun problema dal punto di vista dell'anagrafe.
Se si dovesse trattare di ampliare qualche campo, sinceramente non sarebbe un problema. Su questo stiamo lavorando molto e bene. Non voglio dire che siamo bravi noi dei servizi demografici, in quanto si tratta di un lavoro che si compie in sinergia con diverse amministrazioni, dal Ministero per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministero dell'economia e delle finanze eccetera.
Direi, dunque, che il profilo anagrafico non rileva. Rileva, invece, il profilo dello stato civile. Ogni anno, pur avendo fondi scarsi, cerchiamo di fare formazione - è uno dei nostri compiti - sia per l'anagrafe, sia per lo stato civile. I fondi, quindi, vanno divisi tra questi due ambiti che, pur essendo molto simili, sono totalmente diversi e separati.
Da quando è entrata in vigore - cito un esempio - la normativa sui cittadini comunitari, nell'aprile 2007, ad oggi non so dirle quanti corsi abbiamo dovuto organizzare per gli ufficiali di anagrafe, in merito all'applicazione di quella normativa. Tant'è che lo Stato ci assegnato, nell'ambito di una legge finanziaria, due annualità da 10 milioni di euro prevalentemente per la formazione.
L'ufficiale di stato civile ha paura di scrivere una cosa sbagliata, perché sa che se ciò accade si devia il corso della vita di una persona. Questo è ineludibile, è un dato di fatto. Pertanto, la cura della formazione è necessaria.
L'altra perplessità alla quale non posso rispondere con certezza, riguarda l'impatto sull'albero genealogico di una persona. In un'era moderna forse certi ostacoli dovrebbero potersi superare. Tutto questo passerà necessariamente per l'informatizzazione di questo settore.
Devo essere onesta e dire che in questo momento non possiamo lavorare su questo aspetto. Mi piacerebbe moltissimo farlo, ma per informatizzare lo stato civile avevamo chiesto anche un cofinanziamento al Ministero dell'innovazione. Il Ministero dell'innovazione ha risposto che, in un momento di crisi come questo, concluderà i progetti già iniziati.

PRESIDENTE. Quindi, lei subordina la soluzione a un'informatizzazione. Ove ci fosse l'informatizzazione questo secondo problema...

ANNAPAOLA PORZIO, Direttore della Direzione centrale per i servizi demografici. Certamente l'informatizzazione è doverosa a prescindere. In un caso come questo, secondo me, sarebbe indispensabile.

LUCA RODOLFO PAOLINI. Dottoressa, una delle mie domande riguarda appunto l'impatto che avrebbe questa nuova normativa, anche con riferimento agli stranieri.
So che già oggi esiste un problema di allitterazione: solo il nome Mohammed, ad esempio, si scrive in trenta modi diversi, spostando le varie lettere. Se in questo già complicato settore inseriamo un'ulteriore variabile, quale impatto potrebbe avere con riferimento a questi nuovi cittadini? Tra l'altro, cominciano ad essere milioni, non sono più casi sporadici, e spesso hanno numerosi figli, quindi il problema si moltiplica in modo esponenziale.
In particolare, apprendo oggi - non lo sapevo - che l'anagrafe non è informatizzata.

ANNAPAOLA PORZIO, Direttore della Direzione centrale per i servizi demografici. È lo stato civile a non essere informatizzato, non l'anagrafe.

LUCA RODOLFO PAOLINI. Da ultimo, vorrei sapere se esistono già - in questa sede potremmo intervenire anche su questo -


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regole precise proprio in merito alle trascrizioni dei nomi stranieri. In altre parole, quando l'ufficiale dell'anagrafe scrive il nome del cinese o del coreano, lo fa a sua discrezione oppure esistono regole codificate?

ANNAPAOLA PORZIO, Direttore della Direzione centrale per i servizi demografici. Quando una persona arriva allo stato civile ha un documento, dal quale si desume la corretta dicitura del nome e cognome. Al riguardo, abbiamo avviato un'attività con il Ministero degli affari esteri, in quanto, al di là del documento che leggiamo, dobbiamo essere in grado di operare una traslitterazione corretta.
Abbiamo anche il problema dei segni diacritici, che in particolare per alcune lingue - penso agli sloveni, ma anche ai tedeschi - sono importanti, e anche su questo stiamo lavorando. Certo, più liberalizziamo una tipologia di scelta, più si apriranno fronti nuovi, che magari in questo momento non siamo in grado neanche di immaginare.
Devo dire, però, che questo conta poco rispetto al cittadino straniero che viene in Italia e prende la cittadinanza italiana: quel cittadino porta un suo pregresso che, a mio avviso, dovremmo accettare.

PRESIDENTE. Faccio presente che alcuni membri della Commissione sono andati a votare in giunta, ma adesso ritornano.

ANGELA NAPOLI. Vorrei formulare una proposta che ritengo possa semplificare l'intera questione. Lei non ritiene che si possa definire per legge l'obbligatorietà dei due cognomi, lasciando come primo cognome, anche per non complicare la situazione, quello del marito? Parlo di un obbligo che eviti le scelte personali.
Occorrerà naturalmente inserire due clausole. La prima, che credo sia obbligatoria, dovrà prevedere, nel caso di mancato riconoscimento da parte del padre, che non si possa attribuire al bambino il cognome paterno. La seconda contempla, in casi eccezionali, la possibilità di consentire che l'interessato - in questo caso il figlio - una volta superata la maggiore età elimini uno dei due cognomi. Ne spiego le ragioni: possono sussistere circostanze per cui, non solo per avvenuta separazione, ma anche perché uno dei due coniugi ha lasciato un segno negativo nella propria famiglia, il figlio potrebbe avvertire la necessità di eliminare uno dei cognomi. Prendiamo ad esempio il caso di un padre delinquente, che magari ha anche ucciso, il cui figlio sente la necessità di dissociarsi interamente dalla famiglia. Proporrei di prevedere che un figlio, raggiunta la maggiore età, possa usufruire di questa possibilità. Suggerisco, inoltre, di semplificare tutta la procedura senza lasciare spazio alla discrezionalità.
A mio avviso, fermo restando l'obiettivo di introdurre il doppio cognome, è necessario formulare clausole certe per non complicare la situazione, di per sé già difficile, dell'ufficio di stato civile italiano. Le chiedo di esprimere la sua opinione su queste proposte.

ANNAPAOLA PORZIO, Direttore della Direzione centrale per i servizi demografici. Dal punto di vista amministrativo, possiamo dire di essere del tutto favorevoli all'aggiunta del cognome materno. Personalmente ritengo che, se l'ordine definitivo prevedesse prima il cognome paterno e poi quello materno, questa sarebbe la soluzione più semplice e forse più ovvia, perché non comporterebbe nessuno spostamento nell'asse già presente.
Mi rendo conto che possano esistere ulteriori esigenze che facciano propendere piuttosto per una soluzione basata sulla libera scelta, e non posso naturalmente esprimermi in merito. Tuttavia, vorrei assicurarle che le situazioni a cui lei faceva riferimento sono già previste in un articolo del regolamento dello stato civile; si tratta di un articolo del tutto generico, che però ci consente di risolvere i casi drammatici di figli maggiorenni abbandonati dal padre fin dalla nascita, purché il fatto sia stato verificato, per esempio da un rapporto dei carabinieri - si tratta di una situazione piuttosto frequente soprattutto nei piccoli centri - o di figli il cui padre non ha


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assolto i compiti di assistenza economica nei confronti del proprio nucleo familiare.
Noi, dunque, riconosciamo già oggi queste esigenze, naturalmente con la dovuta attenzione: lei comprende come qualsiasi provvedimento espresso in forma scritta possa poi essere impugnato. Non intendiamo complicare situazioni già difficili, tuttavia consentiamo questa possibilità. Inoltre, poiché la legge ce lo permette, ordiniamo che il provvedimento venga notificato al padre il cui cognome è oggetto di eliminazione. Questo è solo un caso, ma ce ne sono infiniti.

FULVIO FOLLEGOT. Ringrazio il prefetto per il suo intervento, che ci induce a ripensare almeno in parte alla volontà che era emersa da questa Commissione.
Sulla base dell'analisi svolta, appare evidente la necessità che le norme siano innanzitutto poche, e poi chiare, precise e puntuali, per evitare di complicare il lavoro del sistema anagrafico.
Vorrei inoltre porre una domanda: come si può risolvere il problema del cognome dei figli di immigrati che, a loro volta, hanno già più cognomi? Non possiamo aggiungere un ulteriore cognome ai quattro già esistenti. Anche in questo caso, quindi, bisognerà trovare una soluzione.

ANNAPAOLA PORZIO, Direttore della Direzione centrale per i servizi demografici. Una volta che l'immigrato abbia certificato il proprio cognome, esso sarà trasmesso al figlio in quella forma. Dopo essere stato anagraficamente registrato la prima volta, diventerà dunque immodificabile. Il problema è rappresentato dalla prima registrazione del cognome nel sistema dello stato civile.
Prendiamo il caso di un immigrato legalmente residente sul territorio nazionale, che eserciti regolarmente l'attività di badante: ha la residenza ed esiste per l'anagrafe, ma non per lo stato civile, perché per esempio non si è sposato in Italia, ma vi è venuto con la moglie. Supponiamo che in seguito abbia un figlio. Questa costituisce la sua prima occasione di contatto con l'ufficio di stato civile. In questo momento verrà infatti registrato in atti il cognome del nuovo nato, che sarà quello del suo paese di origine.

FULVIO FOLLEGOT. Più ovviamente quello della madre.

PRESIDENTE. Sarà opportuno esaminare, in questa relazione, che cosa avviene negli altri Paesi europei anche a questo proposito.

MATTEO BRIGANDÌ. Ringrazio il signor prefetto per la sua partecipazione e per i suoi chiarimenti.
Premesso che forse non tutti concordano sul sillogismo fra l'essere badante e l'essere in regola - ma non è di questo che ci occupiamo - prendo atto che la posizione degli uffici di stato civile è quella di ritenere corretta l'applicazione delle norme straniere. In merito ho preso un debito appunto e lo riferirò ovviamente al gruppo che rappresento.
Le rivolgo due domande semplici. Lei ha ribadito per due volte, una volta con forza, che gli uffici di stato civile sono assolutamente favorevoli ad aggiungere il secondo cognome. Come si spiega dal punto di vista tecnico questa posizione favorevole, rispetto al mantenimento dello status quo? Quale vantaggio traggono gli uffici dall'annotare il secondo cognome? Le chiederei un chiarimento.
Inoltre, lei ha parlato di 1500 casi problematici all'anno. La divisione è semplice: 1500 casi divisi su 250 giorni lavorativi (al netto di ferie e altro) significa sei casi al giorno. Di quanti dipendenti dispone l'amministrazione per risolvere questi casi? Mi interessa capire quanto questi casi siano difficili.

ANNAPAOLA PORZIO, Direttore della Direzione centrale per i servizi demografici. Grazie onorevole. Il mio convincimento - ribadito una volta con più forza e una volta con meno forza - sulla positività dell'aggiunta del cognome materno si riconnette alla mia attuale esperienza di dirigente della variegata materia che riguarda i servizi demografici. Mi riferisco


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soprattutto ai circa 1500 casi di richiesta di modifica o cambiamento di cognome, proprio perché la grandissima parte di queste situazioni si riferisce per l'appunto - e va ampliandosi negli ultimi tempi - alla richiesta di aggiunta di cognome materno, il che mi fa pensare che rispetto a questo fenomeno l'amministrazione non abbia ragione di tirarsi indietro.
Tecnicamente non ci sono problemi. Il doppio cognome amplierebbe i campi presenti nella parte informatizzata dell'anagrafe, ma questi campi esistono già, sono stati ampliati per altre ragioni. Questa aggiunta, dunque, non pone un problema tecnico, non pone un problema economico, non pone un problema organizzativo. Semmai, anzi, ci alleggerirebbe nella nostra attività di compilazione e redazione dei provvedimenti relativi a queste istanze.
Quando la materia dello stato civile con una legge di depenalizzazione è passata dal Ministero della giustizia al Ministero dell'interno, è arrivata già con un buon carico di arretrato, pari a 3000 istanze, al quale si è andato ad aggiungere l'arretrato che siamo stati in qualche misura capaci di sovrapporre.
Nel corso degli anni, moltissimo lavoro è stato svolto; tuttavia siamo stati in grado di ridurre notevolmente questo arretrato, senza eliminarlo, perché - come lei mi insegna, onorevole - ogni situazione, per quanto banale e semplice, è innanzitutto diversa dall'altra e deve essere analizzata nel suo complesso. Consideri che molte pratiche ci arrivano non complete nella loro documentazione. Per poter assegnare il cognome della nonna paterna, ad esempio, abbiamo bisogno dell'estratto dell'atto di nascita, anche per avere conferma che il cognome richiesto sia della nonna paterna.
Insomma, come tipo di istruttoria non è banale e, soprattutto, l'esito dell'istruttoria si riverbera a carico non solo della persona che avrà o meno mutato il proprio cognome, ma anche dei figli e degli altri familiari; si vanno a ledere interessi o diritti di altri. Si tratta, quindi, di un'istruttoria composita che non può essere condotta in modo superficiale.
Per quanto riguarda il personale, siamo pochi. Io ricopro il ruolo di direttore centrale; la collega qui presente è direttore dell'area e si dedica a questa materia avvalendosi di sei-sette persone. Fra questi impiegati - mi dispiace adesso parlare di queste miserie - c'è un archivista ma, come lei mi insegna, non ci sono più i dattilografi, quindi scriviamo tutto da soli, con l'ovvio risultato di commettere degli errori.
È più facile che un prefetto scriva, protocolli, fotocopi, si prenda il fascicolo, nonché provveda alla spedizione, piuttosto che lo faccia un impiegato. Ci tengo a dire questo perché mi occupo dell'arretrato fino al 2006 e posso dirle che lo gestisco da sola: decido, ricontrollo le lettere e spesso firmo per la mia impiegata, che scrive il suo nome sotto e poi se ne va in ferie. La pratica, però, deve concludersi, perché dopo che abbiamo corso tanto, non ci si può fermare sulla lettera di trasmissione.
Queste sono le miserie dell'amministrazione italiana, che però - le assicuro - in un modo o in un altro funziona; io, onestamente, ne sono assolutamente appassionata e sono orgogliosa di esserne parte.

PRESIDENTE. Onorevole Brigandì, basta con le sue domande.

RITA BERNARDINI. Signor presidente, credo che noi, come Commissione, abbiamo chiesto l'audizione del prefetto, che ringraziamo di essere presente, evidentemente non per avere delle opinioni sul doppio cognome, ma per conoscere i problemi tecnici che si pongono.
Tralasciamo, quindi, i giudizi più o meno favorevoli. A mio parere, l'impostazione che dobbiamo dare ai problemi è che, poiché esiste un orientamento - possiamo dire - favorevole della Commissione al doppio cognome, agli uffici chiediamo di riferirci cosa questo comporterebbe, senza nasconderci il fatto che probabilmente, anche in base a questo dialogo, alcuni aspetti possono essere migliorati nell'amministrazione pubblica, nell'anagrafe e via


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dicendo. Potremmo anche consultare degli esperti di informatica, sebbene mi sembri di capire che questo non dovrebbe comportare spese aggiuntive, per alcuni aspetti, dal punto di vista informatico, poiché campi diversi sono già previsti.

ANNAPAOLA PORZIO, Direttore della Direzione centrale per i servizi demografici. Le chiedo scusa, onorevole, bisogna operare una distinzione: una cosa è l'anagrafe, altro è lo stato civile.
L'anagrafe recepisce quel che lo stato civile le riferisce. Una volta che un cittadino nasce, deve risiedere in un luogo; egli passa, dunque, dallo stato civile all'anagrafe, che lo segue durante la vita, nei vari spostamenti, e dà contezza di questo agli altri, come se fosse un chip senza contatto. L'anagrafe segnala la presenza del cittadino ovunque egli si trovi, fa la fotografia della popolazione sul territorio con riferimento, quindi, alla residenza.
Lo stato civile dà contezza della nascita, della morte (speriamo più tardi possibile), del matrimonio e della cittadinanza; di fatti che sono fondamentali nella vita di una persona, che devono essere registrati e conservati in quella sede.
I problemi dell'informatizzazione dello stato civile, come il presidente ha colto, sono due. Uno è sicuramente di tipo economico; l'altro problema e le sue difficoltà stanno nel fatto che, mentre l'anagrafe registra la presenza di un cittadino a Roma, poi a Forlì, poi altrove, e non deve tenere per tutta la vita questo record, perché questo record si solidifica e passa, della sua nascita si deve dare contezza non solo fino al momento della morte, ma anche nel futuro. Sono atti, quindi, che non devono essere persi; addirittura il nostro legislatore ha pensato che dovessero essere in due originali, proprio perché si è pensato all'idea del back up prima ancora che esistessero i sistemi informatizzati.
Alla fine del 2006, dopo una fase di sperimentazione, eravamo arrivati a informatizzare, almeno ipoteticamente, uno dei due originali. Mi confrontavo proprio ieri con rappresentanti del Ministero dell'economia e delle finanze, e con i funzionari dei sistemi informatici: anche allo stato attuale, si sta appena cominciando a pensare a come poter gestire una conservazione informatica e duratura nel tempo. Tutto sommato, se ho capito bene - ma non ne sono certissima perché non sono una informatica - lo studio attuale consiste pur sempre nel riversare, dopo cinque anni, il contenuto di un dischetto o di un altro supporto elettronico, in un altro più moderno e duraturo. Un sistema informatico che consenta, invece, di mantenere un libro uguale e inalterato nel tempo, senza che sia necessario riversarlo continuamente, ad oggi non esiste.
Per quanto riguarda il doppio originale, poi, la mia esperienza mi ha portato a visitare gli archivi-deposito della Prefettura di Firenze; non immaginerete dove si trovano: sono sotto l'Arno.
Di problemi ce ne sono quanti ne vuole, però oggettivamente oggi quello dell'informatizzazione, che pure noi caldeggiamo e sarebbe per me veramente motivo di orgoglio riuscire a portare a termine, è un problema obiettivo, certamente economico, ma anche di difficile soluzione definitiva.
Lei sa che di 8.100 comuni 2.000-2.500 sono medio-grandi che, dunque, anche economicamente, possono permettersi alcune scelte; gli altri, però, sono tutti Comuni piccoli, che sono riusciti a dotarsi di una struttura informatica che gli consente solo la stesura degli atti.

RITA BERNARDINI. Il terminale c'è, lo hanno...

ANNAPAOLA PORZIO, Direttore della Direzione centrale per i servizi demografici. Il terminale non è sufficiente: spesso con difficoltà ne hanno ottenuto uno per l'anagrafe. È un computer che non è in rete e che, magari, è del sindaco. Mi creda, perché io vivo entrambi i fronti, e le posso assicurare che la situazione non è proprio brillante.

RITA BERNARDINI. È evidente che poi qui si intrecciano mille problemi. In Italia abbiamo 8.100 comuni: ci sono comuni con trentaquattro abitanti che hanno il


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sindaco, l'assessore e la giunta, per cui praticamente fanno tutto da soli; questi casi esistono ed è stato verificato. I familiari di quel comune avranno pure il sistema informatico, ma non è certo una soluzione.
Tuttavia, noi non possiamo entrare nel merito di queste problematiche che credo l'amministrazione pubblica stia tentando di risolvere in qualche modo. Credo che, partendo dall'orientamento che ha avuto la Commissione, noi dobbiamo chiedere quale spesa, al momento attuale, comporterebbero le varie proposte, da quella ottimale che abbiamo individuato, a quella più semplificata che è stata proposta poco fa dall'onorevole Napoli. Probabilmente il prefetto non è in grado di dircelo, però noi dobbiamo chiedere questo.
Poiché spesso noi ci troviamo di fronte a problemi che sembrano irrisolvibili, quando altri Paesi europei - lei lo ha accennato prima - li hanno risolti brillantemente, mettendo entrambi i cognomi, vorrei avere (anche se questo non riguarda il prefetto) informazioni dettagliate su come questi Paesi hanno risolto il problema, in modo da poterli eventualmente imitare.

PRESIDENTE. Faccio presente a tutti i commissari che è in distribuzione - e comunque lo trovate tra i vari documenti - anche uno studio di diritto comparato: in questo modo potete vedere le soluzioni adottate da altri Paesi, che sono le più diverse.
Credo che abbia già risposto su questo punto all'onorevole Costa.

ANNAPAOLA PORZIO, Direttore della Direzione centrale per i servizi demografici. Non ci sono costi di rilievo. Certamente saranno necessari corsi di formazione, qualche comune dovrà modificare l'impianto del formato, ma in tutta franchezza non li considererei costi.
Quanto alle complicazioni, ce ne sono sempre. Se ho dato l'impressione di volermi opporre all'intendimento di questa Commissione, chiarisco che non è così. Io suggerivo solo - come in realtà mi avete chiesto - di approfondire l'aspetto relativo all'impatto che il disegno di legge può avere.
Effettivamente noi siamo abituati, come Nazione, ad avere una organizzazione rigidamente prevista. Anche solo dire che i cittadini possono scegliere il cognome, per gli operatori costituisce un problema.
Ribadisco che occorre fare delle verifiche. Mi porrei, piuttosto, una domanda su quale sarà fra trent'anni l'immagine di queste famiglie i cui cognomi andranno persi, anche come patrimonio nazionale. Questi, però, sono temi socio culturali e potremmo aggiungerne infiniti altri.

RITA BERNARDINI. Per adesso abbiamo come patrimonio nazionale che il cognome della madre si perde sicuramente.

ANNAPAOLA PORZIO, Direttore della Direzione centrale per i servizi demografici. L'amministrazione, attualmente sta accogliendo, ove possibile, le istanze di aggiunta del cognome materno operando una scelta amministrativa nell'interesse di quella che si è rivelata una spinta sociale.

PRESIDENTE. Se ho ben capito, adesso arrivano 1500 richieste e gli uffici devono seguire una procedura complicatissima. Quando la dottoressa Porzio diceva di essere favorevole al doppio cognome, in fondo voleva significare che se si prevede in maniera automatica qualcosa che attualmente comporta una procedura enorme, si semplifica il tutto. L'aggiunta del cognome materno, dunque, non è certo una scelta che complica.
La dottoressa poneva, inoltre, un problema credo più personale relativamente a quello che potrebbe succedere in caso di eccessiva discrezionalità. Un problema serio, invece, potrebbe sorgere se si ribalta del tutto il sistema.
La posizione favorevole al doppio cognome, lo ribadisco, aveva questo significato: adesso questa possibilità è legata a una richiesta precisa e comporta una procedura particolarmente lunga; se, invece, si stabilisce per legge il doppio cognome,


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si semplifica tutto, perché in quel caso non si avrebbero più 1500 richieste all'anno. Credo che il senso del suo intervento fosse questo.

ANNAPAOLA PORZIO, Direttore della Direzione centrale per i servizi demografici. Assolutamente sì.

PRESIDENTE. ...Onorevole Rao, e poi passiamo all'altro tema. Prego onorevole Rao.

ROBERTO RAO. Ringrazio la dottoressa Porzio. Per tornare al tema dell'impatto, che peraltro era l'oggetto della nostra audizione, per semplificare possiamo dire che il suo ufficio è depositario ufficialmente del nome della persona. Lei ci ha detto che ci sono alcune difficoltà o potrebbero esserci, però tutto è risolvibile.
Secondo lei, quando si tratterà di trasferire questi cognomi o questo nuovo nome della persona sugli altri documenti: carta d'identità, passaporto, patente di guida, o altri documenti che magari adesso sfuggono alla mia fantasia.

ANNAPAOLA PORZIO, Direttore della Direzione centrale per i servizi demografici. Il codice fiscale...

ROBERTO RAO. Il codice fiscale esattamente. Proprio a questo mi riferivo. Potrebbero esserci, a suo giudizio - capisco che adesso non possa darmi una risposta completa -, delle ulteriori complicazioni?

ANNAPAOLA PORZIO, Direttore della Direzione centrale per i servizi demografici. Vorrei ripetere banalmente che tutto si può fare, quindi tutto si può fare. Per rifarmi all'esperienza che stiamo vivendo in questi anni, posso dire che non ci sono state grosse complicazioni, anche se molte persone hanno modificato il proprio cognome.
Sotto il profilo informatico - parlo della patente, del passaporto elettronico e spero della carta d'identità elettronica - si tratta di ampliare i record.
Sotto questo profilo, non penso ci potranno essere problemi, soprattutto se la norma non avrà effetto retroattivo. Tenga conto, però, - lo dico per esperienza acquisita - che nel momento in cui dovesse essere approvata questa legge, certamente gran parte di coloro che hanno solo il cognome paterno chiederanno, con la procedura amministrativa che già abbiamo, l'aggiunta del cognome materno. Forse dovremo pensare a come fronteggiare anche questa situazione.

PRESIDENTE. Grazie. Credo che quello odierno sia stato un momento di approfondimento utile per tutti. Vi ringraziamo per il vostro intervento. Se poteste farci avere la relazione, ve ne saremmo grati perché potrebbe esserci utile per l'approfondimento.

ANNAPAOLA PORZIO, Direttore della Direzione centrale per i servizi demografici. Lo faremo volentieri.

PRESIDENTE. Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 13,30.

II Commissione (Giustizia)

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