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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione II
9.
Mercoledì 7 ottobre 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Bongiorno Giulia, Presidente ... 3

Audizione del capo del Dipartimento per l'Amministrazione penitenziaria, dottor Franco Ionta (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Bongiorno Giulia, Presidente ... 3 6 10
Bernardini Rita (PD) ... 6 7
Contento Manlio (PdL) ... 8
Ionta Franco, Capo del Dipartimento per l'Amministrazione penitenziaria ... 3 6 10
Rao Roberto (UdC) ... 10
Tidei Pietro (PD) ... 6
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP.

COMMISSIONE II
GIUSTIZIA

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 7 ottobre 2009


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIULIA BONGIORNO

La seduta comincia alle 15,10.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione del capo del Dipartimento per l'Amministrazione penitenziaria, dottor Franco Ionta.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del capo del Dipartimento per l'Amministrazione penitenziaria, dottor Franco Ionta.
Mi scuso di questo ritardo dovuto al precedente impegno presso la X Commissione; chi era presente ovviamente lo sa.
Siamo di fronte ad una audizione che personalmente ritengo particolarmente importante. Come sapete, su questo tema si sono già svolti, in questa Commissione, dei dibattiti in seguito alla presentazione di interrogazioni.
In termini di organizzazione della seduta, oggi il dottor Ionta svolgerà una relazione (tra l'altro, abbiamo dato in distribuzione alcuni dati forniti dal sottosegretario in risposta ad alcune interrogazioni, sempre sul tema delle carceri).
Ritengo che, dopo questa relazione, l'audizione non sarà breve (dipenderà delle domande che ci saranno). Molti di voi, infatti, si sono iscritti a parlare - abbiamo avuto moltissime iscrizioni già in segreteria - e mi hanno detto di voler rivolgere più di una domanda. Pertanto, è ovvio che l'audizione non si concluderà oggi. Ho già chiesto al dottor Ionta la cortesia di tornare - richiesta che mi è stata accordata - per una seconda giornata in cui sarà a nostra disposizione. Vi sarà dunque la possibilità di intervenire in una successiva seduta. Ho ritenuto di dare questa informazione sull'organizzazione dei lavori, rispondendo ad una richiesta di chiarimento da parte dei colleghi. Oggi, quindi, si svolgerà la prima parte dell'audizione.
Do la parola al capo del Dipartimento per l'Amministrazione penitenziaria, dottor Franco Ionta per lo svolgimento della relazione.

FRANCO IONTA, Capo del Dipartimento per l'Amministrazione penitenziaria. Devo dire, invero, che presenterò una relazione breve. Preferisco esporre la situazione attuale, descrivere quali sono i provvedimenti che il Dipartimento intende prendere, o ha già preso, qual è sostanzialmente lo stato dell'arte; infine, raccogliere da questa Commissione dei suggerimenti, delle osservazioni che possono essermi particolarmente utili.
Innanzitutto, dunque, devo ringraziare la Commissione di questa audizione, perché mi dà la certezza della sensibilità della Commissione stessa circa il problema penitenziario, che è davvero importante e serio. Devo ricordare, inoltre, con grande favore, l'iniziativa parlamentare che si è verificata a cavallo di Ferragosto, che ha visto molti parlamentari visitare istituti penitenziari, dimostrando, anche in quella occasione, quanto sia importante il problema penitenziario nel nostro Paese, in


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un momento di grande difficoltà, anche dovute ai noti eventi che si sono succeduti.
Penso che si possa partire da questo dato: dal mio insediamento - che risale all'agosto dell'anno scorso - ad oggi, i detenuti sono aumentati di 9.600 unità e questa è una tendenza che però conferma un trend precedente. All'indomani dell'applicazione dell'indulto, infatti, quindi sostanzialmente dall'estate del 2006, la popolazione detenuta era scesa a circa 39 mila unità. In tre anni siamo arrivati attualmente a 64.600 detenuti. Sostanzialmente si tratta di poco meno di 30 mila detenuti che si sono andati ad aggiungere ai 39 mila dell'epoca dell'indulto. Questo è un primo dato che evidentemente deve far riflettere.
D'altra parte, non mi sembra che ci siano dei segnali che indichino una possibile inversione di questo trend, o almeno noi non abbiamo nessun indicatore che ci possa far pensare che questo possa avvenire. Questo è il primo punto di partenza sicuramente da tener presente.
Il secondo punto di partenza è che - facendo sempre riferimento ai dati di cui dispongo - il personale di polizia penitenziaria, secondo una dotazione organica datata al 2001, doveva essere intorno alle 45 mila unità. Attualmente noi sfioriamo quota 40 mila, quindi abbiamo circa 5.100 unità di polizia penitenziaria in meno rispetto alla dotazione organica che, però, voglio ricordarlo, è stata fissata nel 2001, quando, evidentemente, la popolazione italiana era di gran lunga inferiore, così come era di gran lunga inferiore la popolazione detenuta.
Nell'arco di questi sette o otto anni, noi abbiamo avuto, in sostanza, un depauperamento di circa 5 mila unità di personale di polizia penitenziaria a fronte dell'aumento di popolazione detenuta che vi ho in questo momento descritto.
Questi sono i due punti di riferimento fondamentali. È chiaro che, nel momento in cui ho assunto l'incarico di gestire questa difficile situazione, ho pensato - in accordo con il Governo e il Ministro della giustizia che, devo dire, è particolarmente sensibile ai problemi del penitenziario - che si dovesse fare qualcosa per fronteggiare questa situazione.
Dico subito che un paio di settimane fa ho partecipato a una conferenza internazionale a Edimburgo che aveva, significativamente, il titolo «Il sovraffollamento carcerario»; questo a testimonianza del fatto che il problema del sovraffollamento penitenziario non è soltanto italiano, ma è abbastanza comune agli altri Paesi.
Inoltre, voglio aggiungere che è cambiata la tipologia delle persone detenute. Al riguardo, ho portato qualche dato che posso mettere a disposizione del presidente della Commissione, sulla distribuzione per provenienza etnica delle persone detenute. A occhio, posso dire che circa 23-24 mila degli attuali quasi 65 mila detenuti sono stranieri. C'è, ovviamente, una ripartizione ulteriore per Paesi di provenienza tra i quali ve ne sono 7-8 che sono particolarmente rilevanti, come la Romania e l'Albania per quello che riguarda la sfera europea, e il Marocco, la Tunisia, l'Algeria e altri Paesi dell'Africa magrebina per quello che riguarda i Paesi extra europei.
Naturalmente, abbiamo poi un problema di differenziazione dei vari circuiti penitenziari; per certe tipologie di detenuti, infatti, vi sono un ingresso e un'uscita dal carcere molto veloci e questo, evidentemente, impedisce qualunque forma di trattamento penitenziario ai fini del recupero. Inoltre, ci sono persone che hanno difficoltà per quello che riguarda sia la religione, sia i costumi, sia l'alimentazione. C'è, quindi, una serie enorme di problematiche che sono riassumibili nel fatto che il 40 per cento della popolazione detenuta è straniera, con diverse religioni, costumi e abitudini di vita.
Un altro grande problema è rappresentato dalla gestione attuale della sanità. Come il Parlamento sa, c'è una legge che ha spostato le attività della sanità penitenziaria nella competenza della sanità pubblica, quindi sostanzialmente nella gestione delle aziende sanitarie locali. Questo comporta per noi diverse difficoltà: da una parte, ci sono una serie di tavoli


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tecnici con le regioni per stabilire concretamente questo passaggio; dall'altra parte - forse ancora più importante - accade che molte persone detenute vengano veicolate verso gli ospedali per poter essere sottoposte a visita, ma che pochissime di queste persone effettivamente vengano ricoverate. Naturalmente, questo va ad incidere fortemente su quelle che noi chiamiamo le traduzioni, ovvero lo spostamento dei detenuti dal carcere verso l'ospedale e ritorno.
Si è pensato, dunque, intanto, di implementare l'edilizia penitenziaria. Il Parlamento ha approvato la legge n. 14 del 2009 che, da un lato, con l'articolo 44-bis, mi ha conferito i poteri di commissario straordinario in relazione all'edilizia penitenziaria e, dall'altro, con una successiva disposizione, ha modificato parzialmente le finalità della Cassa delle ammende, istituita dalla legge n. 547 del 1932.
Faccio presente che la Cassa delle ammende è un ente giuridico autonomo dal Dipartimento, ma è presieduto dal capo del Dipartimento; ha un suo consiglio di amministrazione, un suo statuto e ha - o, meglio, aveva - una sua finalizzazione esclusiva, ovvero quella di finanziare progetti relativi al trattamento penitenziario, a favorire il lavoro e il recupero sociale delle persone detenute. Grazie a questa modifica, la Cassa delle ammende, oltre a questo, può finanziare progetti di edilizia penitenziaria.
In questo momento, la Cassa delle ammende ha una dotazione abbastanza importante, perché abbiamo circa 159 milioni di euro, che sono sostanzialmente spendibili a seconda dei progetti che poi verranno approvati. In questi giorni verrà approvato lo statuto che deve essere approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della giustizia, a cui ho fatto pervenire già la bozza dello statuto. Questo è uno strumento che mi serve per poter utilizzare la liquidità di cassa della Cassa delle ammende per un inizio del progetto di edilizia penitenziaria.
Naturalmente, i fatti della vita poi devono essere parametrati e calibrati in relazione al contesto in cui si inseriscono: questo succedeva intorno a febbraio di quest'anno. Successivamente, c'è stata - come è ovvio che tutti sappiano - l'esperienza de L'Aquila che ci ha fatto considerare che l'accelerazione determinata dalla legge n. 14 del 2009 sul commissario straordinario per l'edilizia penitenziaria potesse non essere sufficiente a stabilizzare il sistema penitenziario come noi cercheremo di fare. Quella, dunque, è una esperienza che noi vorremmo tentare di emulare, soprattutto per quanto riguarda le modalità e la tempistica delle costruzioni.
Come dicevo un attimo fa, infatti, il trend di implementazione della popolazione detenuta è tale che né i tempi normali necessari alle infrastrutture per le costruzioni, né i tempi anche accelerati del commissario straordinario probabilmente riescono a sopportare l'urto dell'afflusso costante e quotidiano della popolazione detenuta. Questo è più o meno il quadro della situazione.
Aggiungo che, in questo momento, il nostro Ministro della giustizia è a colloquio con il Ministro della giustizia francese; avrà nei prossimi giorni un incontro col Ministro della giustizia spagnolo e un incontro anche con il Parlamento europeo e la Commissione europea, perché c'è un problema molto serio, che riguarda la possibilità di influire e contribuire, anche sul piano economico, alla costruzione di carceri in Italia, perché ovviamente tutto il piano dell'edilizia penitenziaria, sia pure spalmato su più anni, ha dei costi che sono molto rilevanti.
Orientativamente posso dare una cifra, ancora da calibrare: ci muoviamo intorno a 1 miliardo e 600 milioni di euro circa, per creare tra i 17 e i 20 mila posti detentivi in più. Il tentativo, quindi, è di agire non in una fase di intervento immediato, ma per stabilizzare il sistema, perché noi immaginiamo che a un certo livello questo flusso di popolazione detenuta debba comunque cominciare ad assestarsi su delle cifre sostanzialmente accettabili. Questo è più o meno il panorama.


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Naturalmente, occorrono risorse economiche, questo va da sé; occorre un'implementazione del personale perché, come dicevo, abbiamo una carenza veramente importante. Va da sé, inoltre, che debba essere accelerato il più possibile il piano dell'edilizia penitenziaria, che è l'unico sistema per poter allocare attualmente 65 mila persone; noi stimiamo che altri 20 mila posti dovrebbero servire per poter dimensionare l'intervento penitenziario rispetto al crimine e dunque alla produzione di carceri che questo comporta.
Questo, dunque, è più o meno il disegno che il Dipartimento e il Ministro della giustizia intendono perseguire: implementazione del personale, implementazione dei posti detentivi, miglioramento delle condizioni, deflazione delle grandi aree urbane e sviluppo dei rapporti internazionali per vedere se è possibile finalmente dare concretezza a una serie di accordi, che potrebbero portare anche molti detenuti stranieri a scontare la pena nei Paesi di provenienza. Su quest'ultimo punto cito due cifre: solo da Albania e Romania provengono circa 6 mila persone detenute; questo per dare un'indicazione delle cifre rispetto ai 23-24 mila stranieri di cui dicevo all'inizio.
Naturalmente, non pretendo di avere esaurito il problema; dico solo che siamo alla vigilia e forse anche già dentro a una sfida molto difficile da sostenere, con una forte pressione - anche legittima - dal punto di vista sindacale e anche dal punto di vista dei garanti che, naturalmente, fanno giustamente rilevare una serie di condizioni detentive non sempre ottimali.
Da ultimo - questa forse è un'informazione che può essere utile - lo Stato italiano ha richiesto alla Grand Chamber di Strasburgo di rivedere la sua decisione sui diritti umani, perché noi riteniamo che ci siano margini per una modifica di quella decisione.

RITA BERNARDINI. Quella che ha accertato che una persona era stata detenuta in meno di tre metri quadrati?

FRANCO IONTA, Capo del Dipartimento per l'Amministrazione penitenziaria. Esatto, quella che ha accertato che una persona era stata detenuta in uno spazio inferiore a tre metri quadrati ed ha condotto a una condanna dell'Italia - simbolica ma significativa - al pagamento di mille euro come risarcimento per la detenzione in tale condizione di un cittadino straniero, per circa due mesi, nel carcere di Rebibbia.

PRESIDENTE. Adesso passerò la parola per i vari interventi. Credo che le verranno rivolte anche domande su questo famoso piano carceri del quale si parla; non so se si possa anticipare qualcosa o meno, lo valuterà lei stesso di volta in volta.
Vi ricordo che alle 15,45 dobbiamo sospendere. Poi ci metteremo d'accordo per il prossimo incontro.
Do la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

PIETRO TIDEI. Da quello che ha esposto risulterebbe che dal 2008 a oggi si siano raggiunti notevoli risultati a seguito dell'adozione del cosiddetto piano carceri. Tuttavia, dalle numerose testimonianze in nostro possesso, risulta che - soprattutto in quest'ultimo periodo - la situazione è di molto peggiorata nelle carceri italiane. Non solo per il sovraffollamento; forse saremo sulla strada del miglioramento, ma abbiamo alcuni esempi che a mio giudizio gridano vendetta.
Le porto un solo esempio: il carcere circondariale di Civitavecchia ha subito interventi, per recuperare circa centottanta posti nuovi, di oltre quattro milioni di euro. Per completare i lavori mancano, da anni, 270 mila euro; pertanto, abbiamo centottanta posti non disponibili per la mancanza di un semplice stanziamento di 270 mila euro. Mi sembra che questo non sia un miglioramento, né che la strada sia quella giusta.
Per quanto riguarda l'assistenza sanitaria, giustamente lei diceva che nel passaggio da quella penitenziaria a quella ordinaria, gestita dalle ASL, la situazione è molto peggiorata. Io porto l'esempio del Lazio. Le ASL del Lazio, purtroppo, a causa di debiti che abbiamo ricevuto dalle


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precedenti amministrazioni, pari a circa 10 miliardi di euro, sono sottofinanziate. In una situazione simile, le risorse di fatto finiscono per essere sottratte all'assistenza sanitaria nelle carceri.
Questo diventa preoccupante; alcuni direttori generali coi quali ho avuto modo di parlare mi hanno riferito che se non hanno soldi e risorse per dare assistenza ai loro ospedali, per far funzione i loro servizi essenziali, difficilmente poi possono fare una scelta prioritaria all'interno delle carceri. C'è quindi una enorme difficoltà.
Vorrei sapere, allora, concretamente, come pensa di risolvere questa situazione che, a mio giudizio, sta assumendo, in questi giorni, soprattutto in alcune carceri laziali, una dimensione drammatica.

RITA BERNARDINI. Signor presidente, innanzitutto vorrei chiedere al dottor Ionta se il suo piano è stato presentato al Consiglio dei ministri e se da questo è stato approvato. Inoltre vorrei sapere se il piano ha qualcosa a che spartire con quello che alcuni giorni fa il Presidente del Consiglio dei ministri, Silvio Berlusconi, ha presentato alla stampa, parlando di 20 mila nuovi posti nelle carceri, anche attraverso la dismissione dei vecchi edifici, nei quali vorrebbe installare hotel e supermarket: ad esempio, «Supermarket Regina Coeli» o «Hotel San Vittore». Grazie ai soldi ricavati, questa operazione di dismissione dei vecchi edifici si tradurrebbe in una fonte di finanziamento - o almeno una parvenza di finanziamento - per la costruzione di nuove carceri.
A parte questo chiarimento, il problema, a mio avviso, è che in realtà, se anche il Governo riuscisse a realizzare 20 mila posti alla fine del prossimo anno - impresa che è praticamente impossibile - le carceri italiane rimarrebbero ugualmente illegali, perché siamo proprio ben lontani non solo dalla capacità regolamentare, ma anche fuori da quella che voi chiamate capacità tollerata, tollerata non sappiamo poi da chi, perché i detenuti che vivono in quelle condizioni hanno ben poche speranze.
Io ho fatto un po' di conti. Considerato l'aumento - lei ci ha parlato di 9.600 presenze in più dall'agosto dell'anno scorso ad oggi - della popolazione detenuta, considerati i posti che si verrebbero a perdere con la proposta di Berlusconi, praticamente anche se realizzaste i 20 mila posti in più, ci troveremmo esattamente nella stessa condizione di illegalità.
A questo dobbiamo aggiungere - lei lo ha ricordato - la situazione del personale: molti degli agenti stanno per andare in pensione, quindi il numero che ha indicato, di 5 mila unità mancanti, aumenterà ulteriormente. Aggiungiamo, infine, la carenza degli educatori e degli psicologi, e tutto questo spiega perché la situazione sta diventando veramente insostenibile.
Del resto, mi perdoni, dottor Ionta, ma io credo che ci sia un po' di reticenza da parte del DAP sui suicidi in carcere: ieri ci è stato detto dal sottosegretario Caliendo che erano trentasei; l'associazione Ristretti orizzonti ne aveva contati cinquantasei, cioè ben venti di più; li trova sui giornali, questi suicidi. La gente si uccide perché è esasperata.
L'ultima questione - avrei molte altre domande da porre ma voglio contenermi - riguarda la questione della Cassa delle ammende. Le voglio ricordare che vi è stata una certa delusione nata dal modifica che voi avete fatto alla legge che stabiliva la destinazione di questi denari. Peraltro, noi radicali ci vantiamo di averli sbloccati; per anni, infatti, la Cassa delle ammende aveva un tesoretto che veniva tenuto da una parte - non so cosa ci comprassero - mentre quei denari, da parte dell'istituzione devono essere destinati al reinserimento sociale dei detenuti.
Voi avete approvato una legge per la quale, invece, una parte di questi denari - non sappiamo quanto - può essere spesa anche per costruire nuove carceri. Io, però, da lei mi attendo anche una risposta sull'altro fronte. In primo luogo, vorrei sapere quanta parte di questi 160 milioni di euro saranno destinati alla costruzione di nuove carceri; inoltre, vorrei sapere come, finalmente, abbiate - spero - deciso di far funzionare secondo il suo


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compito istituzionale la Cassa delle ammende, tenendo presente che c'è anche un ordine del giorno a mia firma che vi ha sollecitato a questo.

MANLIO CONTENTO. Partirò da alcune domande. La prima riguarda i criteri che i suoi uffici hanno scelto per stabilire le priorità dello schema di piano che è, immagino, all'attenzione del Consiglio dei Ministri.
La seconda domanda è per sapere quali criticità lei ha rilevato nel procedimento di realizzazione e costruzione degli istituti carcerari, con riferimento ai tempi di realizzazione e, naturalmente, alle fasi procedurali previste dalle disposizioni vigenti.
In terzo luogo, le chiedo se non ritenga che i criteri in esame, in particolare anche quelli costruttivi, debbano guidare la scelta nella realizzazione dei nuovi istituti, per evitare di ragionare - come si è sempre fatto fino ad ora e spero non si continui a fare - con un riferimento quasi a specchio tra numero dei detenuti, posti disponibili e ampliamenti conseguenti.
Mi spiego meglio. Il richiamo che lei ha fatto alla pianta organica rispetto ai detenuti esprime esattamente la filosofia fallimentare che è stata seguita in tutti questi anni nella gestione di questo problema, perché si è sempre immaginato un certo rapporto tra detenuti presenti e dipendenti che fanno parte del corpo di Polizia penitenziaria. Ora, sulla base di quello che accade in altri Paesi, sappiamo che ci sono progetti di realizzazione che consentono una sorveglianza dei detenuti - in alcuni casi anche privata - con un numero di personale inferiore rispetto a quelli a cui siamo abituati.
Tornerò in un secondo momento sulla bozza di piano, perché io non la conosco - o, se preferisce, faccio finta di non conoscerla, visto che è stata pubblicata su internet - e su essa verterà l'ultima domanda che le rivolgerò. Prima, gradirei, invece, sapere quali indicazioni sono state date nella citata direzione per modificare la progettazione oltre che i sistemi di procedura, perché a una progettazione più efficiente può conseguire un numero di dipendenti inferiore.
Porto un esempio che lei conosce perché gliene ho parlato: il carcere di Pordenone. È evidente che la dotazione di personale astrattamente potrebbe risultare inferiore rispetto ad un ampliamento dei posti disponibili; tuttavia, se io riuscissi a immaginare una progettazione che recupera - in termini di sorveglianza e quindi anche in termini di efficienza - la presenza dei dipendenti, probabilmente quel rapporto fra unità di detenuti che si trovano in carcere e unità di personale potrebbe essere rivisto al ribasso. Non le dico che sarebbero sufficienti gli stessi uomini e non mi permetto di dirlo; ma sicuramente quel rapporto non sarebbe quello che attualmente, purtroppo, permane da decenni.
Ho, infine, alcune ulteriori richieste. Lei ha fatto riferimento ai dipendenti in servizio nel 2001; gradirei, se - come immagino - è nella disponibilità del Dipartimento, che ci venisse fornito il numero dei detenuti presenti e il numero dei dipendenti di polizia penitenziaria dal 2001 fino ad oggi. Se non ricordo male, infatti, tranne rare eccezioni, credo che ci siano stati i tagli riferiti alle varie finanziarie, ma che il comparto di polizia penitenziaria, come altri comparti di sicurezza, ne abbia risentito in misura minore; non credo, dunque, che ci sia una perdita di migliaia e migliaia di unità dal 2000 fino al 2008. Può darsi che mi sbagli; i dati che ci fornirà lo confermeranno.
Le chiederei anche, però, se il Dipartimento dispone, oltre che di questi numeri generali, dei rapporti detenuti/personale di Polizia penitenziaria che ci sono tra singoli istituti. Un conto, infatti, è disporre di un numero generale all'interno del quale si confrontano 64.600 detenuti con circa 40 mila dipendenti di Polizia penitenziaria; altra cosa è sapere, istituto per istituto, qual è il numero medio dei detenuti e quale il numero dei dipendenti in servizio. Sono, infatti, convinto che ne vedremmo delle belle, se avessimo una specie di rappresentazione geografica per istituto, in relazione a questo aspetto.


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L'altra questione è relativa ai trasferimenti: quanti trasferimenti sono avvenuti tra il 2000 e il 2008 - o nei periodi dei quali lei dispone di dati - di dipendenti presenti in alcuni istituti carcerari e mandati in zone dove magari c'era una carenza di dipendenti di polizia penitenziaria?
Lo chiedo questo perché un altro degli aspetti che ho potuto rilevare è un paradosso a cui facevo riferimento: poiché non si può trasferire nessuno, in alcuni istituti dove il rapporto tra detenuti e personale carcerario è più alto, rimangono grossomodo in servizio gli stessi; dove il personale manca, si chiede di rafforzare la presenza dei dipendenti, magari con nuovi concorsi e aumentando la spesa pubblica. Vorrei sapere, quindi, se ogni tanto riusciamo, con accordi sindacali, a trasferire qualcuno.
Un ulteriore dato che le chiedo è quello del costo giornaliero di ciascun detenuto. So che ci sono tipologie diverse, ma vorrei sapere il costo nella media. Un'altra domanda correlata a questa riguarda quanti detenuti sono stati trasferiti in base ad accordi già vigenti, che mi risulta ci siano, in carceri estere (immagino che sarà forse qualche unità). In secondo luogo, le chiedo se è possibile utilizzare, a parità di spesa, i soldi che noi stanziamo per i detenuti che stanno in carcere in Italia, per favorire il trasferimento in carceri estere. Immagino che un detenuto da noi, come negli stabilimenti ospedalieri costi quantomeno un 30, 40, 50 per cento rispetto a quanto costa nei luoghi di origine - forse in Albania il rapporto è anche maggiore -. È possibile, dunque, immaginare, per «forzare» o rendere più facile questo trasferimento, la possibilità che si utilizzino queste risorse che già in bilancio ci sono, per favorire il trasferimento?
L'ultima questione su cui volevo intrattenerla riguarda il numero dei detenuti che risultano, in conseguenza del processo di espulsione da parte della magistratura, inviati ai loro Paesi di origine; questo è un altro dato che mi incuriosisce molto.
Concludo - non sorrida per quello che dirò - con una domanda sul tema «carceri e Striscia la notizia». Ho visto che nel prospetto del Dipartimento che ci ha mandato si fa riferimento anche alla ristrutturazione di alcune carceri per reperire questi posti mancanti. Io ho visto, credo come lei, dei servizi che sono stati avviati dalla televisione privata, ripresi poi anche dalla televisione pubblica, in cui si vedono questi istituti carcerari, realizzati coi soldi dei contribuenti italiani, completamente in stato di abbandono. Ora, nessuno di noi ha mai saputo, se non genericamente, per quali ragioni questi non siano utilizzabili. Si dirà che non rispettano i numeri di metri quadrati che devono essere previsti e via dicendo. Certo è che forse sarebbe utile un censimento per vedere se, prima di andare ad intervenire in una caserma, sia possibile, con risorse magari analoghe, mettere a norma questi istituti che sono lasciati cadere e gridano vendetta al cospetto di Dio. Nessuno ha mai risposto a questa Commissione in relazione a questo aspetto; ci hanno sempre detto che non si possono utilizzare e quando abbiamo chiesto perché, nessuno ha saputo dirne il motivo, con riferimento ad ogni singolo istituto.
L'ultima domanda è una battuta, dottor Ionta: lei è stato correttissimo con me, e giustamente ha detto di non poter fornire copia del piano carceri perché, come sappiamo, finché non ci sarà l'approvazione non si potrà avere. Io però l'ho trovato su internet, perché qualcuno ce l'ha messo. Siccome non può che essere uscito dai suoi uffici, dottor Ionta, le chiedo se non le sembri abbastanza singolare che io abbia reperito attraverso internet un documento come quello, perché qualcuno lo aveva e ne disponeva.
È una situazione paradossale, perché se noi avessimo avuto questo testo, che io fingo di non avere, forse avremmo potuto collaborare molto di più con lei dicendo che molti di questi concetti che io ho sollevato non sono presenti nella scelta che ha guidato l'indicazione degli istituti. Io non so se i miei criteri possano aiutare; può darsi che non sia così, ma mi dispiace che quello che era stato oggetto anche di un intervento quando venne in Commissione


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il Ministro della Giustizia non sia stato neanche minimamente tenuto in considerazione.

PRESIDENTE. Devo consentire un ultimo intervento, perché ormai lo avevo annunciato.

ROBERTO RAO. La ringrazio, signor presidente. Mi rifaccio a quanto era stato detto in precedenza da alcuni colleghi, ma sarò molto breve.
È chiaro che il discorso del piano carceri è quello fondamentale. A questo tema potremmo dedicare tutta l'audizione, perché è la questione principale.
Per quanto riguarda l'assistenza sanitaria, sappiamo che questa è passata alle ASL; tuttavia, ci sono dei casi particolari, come ad esempio la Sardegna - ho visitato il carcere di Cagliari questa estate -, ed altre regioni, dove non è così.

FRANCO IONTA, Capo del Dipartimento per l'Amministrazione penitenziaria. Sono tutte quelle a statuto speciale, onorevole.

ROBERTO RAO. Sono tutte e cinque, quindi, dove l'assistenza sanitaria ancora grava sulla vostra amministrazione. Le chiedo, dunque, quali sono le risorse disponibili - perché in Sardegna le risorse erano completamente esaurite - e qual è la situazione delle carceri nelle altre regioni a statuto speciale.
Vengo alla questione che riguarda educatori e psicologi vincitori di concorsi: anche su questo c'è un rimpallo con la regione Sardegna. È una questione annosa, ma volevo un suo punto di vista, perché sappiamo che la presenza degli educatori e degli psicologi, per quanto riguarda le carceri, fa parte di quel percorso di assistenza e riabilitazione senza il quale il carcere diventa un luogo dove si peggiora psicologicamente e dal quale non si esce sicuramente migliori.
Delle priorità per il piano carceri abbiamo già detto così come abbiamo ricordato la questione dell'organico della Polizia penitenziaria; ebbene, le chiedo se tra le sue competenze e per quanto riguarda i metodi alternativi per scontare la pena ci fosse qualche studio al momento di cui lei fosse a conoscenza - ed eventualmente a quale stadio fosse - sul braccialetto elettronico e sulla possibilità di far scontare la pena ai detenuti tossicodipendenti nelle comunità terapeutiche.

PRESIDENTE. Grazie a tutti, il seguito dell'audizione si svolgerà secondo l'ordine degli interventi che fino ad ora è stato «cristallizzato». Non credo che si potrà proseguire nella giornata di domani, anche perché il dottor Ionta mi fa presente che i dati richiesti per allora non sarebbero disponibili. Pertanto, ritengo che il seguito degli interventi e la replica del dottor Ionta avranno luogo la prossima settimana.
Rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta.

La seduta termina alle 15,45.

II Commissione (Giustizia)

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