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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione XIII
3.
Giovedì 30 ottobre 2008
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Russo Paolo, Presidente ... 2

Audizione del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Luca Zaia, su questioni di competenza del suo Dicastero, con particolare riferimento alla revisione della politica agricola comune (PAC), all'andamento dei prezzi nel settore agroalimentare, alla situazione dell'apicoltura e alla situazione del settore ippico (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Russo Paolo, Presidente ... 2 6 9 12 14 15 17 18 20
Agostini Luciano (PD) ... 14
Beccalossi Viviana (PdL) ... 13
Brandolini Sandro (PD) ... 13
Cenni Susanna (PD) ... 16
De Camillis Sabrina (PdL) ... 17
Fogliato Sebastiano (LNP) ... 12
Oliverio Nicodemo Nazzareno (PD) ... 10 15
Pepe Mario (PD) ... 11
Rota Ivan (IdV) ... 16
Sardelli Luciano Mario (Misto-MpA) ... 9
Zaia Luca, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali ... 2 6 18 19
Zucchi Angelo (PD) ... 15 19
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.

COMMISSIONE XIII
AGRICOLTURA

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di giovedì 30 ottobre 2008


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PAOLO RUSSO

La seduta comincia alle 8,30.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, anche mediante la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Luca Zaia, su questioni di competenza del suo Dicastero, con particolare riferimento alla revisione della politica agricola comune (PAC), all'andamento dei prezzi nel settore agroalimentare, alla situazione dell'apicoltura e alla situazione del settore ippico.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Luca Zaia, su questioni di competenza del suo Dicastero, con particolare riferimento alla revisione della politica agricola comune (PAC), all'andamento dei prezzi nel settore agroalimentare, alla situazione dell'apicoltura e alla situazione del settore ippico.
Ringrazio il Ministro per aver accolto la richiesta della Commissione, che nasce dall'esigenza di programmare un'occasione di confronto su una pluralità di temi, dei quali ci siamo occupati nelle ultime settimane e ci stiamo tuttora occupando attraverso diversi strumenti procedurali.
Le proposte della Commissione europea sulla PAC sono oggetto di esame ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, esame al termine del quale la Commissione, nelle prossime sedute, approverà un documento finale volto a definire indirizzi al Governo in vista del negoziato in corso in sede europea. In materia di prezzi nel settore agroalimentare, la Commissione ha avviato un'indagine conoscitiva, nel corso della quale ha già svolto un ampio e qualificato ciclo di audizioni.
Infine, la Commissione ha di recente approfondito la situazione di due settori che attraversano un momento di particolare difficoltà: l'apicoltura, con particolare riferimento al fenomeno dello spopolamento degli alveari, e il settore ippico, sul quale sono state adottate iniziative normative nell'ambito del decreto-legge n. 149 del 2008 sui giochi, ancora all'esame dell'Assemblea della Camera. Anche su tali temi la Commissione ha incontrato, nell'ambito di audizioni informali, le rappresentanze degli operatori e altri soggetti interessati.
Do quindi la parola al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Luca Zaia.

LUCA ZAIA, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Ringrazio il presidente e tutti voi per l'invito e per questa opportunità. Mi scuso per aver rimandato più volte la convocazione e per aver chiesto di potere iniziare l'audizione di buon mattino.
Alcuni dei temi da trattare oggi sono cogenti, laddove ad esempio l'Health check sarà in queste settimane un tema agli onori


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della cronaca e vedrà la fine del negoziato il 18 e 19 novembre. Il Commissario europeo sarà audito giovedì 6 novembre in Commissione, ottima occasione per confrontarsi sul negoziato in Europa, che non riguarda soltanto il comparto latte, sebbene la comunicazione a livello nazionale e internazionale citi sempre questo comparto.
Il negoziato è complesso e ci vede attori coprotagonisti, laddove abbiamo già svolto una decina di incontri bilaterali e trilaterali con Michel Barnier e Mariann Fischer Boel. Siamo reduci da un incontro trilaterale di due giorni a Lussemburgo, che non sarà l'ultimo perché i programmi ne prevedono almeno altri tre prima della conclusione.
I temi più importanti dell'Health check sono rappresentati innanzitutto dalla modulazione, rispetto alla quale c'è la proposta del Commissario di avere una modulazione massima al 22 per cento, mentre noi ne avanziamo una molto più contenuta, laddove modulazione significa il passaggio delle risorse dal primo pilastro, quello del mercato, con interventi diretti sulle aziende agricole, al secondo pilastro, che è quello dello sviluppo rurale, del cofinanziamento, della partecipazione degli enti pubblici e quello più distante per alcuni aspetti dal mercato. Le risorse annuali a nostra disposizione per la PAC ammontano a circa 4 miliardi di euro.
Se dovessero passare risorse al secondo pilastro, è opportuno destinarle al primo asse, quello della competitività. Abbiamo quindi formulato una proposta alternativa, sulla quale abbiamo fortunatamente trovato anche una maggioranza all'interno del Consiglio dei ministri, che consiste nel ridurre della metà la modulazione. Partendo dal 5 per cento, che oggi è il dato reale, prevediamo un 3 per cento di base in più, per cui la nuova base sarà dell'8 per cento, con una progressività di 1 per cento all'anno, per arrivare all'11 per cento. La proposta di Mariann Fischer Boel ci porta al 22 per cento, pari al passaggio di un quinto dei 4 miliardi di risorse dal primo al secondo pilastro.
Su questa battaglia, che molti consideravano impossibile e quasi da Don Chisciotte, abbiamo trovato una maggioranza all'interno del Consiglio dei ministri, che quindi, se non ci saranno defezioni, tenderà a ridurre drasticamente la quota di modulazione.
L'aspetto più importante insieme alla modulazione dell'Health check è rappresentato dal nuovo articolo 69, che si chiamerà articolo 68 e prevederà alcune novità, quali un passaggio delle risorse della PAC, per cui il 10 per cento di quei 4 miliardi di euro ogni anno passerà a rimpinguare una sorta di salvadanaio nazionale, che ogni Stato membro utilizzerà per effettuare interventi puntuali sul mercato.
Siamo reduci da una gestione fallimentare dell'articolo 69 dovuta alla mancanza di flessibilità nella gestione e all'impossibilità di avere mano libera nell'erogare risorse e decidere progetti. Proponiamo dunque alla Commissaria di permetterci di utilizzare almeno il 5 per cento delle risorse dell'articolo 68 per interventi accoppiati. Con la nuova PAC, infatti, si avrà il disaccoppiamento totale, ma si possono preventivare interventi a sostegno di alcuni comparti.
Ho annunciato al Consiglio dei ministri e ai media la necessità di avere un fondo speciale per il latte, che oggi è sottoposto ad un intervento accoppiato che andrà a esaurimento e dal 2015 non esisterà più. In base a uno studio approfondito di ISMEA, il soft landing si rivela auspicabile, per mantenere sul mercato le nostre aziende agricole. Oggi, il latte viene pagato dai 36 ai 41 centesimi, mentre in Romania è pagato 23 centesimi il litro. All'interno del nuovo articolo 68, quindi, si può intravedere la creazione di un fondo speciale per il latte.
Per quanto riguarda i piani carne, la possibilità di intervenire in maniera accoppiata sul mercato permette di garantire un intervento accoppiato a chi partecipi a un progetto e faccia parte di una filiera con carne di qualità. Senza il nostro emendamento all'articolo 68 per la flessibilità, questo sarebbe impossibile e avremmo 400 milioni di euro che non si possono destinare a scelte di intervento accoppiato, ma solo a chi produce secondo determinati criteri. Questo risulta strategico per il latte, per il soft landing, per la carne e per i cereali.


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La Commissione stabilisce che il massimo delle risorse dirottabili dalla PAC all'articolo 68 deve ammontare al 10 per cento di 4 miliardi, ovvero a 400 milioni di euro. Dobbiamo mirare a drenare al minimo le risorse della PAC, che vanno alle nostre aziende agricole. Abbiamo trovato una soluzione, che spero entri nell'Health check e diventi parte integrante del negoziato, recuperando i sottoutilizzi comunitari. Ogni anno, infatti, l'Italia ha sottoutilizzi pari a 160 milioni di euro, che sono risorse PAC non utilizzate dallo Stato membro per mancanza di erogazione, dispersione per l'elevato frazionamento delle erogazioni, mappali che non tornano, mancata presentazione delle domande o mancato ritiro dei fondi. Questi 160 milioni di euro possono quindi entrare nell'articolo 68, cosicché saranno drenati dalla PAC 160 milioni in meno.
Un altro risultato, di cui avete già colto l'efficacia sul mercato, è costituito dal nuovo negoziato rispetto agli aiuti agli indigenti. Tale negoziato, che dura da anni e fino al 2008 aveva come risultato 65 milioni di euro, quest'anno ha fruttato 126 milioni di euro. Abbiamo dato anche una nuova interpretazione agli aiuti agli indigenti, attraverso importanti interventi sul mercato a sostegno di prodotti di qualità, con il doppio vantaggio di sostenere la qualità e la produzione certa e garantire agli indigenti derrate alimentari di prima qualità. Consegnare 100 mila forme di parmigiano reggiano e altrettante di grana padano stagionato a 20/22 mesi con marchio consorzio di tutela era un obiettivo che molti si prefiggevano in questo comparto, ma non era mai stato realizzato.
Abbiamo quindi 126 milioni di euro, di cui 50 dedicati all'operazione delle duecentomila forme di formaggio. Ne restano a disposizione 70, che vogliamo dedicare a un altro comparto dell'agroalimentare, forse al pecorino romano in difficoltà, piuttosto che ad altri prodotti del settore lattiero-caseario o ad altri comparti della produzione dell'agroalimentare. Per quanto riguarda i formaggi, si tratta di un fatturato di 6 miliardi di euro, di 34 DOP a livello nazionale, di un Paese produttore che esporta almeno il 22 per cento della sua produzione. Per sfatare una leggenda metropolitana, sottolineo come il primo importatore dei formaggi italiani sia la Francia, aspetto spesso taciuto. Health check ha un'altra partita importante, quella della tabacchicoltura. Il 4 novembre, a Verona, si terrà un summit sul tabacco (il secondo da me organizzato dopo quello sulla pesca) con otto Stati membri, perché, come verificherete in audizione, il Commissario europeo ha assunto una posizione di totale chiusura rispetto alla tabacchicoltura. A livello nazionale, abbiamo tre grandi regione tabacchicole, il Veneto, l'Umbria e la Campania, in cui si spera di procrastinare il disaccoppiamento parziale dal 2009 al 2013, importante esigenza per realizzare un progetto di seria ristrutturazione del comparto, che interessa centomila addetti. Il summit è stato organizzato a Verona per una serie di fattori logistici e contingenti per scelta delle tre regioni (l'Umbria non possiede aeroporti in grado di realizzare tutta l'operazione in tre ore, come chiesto dagli otto ministri). C'è quindi condivisione rispetto a questa location ed è prevista una manifestazione con 5-6 mila partecipanti, organizzata dalle tre grandi regioni tabacchicole al di fuori del summit.
Il summit si tradurrà nella sottoscrizione di un documento non aggressivo, come accaduto per la pesca, ma di totale disponibilità a collaborare con il Commissario, sottolineando l'esigenza di individuare soluzioni per il comparto tabacchicolo. L'Italia propone dunque di rimandare il disaccoppiamento parziale dal 2009 al 2013.
Un altro aspetto dell'Health check è rappresentato dalla regionalizzazione. Porteremo infatti al tavolo degli assessori regionali una posizione contraria alla regionalizzazione, che è però una scelta degli Stati membri e quindi esula dal negoziato.
L'ultimo aspetto importante dell'Health check è rappresentato dal regime delle quote latte. Health check ha un capitolo importante dedicato al latte, che coinvolge tutti gli Stati membri nella discussione innanzitutto per le fluttuazioni dei prezzi del prodotto che non permettono di avviare


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una programmazione sostenibile rispetto a proiezioni certe. Il Consiglio dei ministri ritiene che non esistano più certezze rispetto al prezzo del latte. Un anno fa, a novembre del 2007, quando il latte scarseggiava sui mercati, costava 46-48 centesimi, mentre oggi si chiudono i contratti a 36-38 centesimi.
In linea di massima, quindi, l'Health check, consapevole che il regime delle quote cesserà comunque il 1o aprile 2015, rileva l'esistenza di un impegno per la revisione del comparto al 2011, evidenziando l'esigenza di compiere un'analisi intermedia del programma, per prevedere un'eventuale anticipazione della chiusura a regime, cui siamo contrari, giacché la quota ci garantisce un minimo di tutela. Per quanto riguarda inoltre la definizione dei quantitativi nazionali, una proposta del Commissario stabilisce di assegnare agli Stati membri l'1 per cento in più di quota annua, con un aumento orizzontale per tutti i 27. Questo per noi si tradurrebbe in un aumento di centomila tonnellate all'anno, in base a una quota di 10 milioni e 800 mila tonnellate.
Lo Stato membro Italia chiede quindi di avere una quota maggiore e subito, ovvero 1 milione di tonnellate di quota latte, che non sarà espressione di nuova mungitura, di nuove vacche nelle stalle, laddove abbiamo una popolazione zootecnica di 1,5 milioni di capi su 40 mila stalle, ma l'occasione per regolarizzare e definire numerose posizioni, non solo lo splafonamento nazionale. In Italia, infatti, abbiamo 40 mila stalle in produzione, 1.500 delle quali nel 2007-2008 hanno splafonato per un controvalore di 160 milioni di euro e 577 mila tonnellate di latte.
In base alla legge n. 119 del 2003, però, è necessario porre fine anche all'aspetto riguardante i detentori della quota B tagliata. Oltre 5 mila aziende agricole hanno la quota B tagliata per una produzione di circa 164 mila tonnellate e tutti gli anni aspettano la compensazione per capire se dovranno pagare la multa. Qualcuno potrebbe affermare che la compensazione è certa perché avviene tutti gli anni, ma non esistono certezze amministrative. Non posso anticiparvi nei particolari il nostro progetto di regolarizzazione delle posizioni non di 1.500 aziende agricole che splafonano, ma di 4.500 aziende agricole che hanno accumulato negli anni multe per un totale di 1 miliardo e 850 milioni nell'alveo della legalità e nel rispetto della legge n. 119 del 2003, sebbene alcuni lo ritengano impossibile. Quando presenteremo il progetto, ne giudicherete la fattibilità, in modo lineare e con una prospettiva innovativa nel comparto del latte. La multa verrà comunque pagata. Auspico anche che si smetta di affermare che il ministro prevede delle sanatorie, laddove a normativa vigente non so farle.
L'altro aspetto fondamentale riguarda l'obiettivo di concludere tutta la dolorosa vicenda dei pagamenti delle multe già a partire dal 1o aprile, all'avvio della campagna 2009-2010. Il Commissario chiede un segnale, che abbiamo il dovere di fornirgli. Per l'Italia, tale vicenda ha pesato circa 3 miliardi di euro, di cui 1 miliardo e 850 milioni gravano ancora su queste 4.500 aziende agricole, che hanno le cartelle esattoriali, l'iscrizione a ruolo, i sequestri avviati, che magari si stanno già avvicinando all'asta giudiziale. Si tratta di una situazione spinosa, di non facile risoluzione, per cui cercheremo di presentare una nostra progettualità, sulla quale democraticamente il Parlamento si esprimerà.
Tengo però a sottolineare come avere più quote non significhi mungere di più. Inoltre, leggo da più parti grandi supposizioni circa la necessità di contenere la quota. Gli studi dimostrano l'inutilità di una guerra tra poveri e l'assurdità di una filosofia del comparto lattiero caseario che miri a togliere quote a chi potrebbe produrre, per limitare il numero e far sì che l'incrocio della domanda e dell'offerta garantisca un prezzo più interessante. Tale incrocio avviene infatti in un mercato internazionale, in cui l'Italia produce 10 milioni e 800 mila tonnellate e ne consuma il doppio.
La formazione del prezzo del nostro latte risente dunque non di 200 mila o 300 mila tonnellate in più prodotte nelle stalle italiane, ma del latte rumeno che entra con 5-6 milioni di tonnellate a 23 centesimi. Si


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sta infatti diffondendo l'idea che le 300 mila tonnellate in più che il ministro chiede all'Europa possano dare origine a una formazione del prezzo bassa rispetto alle aspettative, laddove invece questa appare sempre più legata al mercato globale e richiede una riflessione sulla difesa dei mercati e sul comparto lattiero caseario. Il grana padano e il parmigiano reggiano utilizzano infatti il 50 per cento del latte padano, ovvero il 12 per cento del totale del latte nazionale, e, poiché è necessario garantire l'erogazione di latte munto in Italia ad altri 32 formaggi DOP, i conti non tornano. Saremo quindi chiamati a rifare questi conti e alla battaglia contro coloro che vorrebbero fare i formaggi con il latte in polvere.
Al Corpo forestale dello Stato, al nucleo dei Carabinieri per le frodi comunitarie, all'ispettorato controllo-qualità ho quindi raccomandato di perseguire la via delle indagini rispetto al comparto lattiero-caseario e di fare chiarezza rispetto al latte venduto in nero, al latte in polvere che va in caseificazione e ad una serie di cattivi comportamenti che sono già oggetto di analisi e di indagine da parte degli inquirenti.
Ho definito l'Health check per macrolinee, anche se altre partite meno importanti possiedono un risvolto economico. Il Commissario ha annunciato ad esempio la non disponibilità per l'aiuto privato all'ammasso per i formaggi, che per noi corrispondeva a un'erogazione di 32 milioni di euro annui, che non ci sarà più. Abbiamo però ottenuto risultati di gran lunga più importanti, che compensano brillantemente questo aspetto. In generale, quindi, l'aiuto all'ammasso e ai ritiri dal mercato non è più finanziato dall'Unione europea.
Si dibatte anche sulla soglia minima di erogazione del contributo. La proposta del Commissario è di 250 euro minimi, al di sotto dei quali non si eroga il contributo. Noi abbiamo proposto di abbassarla, perché, se oggi avessimo una soglia minima di erogazione del contributo a 250 euro, avremmo 82 milioni di euro di risorse a disposizione. Qualcuno potrebbe suggerire di non darli a marginali aziende agricole e di utilizzarli per importanti interventi in agricoltura, ma ritengo che l'erogazione del contributo comunitario della PAC abbia anche un risvolto sociale e psicologico. Conosco pensionati che vivono in attesa dell'assegno di 80 o 100 euro e sono convinto che, su una partita di 4 miliardi di euro, 30-40 milioni di euro con cui si soddisfano anche queste aziende non possano incidere molto sull'agricoltura nazionale. Proponiamo dunque una «forchetta» che oscilla tra i 100 e i 150 euro, al di sotto dei quali l'erogazione ha un costo maggiore del contributo stesso.
Queste sono dunque le partite. Non so, presidente, se le domande debbano essere poste alla fine.

PRESIDENTE. Prima di passare alle domande dei colleghi, svolgerei tutti i temi oggetto dell'odierna audizione, quali quello dei prezzi, dell'apicoltura e del settore ippico.

LUCA ZAIA, Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. Espongo questi aspetti velocemente, rimanendo a disposizione per eventuali approfondimenti.
Per quanto riguarda l'apicoltura, su nostra richiesta il Ministero della sanità ha emanato un decreto di netta opposizione all'utilizzo di neonicotinoidi. La partita è importante, interessante e preoccupante. I dati internazionali indicano che il 70-75 per cento delle api del mondo non è tornato all'alveare. Il CRA ha realizzato un'importante ricerca sui neonicotinoidi e il loro impatto rispetto alla moria delle api, da cui emerge una correlazione. Il CRA ha avviato lo studio in collaborazione con l'Università di Udine, dove insegna il Professor Frilli, che è ritenuto il massimo esperto europeo di apicoltura. Vietare i neonicotinoidi significa però utilizzare in campagna i vecchi principi attivi, ovvero il granulare, che ha un impatto sull'ambiente dieci volte maggiore rispetto a quello del neonicotinoide, che è un conciante, una sorta di borotalco colorato che si mette attorno al seme delle piante. Per questo motivo, coscienti dell'impossibilità di vietare per inquinare di più, giovedì abbiamo convocato Federfarma e gli apicoltori per discutere del tema.


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Considero interessante una proposta, su cui attendo di recepire il parere degli apicoltori, che contempla la cattura dei semi attraverso una laccatura effettuata attraverso una sorta di pellicola che non viene dispersa nell'ambiente, non risultando quindi dannosa per gli insetti. Questa partita si chiuderà la prossima settimana. Abbiamo necessità di dare velocemente una direttiva secca, netta e inequivocabile, perché le ditte sementiere stanno preparando la concia o l'eventuale cattura di tutti i semi per le semine primaverili. Nell'apicoltura c'è un'erogazione di 4.700.000 euro di contributi e nel decreto-legge n. 112 del 2008 c'è stato l'emendamento per 2 milioni.
L'ippica è attualmente il settore in maggiore sofferenza. Negli ippodromi non si corre nonostante vi siamo 50 mila addetti ad un settore letteralmente saccheggiato in tutti questi anni, spesso utilizzato come centro occupazionale, in cui si è perso di vista l'obiettivo principale, che interessa il Ministro dell'agricoltura, ovvero il patrimonio genetico del cavallo italiano conosciuto in tutto il mondo - infatti, non esiste solo Varenne poiché i vincitori delle più importanti corse nazionali e internazionali sono italiani - e in cui sono stati realizzati grandi investimenti per la genetica, spesso non pensando al cavallo. Cinquantamila addetti aspettano delle risposte.
C'è un emendamento in discussione e il Sottosegretario Alberto Giorgetti sta seguendo questa partita, che si divide tra l'agricoltura e le finanze, giacché da un lato dobbiamo dare provvidenze e sostegno agli allevatori, dall'altro abbiamo necessità di farlo attraverso il montepremi, ulteriore linea di finanziamento di tutta la filiera, in un complesso settore che coinvolge allevatori, proprietari, proprietari di ippodromi, fantini, guidatori, stallieri, categorie che nelle riunioni riempiono le sale.
L'emendamento in discussione potrebbe dare soddisfazioni. Esso infatti prevede 25 milioni di euro cash da erogare subito, perché il montepremi fissato in 218 milioni di euro per il 2008 è stato decurtato di 24 milioni di euro quest'estate e verrà inevitabilmente decurtato di ulteriori 20-25 milioni di euro per mancanza di scommesse. Il montepremi si costruisce infatti con la previsione degli incassi e le scommesse in previsione sono calate del 40 per cento. Non si scommette sull'ippica perché è diventata non vantaggiosa, laddove il decreto Bersani, pur avendo una filosofia di riorganizzazione, ha causato una ricaduta negativa, perché i punti vendita per l'ippica sono passati da 20 mila a 6 mila. Inoltre, bisogna ricordare che il prelievo fiscale sull'ippica è del 4,5 per cento, laddove 1 punto di prelievo fiscale significa 35 milioni di euro, mentre il prelievo fiscale sul calcio è del 2,5 per cento.
All'inizio degli anni novanta, la Francia ha vissuto un periodo simile al nostro, ha ristrutturato con vigore il suo comparto e oggi incassa circa 6 miliardi di euro dalle scommesse contro i 2,4 dell'Italia a ha un prelievo fiscale del 12 per cento. Ristrutturando quindi si scommette di più, si eroga di più come prelievo fiscale allo Stato e l'ippica funziona. A parte gli interventi tampone per cercare di guardare al futuro, chiediamo innanzitutto la due diligence sui bilanci dell'Unire con una società di certificazione e un piano industriale. Senza queste due condizioni, non sarà possibile intervenire sull'Unire e sull'ippica.
Il piano industriale dovrà ridurre il numero di corse, laddove in Italia si corre a tutte le ore e dappertutto, senza però che questo si traduca in una valorizzazione del nostro patrimonio. Siamo convinti che si debba correre meno e meglio, con cavalli selezionati e più premi, per incentivare chi persegue la qualità e non chi persegue l'occasione per riscuotere un milione al mese, fare la corsa del mattino e mirare ad obiettivi diversi dal miglioramento genetico del patrimonio zootecnico. Tale ristrutturazione sarà vigorosa e dolorosa, per cui chiederemo sacrifici, giacché questo Governo non è più disposto a foraggiare l'Unire senza ottenere risultati.
La formazione dei prezzi in agricoltura dipende non da un incrocio della domanda e dell'offerta direttamente sul mercato nazionale, ma da una serie di fattori da valutare, primo fra i quali la speculazione. In questi anni, gli stessi speculatori si sono occupati del barile di petrolio e del cibo. La


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FAO segnala la mancanza di produzione agricola nel mondo, laddove ne occorrerebbe il doppio per sfamare 6 miliardi di cittadini. In una Commissione così autorevole, appare quindi doveroso ricordare come ogni anno 850 milioni di cittadini nel mondo soffrano la fame e 3 milioni muoiano a causa di coloro che speculano sul prezzo dei prodotti agricoli.
La speculazione ha ricadute negative anche sulle fasce deboli a livello nazionale. In Italia, l'11 per cento dei cittadini vive con meno di 600 euro al mese. Oggi, si assiste a un conclamato conflitto tra il combustibile e il commestibile, laddove quotidianamente aree agricole vengono strappate alla produzione di derrate alimentari per essere dedicate alla produzione di combustibili. Quello del bioetanolo è un fenomeno che conosciamo a distanza, ma che ci lambirà sempre di più, perché ogni giorno si parla di biomasse, bioenergie e utilizzo delle forme pulite di energia. Sul bioetanolo ci sono preoccupanti programmi di investimento, giacché al 2015 gli Stati Uniti ne vogliono incrementare la produzione del 74 per cento, il Brasile del 30 per cento e l'Europa del 43 per cento. Si tratta di aree agricole che non produrranno più cibo per il consumo umano o zootecnico, fattore che inciderà sulla formazione dei prezzi.
Abbiamo inoltre un problema quasi tutto italiano che è quello della filiera. In molte filiere, si rilevano numerosi passaggi di mano. Lo definisco «sistema cubano», perché a Cuba si pesca il pesce fresco e, sebbene Cuba viva di turismo, non si dà ai turisti fresco, ma si manda all'Avana, dove viene surgelato e inviato alle isole per i turisti. Noi in alcune filiere facciamo lo stesso, perché preleviamo il prodotto agricolo dalle campagne, gli facciamo fare 6-700 chilometri e lo riportiamo nel territorio della produzione per la vendita. È un problema di logistica, di passaggi di mano, di speculazioni.
Uno studio ha evidenziato che mediamente il cibo compie 2.500 chilometri per arrivare sulle tavole dei consumatori e che il dispendio per fornire 1 caloria di cibo a un cittadino nel mondo è di 8 calorie di energia. L'Italia dovrà affrontare questa riflessione, che il mondo sta svolgendo in maniera approfondita, perché è necessario dare una visione etica rispetto a questo comparto in cui, come ho sottolineato a Terra Madre, rappresentiamo le comunità degli sprechi. Ci preoccupiamo della formazione dei prezzi in generale, ma non del fatto che nei retrobottega dei supermercati o dei magazzini delle rivendite si gettino 1,5 milioni di tonnellate di cibo sano ogni anno solo perché il consumatore pretende la lattuga con le gocce di rugiada alle otto di sera nel banco del supermercato, la mela perfetta e non ammaccata. Anche noi quindi abbiamo delle colpe. Un dato nazionale evidenzia come con le 240 mila tonnellate di cibo che finiscono in discarica uscendo dalla grande distribuzione e dalle rivendite si potrebbero fornire tre pasti al giorno a 600 mila italiani.
Fattori quali la mancata richiesta di stagionalità e territorialità negli acquisti incidono nella formazione dei prezzi. Constato con piacere che in TV si ribadisce sempre più la stagionalità, la territorialità, il minor dispendio di calorie per fornire calorie, minori problemi di logistica, un auspicato maggior reddito agli agricoltori. Questo oggi non sta accadendo, laddove gli agricoltori e i consumatori rappresentano i due anelli deboli della filiera. I prezzi sono aumentati del 23 per cento per la soia, del 30 per le carni. I cereali sono aumentati fino al 40 per cento per poi andare giù, con la vicenda della semola per il grano, però gli agricoltori pagano di più le forniture, i fertilizzanti sono inavvicinabili, con un aumento del 350 per cento del costo dell'azoto, del 30 per cento di iperfosfati. Tutti questi valori incidono sulla formazione dei prezzi. Il contadino quindi guadagna meno di prima, mentre il consumatore paga di più.
Ci chiediamo come intervenire. Mi auguro che domani in Consiglio dei ministri venga approvato il mio disegno di legge, che all'articolo 8 prevede l'indicazione obbligatoria dell'l'origine dei prodotti e quindi la dicitura «origine italiana» sulle produzioni agricole. Confrontarci con un mercato globale affrontando una battaglia sui costi di produzione sarebbe inutile, ma abbiamo un plus costituito dal territorio, dalla storicità,


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dalle denominazioni, sui quali dovremmo effettuare un serio investimento. Vendere una bottiglia di Sangiovese nel mondo significa vendere una bottiglia di Merlot o di Cabernet Sauvignon, mentre una bottiglia di Brunello di Montalcino DOCG vende il territorio. Imporre l'origine rappresenta una nostra battaglia.
Qualcuno afferma che sbaglio e che dovrei avanzare in Europa una richiesta con un dossier per ogni prodotto. Noi abbiamo dato un'interpretazione alla norma ed eventualmente saremo sottoposti al giudizio della Corte di giustizia; infatti, la Comunità europea ci vieta di indicare l'origine del prodotto accusandoci di influenzare i consumatori, mentre noi invece intendiamo informarli circa l'esistenza di altri prodotti oltre quelli italiani. Questa è la nostra nuova visione: segnalare i prodotti italiani affinché possano venire scelti anche gli altri. Domani, in Consiglio dei ministri presenterò questo disegno di legge, che spero possa suscitare condivisione, perché aprirebbe un nuovo corso rispetto all'origine dei prodotti. Se non riusciremo a valorizzare le nostre denominazioni e a premiare la qualità oggi non remunerata in agricoltura, perderemo la sfida, perché il confronto con i mercati globali è duro. Noi ci confrontiamo con Paesi comunitari, che vivono un'arretratezza produttiva ed economica di 30-40 anni rispetto a noi. L'Europa infatti emana regolamenti per far recuperare loro questa arretratezza produttiva. L'Italia quindi produce qualità, che però costa.
Non sempre i costi di produzione sono alti, per cui la formazione del prezzo finale ci provoca problemi sui mercati. Realizzare quella qualità in ogni parte d'Europa esigerebbe tale costo finale del prodotto, ma il problema è che in alcuni Stati europei non si realizza una sorta di sala operatoria per caseificare una forma di formaggio in malga, ma si effettua tale procedura sulla terra battuta. In alcuni Paesi europei, talune norme igienico sanitarie sono interpretate in maniera molto più blanda rispetto a quanto avviene nel nostro.
La nostra qualità deve quindi essere remunerata, altrimenti potrebbe esserci una revisione del concetto di produzione, laddove però una produzione anonima e standardizzata non fa per noi. Con i vini abbiamo dimostrato la possibilità di caratterizzare il prodotto sui mercati. Ho citato l'esempio delle bottiglie di Sangiovese, ma se ne potrebbero elencare moltissimi, perché quando vendiamo il territorio non abbiamo competitors a livello internazionale.

PRESIDENTE. Sull'ordine dei lavori proporrei un percorso. Abbiamo circa 45 minuti prima che riprendano i lavori in aula. Limitandoci a formulare domande specifiche, potremmo dare spazio a una decina di interventi, consentendo al ministro di replicare. Ovviamente, è una significativa limitazione del nostro esercizio, ma anche un modo per consentire a tutti di intervenire.
Do quindi la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre domande o formulare osservazioni.

LUCIANO MARIO SARDELLI. Signor presidente, avremmo avuto bisogno di maggior tempo e di maggiore riflessione, perché il ministro ha più volte rimandato questo incontro. Personalmente l'ho sollecitato più volte, anche inviando una e-mail in tempi ormai remoti al segretario, dottor Romano, ma non ho mai ricevuto alcuna risposta. Con grande preoccupazione mi chiedo quindi, ministro, come lei, avendo difficoltà a incontrare i componenti della Commissione ed essendo così lontano dall'interlocuzione politica, possa interessarsi ai problemi della povera gente.
Non apprezzo il tono trionfalistico della sua relazione, perché è lacunosa, insufficiente e assolutamente lontana dai problemi del territorio. Nel parlare della PAC, ha citato per 23 volte la parola «latte», ma mai olio, vino, agrumi, conserve, ortaggi; quindi, poiché noi diamo più peso alle parole che pronunciamo, ho paura che lei consideri solo il problema del latte. Questo aspetto mi preoccupa perché lei non è il ministro del Lombardo-Veneto, ma un ministro della Repubblica e dovrebbe occuparsi anche dei problemi relativi alle politiche nazionali. Se lei non tiene conto dei


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problemi della Sicilia, della Campania, della Puglia, è infatti lontanissimo dai problemi delle politiche agricole nazionali.
Il suo intervento da una parte rimanda a responsabilità del Ministro dell'economia e delle finanze, dall'altra apre soltanto a un rapporto di contrattazione con la Commissione europea relativamente alle problematiche del suo Ministero. Non ha citato le associazioni di categoria, il mondo vero delle imprese e quindi le cooperative in una realtà che sta vivendo una situazione di grave crisi economica.
Ieri, l'onorevole Ruvolo e altri colleghi hanno fatto presente al presidente della Commissione che noi, come suoi componenti, siamo esautorati da decisioni che ci riguardano direttamente quali l'agroenergia e il disegno di legge n. 1441-ter sull'industria, che interviene sull'origine dei prodotti e nei confronti del quale sono stati presentati emendamenti significativi. Anche sull'agroenergia c'è stato uno scontro in Parlamento nel corso del quale il Governo è andato in minoranza, la Commissione si è dovuta esporre e alcuni suoi componenti hanno votato contro la maggioranza per difendere il mondo agricolo, mentre il Ministero era lontano da questa realtà.
Ieri il settore dei consorzi è stato preso in esame da una norma inerente l'industria; vi è una sofferenza da parte di taluni componenti della Commissione e del mondo agricolo che non è stata rappresentata.
Visto il particolare momento che stanno vivendo Commissione e Ministero, sarebbe stata auspicabile qualche sua parola di riflessione e di dubbio, la cui mancanza ci desta forti preoccupazioni. Personalmente, rappresentando il Sud Italia sto constatando che lei continua purtroppo a rappresentare solo altri territori e non l'intero Paese. Lavoro come medico a Ceglie Messapica, da dove partivano e partono le braccianti che si alzano alle tre della mattina per andare a lavorare per 20-25 euro nel Metapontino. Questa gente non ha più un lavoro. È quindi necessario occuparsi di questo problema e individuare risposte, non affermare di essere i più bravi della classe, quando enormi problemi minacciano il futuro del Paese.
Vorremmo sapere dunque come intenda attivare le filiere corte, intervenire sulla riduzione dell'intermediazione, ridurre i prezzi.
Ieri, abbiamo audito il rappresentante della Guardia di finanza, che svolge un eccezionale lavoro di controllo; egli però ha dichiarato di non avere a sua disposizione strumenti e leggi. Lei afferma l'esigenza di riconoscere l'origine dei prodotti, ma, poiché gli illeciti che vengono compiuti ci fanno apparire sul mercato internazionale come il Paese che froda di più, mentre invece esiste un notevole controllo, vorrei sapere come si intendano assicurare maggiori mezzi alla Guardia di finanza. Non pensa che sia opportuno attivare su prodotti lavorati quali salumi e latticini una filiera chiara, un riferimento via Internet di tutti i passaggi e delle quantità? Approvare una legge che assicura solo l'originalità, senza certificare attraverso un costante controllo il percorso dell'alimento durante il processo di trasformazione, apre la strada alla contraffazione.
La prego dunque, ministro, di trovare il tempo per tornare più spesso in Commissione a confrontarsi con noi, perché le persone, lo ripeto, manifestano a parole ciò che pensano e lei parla poco di agricoltura e troppo di latte e di Nord. L'aspettiamo qui perché deve confrontarsi, permetterci di fare il nostro lavoro e impegnarsi come Ministro dell'agricoltura, altrimenti le porteremo la gente sotto il Ministero a rivendicare la possibilità di sopravvivere.

NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Dopo l'intervento del collega Sardelli mi converrebbe fare una difesa d'ufficio del ministro, però mi permetto di sollecitare alcune questioni.
L'impennata dei prezzi e la crisi hanno ridotto il potere d'acquisto delle famiglie, per cui il Governo dovrebbe innanzitutto impegnarsi ad accrescerlo tentando di aumentare salari e pensioni. Esiste però anche un problema di speculazione sui prezzi, laddove come cittadino e parlamentare evidenzio un tema non affrontato: il peso della grande distribuzione nello sconsiderato aumento dei prezzi.


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Ieri, il rappresentante della Guardia di finanza ci ha spiegato come la filiera corta faccia aumentare i prezzi del 77 per cento, mentre la filiera lunga del 300 per cento. Ci chiediamo dunque come fronteggiare l'oligopolio esistente in Italia, che permette alle grandi distribuzioni di far aumentare in questo modo i prezzi, e quale ruolo debbano assumere i grandi centri di acquisto.
Qualche giorno fa, abbiamo incontrato i produttori delle mozzarelle di bufala della Campania e del Sud. Oltre a un problema di consorzio, si constata anche come con tre litri di latte al costo di quasi 1 euro le mozzarelle giungano sul mercato a Napoli a 12 euro, a Roma a 24, a Milano a 26 euro. Questo non fa arricchire l'allevatore e il produttore di latte.
Il problema vero, posto con grande efficacia dall'onorevole Sardelli, riguarda il Sud, che in questi anni si è maggiormente impoverito non soltanto perché in ogni provvedimento c'è stato un «bombardamento» del Governo sul Sud e sulle infrastrutture, ma perché è necessario capire quale tipo di sviluppo rendere possibile nel Mezzogiorno. Dobbiamo decidere se oggi l'agricoltura rappresenti una risorsa per il Sud e se sia opportuno collocarla al centro della nostra azione politica per valorizzare un'agricoltura povera, biologica e di qualità nel Sud, dove non possono essere collocate industrie e grosse aziende. È opportuno valutare alcuni aspetti del biologico e del made in Italy.
In Italia, un terzo dei lavoratori in agricoltura è irregolare e le percentuali più alte si rilevano nel Sud, problema che il Ministero dell'agricoltura deve porsi. Non voglio fare opposizione tanto per farla, anche perché per tradizione raramente non mi sono trovato a stare dietro ai banchi della maggioranza: in ogni caso, desidero sapere se maggioranza e opposizione intendano difendere l'agricoltura italiana insieme al Ministero dell'agricoltura e capire come ci si intende collocare nell'ambito della nuova PAC, laddove abbiamo sempre affermato che l'agricoltura non ha colore. Se vogliamo agire tutti insieme, dobbiamo capire anche qual è il punto di caduta, quali alleanze stringere a livello nazionale per dare più forza al Governo italiano, all'Italia, alla nostra agricoltura.
Spesso, si parla di prodotti del Nord, laddove il vostro intervento sul grana padano e sul parmigiano appare condivisibile, ma sarebbe opportuno aiutare anche i prodotti del Sud.
Per quanto riguarda la PAC, ci avvieremo verso l'eliminazione graduale delle quote, la nuova modulazione e lo sviluppo rurale, che dovrebbe garantire e tutelare ambiente e qualità. Ad ogni modo, bisogna raggiungere due importanti obiettivi: un accorpamento fondiario e aiutare i giovani che desiderino investire in agricoltura.
Dobbiamo esprimerci anche sulla multifunzionalità, quindi sull'uso ricreativo dell'agricoltura, laddove, poiché in Italia esiste un'agricoltura di qualità, potremmo sforzarci per valorizzare il made in Italy. La multifunzionalità, la possibilità di creare reddito partendo da diverse condizioni potrebbe portare ad una nuova condizione di sviluppo.
Ieri, per quanto riguarda l'anticontraffazione, abbiamo proposto di inserire il biologico, i prodotti agricoli, chiedendo che tre rappresentanti del Ministero dell'agricoltura potessero far parte del Consiglio nazionale dell'anticontraffazione. Il Governo però non ci favorisce, nonostante la serietà sempre dimostrata dall'opposizione nel valorizzare l'agricoltura e nel collocarla al centro dell'azione politica del Parlamento e del Governo.
Su questo, signor Ministro, auspico da parte sua una maggior determinazione. Vorrei quindi che estendesse a tutta l'agricoltura e a tutto il territorio italiano la determinazione dimostrata nel comunicare i suoi interventi nel Lombardo Veneto.

MARIO PEPE (PD). Mi riconosco del tutto nell'intervento molto passionale e significativo del mio capogruppo e anche nella voce non clamans in deserto del collega Sardelli. Apprezzo la brillantezza del Ministro nel parlare a braccio, però per la formalità e la sostanzialità degli interventi, Ministro, è sempre opportuno consegnare una relazione per comodità di riflessione,


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giacché questa nasce in maniera non empirica, ma sistematica.
Mi sembra che rispetto ad altri argomenti, tenuto conto dei provvedimenti emanati dal Governo quali il DPEF e la legge finanziaria votata ad agosto, il tema dell'agricoltura non assuma rilevanza, considerata anche la difficile contrattazione con la Comunità europea dato che, come lei sa, tutti i nostri provvedimenti sono derivati.
Le chiedo quindi di svolgere, nella sua veste di rappresentante del Governo, un'autorevole riflessione su questioni essenziali quali reddito, formazione, salari e sviluppo rurale nell'equilibrio generale delle realtà del Paese; ciò, perché noi non desideriamo portare avanti un'opposizione territoriale o sudista, bensì puntare essenzialmente sulle aree vocate, tema di fondo della Comunità europea. Questa riflessione appare opportuna anche in vista delle decisioni da assumere in sede della nuova PAC.
Come giustamente si realizzerà un approfondimento sulla tabacchicoltura, sarebbe opportuno realizzare nel Mezzogiorno d'Italia un'iniziativa forte, per sottolineare come l'agricoltura sia un settore trainante in quelle comunità.
Provengo dalla Campania, regione che ha prodotto ottimo tabacco e, poiché lei ha citato il disaccoppiamento parziale che durerà per alcuni anni, ritengo che dall'incontro di Verona debba emergere anche una proposta alternativa sul piano della produzione, per sapere cosa dovranno fare le aziende agricole qualificatesi in questo settore.
Chiedo scusa per la sinteticità.

PRESIDENTE. Per fortuna il numero degli interventi è aumentato, per cui, se vogliamo ascoltare la replica del Ministro prima di andare a votare in aula, dobbiamo accorciare le domande.

SEBASTIANO FOGLIATO. Desidero ringraziare il ministro che oggi è con noi in Commissione a parlarci dei problemi dell'agricoltura. Esordisco tranquillizzando i colleghi, perché l'agricoltura nel nostro Paese è in buone mani. Ritengo che goda di un'attenzione mai avuta negli anni passati, come dimostra anche la recente trattativa sulla revisione della PAC svolta in Europa, che in pochi mesi ha ottenuto risultati estremamente positivi.
Tranquillizzo l'onorevole Sardelli, perché nei programmi di sviluppo rurale delle regioni il Sud fa la parte del leone, laddove il Veneto e la Lombardia hanno a disposizione circa 400 milioni di euro, mentre la Sicilia può contare su 1 miliardo e 200 milioni, la Puglia su 800 milioni e la Campania su 1 miliardo di euro. Questi PSR sono redatti sempre su base storica.
Ritengo che i problemi dell'agricoltura debbano essere affrontati volta per volta con costanza in Commissione. Mi dispiace che l'onorevole Sardelli adesso sia andato via, però per settimane non partecipa ai lavori di questa Commissione e poi lamenta una mancanza di attenzione. Dobbiamo affrontare attentamente le diverse problematiche giorno per giorno, apportando il nostro contributo al lavoro di questa Commissione. Se veramente si hanno a cuore i problemi dell'agricoltura, non ci si può perdere in queste questioni, laddove sono sicuro che il Ministro Zaia abbia un'attenzione particolare verso l'agricoltura di tutto il nostro Paese, che sta portando nella trattativa in corso in Europa.
I 126 milioni di euro che verranno spesi per l'acquisto delle forme di parmigiano reggiano e grana padano hanno anche un risvolto sociale. La riflessione del Ministro ci pone però degli interrogativi, giacché l'elevata percentuale della produzione di latte impiegato per il grana padano, per il parmigiano reggiano e per le DOP ci induce a dubitare che il formaggio che mangiamo nel nostro Paese sia fatto con latte proveniente da altre parti del mondo, con conseguenti, eventuali problemi di salubrità, perché le regole vengono applicate diversamente in altri Paesi. Tutto questo ci impone una riflessione.
Associare di continuo l'aumento dei prezzi all'agricoltura nuoce all'agricoltura stessa, soggetto che non crea, ma subisce l'inflazione con un aumento dei costi delle materie prime, dei fertilizzanti, del gasolio,


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che riducono la forbice dei guadagni. Accogliendo l'invito del presidente, non mi dilungo oltre.

SANDRO BRANDOLINI. Tenuto conto dell'orario, cercherò di essere molto breve. Signor Ministro, ritengo che per affrontare i problemi dell'agricoltura in Italia e in Europa esista una precondizione, che purtroppo non rilevo. Ritengo che anche quanto accaduto ieri in aula sulla questione dei consorzi dimostri l'incapacità di superare una situazione di autoreferenzialità e di divisione del mondo agricolo, che mina ogni possibilità di formulare le risposte di cui il settore agricolo ha bisogno e soprattutto di dotarsi di una moderna politica agroalimentare nazionale, che ci consenta di affrontare i temi dell'agricoltura.
Emerge quindi l'esigenza di riprendere e accelerare il percorso che dovrebbe portare a realizzare la Conferenza agraria nazionale prevista dal Governo precedente. Senza unità rispetto agli obiettivi, non potremo affrontare adeguatamente i problemi dei rapporti con l'Europa, né quelli che più direttamente dipendono da noi.
Lei potrà comunque contare sulla nostra disponibilità su un insieme di partite, qualora vi sia la volontà di affrontarle in modo adeguato. In particolare, sul settore ippico condivido la sua impostazione. Desidero sottolineare la presenza di due emendamenti sostanzialmente uguali con una differenza: nel nostro i milioni per le risposte immediate sono 32, non 25.
Condividiamo inoltre l'esigenza di verificare la situazione dell'Unire e il piano industriale del settore, così da affrontare problemi quali quello delle scommesse, che in questi anni hanno subito un crollo.
Sull'apicoltura sarei più cauto circa la reintroduzione dell'utilizzo di prodotti senza certezze. Le api sono fondamentali per la produzione agricola, soprattutto per quella di qualità strettamente legata al territorio e alla biodiversità.

VIVIANA BECCALOSSI. La ringrazio anch'io, Ministro, per aver concesso tempo a questo consesso. Mi auguro di vederla più spesso, anche perché la Commissione vorrebbe affrontare molti aspetti. Spesso, ad esempio, veniamo informati all'ultimo momento di provvedimenti che ci riguardano o di contenuti di provvedimenti che riguarderebbero l'agricoltura, di cui si occupa però la Commissione attività produttive. Ritengo che una non escluda l'altra e che sia possibile ragionare insieme.
Per quanto riguarda la PAC, sono relatrice del provvedimento e mi fa piacere avere avuto i documenti del Ministro, dei quali terrò conto nell'elaborazione di un approfondito parere della Commissione. Abbiamo infatti realizzato numerose audizioni e oggi si svolgerà il primo confronto tra i Commissari. Sarà quindi importante condividere un parere che renda più forte la posizione del Ministro.
Per quanto riguarda le considerazioni del Ministro sul contributo minimo, molti dati in mio possesso dimostrano come istruire una pratica costi 200-250 euro. Pur condividendo le ragioni, assolutamente nobili, per abbassare il contributo minimo a 100-150 euro, rilevo però il rischio di affrontare un costo superiore al contributo da erogare. Ne beneficerebbero quindi non gli agricoltori, ma i funzionari pagati per istruire le pratiche delle associazioni.
Per quanto riguarda le quote latte, sono soddisfatta del fatto che il Ministro intende assumere una posizione che tiene conto di coloro che hanno rispettato il regime delle quote latte, ovvero la legge n. 119 del 2003, risalente al precedente Governo Berlusconi e votata da più forze politiche. Non so quale proposta verrà formulata, ma che credo che verrà avanzata in Consiglio dei ministri.
Per quel poco che ha anticipato il Ministro, non metterei sullo stesso piano gli splafonatori storici con quelli che hanno subito il taglio della quota B, perché si mescolerebbero due categorie di agricoltori che hanno poco in comune. Apprezzo però lo strumento utilizzato, perché alcune perplessità su come questo Governo intende affrontare il sistema delle quote latte sono da attribuirsi alla presentazione alla Camera e al Senato di emendamenti sibillini, che avrebbero appesantito l'iter dei controlli, dei processi e delle quote latte, mettendo


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in discussione l'operato di quelle istituzioni che hanno dovuto applicare la legge n. 119 del 2003.
Condivido quindi la scelta di un provvedimento trasparente del Consiglio dei ministri, che dovrà seguire tutto l'iter parlamentare delle varie Commissioni, e concordo sul fatto che anche la Commissione agricoltura possa entrare nel merito.
Anche sull'apicoltura ritengo che siamo arrivati troppo tardi a prendere atto di decreti del Ministero della salute. Si tratta di un enorme patrimonio dell'agricoltura italiana, ma i provvedimenti presi oggi devono essere supportati e approfonditi per quanto riguarda la prossima semina, per evitare di salvare le api mettendo in ginocchio il settore che nutre la zootecnia italiana, che si sviluppa prevalentemente nella Pianura padana. Dubito che i principi attivi utilizzati in campo siano l'unica causa e non una concausa. Rischieremmo dunque di sostituirli con pesticidi che nuocerebbero non solo alle api, ma anche alla salute umana. Auspico che nell'incontro di giovedì emerga una visione globale, che non si limiti a riconoscere le ragioni della teoria degli apicoltori.
Per quanto riguarda la mozzarella di bufala, nelle varie audizioni sono emersi numerosi aspetti. Il settore chiede un provvedimento sulla tracciabilità del latte bufalino, che ad oggi viene dichiarata fatta, ma non lo è, perché, nonostante la chiusura del 40 per cento degli allevamenti, la produzione di mozzarelle di bufala non è diminuita. Anche in questo settore, dunque, si importa latte dall'estero per fare finta mozzarella di bufala campana. Come per il latte vaccino, è quindi necessario un provvedimento che imponga la tracciabilità del latte bufalino.
Ignoro il provvedimento che verrà esaminato domani in Consiglio dei ministri sulla promozione del settore agroalimentare. Il Ministro ha citato l'articolo 8, che impone di esplicitare chiaramente l'origine del prodotto. Concordo su questo anche alla luce delle considerazioni della Guardia di finanza relativamente ai tanti prodotti importati illegalmente e utilizzati per realizzare finti prodotti made in Italy.
Mi auguro però che questo provvedimento tenga conto di come non sempre ciò che rappresenta il made in Italy nel mondo sia interamente realizzato con prodotti made in Italy. Questo si deve infatti a una materia prima eccezionale, ma soprattutto a un suo utilizzo straordinario. La bresaola di Valtellina, la cui pubblicità con splendide vacche brune che pascolano sui suoi monti evoca la convinzione che la rinomata bresaola venga fatta con tali animali, in realtà viene fatta con carne di zebù, bovino allevato in Sudamerica. È buonissima, ma, occupandoci di origine del prodotto, è necessario sottolineare anche questo. Tutto ciò che è allevato e coltivato in Italia è certamente migliore, ma l'apporto può consistere anche nelle modalità con cui gli imprenditori o gli agricoltori italiani usano una materia prima.
Ieri, Il Corriere della Sera ha pubblicato un'intervista di Barilla, amministratore delegato della nota industria, che sottolineava come la pasta Barilla, uno dei marchi italiani più conosciuti nel mondo, venga fatta con grano duro coltivato non in Italia o in Europa, ma negli Stati Uniti. Grazie.

PRESIDENTE. Avremmo ancora dieci minuti, se riusciste ad attenervi alle domande, avremmo spazio per altri dieci interventi. Possiamo limitare il numero degli interventi o andare avanti e poi rinviare.

LUCIANO AGOSTINI. Intervengo brevemente sull'ordine dei lavori. Poiché l'introduzione del Ministro è stata ampia e appare impossibile limitarsi solo a domande di chiarificazione, laddove i gruppi e i parlamentari devono poter esprimere considerazioni anche di carattere politico strategico sulla relazione, chiederei al Ministro se fosse possibile aggiornarci ad altra data.

PRESIDENTE. Credo che sia possibile, ma il tema è un altro. Nelle prossime ore, ci sono scadenze importanti, a partire dall'audizione del Commissario Mariann Fisher Boel e da una serie di iniziative già poste in calendario. Rischiamo quindi di


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spostare la replica del Ministro più avanti nel tempo,; ciò potrebbe anche essere positivo, se consideriamo il primo atto della relazione e poi...

NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. A parte il fatto che il collega Zucchi si dichiara disponibile a far intervenire prima il gruppo dell'Italia dei valori, vorrei chiedere al Ministro la disponibilità a tornare in un'altra occasione precedente all'incontro con la relatrice europea.
Vorrei far notare inoltre che, pur non registrandosi le presenze, ognuno di noi ne è consapevole, per cui sarebbe opportuno confrontarsi vicendevolmente. Spesso, alle audizioni sono stati presenti soltanto esponenti dell'opposizione, senza la maggioranza.

PRESIDENTE. Ascolterei gli interventi dei colleghi Zucchi e Rota, in modo che abbiano parlato esponenti di tutti i gruppi; quindi, lascerei cinque minuti di tempo per la replica del Ministro e rinvierei il seguito dell'audizione ad una prossima seduta. In tal modo si consente di rispondere a chi ha posto domande e di riservarci la possibilità di avere un altro spazio per ulteriori domande e risposte.

ANGELO ZUCCHI. Avrei ceduto il posto al rappresentante dell'Italia dei valori, qualora non potesse intervenire oggi. È difficile limitarsi a porre domande. Esprimo sinteticamente una considerazione. Il tema dell'Health Check della PAC ci pone come problema di fondo la relazione che vogliamo aprire in ambito europeo.
Seguo i suoi interventi, signor Ministro, compito in cui lei mi facilita molto, perché spesso è sulle pagine dei giornali e sulle agenzie. In una fase in cui appare opportuno aprire alleanze e trattative per ottenere risultati in ambito europeo, le sue opinioni sull'Europa ci preoccupano. A me non sfugge il contesto da cui nascono alcune sue considerazioni, ma desidero ricordarle che in due occasioni ha persino minacciato la rinazionalizzazione dell'agricoltura. Poiché credo di non essere l'unico a leggere le agenzie e le pagine dei giornali in ambito europeo, esprimo questa preoccupazione, perché partire con considerazioni di avversità nei confronti della politica europea non è il modo più utile per ottenere risultati.
Lei ha più volte individuato nelle politiche europee l'origine dei mali dell'agricoltura italiana. Credo che questi atteggiamenti e queste posizioni non aiutino il Paese a interloquire e costruire politiche di alleanza necessarie per portare a casa risultati.
Lei non ha citato un tema, ovvero come rappresentare al meglio il sistema Italia all'interno di questa politica di alleanza necessaria in Europa, sistema che è ancora una volta diviso rispetto all'Health Check della PAC e ai possibili provvedimenti in essa contenuti.
Vorremmo sapere come pensi di coinvolgere il mondo delle associazioni agricole per giungere a una sintesi di queste posizioni, che oggi partono diverse e non aiutano chi deve negoziare per ottenere risultati utili alla nostra causa. Le esprimo dunque queste perplessità, perché è giunto il momento di dimostrare una capacità di mediazione rispetto alle diverse posizioni esistenti in Italia e una capacità di alleanze in ambito europeo.
Lei si accinge a intraprendere una battaglia in Europa sulla questione dell'etichettatura. Noi siamo d'accordo sull'etichettatura dei prodotti di origine, ma quando si parte con una vicenda di questo genere sarebbe opportuno valutare prima quale sponda si riesca ad avere. Mi auguro che lei abbia contrattato alcune posizioni che consentano di segnare un punto, altrimenti rischieremmo di essere sconfitti per l'ennesima volta, escludendo definitivamente la possibilità di riaprire questa discussione nei prossimi anni.
Lei ha manifestato contrarietà sul tema della regionalizzazione, ma non ci ha argomentato i motivi di questa contrarietà. Poiché ritengo che la regionalizzazione rappresenti l'esito della politica agricola comune, dovremmo approfondire questo tema, perché essa può contenere elementi di maggiore equità ed elementi che favoriscono


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l'ingresso di giovani imprenditori nell'ambito dell'agricoltura. Attraverso la regionalizzazione possono passare anche provvedimenti che ci mettono nelle condizioni di guardare al futuro. Credo che questo debba essere un dibattito da approfondire, sul quale lei ha glissato.
Per quanto riguarda le quote latte, Ministro, conosciamo la situazione di difficoltà e non ostacoleremo possibilità di soluzioni definitive a un problema aperto da troppo tempo, però vogliamo farlo continuando a distinguere fra chi è in regola, chi si è sforzato di esserlo e chi ostinatamente non ha mai voluto esserlo.
Le sono grato di essersi impegnato su questo e le ribadisco come qualunque provvedimento di chiusura di questa vicenda debba passare attraverso il rispetto della legge n. 119 del 2003. Concordo con l'onorevole Beccalossi sul fatto che alcuni tentativi maldestri espressi con la presentazione di emendamenti per nulla attinenti indicano un approccio culturale di rifiuto verso l'esigenza di affrontare in trasparenza questo tema. La pregherei invece di affrontarlo in totale trasparenza, sapendo che le organizzazioni agricole e la maggioranza delle forze politiche considerano la legge n. 119 del 2003 un punto sul quale non è possibile tornare.

IVAN ROTA. Normalmente amo ascoltare, non ascoltarmi, ma, avendo un ruolo politico e appartenendo a un gruppo diverso rispetto ai miei colleghi, eccepivo che sarebbe preferibile ascoltare prima uno per gruppo e poi eventualmente gli altri.
Ringrazio il Ministro di averci dedicato questa mattinata. Personalmente, non riesco a interpretare il ruolo di opposizione a prescindere, che questa mattina ho rilevato più nelle file della maggioranza che sostiene questo Governo e che non ha dimostrato capacità di ascolto.
Il gruppo dell'Italia dei valori è in minoranza, quindi in opposizione costruttiva, e cerca di dare il proprio contributo. Nel suo intervento, ho colto non toni trionfalistici, ma competenza, ho riscontrato idee e progetti che richiederanno tempo. È importante che le tematiche da lei toccate non si limitino ad alcune zone dell'Italia, come invece è parso in alcuni passaggi della sua relazione. Sono certo che avrà modo di parlarci anche di comparti e di realtà diversi dell'Italia.
I tre quarti d'ora di relazione a braccio non mi stupiscono. La scorsa volta, ci ha consegnato una relazione, ma spesso chi parla con un foglio in mano non viene più ascoltato, per cui posso anche comprendere questa sua scelta.
Nelle sue parole registro il rigore e la volontà del rispetto delle regole, in modo da non transigere rispetto alle normative, che, come richiamato dal collega Zucchi, ci collocano all'interno di un contesto europeo. Aspetto di valutare l'opera del ministro nelle azioni, laddove appare invece difficile controargomentare ed eccepire sui temi toccati e i proponimenti espressi nella relazione. Nei suoi passaggi, abbiamo colto con soddisfazione l'attenzione verso le categorie più deboli e indigenti.
Non c'è tempo per entrare nel merito dei temi toccati. Le azioni vanno oltre le parole espresse, e sono convinto della volontà. Non so se l'insieme del Governo garantirà la possibilità di concretizzare tali intenti. La Commissione assicurerà la propria disponibilità, ma questi confronti dovrebbero essere più frequenti, perché spesso mi chiedo come questa Commissione possa contribuire all'opera del suo Ministero e del Governo nell'interesse nazionale. Vorrei rilevare quindi una maggiore possibilità di interlocuzione beneficiando della concretezza che lei porta in questa Commissione..

SUSANNA CENNI. Vorrei porre una domanda ed esprimere due sottolineature velocissime. Il ministro ha toccato numerosi temi e abbiamo davanti scadenze di rilievo. Non possiamo però svolgere nessuna delle discussioni lambite questa mattina fingendo di non trovarci in una crisi economica e finanziaria senza precedenti per il nostro Paese, che riguarda anche la nostra agricoltura.
Il tema dei prezzi riguarda tutti i Paesi europei, come confermato dalle audizioni


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svolte sull'argomento, ma un problema che riguarda i redditi agricoli ha una peculiarità tutta italiana.
Anche alla luce di questa situazione, vorrei sapere se non ritenga opportuno riunire intorno a un tavolo lo Stato, le regioni e l'intero mondo agricolo ragionando sulle ingenti risorse pubbliche a nostra disposizione che riguardano anche i piani di sviluppo rurale, per individuare alcune grandi priorità e stringere un grande patto per la competitività e la crescita del sistema agricolo nel nostro Paese. Faticheremmo infatti ad avere una visione complessiva del futuro della nostra agricoltura, se all'interno della crisi ragionassimo soltanto per parti di problematiche.
Per quanto riguarda la PAC, intendo sottolineare quanto altri colleghi hanno già ribadito. Nel parlare dell'Health check non ci si può limitare ad affrontare il tema delle quote latte, laddove un'altra parte d'Italia possiede un'agricoltura diversa ed è meno abituata a lamentarsi e a vivere di sostegno pubblico, ma esiste e sta vivendo criticità. Ritengo non si possa sostenere che lo sviluppo rurale abbia meno a che fare con il mercato. Desidero ricordare come la competitività sia un asse fondamentale, che fortunatamente ha avuto attenzione dalle regioni e che ha visto crescere la mole di risorse.
Condivido profondamente il suo richiamo alla qualità delle nostre produzioni e alla capacità che abbiamo saputo valorizzare investendo su questa peculiarità e sul legame con il territorio. Ritengo che alcuni aspetti da lei richiamati quali tracciabilità, qualità, certezza della filiera aiutino ad andare in questa direzione. Per crescere e proseguire nella direzione di un maggiore valore aggiunto dei nostri prodotti, abbiamo bisogno però di un mondo agricolo più compatto con cui interloquire in modo nuovo. Ieri, in Parlamento abbiamo scritto una pagina non bella per la nostra agricoltura con la discussione e la conclusione che hanno riguardato l'emendamento sull'articolo 5 del disegno di legge n.1441-ter. Considero doveroso rivendicare una totale autonomia delle istituzioni e del mondo politico rispetto alle singole associazioni agricole e costruire una pagina nuova, per garantire una crescita competitiva di tutta l'agricoltura italiana.

PRESIDENTE. La prego, onorevole De Camillis, di contenere il suo intervento in pochissimi minuti, in modo da consentire al ministro di replicare.

SABRINA DE CAMILLIS. Grazie, presidente. Ringrazio il Ministro, che vorremmo avere più spesso in Commissione e al quale desidero avanzare precise richieste per contenere i tempi. La prima questione riguarda la filiera dello zucchero. A Termoli, in Molise, la situazione di emergenza dello stabilimento riguarda la filiera bieticola del centro-sud Italia. Vorrei chiedere al Ministro un incontro in Commissione sulla scorta della richiesta avanzata da tutte le organizzazioni sindacali sulla filiera dello zucchero a livello nazionale. Quest'anno l'anello debole è infatti rappresentato dallo zuccherificio del Molise, ma da quel documento si evince come in tempi brevissimi anche altri zuccherifici andranno in sofferenza. Chiederei quindi ufficialmente di tenere un'audizione in questa Commissione, cogliendo l'occasione per ringraziare il suo presidente che, per quanto riguarda la questione dello zuccherificio del Molise, ha subito dato ampia disponibilità per quanto di sua competenza.
Lei ha evidenziato come la coltivazione si stia spostando dalla produzione di derrate alimentari alla produzione di prodotti per l'energia. A fronte di questo, si registra però un incremento della richiesta di quantità di derrate alimentari. Anche in base alle considerazioni espresse dal Direttore generale della FAO, in questo momento si individuano due punti di debolezza nel percorso e nella programmazione del settore agricolo. Condivido pienamente le sue posizioni a livello europeo, perché ritengo che il settore dell'agricoltura italiano debba essere valutato sui tavoli comunitari impostando i ragionamenti sulla difesa degli interessi del nostro Paese.
Considero quindi opportuno avviare una discussione più compiuta, chiedendo di resettare


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i princìpi su cui è stata programmata la politica agricola europea, considerando come quella programmazione emerga da momenti sociali ed economici completamente diversi non solo per l'Italia e per l'Europa, ma per l'intero sistema mondiale. Sarebbe quindi auspicabile spostare l'attenzione sulla programmazione comunitaria, sull'aumento della produzione e quindi sulle quantità, oltre che sulla garanzia della qualità e della tutela del made in Italy.
La seconda questione riguarda la sicurezza alimentare. Mentre aumenta la richiesta di quantità di derrate alimentari, aumenta anche la percentuale di popolazione indigente, che non riesce a dare risposta alle necessità primarie. Quella fascia di popolazione non ha le risorse per guardare alla qualità, per difendersi da sistemi che portano sul mercato prodotti insicuri. Vorrei sapere quindi se si stia individuando un percorso per la tutela e la sicurezza alimentare a difesa delle fasce più deboli di consumatori.
Condivido la quota del contributo fissata al di sotto dei 250 euro, perché spesso la nostra agricoltura è fatta ancora di piccolissimi imprenditori agricoli e bisognerebbe piuttosto abbattere il costo dell'istruttoria delle pratiche.

PRESIDENTE. Undici colleghi sono intervenuti, sette devono ancora intervenire. Avrete apprezzato che anche il presidente si riserva di intervenire nella prossima occasione. Do la parola al Ministro Zaia per la replica ai deputati sinora intervenuti.

LUCA ZAIA, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Ho ascoltato con attenzione e ho colto alcune preoccupazioni, che lambiscono tutti gli interventi. La prima riguarda l'eventualità che il ministro del Nord pensi solo al Nord. Ritengo che le mie origini rappresentino una garanzia per il Sud, perché, considerando i risultati della programmazione agricola ottenuti con ministri provenienti dal Sud, c'è da sperare che un ministro del Nord risolva qualche problema.
Al di là delle battute, poiché sono stato accusato di parlare solo di latte, desidero ricordare che nell'Health check non si discute di agricoltura e che il capitolo latte è il capitolo dell'Health check, laddove non c'è un capitolo sull'olio o sul grano duro.
Vorrei anche ricordare che il ministro negozia in Europa per l'agricoltura che va da Campione d'Italia al Sud. Health check significa PAC, che non riguarda il Lombardo-Veneto, ma viene distribuita a livello nazionale. L'onorevole Fogliato sottolinea giustamente come per i piani di sviluppo rurale regioni come la Lombardia e il Veneto abbiano 300-400 milioni di euro, la Sicilia 1,2 miliardi di euro.
La modulazione va da Campione d'Italia a Lampedusa, la regionalizzazione è un problema che riguarda tutta l'Italia, come anche l'articolo 68. Questi temi verranno affrontati in sede di conferenza Stato-regioni con gli assessori regionali, che ieri ho incontrato. Affermare questo significa non dire la verità e voler stressare un concetto che non è reale. Il negoziato in Europa è un negoziato per l'agricoltura italiana. Il ministro non parla di alcuni prodotti perché questi esulano dal negoziato europeo.
Del resto, per lanciare un segnale positivo, nella mia prima missione mi sono recato a Caserta per la mozzarella di bufala, che abbiamo aiutato e che continuiamo ad aiutare promuovendo una campagna promozionale, l'unica realizzata a livello governativo sui media nazionali, per cui ringrazio Paolo Bonaiuti per aver messo a disposizione i fondi della Presidenza del Consiglio dei ministri. Mi sono recato anche in Sicilia presso l'azienda vitivinicola Donnafugata per dibattere le tematiche del vino riguardanti la Sicilia.
Il ministro ha a cuore l'agricoltura italiana, se non altro perché non possiamo permetterci la crisi di nessun anello della filiera agricola nazionale, che potrebbe coinvolgere l'intera agricoltura. Il crollo del prezzo della mozzarella di bufala ha ad esempio conseguentemente determinato il crollo del prezzo della mozzarella di latte vaccino. La polemica con il TTB americano con il blocco delle importazioni paventato


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per il Brunello di Montalcino causa il calo delle esportazioni del Passito di Pantelleria o del Prosecco di Valdobbiadene.
Recepisco inoltre preoccupazione per gli atteggiamenti del ministro rispetto al negoziato europeo, ma vi chiedo di valutarmi sui risultati. Mi creda, onorevole Zucchi, il negoziato oggi ci permette di dire che l'Italia è rispettata nei tavoli. Abbiamo riposizionato lo Stato membro nella giusta maniera rispetto alle nostre richieste. Dai verbali degli incontri bilaterali e dei Consigli dei ministri si evince come molte proposte inserite in Health check siano frutto di nostre considerazioni.
Desidero soprattutto tranquillizzarvi sul fronte della rappresentatività e della rappresentanza delle istanze territoriali. Ho un incontro costante con gli assessori regionali e con le rappresentanze sindacali. I documenti che i sindacati hanno presentato sono espressione dei loro desiderata, poi spetta a noi prendere decisioni. Se il negoziato si chiudesse come vi ho prospettato, otterrebbe rilevanti risultati. Mi spiace che si voglia sempre puntare i riflettori sulle quote latte, che di fatto su questo negoziato c'entrano in parte, laddove un grande risultato è costituito dall'articolo 68.
Ne ho parlato con tranquillità, anche perché ho un ottimo rapporto con Mariann Fischer Boel, e vi posso garantire che rivendico fino in fondo quelle dichiarazioni. Ho infatti affermato che, se l'Europa intende continuare a distruggere con la sua programmazione l'agricoltura mediterranea e dunque italiana, noi ci chiameremo fuori. Non possiamo subire i diktat degli Stati del nord Europa (Applausi).

ANGELO ZUCCHI. È la posizione del Governo...

LUCA ZAIA, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Non possiamo accettare che gli Stati del nord Europa sostengano tesi estremamente liberiste, sulle quali voi dovreste avere qualcosa da ridire, che nulla hanno a che vedere con la difesa dell'agricoltura di Treviso o di Palermo. Alcuni Stati inventano l'agricoltura per partecipare al Consiglio dei ministri d'Europa, mentre altri quali l'Italia, la Francia, la Spagna, gli Stati del Mediterraneo, la Germania conoscono i problemi dell'agricoltura.
Prima di cessare il suo mandato, Tony Blair annunciò che l'approccio in Europa avrebbe dovuto consistere nel cessare di elargire fondi all'agricoltura, filosofia propria dei Paesi del nord Europa.
Noi parliamo di olio, di grano, di latte, di pomodoro, di origine, di certificazione di qualità, mentre altri sanno parlare solo di parametri di Kyoto, agricoltori e tutori del territorio, biomasse, rispetto delle emissioni, aspetti di cui noi ci occupiamo indirettamente, perché abbiamo gli agricoltori nel territorio.
Per quanto riguarda altre segnalazioni, condivido il discorso dell'onorevole Cenni rispetto all'asse delle competitività, però in Europa esso ci permette di investire solo il 44 per cento delle risorse nello sviluppo rurale. Si teme poi che, saturato quest'asse, si passi a sagre e fiere che non c'entrano nulla con l'agricoltura, partita che abbiamo discusso con gli assessori regionali. Se avessimo potuto dedicare completamente il nostro piano di sviluppo rurale all'asse della competitività, qualcuno avrebbe compiuto questa scelta strategica. L'Europa però ci ingessa, imponendo di non superare il 44 per cento delle risorse.
Questo non significa che lo sviluppo rurale sia sbagliato, però in una congiuntura economica negativa, in cui finalmente si passa da un'economia virtuale a un'economia reale, probabilmente l'aiuto diretto alle imprese soddisfa maggiormente il mercato. Queste riflessioni si tradurranno in effetti concreti quando avremo l'effettiva percentuale di modulazione e quindi la ricaduta a livello nazionale, a prescindere dall'origine regionale del ministro.
Ci sono stati altri interventi, tutti interessanti e autorevoli. Ho apprezzato quello dell'onorevole Beccalossi, che sosteneva la necessità di evitare che il contributo minimo «ingrassi» le associazioni di categoria o chi si occupa delle pratiche. Abbiamo però l'esigenza di trovare un punto di incontro tra i 100 e i 250 euro. Sul costo delle pratiche bisognerà fare le opportune riflessioni.


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Poiché però i contadini non sono degli sprovveduti, se spendono 250 euro per una pratica per incassare 100 euro, queste risorse andranno nei sottoutilizzi e quindi torneranno alla PAC.
Per quanto riguarda il made in Italy, vi annuncio che questa mattina è in corso una grossa operazione del Corpo forestale dello Stato, di cui verso sera avrete notizia. Un dato comunque indica come su dieci prodotti dichiarati italiani all'estero solo uno sia effettivamente nazionale. Siamo coscienti del fatto che l'origine dei prodotti rischia di penalizzare e l'esempio della pasta è illuminante. Immagino che Barilla abbia sollevato il problema della forza dei grani, laddove la quantità di glutine dei grani dell'Arizona è diversa da quella del grano italiano. Questo disegno di legge sull'origine dovrà tenere conto delle diverse filiere, ma rispetto all'olio, al pomodoro, alla carne e ad altre filiere, è giusto dare tranquillità ai consumatori.
Per quanto riguarda le considerazioni dell'onorevole Oliverio, ho dimenticato di citare la grande distribuzione, ma ne parlo spesso nelle mie dichiarazioni. Cinque gruppi controllano circa il 70-75 per cento della grande distribuzione e questa concentrazione di offerte causa problemi nella formazione dei prezzi e nella remunerazione degli agricoltori.
Sulla grande distribuzione dobbiamo svolgere un'importante riflessione, che abbiamo già avviato con un tavolo, che consiste nel garantire innanzitutto che i nostri prodotti siano più identificati negli scaffali. Nella grande distribuzione, infatti, i nostri consumatori spesso comprano formaggi francesi senza rendersene conto.
Gli ultimi dati Nielsen indicano che il 10 per cento degli acquisti è avvenuto direttamente in azienda agricola, nell'ottica del farmer's market. Il biologico cresce dell'11 per cento in valore e del 10 per cento in quantità e nei prodotti per l'infanzia addirittura del 36 per cento, così come cresce l'acquisto del tipico. Questo significa che il consumatore si sta tutelando e persegue la sicurezza alimentare invocata dall'onorevole De Camillis, ma d'altra parte non diamo risposte, perché il consumatore compra biologico e tipico in azienda agricola non per un fatto economico, laddove ne conosciamo i costi, ma per avere una risposta sotto il profilo della sicurezza alimentare. Con la grande distribuzione dobbiamo fare questo grande ragionamento.
La prossima volta, recupererò le altre domande.

PRESIDENTE. Nel ringraziare il Ministro Zaia, rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta.

La seduta termina alle 10,40.

XIII Commissione (Agricoltura)

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