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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione XIII
10.
Giovedì 11 febbraio 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Russo Paolo, Presidente ... 3

Audizione del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Luca Zaia, su questioni di competenza del suo Dicastero, con particolare riferimento al sistema di finanziamento delle imprese agricole, al fenomeno dei danni causati dalla fauna selvatica alle imprese agricole e zootecniche, alle iniziative per il rilancio del settore dell'ippica e del comparto della mozzarella di bufala campana DOP (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Russo Paolo, Presidente ... 3 7 12 15 20 22
Beccalossi Viviana (PdL) ... 13
Bellotti Luca (PdL) ... 19
Brandolini Sandro (PD) ... 13 14
Carra Marco (PD) ... 19
Cenni Susanna (PD) ... 16
De Camillis Sabrina (PdL) ... 18
Di Giuseppe Anita (IdV) ... 15
Dima Giovanni (PdL) ... 8 16
Fogliato Sebastiano (LNP) ... 15
Mosella Donato Renato (Misto-ApI) ... 19
Oliverio Nicodemo Nazzareno (PD) ... 14 18
Pepe Mario (PD) ... 9 12
Ruvolo Giuseppe (UdC) ... 7
Servodio Giuseppina (PD) ... 17
Zaia Luca, Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali ... 3 7 8 9 14 20
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud/Lega Sud Ausonia: Misto-NS/LS Ausonia.

COMMISSIONE XIII
AGRICOLTURA

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di giovedì 11 febbraio 2010


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PAOLO RUSSO

La seduta comincia alle 9,10.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Luca Zaia, su questioni di competenza del suo Dicastero, con particolare riferimento al sistema di finanziamento delle imprese agricole, al fenomeno dei danni causati dalla fauna selvatica alle imprese agricole e zootecniche, alle iniziative per il rilancio del settore dell'ippica e del comparto della mozzarella di bufala campana DOP.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Luca Zaia, su questioni di competenza del suo Dicastero, con particolare riferimento al sistema di finanziamento delle imprese agricole, al fenomeno dei danni causati dalla fauna selvatica alle imprese agricole e zootecniche, alle iniziative per il rilancio del settore dell'ippica e del comparto della mozzarella di bufala campana DOP.
Ringrazio il Ministro per aver accolto la richiesta della Commissione, che ha avvertito l'esigenza di un'occasione di confronto su una pluralità di temi dei quali si è occupata negli ultimi tempi, e si sta tuttora occupando, attraverso diversi strumenti procedurali. Mi riferisco, in primo luogo, alle indagini conoscitive sul finanziamento alle imprese agricole e sul fenomeno dei danni causati dalla fauna selvatica alle imprese agricole e zootecniche, che la Commissione si accinge a concludere.
Altro tema all'attenzione della Commissione è il settore dell'ippica, materia sulla quale abbiamo già avuto modo di ascoltare il Ministro oltre che le rappresentanze delle categorie interessate.
Infine, la Commissione si è occupata del comparto della mozzarella di bufala campana DOP, svolgendo un ampio ciclo di audizioni informali in merito alle iniziative da mettere in campo per il suo rilancio.
Do quindi subito la parola al Ministro. Al suo intervento potranno far seguito eventuali domande dei colleghi deputati, alle quali il Ministro stesso potrà replicare.

LUCA ZAIA, Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. Grazie, presidente e buongiorno a tutti.
Ho approfittato dell'occasione per redigere una nota molto puntuale, in modo tale che questa opportunità che mi viene data diventi anche occasione, per chi ci sta seguendo e per il fatto che resta agli atti, di avere un'informazione puntuale rispetto ai temi che verranno affrontati oggi.
Va precisato che, alla luce dell'articolazione delle competenze del settore agricolo, al momento il principale strumento di finanziamento è rappresentato dalla politica di sviluppo rurale, che è governata


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dalle regioni e che dispone, per il periodo 2007-2013, di una dotazione finanziaria prossima ai 18 miliardi di euro.
In questa Commissione si è parlato moltissimo dello sviluppo rurale e di tutte le attività ad esso connesse. Faccio presente che il periodo 2007-2013 significa per noi anche il negoziato comunitario sull'Health Check, che si è tenuto nel novembre del 2008 e che ci ha permesso di rimodulare i fondi e di avere ulteriori nuovi obiettivi anche rispetto allo sviluppo rurale.
Il regolamento CE n. 1698/05 del Consiglio disciplina la politica dello sviluppo rurale per il periodo 2007-2013 e individua quattro assi di intervento: miglioramento della competitività del settore agricolo e forestale, miglioramento dell'ambiente e dello spazio rurale, qualità della vita nelle zone rurali e diversificazione dell'economia rurale e, infine il quarto asse, riguardante l'attuazione dell'approccio leader, prevede la possibilità di finanziamento per le iniziative di sviluppo rurale elaborate da partenariati locali al fine di rispondere a problemi specifici.
Questo è ciò che il territorio riesce a organizzare per il tramite dei comuni e delle associazioni, e sostanzialmente viene definito come quarto asse ma, alla fine, è quella parte immateriale che viene finanziata non direttamente alle aziende agricole ma ai territori.
Nell'ambito della politica dello sviluppo rurale, il mondo agricolo è sostenuto attraverso i piani di sviluppo rurale redatti da ciascuna regione e provincia autonoma, sulla base della normativa comunitaria e nazionale.
All'interno di tali piani sono contenute le scelte di programmazione e di gestione operate da ciascuna regione e provincia autonoma, in merito alle misure attivate per ciascun asse di intervento e alla relativa distribuzione delle risorse.
Ciascuna regione e provincia autonoma è responsabile della redazione e dell'emanazione dei bandi, della definizione dei criteri di ammissibilità e delle domande, e dei criteri di selezione delle stesse.
Per quanto riguarda il finanziamento delle imprese agricole, le maggiori opportunità per queste ultime sono riconducibili in particolare alle relazioni comprese nell'asse 1 del Programma di sviluppo rurale (PSR), che vi ricordo essere quello relativo alla competitività.
Se dovessimo fare una riflessione in questo momento, dovremmo tenere presente che dal mondo associazionistico e, quindi, dagli imprenditori agricoli, arriva sempre la richiesta di avere maggiori investimenti nell'asse della competitività, e spesso si cade nell'equivoco di pensare che l'amministratore regionale o, peggio ancora, l'amministratore nazionale, quindi il Ministro delle politiche agricole, che redige il Piano strategico nazionale (PSN), voglia diversificare i quattro assi per chissà quali obiettivi. Abbiamo già stanziato il massimo nell'asse della competitività, ovvero il 44 per cento del totale delle risorse, secondo il Regolamento comunitario. Insomma, è il Regolamento comunitario che stabilisce fino ad un massimo del 44 per cento; se avessi libertà totale, destinerei il 100 per cento alla competitività. Infatti lo slogan è «meno sagre paesane - pensate, si finanziano anche quelle con il Piano di sviluppo rurale, magari con il Secondo pilastro - e più competitività», e competitività significa interventi nelle aziende agricole.
Tale asse - stiamo parlando della competitività - prevede infatti la possibilità di ricorrere a misure volte a promuovere la realizzazione di investimenti e l'introduzione di innovazione in modo da rispondere al fabbisogno di ammodernamento delle aziende agricole, vale a dire quello che più ci interessa.
Lo stesso asse di intervento comprende misure per il sostegno degli investimenti finalizzati al miglioramento della trasformazione e della commercializzazione dei prodotti agricoli e forestali, nell'ottica di sviluppare l'efficienza e la qualità delle produzioni. Inoltre, la politica di sviluppo rurale finanzia anche una serie di misure relative alla formazione e alla diffusione delle conoscenze, nonché una specifica misura volta a incentivare l'insediamento dei giovani in agricoltura.


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Vorrei definire, per sommi capi, le principali misure finanziate. Innanzitutto, si parla di opportunità per chi non è ancora imprenditore agricolo. Ho fatto preparare questa nota cercando di identificare anche dei soggetti.
Chi non è ancora imprenditore agricolo e vuole diventarlo, cosa può fare? Innanzitutto, dispone del Premio di primo insediamento, gestito dalle regioni. L'Unione Europea incentiva i giovani che acquisiscono per la prima volta la titolarità dell'impresa agricola, concedendo loro un premio. Con il Regolamento n. 1698/05 sono state introdotte alcune novità rispetto al passato e ogni regione ha successivamente regolamentato la concessione del premio nel proprio PSR. Pertanto, il PSR finanzia chi non è ancora agricoltore, il primo insediamento.
I requisiti per accedere al finanziamento li conoscete meglio di me: età inferiore ai 40 anni; non essere mai stato titolare di azienda agricola; divenire titolare dell'azienda secondo tempi e modi prestabiliti dai bandi regionali; obbligo di condurre l'azienda agricola per almeno cinque anni onde evitare attività illecite; obbligo di presentare un piano di investimenti; infine, c'è la formazione, e il fatto che se fai un primo insediamento con un agriturismo, devi portare tutta la documentazione relativa.
A latere, dato che questa è una audizione nella quale si chiedono aspetti positivi e negativi di ogni fatto, vi dico che la grande difficoltà del primo insediamento è la burocrazia. Spesso accade che i nostri giovani chiedano l'accesso al primo insediamento - vi ricordo che hanno meno di 40 anni - ma non riescano a raggiungere l'obiettivo per l'inefficienza della macchina burocratica, ovvero per il fatto che la mancanza di semplificazione li porta magari a non avere le autorizzazioni in tempo debito rispetto ai termini fissati dal Piano di sviluppo rurale. Ad esempio, l'autorizzazione dell'ASL rispetto ad un macello aziendale di pollame può arrivare troppo tardi, e quello è l'elemento per il quale un giovane si insedia in azienda agricola. Molti perdono il primo insediamento proprio per questi motivi, vale a dire la burocrazia.
L'altro blocco cui possono andare incontro i giovani agricoltori - vi lascio la nota - riguarda il finanziamento per l'acquisto del terreno. L'agricoltore si insedia, ma poi bisogna vedere come può comprare un terreno. Come voi sapete, questi finanziamenti sono gestiti dall'Istituto di servizi per il mercato agricolo e alimentare (ISMEA). Possono accedere ai finanziamenti ISMEA per l'acquisto e l'ampliamento dei terreni agricoli giovani con meno di 40 anni - definiamolo «pacchetto giovani» - che, al momento della presentazione della domanda, siano in possesso di adeguate conoscenze e competenze professionali o di un decreto di primo insediamento, e abbiano presentato istanza di riconoscimento della qualifica professionale agricola alla regione competente (si parla, quindi, di imprenditore agricolo).
Nell'ambito dell'operatività fondiaria, l'ISMEA destina in ciascun esercizio finanziario fino al 60 per cento delle proprie disponibilità, con priorità al finanziamento delle operazioni di acquisto e ampliamento di aziende da parte di giovani, per le convenzioni da stipulare con regioni e province autonome nonché con enti e organismi pubblici e privati, che intervengono con politiche territoriali e di sviluppo a favore dei giovani imprenditori.
Abbiamo indicato questo punto perché non c'è solo la convenzione con le regioni e con le province autonome, ma ci sono altre realtà territoriali che spesso noi trascuriamo. Pensate, ad esempio, a quei consorzi pubblici che magari hanno terreni che potrebbero cedere direttamente ai giovani in virtù di queste convenzioni.
L'ISMEA gestisce, inoltre, il subentro nella conduzione dell'azienda agricola. Questo è un altro grande problema che qui non è trattato ma che suggerisco di approfondire, in una sede autorevole come questa: il tema del ricambio generazionale.
Nell'azienda agricola italiana, che mediamente ha una superficie di 6 ettari, gli eredi sono più di uno. Il quadro tipico che si presenta è che magari uno dei figli vuole


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continuare a fare il conduttore agricolo e gestire l'azienda paterna di famiglia, ma gli altri no; quindi, chiedono giustamente di essere liquidati, perché sono in asse ereditario. Noi dobbiamo finanziare chi subentra in un'azienda agricola, per fare in modo che ci sia il ricambio generazionale.
Vi fornisco un dato che non troverete nella memoria che vi consegnerò: in Italia, attualmente, su 1 milione 700 mila aziende agricole solo il 10 per cento sono condotte da giovani con meno di 40 anni. Abbiamo 170.000 aziende con persone giovani, vuol dire che il 90 per cento delle aziende sono condotte da adulti, anziani, vecchi; la parte dei conduttori molto anziani supera il 50 per cento, sono vecchi conduttori che spesso gestiscono aziende marginali che, in mano a giovani, potrebbero diventare delle aziende innovative.
I finanziamenti per società e cooperative sono gestiti da Invitalia, l'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo dell'impresa. Le agevolazioni previste hanno l'obiettivo di finanziare la creazione e l'ampliamento delle piccole imprese costituite in maggioranza da giovani. Possono infatti accedere alle agevolazioni, previa domanda da sottoporre ad istruttoria, le nuove società o cooperative costituite in maggioranza, sia numerica che di capitale, da giovani; società cooperative già esistenti e sempre costituite da giovani, anche queste con una serie di vincoli; cooperative sociali, sempre gestite da giovani, e nuove cooperative la cui compagine, a parte i soci svantaggiati - se privi dei requisiti soggettivi per età e residenza - deve essere composta in maggioranza, sia numerica che di capitale, da giovani di età compresa tra i 18 e i 35 anni; cooperative già esistenti e operative, nelle quali la componente dei soci non svantaggiata sia in possesso del seguente requisito: residenza nei territori agevolati.
Esiste, pertanto, un sistema di finanziamento per le società e le cooperative - per riassumere - che prevede non solo la presenza maggioritaria di soci giovani rientranti in fasce d'età solitamente comprese tra i 18 e i 35-40 anni, ma anche la possibilità di introdurre l'elemento del socio svantaggiato, cioè del socio residente in zone svantaggiate. Questo è l'ulteriore elemento che vorrebbe incentivare e sostenere quelle società che, magari, pur non avendo esattamente una maggioranza di soci giovani, si trovano comunque in territori dove i giovani potrebbero rappresentare un apporto per l'imprenditoria.
Le agevolazioni fiscali fanno riferimento al regime IVA ed imposta diretta specificamente riservate alle imprese agricole e ai finanziamenti regionali (che conoscete meglio di me). Il regolamento CE n. 1698/05 sullo sviluppo rurale prevede una serie di interventi diretti alle attività agricole e alla loro riconversione.
Le regioni, nei rispettivi piani di sviluppo rurale, possono decidere priorità diverse di finanziamento rispetto ai vari interventi. Nel PSR le regioni hanno libertà d'azione, ovvero, fatto salvo il PSN, le regioni modulano i finanziamenti in base alle esigenze del territorio.
I corsi di formazione sono gestiti direttamente dal Ministero, su indicazione dell'Osservatorio per l'imprenditoria giovanile in agricoltura (OIGA), che dal 1999 promuove corsi di formazione rivolti ai giovani laureati e diplomati di età inferiore ai 40 anni, i quali non abbiano esercitato attività agricola o che la esercitino da non più di due anni dalla data di presentazione della domanda.
Pertanto, anche chi è già imprenditore agricolo ha l'opportunità di accedere ai finanziamenti per l'acquisto del terreno tramite l'ISMEA, di cui abbiamo parlato prima; può accedere ai finanziamenti per società e cooperative, cui fa capo Invitalia, alle agevolazioni fiscali e ai finanziamenti regionali rispetto al piano di sviluppo rurale.
Vi ricordo che i 18 miliardi di finanziamento previsti per i PSR riguardano non solo gli agricoltori ma, soprattutto, coloro che lo diventeranno, e i corsi di formazione. Abbiamo i premi per la ricerca e l'innovazione, sempre erogati tramite l'OIGA e, infine, c'è il sistema delle garanzie, sia con le regioni attraverso i confidi, sia anche attraverso l'ISMEA.


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Sul fronte finanziamenti vi lascio una nota che è molto più approfondita di quello che vi ho detto. Se desiderate che io tratti anche gli altri punti del mio documento, sono assolutamente disponibile.

PRESIDENTE. Preferirei che trattassimo tutti i punti in modo da consentire la formulazione di eventuali sollecitazioni, alle quali potrà replicare.

GIUSEPPE RUVOLO. Vorrei una copia del documento, grazie.

LUCA ZAIA, Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. Rispetto all'indagine conoscitiva sul fenomeno dei danni causati da fauna selvatica alle imprese agricole e zootecniche, questo è un grande tema e vi fa onore il fatto di averlo presentato perché, sebbene per alcuni aspetti possa sembrare marginale, in alcune regioni sta diventando il grande problema dell'agricoltura.
Penso al problema dei cinghiali, che ormai interessa moltissime regioni italiane nelle quali è ovviamente saltato l'equilibrio dell'ecosistema, e il controllo della fauna selvatica presenta grandissime difficoltà.
Quasi quotidianamente leggo relazioni sui danni della fauna selvatica, anche se queste sono competenze regionali; vi sono danni a colture erbacee ma anche arboree (vite, frutteti, grano, mais, e via dicendo). Sussistono anche i danni da piuma (storni, passeri, e via dicendo), così come i danni arrecati dai cormorani agli impianti di acquacoltura, come ben sapete.
Altri gravi danni, sono causati dai lupi in centro Italia. È un fenomeno non molto conosciuto a livello nazionale, che sta mettendo veramente in ginocchio molti nostri allevatori. Le regioni Toscana e Umbria mi hanno consegnato dei dossier, e posso garantire che i nostri pastori in alcune zone hanno addirittura allestito l'area di stabulazione all'aperto delle pecore per la fase notturna - a parte il fatto che i greggi subiscono aggressioni anche di giorno - con recinti illuminati e con un impianto fonico che produce continuamente rumore di attività umana, proprio per evitare queste aggressioni.
Ho letto anche relazioni con materiale fotografico e visto devastazione di decine di pecore e agnelli in una sola nottata. Sono veri e propri branchi. Dicono che sono i lupi, e alcuni li ho visti in fotografia; altri sembrano più cani inselvatichiti. Anche in questo caso c'è un problema di contenimento.
Dobbiamo dire fino in fondo che ci addentriamo in un terreno delicatissimo, perché parlare di contenimento della fauna selvatica significa prevedere dei piani di abbattimento. L'articolo 26, comma 1, della legge nazionale 11 febbraio 1992, n. 157, prevede che per far fronte ai danni non altrimenti risarcibili arrecati alla produzione agricola, alle opere approntate sui terreni coltivati a pascolo e a fauna selvatica, in particolare a quella protetta dall'attività venatoria, le regioni costituiscono un fondo destinato alla prevenzione e al risarcimento, al quale affluisce anche una percentuale delle tasse di concessione regionale (le tasse dei cacciatori).
Le regioni provvedono poi, con apposite disposizioni, a disciplinare il funzionamento del fondo istituendo appositi comitati di gestione ove siano presenti i rappresentanti del mondo agricolo e di quello venatorio.
Le diverse regioni hanno disciplinato con propria attività normativa l'indennizzo dei danni causati da fauna selvatica prevedendo, in alcuni casi, la creazione di un fondo ad hoc e specificando, a volte, con disposizioni di dettaglio, le condizioni e le procedure per accedere ai risarcimenti previsti.
La tematica dei danni prodotti da fauna selvatica risulta essere tra quelle più delicate e sentite a livello di amministrazione locale. Ciò si evince anche dalle numerose e continue segnalazioni che provengono dagli operatori e che attestano una situazione ormai di criticità.
Dai dati richiesti e forniti dalle regioni e dalle province autonome si può rilevare che l'importo dei danni accertati è aumentato


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in maniera esponenziale dal 2005 al 2008, mentre l'importo dei danni liquidati è aumentato in maniera meno considerevole, in ragione evidente dell'esiguità delle risorse disponibili.
In alcuni casi, come quello delle regioni Lombardia e Umbria, viste le numerose richieste, si è provveduto a stipulare un'apposita polizza assicurativa per il risarcimento dei danni stradali causati da fauna selvatica. La regione Piemonte ha invece istituito un fondo di solidarietà la cui capienza viene ripartita tra le province in misura proporzionale ai sinistri registrati.
Caso particolare è quello della provincia di Bolzano, ove i danni arrecati dalla selvaggina ungulata vengono indennizzati direttamente dalle riserve interessate (sono federalisti fino in fondo), quindi, alla fine, dai cacciatori.
Le perdite causate dai grandi predatori, invece, vengono riconosciute come spese di gestione di tali specie protette e risarcite al 100 per cento dall'amministrazione provinciale. Ciò significa che se un cinghiale devasta una coltivazione di grano in centro Italia c'è da pregar Dio che arrivi qualcosa dalla regione, mentre nella provincia autonoma di Bolzano il danneggiato è interamente indennizzato.
Per la predazione di 34 ovi-caprini e la distruzione di 33 arnie da parte dell'orso bruno nel 1998, la provincia di Bolzano ha pagato 13.478 euro. Per danni provocati da volpe, faina, aquila, corvidi ed eventuali altri predatori agli animali da cortile e ai piccoli degli ovi-caprini, invece, la provincia eroga un indennizzo all'80 per cento della perdita causata.

GIOVANNI DIMA. Ma questo dove?

LUCA ZAIA, Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. Questo accade a Bolzano. L'ho fatto indicare nel documento così ne resta utile memoria.
L'esperienza della regione Toscana sembra fornire elementi utili per arginare tale problematica. In questo territorio la maggiore causa di danneggiamento è rappresentato ovviamente dagli ungulati selvatici, in particolare dai cinghiali che incidono per circa il 70 per cento sul totale dei danni alle viti, ai cereali e via dicendo.
Il fenomeno è condizionato da diversi fattori: caratteristiche ambientali, intensità, specializzazioni agricole, qualità delle produzioni agricole e così via. La regione Toscana evidenzia che, per un certo periodo antecedente l'aumento dei prezzi internazionali dei prodotti cerealicoli, i dati relativi all'importo totale dei danni hanno mostrato un trend fortemente negativo, grazie all'impegno profuso dalle province nella prevenzione del danno e non solamente, quindi, nella rifusione dello stesso. Si sono tutelati di più, nel senso che ho l'impressione che abbiano provveduto a contingentare la fauna selvatica.
Si sottolinea, pertanto, la necessità di predisporre e attuare, da parte delle province e degli ambiti territoriali di caccia, adeguati piani per la gestione di ungulati selvatici, che saranno basati, oltre che sulle consuete stime della consistenza della popolazione e relativi piani di assestamento annuali, anche sull'analisi dei danni, compresa la loro georeferenziazione, e su programmi di prevenzione delle aree.
Qui è stato fatto un evidente ragionamento basato sul fatto che la regione Toscana ha svolto un gran bel lavoro nel senso che, oltre a mostrare il censimento e il relativo piano di contenimento da attuare, ha prodotto anche una georeferenziazione stabilendo, ad esempio, che se in alcuni comuni della provincia di Siena quest'anno c'è un danno particolarmente grave, questo vuol dire che lì c'è una popolazione molto più aggressiva, e il piano di abbattimento in quella zona inciderà di più.
Di grande interesse, riguardo al problema dei danni causati da fauna selvatica alle produzioni agricole è l'iniziativa assunta nell'ambito del collegamento interregionale venatorio dalle regioni, che hanno approvato un protocollo operativo relativamente alle modalità di trasmissione delle indagini conoscitive sul fenomeno dei danni causati della fauna selvatica


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alla produzione agricola e zootecnica. Tale iniziativa ha lo scopo di creare un flusso di dati omogenei a livello nazionale, da rendere disponibile alle amministrazioni competenti in modo da monitorare il fenomeno e di attivare le opportune iniziative. C'è, dunque, questa banca dati nazionale che dà uno scambio di esperienze e di buone pratiche.
Per quanto riguarda il caso dello storno, questa è una specie che merita una trattazione a parte. Ne è stato proposto l'inserimento tra le specie cacciabili, anche per ovviare alla sua dannosità ad alcune colture agricole. Al riguardo, si fa presente che questa iniziativa comporta a livello di normativa comunitaria la modifica - sostenuta dal MIPAAF almeno da un decennio - dell'allegato 2 della direttiva uccelli n. 79/409/CEE. La Commissione europea, finora, ha sempre respinto le richieste da parte italiana, trincerandosi dietro osservazioni di circostanza che non giustificano il comportamento discriminatorio operato nei confronti del nostro Paese.
Qui lo storno non si può cacciare, mentre negli altri Stati d'Europa del Mediterraneo e in alcuni Paesi dell'area balcanica e del centro Europa la predetta specie è inserita tra le specie cacciabili.
Evito adesso di leggere tutta la nota che dà il resoconto di ciò che abbiamo fatto, io e altri miei colleghi come Alemanno e De Castro. È da dieci anni che cerchiamo di rendere questa specie cacciabile; addirittura, in una delle ultime note all'Unione europea ho citato come esempio il problema avuto a Ciampino da un aereo in decollo, che si è imbattuto in uno stormo di storni.
Le popolazioni di storni sono ormai talmente diffuse che dobbiamo rendere la specie cacciabile, e l'Unione Europea continua a rispondere di no.
Nel documento che vi ho consegnato potete trovare un'analisi nella quale ho fatto aggiungere alcune note riguardanti lo storno, che è anche responsabile di ingenti danni all'agricoltura, soprattutto ai vigneti e alle coltivazioni di cereali a pieno campo, dove fanno delle vere e proprie razzie.
Passerei ora alle iniziative per il rilancio del comparto della mozzarella di bufala campana DOP.

MARIO PEPE (PD). Siamo diventati esperti.

LUCA ZAIA, Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. A tal proposito, la mia nota è sintetica, ma ho fatto aggiungere anche alcune tabelle in modo tale che possiate avere una dimensione dei controlli. Nell'anno 2009, l'ispettorato dell'Istituto controllo qualità (ICQ) sul prodotto mozzarella di bufala campana ha realizzato 531 ispezioni, nel corso delle quali sono stati controllati 471 operatori. Nello stesso anno, sono stati analizzati 110 campioni, prelevati sempre dall'ICQ, di cui 14 sono risultati irregolari.
L'attività di controllo ispettiva e analitica ha dato origine a 15 recenti informative di reato e a 118 contestazioni di illeciti amministrativi. Questi ultimi sono riconducibili al mancato pagamento delle quote contributive a favore del consorzio e dell'organismo di controllo.
A fronte delle difficoltà che hanno investito l'intera filiera della mozzarella di bufala campana e delle problematiche che hanno ripetutamente coinvolto il prodotto, si è ritenuto opportuno adottare due provvedimenti mirati alla risoluzione definitiva delle problematiche.
Il primo è il decreto del 14 gennaio 2010, che conoscete benissimo, con il quale sono state temporaneamente sospese le attività di tutela e di promozione, ovvero le due attività pubblicistiche che fanno tutti i consorzi di tutela. Sono due attività che competono al pubblico, quindi è vero che il consorzio di tutela non è stato commissariato, non lo si può fare perché è una realtà privatistica; possono però essere commissariate le attività pubbliche svolte dal consorzio, e questo l'abbiamo fatto (ad esempio, per il Brunello di Montalcino).
Abbiamo istituito un Comitato di garanzia - come l'ho definito io - il cui presidente è il Colonnello Mantile del nucleo della Guardia di finanza per la repressione delle frodi comunitarie; vi


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fanno parte, poi, un rappresentante dell'ICQ, Emilio Gatto, uno del Corpo forestale dello Stato, un colonnello della Guardia di finanza, e infine un esperto del comparto, un professore dell'Università degli studi di Napoli.
Il presidente di questo Comitato di garanzia, costituito da tre mesi, ci ha detto in maniera informale che nel primo mese, quindi entro fine febbraio, sarà già in grado di consegnarci la prima relazione.
Il problema è stato inquadrato, e usciamo in maniera eccezionale e brillante da questa operazione. C'è piena e totale collaborazione con il presidente del Consorzio di tutela, Luigi Chianese, che ho incontrato anche ieri qui a Roma. C'è la volontà di essere accompagnati e di accettare questo accompagnamento a tempo, perché il Consorzio della mozzarella di bufala DOP e i consorzi in generale non hanno bisogno di essere vigilati a vita, ma hanno semplicemente bisogno di essere riportati nell'alveo della tutela della promozione quando ne fuoriescono.
Vorrei sottolineare che questa è la stessa operazione che abbiamo applicato ai Consorzi di tutela del Brunello di Montalcino, per il quale siamo intervenuti troppo tardi perché ormai erano già scoppiati gli scandali e gli americani ne avevano già bloccato l'importazione alle frontiere. Questo ci ha coinvolti in una polemica che avremmo potuto evitare se avessimo adottato questa misura, che io spero diventi replicabile.
Quando ci sono problemi, il Comitato di garanzia per un certo numero di mesi fa chiudere la partita, e poi si riparte. Se portiamo questi guai nei mercati internazionali, dalla Alcohol and Tobacco Tax and Trade Bureau (TTB), dagli uffici di John Manfreda, che io ho incontrato a Washington, parte sicuramente il primo blocco precauzionale delle importazioni; poi ne parla tutta la stampa straniera e va a finire che noi, per un anno, triboliamo con la mozzarella.
Vi ricordo, anche per evitare facili battute, che mozzarella di bufala, come ho già detto all'inizio del mio mandato, per il mercato italiano significa mozzarella in generale. Se la mozzarella di bufala incontra delle difficoltà, ne incontra anche quella di latte vaccino. Se osservate le curve dei prezzi, quando c'è stato il problema della diossina o della brucellosi sulla mozzarella di bufala, c'è stato anche il crollo dei prezzi della mozzarella di latte vaccino, perché i consumatori non la considerano un surrogato di quella di bufala. Se ci sono problemi, il consumatore evita del tutto la mozzarella.
Questo ci fa capire che legame a doppio filo ci sia tra tutti i prodotti dell'agroalimentare italiano. Noi non ci possiamo permettere scandali o confusioni su nessun prodotto.
Sono fortemente convinto che, entro marzo, tutta questa partita sarà chiusa e il Consorzio continuerà; anzi, cercheremo anche di dare una mano a questo Consorzio con un po' di promozione accessoria, e io spero che non si verifichino più questi casi.
Debbo anche dire, a vostra memoria ma anche a tutela del presidente Chianese, che se non ricordo male lui ha nel suo curriculum 14 controlli, e non ha mai avuto problemi. Solo l'ultimo campione ha avuto dei problemi, ma la storia dell'azienda è stata una storia di totale limpidezza. Questo lo debbo dire perché forse si sono scaricate un po' troppe responsabilità sul presidente (Commenti).
La vostra difficoltà è che avete un sacco di colleghi che frequentano McDonald's e mi scrivono ringraziandomi. Pregate sempre Dio che io non tiri fuori le lettere. In ogni caso, vi informo a latere che McDonald's fa 100 mila panini McItaly al giorno, e sono tutti tutelati: Consorzio di Asiago e Parmigiano reggiano il quale, fra l'altro, ha avuto un ulteriore incarico per la fornitura - non vorrei sbagliare - di 12 milioni di panini, se non addirittura di più, in Francia, a Parigi, perché l'esperienza di Parmigiano reggiano ha funzionato e adesso va anche all'estero.
Lo stesso vale per la Bresaola DOP. Questi 100 mila panini ci frutteranno, in questo mese, 1.000 tonnellate di prodotto agricolo tutelato e circa 4 milioni di euro. Stiamo parlando di prodotto agricolo.


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Ho sentito che adesso partiranno - questi sono accordi siglati con altri amministratori - con un panino che è stato definito «ciociaro», e immagino che si tratti di prodotti laziali.
Per quanto riguarda il settore dell'ippica, come sapete, c'è stato uno stanziamento di 150 milioni di euro, al quale abbiamo partecipato tutti con il decreto-legge n. 185 del 2008. Abbiamo dato vita alle linee di indirizzo strategico per il rilancio del settore dell'ippica italiana con centinaia di audizioni che, se qualcuno desidera, sono tutte disponibili su supporto informatico. Occorreranno mesi per ascoltarle, però ci sono; in ogni caso, vi possiamo anche fare avere una sintesi di ogni audizione. Si tratta di quasi 300 persone audite, le quali hanno dato singolarmente uno spaccato delle soluzioni per rilanciare l'ippica.
Abbiamo cercato di fare sintesi, di dare vita a linee strategiche per il rilancio dell'ippica italiana, dalle quali emergono molte attività tra cui il piano industriale dell'UNIRE, che prevede la classificazione degli ippodromi.
Gli ippodromi non saranno più solo di caratura nazionale ma anche regionale, provinciale, di quartiere o del vicino di casa, perché oggi classifichiamo i nostri 42 ippodromi come ippodromi nazionali, ma non tutti sono degni di questo rango.
Si parla anche di una riduzione delle corse; vi ricordo che nel nostro Paese si corre molto di più rispetto alla media degli altri Paesi, e prova ne è che il montepremi a corse è molto basso e va a giustificare delle corse che spesso hanno valenza solo per le scuderie di quell'ippodromo, ma in realtà non sono corse di grande levatura.
Come contropartita, però, abbiamo una genetica d'eccellenza. I top-price nelle aste li fanno ancora i cavalli italiani di qualità, che vengono comprati da allevatori o proprietari di tutto il mondo, in particolare Emirati Arabi, Stati Uniti e anche nord Europa, Svezia e Gran Bretagna in particolare. Comprano i nostri cavalli per il sangue, per la genetica, come razzatori o come atleti.
Il grande tema di questo piano è il confronto con l'Amministrazione autonoma dei monopoli di stato (AAMS), con riferimento alla possibilità di rilanciare la scommessa ippica che, attualmente, affronta la grande difficoltà del calo costante e quotidiano del suo appeal rispetto allo scommettitore.
Anche quest'anno registriamo un trend negativo rispetto alle scommesse e ai partecipanti alle corse. Vi ricordo che negli ultimi dieci anni siamo passati da 2 milioni a 150 mila spettatori. Qualcuno sostiene che io sbaglio a fornire questi dati, perché molti ippodromi non fanno più pagare il biglietto, per cui non c'è più un censimento. Tuttavia, se guardate sui canali satellitari qualche corsa di cavalli dove ogni tanto inquadrano gli spalti, sembra the day after, non c'è più nessuno. Ci sono i proprietari dei cavalli che corrono, e basta.
Qualcuno dice che sbaglio a dire che l'ippica è un cadavere eccellente più che un malato eccellente, nel senso che ha grandissime difficoltà e ha bisogno di un lavoro di squadra per uscire da questa crisi che ormai sta diventando storica, epocale e cronica.
L'ippica ha bisogno di vedere applicate le linee guida, il che significa anche tagli alle contribuzioni degli ippodromi ed anche, come dicevo prima, tagli del numero delle corse. Significa rinunce un po' per tutti, anche per gli allevatori che comunque avranno meno premi.
Sinceramente, guardo al futuro con molta preoccupazione. Abbiamo scelto di presentare, alla scadenza stabilita dal Governo, la soluzione di adottare un manager, una persona che non si occupi di cavalli, ma di numeri. Cerchiamo di capire se il risanamento del bilancio possa passare attraverso un manager che faccia solo questo. Se si fallirà con questa operazione, io non intravedo altre figure professionali perché esistono grandi esperti di cavalli, ma sono grandi esperti o di gestione di ippodromi, o di allevamento, o di proprietà, ma un grande esperto che non


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abbia interesse a sviluppare solo uno dei comparti dell'ippica non si trova. Questa è la preoccupazione maggiore.
Se potessi decidere io, se avessi carta bianca mutuerei le esperienze anglosassone, francese e anche statunitense, pensando ad un ippodromo che diventa un grande hub, un grande punto di riferimento per la scommessa. Darei la possibilità agli ippodromi di introdurre le slot machines, sfruttando queste strutture affinché diventino dei momenti di aggregazione per il gioco d'azzardo, autorizzandoli ad operare come sale da gioco, come si fa ormai comunemente in Italia, e obbligandoli a mantenere inalterata l'attività della corsa ippica e quindi l'attività dell'ippodromo - che vi ricordo essere attività storiche -, con la possibilità che una parte delle royalty delle scommesse passi direttamente agli ippodromi.
Ho visto l'ippodromo di Yonkers, proprio alle porte di New York - in una zona di periferia, per non dire di campagna -, il quale ha un gettito di royalty dalle slot machine di 140 milioni di euro all'anno. È una struttura che si può tranquillamente paragonare ai nostri ippodromi, non hanno fatto una Las Vegas, c'è una struttura imponente delle slot machine ma l'ippodromo è il tipico ippodromo con l'anello da 1.600 metri con gli spalti, il ristorante e le scuderie.
Se all'ippica non diamo questa opportunità, non si risolleverà dai suoi problemi. L'ippica ha bisogno di gettito, e per avere gettito bisogna avere scommesse. Bisogna rilanciare le scommesse con l'aumento dell'appeal: non si capisce, infatti, perché gli italiani vadano a giocare al Superenalotto e non si valorizzi la V7 dell'ippica come il Superenalotto. Ho l'impressione che ci debba essere anche una volontà politica per rilanciare queste scommesse e non capisco perché non ci sia, visto e considerato che i monopoli guadagnano di più con le scommesse sui cavalli che con altro.

PRESIDENTE. Non potendo limitare gli interventi dei colleghi, considerata la ristrettezza dei tempi, ne limiterei la durata. Pertanto, la soluzione più auspicabile sarebbe che i colleghi riuscissero, senza straordinari commenti politici, a porre alcune domande, in modo tale da poter avere anche la replica a questioni specifiche.
È evidente che, in ragione dei lavori dell'Assemblea ma anche dei lavori di questa Commissione (abbiamo altri punti all'ordine del giorno), se riusciamo a porre le domande nell'arco dei prossimi venti minuti, daremo la possibilità al Ministro di replicare e anche a noi la possibilità di continuare a lavorare.
Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

MARIO PEPE (PD). Presidente, raccolgo il suo diktat, che è una benevola esortazione. Sarò brevissimo anche perché, dopo le guerre puniche, non so se giudicare la pacata relazione del Ministro Zaia come un canto del cigno. Sul piano del giudizio, la relazione ha una dimensione né consuntiva né prospettica, ma soprattutto analitica e rispondente ai quesiti che lei poneva, presidente, al Ministro Zaia.
Conosciamo tutti i dati strutturali della crisi dell'agricoltura e sappiamo che c'è una grande motivazione nel rilanciare questo settore, la sua qualità e la sua eccellenza. Questa è la carta che dobbiamo giocare bene.
Pongo una sola domanda sul quarto punto della prima parte della relazione, quello afferente al protagonismo degli enti territoriali. Il Ministro accennava, per concorrere a rilanciare l'agricoltura, al protagonismo delle province e delle autonomie territoriali. Noi conosciamo le competenze della regione e i piani di sviluppo regionale.
Vorrei chiedere al Ministro con quali politiche, quali strumenti e quali risorse, articolare un rapporto tra il Ministero e le autonomie territoriali, province e comuni, per la finalità di cui ho detto prima.
Sono sufficienti i 18 miliardi di euro cui faceva riferimento, in ordine alle distribuzioni nei PASER e PSR delle varie regioni?


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Porterei avanti, col Ministro che verrà - mi pare che il ministro Zaia sia destinato a futuri traguardi di successo elettorale - questo tema, che forse è stato meno sviluppato nella storia ministeriale del nostro Paese, ma è un tema interessante.

VIVIANA BECCALOSSI. Ringrazio il Ministro di essere venuto questa mattina. Vorrei innanzitutto porre la questione della fauna selvatica: spiace capire che, con la Comunità Europea, per quanto riguarda le specie in deroga, siamo ancora esattamente allo stesso punto di dieci anni fa. Ritengo che non facciano bene, a volte - lo dico anche contro la mia maggioranza -, alcune dichiarazioni da parte di sottosegretari che continuano a parlare contro la caccia, dipingendo il nostro come un Paese di incivili e di barbari.
Credo che i dati forniti dal Ministro siano abbastanza illuminanti rispetto ai danni che certa fauna selvatica produce, soprattutto al mondo agricolo. Invito pertanto il Ministro a fornire questi dati non solo ai sottoscritti - visto che molti componenti della Commissione agricoltura hanno avuto a che fare con le deleghe venatorie - ma anche a qualche suo sottosegretario e qualche Ministro, perché francamente questa è una tematica che dovrebbe essere affrontata in maniera concreta e pragmatica, non ideologica.
Mi sembra di capire che questa potrebbe essere l'ultima occasione di vedere il Ministro in questa Commissione. Per quanto concerne il discorso sull'ippica, credo che il Ministro sappia che questa Commissione ieri ha proceduto a due nomine, una delle quali è il presidente dell'UNIRE, al quale auguro di fare un buon lavoro.
Conosco la grande passione che il Ministro ha profuso nel settore dei cavalli, a lui molto caro. Fin da subito ho diffidato del fatto che un settore possa pensare di vivere sulle scommesse. Lo dico in maniera chiara, e ci tengo che venga verbalizzato anche oggi. Rimango convinta che certi mondi, in particolare quello delle scommesse - tutte, che siano legate all'ippica o ad altri settori - siano alla fine foriere di guai, specie per i ceti sociali più deboli.
Esprimo un'opinione personale che so non essere condivisa dall'intero gruppo del PdL. Voglio però che rimanga a verbale, perché da troppi anni si legge sui giornali di disgrazie familiari legate anche al Lotto, al Superenalotto a tutti i giochi d'azzardo, che spesso sono anche promossi dal nostro Stato perché ci guadagna molto, cosa della quale io mi vergogno. Ci tengo a dirlo, perché questa è una mia opinione personale, purtroppo supportata dalle tante disgrazie familiari di cui si legge sui giornali.
Oggi, il Ministro ha ribadito ancora una volta che si tratta di un settore che deve trovare nuove formule di autofinanziamento, sempre legate al mondo del gioco d'azzardo. Francamente, premettendo che non frequento questi luoghi in cui si gioca d'azzardo, mi è capitato di vederne uno a Brescia e constatare che non sono frequentati da persone perbene, nella migliore delle ipotesi, e nella peggiore delle ipotesi ci sono famiglie che si rovinano.
Dico francamente, in maniera chiara e a costo di sembrare una bacchettona e un'ignorante, che sentir dire da un Governo - non mi riferisco a lei, sia ben chiaro - che questo settore debba sperare in una sua rinascita solo grazie alle scommesse, spesso della povera gente, a me dispiace. Forse sono un'ingenua, ma ritengo che il mondo dell'ippica, certamente molto affascinante, debba trovare altre strade.
Con i 150 milioni di euro che sono stati investiti in questo settore - credo sia l'unico settore che ha trovato così tante risorse nuove -, credo che si potesse sperare di fare qualcosa di più che non dover trovare nuove formule per le scommesse. Credo, e mi auguro, che il nuovo presidente possa fare di meglio con queste risorse e con questa fiducia da parte del Governo.

SANDRO BRANDOLINI. Noi non abbiamo partecipato al voto per la nomina del nuovo presidente dell'UNIRE, non per esprimere un giudizio negativo rispetto alla proposta del Ministero. Conosciamo


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quella figura in quanto, come diceva il Ministro stesso, non è appartenente al settore dell'ippica.
Personalmente, posso anche condividere che vi sia un'esigenza primaria di mettere in ordine i conti e che quindi ci voglia una figura che sia in grado finalmente di capire come stanno le cose e, soprattutto, di trovare le soluzioni ad una crisi che si è sviluppata negli anni, ma che ha anche risvolti di natura economica che non sono mai stati affrontati in modo adeguato e che quindi aggravano ulteriormente la situazione di difficoltà.
Pertanto, noi siamo in attesa di conoscere come si muoverà il nuovo presidente Baggio; la nostra valutazione dipenderà dai suoi atti, dai suoi comportamenti, quindi se questi andranno nella direzione giusta senz'altro non troverà il Partito Democratico contrario al suo lavoro ma, anzi, a supporto.
Noi ci siamo astenuti dal voto sia perché avevamo avviato un percorso che viene da lontano, ovvero dagli scioperi che, all'origine della crisi, sono stati posti in essere dal settore, sia perché avevamo salutato molto positivamente l'intervento del Ministro Zaia teso a realizzare un piano di ristrutturazione e di risanamento del settore.
Fino all'ultima audizione avuta con il Ministro prima dell'estate - probabilmente nel luglio, come lui stesso indica nella sua nota - fu annunciato un piano di ristrutturazione che oggi viene definito «linee di indirizzo strategico per il rilancio dell'ippica», ma che non si è tradotto in comportamenti concreti. Anzi, dopo quella data è avvenuto il trasferimento di 150 milioni di euro - lo sottolineo - all'UNIRE, al quale se non erro si aggiungono altri 23-24 milioni di euro previsti da una legge nell'anno precedente - se sono stati liquidati -, senza però che sia successo nulla per mettere mano ad un settore in difficoltà con un profondo processo di ristrutturazione.
Ci auguriamo che, finalmente, con la nomina del nuovo presidente e del nuovo Consiglio di amministrazione sia arrivato il momento di entrare nel merito della crisi e delle soluzioni.
Pertanto, poiché il Ministro dice che l'UNIRE ha predisposto un elaborato per dare risposte alle questioni poste dal Ministero, chiedo a nome del gruppo che il nuovo presidente sia convocato in audizione appena insediato, affinché ci venga a dire esattamente, su quelle dieci linee, come intende procedere e come intende risolvere i problemi.
Voglio venire rapidamente all'attualità, Ministro, che lei conoscerà bene. Non ci troviamo solo di fronte al fatto che la crisi aumenta, ma mi pare che le azioni dell'UNIRE la stiano aggravando. Lei saprà benissimo - sennò le fornisco il materiale - che l'UNIRE ha chiuso cinque ippodromi in quattro città.

LUCA ZAIA, Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. Il presidente è il vostro.

NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. È un prefetto.

SANDRO BRANDOLINI. Il presidente non c'entra. Ho detto che l'UNIRE ha chiuso cinque ippodromi, non il Ministro. Ho detto che l'UNIRE ha aggravato la situazione, perché dal prossimo lunedì saranno chiusi gli ippodromi di Milano Trotto, Milano Galoppo, Roma Capannelle, Roma Tor di Valle, Livorno e Ravenna. Quindi, in sostanza sono sei ippodromi in quattro città. Le chiediamo di intervenire rapidamente per risolvere questa situazione.
A fronte dei 150 milioni di euro che il Ministero - quindi, il Parlamento, attraverso una legge - ha dato all'UNIRE, questa non rinnova le convenzioni a questi ippodromi proprio perché pretendono il pagamento degli arretrati. Vuole rinnovare le convenzioni senza l'impegno di pagare gli arretrati, dopo che ha ricevuto 150 milioni di euro.
Le chiediamo, signor Ministro, di intervenire tempestivamente perché non si chiudano gli ippodromi e questo sia, anzi,


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il primo atto positivo verso il rilancio del settore. Penso che fin da oggi lei sia in grado di darci delle risposte.

ANITA DI GIUSEPPE. Ringrazio il Ministro per essere con noi questa mattina. La ringrazio della relazione e, a mente quasi serena, dopo il triste epilogo di ieri sera, voglio porle una domanda che è al contempo al di fuori e all'interno dei quattro temi sui quali lei ci ha relazionato.
Purtroppo, riteniamo che nella loro complessità le risorse destinate dalla Finanziaria all'agricoltura siano esigue e non possano risolverne i problemi. Alla Missione 9, cui compete proprio l'agricoltura, le politiche agroalimentari e la pesca, sono stati destinati, stando a quello che sono riuscita a estrapolare, circa 720 milioni di euro, destinati quasi per intero alle politiche in favore dello sviluppo rurale, come lei ci ha appena illustrato, ed anche alla promozione della ricerca nei settori produttivi e al miglioramento e alla regolamentazione in materia di politiche agricole.
Qualcosa è stato destinato al settore della pesca; alcuni fondi sono stati destinati proprio per risolvere, almeno in parte, la crisi del settore ittico, ma comunque è sempre troppo poco. Nel complesso, la Finanziaria 2010 non comprende maggiori risorse rispetto a quella del 2009.
Signor Ministro, in Commissione agricoltura noi cerchiamo di condividere tutti i disegni di legge che ci giungono, e cerchiamo di farlo in maniera condivisa e propositiva. Poi, però, alla fine viene sempre fuori il solito discorso: non ci sono le risorse.
Le chiedo allora, Ministro: il suo ruolo non sarebbe stato quello di chiedere al Ministro Tremonti maggiori risorse per un settore così gravemente in crisi come quello dell'agricoltura? Grazie.

PRESIDENTE. Sospendo brevemente la seduta.

La seduta, sospesa alle 10,15, riprende alle 10,25.

PRESIDENTE. Riprendiamo i lavori della Commissione.

SEBASTIANO FOGLIATO. Anch'io, a nome del nostro gruppo, ringrazio il Ministro Zaia per questa importante audizione, che ci ha fornito uno spaccato della realtà nelle diverse componenti e situazioni: l'ente pubblico, l'UNIRE, e l'ippica, che è un comparto importante.
Ho ascoltato con attenzione la relazione esposta dal Ministro. Sul discorso dei Piani di sviluppo rurale, da convinto federalista ritengo che occorra decentrare tutto e porre attenzione su quello che stanno facendo le regioni sui Piani di sviluppo rurale e sui ritardi. I Piani di sviluppo rurale non devono essere considerati dalle regioni come un mero strumento burocratico per erogare dei soldi, ma devono essere concepiti come qualcosa di utile allo sviluppo di quel territorio.
Dopo il decentramento che c'è stato alle regioni - i vari livelli in cui si svolge la politica agricola, comunitaria, nazionale e regionale - le regioni devono avere una burocrazia, una tempistica. Dovremmo anche cominciare a parlare dei tempi della burocrazia regionale, perché non può imporre dei tempi agli altri e non avere alcun tipo di controllo su di sé.
Le notizie dicono che se queste regioni, entro fine anno, non utilizzano i soldi a loro disposizione, li perdono. Sono un convinto federalista, ma penso che serva un input per far sì che queste risorse vengano spese.
Per quanto riguarda la fauna selvatica, vorrei lanciare l'allarme anche sul discorso dei colombi, che arrecano diversi danni ai paesi e alle città, e sono anche portatori di malattie. Anche in quel caso, bisognerebbe lavorare per rendere questa specie cacciabile ed evitare i danni che arreca alla collettività. La collega Negro mi segnala che anche le nutrie arrecano danni.
Per quanto riguarda l'ippica, penso che dobbiamo dare tempo a questo nuovo corso delle cose. Ieri abbiamo espresso il parere sulla nomina del nuovo presidente dell'UNIRE che, collega Brandolini, non si


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è ancora insediato, quindi dobbiamo dargli ancora del tempo.
Sono d'accordo sul fatto che le risorse date a questo settore debbano essere monitorate, perché i 150 milioni di euro elargiti in breve tempo non hanno ancora prodotto alcun risultato, anzi, apprendiamo che si intende chiudere alcuni ippodromi. Da parte degli allevatori ho avuto segnalazioni negative, nessuno ha beneficiato dei 150 milioni di euro che pur sono entrati in circolo nel settore.
Badate, non voglio azzardare alcuna ipotesi. Possono essere stati usati per coprire spese precedenti ma, in ogni caso, non sono stati investiti nel rilancio dell'ippica. Che siano stati usati per risolvere problemi dell'UNIRE o per coprire spese fatte in passato non è importante; certo è che occorre accendere un faro sul modo in cui sono state gestite queste risorse.

SUSANNA CENNI. Sull'UNIRE desidero fare solo una considerazione, Ministro. Io vorrei ricordare in questa sede, a lei e anche ai nostri colleghi, che già sulle precedenti nomine dell'UNIRE non ricordo che il Partito Democratico avesse fatto salti di gioia.
In quegli anni, io e lei frequentavamo assieme le riunioni degli assessori regionali, e le ricordo che la maggior parte delle regioni bloccarono a lungo le proprie nomine, protestando sulla gestione dell'UNIRE; stia tranquillo che le nostre critiche su quell'organismo non nascono certo oggi.
Vorrei invece farle alcune domande abbastanza precise sulla questione della fauna selvatica, perché ho ascoltato con attenzione le cose che ha detto e ovviamente apprezzo anche le informazioni che ha voluto riportare alla Commissione sulla gestione del problema da parte di alcuni regioni, compresa la mia.
In un passaggio, lei ha parlato del fenomeno, molto diffuso, dei danni prodotti da quelli che vengono definiti generalmente lupi ma che, secondo diversi osservatori, vengono considerati ormai degli ibridi, quindi non lupi ma forse incroci o forme inselvatichite.
Se così fosse, secondo alcuni tecnici gli abbattimenti potrebbero essere anche effettuati, non essendo tali animali appartenenti effettivamente a specie protette. Tuttavia, vorrei anche sapere da lei se il Ministero o il Comitato tecnico della fauna selvatica che siede presso il Ministero hanno svolto degli approfondimenti, ad esempio, sull'esperienza spagnola, che mi risulta abbia varato una normativa che prevede anche forme di contenimento dei lupi stessi.
In questo caso mi chiedo se non ci siano già dei provvedimenti comunitari, o in che modo sono stati affrontati i limiti comunitari.
Lei ha citato anche la Toscana, in merito alle modalità attuate, anche attraverso le province, rispetto al problema dei prelievi programmati di ungulati quando i numeri diventano eccessivi. Lei saprà anche, però, che questa programmazione in più di una occasione è stata sospesa in seguito a sentenze della Corte o dei vari tribunali amministrativi regionali conseguenti a ricorsi del WWF o di altre organizzazioni.
Noi non abbiamo mai avuto modo, in questa sede, di conoscere approfonditamente la sua opinione sulla proposta di legge, in discussione al Senato, di modifica della legge n. 157 del 1992 né sulle recenti modifiche apportate in sede comunitaria con un emendamento, e che sostanzialmente liberalizzano il calendario venatorio.
Le rinnovo questa domanda perché vorrei conoscere la sua opinione in merito, dal momento che noi, la prossima settimana, affronteremo questo tema in questa Commissione. Vorrei anche conoscere la sua opinione sulle proposte di legge che qui sono incardinate, oramai da mesi, proprio sul tema dei danni provocati dalla fauna selvatica, perché io continuo infatti a pensare che sia invece la parte della legge n. 157 più seria da toccare.

GIOVANNI DIMA. Ringrazio il Ministro per la sua presenza. Io non faccio nessuna premessa, ma cerco subito di far emergere la necessità - credo diffusa anche tra i


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componenti della Commissione - che proprio i temi citati dal Ministro debbano essere suffragati, a mio parere, da ulteriori elementi conoscitivi.
Faccio alcuni esempi: si è parlato molto del premio di insediamento nell'attività agricola per i giovani. Io posso rappresentarvi l'esperienza della Calabria e delle regioni ad Obiettivo 1, che hanno attinto molte risorse in questa direzione e altrettante ne hanno erogate.
Reputo auspicabile e assolutamente necessario, ad esempio, avere un'informativa dettagliata della reale ricaduta di questi finanziamenti sul territorio e sulla reale effettiva capacità di fare nuovo insediamento agricolo.
Non conosciamo, della Calabria, della Puglia, della Sicilia o della Sardegna, la ricaduta vera di queste risorse sull'insediamento delle nuove imprese giovanili.
Presidente, attingere e formare un corredo di informazioni per comprendere, soprattutto in relazione ai finanziamenti 2000-2006, qual è stata la ricaduta sul territorio, mi sembra una cosa necessaria.
La seconda questione riguarda i danni della fauna selvatica, anche rispetto al tema del rapporto delle informazioni che devono essere fornite dalle regioni.
So con certezza assoluta che i danni del lupo prodotti in Toscana spesso vengono risarciti con importi diversi rispetto agli stessi danni prodotti dal lupo in Calabria o Sicilia. Anche qui - giusto per essere molto chiaro - sarebbe auspicabile attingere a notizie dettagliate, non fosse altro che, su questo tema, ogni regione ha il suo contesto, anche in relazione alla specificità territoriale.
Mi permetto ancora una volta di prendere a prestito l'esempio della Calabria, che è la regione con il più alto indice, in rapporto al proprio territorio, di aree vincolate a parchi: il Pollino, la Sila, l'Aspromonte e le Serre. Abbiamo una consistente superficie di territorio vincolata, e va da sé che più il territorio è vincolato, più è presente il fenomeno della tutela della fauna e, quindi, le eventuali conseguenze dei danni.
Credo sia assolutamente necessario chiedere alle regioni, nei prossimi giorni, un'analisi su alcuni temi - io ne ho citati due, la spesa comunitaria sui nuovi insediamenti in agricoltura e la fauna selvatica -, per comprendere al meglio la consistenza vera della ricaduta, nel primo caso, e dei danni nel secondo caso, in modo da avere una visione più completa del nostro ragionamento.
Con riferimento all'ippica, rinvierei un giudizio di merito perché, come abbiamo ricordato, il nuovo commissario si è insediato solo ieri. La storia recente e remota non ci conforta molto, per essere molto chiari. Tuttavia, su questo tema un allarme o comunque una sollecitazione vorrei lanciarla alla Commissione: una delle considerazioni espresse dal Ministro che più mi è sembrata positiva è il fatto che l'Italia, al di là delle scommesse e tutto il resto, ha un'antica e solida tradizione negli allevamenti dei cavalli. Se questo ha un valore che prevale su tutti, credo che dobbiamo salvaguardare questo aspetto in modo positivo.

GIUSEPPINA SERVODIO. Nella prima parte della nota del Ministro, della quale lo ringrazio perché è abbastanza analitica, egli sostiene in fondo l'ipotesi che, con i Piani di sviluppo rurale, oggi abbiamo nel nostro Paese lo strumento essenziale per la competitività, quindi il pilastro essenziale per le nostre imprese agricole.
Noi le auguriamo di fare una campagna elettorale serena anche se, ovviamente, noi parteggiamo per il nostro gruppo. Lei viene dalla quella cultura federalista per cui la Lega, nel nostro Paese, anche attraverso atti legislativi, si è tanto spesa.
Ciò che manca nella sua relazione è un suo giudizio, una sua valutazione, per cui le chiedo se, secondo lei, è cambiato qualcosa, e se sono state prese iniziative concrete - al di là della Conferenza delle regioni - per integrare le politiche regionali e quelle nazionali, essendo l'agricoltura storicamente e costituzionalmente prerogativa regionale.
Io sostengo che oggi le imprese agricole non possono solo fruire di una buona


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politica sullo sviluppo rurale, ma hanno bisogno anche di un contesto generale sul quale la competenza sia dello Stato. Questa è la domanda che io vorrei porre al Ministro, a conclusione - io mi auguro di no - del suo mandato. Questo mi sembra essere il cuore della sua relazione.

NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Innanzitutto, nonostante ci siano agevolazioni come quelle del PSR o dell'ISMEA, vedo che le aziende agricole, specialmente quelle dei giovani, nel sud, soffrono fortemente della tenaglia dell'accesso al credito. È vero che per creare un'azienda agricola bisogna prima comprare i terreni, ma solo questo non basta.
Il problema è che, quando si va in banca, le banche non sono sensibili, e nel sud capita sovente che imprenditori giovani e meno giovani abbiano difficoltà di accesso al credito presso le banche. Inoltre, molti dei contributi che prendono dalle regioni, sono costretti a scontare poi il prezzo del tasso bancario, che incide fortemente anche sui costi di gestione. Sarebbe opportuno, quindi, lavorare affinché ci siano delle agevolazioni e delle facilitazioni per un accesso al credito per questi imprenditori.
Vorrei parlare ora dei consorzi e dei controlli. Della mozzarella di bufala parliamo da molto tempo, ma non abbiamo ancora trovato un elemento che possa caratterizzarne la ripresa sul mercato. Probabilmente, quindi, è necessario capire quali controlli bisogna fare, anche se io ritengo che ci sia un problema strutturale che riguarda tutti i consorzi, non soltanto quello della mozzarella di bufala.
Quando i consorzi sono fatti soltanto da trasformatori e da produttori, c'è chiaramente un vizio. Se l'anello principale, che è quello degli allevatori in questo caso oppure dei produttori di uve in altri casi, non è coinvolto nel consorzio, c'è qualcosa che non va e il lavoro dei consorzi sarà sicuramente squilibrato.
Vorrei porre al Ministro un'altra questione. Quando lei è venuto qui la prima volta, ha parlato di un «pronto soccorso verde».
Si fanno normalmente bilanci, in certi momenti, per cui le chiedo se il «pronto soccorso verde» è cambiato, in cosa ha caratterizzato l'attività del Ministero dell'agricoltura e come è cambiato il Ministero dell'agricoltura da quando lei ci ha parlato del «pronto soccorso verde».
Oggi ha deciso di fare una relazione scritta, cosa che non ha fatto la prima volta che è venuto in questa Commissione; però, non credo che sia cambiato solo questo.

SABRINA DE CAMILLIS. Signor Ministro, la ringrazio per la relazione e le pongo soltanto alcune questioni. Ribadisco che la crisi del settore agricolo può essere affrontata soltanto continuando nel tentativo di riposizionare l'interesse del nostro Paese nei confronti di questo settore sui tavoli della Comunità Europea.
Dobbiamo avere la capacità di ridisegnare la programmazione agricola europea per riuscire a inserire, all'interno di quella tipologia di programmazione, gli interessi del nostro Paese. Lei questo percorso l'ha iniziato bene, per alcuni ambiti, ma va assolutamente continuato.
Mi preme sapere quali impegni può prendere il Governo per mantenere gli obiettivi che ci eravamo posti per la filiera dello zucchero. In Finanziaria si è compiuto lo sforzo di stanziare 27 milioni di euro, che sono pochi rispetto ai 43 milioni di euro necessari per questa annualità.
Naturalmente, rispetto a questa annualità bisogna avere la capacità di programmarne anche le due successive, ed è un comparto che non possiamo lasciare a piedi perché significherebbe aprire un altro varco di crisi in un altro settore che, non solo difende un prodotto di grande valenza a livello nazionale, ma garantisce anche livelli occupazionali non indifferenti.
Le chiedo, inoltre, quali iniziative da parte del Ministero si possono mettere in cantiere perché all'interno del piano per il sud l'agricoltura non sia una partita debole, ma ne rappresenti una parte sostanziosa. Ritengo che le regioni del sud abbiano grandi potenzialità e, ad esempio,


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attraverso gli incentivi alle filiere dei contratti di programma, affiancati da risorse per l'innovazione e la formazione, si possano creare le condizioni per una svolta. Naturalmente, alla base di tutto devono esserci risorse fresche per gli investimenti nel settore delle infrastrutture.

MARCO CARRA. Esplicito i ragionamenti sul tema dell'ippica sviluppati dal collega Brandolini, che ritengo condivisibili. La comunicazione del Ministro relativa all'ippica non ha ricompreso l'attualità, puntualmente sottolineata dal collega Brandolini.
Le società che gestiscono le corse chiamano in causa direttamente il Ministro - ho letto personalmente la rassegna stampa - perché è del tutto evidente che quello che accadrà lunedì sarà un fatto molto grave: la chiusura di cinque ippodromi non è un fatto di poco conto.
In un articolo pubblicato ieri da Il Tempo vi è scritto che, finora, solo il Papa Re e la guerra erano riusciti a fermare le corse dei cavalli.
Chiedo al Ministro se, da qui a lunedì, è nelle condizioni di assumersi l'impegno di tentare una sorta di mediazione per impedire l'attuazione delle decisioni dell'UNIRE, ovvero la chiusura degli ippodromi.

LUCA BELLOTTI. Desidero rivolgere al Ministro una domanda relativa ai finanziamenti per l'acquisto del terreno gestiti dall'ISMEA. Per una piccola esperienza personale, che sicuramente non è statisticamente significativa, mi sembra che anche le pratiche burocratiche e amministrative e le risposte dell'ISMEA siano, rispetto alla tempestività del problema, non particolarmente veloci. Vorrei sapere se può darci qualche informazione a tal proposito.
Inoltre, quando parliamo di finanziamenti per l'acquisto di terreni e di incentivazione ai giovani è ovvio che la norma, o si rivolge a figli di agricoltori, oppure non si rivolge più a nessuno. Vorrei sapere se può essere magari valutata la possibilità di modificare i requisiti per le acquisizioni dei finanziamenti, in modo che chiunque desideri aprire un'attività agricola abbia la possibilità di farlo.
Le faccio un esempio banale e concludo: in Veneto, l'operaio ha un piccolissimo pezzo di terra che magari conduce dopo il lavoro e, in moltissimi casi, se quell'operaio volesse tornare a lavorare la terra non ne avrebbe la possibilità, perché non rientra nei requisiti. I requisiti che erano le regole dominanti nel passato oggi andrebbero forse rivisitati per adattarli maggiormente alle esigenze della nostra agricoltura.

DONATO RENATO MOSELLA. Sarò rapido, anche perché mi trovo in una fase di ambientamento: vengo dal gruppo misto Alleanza per l'Italia.
Mi ha colpito, Ministro, dopo aver sentito alcuni interventi dei colleghi, la questione riguardante il rilancio dell'ippica. Immaginare che sia sufficiente individuare un esperto che, guardando i numeri e le tabelle, faccia un ragionamento di tipo economico per individuare un eventuale piano di rilancio è, a mio parere, una visione limitata.
Pur condividendo lo spirito con cui il Ministro ha svolto questa valutazione, io credo che invece servirebbe guardare alla storia, alla tradizione, alle condizioni strutturali degli impianti del nostro Paese per pensare anche di coinvolgere, oltre a chi controlla i numeri, una figura che possa immaginare, anche in termini creativi, come ciascun ippodromo possa diventare un luogo deputato al gioco, senza per questo trasformare lo Stato in «biscazziere». La collega Beccalossi ha detto in maniera molto chiara qual è la tendenza cui il gioco sta andando nel nostro Paese, ad esempio a causa delle slot machine (i dati parlano chiaro).
Si potrebbero creare luoghi di attrazione e di riavvicinamento che, oltre alla passione per l'ippica, possano trovare forme alternative e diverse di interesse: basti pensare alla ristorazione, alle degustazioni, ai prodotti tipici e particolari; sono tante le cose che potrebbero costituire, intorno a quel polo, delle attrattive


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e diventare finanziariamente appetibili. Mi sembrava un po' limitante, il suo pensiero, e su questo la volevo provocare.

PRESIDENTE. Prima di dare la parola al Ministro per una breve replica, dato lo scarso tempo, vorrei porre solo due questioni: la prima riguarda la governance del Consorzio mozzarella DOP. Una figura che, in questa sede, abbiamo rilevato, è rappresentata dai trasportatori, raccoglitori e conferitori. Vorremmo sapere se, nell'idea complessiva, nel quadro chiaro che ci verrà dato dalla Commissione nominata, saranno indicate anche delle strade concrete sulle quali intervenire.
La seconda questione riguarda la vicenda dell'UNIRE. È evidente che c'è nel mondo dell'ippica una sensibilizzazione forte, e mi pare ragionevole la prospettiva di medio termine offerta dal Ministro. Rispetto a tale prospettiva, le chiedo quale possa essere, invece, una prospettiva a brevissimo termine, in ragione del fatto che una serie di eventi si stanno accavallando.
Do la parola al Ministro Zaia per la replica.

LUCA ZAIA, Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. L'onorevole Pepe chiede qual è il protagonismo delle regioni, come si regola il rapporto rispetto al Piano di sviluppo rurale, e se sono sufficienti 18 miliardi di euro.
Le risorse non bastano mai, nel senso che abbiamo un'agricoltura molto effervescente e ricca di progettualità in un contesto internazionale di oggettive difficoltà dei mercati. Il rapporto è regolato direttamente con i Tavoli costituiti, per cui di tutto quello che si decide rispetto alle regioni c'è totale e piena condivisione. Ricordo che, a dispetto delle grandi dichiarazioni che si leggono ogni tanto sui giornali, l'intesa è al 99,9 per cento su tutti i provvedimenti con il Tavolo delle regioni, per cui c'è totale sintonia.
Anche la scorsa estate, durante il blocco del Tavolo causato dalle note vicende della Sanità, per l'agricoltura le regioni hanno fatto deroga ed hanno votato la partita, ad esempio, dell'articolo 68 del regolamento comunitario n. 73/09.
L'onorevole Beccalossi ricorda il problema delle scommesse, che è un problema reale. Una soluzione potrebbe essere, ad esempio, quella di trattare l'ippica come il mondo del calcio, ovvero di avere risorse in modo tale da non porsi più il problema della necessità che ci sia qualcuno che debba scommettere.
C'è una corrente di pensiero che pensa che l'ippica debba comunque essere oggetto di un finanziamento una tantum annuale, così da chiudere tutta questa partita delle discussioni su scommesse o non scommesse. È un tema oggetto di discussione.
L'onorevole Brandolini, l'onorevole Carra e il presidente Russo hanno parlato dei cavalli e delle difficoltà. A tale proposito, proprio per discutere di questo, dei tagli e delle difficoltà in cui si trovano i cinque ippodromi, vi informo che, martedì 23 febbraio alle ore 10, è già stata convocata al Ministero una riunione con gli ippodromi e con l'UNIRE.
Del resto, per quanto possa svolgere un'attività magica e acrobatica, in due anni non si riesce a ridurre un settore in queste condizioni, per cui ho l'impressione che - e del resto l'avete confermato - i guai che ci ritroviamo sono frutto della devastazione totale dal giorno della fondazione dell'ippica italiana a oggi.
Cerchiamo di intervenire; la mia non è una visione di disastro totale ma di grande preoccupazione, perché conoscendo i numeri e le istanze vi posso garantire che dobbiamo puntare alle economie di scala e, ripeto, vi garantisco che non c'è un interlocutore, un soggetto dell'ippica disposto a compiere non dico un passo indietro, ma nemmeno un millimetro indietro rispetto ai diritti già acquisiti. Questo ci fa capire che, essendo corta la coperta, se tutti la tirano dal proprio lato, si rompe.
L'onorevole Di Giuseppe ha giustamente parlato di risorse, e mi sento di dire che la sua è una giusta considerazione. Abbiamo avuto un taglio orizzontale del bilancio dell'agricoltura che è identico a


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quello avuto dagli altri comparti. Non fa bene all'agricoltura leggere che sembra che solo questo settore abbia ceduto sul fronte del bilancio, perché il bilancio è sotto gli occhi di tutti. Se guardate quello dello Sviluppo economico, della Giustizia o di altri Ministeri, noterete che abbiamo dovuto fare tagli, e lo sapete meglio di me.
Si dice che questa agricoltura è uscita male da questa Finanziaria. Ieri ho sentito gli interventi degli onorevoli in Assemblea, e purtroppo i meccanismi dell'Assemblea non ti permettono di intervenire; sentir dire da qualche parlamentare, che non conosce neanche le dimensioni di quello che sta dicendo nel suo intervento, che tutti i soldi dell'Agricoltura sono finiti nell'alveo delle quote latte vuol dire che non ha minimamente studiato i provvedimenti e non sa nemmeno di cosa sta parlando.
La stessa cosa accade quando sento fare interventi che parlano del rimpinguamento - lo avete detto in molti - del Fondo di solidarietà. Se c'è una cosa della quale in Italia non c'è bisogno è proprio l'aumento del Fondo di solidarietà nazionale, e spero che quello che dico resti bene a verbale. Se c'è una cosa della quale non c'è bisogno in questo momento in Italia è di rimpinguare il Fondo di solidarietà nazionale. Andate a vedere quante risorse sono state stanziate e quali sono i limiti comunitari di investimento. L'agricoltura ha bisogno di tante cose, ma non del Fondo di solidarietà in questa fase. Il Fondo di solidarietà è stato abbondantemente saturato e rifinanziato.
Ieri abbiamo avuto la bella notizia, onorevole Di Giuseppe, sul «Milleproroghe», relativa alla piccola proprietà contadina (PPC). Anche questo è un segnale che va nella direzione da lei indicata. La PPC pesa 150 milioni di euro ed è stata finanziata per 40 milioni di euro: vorrà dire che questa sarà l'occasione per rivedere le categorie: non è certo possibile che tutti possano accedere alla piccola proprietà contadina anche senza essere dei veri e propri agricoltori. Questo è uno dei grandi temi dell'agricoltura, e ne avete parlato un po' tutti.
In merito alla spesa del PSR, citata dall'onorevole Fogliato, stiamo inviando proprio in queste ore una lettera di sollecitazione a tutte le regioni sulla necessità di impegnare e di spendere i finanziamenti perché, altrimenti rischiamo di perdere risorse per non averle spese a sufficienza. Sono coinvolte tutte le regioni, da nord a sud.
Stiamo impegnando poco, siamo già a metà del percorso 2007-2013 e abbiamo un impegno medio - cito a memoria, ma sbaglio di poco - del 10-11 per cento rispetto ai 18 miliardi di euro stanziati. Questo significa che l'agricoltura italiana chiede carburante, noi abbiamo 18 miliardi di euro nelle cisterne, ma la pompa ha erogato solo 1,8 miliardi. È abominevole quello che sta accadendo. Per diversi motivi, da nord a sud sta accadendo questo.
L'onorevole Cenni ricordava la legge n. 157 del 1992 e tutte le modificazioni che si sono presentate in Commissione, oltre un migliaio di emendamenti. Questa è una discussione tutta parlamentare: condivido pienamente la riflessione che l'onorevole ha fatto rispetto alle specie cacciabili e al fatto che, comunque, dovremo fare ancora pressione. Si parlava dei cani inselvatichiti: è un tema importante che l'onorevole sente in modo particolare, visto e considerato che la regione Toscana fa da apripista rispetto ai temi dei danni da fauna selvatica.
L'onorevole Servodio giustamente pone un problema: chiede se è meglio il federalismo estremo, quindi il regionalismo, o la cabina di regia nazionale. Io direi che il sistema funziona ma va perfezionato: occorre un piano strategico nazionale che dia le linee guida, dopodiché si può passare al regionalismo estremo.
Non lo dico perché sono parte in causa: al referendum ho votato per la soppressione del Ministero dell'agricoltura, tanto è vero che oggi il Ministero dell'agricoltura si chiama Ministero delle politiche agricole. Il negoziato comunitario lo deve fare lo Stato membro, è impossibile mandare le singole regioni; tuttavia, è altrettanto vero che sui territori abbiamo una notevole


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biodiversità: noi non abbiamo una coltura estensiva di cereali da nord a sud, ma abbiamo caratteristiche che sono il grande valore dell'agricoltura italiana e che devono avere una gestione regionale. Del resto, vi ricordo che i fondi per l'agricoltura, al di là del Servizio contributi agricoli unificati (SCAU) o del Fondo di solidarietà, sono gestiti attraverso i Piani di sviluppo rurale.
L'onorevole Oliverio diceva che l'accesso al credito è un problema strutturale. Il vero problema è la burocrazia, e riprendo anche quello che diceva prima l'onorevole Bellotti: l'ISMEA, piuttosto che altri - non per colpa dell'ISMEA, ormai è un fatto strutturale nella burocrazia italiana - mi portano di fronte ad operatori che mi dicono che è più conveniente andare in banca a farsi dare un finanziamento piuttosto che correre dietro a una lepre che non si fa catturare mai.
Questo è il vero tema delle riforme, il problema è l'accesso al credito e, come diceva Bellotti, la necessità di identificare nuovi soggetti rispetto alle vecchie modalità. Non c'è più il contadino dei Piani verdi del dopoguerra ma c'è comunque l'agricoltore part time, figura che evidentemente ha dato tanto all'agricoltura italiana, soprattutto in regioni dove è alto il frazionamento fondiario.
Bellotti parla di questo, giustamente, perché le aziende agricole del Veneto hanno una superficie media di 2 ettari, sono veramente fazzoletti di terra.
Onorevole De Camillis, rispetto allo zucchero il Ministero dispone di 23 milioni di euro. Vi ricordo che con il 2010 la partita dello zucchero si chiude, non siamo autorizzati a intervenire. Ancora: ci dite che su questo emendamento non ci viene dato l'ok. Adesso vi annuncio che tentiamo un strada estrema e, se qualcuno vuol darci una mano, lo faccia: chiederemo direttamente al Dipartimento dell'amministrazione generale, del personale e dei servizi (DAG), quindi a Palazzo Chigi, di essere autorizzati ad erogare risorse nostre, del Ministero.
Mi dicono che dobbiamo fare un decreto e infilarci dentro una legge: chiederemo l'autorizzazione ad erogare direttamente. Se qualcuno vuol darci una mano è benvenuto, perché io non so più cosa dire.

PRESIDENTE. Nel ringraziare il Ministro Zaia per la disponibilità manifestata, dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 11.

XIII Commissione (Agricoltura)

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